Pianista armeno Levon Avagyan in concerto a Palermo (Ansa Sicilia 17.022.18)

(ANSA) – PALERMO, 17 FEB – Il pianoforte di Levon Avagyan sul palcoscenico del Politeama Garibaldi. Ancora un appuntamento di prestigio per la stagione 2018 di Amici della Musica di Palermo con la direzione artistica di Donatella Sollima. Martedì 20 febbraio alle 21 il musicista armeno di fama mondiale sarà protagonista del concerto realizzato in collaborazione con l’Istituto Cervantes di Palermo. Il vasto programma spazia da Antonio Soler (Quattro sonate) ad Arno Harutyuny Babadjanian (6 Pictures), da Alexander Rosenblatt (Paganini Variations) a Enrique Granados (El amor y la muerta aus goyes), fino a Robert Schumann (Fantasie op.17; Durchaus phantastisch und leidenschaftlich vorzutragen; .Massig.
Durchaus energisch; Langsam getragen. Durchwegleise zu halten). Levon Avagyan è nato nel 1990 a Yerevan, in Armenia, dove ha iniziato lo studio del pianoforte al Conservatorio statale con Vagharshak Harutyunyan. Successivamente si è perfezionato con Milano Chernyavska all’Università di Musica e spettacolo di Graz, in Austria. Nel 2017 Levon ha vinto il primo premio, il premio del pubblico e diversi altri premi speciali al Concorso musicale internazionale Maria Canals di Barcellona. Tra i suoi impegni solistici recenti e imminenti le esibizioni con le maggiori orchestre spagnole, con l’Orchestra sinfonica di Porto, la Filarmonica di Belgrado, la Sinfonietta Slovacca, l’Orchestra da camera di Imola e l’Orchestra giovanile da camera di Stoccarda. Nel 2018-2019 Levon registrerà due cd per la prestigiosa etichetta Naxos. Il giovane pianista è regolarmente presente in festival come il Kissinger Sommer Festival in Germania, il Marbella Piano Festival in Spagna, il Next Generation Classic Festival a Bad Ragaz, l’Elisarion Piano Festival, il Gstaad Menuhin Festival in Svizzera, il Festival Alpenarte in Austria. (ANSA).

Vai al sito

Ue-Armenia: Mogherini riceve ministro Esteri Nalbandian il 21 febbraio a Bruxelles (Agenzianova 16.02.18)

Bruxelles , 16 feb 16:00 – (Agenzia Nova) – L’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, riceverà il 21 febbraio a Bruxelles il ministro degli Esteri dell’Armenia, Edward Nalbandian. Lo rende noto la Commissione europea. L’Armenia, insieme a Georgia, Ucraina, Moldova, Azerbaigian e Bielorussia è uno dei paesi del Partenariato orientale (EaP). A margine del vertice dell’EaP, lo scorso novembre a Bruxelles, Ue e Armenia hanno firmato un nuovo accordo di partenariato onnicomprensivo e rafforzato.

Vai al sito

Report Nagorno Karabakh. – Artsakh. Vivere nel perenne stato di conflitto sperando nel riconoscimento internazionale (Notiziegeopolitiche 16.02.18)

di Giuliano Bifolchi

STEPANAKERT. George Friedman, analista e fondatore della nota agenzia di Intelligence statunitense Stratfor e attuale direttore di Geopolitical Future, sosteneva nel 2008 in “The Methodology of Geopolitics: Love of One’s Own and the Importance of Place” che la nascita in un luogo ben preciso è un elemento fondamentale per ogni individuo perché questo permette a qualsiasi persona di identificare sé stessa molto di più rispetto all’appartenere a un determinato paese e possedere una determinata cittadinanza. Questa affermazione trova il suo massimo riscontro nella Repubblica di Artsakh, dove le persone esprimono un forte attaccamento alla loro terra di origine che permette di identificarli. È proprio questo connubbio uomo-terra natia che categorizza gli abitanti della Repubblica di Artsakh che hanno da sempre rivendicato la loro appartenenza alla loro madre patria anche quando non esisteva uno stato che potesse conferirgli il ruolo di “cittadini della Repubblica di Artsakh”. Partendo da questo concetto si può comprendere il perché coloro che abitano nella regione del Nagorno Karabakh hanno da sempre rivendicato le loro origini e per questo hanno combattuto e continuano a combattere per poter vivere in questo angolo di mondo in rispetto delle proprie tradizioni e cultura.
La Repubblica di Artsakh, situata nel Caucaso meridionale è de facto uno Stato sorto con la disgregazione dell’Unione Sovietica e a seguito del conflitto del 1992-1994 che ha visto contrapposti la maggioranza etnica armena del Nagorno Karabakh, sostenuta dalla Repubblica di Armenia, e la Repubblica dell’Azerbaigian. Tale conflitto fonda le sue radici nell’era sovietica fino a quando nel 1988, a seguito di una serie di atti di violenza da entrambe le parti, gli armeni della regione del Nagorno Karabakh o Artsakh manifestarono attraverso il voto la propria volontà di secessione dall’Azerbaigian e indipendenza dando vita alla Repubblica del Karabakh Montagnoso (Nagorno-Karabakh) – Artsakh. Gli eventi portarono poi al conflitto del 1992-1994 terminato con il cessate il fuoco seguito da un processo di pace che vede tuttora coinvolto il Gruppo di Minsk dell’OSCE presieduto da Francia, Stati Uniti e Federazione Russa, ma che fino ad ora ha prodotto pochi risultati tangibili a causa non solo delle diverse posizioni di armeni e azeri, ma anche dei giochi geopolitici che investono una regione di primaria importanza strategica come il Caucaso meridionale, luogo di passaggio di oleodotti, gasdotti e vie di comunicazione nord-sud e ovest-est.
Non riconosciuta a livello internazionale da nessuno stato, la Repubblica di Artsakh (nome adottato a seguito del referendum costituzionale del 2017) vive in una continua situazione di tensione condividendo con l’Azerbaigian una linea di contatto che vede contrapposti soldati armeni a quelli azeri in un “conflitto congelato” sempre pronto a riesplodere come accaduto lo scorso aprile 2016. L’Armenia rappresenta l’alleato dell’Artsakh per motivi di natura culturale e storica e funge da interlocutore nel processo di negoziazione per la pace avviato dopo il 1994 con l’Azerbaigian. Proprio visitando la linea del fronte che quotidianamente vede contrapposte le forze armene a quelle azere in una attività di continuo controllo è possibile capire l’importanza dell’Armenia: nella base militare vicino a Martakert sventolano in alto le bandiere armene e dell’Artsakh mentre i soldati che si apprestano a iniziare l’anno accademico di formazione che li poterà poi a difendere la propria madre patria per 2 anni cantano l’inno dell’Armenia.

Linea del fronte costituita da trincee che rimandano il pensiero ad un secolo fa quando in Europa si combatteva il primo conflitto mondiale e giovani di 18-19 anni vivevano rintanati lungo la linea di difesa attendendo l’attacco nemico o l’ordine di avanzare. È negli occhi dei ragazzi armeni che si legge la fierezza di combattere per la propria madre patria, ma anche la delusione per una adolescenza presto perduta: è in questa linea del fronte montuosa che i versi poetici di Giuseppe Ungaretti in “I soldati” scritti nel 1918, “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, riscoprono ancora una volta la loro triste verità. Perché in questa parte di mondo a molti sconosciuta si continua a combattere e mensilmente si devono aggiornare i bollettini delle vittime da entrambe le parti.
È proprio questo che rende la visita nella Repubblica di Artsakh particolare e speciale: in questa regione si ritrovano sentimenti di amore per per la propria terra e odio o desiderio di rivincita nei confronti del nemico che in Europa sembrano apparentemente essere svaniti. Visita in Artsakh problematica per giornalisti, ricercatori e anche turisti per quel che riguarda la diplomazia perché l’Azerbaigian sin dal cessate il fuoco del 1994 ha sempre rivendicato la propria sovranità territoriale sulla regione del Nagorno Karabakh e su sette distretti limitrofi (circa il 20% del territorio azerbaigiano), considerati sotto occupazione armena. Quindi, effettuare una visita per qualsiasi scopo in Artsakh passando per l’Armenia viene inteso dal governo di Baku come una violazione della propria legge il cui risultato è quello di essere inserito in una “lista nera”, commentata da Masis Mailian, ministro degli Esteri dell’Artsakh, come “una violazione dei diritti umani il cui risultato è stato controproducente per l’Azerbaigian. Il fatto che giornalisti e turisti visitino il nostro paese e che il loro numero sia in aumento dimostra come la politica di Baku non sta riscuotendo i desideri sperati, anzi comprova maggiormente la mancanza di logicità. Nel 2017 – ha aggiunto Mailian – abbiamo avuto più di 100 giornalisti in visita nel nostro paese e un incremento del turismo pari a +52% rispetto all’anno precedente”.
Per quel che riguarda le relazioni internazionali e la diplomazia il ministro degli Esteri ha sottolineato il ruolo di interlocutore dell’Armenia che garantisce alla Repubblica di Artsakh la possibilità di vedere rappresentate le proprie richieste non solo nel Gruppo di Minsk dell’OSCE, visto che l’Azerbaigian non vuole interloquire con l’Artsakh “anche se noi siamo stati parte attiva e direttamente interessata dal conflitto e quindi dal successivo processo di negoziazione”, afferma il ministro degli esteri, ma anche in altre organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e l’Unione Europea. “L’Artsakh è pronto a entrare nella NATO e nelle Nazioni Unite”, ha dichiarato Mailian guardando a questa eventualità come un ulteriore mezzo per il riconoscimento internazionale, primo obiettivo per il governo di Stepanakert. “Il nostro esercito è operativo e ha dimostrato il proprio valore nelle attività di individuazione di intrusioni nemiche e contrattacco. I nostri soldati possono cooperare in esercitazioni militari e missioni all’estero. Dal nostro punto di vista non esiste nessun impedimento legale e militare nella cooperazione della Repubblica dell’Artsakh con i paesi della NATO”.

 

Rispondendo alle accuse di Baku, che definisce il Nagorno Karabakh e sette distretti limitrofi come parte del proprio territorio sovrano occupato dall’Armenia, il ministro degli Esteri ha affermato che “gli azeri sono come i turchi i quali vogliono appropriarsi o conquistare parte della Siria e dell’Iraq. La speranza è che il governo di Baku possa rispettare gli accordi presi con l’Armenia e con i co-presidenti del Gruppo di Minsk, anche se più volte l’Azerbaigian ha dimostrato la volontà di disattendere tali accordi preferendo la via militare”.
È in questi giorni di febbraio, nello specifico il 13, che si svolge il 30mo anniversario dei movimenti di indipendenza del 1988 che diedero il via al processo che portò in seguito alla nascita della Repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh. Nelle manifestazioni di piazza organizzate a Stepanakert a cui hanno partecipato tutti i membri della leadership politica e militare della Repubblica di Artsakh si legge chiaramente come la pace sia un obiettivo lontano perché gli eventi che hanno precedetuo il conflitto del 1992-1994 e i fallimentari anni di negoziazione hanno via via allontanato armeni e azeri, che in passato vivevano insieme sotto l’Unione Sovietica, lasciando lo spazio invece a sentimenti di nazionalismo, rivincita, odio e diffidenza per il nemico a cui si devono aggiungere gli interessi territoriali e geopolitici che coinvolgono direttamente azeri e armeni e indirettamente le potenze internazionali come Russia, Stati Uniti e regionali come Iran e Turchia.

Diffidenza più volte ribadita da tutte le persone incontrate in Artsakh e anche dall’Arcivescovo Pargev Martirosyan, Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, il quale ha affermato che “diverse volte l’Azerbaigian ha attaccato la nostra terra dimostrando la volontà di non rispettare il processo di pace e gli accordi presi con il Gruppo di Minsk dell’OSCE”. “Noi non vogliamo la guerra, ma siamo pronti al conflitto qualora venissimo attaccati”, ha continuato Martirosyan aggiungendo che seppure “preghiamo per la pace non solo per noi stessi, ma per tutto il mondo, viviamo in una zona di conflitto dove il nostro popolo, le nostre famiglie e anche i nostri preti sono a diretto contatto con il pericolo. Se la guerra dovesse arrivare noi saremo pronti”. Questo essere pronti alla guerra è un messaggio che spesso è stato ribadito dall’arcivescovo il quale rischia di sostituire o modificare il messaggio di pace caratteristico del Cristianesimo: “il porgere l’altra guancia predicato da Gesù – sottolinea Martirosyan – riguarda soltanto familiari, amici e conoscenti ma non i nemici. Quando questi giungono nel tuo territorio per conquistarlo e minacciano la vita dei cittadini che vi abitano il tuo dovere è quello di affrontarli e neutralizzarli”. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra e che fanno ancor più eco perché pronunciate da un uomo di fede le quali sono state attenuate però dalla costatazione finale che “non esiste una guerra eterna al mondo…presto o tardi questo conflitto finirà e il nostro popolo potrà vivere in pace”.

Occorre sottolineare come lo scontro tra armeni e azeri per l’Artsakh è di tipo territoriale e non religioso: lo stesso Martirosyan afferma che “gli abitanti dell’Artsakh non hanno nessun problema con i musulmani. Abbiamo diverse comunità armene della Diaspora in paesi arabi e buone relazioni con Iran, Kazakhstan, Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan, e Kyrgyzstan. I nostri problemi riguardano soltanto i turchi a causa del Genocidio Armeno che continuano a non riconoscere e gli azeri. Chi parla di guerra di religione sono soltanto quelle organizzazioni il cui fine è quello di creare odio tra cristiani e musulmani e distogliere l’attenzione sul vero motivo del conflitto che contrappone i nostri cittadini, i quali lottano per la loro madre patria, e l’Azerbaigian”. Giuste affermazioni che però non trovano un reale riscontro nella demografia dell’Armenia e dell’Artsakh per quel che riguarda la composizione etnica e religiosa: in Armenia, secondo quanto si legge dal CIA World Factbook, il 98.1% della popolazione è composta da armeni seguita poi dagli yazidi (1.1%), da russi (0.4%) e da ulteriori minoranze tra cui greci, assiri, ucraini, curdi, georgiani, bielorussi, mentre per quel che concerne la religione il 92.6% degli armeni appartengono alla Chiesa Armena Apostolica, l’1% a quella Evangelica, il 2.4% ad altre credenze religiose come l’ebraismo. In Artsakh, invece, secondo l’ultimo censimento del 2015 il 99.7% della popolazione è armena mentre la popolazione azera è passata da 12.592 persone nel censimento del 1926 (10% della popolazione), a 40.688 nel 1989 subito dopo i movimenti del 13 febbraio 1988 e poco prima della disgregazione dell’Unione Sovietica (circa il 21.5% della popolazione) per poi registrare un drastico decremento contando nel censimento del 2005 soltanto 6 azeri. La religione predominante della Repubblcia di Artsakh è quella Armena Apostolica con la presenza di minoranze appartenenti alla Chiesa Evangelica e ad altre chiese ortodosse orientali.
Ashot Ghulyan, portavoce del Parlamento dell’Artsakh, ha ribadito l’importanza del 30° anniversario del movimento di indipendenza iniziato nel 1988 perché “all’epoca, quando tutto è iniziato, nessuno si sarebbe aspettato che il nostro popolo avrebbe potuto affrontare e superare i problemi legati all’indipendenza, al conflitto e le sfide future. Ciò che eredidiamo dal movimento dell’88 è l’importanza della libertà e l’opportunità di decidere per il nostro futuro come un paese indipendente oppure come parte dell’Armenia”. “Ho un’attitudine positiva ereditata dal 1988: – ha continuato Ghulyan – se guardo al futuro e penso a questi ultimi 30 anni posso soltanto prevedere che nei prossimi trentanni avremo la possibilità di festeggiare il 60° anniversario del movimento del Karabakh come paese indipendente oppure farlo da cittadini che vivono in una Armenia unita”. Armenia unita all’Artsakh, argomento attuale sia a Erevan che Stepanakert, a cui il portavoce del Parlamento del Nagorno Karabakh risponde dichairando che “soltanto dopo che il nostro paese otterrà il riconoscimento internazionale, tale questione diverrà nazionale e gli armeni della Diaspora e quelli in Artsakh potranno decidere attraverso un referendum se il futuro del Nagorno Karabakh dovrà essere indipendente oppure con l’Armenia”.

Clima di positività verso il futuro del paese che contrasta però con le difficoltà del processo di sviluppo socio-economico dell’Artsakh come evidenziato spesso anche dall’Azerbaigian che vede nel ritorno del Nagorno Karabakh sotto la propria amministrazione come un’opportunità di crescita economica per la popolazione locale e nella fine delle ostilità con l’Armenia la possibiltià per il governo di Erevan di non essere più estromesso dalle dinamiche economiche regionali e dai benefici dati dal passaggio di gasdotti, oleodotti e vie di comunicazione dal Caspio all’Europa. Di opposte vedute invece Ghulyan che oltre ad evidenziare i risultati ottenuti negli ultimi 20 anni a seguito del conflitto, ha sottolineato come “il cessate il fuoco del 1994 ha permesso al nostro Governo di creare le condizioni minime di vita per il nostro popolo raggiunte nel 1998-2000. Dagli inizi del nuovo millennio abbiamo dato il via a diversi progetti economici grazie al grande contributo fornito dalla Diaspora armena che ha permesso di sviluppare il progetto sociale mirato a garantire l’erogazione dell’acqua a tutti i cittadini della Repubblica di Artsakh”.
Parlando della strategia di sviluppo economico il portavoce del Parlamento ha evidenziato tra i settori principali quello energetico che ha visto la costruzione di centrali idroelettriche con lo scopo di migliorare la fornitura energetica alla popolazione, quello dell’industria mineraria, l’agricoltura che fonda le proprie radici nella tradizione dell’Artsakh (il 90% dei prodotti agricoli sul mercato del Nagorno Karabakh è coltivato localmente) e che permette esportazioni all’Armenia, e il turismo, settore che offre ampi margini di miglioramento che necessita però maggiori investimenti.
Parlamento della Repubblcia di Artsakh che ha istituito gruppi di amicizia interparlamentari con Unione Europea, Lituania, Francia e Belgio e che “è pronto e volenteroso ad avere relazioni interparlamentari anche con l’Italia, paese che si è sempre contraddistinto per il suo ruolo nel processo di pace. Fino ad ora non abbiamo avuto contatti, ma imputo questo al tempo e non solo alla ‘politica del caviale’ i cui effetti negativi sono maggiori di quelli positivi per Baku, come constatato anche negli Stati Uniti, perché tale politica permette di sollevare l’interesse nei confronti dell’Artsakh”.
Il positivismo riscontrato nelle autorità e nelle persone dell’Artsakh contrasta però con il paesaggio che si vede viaggiando per il paese caratterizzato da piccoli villaggi o città che visivamente mancano di strutture moderne e avanzate. Fa eccezione a questa realtà il TUMO Center for Creative Technologies presente a Stepanakert (ma anche a Gyumri e Erevan), un centro dedicato agli adolescenti dai 12 ai 18 anni che eroga corsi di formazione gratuiti specializzati in animazione, sviluppo dei giochi, web development e digital media il cui fine è quello di offrire maggiori possibilità alle nuove generazioni dell’Artsakh. Una esperienza positiva sorta a Erevan e diffusa anche nella Repubblica di Artsakh grazie ai fondi erogati dalla Diaspora armena che dovrebbe essere esportata anche a Parigi e Mosca nel breve futuro i cui benefici vengono però attenuati o vanificati per quel che concerne la popolazione giovane maschile dall’obbligo di leva che vede i giovani dell’Artsakh spendere almeno due anni di servizio militare e rischiare la propria vita al fronte.
La Repubblica di Artsakh e la sua popolazione meritano di vivere nella pace il cui raggiungimento sembra oramai lontano: Svante Cornell in “Small Nation and Great Powers: A Study of Ethnopolitical Conflict in the Caucasus” nota giustamente come la soluzione finale al conflitto dipende dall’evoluzione delle posizioni delle parti interessate e dalle pressioni interne e internazionali sui negoziatori. Un possibile accordo che tenga conto del diritto di autodeterminazione degli armeni dell’Artsakh e della preservazione della integrità territoriale dell’Azerbaigian è fondamentale: seguendo questo concetto secondo Cornel è necessaria una negoziazione dell’autonomia del Nagorno-Karabakh ad esempio seguendo il modello di “stato associato” della Repubblica del Tatarstan nella Federazione Russa. Il ritorno dei rifugiati azeri e armeni è un altro elemento cruciale a cui devono seguire il controllo internazionale in una fase di transizione dei territori di Shushi, Lachin e Shaumianovsk/Agdere in modo da favorire sia la connessione tra Armenia e Artsakh che quella tra Azerbaigian e Nakhchivan. Il tutto deve essere unito a una speciale attenzione per la dimensione economica del conflitto che dovrebbe portare alla istituzione di una free-trade zone che incorpori Armenia, Artsakh, Georgia, Ossezia del Sud, Abkhazia formando quindi un’area di libero scambio caucasica meridionale che possa ridurre nel lungo termine l’importanza dei confini e della sovranità statale e le tensioni ponendo sull’ago della bilancia lo sviluppo economico e condizioni di vita migliori. Questa idea però si scontra con la realtà che vede entrambe le parti fisse sulle proprie posizioni: anche in Artsakh la popolazione locale “non vuole cedere il territorio conquistato durante il conflitto con l’Azerbaigian” e, secondo quanto espresso anche dai molti veterani di guerra che hanno sfilato nella manifestazione del 13 febbraio, “le possibilità di vivere nello stesso territorio tra armeni e azeri sembrano oramai impossibili. Possiamo commerciare con loro, avere contatti per quel che concerne la diplomazia, ma una coabitazione come nel periodo sovietico e quindi un ritorno dei rifugiati è quanto di più impensabile”.
Ma senza speranza di una pace e senza la volontà di negoziare, e quindi di cedere qualcosa in cambio di altro, il conflitto è sempre pronto a esplodere e le future generazioni verranno sacrificate in una guerra che oltre a logorare i cittadini sia armeni che azeri, provocando rifugiati da entrambe le parti, non fa altro che aumentare i sentimenti di odio e diffidenza.

Vai al sito

Armenia-Giappone: presidente parlamento Babloyan riceve viceministro Esteri Horii, focus cooperazione (2) (Agenzianova 16.02.18)

Erevan, 16 feb 15:21 – (Agenzia Nova) – L’intesa è stata siglata dall’ambasciatore giapponese in Armenia, Eiji Taguchi, e dal ministro armeno degli Esteri, Edward Nalbandian. “L’Armenia è il primo paese dell’area con cui Tokyo viene firmato un documento di questo tipo. Vi è un grande potenziale per lo sviluppo della cooperazione economica bilaterale”, ha dichiarato Nalbandian. Il titolare del dicastero ha inoltre ricordato positivamente il ventiseiesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. “Ringrazio il ministro Nalbandian: ha promosso per primo le discussioni per il raggiungimento dell’intesa, oggi la più completa in merito. La firma dell’accordo rappresenta un nuovo inizio e dobbiamo muoverci ulteriormente in questa direzione”, ha affermato l’ambasciatore. (segue) (Res)

Prima Expo arte contemporanea in Armenia (Ansa 15.02.18)

(ANSA) – ROMA, 15 FEB – Sarà la prima Esposizione internazionale d’arte contemporanea in Armenia, a cui parteciperanno tanti artisti internazionali e si svolgerà nelle sedi più prestigiose di Yerevan, come il Teatro Nazionale Accademico dell’Opera e del Balletto di Alexander Spendiaryan, il Centro delle Arti Cafesjian, l’Unione degli Artisti Armeni, dal 25 settembre al 25 ottobre. L’evento della “Fondazione Arte Contemporanea” ha il patrocinio del ministero della Cultura armeno e del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo italiano, oltre al supporto del ministero degli Esteri armeno. Alla conferenza stampa di presentazione svoltasi a Yerevan sono intervenuti il ministro della Cultura Armeno, Armen Amiryan, il viceministro degli Affari Esteri Armeno, Robert Harutyunyan, l’ambasciatore della Repubblica Italiana in Armenia, Giovanni Ricciulli, il direttore della Fondazione d’Arte Contemporanea, Stefano Apuzzo.Tra i presenti anche Alberto Cagliostro, co-fondatore di Shaula International LLC, a cui lavorano soci italiani (l’altro è Fabio Lenzi) che si occupa di internazionalizzazione e investimenti in Armenia e che ha collaborato attivamente alla realizzazione della mostra. Infine, presenti anche la curatrice della Galleria Nazionale Armena, Marina Hakobyan, che si è occupata dell’esposizione assieme all’altro curatore Giorgio Gregorio Grasso, presidente della Fondazione Arte Contemporanea.
Il viceministro ha ricordato che la concomitanza con la settimana della Francofonia, che si terrà in Armenia a inizio ottobre, porterà a Yerevan molti visitatori.

Vai al sito


Yerevan (Armenia), dal 25 settembre: Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea – Armenia 2018

Per la prima volta in Armenia, su iniziativa della “Fondazione Arte Contemporanea” e con il patrocinio del Ministero della Cultura Armeno e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Italiano e con il supporto del Ministero degli Esteri Armeno il 25 Settembre del 2018 in Armenia si inaugurerà l’Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea: Armenia 2018, che ospiterà artisti da tutto il mondo. Alla conferenza stampa del 14 Febbraio a Yerevan che ha ufficializzato la manifestazione sono intervenuti il Ministro della Cultura Armeno, Armen Amiryan, il vice Ministro degli Affari Esteri Armeno, Robert Harutyunyan, l’Ambasciatore della Repubblica Italiana presso l’Armenia, Giovanni Ricciulli, il Direttore Generale della Fondazione Arte Contemporanea, l’On. Stefano Apuzzo, il co-fondatore di Shaula International LLC, l’Avv. Alberto Cagliostro e la curatrice Armena Marina Hakobyan.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con “Shaula International LLC“, società Armena costituita da soci italiani, Fabio Lenzi e Alberto Cagliostro. La Shaula International è una società di internazionalizzazione che promuove l’Armenia come piattaforma di business per investitori Europei, incrementando gli scambi culturali ed economici tra l’Europa e l’Armenia. Il Ministro della Cultura Armeno ha comunicato che l’esposizione si svolgerà in diversi musei e centri culturali della capitale. Tra questi sono da annoverare: il Teatro Nazionale Accademico dell’Opera e del Balletto di Alexander Spendiaryan, il Centro delle Arti Cafesjian, l’Unione degli Artisti Armeni.

L’Ambasciatore della Repubblica Italiana presso l’Armenia ha manifestato grande entusiasmo per la realizzazione di questo progetto artistico internazionale che vede protagonisti l’Italia e l’Armenia paese uniti da una profonda ricchezza culturale.

Il vice Ministro degli Affari Esteri ha ribadito l’importanza dell’evento per valorizzare gli artisti Armeni con le loro opere in ambito internazionale. Inoltre, il vice Ministro, ha voluto evidenziare che la concomitanza con la Settimana della Francofonia che si terrà in Armenia a inizio Ottobre, porterà a Yerevan numerosi visitatori.

Alberto Cagliostro ha invece voluto illustrare il significato del logo dell’esibizione commentando che la “A” stilizzata inoltre a rappresentare la “A” di Armenia, rappresenta un abbraccio tra due persone a simbolizzare lo spirito di ospitalità e l’apertura culturale del paese Armenia. La curatrice Armena si e’ voluta soffermare sulle caratteristiche artistiche dell’esibizione evidenziando il fatto che l’ampio programma comprenderà tutti i tipi di arti: pittura, grafica unica, diverse forme di incisione, litografia, scultura, nonché esempi unici di arti decorative e applicate, fotografia artistica, arte concettuale, etc. e si svolgera’ in diverse location artistiche e culturali della capitale armena. Ha inoltre voluto condividere Il “Concept” dell’esposizione che sarà la diversità ideologica e il contrasto multiculturale degli artisti partecipanti.

A concludere il Direttore Fondazione Arte Contemporanea ha voluto sottolineare che, data l’importanza dell’evento, sia il Ministero della cultura armeno che il Ministero dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo italiano hanno ritenuto doveroso patrocinare l’iniziativa.

Il sito ufficiale dell’Evento è www.icaearmenia.org

I curatori dell’Esibizione saranno Giorgio Gregorio Grasso, Presidente della Fondazione Arte Contemporanea e Marina Hakobyan, curatrice presso la Galleria Nazionale Armena.

San Gregorio Armeno, il ricordo e i festeggiamenti: a Nardò passeggiata a cavallo, musica sacra e “Girodibanda” (Piazzasalento 14.02.18)

Nardò – Al via il 18 febbraio i festeggiamenti in onore di San Gregorio Armeno, patrono della città. Ricco anche quest’anno il programma di eventi della tre giorni organizzata dal locale Comitato feste, composto da don Giuliano Santantonio (Padre Spirituale e Parroco della Chiesa Cattedrale), Cosimo Caputo (presidente Comitato), Salvatore D’Alessandro (vicepresidente), Antonio Palumbo (segretario), Mino De Benedittis (tesoriere), Antonio Rocco Pisanello (responsabile rapporto confraternite), Giancarlo De Pascalis (comitato scientifico) e un nutrito gruppo di consiglieri e collaboratori esterni.

Domenica 18 febbraio alle 10 in zona 167 passeggiata a cavallo organizzata da Cesare Bruno e in serata, alle 19.30, un concerto di musica sacra in Cattedrale. Il giorno dopo convegno sui rapporti tra Nardò e l’Armenia: alle 9.30 al Chiostro dei Carmelitani dialogheranno Carlo Coppola (segretario del centro studi “Hrand Nazariantz” e curatore del volume “Nella terra del terrore”, opera che racconta il genocidio armeno), Pantaleo Pagliula e rappresentanti di Comune, Curia e Comunità armeni di Puglia. A coordinare i lavori l’architetto Giancarlo De Pascalis. In serata, dopo la messa delle 18 la processione percorrerà le seguenti strade: piazza Pio XI, corso Garibaldi, piazza Umberto I, via Regina Elena, via Roma, piazza Diaz, corso Galliano, piazza Mazzini, via Grassi, piazza Osanna (qui la benedizione della città), piazza della Repubblica, corso Vittorio Emanuele II, piazza Salandra, via Duomo e rientro finale in piazza Pio XI.

Martedì 20, giorno di San Gregorio Armeno, messe in Cattedrale alle 7.30, 9, 10.30 e 18.30 e concerto mattutino per le vie cittadine della banda “Terra d’Arneo”. Alle 17 commemorazione delle vittime del terremoto del 1743 con i cento tocchi delle campane della torre dell’orologio di piazza Salandra e lettura di alcune cronache dell’epoca. Qui l’amministrazione comunale consegnerà una targa ai sindaci di Lecce e Galatone, Carlo Salvemini e Flavio Filoni, per ringraziare simbolicamente le due comunità per l’opera di soccorso prestata nei giorni successivi al sisma.

Gran finale con lo spettacolo pirotecnico alle 19.30 in via Falcone e Borsellino e dalle 20 in piazza Salandra l’atteso concerto di “Girodibanda” e Cesare Dell’Anna.

«Come ogni anno – ha ricordato il presidente del Comitato festa Cosimo Caputo – abbiamo riunito le risorse umane e materiali a disposizione e messo su un programma di festeggiamenti all’altezza di questa città e del suo patrono. È la festa di tutti per la cui realizzazione sento il dovere di ringraziare l’Amministrazione comunale e i tanti operatori economici che anche quest’anno hanno contribuito».

Vai al sito

Vaticano-Mosca. I cristiani perseguitati in Medio Oriente dettano l’agenda ecumenica (SIR 13.02.18)

I cristiani perseguitati, uccisi, rapiti, feriti in Siria, Egitto, Iraq. Si stringe la cooperazione ecumenica delle Chiese per venire incontro alle esigenze concrete della popolazione e alle attese di pace in Medio Oriente. Su questa “priorità” si è centrato il secondo anniversario dell’incontro avvenuto a L’Avana tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco. Per commemorarlo si è tenuta il 12 febbraio a Vienna una conferenza internazionale dedicata alla situazione dei cristiani in Medio Oriente.

Preservare la presenza cristiana nella regione del Medio Oriente, impedire che i cristiani abbandonino le loro terre, favorire il ritorno alla vita normale, sostenere la ricostruzione. Sono i cristiani perseguitati a dettare con la loro vita e, purtroppo, spesso con il sangue l’agenda del capitolo 2 dei rapporti tra la Chiesa cattolica di Roma e il Patriarcato di Mosca. Se ne è parlato lunedì 12 febbraio a Vienna alla Conferenza internazionale dedicata ai cristiani del Medio Oriente che si è svolta nel giorno in cui si commemoravano i due anni dello storico incontro di papa Francesco e del patriarca Kirill a L’Avana (Cuba). Il Forum, organizzato con la partecipazione dell’arcidiocesi cattolica d’Austria e del cardinale Schönborn, si è svolto presso l’arcivescovado di Vienna. Co-organizzatori dell’evento sono stati il Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il ministero della Cultura della Federazione Russa e l’ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica d’Austria.“La situazione drammatica in cui si trovano i nostri fratelli e sorelle in Medio Oriente, Nord Africa e in molte altre regioni è diventata una sfida per il cristianesimo mondiale. Questa sfida non può rimanere senza risposta”, ha detto il metropolita Hilarion. “Oggi la maggior parte dei terroristi in Siria e in Iraq sono stati sconfitti”. “Tuttavia, è troppo presto per dire che i cristiani in questi Paesi sono in completa sicurezza”. Nel suo intervento il rappresentante di Mosca ha passato in rassegna le persecuzioni vissute dai cristiani in Egitto, Nigeria, India, Pakistan ed ha commentato: “La persecuzione è diventata una sfida comune ai cristiani di varie confessioni. I terroristi, che stanno tentando di annientare il cristianesimo in Medio Oriente, non fanno alcuna distinzione riguardo a chi è davanti a loro: ortodossi, cattolici, armeni o assiri”.Un Medio Oriente senza cristiani non può e non deve essere immaginato, ha detto nel suo intervento il cardinale Kurt Koch, presidente del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani. La scomparsa dei cristiani nella regione sarebbe non solo una perdita inimmaginabile di tipo religioso e culturale ma una sconfitta per il processo di pace e per la stabilità nella regione.

Forte la testimonianza del primate armeno ortodosso di Damasco, Armash Nalbandian, sulla situazione dei cristiani in Siria. Il 60% dei cristiani locali – ha detto – ha perso la propria casa, solo nella comunità armena della Siria si contano 200 persone uccise, 450 ferite. Migliaia le case distrutte, 70 chiese distrutte, oltre 50 edifici cristiani danneggiati. E tutto questo avviene nel “silenzio del mondo” che guarda e non interviene. A Vienna si sono ricordati anche i due vescovi metropoliti di Aleppo – il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi – di cui dall’aprile 2013 si è persa traccia.

Favorire il ritorno alla vita normale e sostenere la ricostruzione. Per il Patriarcato di Mosca tutto ciò rappresenta “una priorità di oggi nella cooperazione interconfessionale”. Nel suo intervento, il metropolita Hilarion ha elencato tutte le iniziative concrete e gli interventi di diplomazia internazionale avviati dal Patriarcato di Mosca per favorire il ripristino al più presto delle “condizioni minimali che consentono ai cristiani il ritorno a una vita normale”. La Chiesa russa ha catalogato 30 tra chiese, monasteri e cimiteri cristiani distrutti che verranno presto restaurati. Perché oltre alle case, alle scuole e agli ospedali, la vita dei cristiani trova nei luoghi di culto un centro vitale per la loro esistenza. Tra le iniziative spicca la visita qualche giorno fa di una delegazione interreligiosa russa in Siria e Libano dove a Damasco e nella valle di Beqaa, sono state consegnate 77 tonnellate di aiuti umanitari. 3.000 confezioni di farina, cereali, olio, zucchero, lattine di carne e pesce, pasta, dolci e alimenti per l’infanzia. Oltre agli aiuti umanitari, obiettivo della missione è promuovere nella regione “la pace interreligiosa in terra siriana”. Ed è con questa finalità che rappresentanti della Chiesa ortodossa russa hanno partecipato il 29 e il 30 gennaio scorso in qualità di osservatori al Congresso nazionale di dialogo siriano svoltosi a Sochi.

Vai al sito

Ecumenismo, a Vienna una conferenza internazionale sui cristiani perseguitati (Lastampa 13.02.18)

I cristiani perseguitati, uccisi, rapiti, feriti in Medio Oriente, in particolare in Siria. Si stringe la cooperazione ecumenica delle Chiese per venire incontro alle esigenze concrete della popolazione e alle attese di pace. Su questa “priorità” si è centrato ieri il secondo anniversario dell’incontro avvenuto a L’Avana tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco, commemorato a Vienna con una conferenza internazionale dedicata alla situazione dei cristiani in Medio Oriente. Il forum – riferisce il Sir -, svolto presso l’arcivescovado, è stato organizzato con la partecipazione dell’arcidiocesi cattolica d’Austria, in collaborazione con il Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani, il Ministero della Cultura della Federazione Russa e l’ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica d’Austria.

Ad aprire la conferenza il saluto dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, seguito dall’intervento del metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, che ha presentato un rapporto sulla situazione dei cristiani perseguitati, su quanto la loro sofferenza stia a cuore del patriarca Kirill e sulle attività della Chiesa ortodossa russa, volte a sostenere i fratelli e le sorelle del Medio Oriente.

Nell’ambito dell’attuazione dei piani programmati all’Avana, è stato compilato un catalogo illustrato, che comprende 30 tra chiese, monasteri e cimiteri cristiani in Siria, il cui restauro può iniziare il più presto possibile. La questione del ripristino della vita normale in Siria, ha detto Hilarion, «è oggi per il Patriarcato di Mosca una direzione prioritaria della cooperazione interconfessionale». Ed è di solo pochi giorni fa, la visita di un Gruppo di lavoro interreligioso in Siria e Libano. A Damasco e nella valle della Bekaa, con la diretta partecipazione di leader spirituali locali, sono state consegnate 77 tonnellate di aiuti umanitari ai siriani più in difficoltà. 3mila set di cibo con farina, cereali, burro, zucchero, carne e pesce in scatola, pasta, dolci e pappe per bambini.

Secondo il resoconto che il Patriarcato di Mosca ha stilato dell’incontro, anche il cardinale Kurt Koch ha informato i partecipanti delle attività umanitarie della Chiesa cattolica in Medio Oriente, in particolare in Siria e in Iraq, dedicando gran parte della sua relazione alla comprensione del fenomeno del martirio cristiano.

Tra i momenti più forti, la testimonianza del vescovo di Damasco Armash Nalbandian, primate armeno, che ha parlato della situazione dei cristiani in Siria. Il 60% dei cristiani locali ha perso le loro case, solo nella comunità armena della Siria 200 persone sono state uccise, 450 ferite, 120 rapite, migliaia di case distrutte, 70 chiese distrutte, oltre 50 edifici cristiani danneggiati, ha riferito il presule. E ha concluso esortando le Chiese cristiane a promuovere iniziative per salvare la presenza cristiana in Medio Oriente, anche attraverso la preghiera, esprimendo gratitudine per la solidarietà dimostrata dagli ortodossi e dai cattolici.

Vai al sito

Ecumenismo: due anni fa incontro Papa Francesco e Patriarca Kirill a Cuba. Conferenza a Vienna sui cristiani perseguitati, “priorità” del dialogo (SIR 13.02.18)

I cristiani perseguitati, uccisi, rapiti, feriti in Medio Oriente, in particolare in Siria. Si stringe la cooperazione ecumenica delle Chiese per venire incontro alle esigenze concrete della popolazione e alle attese di pace. Su questa “priorità” si è centrato ieri il secondo anniversario dell’incontro avvenuto a L’Avana tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco. Per commemorarlo si è tenuta una conferenza internazionale dedicata alla situazione dei cristiani in Medio Oriente. Il forum, organizzato con la partecipazione dell’arcidiocesi cattolica d’Austria, si è svolto presso l’arcivescovado di Vienna. Co-organizzatori dell’evento sono stati il Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, il ministero della Cultura della Federazione Russa e l’ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica d’Austria. La conferenza è stata aperta dal saluto dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christophe Schönborn. Il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca, ha presentato un rapporto sulla situazione dei cristiani perseguitati, su quanto la loro sofferenza stia a cuore del Patriarca Kirill e sulle attività della Chiesa ortodossa russa, volte a sostenere i fratelli e le sorelle del Medio Oriente. Nell’ambito dell’attuazione dei piani programmati all’Avana, è stato compilato un catalogo illustrato, che comprende 30 tra chiese, monasteri e cimiteri cristiani in Siria, il cui restauro può iniziare il più presto possibile. La questione del ripristino della vita normale in Siria – ha detto il metropolita Hilarion – “è oggi per il Patriarcato di Mosca una direzione prioritaria della cooperazione interconfessionale”. Ed è di solo pochi giorni fa, la visita di un Gruppo di lavoro interreligioso in Siria e Libano. A Damasco e nella valle della Bekaa, con la diretta partecipazione di leader spirituali locali, sono state consegnate 77 tonnellate di aiuti umanitari ai siriani più in difficoltà. 3.000 set di cibo con farina, cereali, burro, zucchero, carne e pesce in scatola, pasta, dolci e pappe per bambini. Secondo il resoconto che il Patriarcato di Mosca ha stilato dell’incontro, anche il cardinale Kurt Koch ha informato i partecipanti delle attività umanitarie della Chiesa cattolica in Medio Oriente, in particolare in Siria e in Iraq, dedicando gran parte della sua relazione alla comprensione del fenomeno del martirio cristiano. Forte la testimonianza del vescovo di Damasco, Armash Nalbandian, primate armeno, che ha parlato della situazione dei cristiani in Siria. Secondo il vescovo, il 60% dei cristiani locali ha perso le loro case, solo nella comunità armena della Siria 200 persone sono state uccise, 450 ferite, 120 rapite, migliaia di case distrutte, 70 chiese distrutte, oltre 50 edifici cristiani danneggiati. Mons. Armash Nalbandian ha esortato le Chiese cristiane a promuovere iniziative per salvare la presenza cristiana in Medio Oriente, anche attraverso la preghiera, e ha espresso gratitudine per la solidarietà dimostrata dagli ortodossi e dai cattolici.

Vai al sito

Armenia-Bulgaria: presidenti Sargsyan e Radev, avanti con progetto per corridoio di trasporto Nord-Sud (3) (Agenzianova 12.02.18)

Sofia, 12 feb 16:13 – (Agenzia Nova) – Radev ha chiarito che durante i colloqui è stato anche discussa della questione della regione contesa del Nagorno-Karabakh, definito un “problema estremamente importante non solo per l’Armenia ma per l’intera regione”, ha detto Radev, sottolineando che la Bulgaria ha identificato chiaramente i Balcani occidentali come la massima priorità della presidenza di turno bulgara del Consiglio Ue ma, al tempo stesso, Sofia resta “impegnata nel partenariato orientale, dato che sicurezza e sviluppo della regione del Mar Nero e del Caucaso sono di fondamentale importanza per noi”, ha aggiunto il capo dello Stato bulgaro. Sul conflitto in Nagorno-Karabakh, il presidente Sargsyan ha detto di aver ringraziato Radev per la posizione equilibrata della Bulgaria che, come ha affermato, “è sempre stata a favore di una soluzione pacifica del conflitto”. (segue) (Bus)