Una lettera a Papa Francesco, e una proposta di “incroci di pace” dall’Armenia (AciStampa 01.03.24)

È ancora critica la situazione in Nagorno Karabakh, in armeno Artsakh, territorio contesto tra Armenia e Azerbaijan: i primi ne mettono in luce la maggioranza etnica e la volontà popolare di essere stato cristiano, con la sua eredità culturale cristiana; i secondi sottolineano che il territorio ha una lunga tradizione azerbaijana, albaniana, lamentano che la maggioranza armena ha distrutto le prove dell’antica popolazione non armena sul territorio. È una guerra ibrida, che tocca la popolazione ma che riguarda anche la riscrittura della storia di un territorio laddove i cristiani sono presenti da millenni.

Così, il conflitto tra Armenia e Azerbaijan di quattro anni fa, conclusosi con una accordo doloroso per l’Armenia che ha perso il controllo di alcuni luoghi cristiani, ha lasciato ferite ancora aperte. Come quella dei prigionieri di guerra, ancora detenuti in Azerbaijan, nonostante l’accordo siglato tra Armenia e Azerbaijan preveda che tutti i prigionieri di guerra siano restituiti e nessuno venga arrestato dopo che l’accordo è entrato in vigore.

Tra i prigionieri di guerra, c’è un prigioniero di guerra cattolico, Gevorg Sujyan, presidente fondatore della “New Armenia Homeland – Diaspora Charitable NGO”, arrestato delle forze azerbaijane dopo l’accordo di cessate il fuoco del novembre 2020 insieme a Davit Davtyan, anche lui operatore umanitario.

Entrambi portavano aiuti umanitari vicino alla regione di Shushi. Sono stati processati nel 2021 e condannati a 15 anni di prigione in un centro di detenzione di Baku, con l’accusa di spionaggio. In una lettera aperta a Papa Francesco, Sujyan offre al Papa “l’amara tristezza e il tragico peso del suo cuore”, si pente dei suoi peccati e ricorda di “non essere un omicida, di non aver tradito, e tuttavia sono condannato come criminale. Sono incompreso. Sono lasciato senza speranza di sopravvivenza, sono intrappolato in una disperazione senza fine”.

Sujyan chiede al Papa di intercedere per la sua non meritata salvezza e libertà”, di “toglierlo dal profondo abisso”, perché “ho una famiglia, un figlio che attende il mio ritorno, piangendo lacrime senza fine”. E conclude: “Per favore aiutami, sii il mediatore che salverà la mia anima”.

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La lettera è stata diffusa recentemente, causando enorme commozione in una opinione pubblica armena già profondamente colpita, perché molti rapporti, tra cui quello dello University Network for Human Rights, parla di torture ai danni dei prigionieri. Lo stesso titolo del rapporto, “Come tre anni di atrocità contro l’etnia Armenia ha portato alla pulizia etnica” è indicativo.

In questa situazione, la Repubblica di Armenia ha lanciato il progetto “Crossorads of peace”, incroci di pace, un modo di collegare i Paesi della regione e, in qualche modo, liberare l’Armenia dall’isolamento.

Il progetto ha come principio cardinale che tutte le infrastrutture, comprese le strade, le ferrovie, le vie aree, gli oleodotti, i cavi e le linee elettriche, operano sotto la sovranità e la giurisdizione dei Paesi attraverso i quali passano. Ogni Paese, dunque, attraverso le proprie istituzioni statali, è chiamato a garantire sul proprio territorio il controllo delle frontiere e delle dogane e la sicurezza di tutte le infrastrutture, compreso il passaggio attraverso il suo territorio di veicoli, merci e persone.

Le infrastrutture possono essere utilizzate sia per il trasporto internazionale che per quello nazionale, e i Paesi utilizzano tutte le infrastrutture su base di reciprocità e uguaglianza.

Il progetto si lega anche all’accordo di cessate il fuoco del 10 novembre, in cui si sottolineava che “tutti i legami economici e di trasporto della regione saranno sbloccati”, e che l’Armenia avrebbe garantito la sicurezza delle comunicazioni trasportate tra le regioni est dell’Azerbaijan e il Nakhichevan.

L’Azerbaijan, da parte sua, ha chiesto lo stabilimento di un corridoio extra territoriale via l’Armenia in quello che è chiamato il corridoio Zangezur, collegato al progetto di Corridoio Medio, che prevede i trasporti di beni dalla Cina all’Europa attraverso il Kazakhstan, il Mar Caspio, il Caucaso del Sud e la Turchia, aggirando Russia e Iran. Un corridoio che ha avuto un rinnovato interesse con lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, perché diventava più complicato per la Cina inviare beni attraverso Kazakhstan, Russia e Bielorussia.

Ma allo stesso tempo l’Azerbaijan chiedeva il corridoio Zangezur sottolineando l’esistenza del corridoio di Lachin, perché sottolineava che, come gli armeni potevano entrare in Artasakh senza passaporto e controlli alla frontiera, allo stesso modo gli azerbaijani avrebbero dovuto avere la possibilità di entrare a Nakichevan attraverso l’Armenia senza controlli. Ovviamente, la ratio del ragionamento ha fortemente vacillato quando il corridoio di Lachin è stato bloccato, e nell’aprile 2023 l’Azerbaijan ha posto un checkpoint a Lachin.

Nasce in questo contesto il progetto “Crossroads”. Il governo armeno ha infatti rifiutato ogni possibilità di fornire un corridoio extra territoriale e sottolinea che tutte le comunicazioni debbano essere sotto la sovranità e il controllo degli Stati in cui queste comunicazioni passano.

E così il progetto aprirebbe il collegamento dell’Azerbaijan con Nakhichevan, ma anche quello dell’Azerbaijan con la Turchia, l’Iran e la Georgia.

Basterà, questo, a creare una via di pace in Armenia? Questo sarà il grande tema. Finora, c’è stata una denuncia costante della perdita del patrimonio cristiano nella regione, tema per cui anche il Catholicos di Armenia ha stabilito un ufficio sul patrimonio cristiano perduto. Il progetto dovrebbe testare la reale volontà degli Stati nella regione di arrivare ad un accordo di pace, o se invece davvero c’è una volontà di mettere in crisi l’Armenia e la sua identità cristiana.

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ARMENIA: SI RAGGIUNGE CON VOLI DIRETTI DA 3 AEROPORTI ITALIANI. (Masterviaggi 01.03.24)

La  piccola repubblica del Caucaso meridionale, è conosciuta per il ricco patrimonio culturale e gli ambienti naturali di grande fascino.

L’ente del turismo dell’Armenia investe sull’Italia con nuove attività di comunicazione e promozione per rilanciare la destinazione e affida a Mark PR di Nadia Pasqual, profonda conoscitrice della destinazione.

L’ente del turismo armeno comunica che nel 2023 gli arrivi dall’Italia sono stati 14.273, segnando un incremento del 214,.9% sul 2022 e del 22,6% sul 2019, anno di riferimento prima del Covid, quando i visitatori italiani avevano toccato quota 11.639.
Il mercato italiano riserva, quindi, un grande potenziale di crescita, grazie ai voli diretti da Milano Malpensa (Wizzair e Flyone Armenia), Roma Fiumicino e Venezia Marco Polo (Wizzair), che si aggiungono ai collegamenti con scalo negli hub europei delle maggiori compagnie aeree.

Sisian Boghossian, direttrice del Tourism Committee of Armenia, annuncia: “Con entusiasmo, stiamo aumentando i nostri sforzi per presentare l’Armenia al vivace mercato italiano e siamo entusiasti della prospettiva di creare legami più stretti”.

L’ARMENIA, UN PICCOLO PAESE UNA GRANDE CIVILTÀ
L’Armenia, piccola repubblica del Caucaso meridionale, è conosciuta per il ricco patrimonio culturale e gli ambienti naturali di grande fascino, con altopiani e vallate che si aprono tra montagne che arrivano a superare i 4.000 m slm. Una civiltà, quella armena, che vanta tremila anni di storia, una lingua unica e un alfabeto originale.
L’offerta turistica dell’Armenia è diversificata intorno a quattro grandi temi: cultura, enogastronomia, natura e avventura,  senza dimenticare gli eventi di richiamo internazionale.

PATRIMONIO CULTURALE
Primo paese al mondo a adottare il Cristianesimo come religione di stato nel 301, l’Armenia è uno scrigno di storia, arte e spiritualità che si dischiude visitando possenti monasteri medievali arroccati su maestose montagne, aree archeologiche, monumenti e musei.

ENOGASTRONOMIA
La ricca tradizione enogastronomica dell’Armenia affonda le radici nella tradizione e comprende il tipico pane lavash, Patrimonio Culturale Immateriale Unesco, i tolma, involtini di foglie di vite, dolci come il gata , tanto semplice quanto squisito.
Nella caverna Areni-1, è stato ritrovato il sistema per la produzione di vino più antico del mondo, risalente a oltre seimila anni fa.
“Yerevan Wine Days” è il grande evento in programma nel centro della capitale dal 7 al 9 giugno.
L’enoturismo è un attrattore importante, infatti l’Armenia nel 2024 ospiterà l’ottava Conferenza mondiale sul turismo del vino UNWTO.

NATURA E AVVENTURA
A chi ama la natura e le attività all’aria aperta, questo piccolo paese offre una miriade di possibilità, dall’escursionismo al trekking, basta scaricare l’app HikeArmenia per orientarsi su tutti i sentieri del paese.
Per i più avventurosi non mancano occasioni per fare rafting sul fiume Debed, SUP nel lago artificiale di Azat, diving nel Lago Sevan, lanciarsi con una zipline, fare paragliding, arrampicare e fare canyoning in luoghi spettacolari.
Per chi ama correre, l’appuntamento è con la Yerevan Marathon domenica 28 aprile, che si svolge tra le vie della capitale.

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Romania: Sinodo Chiesa ortodossa istituisce nuove eparchie in Europa. Colletta per gli armeni del Nagorno Karabakh (SIR 01.03.24)

Oltre un milione di romeni ortodossi vivono in Gran Bretagna e il Sinodo della Chiesa ortodossa romena ha deciso di istituire, per loro, un’eparchia con sede a Londra. Il Sinodo si è riunito ieri, nel palazzo patriarcale di Bucarest, in seduta ordinaria. Oltre all’eparchia della Gran Bretagna, il Sinodo ha deciso di istituire un’eparchia anche per l’Irlanda e Islanda, con sede a Dublino, e di organizzare gli ortodossi romeni che vivono sul territorio ucraino, con lo statuto giuridico di Chiesa ortodossa romena dell’Ucraina. Inoltre, rispondendo alla richiesta della Chiesa ortodossa armena in Romania, è stata decisa l’organizzazione, tra 1° e 31 marzo, in tutto il Patriarcato, di una colletta per gli armeni rifugiati a Nagorno Karabakh. Nell’apertura dei lavori del Sinodo, la mattina del 29 febbraio, il patriarca Daniel ha presentato un rapporto sull’attività della Chiesa ortodossa romena nel 2023, sul piano ecclesiale, pastorale, culturale e sociale. Il capo della Chiesa ortodossa romena ha informato che in diaspora ci sono sette volte più battesimi che funerali e che le famiglie degli immigrati romeni sono sempre più numerose. “In Romania la situazione è esattamente a rovescio”, ha detto, notando che “nascono più bambini romeni all’estero che in patria”. Parlando dell’attività filantropica, il patriarca Daniel ha informato che la Chiesa ortodossa romena ha speso l’anno scorso complessivamente circa 60,5 milioni di euro, di cui oltre un milione di euro a favore dei rifugiati ucraini.

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Spazio Kor, venerdì debutta “Anahit” di Giorgia Ohanesian Nardin (LaNuovaProvincia 29.02.24)

Lo spettacolo sarà preceduto dal secondo appuntamento con i “Dialoghi in levare” – Intitolato “Scrivere e parlare di musica”, vedrà come ospite la giornalista Giulia Cavaliere

Venerdì 1° marzo, alle 21 allo Spazio Kor di Asti, debutterà “Anahit”, spettacolo ideato da Giorgia Ohanesian Nardin.
Nella tradizione armena pagana “Anahit” è la divinità posta a guardia e custodia dell’acqua e di tutto ciò che è fluido.
In scena, oltre all’ideatrice, Max Simonetto e F. De Isabella.
Giorgia Ohanesian Nardin è artista, ricercatrice indipendente e agitatrice queer di discendenza armena. E’ impegnata nei contesti della danza e della performance dal vivo. Nello specifico, il suo lavoro tratta della relazione tra movimento, divinazione e scrittura.
Lo spettacolo rientra nell’ambito di “Music non stop”, la stagione dello Spazio Kor condotta dalla direzione artistica di Chiara Bersani e Giulia Traversi, con un cartellone di performance di respiro europeo, linguaggi differenti e una particolare attenzione all’accessibilità.
A questo proposito va ricordato che per lo spettacolo sarà possibile richiedere un dispositivo per l’ascolto dell’audiodescrizione poetica, curata da Camilla Guarino e Giuseppe Comuniello con la supervisione di Elia Covolan. Lo spettacolo è accessibile anche a persone ipovedenti o con disabilità motoria.
Biglietti: 10 euro; ridotto 8 euro (tesserati Kor Card, abbonati Teatro Alfieri, tesserati Biblioteca Astense, under 25, over 60); ridotto gruppi 5 euro (gruppi da 10 persone).
Prevendite online su www.webtic.it e alla biglietteria dello Spazio Kor. Per prenotazioni e informazioni: info@spaziokor.it, 327/8447473 (WhatsApp), www.allive.it.

Si parla di musica con Giulia Cavaliere

Lo spettacolo sarà preceduto, alle 18 presso EO Arte (via XX settembre 112), dal secondo appuntamento con i “Dialoghi in levare” curati da Viola Lo Moro. Intitolato “Scrivere e parlare di musica”, avrà come protagonista Giulia Cavaliere: giornalista, critica musicale e autrice, collabora stabilmente con “Domani”, “Rolling Stone” ed “Esquire”. E’ stata eletta da Artribune, nel 2022, “giornalista culturale dell’anno”.
«Parleremo insieme di musica – anticipa Viola Lo Moro – e di come la si può raccontare attraverso le parole, lo storytelling dei podcast, gli articoli e i libri. Insieme guarderemo alla musica leggera, al cantautorato italiano, alle diverse composizioni delle parole e alla società intorno. Ci interrogheremo sull’industria musicale e su come le “minoranze” siano o no protagoniste e come vengono raccontate (donne, persone LGBTIQ+, disabili, persone non bianche)».
L’incontro è promosso in collaborazione con la libreria Alberi d’Acqua. Ingresso libero.

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Il vandalismo azero non impedirà che la Croce di Cristo risplenderà sull’Artsakh per sempre (Korazym 29.02.24)

 A Stepanakert è stato abbattuto il busto in memoria di Charles Aznavour, uno dei massimi interpreti della musica mondiale. Il Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh ha dato notizia attraverso la propria pagina Facebook, di questo atto vandalico degli Azeri: «Il regime azerbajgiano ha smantellato il monumento a Charles Aznavour, eretto in occasione del centenario del famoso cantante, situato accanto al Centro della Francofonia Paul Eluard a Stepanakert».

La cerimonia di inaugurazione del busto del leggendario cantante franco-armeno Charles Aznavour era tenuta il 22 maggio 2021 nel parco dell’amicizia armeno-francese, alla presenza dello scultore del busto, Yuri Hovhannisyan, e del direttore del Centro, Armen Hovsepyan, che nelle sue osservazioni ha molto apprezzato il ruolo e il contributo del leggendario cantante franco-armeno alla cultura globale e alla vita del popolo armeno. L’architetto Mamikon Farsiyan aveva sottolineato che era un giorno speciale per lui, poiché il suo sogno e quello di molti altri sono diventati realtà: Artsakh finalmente aveva il busto di Aznavour.

L’abbattimento del monumento, è un insulto alla musica e alla cultura mondiale, ha sottolineato il Consiglio per la Comunità Armena di Roma, denunciando con una nota questo ennesimo atto vandalico azero, frutto di odio contro gli Armeni, che purtroppo segue molti altri compiuti in questi mesi di occupazione azera dell’Artsakh armeno. Statue, katchkar (croci di pietra), chiese, tombe, iscrizioni di ogni genere vengono abbattuti in una furia alimentata dal regime autocratico di Ilham Aliyev, che ha il solo scopo di eliminare – in un vero e proprio genocidio culturale – ogni traccia della millenaria presenza armena nella regione. Il Consiglio invita i media, anche italiani, a denunciare con fermezza queste intolleranti azioni di demolizione che nulla hanno a che fare con le discussioni politiche ma esprimono solo odio, razzismo e inciviltà.

In questi giorni ricordiamo, che tutto la questione del Nagorno-Karabakh cominciò dal pogrom di Sumgait. Dal 27 al 29 febbraio 1988, nella città di Sumgait, in Azerbajgian, venne organizzato un massacro della popolazione armena, accompagnato da omicidi, stupri, pogrom e rapine. Poi l’ondata di pogrom armeni si diffuse su tutto il territorio dell’Azerbajgian. Manifestazioni su larga scala furono organizzate a Yerevan a sostegno delle giuste rivendicazioni della popolazione del Nagorno-Karabakh.
Nel marzo del 1988 venne fondata nel Nagorno-Karabakh l’organizzazione Krunk (Comitato per il governo rivoluzionario in Karabakh), che coordinava il movimento di liberazione degli Armeni dell’Artsakh.
Il 13 giugno 1988, la Presidenza del Consiglio Supremo della Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian rifiutò categoricamente di soddisfare la richiesta degli Armeni del Nagorno-Karabakh di trasferire la regione dalla Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian alla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia. Due giorni dopo, il Consiglio Supremo della RSS di Armenia diede il suo consenso “in relazione all’inclusione della Regione Autonoma del Nagorno Karabakh nella struttura della RSS di Armenia”.
Il 12 luglio 1988, l’ottava sessione del XX Consiglio di Convocazione dei Deputati del Popolo della Repubblica del Nagorno Karabakh annunciò il ritiro della Regione Autonoma del Nagorno Karabakh dalla RSS di Azerbajgian.
Nella situazione creata, la Presidenza del Consiglio Supremo dell’URSS con il decreto del 12 gennaio 1989, introdusse temporaneamente una speciale forma di governo nel Nagorno-Karabakh. Secondo tale decreto, i poteri del Consiglio dei deputati del popolo del Nagorno-Karabakh e del suo comitato esecutivo furono sospesi fino allo svolgimento delle elezioni dei nuovi membri del Consiglio. I suoi poteri furono completamente trasferiti al nuovo Comitato Speciale di Gestione del Nagorno-Karabakh, che era direttamente subordinato ai più alti organi del potere statale e dell’amministrazione dell’URSS. Arkady Volsky, che aveva assunto la guida del Comitato con la qualifica di “Rappresentante del Comitato Centrale e del Soviet Supremo” in Nagorno-Karabakh, suggerì di allentare la tensione attraverso lo sviluppo dell’economia del Nagorno-Karabakh, la creazione di forti legami economici e culturali tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia e la prevenzione della discriminazione contro la popolazione armena.
Il Comitato, che aveva sostituito gli organi governativi legalmente eletti del Nagorno-Karabakh e aveva ricevuto poteri amministrativi illimitati, fu però allo stesso tempo privato di ogni opportunità di gestire la vita economica della regione. I fondi stanziati per il Nagorno-Karabakh furono gestiti dalla leadership azera, che realizzò costruzioni su larga scala negli insediamenti azeri, creando luoghi di residenza e di lavoro per i coloni Azeri. Anche gli sforzi del Comitato Speciale di Gestione per eliminare o almeno allentare il blocco del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian furono vani.
La decisione di sciogliere le strutture regionali fu accolta negativamente nel Nagorno-Karabakh, poiché questo passo ostacolava le possibilità di un dialogo a pieno titolo. Tempo altri due anni e nel 1991, con l’uscita della RSS di Azerbajgian dall’URSS, il corso della storia porterà alla dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Nagorno-Karabakh e il conflitto che proseguiva per tre decenni, con aggressioni e guerre.

La furia anti-armena degli Azeri non terminò dopo l’occupazione completa dell’Artsakh con l’aggressione terroristica del 19-20 settembre 2023 e la successiva deportazione con la forza dell’intera popolazione armena autoctona. Il vandalismo statale azera non conosce limiti. Non trovando più Armeni da sterminare, l’Azerbajgian continua a perseguire una politica intollerante nei confronti del patrimonio culturale armeno a livello statale negli insediamenti occupati della Repubblica di Artsakh. Prosegue la politica di distruzione sistematica dei monumenti nell’Artsakh occupato, come l’Azerbajgian ha fatto sempre in ogni territorio finito sotto il suo controllo.

Lo scorso 21 febbraio, i media statali azeri hanno riferito, riprendendo evidentemente fonti governative dell’Azerbajgian: «Tutti i monumenti “illegali” armeni saranno smantellati in Karabakh». Considerando le testimonianze finora già raccolte, non esiste alcun dubbio che questa pulizia culturale stia procedendo e che presto non rimarrà più in piedi un solo monumento armeno nell’Artsakh occupato. Poco alla volta arrivano immagini, che documentano gli atti di vandalismo azero e la rimozione di pezzo dopo pezzo del patrimonio storico religioso culturale armeno. Questa politica è attuata a livello statale con l’obiettivo di distruggere completamente la traccia armena nell’Artsakh occupato.

«Registriamo quotidianamente molti fatti riguardanti il genocidio culturale compiuto dall’Azerbajgian a livello statale nell’Artsakh occupato», ha osservato Mkhitar Karapetyan, dell’Ufficio del Difensore Civico per la “cultura armena”. Ha avvertito ancora una volta che nei video girati dagli invasori Azeri della capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, si possono osservare le tracce del vandalismo azero. Per esempio, dall’analisi di un video girato il 13 febbraio 2024, si evince che le sculture poste sul viale Andranik sono state eliminate dagli occupanti azeri.

Il Consiglio di Stato per la Protezione del Patrimonio Culturale dell’Artsakh ha denunciato anche un altro atto di vandalismo da parte degli Azeri: «Il regime azerbajgiano ha distrutto il monumento ad Artsvi, che è stato costruito in epoca sovietica ed è un simbolo dell’infanzia di Stepanakert, nel Parco Superiore di Stepanakert». Si tratta di una piccola opera artistica; ma tanto è bastato ai vandali Azeri per distruggerla. Qualsiasi cosa abbia a che fare con la cultura (e che sia vagamente armeno) viene demolito.

Anche la statua del filantropo e figura nazionale Alek Manukyan, è stata abbattuta dalle forze di occupazione dell’Azerbajgian a Stepanakert.

Tra gli altri, anche i monumenti allo scrittore Hakob Hakobyan, al primo Presidente del Comitato Popolare della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia Alexander Myasnikyan, all’Ammiraglio Ivan Isakov, ai soldati sovietici Anatoly Zinevich, Kristafor Ivanyan e altri erano stati smantellati. I vandali Azeri hanno demolito anche il monumento al leader bolscevico del Caucaso, Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo di Baku, Stepan Shaumyan, che dà il nome alla Città di Stepanakert. Anche il monumento all’eroe dell’Artsakh, Ashot Ghulyan, è stato smantellato nel parco omonimo a Stepanakert.

«Dai materiali pubblicati su Internet apprendiamo anche che le tombe dei morti nella guerra di liberazione dell’Artsakh sono vandalizzato», ha affermato in una nota la municipalità in esilio di Stepanakert.

Anche il Museo di Martakert nell’Artsakh occupato è diventato vittima dei vandali Azeri, riferisce il canale Telegram Karabakh Records: «L’Azerbajgian continua a distruggere a livello statale il patrimonio culturale dell’Artsakh occupato. Questa volta, l’obiettivo dei vandali Azeri era il museo della Città di Martakert della Repubblica di Artsakh. Tutto ciò dimostra ancora una volta che l’Azerbajgian distrugge tutto il patrimonio culturale dell’Artsakh a livello statale».

Il giornalista dell’Artsakh, Marut Vanyan – come ricordiamo anche lui ora in esilio forzato in Armenia, molte volte ospite di questa rubrica durante il #ArtsakhBlockade, si domanda se anche il monumento alle vittime del terremoto in Armenia del 1988 sarà considerato “illegale” dal regime di Aliyev. Sicuramente verrà demolito, sempre che ciò non sia già accaduto, il memoriale ai caduti delle guerre di liberazione. Via statue, targhe, cippi e tutto quello che è stato inaugurato negli ultimi trent’anni. Un patrimonio culturale enorme, destinato alla distruzione.

Forse, ma per poco, si salverà il monumento simbolo dell’Artsakh Noi siamo le nostre montagne [QUI], ma solo perché è del 1965 e perché il suo abbattimento farebbe troppo rumore. Ma, non c’è dubbio che è una mera questione di tempo: prima o poi faranno fuori anche quello.

Per il resto, tutto l’Artsakh sarà disseminato di Pugni di ferro [QUI e QUI] , che è l’unica espressione artistica di cultura, che gli Azeri sono riusciti a concepire.

Ecco, perché è importante documentare ogni attentato alla cultura e al patrimonio armeno in Artsakh e continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo lì. L’oblio è infatti il miglior alleato di questi incivili occupanti.

Tra le tante chiese diventate vittime del vandalismo culturale azerbajgiano, citiamo la chiesa di San Sargis nel villaggio di Tsar, distretto di Karvachar dell’Artsakh occupato. I vandali azeri sono passati anche da queste parti e hanno rimossa la croce e una delle pietre con iscrizioni, mentre a terra non sono più presenti frammenti di khachkar della chiesa.

Infine, ricordiamo che anche la grande croce, che dall’alto di un colle illuminava la capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, sopravvissuta alla guerra del 2020. Era stata eretta in memoria dei militari morti per la liberazione e la difesa dell’Artsakh. Subito dopo l’occupazione in settembre 2023 è stata abbattuta dagli Azeri.

Ecco, la fine che ha fatto la croce dell’Artsakh, la seconda più grande d’Europa, su una delle colline vicino al villaggio di Dashushen, che domina la capitale Stepanakert.

Tutti i Paesi cristiani stanno semplicemente a guardare: non fanno nulla, non condannano questa politica genocida dell’Azerbajgian. E la croce di Stepanakert non c’è più. Ma la Croce di Cristo risplenderà per sempre sull’Artsakh.

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La missione UE in Armenia celebra il primo anniversario (Osservatorio Balcani e Caucaso 29.02.24)

Da un anno la missione dell’Unione europea in Armenia (EUMA) è dispiegata al confine con l’Azerbaijan, che pattuglia regolarmente: una misura considerata necessaria da Yerevan – che teme un nuovo conflitto -, ma vista con sospetto da Baku

29/02/2024 –  Onnik James Krikorian

La missione dell’Unione europea in Armenia (EUMA) ha celebrato la scorsa settimana il primo anniversario del suo dispiegamento al confine con l’Azerbaijan. Per celebrare l’occasione, in un hotel nel centro di Yerevan, si è tenuto un evento a cui hanno partecipato ambasciatori occidentali, funzionari governativi armeni, tra cui il segretario del Consiglio di sicurezza Armen Grigoryan, e alcuni membri della società civile locale.

Trenta osservatori civili disarmati della missione, che indossavano giubbotti blu, hanno ricevuto medaglie per il servizio reso alla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) dal capo missione EUMA Markus Ritter. L’ex capo della polizia tedesca ha ribadito che l’obiettivo della missione è quello di contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra i due paesi.

Dispiegata il 20 febbraio 2023, EUMA ha seguito la più breve missione “Capacità di monitoraggio dell’Unione europea (EUMCAP)”, che aveva monitorato per due mesi il confine tra Armenia e Azerbaijan a partire da ottobre 2022. Il numero del personale impiegato, inizialmente composto da “fino a 100” membri, è salito a 138 e raggiungerà i 209.

In occasione dell’anniversario, Ritter ha affermato che 48 persone dello staff attuale sono veri e propri osservatori che operano dalle basi di Goris, Ijevan, Jermuk, Kapan, Martuni e Yeghegnadzor, il quartier generale della missione. Ad oggi EUMA ha condotto oltre 1.720 pattugliamenti.

“Il rafforzamento della Missione e l’aumento del numero del personale ci consentono di condurre più pattugliamenti, contribuendo alla sicurezza e alla stabilità generale nella regione”, ha affermato Ritter. “Stiamo conducendo pattugliamenti giornalieri per osservare e segnalare la situazione sul terreno. In questo giorno speciale, desidero riconoscere il prezioso lavoro del personale della Missione e ringraziare i 23 Stati membri dell’UE che contribuiscono con il proprio personale alla missione”.

La missione, tuttavia, non è priva di controversie. Sebbene l’Azerbaijan abbia accettato con riluttanza lo spiegamento di EUMCAP sul lato armeno del confine, Baku sostiene che EUMA potrebbe essere utilizzata per ritardare i progressi nella normalizzazione delle relazioni tra i due paesi mentre tentano di elaborare un accordo per porre fine al conflitto trentennale.

Il governo azero non ha inoltre gradito l’annuncio dell’UE di novembre, secondo cui l’Armenia sarà inclusa nel Fondo europeo per la pace, un’iniziativa volta a rafforzare la capacità di difesa dei paesi beneficiari. Tuttavia, è improbabile che ciò possa cambiare gli equilibri di potere. Nel 2023, rispettivamente, la Georgia e la Moldova avrebbero ricevuto 40 e 36 milioni di Euro in 36 mesi per finanziare attrezzature, forniture e servizi non letali.

Anche Russia e Iran hanno espresso il loro disappunto per le attività EUMA in Armenia, considerandole un intervento internazionale nel Caucaso meridionale da parte di paesi che si spingono ben oltre i propri confini ed aree d’interesse. Tuttavia, altri sottolineano che un’altra missione PSDC, l’EUMM nella vicina Georgia, è già operativa dalla fine del 2008. Inoltre, sebbene EUMA possa ridurre il rischio di incidenti transfrontalieri, difficilmente può evitarli. Ciò dipende dalla volontà politica dei due governi, come dimostrato da un periodo di calma di due mesi tra il ritiro di EUMCAP e la sua sostituzione con EUMA, anche se si verificano incidenti isolati in gran parte dipendenti dal processo di normalizzazione stesso.

Il 12 febbraio scorso, presunti colpi di cecchino provenienti dal lato armeno del confine hanno ferito una guardia di frontiera azera a Kolluqışlaq, un villaggio nel distretto di confine di Zangelan. Il giorno successivo è avvenuto un attacco di ritorsione a Nerkin Hand, situato oltre il confine con l’Armenia, che ha portato alla morte di quattro membri di quella che è stata segnalata come “Yerkrapah”, una controversa formazione politico-militare armena.

L’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell ha definito “deplorevole” l’uccisione della guardia azera, ma ha descritto la risposta di Baku come “sproporzionata”. L’EUMA afferma inoltre di non pattugliare la zona.

“La nostra missione ha accesso all’intero territorio dell’Armenia, ad eccezione del territorio di Nerkin Hand, che è sotto la responsabilità delle guardie di frontiera russe”, ha affermato Ritter in commenti ribaditi anche da quelli del segretario del Consiglio di sicurezza armeno Grigoryan. “L’Armenia dovrebbe affrontare questo problema”, ha continuato il capo missione. “Non abbiamo contatti diretti con le forze russe di stanza in Armenia”.

Tuttavia, anche il rappresentante dell’Azerbaijan per gli incarichi speciali, Elchin Amirbayov, ha accusato EUMA di aver reso più probabili tali incidenti. Baku accusa da tempo EUMA di impegnarsi in quella che definisce “diplomazia del binocolo”, con diplomatici europei accompagnati al problematico confine per osservare “le posizioni dell’Azerbaijan attraverso un binocolo, scattare foto e poi distribuirle su diversi social media attribuendo all’UE il merito perché l’Azerbaijan non sta attaccando l’Armenia”. La settimana scorsa, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha affermato che una nuova guerra è “molto probabile”.

Nonostante le controversie, la presenza EUMA è considerata una misura di rafforzamento della fiducia molto necessaria in Armenia, soprattutto per le comunità situate al confine con l’Azerbaijan. “Sono sicuro che la missione di monitoraggio dell’UE stia apportando un contributo importante all’Armenia e alla regione, il che simboleggia il coinvolgimento dell’UE per la pace e la stabilità”, ha affermato il comandante PSDC Tomat all’evento dell’anniversario. “Sono pienamente consapevole dei limiti di ciò che possiamo realizzare in un ambiente così delicato e complesso”, ha osservato Ritter.

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Cappella Dzordzor: storia e architettura in un’armonia affascinante (Ilfarosulmondo 29.02.24)

La Cappella Dzordzor, conosciuta anche come Cappella della Santa Madre di Dio, è un gioiello che affascina i visitatori con il suo significato storico e la sua bellezza architettonica. Il monumento è situato dodici chilometri a nord-ovest del Monastero di San Taddeo, designato dall’Unesco, in prossimità del Villaggio Barone, a circa venti chilometri da Maku.

L’architettura della Cappella Dzordzor è una miscela di design ecclesiastico armeno e la bellezza naturale dei suoi dintorni. La secolare cappella presenta una facciata modesta ma attraente, realizzata in pietra con finestre lungo le pareti che conducono a volte a botte ogivali sostenute da false colonne. L’edificio, a forma di croce, è rettangolare e ha l’aspetto di una sala di preghiera.

Misurando sette metri di lunghezza, cinque metri di larghezza e alta dodici metri, la cappella presenta una cupola con sedici scanalature, quattro archi sottostanti e altri quattro che la circondano. Quattro soffitte adornano i lati delle pareti, completate da quattro stanze interne.

Il cancello d’ingresso, posizionato sul lato occidentale, è realizzato in metallo con motivi ornati a forma di croce. In particolare, le pietre sono disposte in modo complesso e intrecciate, nascondendo alla vista la malta tra di loro. Anche le forme della croce sono incise sulle pietre, aggiungendo un tocco unico all’estetica della cappella.

La Cappella prende il nome dal vescovo armeno Hovanes Yerznkatsi, noto anche come Tsortsoretsi, che fu una figura letteraria ed educatore.

Cappella Dzordzor sommersa nel 1988

La Cappella Dzordzor è stata sommersa nel 1988 a causa dell’operazione della diga Baron. Grazie agli sforzi di collaborazione tra la società armena e gli esperti dell’allora Organizzazione iraniana per i beni culturali, l’artigianato e il turismo, la Cappella è stata sottoposta a restauro e ricostruzione per riconquistare il suo antico splendore.

In accordo con la Chiesa Apostolica Armena, le autorità iraniane ricollocarono la struttura a 600 metri nel 1987-1988, in risposta alla decisione di costruire una diga sul fiume Zangmar.

Questa mossa strategica ha impedito che la Cappella venisse sommersa nel bacino della diga. Il lago risultante, formatosi dietro la diga Baron, non solo ha preservato la Cappella, ma ha anche contribuito a creare uno scenario mozzafiato, esaltando la bellezza complessiva di questo sito storico.

Complessi monastici armeni dell’Iran

I complessi monastici armeni dell’Iran, registrati dall’Unesco, nel nord-ovest del paese, sono costituiti da tre complessi monastici di fede cristiana armena: San Taddeo e San Stepanos e la Cappella di Dzordzor.

Questi edifici – il più antico dei quali, San Taddeo, risale al VII secolo – sono esempi di eccezionale valore universale della tradizione architettonica e decorativa armena.

Secondo l’organismo culturale dell’Onu, testimoniano scambi molto importanti con le altre culture regionali, in particolare quella bizantina, ortodossa e persiana. Situati all’estremità sud-orientale della zona principale dello spazio culturale armeno, i monasteri costituivano un importante centro per la diffusione di quella cultura nella regione.

Sono gli ultimi resti regionali di questa cultura che si trovano ancora in uno stato soddisfacente di integrità e autenticità. Inoltre, in quanto luoghi di pellegrinaggio, i complessi monastici sono testimoni viventi delle tradizioni religiose armene attraverso i secoli.

di Redazione

Premio Montale Fuori di Casa per la Narrativa 2024 a Antonia Arslan, cerimonia di premiazione (Mentelocale 29.02.24

Mercoledì 6 marzo 2024 alle ore 18.00 Casa Manzoni a Milano (via Gerolamo Morone 1) ospita la cerimonia di assegnazione a Antonia Arslan del Premio Montale Fuori di Casa per la Narrativa.

Nessun’altra sede avrebbe potuto meglio ospitare la premiazione di questa scrittrice se non la dimora dove visse Alessandro Manzoni, a cui si deve la nascita del romanzo storico. Anche Antonia Arslan ha scritto importanti romanzi che possiamo si possono definire storici per la serietà degli studi sul genocidio armeno che hanno preceduto la realizzazione delle sue opere, a partire da La Masseria delle allodole, di cui ricorrono i vent’anni dalla prima edizione.

A lei infatti il premio verrà assegnato, come si legge nella motivazione, «per aver fatto conoscere in Italia e nel mondo grazie ai suoi romanzi la verità sul primo e sistematico genocidio di un popolo: un milione e cinquecentomila armeni sterminati tra il 1915 e il 1923 a seguito dell’azione di pulizia etnica compiuta dalla furia dei Giovani Turchi. Il resto della popolazione fu islamizzato o riuscì a fuggire all’estero, come la famiglia di Antonia Arslan. Il genocidio è un fatto storico che la Turchia, ancora oggi, non vuole riconoscere».

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Premio Montale Fuori di Casa 2024 ad Antonia Arslan per la Sezione Narrativa (Gazzettadellaspezia)

 

Anche il grande Charles Aznavour vittima del vandalismo azero! (Politicamentecorretto 28.02.24)

Il busto dedicato al grande cantante franco-armeno Charles Aznavour è stato abbattuto dagli azeri a Stepanakert nel Nagorno Karabakh (Artsakh) finito sotto controllo dell’Azerbaigian dopo l’ennesimo attacco militare nel settembre scorso.
Il monumento era stato inaugurato nel 2021 e si trovava nei pressi del circolo francofono della città.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” denuncia questo ennesimo atto vandalico, frutto di odio contro gli armeni, che purtroppo segue molti altri compiuti in questi mesi di occupazione.
Statue, katchkar (croci di pietra), chiese, tombe, iscrizioni di ogni genere vengono abbattuti in una furia alimentata dal regime di Aliyev che ha il solo scopo di eliminare – in un vero e proprio genocidio culturale – ogni traccia della millenaria presenza armena nella regione.

L’abbattimento del monumento a Charles Aznavour (di cui il prossimo 22 maggio ricorre il centenario della nascita) è un insulto alla musica e alla cultura mondiale.

Il Consiglio invita i media, anche italiani, a denunciare con fermezza queste intolleranti azioni di demolizione che nulla hanno a che fare con le discussioni politiche ma esprimono solo odio, razzismo e inciviltà.

CONSIGLIO PER LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA

La Germania media per la pace tra Azerbaigian e Armenia (Euronews e Askanews 28.02.24)

Baerbock aveva effettuato una visita in Armenia e Azerbaigian a novembre del 2023. Al centro della mediazione i fragili equilibri dopo i conflitti per il controllo del Nagorno-Karabakh

La Germania sta mediando per far avanzare i negoziati di pace tra Armenia e Azerbaigian mercoledì.

A Berlino la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha ospitato i suoi omologhi, Ararat Mirzoyan dell’Armenia e Jeyhun Bayramov dell’Azerbaigian, in una villa governativa per quella che è stata annunciata come una due giorni di colloqui.

Il confronto fa seguito all’incontro del 17 febbraio tra il Cancelliere tedesco, OIaf Scholz, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev, a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Scholz ha sottolineato la volontà della Germania di contribuire alla conclusione dei colloqui di pace.

Dal canto suo, Baerbock, aveva effettuato una visita nei due Paesi del Caucaso a novembre del 2023. Come afferma il dicastero degli Esteri tedesco, la Germania si impegna affinché le “questioni aperte tra Armenia e Azerbaigian vengano risolte pacificamente e senza l’uso della forza”.

“Stiamo assistendo a passi coraggiosi da parte di entrambi i Paesi per lasciarsi il passato alle spalle e lavorare per una pace duratura per i loro popoli” ha dichiarato Baerbock.

Armenia e Azerbaigian,una lunga storia di dispute territoriali

L’ultimo scontro al confine ha causato la morte di almeno quattro soldati armeni a metà febbraio.

L’anno scorso l’Azerbaigian ha condotto una campagna militare lampo per reclamare la regione del Karabakh, che i separatisti armeni hanno governato per tre decenni.

Il territorio, notoa livello internazionale come Nagorno-Karabakh, e vaste aree circostanti sono passate sotto il pieno controllo delle forze di etnia armena al termine di una guerra separatista nel 1994.

L’Azerbaigian ha riconquistato parti del Karabakh in una guerra di sei settimane nel 2020, conclusasi con una tregua mediata dalla Russia.

Nel dicembre 2022, l’Azerbaigian ha iniziato a bloccare la strada che collega la regione all’Armenia, causando carenze di cibo e carburante. Nel settembre 2023 ha poi lanciato un blitz che ha sbaragliato le forze separatiste in un solo giorno, costringendole a deporre le armi. Più di 100.000 persone di etnia armena sono fuggite dalla regione, lasciandola quasi deserta.

L’Armenia e l’Azerbaigian si sono impegnati a lavorare per la firma di un trattato di pace, ma non sono stati compiuti progressi visibili e le tensioni continuano a montare.

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Armenia-Azerbaigian, a Berlino nuova iniziativa di pace (Askanews)

La Germania ospita i colloqui tra Armenia e Azerbaigian (Periodicodaily)