Olanda, domani il parlamento riconocerà il genocidio armeno (Askanews 21.02.18)

L’Aia, 21 feb. (askanews) – Il parlamento olandese riconoscerà formalmente domani il “genocidio” armeno del 1915, un voto destinato a deteriorare le relazioni con la Turchia.

Il partito Unione Cristiana, partner nella coalizione guidata dal premier Mark Rutte, “proporrà due mozioni alla camera bassa con il sostegno dei partiti di coalizione”, ha annunciato Joel Voordewind. La prima mozione propone che “il parlamento possa esprimersi in termini chiari sul genocidio armeno”; la seconda mozione chiede al gabinetto di “inviare una delegazione a Yerevan il 24 aprile per la commemorazione del genocidio armeno e poi di seguito una volta ogni cinque anni”.

Gli Armeni hanno lottato a lungo per ottenere il riconoscimento internazionale dei massacri del 1915-1917 compiuti dall’esercito ottomano, in cui si stima abbiano perso la vita un milione e mezzo di persone.

Ankara respinge con veemenza il termine “genocidio” e sostiene che il mezzo milione di vittime sia la conseguenza della sollevazione degli armeni contro l’Impero ottomano.

I Paesi che riconoscono ufficialmente il genocidio armeno sono una ventina, tra cui l’Italia, (con fonte afp)

Vai al sito

Trentesimo anniversario della votazione del Consiglio regionale. Le parole del presidente dell’Armenia per celebrare la ricorrenza (Karabakh.it 20.02.18)

Il 20 febbraio 1988, il Consiglio regionale del Nagorno-Karabakh si riunì in una sessione straordinaria per adottare una risoluzione che esprimeva la volontà popolare dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) per l’autodeterminazione libera. Tre decenni fa, gli armeni di tutto il mondo si unirono alla giusta richiesta e alla lotta di Artsakh.

Oggi festeggiamo il trentesimo anniversario di quella svolta storica, che la Repubblica di Artsakh ha giustamente proclamato come il Giorno della rinascita Artsakh. Inoltre, è diventato il giorno della rinascita del popolo armeno. Monte [Melkonian, eroico combattente della lotta di liberazione, NdR]  aveva ragione ad insistere sul fatto che se avessimo perduto l’Artsakh, avremmo voltato l’ultima pagina della storia dell’Armenia. Il 20 febbraio 1988 è stato il momento di unità, determinazione e risveglio nazionale del popolo armeno.

L’Azerbaijan ha risposto alla protesta pacifica e legittima del nostro popolo con i massacri a Sumgait e in altri luoghi. In quei giorni divenne chiaro che le persone in Artsakh erano destinate allo sterminio o alla vittoria fisica.

Siamo stati costretti a fare la guerra. Coloro che hanno scatenato la guerra erano convinti di avere un grande vantaggio e il problema del Karabakh si sarebbe risolto rapidamente e definitivamente sterminando gli armeni e spopolando l’Artsakh. A distanza di tre decenni possiamo affermare con sicurezza che il movimento del Karabakh ha salvato centinaia di migliaia di vite.

Forti del sostegno di tutta la nazione armena, gli armeni dell’Artsakh sono riusciti ad affrontare questo severo processo con onore. Oggi, quelli che ci chiamano nemici, ci accusano di tutto, ma l’unica colpa del popolo di Artsakh è che non hanno perso e non sono stati sterminati in quella guerra.

Cari compatrioti, si riteneva che  il movimento del Karabakh si sarebbe trasformato in una certa fase. Con la proclamazione dello Stato, il movimento non si ridusse, ma divenne una politica dello Stato. L’esplosione pan-nazionale e il risveglio sono stati coronati dalla reintegrazione dei nostri due stati armeni.

Possiamo sentire le stesse minacce di 30 anni fa mentre celebriamo il trentesimo anniversario del movimento del Karabakh. La propaganda anti-armena è continuata da 30 anni. Sembra che nulla sia cambiato. Ma l’abbiamo fatto. Il libero Artsakh, che ha scrollato di dosso il giogo azero 30 anni fa, si sta sviluppando ad un ritmo progressivo sia economicamente, sia politicamente, sia culturalmente.

Nella nostra coscienza pubblica ci può essere una percezione giustificata che ciò che viene fatto non è abbastanza. Pertanto, dobbiamo costantemente segnare la barra delle nostre esigenze e aspettative. Come nazione e stato, abbiamo ancora molto da fare. C’è molto lavoro da fare in tutti i campi, ma quello che abbiamo fatto insieme negli ultimi 30 anni, a volte nelle circostanze più difficili, in realtà è abbastanza. Ovviamente, questo è probabilmente il trentennale più importante della storia dell’Armenia degli ultimi secoli. Possiamo fare molto di più, eppure lo penseremo insufficiente.

La sottomissione non ha una scusa, mentre la libertà non ha alternative. Stiamo costruendo stati democratici e moderni nelle Repubbliche di Armenia e Artsakh. Rispettiamo pienamente i diritti umani fondamentali, poiché la libertà e la dignità sono valori assoluti per il popolo armeno.

Lunga vita alla Repubblica di Armenia! Lunga vita alla Repubblica di Artsakh che è emersa come risultato del Movimento del Karabakh!  Lunga vita ai pionieri del movimento del Karabakh!

Vai al sito

Nagorno-Karabakh: l’Armenia celebra il trentennale del “movimento Artsakh” ma chiede maggiore sostegno europeo (Agenzianova 20.02.18)

Erevan, 20 feb 17:16 – (Agenzia Nova) – Il capo dello Stato ha sottolineato che l’Azerbaigian ha risposto alle decisioni pacifiche e legali della popolazione con massacri organizzati e con l’inizio delle operazioni di guerra: “Il movimento Karabakh, sostenendo gli armeni della regione e con il sostegno dei nostri cittadini, è riuscito a salvare centinaia di migliaia di vite ed ha la sola colpa di non essere stato sconfitto”, prosegue il messaggio del capo dello Stato. Sargsyan ha aggiunto che il trentennale del movimento, che ha poi assunto le connotazioni di una vera e propria politica statale, coincide con segnali positivi di sviluppo dal punto di vista economico, politico e culturale. Le istanze a sostegno del separatismo del Nagorno-Karabakh, che un anno esatto fa è stato rinominato tramite referendum Repubblica dell’Artsakh, tuttavia, avrebbero ancora bisogno di essere rafforzate, convivendo ancora con le “minacce della propaganda anti-armena”. (segue) (Res)

L’Armenia cerca un Presidente, ma è ormai una Repubblica parlamentare (Ilcaffegeopolitico 20.02.18)

La riforma del 2015 ha trasformato  l’Armenia in una repubblica parlamentare: la transizione verso la nuova forma di Governo, in cui la direzione dell’ esecutivo sarà assunta dal Premier, si perfezionerà  all’esito delle imminenti presidenziali. Il prossimo 2 marzo, il nuovo Capo di Stato – che resterà in carica sette anni – non sarà  più eletto dai cittadini, bensì da almeno un quarto dei membri del Parlamento

UNA PAGINA BIANCA, TUTTA DA SCRIVERE

Poco più di due anni fa, il 6 dicembre 2015, i cittadini armeni  approvarono mediante referendum un pacchetto di riforme costituzionali che implicava il passaggio a una nuova forma di Governo, da portarsi a compimento entro il mese di aprile 2018, in concomitanza con l’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica. L’abbandono di un regime a tendenza semi-presidenziale in favore di un sistema parlamentare ha stimolato un intenso dibattito scientifico  rispetto all’orizzonte politico che si aprirà al termine del mandato del Presidente in carica, Serzh Sargsyan.
Fortemente osteggiata dai partiti d’opposizione, la parziale ridefinizione di alcune funzioni statali è stata variamente interpretata come un escamotage del Partito Repubblicano d’Armenia (RPA) per permanere al potere anche nell’era post-Sargsyan o, altrimenti, come una scelta eccessivamente azzardata per un Paese che non ha ancora assimilato pienamente il rispetto del confronto democratico.
Scetticismo del resto controbilanciato dalla reclame della presidenza repubblicana, che ha presentato la nuova veste costituzionale del Paese al pari di un’enorme conquista di civiltà. Difatti, un Governo parlamentare implica anzitutto l’attribuzione all’Assemblea Nazionale (il Parlamento) – e non più ai cittadini – del potere di eleggere il Capo dello Stato. E, in secondo luogo, comporta una limitazione della carica di quest’ultimo a funzioni per lo più onorifiche, svuotandola dei contenuti sostanziali che segnano invece un’integrazione delle funzioni del Primo Ministro.
Come è noto, il 62enne Sargsyan, in carica dal 2008, concluderà il suo mandato il prossimo aprile. Nell’impossibilità di presentare una terza candidatura, ma riluttante ad abbandonare in toto la regia politica del Paese, il Presidente uscente potrà forse accontentarsi del ruolo di leader del Partito Repubblicano, o magari ambire alla carica di Premier, o comunque ispirare anche in altro modo le scelte del suo successore.
La scorsa primavera, i cittadini armeni sono stati chiamati ad eleggere i nuovi componenti dell’Assemblea Nazionale, in cui il RPA ha conquistato 58 seggi su 105. Il prossimo 2 marzo, i membri del Parlamento eleggeranno – per la prima volta – il Presidente della Repubblica, il quarto dell’Armenia indipendente.
L’Armenia è finalmente giunta al bivio e le prossime presidenziali possono rappresentare il segno inequivocabile di un’aria di cambiamento, una pietra miliare per il consolidamento di un sistema stabile. O, all’opposto, un punto critico che può pericolosamente offuscare il processo di sviluppo democratico in atto.

SCELTE COSTITUZIONALI E RIFLESSI POLITICI

Le analisi formulate da prestigiosi think tanks armeni ed internazionali e recentemente richiamate nelle pagine del quotidiano russo Nezavisimaya Gazeta,  descrivono il perfezionamento della transizione verso la nuova forma di Governo come una scelta principalmente ispirata  a pragmatismo. In altre parole, la piena operatività di un sistema parlamentare – non a caso il modello democratico più diffuso in Europa ed abbracciato anche da Georgia e Moldova – garantirebbe anzitutto una funzione stabilizzatrice degli equilibri di politica interna, oltre a produrre una vasta risonanza nel contesto regionale.
Presunti giochi di potere che tendono al consolidamento dei repubblicani ai vertici dell’esecutivo sembrano pertanto intrecciarsi all’esigenza primaria di prevenire potenziali ondate di instabilità, che negli passati hanno trovato ampio riscontro nella variegata realtà post-sovietica, ma rispecchierebbero altresì la volontà di contribuire alla normalizzazione delle relazioni regionali, su cui grava la spinosa questione del Nagorno-Karabakh.
Degne di nota appaiono, a tale proposito, le qualità che il successore di Sargsyan dovrà dimostrare di possedere. Durante un’intervista rilasciata alla stampa armena, l’attuale Presidente ha posto particolare enfasi su alcuni requisiti imprescindibili: buona reputazione, padronanza delle lingue e una vasta rete di conoscenze tra illustri funzionari pubblici e intellettuali stranieri e un network internazionale di uomini d’affari. Oltretutto  – ha aggiunto Sargsyan – è fondamentale che l’elezione del prossimo Capo di Stato rispetti  nella misura più ampia possibile la volontà parlamentare, rappresentativa delle varie forze politiche del Paese.
Proprio il 19 gennaio scorso, Sargsyan ha svelato il nome del candidato che il blocco repubblicano intende sostenere nella corsa alle presidenziali. La scelta è orami definitivamente ricaduta sul diplomatico Armen Sarkissianambasciatore armeno nel Regno Unito, astrofisico ed ex personaggio politico e già Premier nel biennio 1996-97, anno in cui rassegnò le dimissioni, motivate da problemi di salute, e attualmente non iscritto ad alcun partito politico. Pur non avendo confermato ufficialmente l’accettazione della candidatura, l’ambasciatore Sarkissian ha tuttavia accolto volentieri la proposta di tornare in patria ed intrattenere dei colloqui con deputati ed altri esponenti della realtà politica ed intellettuale armena.

STRATEGIE DI VISIBILITA’

Sebbene non esista ancora certezza sui nomi degli altri candidati, a correre con Sarkissian potrebbero essere alcuni personaggi che – avvisano gli analisti locali – sono tutti accomunati da un discreto coinvolgimento politico e probabilmente anche dalla disponibilità ad assumere mere funzioni di rappresentanza, con l’eccezione di alcuni poteri ancora sostanzialmente presidenziali. Ad ogni buon conto, la quasi certa candidatura di Armen Sarkissian appare specificamente in linea con la visione del Partito Repubblicano, che intende mantenere inalterato il suo ruolo di spicco nella compagine governativa facendo leva su un candidato forte, capace di stimolare l’esposizione internazionale del Paese con generose iniezioni di visibilità.
Fondatore e Presidente della società di consulenza Eurasia House International, con sede a Londra, l’ambasciatore si è anche distinto per molteplici incarichi assunti all’interno di multinazionali del calibro di British Petroleum e Alcatel, solo per citarne alcune. E’ inoltre fondatore del Knightsbridge Group, gigante della consulenza internazionale attivo specialmente in Asia Centrale; detiene alcune quote della società impegnata nello sviluppo del giacimento d’oro di Amulsar in Armenia e, ancora, è membro della Global Leadership Foundation, ONG impegnata nella promozione del buongoverno e dello Stato di diritto. E’ chiaro che l’individuazione di Sarkissian quale candidato ideale non è minimamente affidata al caso, ma sembra piuttosto svelare la determinazione del Partito Repubblicano a riorientare geopoliticamente l’Armenia secondo un programma che pare costruito esattamente a misura di un candidato ben inserito nel panorama politico e scientifico internazionale e forte di rilevanti connessioni con il mondo del business che si estende ben oltre il Caucaso.

ARMENIA 2018: ALCUNI POSSIBILI CAMBIAMENTI

Come accennato inizialmente, la rassicurante retorica del Presidente Sargsyan non pare aver sanato ogni dubbio in merito alla genuinità della riforma costituzionale. Alla vigilia del voto presidenziale, perdurano infatti perplessità di varia natura circa l’efficienza complessiva della nuova forma di Governo in una repubblica post-sovietica che ha conosciuto solo tre Presidenti e dove i tempi per un processo di rinnovamento  potrebbero non essere ancora maturi.
Tuttavia, è opportuno fornire anche una lettura positiva della transizione. Difatti, l’abbandono del presidenzialismo potrebbe fornire all’Armenia gli strumenti necessari per compiere alcuni passi decisivi in direzione democratica e pluralista. E, di conseguenza, risulterebbe del tutto improbabile l’affermazione sulla scena politica di un uomo forte, in grado di traghettare il Paese verso derive autoritarie. Tutto ciò a patto di proteggere, ovviamente, lo spirito e l’integrità della riforma.
Il contesto domestico in cui le elezioni si svolgeranno è però solcato dal timore che Yerevan non sia mossa dalla reale volontà di riformarsi. In particolare, se il Presidente Sargsyan portasse a temine il suo mandato per assumere immediatamente dopo le redini del Governo, ciò non solo minerebbe alla radice lo smalto democratico della riorganizzazione istituzionale, ma infliggerebbe un grave colpo alla fiducia dell’opinione pubblica, amplificando l’eco del malcontento alimentato dalla crisi socio-economica e dalla diffusa corruzione nel settore pubblico.
Se tali riflessioni restano valide a livello interno, si considerino adesso – a titolo conclusivo – alcuneimplicazioni sul piano internazionale. Ad esempio, non deve passare in secondo piano il fatto che l’erede di Sargsyan non potrà esercitare alcuna influenza determinante sulla politica di difesa e sulla politica estera del Paese, dal momento che sarà il Ministro della Difesa ad assumere la direzione dell’esercito, mentre spetterà al Premier il titolo di comandante supremo delle forze armate. Trattasi, infatti, di una scelta di politica legislativa che, nel lungo termine, potrebbe lenire l’attitudine difensiva di Yerevan in maniera tale da favorire la normalizzazione delle relazioni che il Paese intrattiene con i suoi vicini.
In secondo luogo, se gli Stati europei hanno salutato di buon grado le intenzioni democratiche della transizione, non altrettanto entusiasmo potrebbe forse manifestare Mosca. Come si è visto, non solo l’Armenia rincorre il sogno di una maggiore esposizione internazionale, ma potrebbe anche elaborare un nuovo ordine di priorità all’interno del suo programma di sviluppo. E, se così fosse, non potrebbe escludersi una graduale ridefinizione dei settori in cui si esprime la consolidata partnership bilaterale con la Russia.
Proiezioni che ovviamente dovranno porsi in relazione all’impronta politica che il futuro Premier imprimerà al Paese, tutt’oggi ancorato ad una posizione filo-russa quanto meno in campo economico, militare ed energetico.

Vai al sito

Israele per difendere l’unicità della Shoah ancora una volta nega il Genocidio degli Armeni (Il Messaggero 20.02.18)

di Franca Giansoldati

Gerusalemme – Israele continua a mantenere un atteggiamento totalmente negazionista nei confronti del genocidio armeno. A 103 anni dal primo genocidio del XX secolo, costato la vita a 1 milione e mezzo di cristiani armeni sotto l’impero ottomano tra il 1915 e il 1920, la Knesset, il Parlamento israeliano, ha nuovamente respinto un progetto di legge, stavolta presentato dal partito centrista e laico Yesh Atid,  che avrebbe ufficializzato il riconoscimento del piano di sterminio. Pensare che, nel 1939, Hitler prese come esempio proprio il genocidio armeno per strutturare l’Olocausto ebraico.

Il voto preliminare che ha interrotto l’iter parlamentare del progetto di legge era avvenuto mercoledì 14 febbraio. Il vice-ministro degli esteri israeliano, Tzipi Hotovely, ha dichiarato che Israele non prenderà ufficialmente posizione sulla questione del Genocidio armeno, «tenendo conto della sua complessità e delle sue implicazioni diplomatiche». A darne notizia anche l’agenzia vaticana Fides che ha evidenziato che il 26 aprile 2015 il Presidente israeliano, Reuven Rivlin, aveva ospitato presso la residenza presidenziale di Gerusalemme un evento commemorativo per ricordare i cento anni dagli stermini pianificati degli armeni avvenuti un secolo prima in Anatolia. Durante quella cerimonia, il Presidente Rivlin aveva ricordato che il popolo armeno fu «la prima vittima dei moderni stermini di massa», anche se aveva evitato di usare la parola «Genocidio» per non irritare la Turchia, non comprometterne i buoni rapporti commerciali, ma anche per non depotenziare politicamente la Shoa ebraica visto che per molti israeliani il riconoscimento del genocidio armeno finirebbe per marginalizzare la sua unicità. Emblematico il discorso che fece nel 2001 l’allora ministro degli Esteri, Shimon Peres: «Niente è uguale all’Olocausto ebraico. Ciò che è capitato agli armeni è una tragedia ma non un genocidio».

In Israele da anni è in corso un dibattito molto serrato a livello politico e cuturale. L’anno scorso ad agosto la commissione Cultura, sport ed educazione della Knesset aveva annunciato di volere riconoscere il genocidio dei cristiani armeni. Ma anche in quella occasione l’iter è stato interrotto dalla ragion di Stato israeliana. Importanti gruppi ebraici, come l’Anti Defamation League e l’Union for Reform Judaism hanno riconosciuto da tempo la storicità del genocidio armeno.

Persino gli Usa non lo hanno mai riconosciuto. Il Presidente americano Donald Trump, nonostante le promesse fatte in campagna elettorale agli armeni americani che chiedevano un suo pronunciamento, finora ha evitato la parola genocidio. Un po’ per non suscitare reazioni risentite da parte della Turchia. Un po’ per non dispiacere alla lobby ebraica molto potente al di là dell’Atlantico.

Vai al sito


ASIA/ISRAELE – Il Parlamento israeliano boccia la proposta di legge sul riconoscimento del “Genocidio armeno

 

Gerusalemme (Agenzia Fides) – Il Parlamento israeliano ha respinto un progetto di legge presentato da Yair Lapid, rappresentante del partito centrista e laico Yesh Atid, che avrebbe ufficializzato il riconoscimento da parte di Israele del “Genocide armeno”. Il voto preliminare che ha interrotto l’iter parlamentare del progetto di legge era avvenuto mercoledì 14 febbraio. Il vice-ministro degli esteri israeliano, Tzipi Hotovely, ha dichiarato che Israele non prenderà ufficialmente posizione sulla questione del Genocidio armeno, “tenendo conto della sua complessità e delle sue implicazioni diplomatiche”.
Il 26 aprile 2015 il Presidente israeliano Reuven Rivlin aveva ospitato presso la residenza presidenziale di Gerusalemme un evento commemorativo per ricordare i cento anni dagli stermini pianificati degli armeni avvenuti un secolo prima in Anatolia. Durante quella cerimonia, il Presidente Rivlin aveva ricordato che il popolo armeno fu “la prima vittima dei moderni stermini di massa”, ma aveva evitato di usare la parola “Genocidio” per indicare i massacri in cui morirono più di un milione e 500mila persone.
Anche il Presidente USA Donald Trump, il 24 aprile 2017, ha dedicato un pronunciamento ufficiale ai massacri pianificati subiti nella Penisola anatolica dagli armeni nel 1915, ma ha evitato di applicare a quei massacri sistematici la definizione di “Genocidio armeno”, accodandosi alla linea seguita dai suoi ultimi 4 predecessori, anche per non suscitare reazioni risentite da parte della Turchia. (GV) (Agenzia Fides 20/2/2018).

Armenia-Iraq: previsto accordo su esclusione doppia tassazione (Agenzianova 19.02.18)

Erevan, 19 feb 19:21 – (Agenzia Nova) – La possibilità di un’intesa per eliminare la doppia imposizione tra Armenia e Iraq è stata affrontata oggi durante un incontro tra il ministro delle Finanze di Erevan, Vardan Aramyan, e una delegazione dell’Autorità sulla tassazione di Baghdad. L’aumento dell’interscambio commerciale tra i due paesi ha spinto a prendere in considerazione l’accordo sull’esclusione della doppia tassazione e il documento prevedrebbe inoltre alcune misure contro l’evasione fiscale. “I volumi del commercio estero con l’Iraq sono cresciuti e questo fattore inciderà sulle discussioni, per Baghdad siamo per lo più un paese esportatore”, ha spiegato il vice ministro delle Finanze armeno, Davit Ananyan. Come riferito dall’agenzia di stampa “Armenpress”, gli incontri sul tema dovrebbero concludersi il 22 febbraio, per portare poi alla firma dell’accordo. (Res)

Libano-Armenia: delegazione guidata da presidente Aoun in visita a Erevan il 21 febbraio (Agenzianova 19.02.18)

Erevan , 19 feb 12:05 – (Agenzia Nova) – Una delegazione ufficiale libanese guidata dal presidente, Michel Aoun, si recherà in Armenia il 21 febbraio. La delegazione sarà composta dal ministro dell’Interno, Nouhad Mashnouk, dal ministro degli Esteri, Gebran Bassil, dal ministro dell’Industria, Hussein Hajj Hassan, dal ministro del Turismo, Avedis Kedanian, dal ministro per la Lotta alla corruzione, Nicolas Tueini, e dal membro del parlamento, Hakob Bagratuni. Come riferito dall’agenzia di stampa “Armenpress”, il presidente Aoun incontrerà l’omologo armeno, Serzh Sargsyan, il presidente del parlamento, Ara Babloyan, il premier, Karen Karapetyan, ed infine la comunità libanese locale. Durante le riunioni saranno discussi i temi della cooperazione economica e politica. Lo scorso ottobre il presidente Aoun ha ricevuto una delegazione armena guidata dal ministro dell’Economia, Suren Karayan. Al centro dei colloqui vi è stato il tema del rafforzamento delle relazioni armeno-libanesi, soprattutto nel settore economico. (Res)

Veneto: firmato protocollo tra la Regione e Armavir (Askanews.it 19.02.18)

Venezia, 19 feb. (askanews) – Un protocollo d’intesa tra le Regioni del Veneto e di Armavir (Repubblica di Armenia) è stata firmata oggi a Palazzo Balbi a Venezia dai due rispettivi Governatori per rafforzare gli scambi in campo economico e produttivo, per consolidare le relazioni culturali e turistiche, per promuovere progetti di cooperazione internazionale.

La Regione di Armavir, ricca di valori storici e culturali, si trova ai confini con la Turchia e occupa la fertile pianura dell’Ararat: è il cuore spirituale dell’Armenia e i suoi importanti edifici religiosi e il sito archeologico di Zvartnots sono patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Vai al sito


Un ponte tra Veneto e Armenia (TVIWEB 19.02.18)

Un protocollo d’intesa tra le Regioni del Veneto e di Armavir (Repubblica di Armenia) è stata firmata oggi a Palazzo Balbi a Venezia dai due rispettivi Governatori per rafforzare gli scambi in campo economico e produttivo, per consolidare le relazioni culturali e turistiche, per promuovere progetti di cooperazione internazionale.

La Regione di Armavir, ricca di valori storici e culturali, si trova ai confini con la Turchia e occupa la fertile pianura dell’Ararat: è il cuore spirituale dell’Armenia e i suoi importanti edifici religiosi e il sito archeologico di Zvartnots sono patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

“Non sono molti gli accordi da me personalmente sottoscritti – ha detto il presidente veneto –, ma ho voluto farlo in questa occasione per il forte e antico rapporto esistente tra Veneto e Armenia, i cui percorsi storici e culturali si sono più volte intrecciati e continuano a intrecciarsi. La firma di oggi consolida ulteriormente il legame tra le nostre comunità e mi auguro che questa intesa produca vantaggi reciproci anche sul piano economico”.

Il governatore veneto ha descritto al collega armeno, Ashot Ghahramanyan, le caratteristiche della propria regione, sottolineando come in un territorio di cinque milioni di abitanti operino ben 600 mila aziende, prevalentemente medio piccole, capaci di generare un PIL di 150 miliardi di euro, che hanno nel loro DNA proprio la commercializzazione internazionale.

Ghahramanyan si è detto certo che già nell’incontro che la delegazione armena avrà domani con i rappresentanti delle imprese, della produzione e del mondo accademico veneto, saranno gettate le basi per proficui scambi e durature relazioni.


VENETO: PROTOCOLLO D’INTESA CON REGIONE ARMENA DI ARMAVIR

19 febbraio 2018

Un protocollo d’intesa tra le Regioni del Veneto e di Armavir (Repubblica di Armenia) è stato firmato oggi a Palazzo Balbi a Venezia dai due rispettivi governatori per rafforzare gli scambi in campo economico e produttivo, per consolidare le relazioni culturali e turistiche, per promuovere progetti di cooperazione internazionale.
La Regione di Armavir, ricca di valori storici e culturali, si trova ai confini con la Turchia e occupa la fertile pianura dell’Ararat: è il cuore spirituale dell’Armenia e i suoi importanti edifici religiosi e il sito archeologico di Zvartnots sono patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
“Non sono molti gli accordi da me personalmente sottoscritti – ha detto il presidente veneto -, ma ho voluto farlo in questa occasione per il forte e antico rapporto esistente tra Veneto e Armenia, i cui percorsi storici e culturali si sono più volte intrecciati e continuano a intrecciarsi. La firma di oggi consolida ulteriormente il legame tra le nostre comunità e mi auguro che questa intesa produca vantaggi reciproci anche sul piano economico”.

Expo arte contemporanea in Armenia, prima edizione (Zon.it 19.02.18)

Tanti artisti internazionali prenderanno parte al primo Expo di arte contemporanea in Armenia. L’evento è stato creato dalla Fondazione Arte Contemporanea e patrocinato dal ministero della Cultura armeno e dal ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo italiano con il supporto del ministero degli Esteri.

Alla conferenza stampa in cui veniva presentato l’Expo erano presenti il ministro della Cultura Armeno, il viceministro degli Affari Esteri, l’ambasciatore della Repubblica Italiana in Armenia.

Presenti anche la curatrice della Galleria Nazionale Armena, Marina Hakobyan e il presidente della fondazione, Giorgio Gregorio Grasso, che si sono occupati dell’esposizione.

L’evento inizierà in concomitanza con la settimana della Francofonia che porterà molti visitatori.

Vai al sito

SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – La vita del santo, raccontata nella sua terra (Portadimare 20.02.18)

NARDO’ – Laura Manieri e Lelè Pagliula hanno espresso il desiderio di donare, ai lettori della portella del cuore, i ricordi preziosamente custoditi dopo un viaggio straordinario in Armenia, sulle tracce del “nostro” San Gregorio l’Illuminatore. Nella giornata di oggi, ed a beneficio di tutti i neritini devoti al culto del santo, verranno “liberate” quattro puntate su questo percorso che inizia nell’anima di chiunque creda. Grazie ancora a Laura e Lelè a nome di tutti.
(La prossima puntata sarà online alle ore 11.30 di oggi)

gregorio2

INTRODUZIONE

Mi chiedono perché abbiamo fatto questo viaggio e visitato l’Armenia. Tanti i motivi.

La prima quella di “ toccare con mano“ e conoscere i luoghi dove San Gregorio Uomo, e poi Santo ha vissuto e realizzato il suo apostolato. Conoscere e capire questo paese ricco di bellezze, affascinante, con un popolo incarnato con il suo Santo e con la sua terra che come dice egregiamente il mio amico Alessandro Pellegatta nel suo libro Karastan, edito da Besa, si è salvato dalle occupazioni e dalle violenze solo grazie alla sua “cultura e alla sua lingua, all’amore per i libri e alla bellezza“ e aggiungiamo: con una forte e sincera fede che ha molto da insegnare a noi e al mondo intero.

Quanta bellezza in Armenia, un patrimonio culturale unico con oltre 1600 chiese disseminate in un piccolo territorio (29.800 mq con una popolazione di circa 3 milioni di abitanti) che ci sono apparse “discrete, semplici“ e che ci hanno raccontato la storia e le tracce profonde percorse da San Gregorio. Indimenticabili le Chiese e monasteri di Surb Echmiadzin sede della Chiesa Apostolia, KhorVirap, Echmiadzin, Spitakavor, Noravank, Santa Gaiana, Santa Ripsima, Shoghagat.

Sentiamo un forte e sincero bisogno di raccontare le profonde emozioni che abbiamo vissuto visitando questo paese , la grande generosità e semplicità del suo popolo, le diverse storie e sensazioni che ci hanno dato le famiglie armene con cui abbiamo condiviso la loro casa, la loro tavola e la loro vita ancora scandita dai tempi della natura offrendoci tutto quello che avevano senza chiederci nulla in cambio.

Per cui approfittiamo dello spazio che ci ha gentilmente concesso “PortadiMare“ per pubblicare alcune foto realizzate con il nostro cellulare e tre temi che riteniamo utili per conoscere l’Armenia e il suo popolo.

Il primo tema riguarda la vita e i luoghi dove ha vissuto l’Uomo e poi Santo Gregorio, protettore della nostra città, segue il tema delle migliaia e semplici croci incise e scolpite nelle chiese, nei cimiteri e sparse in tutto il paese che con la loro suggestione e bellezza trasmettono emozioni e immagini che infinite pagine scritte e raccontate non riescono a dire. Croci “urlanti “ scolpite dall’ uomo che gridano alla fede, alla speranza e che sono riuscite a farci ridere delle nostre ” piccole angosce“.

Ed infine un ricordo, alcune testimonianze e violente immagini sui genocidi e olocausti che per decine di anni si sono succeduti sul popolo armeno. Finalmente solo da pochi anni queste orrende storie cominciano ad essere riconosciute, dopo tantissimi anni di colpevole dimenticanza da tutto il mondo. Perchè? Forse perché questo popolo , così religioso, così semplice, con una cultura millenaria, con un paradisiaco territorio e pieno di bellezza, fa paura a un mondo pieno di esagerato benessere, preso dall’irrefrenabile vizio del consumo e dal vortice dei bisogni fatui?

L’Armenia, un piccolo territorio, culla del Cristianesimo, che vanta la più antica religione di stato confinata a Sud con una aggressiva Turchia, a Nord con un non meno aggressivo Afganistan, circondata dal mondo islamico e attualmente ricattata dalla Russia da cui dipende quasi totalmente dal punto di vista economico ed energetico.

Grazie Armenia, che con i tuoi cieli immensi e la semplicità e generosità della tua gente ci hai aiutato a scoprire momenti di vita vera , istanti profondi di vera spiritualità e soprattutto ci ha fatto assaporare “gocce di felicità“ colmando la nostra sete di eterni e inquieti viaggiatori.

Ringraziamo i nostri compagni di viaggio Lucia e Mario, sempre attenti e sensibili, che ci hanno aiutato ad arrivare in posti e luoghi bellissimi pieni di colori e profumi e uno sconosciuto giovane taxista che cogliendo la nostra sete di conoscere ci ha accompagnato, quasi adottandoci.

Grazie, Laura Manieri e Lele Pagliula

Vai al sito


NARDO’ – I due viaggiatori, Laura Manieri e Lelè Pagliula, incontrano tanta fedeli, soprattutto durante la visita alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, e constatano la loro profondo devozione e venerazione per San Grigor Lusavorich. Molti manifestano la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e Nardò. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sanni che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò. (La prossima puntata alle ore 16.30)

VITA  DI  SAN GREGORIO ARMENIO

San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi  assassinò il sovrano armeno Chosroe I  e per questo fu costretto a  rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.

Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes, divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea  ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.

Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267  di Galerio contro i   persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore  Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.

Gregorio rilevò la sua identità  cristiana, manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale  e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture, una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare  in un pozzo  nel celebre carcere della capitale chiamato  Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.

Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale  oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.

Continuando con  la vita di San Gregorio, la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e  che lo rifiutò.  Da questa  malattia  nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo  l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto   guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente  nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .

Nel contempo Gregorio, traversando  tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea, in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del  vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314  il Sinodo di Cesarea dove  parteciparono  venti vescovi  con grande gioia  e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.

Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati, sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato,  organizzò  la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.

Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam, villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso  l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.

E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo  di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.

Le  reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin, la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.

Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni, l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo  Ortodosso che la circonda.

Parlando con alcuni fedeli  soprattutto durante la visita  alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap, ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione  per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città. Numerosi armeni e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva  che San Grigor è il Santo Patrono di Nardò.

VITA  DI  SAN GREGORIO ARMENIO

San Gregorio nacque in Armenia nel 260 circa,da un padre parto di nome Amok e da una madre armena di nome Okaha. Il padre che apparteneva alla dinastia reale degli Arsacidi  assassinò il sovrano armeno Chosroe I  e per questo fu costretto a  rifugiarsi con la famiglia in Cappadocia nella città di Cesarea dove Gregorio venne educato al cristianesimo da un nobile convertito al cristianesimo di nome Eutelio.

Sembra che la nascita di Gregorio sia avvenuta vicino a un monumento eretto in onore di San Giuda Taddeo. Sposò una cristiana di nome Giuditta da cui ebbe due figli Aristakes e Verdanes , divenuti poi tutti e due santi. Dopo che fu ordinato sacerdote a Cesarea  ritornò in Armenia nel seguito del principe ereditario Tiridate che era in esilio dopo l’assassinio del padre.

Questo avvenne dopo la vittoriosa campagna nel 267  di Galerio contro i   persiani e per volontà e l’aiuto dell’imperatore  Diocleziano. Tiridate essendo cresciuto in territorio romano educato secondo la cultura tardo-ellenistica dell’impero che considerava i cristiani come disturbatori della società e della religione volle festeggiare il suo ritorno con una solenne cerimonia offrendo incenso alla dea Anahita, la grande madre, il cui famoso santuario era sul loro percorso di ritorno.

Gregorio rilevò la sua identità  cristiana , manifestò la sua missione di introdurre la religione cristiana nel suo paese natale  e rifiutò di mettere una corona alla statua della dea pagana. Per questo ebbe ben quattordici specie di torture , una più crudele dell’altra, e infine Tiridate lo fece legare mani e piedi e scaraventare  in un pozzo  nel celebre carcere della capitale chiamato  Khor Virap (Pozzo Profondo) circondato da serpenti e insetti velenosi dove rimase per ben quindici anni dal 298 al 313 mentre nel paese infuriavano le persecuzioni contro i cristiani.

Il monastero di Khor Virap, con il monte Ararat sullo sfondo, luogo di prigionia di Gregorio è l’immagine universalmente nota dell’Armenia, persino per coloro che non ci hanno mai messo piede o che addirittura non sanno nemmeno dove si trovi. E’ un luogo profondamente spirituale  oltre che luogo struggente per l’attaccamento e l’amore che la popolazione ha per questa montagna e per San Gregorio. Da evidenziare che il Monte Ararat che secondo la Bibbia è il luogo dove dopo l’inondazione approdò l’arca di Noè è completamente in territorio turco.

Continuando con  la vita di San Gregorio , la leggenda cristiana vuole che a seguito delle persecuzioni contro i cristiani il re armeno venisse colto da una terribile malattia mentale dovuta all’uccisione della vergine cristiana Hripsime di cui era innamorato e  che lo rifiutò.  Da questa  malattia  nessun medico riusciva a curarlo e nell’afflizione generale della corte, la sorella del re sognò che solo  l’incarcerato Gregorio avrebbe potuto   guarirlo; per cui Gregorio sopravvissuto miracolosamente  nella fossa fu portato a corte dove guarì il re dalla malattia ed esortò lui ed i principi ad accettare la religione cristiana catechizzandoli per sei mesi e ottenendone la conversione al punto tale che Tiridate fece distruggere gli idoli e abolì il paganesimo .

Nel contempo Gregorio, traversando  tutta l’Armenia, trasformò i templi romani in chiese erigendo altari e croci ma rimandando però la loro consacrazione e il battesimo del re non essendo ancora Vescovo. Per questo motivo Tiridate e i principi lo elessero pastore supremo dell’Armenia e lo accompagnarono con una foltissima schiera di cavalieri a Cesarea , in Cappadocia, per la consacrazione che avvenne dalle mani del  vescovo metropolita Leonzio che per l’occasione convocò nel 314  il Sinodo di Cesarea dove  parteciparono  venti vescovi  con grande gioia  e festa di tutti i convenuti e del popolo per lui e per la conversione dell’Armenia.

Nel viaggio di ritorno in Armenia vi fu uno scontro armato con la città ancora pagana di Astisat dove Gregorio prese possesso dell’antica sede vescovile vacante a causa delle persecuzioni. Vi sono testimonianze sulle rive dell’Eufrate dove Gregorio battezzò il re Tiridate, molti principi e soldati , sua moglie e le sue sorelle. Gregorio con la proclamazione del Cristianesimo come religione di Stato,  organizzò  la rinascita della Chiesa Armena consacrando e inviando nuovi vescovi e sacerdoti nelle diocesi, richiamò per aiutarlo i suoi due figli rimasti a Cesarea molto riluttanti perché dediti alla via d’anacoreta e nominò Aristakes suo ausiliare che lo sostituì al governo della Diocesi durante i suoi frequenti periodi di ritiro in eremitaggio.

Gregorio morì all’incirca nell’anno 328 mentre era in un eremo sul monte Seppouh e fu sepolto in un suo podere a Thordam , villaggio nella regione di Daranalik. La guida della Chiesa Armenia fu portata avanti dal figlio Vertanes essendo stato ucciso  l’altro figlio Aristakes ucciso a Sofene da Archelao . Entrambi vennero canonizzati Santi dalla Chiesa Apostolica Armena.

E’ confermata la notizia di un viaggio che fece Gregorio insieme al re Tiridate a Roma per fare una visita al’’imperatore Costantino e nell’occasione si incontrò anche con Papa Silvestro da cui ebbe il titolo  di Patriarca d’Oriente. A sua volta il figlio Aristakes aveva partecipato nel 325 al consiglio di Nicea, proclamato dall’Imperatore Costantino I per discutere e fissare alcuni importanti punti della fede cristiana.

Le  reliquie del Santo vennero portate inizialmente nel villaggio armeno di Tharotan, ma in seguito si sparsero in vari luoghi: la sua mano destra si troverebbe a Etchmiadzin , la sinistra a Sis e il cranio a Napoli nella Chiesa di San Gregorio Armenio dove è stato trasportato da Costantinopoli per sottrarlo alla furia iconoclasta e si suppone che alcune reliquie siano arrivate da Napoli a Nardò.

Da aggiungere che la chiesa Armena pur tra tante vicissitudini e persecuzioni , l’ultima quella dell’ex regime sovietico, è stata sempre fedele a Roma donando alla chiesa figure di Santi e Martiri e ha manifestato sempre una fede genuina in un contesto molto influenzato e osteggiate dal mondo Islamico e dal mondo  Ortodosso che la circonda.

Parlando con alcuni fedeli  soprattutto durante la visita  alla chiesa di Zvartnots e nel Monastero di Khor Virap,  ho avuto modo di constatare la loro profondo devozione e venerazione  per San Grigor Lusavorich e molti di loro hanno manifestato la volontà di venire in Italia per visitare Napoli e la Chiesa di San Gregorio e la nostra città . Numerosi armeni  e un sacerdote della chiesa di Khor Virap sapeva  che San Grigor   è il Santo Patrono di Nardò.

Vai al sito


. SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – Il mistero delle croci armene

NARDO’ – Continua il bellissimo viaggio in Armenia, raccontato da Laura Manieri e Lelè Pagliula. L’ultima puntata è prevista per questa sera. Non mancate.
croci

LE CROCI ARMENE  (KHACHKAR)

Camminando per l’Armenia e visitando le sue Chiese, le onnipresenti Croci Armene  attirano molto  l’attenzione. La Khachkar, croce Armena, è come la croce latina con l’aggiunta che sugli angoli dei quattro bracci è rappresentato il trifoglio, simbolo della Trinità.

Nel linguaggio comune croce è sinonimo di dolore, ma la croce fiorita armena è sinonimo di bellezza e gioia. Ogni croce che si vede è diversa , particolare, personalizzata perché chi la ha realizzata partecipa in modo unico al sacrificio e alla resurrezione di Cristo. Ogni croce racconta una storia, un atto di fede e tutte le storie hanno in comune la storia cristiana del popolo armeno capace di fare fiorire la bellezza su ogni cosa. Anche sulla morte.

Un altro motivo più comune per erigere una Khachkar è la salvezza della propria anima , altri motivi sono la commemorazione di vittorie per la libertà e l’autonomia, il ricordo dei defunti, amori non corrisposti e anche come forma di protezione dai disastri naturali.

Le prime Khachkar degne di nota apparvero in Armenia nel IX secolo coincidendo con la rinascita armena dopo la liberazione degli Arabi. A quanto mi hanno raccontato e poi fatto vedere   la croce più antica venne scolpita nell’879  a Gornmj ed è stata dedicata alla regina Katronid moglie del re Ashot I.

Il punto più alto dell’arte scultoria relativa a queste croci venne raggiunto tra il XII e il XIV  secolo per poi scemare man mano durante l’epoca delle invasioni mongole alla fine del XIV secolo. La loro costruzione venne comunque ripresa nel nel XVI e XVII secolo , pur senza raggiungere le vette artistiche del XIV secolo.La tradizione è viva ancora oggi e soprattutto a Yerevan si possono ancora vedere giovani artisti scultori di Kachkar.

Oggi si racconta che sopravvivono almeno 40.000 croci . Ne abbiamo viste di bellissime nel Museo storico di Yerevan e presso la cattedrale di Echmiaddzin . Il luogo in Armenia che ospita il maggior numero di croci è il Campo dei Kachhkar a Noratus , sulle sponde del lago Sevan,un antico cimitero che  ne racchiude circa 900 di vari periodi e vari stili.

La più grande collezione di Kachkar del mondo fino a qualche tempo fa si poteva trovare presso le rovine dellantica Julia , in Nakhichevan, un enclave dell’Azerbaijan sempre in territorio della antica Armenia. Purtroppo alla fine del 2005 emersero racconti e fotografie da parte di testimoni che mostravano soldati azeri deliberatamente intenti alla distruzione dei cippi funerari. Fotografie più recenti hanno purtroppo rilevato che l’intero cimitero è stato raso al suolo e che al suo posto è stato costruito un campo di addestramento militare.

Vai al sito


4. SULLE TRACCE DI SAN GREGORIO – Il genocidio del popolo armeno

NARDO’ – Arriviamo alla fine del viaggio di Laura Manieri e Lelè Pagliula. Grazie a loro anche a nome delle migliaia di lettori che hanno letto il loro reportage. Li salutiamo con queste frasi: “Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti”.
genocidio

IL GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENIO

E’ fondamentale dare un accenno storico a cominciare dal 1800 per aiutare a capire le diverse ondate di sterminio ai danni del popolo Armeno.

L’immenso Impero Ottomano alla fine del XIX secolo è in uno stato di completo disfacimento. La corruzione serpeggia in ogni angolo dell’impero che vede scomparire i suoi domini in Europa con la nascita, dopo secoli di barbara oppressione, degli stati nazionali balcanici. I Turchi, che si erano installati nell’Anatolia di millenaria cultura greco-armena, temono la possibilità di rivendicazioni elleniche sulle coste dell’Asia Minore e soprattutto la nascita di una nazione armena.

Con la salita al trono di Abdul Hamid nel 1876, l’impero ottomano conta una forte presenza cristiana insieme a minoranze etniche costituite da greci, armeni e assiri. Gli Armeni sono concentrati nell’est dell’impero e non richiedono l’indipendenza ma solo uguaglianza e libertà culturale. Abdul Hamid viene duramente sconfitto dai russi ma le conseguense per l’impero non sono gravi poiché il primo ministro inglese Disraeli, spinto dal favore verso i Turchi dell’Inghilterra, fa in modo che non si venga a formare uno stato libero Armeno. Dopo che l’Inghilterra ottiene l’isola di Cipro, il sultano, temendo una futura ingerenza europea nella questione armena con la conseguente perdita di territori, dà inizio alle repressioni che portano all’uccisione tra il 1894 e il 1896 dai due ai trecentomila armeni ad opera dei battaglioni curdi appositamente costituiti dal sultano. Inizia una campagna di conversione forzata all’islam degli armeni che fallisce completamente e provoca forti persecuzioni e ondate migratorie. Inizia una grande serie di massacri che durerà almeno trenta anni sotto tre diversi regimi turchi con un immobilismo dell’Europa, dove ogni nazione ha paura che un’altra assuma maggiore rilevanza nello scacchiere caucasico e medio orientale.

Un nemico dell’Armenia molto più temibile del sultano, è stato il movimento dei “giovani turchi “ ed il loro partito “ Unione e Progresso “ imbevuto da dottrine socialiste e marxiste adattate per compiacere la strategia del sistema turco. I giovani turchi dal marxismo avevano ripreso la volontà di uguaglianza, ma concepita in modo che, per essere tutti uguali, devono essere tutti ottomani e per essere ottomani tutti dovevano essere turchi e musulmani. Per l’attuazione di questo principio che doveva portare alla formazione di un unico blocco megalitico turco, l’unico ostacolo era costituito dagli Armeni e dai Curdi.

Per i “ giovani turchi “, i curdi potevano essere facilmente assimilati non possedendo una forte identità e cultura mentre gli Armeni dovevano essere annientati ed eliminati perchè oltre ad essere cristiani, possedevano una cultura millenaria, professavano un’altra religione e avevano una loro lingua e alfabeto.

Quindi i “ giovani turchi “ avviarono una prova generale del genocidio nell’Aprile del 1909 eliminando oltre trentamila armeni. Poi tramite una dittatura militare pianificarono un genocidio perfetto imponendo il principio della omogeneizzazione della Turchia tramite la forza delle armi e organizzando una vera e propria macchina di sterminio di massa. Il sanguinario ministro della guerra Enver assoldò un corpo speciale composto da trentamila avanzi di galera che provocando trasferimenti forzati e azioni di guerriglia fecero massacri senza lasciare traccia. Iniziò una ignobile follia, un genocidio apparentemente mascherato che gli armeni chiamano METZ YEGHERN ( il grande male ) che portò in sei mesi allo sterminio di due milioni di armeni.

Nel museo dell’olocausto abbiamo annotato le modalità e gli scopi stabiliti dai turchi per lo sterminio:

–          Eliminazione del cervello della nazione armena con l’arresto il 24 aprile 1915 degli esponenti dell’elite culturale armena. Intellettuali, deputati, prelati, commercianti,professionisti saranno deportati all’interno dell’Anatolia e massacrati.

–          Eliminazione della forza della nazione armena. Gli armeni dai 18 ai 60 anni vengono chiamati alle armi. Questi da bravi cittadini si arruolavano e subito dopo vengono disarmati e a gruppi di cento isolati e massacrati. Di 350.000 soldati armeni non si salverà nessuno.

–          Eliminazione di donne, vecchi e bambini. Nei luoghi vicino al mare e nel lago di Evian si procedeva all’annegamento sistematico di donne, vecchi e soprattutto bambini. Lo sterminio veloce e diretto per annegamento veniva applicato nelle zone in cui incombeva l’avanzata russa per il timore che alcuni si potessero salvare.

–          Deportazioni e massacri. Si avviava la deportazione motivata dall’esigenza di spostamenti da zone non protette dalla guerra. Si costringevano gli armeni ad abbandonare le loro case e i villaggi che poi i curdi e i turchi confiscavano e depredavano dei beni. I convogli venivano privati dei carri per poter eliminare facilmente le persone per fatica e senza dover usare proiettili, venivano sempre attaccati e depredati e il bottino veniva diviso tra lo Stato e dato in premio agli esecutori materiali. Alle donne, se non venivano uccise e violentate, veniva data una possibilità di salvezza se si convertivano all’Islam, sposavano un turco ed affidavano i loro figli allo Stato. I pochi superstiti venivano portati nei campi di sterminio in pieno deserto, poi stipati in caverne, cosparsi di petrolio e bruciati vivi. Nel museo dell’olocausto a Yerevan abbiamo letto il rapporto del 1917 del medico militare tedesco Stoffels che racconta di avere visto, in grande numero di villaggi, chiese e case dove giacevano corpi bruciati e decomposti di donne e bambini. I corpi di queste vittime non sono stati identificati e non hanno trovato ancora sepoltura.

Il mausoleo innalzato dagli Armeni a Deir el-Zor a ricordo del loro olocausto è stato raso al suolo dai miliziani dell’Isis nell’autunno del 2014. L’Auschwiz degli Armeni non esiste più.

Abbiamo ancora negli occhi le foto che abbiamo visto nel Museo dell’Olocausto di Yerevan. Fotografie di stragi, violenze e carneficine di innocenti. Riflettendo su quanto abbiamo visto nei giorni della nostra permanenza in Armenia siamo sempre più convinti che la storia di questo popolo fatta di continue violazioni dei più sacrosanti diritti di umanità, di religione e nazionalità non morirà mai. Abbiamo fede che la giustizia per questo popolo risorgerà come le sue croci sempre di più e sarà sempre più viva.

Gli occhi delle persone che abbiamo incontrato in Armenia ci chiedono con la loro speranza, la loro gioia e la loro bellezza di continuare a parlare della loro storia e della loro verità. Un augurio per noi tutti, insieme alla nostra città, è di percorrere il ponte costruito dall’Uomo Santo Gregorio che ha dato tanta forza, identità e cultura al suo popolo e a noi tutti.

Vai al sito