Business news: Armenia, da Germania 84,6 milioni di euro in prestiti e sovvenzioni per Pmi ed efficienza energetica (AgenziaNova 25.10.25)

Erevan, 25 ott 05:00 – (Agenzia Nova) – La Germania fornirà all’Armenia un pacchetto di assistenza finanziaria da 84,6 milioni di euro, suddiviso in 18,6 milioni a fondo perduto e 66 milioni sotto forma di prestiti agevolati. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia armeno, Gevorg Papoyan, presentando la relativa bozza all’Assemblea nazionale. Secondo il ministro, l’accordo si basa su un’intesa di cooperazione avviata nel 2023 durante una sessione congiunta della commissione intergovernativa Armenia-Germania a Erevan. Il pacchetto di prestiti sarà gestito dalla Banca Centrale d’Armenia in collaborazione con la Banca tedesca per la ricostruzione e lo sviluppo (KfW) e sarà canalizzato attraverso banche commerciali locali sotto forma di credito agevolato per piccole e medie imprese (Pmi). (Rum)

Festa di San Mercuriale. Due giorni di celebrazioni e iniziative all’abbazia in nome del primo vescovo (Il Resto del Carlino 25.10.25)

Oggi il ‘Pomeriggio insieme per bambini e famiglie’ dalle 16 al chiostro e serata a cura degli scout. Messa e messaggio del vescovo domani alle 19.

Un’immagine di gruppo della celebrazione in settimana, in rito armeno (Frasca)

Un’immagine di gruppo della celebrazione in settimana, in rito armeno (Frasca)

Oggi e domani Forlì festeggia il suo primo vescovo, San Mercuriale, con le celebrazioni solenni che si svolgeranno nell’abbazia di piazza Saffi. Oggi, vigilia della festa, alle 18 è in programma la recita dei primi vespri presieduta da mons. Enrico Casadei, vicario generale della diocesi di Forlì-Bertinoro; seguirà alle 19.30 nel chiostro della basilica un momento conviviale a cura del gruppo Scout Agesci Forlì 1. Sempre oggi vi sarà l’apertura del campanile di San Mercuriale dalle 15.30 alle 18.30; intanto, alle 16 inizierà il ‘Pomeriggio insieme per bambini e famiglie’ nel chiostro, sempre a cura del gruppo Scout Agesci Forlì 1.

Domani, solennità di San Mercuriale, il parroco dell’Unità pastorale del centro storico, don Nino Nicotra, celebrerà la messa alle 11; alle 18.15 vi saranno i secondi vespri e alle 19 la messa presieduta dal vescovo di Forlì-Bertinoro, mons. Livio Corazza, che rivolgerà il suo tradizionale Messaggio alla città alla presenza delle autorità cittadine e impartirà la benedizione papale con l’indulgenza plenaria. Domani, inoltre, dalle 9.30 sul sagrato della basilica (in caso di maltempo sotto il chiostro) vi sarà una vendita di torte con pesca di beneficenza, il cui ricavato sarà destinato a sostenere le spese dei recenti lavori di restauro della chiesa, e il campanile sarà aperto al pubblico dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19.

Le poche notizie su Mercuriale, che fu nominato dal Papa alla sede episcopale romagnola, sono state arricchite negli ultimi anni grazie all’esame delle reliquie del Santo, databili in un arco temporale che va dal II al III secolo. Era originario dell’Armenia, alto un metro e sessanta, dell’età di 50 anni, di corporatura non particolarmente robusta e affetto da osteoporosi.

Episodi della vita del Santo sono illustrati nella basilica di piazza Saffi: nella cappella Mercuriali è presente un quadro di Ludovico Cardi con l’immagine di Mercuriale al ritorno da Gerusalemme e nella navata destra un’opera di Giacomo Zampa lo raffigura benedicente mentre un angelo gli presenta il modellino della città di Forlì.

La festa di San Mercuriale si celebrava inizialmente il 30 aprile ma per non sovrapporla a quella di San Pellegrino, che ricorre l’1 maggio, fu spostata in altre date e infine fissata al 26 ottobre, giorno in cui, nel 1601, le reliquie del santo furono traslate nella cappella Mercuriali in fondo alla navata destra della basilica. La testa del Santo è conservata nella Chiesa della Ss. Trinità, in piazza Melozzo degli Ambrogi, e per la Festa viene trasportata a San Mercuriale. Mercoledì si è tenuta la celebrazione eucaristica in rito armeno, in onore all’origine di San Mercuriale, coi monaci mechitaristi del monastero di S. Lazzaro degli Armeni di Venezia.

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Fede e guerra. Una mostra fotografica all’Ambrosianeum (Vivimilano 24.10.25)

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Ambrosianeum
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gratuito. In settimana occorre prenotare a memoracollective@gmail.com

di Giovanna Maria Fagnani

 

Nelle situazioni di crisi umanitarie, dove la vita delle persone è sempre a rischio, la fede trova spazio e regala speranza. Questo ed altro racconta la mostra fotografica “Fede e guerra”, dal 27 ottobre al 5 aprile,  promossa dal collettivo di fotografi Memora negli spazi dell’Ambrosianeum, con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Milano, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, del Pime e il sostegno della Fondazione Bcc, Consorzio cooperative lavoratori e Bink’s. Fede e Guerra è un progetto collettivo e un’opera aperta. Attraverso gli sguardi dei fotografi Carlo Cozzoli, Davide Canella, Alessandro Cimma e Marco Cremonesi, si raccontano diversi conflitti attuali del mondo in cui viviamo: Armenia, Siria, Libano, Myanmar e Nigeria.
A Pulka, in Nigeria, i contadini si recano a messa ogni mattina alle cinque, prima di recarsi nei campi. Ogni giorno qualcuno scompare, rapito dagli estremisti islamici che schiavizzano, convertono, o chiedono riscatti per finanziare la jihad. In Armenia, l’intreccio tra identità nazionale e religiosa è diventato strumento di persecuzione: le comunità cristiane vengono sistematicamente colpite, i simboli sacri distrutti, nel tentativo di cancellare una memoria millenaria. Il Libano, mosaico di oltre cinquanta confessioni religiose, vive oggi sospeso tra gli attacchi di Hezbollah e dell’Idf. Sulla Blue Line, le comunità cristiane si trovano letteralmente tra incudine e martello: non vogliono essere parte del conflitto, ma restano a difesa dei loro villaggi, dei luoghi dove sono cresciuti i loro padri e i loro nonni.
In Siria, il sentimento di appartenenza e la fede continuano a legare intere comunità segnate da anni di violenze settarie. Un filo rosso di incertezza unisce i fedeli di Damasco, le vittime degli attentati di Mar Elias, gli abitanti di Basser e Kharaba, fino alle combattenti assire Nutoro del Rojava. E nel silenzio del monastero di Deir Mar Musa, fondato da padre Paolo Dall’Oglio, sopravvive il sogno di un dialogo abramitico, fragile ma necessario, tra cristiani e musulmani. I ragazzi della generazione Z del Myanmar, di cultura buddista ma in molti casi di fede cristiana, combattono nella giungla contro una dittatura militare che bombarda scuole e chiese.
Con un particolare allestimento nella cupola superiore della Rotonda dei Pellegrini, la mostra conferma quanto la fede sia un tema impossibile da non trattare quando si affrontano i reportage di guerra. Alla mostra si affianca un  calendario di incontri con ospiti e testimoni che porteranno le loro esperienze e riflessioni su temi centrali dell’iniziativa Il 17 dicembre 2025 alle ore 18 il fotografo Davide Canella presenta il suo lavoro dedicato alla Siria. Il 19 gennaio appuntamento con Carlo Cozzoli, per parlare del Myanmar, il 26 febbraio Alessandro Cimma racconta il Libano, il 17 marzo 2026 è la volta della Nigeria e infine dell’Armenia, il 31 marzo 2026.
Ingresso libero, sabato e domenica dalle ore 11 alle 18 e nei giorni feriali su prenotazione a memoracollective@gmail.com

Quasi la metà degli attacchi nella Città Vecchia di Gerusalemme prendono di mira i cristiani armeni (Iqnal 24.10.25)

Un’organizzazione israeliana che documenta gli attacchi anticristiani ha rivelato che quasi la metà nella Città Vecchia di al-Quds, occupata da Israele, prende di mira i cristiani armeni, in un contesto di allarmante aumento dei crimini d’odio nel quartiere armeno della città.

Il Religious Freedom Data Center (RFDC), nel suo nuovo rapporto trimestrale intitolato “Incidenti contro i cristiani in Israele”, pubblicato martedì, ha registrato 31 crimini d’odio anticristiani nei territori occupati.

Secondo il rapporto, che copre il periodo da luglio a settembre 2025, il 43% di tutti gli incidenti nella Città Vecchia di al-Quds ha preso di mira i cristiani armeni, con il Patriarcato armeno che emerge ancora una volta come il sito più frequentemente preso di mira.

Gli episodi includevano sputi, molestie verbali, violazione di proprietà privata, vandalismo, deturpazione, provocazione online e profanazione di luoghi sacri, concentrati prevalentemente nella Città Vecchia di al-Quds e nei suoi dintorni.

Tra i 31 attacchi registrati, 9 episodi (29%) erano caratterizzati da sputi, 8 (26%) da insulti verbali, 7 (23%) erano correlati a istigazione online, 3 (10%) riguardavano vandalismo di segnaletica, 3 (10%) riflettevano mancanza di rispetto verso un luogo sacro, 2 (7%) erano casi di deturpazione verificatisi in almeno un caso di violazione di proprietà privata.

All’interno della Città Vecchia, sono stati documentati complessivamente 13 incidenti (42%), di cui il 43% (6) avvenuto presso il Patriarcato armeno, il 23% (3) lungo la Via Dolorosa, il 17% (2) in prossimità della Porta di Giaffa (nota come Bab al-Khalil in arabo) e di Via David, e un ulteriore 17% (2) nel Quartiere Ebraico.

Sono stati segnalati incidenti al di fuori della Città Vecchia, ad al-Quds Ovest (16%), sul Monte Sion (6%) e in altre zone oltre al-Quds (36%), come Migdal HaEmek, Latrun, il Mar di Galilea, Cafarnao e la Fonte di Maria situata a Ein Kerem.

In numerosi casi, le forze di polizia erano presumibilmente sul posto, ma non sono intervenute.

Sono state presentate denunce ufficiali, tuttavia, il RFDC osserva che i successivi controlli sono ancora minimi.

Il rapporto evidenzia una netta differenza nelle azioni di contrasto: al Monastero Polacco, le forze dell’ordine sono intervenute prontamente per porre fine alle molestie, mentre alla Fonte di Maria a Ein Kerem, sembra che nessuna autorità sia disposta ad assumersi la responsabilità, con il risultato che la segnaletica del sito viene costantemente vandalizzata senza alcuna indagine.

Come affermato dalla direttrice del RFDC, Yisca Harani, le statistiche ufficiali riflettono probabilmente solo una piccola parte della situazione reale, evidenziando una diffusa sottostima derivante da paura, rassegnazione e mancanza di responsabilità.

Il rapporto avverte che “vengono presentate denunce, ma le condanne sono inesistenti”, a dimostrazione di una tendenza all’impunità che ha reso le comunità cristiane più vulnerabili.

Traduzione per InfoPal di F.L.

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Il patrimonio, i monumenti e i luoghi armeni di Parigi (Sortiraparis 24.10.25)

Da oltre un secolo, la comunità armena è stabilmente insediata a Parigi. Oggi, cattedrali, biblioteche, musei e fondazioni testimoniano questo passato. Partite alla scoperta del patrimonio armeno visibile nella capitale.

 

Passeggiando per alcune strade di Parigi e della sua periferia, è possibile percepire le tracce della storia di un popolo sradicato: la comunità armena. Giunta in Francia in contesti difficili, dall’inizio del XX secolo ha saputo costruire luoghi di memoria, cultura, culto e vita comunitaria. A Parigi, queste tracce sono visibili attraverso chiesemusei, negozi e ristoranti e testimoniano il radicamento di una diaspora che ha dovuto fuggire per ricostruirsi.

L’arrivo degli armeni a Parigi affonda le sue radici nella drammatica storia del genocidio armeno del 1915 perpetrato dall’Impero ottomano. Questo dramma provoca una massiccia dispersione delle popolazioni armene che cercano rifugio in Europa, in particolare in Francia, che appare come un paese di accoglienza. La comunità cresce ulteriormente dopo la seconda guerra mondiale, caratterizzata dall’arrivo di nuovi profughi in fuga dai regimi comunisti del Caucaso e dell’Oriente.

A Parigi e nell’Île-de-France esistevano già precedenti migrazioni, ma è stato solo dopo il 1915 che l’esodo si è intensificato, aprendo la strada alla costituzione di una diaspora armena strutturata. Oltre alla fuga dal genocidio, anche la ricerca di lavoro e l’opportunità di una vita più sicura motivarono le migrazioni, con alcuni nuovi arrivati – artigiani, commercianti, studenti, rifugiati politici – che cercavano di rifarsi una vita lontano dalla loro terra d’origine.

A Parigi propriamente detta, uno dei primi centri si sviluppa nel 9° arrondissement, dove già negli anni ’20 la comunità si insedia e crea negozi, associazioni e strutture culturali. Anche altre città della periferia, come Alfortville, Issy-les-Moulineaux, Clamart o Arnouville, testimoniano la presenza armena.

Partite alla scoperta del patrimonio armeno a Parigi, attraverso le testimonianze di questa storia: le sue chiese, le sue cattedrali, i suoi musei, le sue biblioteche… prima di deliziarvi nei ristoranti armeni della capitale.

Il patrimonio, i monumenti e i luoghi armeni di Parigi:

La Cattedrale Sainte-Croix degli Armeni

L’edificio che ospita la comunità cattolica armena di Parigi si trova al 13 di rue du Perche, nel 3° arrondissement, nel quartiere del Marais. Questo edificio, originariamente progettato come chiesa di Saint-Jean-Saint-François all’inizio del XVII secolo, è stato assegnato alla comunità armena nel 1970.

All’esterno, la sua elegante facciata alterna fasce chiare e scure, a testimonianza di una ricostruzione in stile classico e poi neoclassico, con un portico monumentale firmatodall’architetto Victor Baltard nel 1855. L’ingresso, modesto in questa strada del Marais, nasconde uno spazio inaspettato.

All’interno si scopre infatti una navata basilicale coperta da volte a botte e due organi storici di Aristide Cavaillé-Coll classificati come monumenti storici. Le pareti sono decorate con importanti dipinti di Ary Scheffer e Hugues Taraval, mentre il coro rivela un altare sormontato da un timpano dorato raffigurante la Gloria. La cattedrale ospita funzioni in lingua armena e francese, cerimonie commemorative e concerti.

La Cattedrale di Saint-Jean-Baptiste a Parigi

Questa cattedrale della Chiesa apostolica armena si trova al 15 di rue Jean-Goujon, nell ‘8° arrondissement, a due passi dagli Champs-Élysées. La sua costruzione è avvenuta tra il 1902 e il 1904, grazie al mecenatismo del ricco armeno di origine georgiana Alexandre Mantacheff, desideroso di dotare la comunità armena di Francia di un tempio dall’architettura autenticamente armena.

All’esterno, la facciata presenta elementi ispiratiall’arte architettonica armena, come un campanile a cupola, una croce armena e motivi geometrici. L’interno rivela un santuario spazioso, una cupola centrale, motivi decorativi orientati verso l’Oriente e arredi liturgici tipici della tradizione apostolica armena. Questo luogo è la sede della diocesi armena in Francia e ospita le grandi cerimonie della comunità, in particolare i funerali di Charles Aznavour nel 2018.

 

La Biblioteca Nubar

La Biblioteca Nubar, situata all’11 di square Alboni nel 16° arrondissement, è un’istituzione culturale fondata nel 1928 dal filantropo Boghos Nubar Pacha sotto l’egida dell’Unione Generale Armena di Beneficenza. Il suo scopo: “servire da luogo di incontro, conservazione e studio del patrimonio dell’antico mondo armeno ottomano”.

Questo edificio in stile Art Déco è stato inaugurato nel 1922 in uno stile sobrio ed elegante e contiene oltre 43.000 opere a stampa, manoscritti armeni, archivi della diaspora e pubblicazioni specializzate, rendendo questo luogo un pilastro della ricerca e della memoria. Utilizzata come biblioteca di riferimento per gli studi armeni, la struttura è anche un luogo di esposizioniconferenze e scambi intellettuali sulla storia, la cultura e la diaspora armena.

Il Museo Armeno di Francia

Situato al 59 di avenue Foch, il Museo Armeno di Francia è stato fondato nel 1949 da Nourhan Fringhian. In questo edificio in stile haussmanniano, la collezione riunisce circa 1.200 opere (oggetti sacri, manoscritti, sculture, arte profana) che ripercorrono oltre 3.000 anni di storia e cultura armena.

Sebbene attualmente chiuso, si tratta di un luogo importante per la memoria armena a Parigi, destinato a conservare, esporre e trasmettere l’arte e la storia armena.

La Maison de la Culture Arménienne

In fondo a un tranquillo cortile, la Maison de la Culture Arménienne è un luogo accogliente e intimo, con arredi semplici e tradizionali: boiserie, bandiera armena alle pareti, tavoli ravvicinati e un’atmosfera familiare. Si viene qui per il suo ristorante, che non paga di apparenza ma offre ai clienti e ai curiosi la possibilità di scoprire piatti tipici armeni, preparati con amore.

La Casa degli studenti armeni – Fondazione Marie Nubar

Nel cuore della Cité internationale universitaire nel 14° arrondissement, questa residenza studentesca armena è stata inaugurata nel 1930 su iniziativa di Boghos Nubar Pacha e progettatadall’architetto armeno Léon Nafilyan. In questo splendido edificio dalle influenze stilistiche armene si trovano 74 alloggi per studenti, saloni comuni e spazi di studio.

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Stiamo con la Chiesa Apostolica Armena e con gli Armeni cacciati dall’Artsakh (Korazym 23.10.25)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.10.2025 – Vik van Brantegem] – Il Catholicos della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena, Sua Santità Aram I, ha parlato a Toronto per celebrare il 30° anniversario del suo incarico di Catholicos. Davanti al clero, ai rappresentanti della comunità e a centinaia di fedeli provenienti da tutto il Nord America, Aram I ha colto l’occasione non per celebrare, ma per affrontare la realtà che la nazione armena si trova ad affrontare. Ha avvertito che l’Armenia sta entrando in un ambito pericoloso, descrivendo una nazione a rischio di perdere la sua forza, unità e fondamento morale. Sia la patria che la diaspora, ha affermato, affrontano una crisi di identità e di sopravvivenza.

Il Catholicos Aram I ha ricordato che la riflessione deve precedere la memoria, esaminando il passato nel suo vero contesto, le sue condizioni, le sue sfide e i suoi successi. È poi passato dalla riflessione all’ammonimento: “Oggi, la nazione armena si trova a un bivio fatale. La patria si sta muovendo verso l’autodistruzione e la diaspora verso l’autodistruzione. Questo pericolo deve essere affrontato attraverso uno sforzo unito e pan-armeno”.

Invocando un rinnovamento morale e una leadership lungimirante, ha esortato gli Armeni ad andare oltre l’autocompiacimento: “Abbiamo bisogno di nuovi leader, nuovi approcci e nuove mentalità per uscire dalla stagnazione. Non possiamo vivere vite egocentriche; dobbiamo aprire gli occhi e vedere dove stanno andando il nostro popolo e la nostra patria”.

Ha sottolineato che questi nuovi leader e nuovi approcci devono provenire dalle giovani generazioni, invocando un autentico cambiamento generazionale. “Quando le stesse persone occupano gli stessi posti con la stessa mentalità, sia il posto che coloro che vi siedono si logorano”, ha avvertito.

Parlando dello spopolamento dell’Armenia e della stanchezza della diaspora, è stato schietto: “L’Armenia continua a svuotarsi. La salvezza dell’Armenia dipende dalla forza e dalla rinascita della diaspora”.

In conclusione, il Catholicos Aram I ha ribadito che la missione del Catholicosato è “una forza viva nella vita collettiva del nostro popolo, dedita alla salvezza, al rafforzamento e alla rinascita della patria”. Il suo discorso, che fonde teologia e urgenza morale, è stato ampiamente interpretato come un invito alla responsabilità e una visione di rinnovamento, un messaggio a un mondo armeno in cerca di direzione e leadership.

La solidarietà del Consiglio Ecumenico delle Chiese con la Chiesa Apostolica Armena

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) ha espresso una ferma condanna delle autorità armene, denunciando quella che descrive come una crescente pressione statale sulla Chiesa Apostolica Armena e gli arresti di membri del clero in tutto il paese. In una dichiarazione, il CEC ha espresso piena solidarietà alla Chiesa Apostolica Armena e alla comunità Cristiana armena, avvertendo che le azioni del governo rappresentano una minaccia diretta alla libertà religiosa: “Gli arresti, le detenzioni e le condanne di alti funzionari ecclesiastici sono una chiara violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa”, si legge nella dichiarazione. “Tali azioni costituiscono un’interferenza arbitraria e ingiustificata nella vita interna della Chiesa e possono essere considerate un attacco alla comunità religiosa stessa”.

Il WCC ha invitato il governo armeno a porre immediatamente fine a ogni forma di molestia e persecuzione contro il clero e a difendere l’indipendenza delle istituzioni religiose.

Gli osservatori sottolineano che questa è una delle risposte internazionali più forti finora fornite al crescente scontro tra le autorità armene e la Chiesa Apostolica Armena.

Ospitare rappresentanti del regime autocratico degli Aliyev in Azerbajgian sul suolo armeno con la scusa del dialogo non è diplomazia. È sottomissione

In Armenia si sta sviluppando una profonda crisi politica. Con il pretesto di un “dialogo con la società civile”, il governo di Nikol Pashinyan ha consentito l’arrivo di persone direttamente coinvolti nel blocco e nella pulizia etnica dell’Artsakh.

Una delegazione di Baku è stata portata a Yerevan per partecipare a una “tavola rotonda” di due giorni, il 21 e 22 ottobre 2025, un evento presentato come parte di una cosiddetta “agenda di pace” tra le società civili armena e azera.

In realtà, i partecipanti invitati non hanno alcun legame con la pace o con la società civile. La delegazione azera includeva:

Farhad Mammadov, un importante propagandista del regime autocratico degli Aliyev, che sostiene che gli Armeni “hanno lasciato l’Artsakh volontariamente”.

Dilara Efendiyeva, responsabile del cosiddetto Centro “Donne: Pace e Sicurezza” dell’Azerbajgian, il cui unico contributo alla “pace” è stata la fame dei civili. È stata tra gli organizzatori del blocco dell’Artsakh e della chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin), che ha tagliato 120.000 Armeni, tra cui migliaia di bambini, fuori da cibo, medicine e aiuti umanitari per nove mesi. Il suo ruolo pubblico in quella campagna è iniziato nel dicembre 2022, quando è apparsa tra i cosiddetti “eco-attivisti” che hanno bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin) sotto la supervisione delle forze di pace russe. In una dichiarazione registrata, ha affermato che i manifestanti stavano permettendo il passaggio di ambulanze e convogli umanitari. Tale affermazione è falsa. Il Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh ha confermato che i pazienti in condizioni critiche non potevano raggiungere Yerevan, mentre le indagini di fact-checking hanno dimostrato che il blocco imposto da Efendiyeva e dal suo gruppo aveva completamente bloccato le evacuazioni mediche. Nonostante questo, Efendiyeva è stata accolta a Yerevan come una “costruttrice di pace”.

Kyamala Mammadova: Caporedattrice di 1news.az, un organo di propaganda controllato dal regime autocratiche degli Aliyev.

Ospitare tali figure sul suolo armeno – individui responsabili di aver giustificato la fame, la deportazione e la distruzione umanitaria dell’Artsakh – è un atto di umiliazione nazionale.

La visita della delegazione dell’Azerbajgian non si è limitata ad un evento organizzato da una ONG. I membri della delegazione azera sono stati ricevuti da rappresentanti del governo di Nikol Pashinyan, tra cui il Segretario del Consiglio di Sicurezza, Armen Grigoryan. Il loro arrivo e la loro partecipazione sono stati coordinati nell’ambito dello stesso “programma di pace” promosso dal governo, che garantisce legittimità politica a delle persone direttamente coinvolti nel blocco e nella pulizia etnica dell’Artsakh.

Questa non è diplomazia; è collaborazione con coloro che hanno inflitto sofferenze alla nazione armena. Mentre 23 prigionieri Armeni rimangono nelle prigioni di Baku, il governo di Nikol Pashinyan sta offrendo ospitalità ai portavoce degli Aliyev. La stessa persona che ha contribuito a soffocare l’ancora di salvezza dell’Artsakh, viene ora presentata come una voce per la pace.

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Armenia, la detenzione di un tycoon mobilita l’opposizione in vista delle elezioni (Osservatorio Balcani e Caucaso 23.10.25)

Mancano ancora diversi mesi alle elezioni in Armenia, ciononostante diversi attori si stanno già posizionando. L’arresto nel giugno scorso di uno dei principali concorrenti dell’attuale primo ministro Pashinyan ha fortemente mobilitato l’opinione pubblica

23/10/2025 –  Onnik James Krikorian

Migliaia di armeni hanno marciato a Yerevan nel fine settimana, chiedendo il rilascio del miliardario Samvel Karapetyan, nato in Armenia, che ha fatto fortuna in Russia negli anni ’90.

Karapetyan è stato arrestato a giugno: secondo le autorità, aveva fatto appelli a rovesciare il governo. In detenzione preventiva, Karapetyan ha fondato un movimento di opposizione, “Mer Dzevov” (A modo nostro), in vista delle elezioni parlamentari del prossimo anno.

Altre accuse contro Karapetyan sono state ritirate la scorsa settimana, ma la detenzione preventiva è stata prorogata di un altro mese. Suo nipote, Narek Karapetyan, ha indetto una grande manifestazione per chiedere il suo rilascio. I numeri sono controversi: una ONG che si occupa di fact-finding riferisce di 7.500 persone che hanno marciato dal Teatro dell’Opera di Yerevan all’edificio del Servizio di Sicurezza Nazionale (NSS) dove è detenuto Karapetyan, mentre i suoi sostenitori hanno affermato di essere tra le 25.000 e le 30.000 persone.

Il giorno seguente, il movimento di Karapetyan si è radunato a Echmiadzin, sede della Chiesa Apostolica Armena, in quello che è stato descritto come un “pellegrinaggio” per sostenere il Catholicos, Karekin II. Il movimento prende il nome dalla frase da lui usata per descrivere come l’opposizione avrebbe difeso il Catholicos dall’ultimo tentativo di Pashinyan di rimuovere il leader spirituale dall’incarico.

“Sono sempre stato al fianco della Chiesa e del popolo e parteciperò personalmente alla difesa dei nostri valori”, ha dichiarato in un’intervista a giugno. “Se i politici falliscono, allora parteciperemo […] a modo nostro [Mer Dzevov]”.

Il Primo ministro Nikol Pashinyan è da tempo in conflitto con il capo della Chiesa apostolica armena, soprattutto dopo la sconfitta del Paese nella guerra di 44 giorni con il vicino Azerbaijan alla fine del 2020. Mancano inoltre otto mesi alle elezioni parlamentari di giugno del prossimo anno, le prime elezioni normalmente programmate dal 2017. Ad aumentare le potenziali tensioni, si ritiene che Armenia e Azerbaijan siano prossimi alla firma di un trattato di pace.

Se il partito al governo, il Contratto Civile, dovesse nuovamente vincere, si prevede che Pashinyan instaurerà quella che lui stesso definisce la “quarta repubblica” o il suo concetto di “Armenia Reale”. In caso di vittoria, sottoporrà subito dopo agli elettori una nuova costituzione. Si prevede che questa includerà la rimozione di un controverso preambolo della versione attuale, che fa riferimento a quelle che sono considerate rivendicazioni territoriali su Azerbaijan e Turchia.

L’opposizione sostiene che tale mossa sia stata concordata sotto la pressione di Baku, sebbene secondo Pashinyan sia necessaria per proteggere i confini dell’attuale repubblica e porre fine ad un ciclo di conflitti costati decine di migliaia di vite. Si prevede inoltre che Pashinyan continuerà ad allontanarsi dalla Russia, suo tradizionale alleato, verso l’Occidente e in particolare verso l’Unione europea. L’opposizione sostiene che ciò aumenterebbe anche l’influenza della Turchia in Armenia.

Sebbene si ritenga che Pashinyan abbia le maggiori probabilità di vittoria, il suo successo non è necessariamente garantito. Dalla sua ascesa al potere in seguito alle proteste di piazza a Yerevan nel 2018, i suoi consensi sono crollati. Nel 2018 aveva vinto le elezioni anticipate con il 70% dei voti, ma al momento solo il 18% circa degli intervistati ha dichiarato che lo avrebbe sostenuto l’anno prossimo, secondo recenti sondaggi dell’International Republican Institute (IRI) e di MPG Gallup International.

Non se la passa meglio l’opposizione, composta in gran parte da partiti politici che sostengono gli ex leader Robert Kocharyan e Serzh Sargsyan. Solo il 7% degli intervistati nel sondaggio IRI appoggia Kocharyan o i partiti che lo sostengono, mentre Sargsyan si ferma all’1%. Un sorprendente 62% degli intervistati si dichiara deluso sia dal governo che dall’opposizione o non ha un’opinione.

Questo rende il movimento di Karapetyan ancora più rilevante, vista la larga fetta di elettorato che forse spera in un’alternativa. Nell’ultimo sondaggio MPG Gallup International, condotto ad agosto, nonostante Karapetyan non sia personalmente idoneo a diventare primo ministro a causa della doppia cittadinanza, il suo movimento è risultato il preferito dal 13,4% degli intervistati. Pashinyan ha ottenuto solo il 17,3% dei consensi. Inoltre, il 64,4% è contro la detenzione di Karapetyan e il 71% lo considera un prigioniero politico.

Nell’ambito di quello che molti considerano un tentativo personale di Pashinyan di neutralizzare Karapetyan, il governo ha sequestrato all’imprenditore la rete di generazione elettrica armena. Karapetyan è considerato vicino al Cremlino e la sicurezza energetica dell’Armenia è quasi totalmente nelle mani di Mosca, in un momento in cui giganti tecnologici statunitensi assetati di potere come NVIDIA si stanno espandendo in Armenia.

Karapetyan non è l’unico potenziale sfidante di Pashinyan. L’ex ministro della Difesa de facto del Karabakh Samvel Babayan, incarcerato nel 2020 per aver tentato di assassinare l’allora presidente de facto Arkhady Ghukasyan, ha annunciato che si unirà all’ex direttore del Servizio di sicurezza nazionale Artur Vanetsyan. Si è lanciato nella mischia anche Arman Tatoyan, controverso difensore civico per i diritti umani e in passato vice ministro della Giustizia di Sargsyan.

Parteciperà anche l’oligarca dell’era Kocharyan, Gagik Tsarukyan, comunemente noto come Dodi Gago, che ha fondato Prosperous Armenia a metà degli anni 2000. I suoi detrattori lo accusano di averlo fatto per conto di Kocharyan. Tsarukyan non è estraneo alle polemiche ed è oggetto di numerose accuse di illeciti finanziari e violenza. Forse per ripulire ulteriormente la propria immagine, l’imprenditore sta attualmente finanziando la costruzione di una statua di Gesù alta 33 metri.

Si prevede che i candidati aumenteranno ulteriormente, ma un quadro più chiaro emergerà dalle elezioni locali del mese prossimo a Echmiadzin. All’inizio di quest’anno, il candidato sindaco di Pashinyan è stato sconfitto alle elezioni locali di Gyumri, la seconda città dell’Armenia. Il Contratto Civile di Pashinyan ha perso anche nella più piccola comunità di Parakar, appena fuori Yerevan, che aveva già rischiato di perdere nel 2023.

Il 20 ottobre, il controverso sindaco di Gyumri è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Aveva assunto l’incarico solo ad aprile.

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Armenia: Protocollo Amicizia e Cooperazione tra Comuni Napoli e Jerevan (Giornale Diplomatico 23.10.25)

GD – Jerevan, 23 ott. 25 – Nella capitale armena si è svolta la cerimonia di firma del Protocollo di Amicizia e Cooperazione tra il Comune di Napoli e il Comune di Jerevan, con la partecipazione del Sindaco di Jerevan, Tigran Avinyan, del Consigliere Diplomatico del Sindaco di Napoli, Francesco Senese, e alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti.
Il Sindaco Avinyan ha osservato che Napoli è una città molto più vicina agli armeni di quanto sembri, facendo riferimento, quale simbolo del forte legame secolare tra i due Popoli, alla celebre Via San Gregorio Armeno, nel cuore della città, che ospita nell’omonima Chiesa le reliquie del Santo.
Le parti hanno sottolineato che il Protocollo firmato getta solide basi per l’attuazione di vari programmi di collaborazione congiunti e per lo scambio di esperienze tra le due città. È stato infine fatto cenno all’avvio del nuovo collegamento aereo diretto tra Jerevan e Napoli, il quale avvicinerà ulteriormente la città partenopea alla capitale armena.

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Napoli rafforza il legale di amicizia con l’Armenia nel segno di San Gregorio

Armenia e Azerbaigian: a dibattito con ambasciatori Karapetyan e Aslanov (Giornale Diplomatico 23.10.25)

GD – Roma, 23 ott. 25 – (Agenzia Nova) – L’ambasciatore dell’Armenia in Italia, Vladimir Karapetyan, e l’ambasciatore dell’Azerbaigian, Rashad Aslanov, hanno partecipato al dibattito “La pace è possibile”, promosso a Roma dal Festival della Diplomazia su invito del responsabile Giorgio Bartolomucci.

All’evento, moderato dal consigliere diplomatico del sindaco di Roma, Fabio Sokolowicz, hanno assistito circa 150 tra accademici e studenti provenienti da diverse università italiane.
Secondo quanto riferito dall’ambasciata armena in Italia, l’ambasciatore Karapetyan ha illustrato gli sforzi del primo ministro Nikol Pashinyan e del ministro degli Esteri armeno per il raggiungimento della pace nella regione, soffermandosi sugli accordi di Washington siglati lo scorso agosto.
L’amb. Karapetyan ha citato un passaggio chiave del messaggio di Pashinyan: “Abbiamo inoltre concordato con il Presidente dell’Azerbaigian sulla necessità di tracciare un percorso verso un futuro luminoso, non predeterminato dal conflitto del passato, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione di Alma-Ata del 1991. […] Respingiamo ed escludiamo risolutamente qualsiasi tentativo di vendetta, ora e in futuro”.
Nel suo intervento, l’ambasciatore armeno ha anche ribadito i principi concordati per la futura via di transito attraverso l’Armenia: sovranità, integrità territoriale, giurisdizione e uguaglianza. Entrambi i diplomatici, armeno e azero, hanno sottolineato il ruolo positivo svolto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel promuovere la pace nella regione caucasica.
Al termine dei rispettivi interventi, i due ambasciatori hanno risposto a numerose domande degli studenti presenti.

Venezia, a San Lazzaro degli Armeni si inaugura un capitello dello scultore Giorgio Bortoli (Lapiazzaweb 23.10.25)

Venezia si prepara a un gesto di memoria e bellezza: venerdì 24 ottobre 2025, alle ore 11, sull’Isola di San Lazzaro degli Armeni sarà inaugurato un capitello dedicato all’Abate Mechitar, raffigurato inginocchiato davanti alla Madonna.

L’iniziativa è della Sezione di Venezia “Cav. Ermano Orler” dell’U.N.C.I. – Unione Nazionale Cavalieri d’Italia, con il patrocinio del Consolato Onorario d’Armenia di Venezia, e colloca l’opera nella nicchia sopra il portale d’ingresso del convento, quasi a salutare chi approda in uno dei luoghi-simbolo della cultura armena nel mondo.

L’altorilievo porta la firma del Cav. Giorgio Bortoliscultore veneziano e socio U.N.C.I., e nasce da un meticoloso lavoro di studio su materiali e tradizioni condiviso con i Padri Armeni.

Realizzato in una speciale lega «a sfidare i tempi» e smaltato nei colori storici dell’apparizione di Padre Mechitar, il gruppo scultoreo affonda le sue radici in una testa di briccola recuperata in laguna e marmorizzata con resine: le due figure, così, sembrano elevarsi verso il cielo.

«Tra l’al di là e la trascendenza»: è la definizione che lo stesso autore offre per una scultura che restituisce alla contemporaneità lirismo e sacralità.

Per Bortoli è anche un ritorno alle origini. Discendente da una famiglia di antichi stampatori della Serenissima – la cui stamperia venne acquistata dagli Armeni ed è oggi custodita nel museo dell’isola – l’artista fonde nella sua ricerca gli armonici vitruviani di colore e forma, con un equilibrio classico capace di parlare al presente.

Il progetto è stato reso possibile dalla generosa sponsorizzazione del Cav. Alfeo Rizzetto di San Donà di Piave, anch’egli socio U.N.C.I.

Intanto Bortoli è impegnato a New York in un progetto «palladiano» dedicato alla comunità italoamericana di Staten Island, con l’orizzonte che incrocia anche il mondo dell’arte internazionale.

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