VITTORIO VENETO: in Seminario mostra sull’Armenia ( L’Azione 02.10.25)

“Archi di tradizioni epocali”, questo il titolo della nuova edizione di “Mistica, Musica e Medicina“, la quattordicesima quest’anno, con un programma articolato in più momenti e diverse sedi.

Nell’insieme, è un percorso di ampio respiro su un tema di larghe prospettive che proprio la figura dell’arco intende raffigurare e significare. Archi di tradizioni epocali, tutt’ora pulsanti, tradizioni intese come conoscenze condivise, lasciti da riscoprire, incroci trasversali di sensibilità, esperienze sapere. L’arco è figura ideale di un tracciato radicato che si palesa nello slancio, fonte ispiratrice di dialogo autentico, dove le parti si sostentano per un bene che accomuna senza sacrificare, affratella senza prevaricare, favorisce la crescita personale senza rinchiudere.

Il percorso origina dunque da lontano, precisamente dall’Armenia, cui è dedicata una specifica sezione, “Voci e immagini dall’Armenia, patrimonio dell’Umanità”. Fino al 19 ottobre è infatti visitabile, nel Seminario di Vittorio Veneto, orario consueto di apertura (8-18), la mostra fotografica “Armenia. Gli scatti di un bellunese. Adriano Alpago Novello (1932-2005)”, curatrici Manuela Da Cortà e Beatrice Spampinato: un saggio dell’estesa ricerca che l’architetto Alpago Novello condusse in terra armena sugli spazi sacri caratteristici di quei luoghi ma così vicini alla nostra sensibilità.

Giovedì 9 ottobre, alle 21, palazzo Minucci a Vittorio Veneto ospiterà un intervento musicale di rarissimo ascolto, dal titolo “Tra chiese e campi. Canti sacri e profani della gente armena”, a cura di Edesse Ensemble, direzione Justine Rapaccioli, per immergersi in un repertorio musicale di tradizione orale conservatosi grazie al lavoro di trascrizione di musicisti e compositori effettuato qualche decennio prima del tragico genocidio.

Sabato pomeriggio 18 a domenica 19 ottobre alla casa di spiritualità e cultura San Martino di Tours si terrà un seminario con sei relatori: Virtus Zallot, Milena Simeoni, Luca Mor, Alberto Peratoner, Gianmartino Durighello, Alessio Magoga. Un viaggio tra arte medievale, teologia e spiritualità, medicina tradizione europea e mediterranea, nel dialogo costruttivo tra passato, presente e necessità del nostro tempo.

Vi si aggiunge un secondo intervento musicale in tema, sabato 18 ottobre, alle  21, nella pieve di Sant’Andrea di Bigonzo, “Il Canto della Croce“, a cura di InUnum ensemble, voci e strumenti medievali.

Per informazioni e iscrizioni: Centro Studi Claviere, claviere@alice.it ; cell. 340 2122409.

Dopo Acerbi, ecco Mkhitaryan. Anche l’armeno lancia la sua biografia, uscirà martedì (L’Interista 02.10.25)

Dopo Francesco Acerbi, un altro nerazzurro si prepara a lanciare la propria autobiografia. Come ha annunciato su Instagram il giornalista Alessandro Alciato, co-autore dell’opera, il 7 ottobre uscirà “La mia vita al centro”, libro che racconterà la vita di Henrikh Mkhitaryan. Non solo calcio al centro del racconto di Miki, come racconta Alciato: “Il 7 ottobre esce “La mia vita sempre al centro”, edito da Cairo Libri. Per me non è solo un libro, è molto di più. Aiutare Henrikh Mkhitaryan a scriverlo è stato un enorme privilegio, perché ho conosciuto una persona buona, gentile, educata, che ha portato solo cose belle.

Si è aperto, ha raccontato una storia profonda, la sua storia. C’è dentro molto, c’è la sua vita oltre il calcio. Ci sono il papà perso quando aveva solo sette anni, l’Armenia vissuta da ragazzino senza luce e acqua calda, l’Ararat come simbolo, il rapporto profondo con la nonna, il rispetto verso chi è venuto prima. Ci sono Mino Raiola per la prima e unica volta in abito lungo, Al Bano che canta, la rovesciata di Djorkaeff, sedie che volano e cuori che battono. Ci sono tanti allenatori, da Arsene Wenger a Josè Mourinho. Ci sono Erevan, l’Ucraina, Dortmund, Manchester, Londra, molta Roma – c’è anche Claudio Lotito – e Milano. Ci sono sentimenti e amore. Ci sono lacrime e sorrisi. C’è tutto Henrikh, una persona speciale, a cui ho imparato a volere (molto) bene”.

Vai al sito 

Oltre i confini: il viaggio verso una nuova vita (Osservatorio Balcani e Caucaso 31.10.25)

Da migrante irregolare a imprenditore, attraverso Spagna, Belgio e Francia. La storia del cittadino armeno “Vahe”, seppur di successo, riflette le difficoltà di migliaia di migranti dopo anni di lavoro nero in Europa, tra documenti e paura costante

31/10/2025 –  Armine Avetisyan

Oggi, quando Vahe (nome di fantasia), 35 anni, apre le porte della sua pensione ai turisti nelle strade assolate di Nizza, è difficile immaginare che dietro questo successo si nasconda un lungo e doloroso viaggio. È in Europa da dieci anni, ma ricordare il suo passato spesso lo segna profondamente.

“Quando ho lasciato l’Armenia per la Spagna, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Sapevo solo che dovevo partire e provare a iniziare una nuova vita. È stata una delle decisioni più difficili della mia vita”, ricorda.

Inizialmente, ha trovato rifugio a casa di un amico in Spagna, ma poi ha dovuto cavarsela da solo. “A casa del mio amico, stavamo cenando quando sua madre mi disse che era ora di andarmene. Mi sembrò uno schiaffo, ma mi svegliò anche. Pochi giorni dopo, avevo un nuovo indirizzo.”

La lotta per sopravvivere

Dopo aver lasciato la casa del suo amico, Vahe ha condiviso l’affitto con un gruppo di giovani, tutti immigrati clandestini che cercavano di guadagnarsi da vivere.

Per sopravvivere, accettava ogni tipo di lavoro: edilizia, bar, lavoretti. Ha imparato nuovi mestieri, come ricorda ancora con stupore: “Non avrei mai immaginato che un giorno sarei stato in grado di costruire qualcosa o riparare attrezzature. Ma la vita mi ha costretto a imparare. Ricordo con orgoglio e sorpresa il giorno in cui avevano urgente bisogno di un artigiano che potesse riparare i pavimenti: ho imparato il lavoro da un giorno all’altro.”

Con l’aiuto di una ragazza spagnola, ha iniziato anche a imparare la lingua, prima a parole isolate, poi a frasi complete. Oggi Vahe parla quasi fluentemente. Esplorando l’Europa, si è reso conto di vedersi in un altro paese europeo.

Nuove tappe

Vahe si è trasferito in Belgio da un parente. Questo è stato un punto di svolta cruciale nella sua vita. Il parente non solo gli ha fornito un alloggio, ma lo ha anche aiutato ad adattarsi alla vita europea. Qui, Vahe ha proseguito gli studi da autodidatta e ha iniziato a imparare il francese.

Ma non è stato facile. Per anni, la mancanza di documenti gli ha impedito di lavorare legalmente. Ha dovuto lavorare in nero, senza garanzie. “A volte sognavo persino di lavorare come netturbino, solo per avere un contratto regolare. Ma anche quello era impossibile per me.”

In Belgio, Vahe ha iniziato a cercare lavoro da remoto. Ha lavorato per una stazione radio francese, svolgendo attività di traduzione, e in seguito ha ricevuto un’offerta per un lavoro in loco. Sebbene la paga fosse bassa, gli ha dato la speranza di potersi finalmente lasciare alle spalle il suo status di migrante irregolare.

Tre anni fa, ha finalmente ottenuto i documenti. “Quel giorno è stato come rinascere. La paura dell’espulsione era sparita. Potevo lavorare, guadagnare soldi e pensare al futuro.”

Vahe ha potuto lavorare senza paura, comprare una casa a Nizza e aprire la sua guesthouse. Secondo lui, questo è uno dei suoi più grandi successi: “Ogni mattina, quando mi sveglio e vedo i sorrisi dei miei ospiti, mi rendo conto che è valsa la pena di affrontare tutte quelle difficoltà.”

Amore: dal web alla realtà

Un altro punto di svolta importante nella vita di Vahe è stata la sua storia d’amore. Tre anni fa, ha incontrato la sua compagna online. “All’inizio pensavo fosse solo una chiacchierata, ma col passare dei giorni ho capito che ci intendevamo davvero. Oltre lo schermo, ho trovato la mia dolce metà”, ricorda Vahe con un sorriso.

Tuttavia, la loro relazione ha dovuto affrontare dure difficoltà. Vahe non può tornare in Armenia a causa di problemi con i documenti e la sua ragazza ha difficoltà con il visto. Ha provato diverse volte a ottenerlo, ma si è spesso imbattuta in truffatori.

“Mi hanno detto che se non avessi pagato, la mia compagna non avrebbe ottenuto il visto Schengen. Ero disposto a fare qualsiasi cosa per portare qui la mia amata. In tre anni, ho buttato via circa 15mila euro. Quando sono arrivato in Armenia, ho capito di essere stato ingannato. Ho scoperto che la nostra famiglia non era l’unica vittima; anche altri erano stati ingannati”, spiega Vahe.

“Ogni volta che ci separiamo, il mio cuore si spezza. Ma speriamo che un giorno finalmente vivremo nella stessa casa”, aggiunge.

Vahe rifiuta l’idea che la sua compagna vada in Europa illegalmente. Dice che è un percorso estenuante, che lui stesso ha intrapreso stupidamente. “Ero molto giovane, ho fatto molte cose stupide e, senza la mia famiglia al mio fianco e il mio desiderio di imparare, non ce l’avrei fatta. Ora il mio obiettivo è comprare una casa e sposarmi in Armenia. Continuerò a gestire la mia guesthouse a Nizza, ma il mio prossimo passo è aprirne una in Armenia, dato che ora ho una notevole esperienza nel settore”, riflette Vahe.

La storia di Vahe ci ricorda che il percorso della migrazione è raramente lineare o facile. Un inizio irregolare, lavoro in nero, problemi con i documenti e un futuro incerto: questa è la realtà per molti migranti, e non tutte le storie hanno un lieto fine.

Vai al sito

I Dildilian, una famiglia armena tra storia e fotografia (Osservatorio Balcani e Caucaso 01.10.25)

Una famiglia armena il cui destino si intreccia con la fotografia e la complessa storia turca. Un’intervista a Armen Marsoobian, professore di filosofia e direttore della rivista Metaphilosophy, discendente della famiglia Dildilian e lui stesso appassionato e collezionista fotografo

01/10/2025 –  Andrea Lazzaroni Istanbul

Dove affonda le sue radici la famiglia Dildilian, di cui lei è un discendente? Da dove nasce il legame con la fotografia?

I miei antenati provenivano dall’odierna città anatolica di Sivas, l’antica Sebastia. Nei secoli si guadagnarono da vivere come fabbri, pasticcieri e calzolai. La svolta arrivò nel 1888 quando mio nonno Tsolag decise di intraprendere la professione di fotografo. Aveva inclinazioni artistiche, non si vedeva a lavorare come ciabattino nell’azienda di famiglia. Suo padre Krikor inizialmente si oppose ma ben presto desistette, regalando al figlio una camera grande formato. Dopo un breve apprendistato, Tsolag scattò la sua prima foto, un ritratto del fratellino minore Aram.

Il passaggio da amatore a professionista non fu semplice per Tsolag. Servivano attrezzature per la camera oscura e l’aiuto di un esperto. Krikor gli venne ancora una volta in aiuto, contattando un noto fotografo armeno che operava nell’allora Costantinopoli, tale Mikael Natourian. Con la promessa di una ricompensa in denaro, ottenuto ipotecando la casa di famiglia, Krikor lo invitò a trasferirsi a Sivas e gli chiese di mettere in piedi uno studio fotografico con il figlio. A quel punto Tsolag aveva tutto il necessario per cominciare la sua avventura da fotografo: era nato lo studio Natourian-Dildilian.

Ora una breve digressione. Nei territori dell’Impero Ottomano gli armeni detenevano un quasi monopolio nel settore fotografico. Come si spiega questa preponderanza?

Ci sono varie ipotesi in merito. L’avversione dell’islam sunnita nei confronti della rappresentazione di immagini frenò l’ingresso di musulmani nel nascente mercato fotografico a metà del XIX secolo, permettendo così alle minoranze di dominare il settore sin dagli albori.

Molti armeni esercitavano le professioni di farmacista e orafo, avevano quindi materiali e conoscenze per effettuare con più facilità il passaggio al medium fotografico. Le tecniche dell’epoca richiedevano infatti una certa dimestichezza con i processi chimici necessari allo sviluppo e alla stampa.

Infine non è da sottovalutare il vivace scambio culturale tra le minoranze etnico-religiose e l’Europa. Armeni, greci ed ebrei erano informati e influenzati da quanto accadeva nel vecchio continente, più di quanto non lo fossero i turchi, e l’arte fotografica non faceva eccezione.

Negli ultimi anni la storia della fotografia nell’Impero Ottomano ha conosciuto un rinnovato interesse da parte del mondo accademico, tuttavia le ricerche si sono concentrate principalmente sugli studi fotografici delle grandi città. Restano pertanto sconosciute ai più le vicende e le immagini dei fotografi che operavano nella periferia dell’impero, proprio come i Dildilian.

La storia della mia famiglia mi è cara non solo per motivi sentimentali, ma soprattutto perché si intreccia con i destini del popolo armeno in Anatolia.

Torniamo a Tsolag. Come furono gli inizi della carriera?

All’epoca tra le persone più abbienti andava di moda farsi ritrarre. Krikor era un uomo benestante, vantava conoscenze di livello. I primi clienti per Tsolag e Mikael furono proprio i notabili della zona.

La fama dello studio ben presto si sparse nelle province circostanti. Il duo nel 1890 decise di spostarsi a Merzifon, una cittadina nella regione del Mar Nero. Poco dopo il trasferimento Mikael morì, Tsolag si ritrovò quindi unico responsabile del futuro dell’attività.

A Merzifon il lavoro non mancava, grazie alla presenza dell’Anatolia College, un istituto scolastico fondato da missionari americani di fede protestante. Era un complesso che comprendeva anche un seminario, un orfanotrofio e un ospedale. La direzione del collegio aveva un continuo bisogno di immagini: cerimonie di consegna del diploma, foto di classe, per gli annuari scolastici o a fini pubblicitari.

Il rapporto di collaborazione con Tsolag divenne così intenso che nel 1894 fu assunto direttamente come fotografo ufficiale. Gli affari andavano a gonfie vele, tanto che suo cugino Sumpad aprì uno studio a Samsun. Lo stesso si può dire per la vita privata. Tsolag si sposò infatti con Mariam, una ragazza originaria di Elazığ, e fece costruire nei pressi del collegio un’elegante dimora in stile tradizionale.

Proprio in quegli anni (1894-1897) in Anatolia si verificarono i massacri hamidiani. Che cosa successe alla famiglia Dildilian?

Furono anni difficili per la minoranza armena. Nella stessa Merzifon e in tutta l’Anatolia ci furono rivolte popolari, spesso represse nel sangue da parte delle autorità ottomane. Per fortuna i Dildilian riuscirono a passare indenni quel periodo. Alcuni membri della famiglia avevano abbandonato in precedenza la Chiesa apostolica armena per passare a quella protestante, ciò garantì loro una sorta di immunità.

I Dildilian come molti altri armeni si caratterizzavano per uno spiccato spirito imprenditoriale. Avevano idee e sapevano come farle fruttare, spesso e volentieri si arricchivano, generando invidia tra la maggioranza turco-musulmana. Questo risentimento, unito a uno spirito revanscista, si ripresentò in maniera molto più cruenta dal 1915 al 1923 causando il Medz Yeghern, il Grande Crimine, la tragedia che depopolò quasi completamente l’Anatolia della presenza armena.

Quando e in che modo i Dildilian abbandonarono l’Anatolia? E come riuscirono a preservare l’archivio fotografico?

Il 6 agosto 1915 un ufficiale ottomano di alto rango avvertì Tsolag che di lì a breve ci sarebbe stato un rastrellamento. Per salvarsi rimaneva solo una possibilità, la conversione all’Islam. Non c’era tempo da perdere. Gli uomini di famiglia si recarono così nel municipio di Merzifon dove recitarono la professione di fede di fronte al muftì locale, diventando di fatto musulmani.

Per la famiglia Dildilian la quotidianità divenne un continuo compromesso. Le feste religiose venivano celebrate di nascosto. Tsolag e Aram per mantenersi dovettero prestare servizio come fotografi per le autorità politiche e persino per l’esercito. In quegli anni in Anatolia centinaia di migliaia di armeni subirono deportazioni e perirono durante le cosiddette marce della morte. Tutto attorno non c’era altro che morte e distruzione. Con l’aiuto del Near East Relief, un’organizzazione benefica americana, i due riuscirono perlomeno ad aprire un orfanotrofio, a testimonianza ci rimangono degli splendidi nonché commoventi ritratti.

Nuovi massacri a Merzifon e varie peripezie familiari spinsero poi la famiglia a trovare rifugio a Samsun. Nel novembre 1922 alcuni emissari del Near East Relief informarono Aram dell’imminente arrivo di una nave, la SS Belgravia, che avrebbe tratto in salvo quanti più profughi e orfani possibile.

In fretta e furia i Dildilian decisero di abbandonare per sempre l’Anatolia, con tutta probabilità non si sarebbe più presentata un’occasione del genere. In poco meno di 24 ore fecero le valigie e portarono con sé quante più lastre di negativi possibile, rubando spazio ad altri oggetti personali, un chiaro atto di amore verso la fotografia. Dopo un viaggio complicato, attraverso Odessa e Istanbul, sbarcarono ad Atene.

Da lì in poi la famiglia si divise: alcuni restarono in Grecia, altri emigrarono in Francia, altri ancora si ritrovarono al di là dell’oceano, finendo a far parte della vasta diaspora armena.

Una selezione di fotografie dell’archivio Dildilian in passato è stata esposta in Turchia. Cosa ci può dire in merito?

Tra il 2013 e il 2015 le città di Istanbul, Merzifon, Diyarbakır e Ankara hanno ospitato una mostra itinerante. Trattandosi di un tema delicato non è stato semplice organizzare un’esibizione del genere. Ci sono state incomprensioni con le autorità, polemiche con la stampa, ma siamo riusciti nel nostro intento. Certo in quegli anni il clima politico era più favorevole, meno ostile rispetto a oggi. Detto ciò ci tengo a ringraziare Osman Kavala, senza il suo sostegno questo progetto non sarebbe mai diventato realtà.

Vai al sito

Il Monte Ararat sta per scomparire (Montagna 01.10.25)

Dall’1 novembre il profilo del vulcano sparirà dai timbri doganali dell’Armenia. Ragioni di opportunità politica alla base della decisione. Che non è stata gradita da tutti

L’ultimo timbro doganale finito sul mio passaporto è l’unico al mondo (almeno così credo) che riporti il profilo di una montagna innevata. Anzi due. Si tratta dell’Ararat, affiancato dal Piccolo Ararat, montagna gemella ma più bassa di mille metri, disegnati come farebbe un bambino, con le loro belle cime coperte di ghiacci che paiono una glassa di zucchero. Il Paese che vanta questo timbro è l’Armenia e il fatto che l’Ararat si trovi fuori dai suoi confini e sia irraggiungibile per i suoi cittadini rende la questione alquanto misteriosa. L’Armenia, l’ho imparato attraversandola in lungo e in largo per una settimana, è una nazione piccola e molto poco abitata, attraversata da lunghissime dorsali dalle forme arrotondate, rivestite di boschi e vigneti ma più spesso steppose: parrebbero colline, tranne per l’altezza che spesso supera i 3000 metri, mentre tutti i centri abitati sorgono tra i mille (come la capitale Yerevan) e i 2000 metri di quota. Un Paese dall’aria sottile, dunque, che tocca la sua elevazione massima sull’Aragats (4095 metri) nella catena del Caucaso. Però gli occhi degli armeni sono sempre puntati oltreconfine, sui 5137 metri del vulcano più celebre del mondo, che in un tempo remoto era il cuore geografico della Grande Armenia e da oltre cent’anni, dopo una guerra perduta, è stato inglobato dal potente vicino turco.

L’Ararat era celebre anche ai tempi di Noè. Accadeva, almeno stando alla Bibbia, 6000 anni fa: il diluvio, l’arca con tutto lo zoo (tranne i liocorni, certo), e Noè che scende a terra perché finalmente ha smesso di piovere e la barca si è incagliata. Dove? Sui monti dell’Ararat, dice la Genesi. Noè aveva seicentouno anni, e la prima cosa che fece fu piantare una vite. Questo è il mito fondativo del popolo armeno (oltre che di ogni creazionista): l’Ararat e il grappolo d’uva. Entrambi sono simboli nazionali che si ritrovano su bassorilievi, banconote, francobolli, marchi pubblicitari, persino le maglie della nazionale di calcio. L’Ararat in Armenia dà il nome a una miriade di oggetti, tra cui una marca di sigarette e un famosissimo brandy. Ricorreva nello stemma della prima repubblica (1918-1920) e in quello della Repubblica Sovietica (1921-1991), così come è impresso nello stemma della giovane repubblica nata dopo il crollo del Muro.
Una montagna sacra dunque. Ma non meta di pellegrinaggi, non come possono esserlo il Monte Fuji o il Triglav, anzi. Proprio per il suo carattere divino, l’ascensione del vulcano fu a lungo guardata come un sacrilegio. Ci volle uno scienziato tedesco, Friedrich Parrot (a lui è anche intitolata una cima del Monte Rosa), per scalarlo nel 1829. Poi si susseguirono diverse spedizioni pseudo-archeologiche in cerca dell’arca, finanziate anche da gruppi evangelici e antievoluzionisti. Oggi la facile ascensione avviene solo dal versante anatolico, sotto stretto controllo militare, ma gli armeni se ne tengono alla larga perché i turchi, responsabili del genocidio del 1915 (un milione di morti), fanno ancora paura. Preferiscono guardare il loro vulcano da lontano, una candida Moby Dick che si erge dall’altopiano armeno, visibile da ogni finestra di Yerevan e dintorni.

La protezione dell’Ararat non ha risparmiato all’Armenia un ultimo sfregio della Storia: attaccati dall’Azerbaijan nel 2020, dopo tre anni di guerra e altri 7000 morti gli armeni hanno dovuto cedere un ulteriore pezzo di territorio nazionale, il Nagorno-Karabakh: il trattato di pace è stato firmato nell’agosto di quest’anno. Tra le varie clausole, e per fare un piacere alla Turchia, si è deciso che il profilo dell’Ararat sparisse dai timbri doganali. Succederà dal prossimo primo novembre. Così ora osservo il mio passaporto come una reliquia: quei due vulcani, il Grande e il Piccolo Ararat, d’ora in poi non accoglieranno più il viaggiatore che sbarca dall’aereo. Anche se resteranno per sempre impressi nel cuore di ogni buon armeno, simbolo identitario di una Grande Armenia che forse è esistita solo nel mito.

Vai al sito

Charles Aznavour: il sentimento del canto (ComunicatiStampa 01.10.2025)

Oggi è il 1° Ottobre, ed in questo giorno, nel 2018, a Mounes, in Francia, moriva il grande cantante Charles Aznavour. Era nato nel 1924 a Saint- Germain-des-Prés, Parigi, ed il suo vero nome era Chahnourt Varinag Aznavourian in quanto nato da genitori armeni. Iniziò l’attività artistica fin dall’età di 9 anni con il nome d’arte di Aznavour e venne scoperto dalla grande Edith Piaf che nel 1946 lo portò in tournee in Francia, in Canada e negli Stati Uniti. Fù subito apprezzato per le sue doti interpretative ed arrivò al successo a livello internazionale nel 1956. E’ stato cantautore ed attore ed ha vinto importanti premi internazionali sia per la musica che per il Cinema (Premio per l’interpretazione dell’Academie du Cinema Français, Premio Società Americana Compositori, Leone d’Oro al Festival di Venezia, Gran Porix National des Arts et Lettres, Grande Medaglia della canzone francese dell’Academie Française, ecc.). Ma fu anche un diplomatico (ambasciatore itinerante dell’Armenia presso l’UNESCO, Ambasciatore di Mantes-la-Jolie, Ufficiale dell’Ordine del Canada, Commendatore della Legion d’Onore, Eroe Nazionale dell’Armenia, Cittadino onorario di Montreal e di Cannes, ecc. ). Nella sua carriera scrisse più di 100 canzoni. Fu inserito nella Hall of Fame dei Cantanti e cantò in sette lingue, con grande sentimento e capacità interpretative, soprattutto sul tema dell’amore.

Questa mia opera a sanguigna, che fu esposta nella mia mostra personale allestita nel 2018 al “Lucca Jazz Donna Festival”, presso il Teatro “Artè” di Capannori (LU), è in suo omaggio e memoria.

Bruno Pollacci

Direttore dell’Accademia d’Arte di Pisa

Vai al sito

Il concerto di Torosyan e Zappa inaugura la stagione autunnale del teatro di Marmirolo (Mantovauno 10.09.25)

MARMIROLO – Il 4 ottobre parte, con la serata inaugurale, Clap! E Tutto (Ri)comincia: la stagione teatrale autunnale 2025 del Teatro Nuovo di Marmirolo che prevede un ricco calendario di eventi musicali e opere teatrali, all’insegna di un’offerta culturale variegata e dedicata a tutti.

Il concerto inaugurale vedrà protagonisti la voce di Hasmik Torosyan e il pianoforte di Giulio Zappa che ci accompagneranno attraverso un piccolo ma grande viaggio tra Italia, Francia e Armenia. Un percorso che condurrà l’ascoltatore alla scoperta di mondi lontani, ma sorprendentemente vicini nel linguaggio universale della musica.

Una voce tersa, dal timbro affascinante, quella di Torosyan, accompagnata da Zappa, artista di alta classe e raffinatezza.

Il programma di questo concerto nasce dal desiderio di unire i grandi compositori del belcanto alla musica francese e, in un ideale viaggio, spingersi fino alle suggestioni della tradizione armena. Saranno proposte le melodie immortali di Bellini, i virtuosismi di Rossini, la drammaticità di Donizetti e, accanto a questi, la dolcezza e il romanticismo esotico di Bizet.

Inizio del concerto ore 21 – Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria al numero 3493215211

A sostenere l’iniziativa Auser La Torre Marmirolo, Nuova Pro loco Marmirolo, Gruppo Manifestazioni Marmirolese, Disanima Piano, BCC Rivarolo Mantovano, Apindustria, Gruppo Tea e Mail Boxes etc

Il calendario della stagione teatrale è disponibile sul sito istituzionale del Comune di Marmirolo: comune.marmirolo.mn.it

Vai al sito

Salonicco e la memoria condivisa di armeni ed ebrei (Aurora-Israel 30.09.25)

La comunità ebraica, una delle più grandi d’Europa prima della Seconda Guerra Mondiale, fu quasi annientata nel 1943 a seguito delle deportazioni di massa ad Auschwitz. Allo stesso tempo, la comunità armena mantiene viva la memoria del genocidio del 1915, in cui più di un milione di persone furono assassinate dall’Impero Ottomano.

Questo parallelismo ha creato un legame simbolico tra le due minoranze, che per decenni hanno cercato di preservare la propria identità in un Paese a maggioranza ortodossa. Leader locali come Akis Dagazian, rappresentante della comunità armena, insistono sul fatto che la memoria condivisa sia uno strumento fondamentale per mettere in guardia dai pericoli della negazione e dell’oblio storico.

Negli ultimi anni, la Grecia ha assistito a un rinnovato interesse nel riconoscere e dare visibilità a queste comunità. Memoriali, eventi pubblici e discorsi ufficiali sono diventati spazi di rivendicazione, non solo per le vittime dell’Olocausto, ma anche per coloro che hanno subito violenze sistematiche in Armenia.

La memoria di ebrei e armeni a Salonicco viene quindi proiettata come esempio di solidarietà tra popoli che hanno subito tragedie simili. Ricordando insieme, queste comunità non solo onorano i loro antenati, ma costruiscono anche un messaggio contemporaneo contro l’odio, la discriminazione e l’indifferenza sociale.

Vai al sito

Armenia: visita Delegazione parlamentare italiana all’Assemblea NATO (GiornaleDiplomatico 29.09.25)

Jerevan, 29 set. 25 – L’Ambasciatore italiano in Armenia, Alessandro Ferranti, ha accolto nella sua Residenza, per un incontro conviviale alla presenza di esponenti dell’Assemblea Nazionale armena – fra cui la Presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Armenia-Italia Onorevole Maria Karapetyan – e di altre autorità locali e del corpo diplomatico, la Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato giunta in visita a Jerevan per partecipare al 108 ° Seminario Rose-Roth dell’Assemblea parlamentare della NATO.
La Delegazione era guidata dal Vice Presidente, on. Andrea Orsini, ed era composta anche dalla sen. Simona Flavia Malpezzi, dal sen. Alberto Losacco, dal sen. Adriano Paroli e dall’on. Luciano Cantone.
Nel corso del soggiorno in Armenia, la Delegazione ha anche visitato il Memoriale del Genocidio armeno di Tsitsernakaberd e l’annesso Museo.

Armenia tra Occidente e Russia: i rischi della politica bilanciata del governo (Notizie da Est 28.09.25)

Il primo ministro Nikol Pashinyan ha annunciato un nuovo obiettivo strategico per il suo governo — la creazione di una “Quarta Repubblica dell’Armenia”. Per raggiungere questo obiettivo, il partito al potere mira a vincere le elezioni parlamentari del 2026 e intensificare gli sforzi per entrare nell’Unione Europea. Allo stesso tempo, le autorità affermano di non voler ostacolare questo processo di cooperazione regionale o una politica estera “bilanciata”. Pashinyan ha descritto le relazioni Armenia–Russia come “in una fase di trasformazione, grazie a un dialogo costruttivo”, e dice di pianificare di rafforzare i legami con Mosca.

Tuttavia, il concetto del governo non gode di sostegno unanime nella società né tra gli esperti.

Commenta l’analista politico Lilit Dallakyan sui rischi della cosiddetta “politica equilibrata” e sulla possibile compatibilità tra integrazione europea e regionalizzazione, entrambe incluse nella strategia di politica estera dell’Armenia.

  • Pashinyan: “La democrazia dell’Armenia è una realtà, non la benevolenza delle autorità”
  • L’Armenia avvierà il processo di adesione all’UE mentre il parlamento sostiene l’iniziativa della società civile
  • Ministro dell’economia: ‘L’Armenia non scambierà l’EAEC per un altro blocco, cerca l’indipendenza’

Un’“agenda falsa” per la Quarta Repubblica

“L’idea di una ‘Quarta Repubblica’ mi lascia perplesso. Se seguiamo la logica numerica, l’Armenia sovietica non era indipendente e quindi non può essere considerata la Seconda Repubblica. In tal caso, l’Armenia odierna è la Seconda Repubblica, non la Terza. Quindi Pashinyan dovrebbe proclamare non una Quarta, ma una Terza Repubblica dell’Armenia.

Inoltre, quando i nostri vicini si presentano come successori delle loro Prime Repubbliche, appare strano che l’Armenia promuova l’idea di una Quarta. È semplicemente un’agenda artificialmente imposta.”

“Dichiarazione sulla Quarta Repubblica dell’Armenia: cosa prevede il partito al potere”

Secondo gli esperti armeni, il primo ministro Nikol Pashinyan, che guida il partito al potere, sta “prendendo misure per rimanere al potere.”

Regionalizzazione — un’agenda imposta

“Sono fortemente contrario alla regionalizzazione. In un mondo globalizzato di oggi, la nozione stessa di regioni ha perso di significato. La regionalizzazione avvantaggia Russia e Turchia, che vogliono trattenere l’Armenia nel formato ‘3+3’ — cosa che trovo inaccettabile.”

Il quadro ‘3+3’ per le questioni regionali è stato proposto dalla Turchia. Da una parte riunisce Turchia, Iran e Russia; dall’altra Armenia, Azerbaijan e Georgia. Ankara usa questo formato per rafforzare il proprio ruolo nella regione. Per Mosca, è un modo per prendere decisioni nel Caucaso meridionale senza l’Occidente. Teheran sta cercando di riconquistare l’influenza perduta negli ultimi anni.

L’Azerbaigian sostiene l’iniziativa del suo ‘fratello maggiore’. Il governo della Georgia rifiuta di partecipare a qualsiasi formato che includa la Russia. L’Armenia inizialmente ha accettato di discutere solo le questioni che in questo formato non potevano essere affrontate altrove. Il primo incontro si è svolto nel novembre 2023 a Teheran.

Il mondo non è più diviso in regioni. Gli Stati Uniti, ad esempio, svolgono un ruolo attivo nel Sud-Est asiatico, anche se non è la loro sfera di influenza immediata. La Russia, pur lontana da Venezuela, Africa o Libia, cerca di estendere la propria influenza anche lì. In questo contesto, l’Armenia sta cercando di inserirsi in un quadro regionale — che, a mio avviso, è un errore.”

“Vertice storico”: Armenia e Azerbaijan firmano documenti con la mediazione di Trump

A seguito dell’incontro trilaterale tra il presidente degli Stati Uniti e i leader dell’Armenia e dell’Azerbaigian, è stata anche raggiunta un’accordo per sbloccare le comunicazioni regionali. Tutti i dettagli seguono

 

Trump–Pashinyan–Aliyev meeting in USA

 

European integration — in conflict with regionalisation

“Le autorità armene avevano dichiarato in precedenza l’intenzione di entrare nell’UE e di ritirarsi dal blocco militare CSTO guidato dalla Russia. Ma il discorso attuale del governo sembra un passo indietro rispetto a tali ambizioni.

Per presentare in parlamento una proposta di avvio del processo di adesione all’UE, un gruppo di iniziativa ha raccolto 60.000 firme, superando le 50.000 richieste. A gennaio 2024, il governo ha approvato la legge e l’ha inviata all’Assemblea Nazionale. A febbraio 2025, il parlamento ne ha dato l’ok.

L’integrazione europea e la regionalizzazione sono incompatibili, specialmente data la crisi nelle relazioni tra Occidente e Russia. Ai tempi di Obama, quando gli Stati Uniti cercavano un dialogo con la Russia, un simile approccio avrebbe potuto sembrare rilevante. Ma oggi l’Europa è in uno stato di Guerra Fredda con la Russia. E prima o poi, l’amministrazione Trump capirà che o gli USA svolgono il ruolo di egemone globale o perdono la loro posizione. In questo contesto, parlare di una politica di complementarità risulta strano e inappropriato.

Sono contrario a decisioni affrettate come il ritiro immediato della base militare russa dall’Armenia. Sì, va rimosso, ma questo richiede tempo e preparazione. Allo stesso tempo, ciò non significa che l’Armenia possa continuare a cercare di giocare su entrambe le sponde. Un tale approccio è impossibile.”

“Armenia senza stivali russi”: cresce la richiesta di ritiro della base militare russa

Sulle proteste a Gyumri, dove si trova la base; come è stata istituita in Armenia; i crimini commessi dai suoi soldati; e come la questione del suo ritiro potrebbe essere risolta nell’ambito dell’accordo

 

 

Diversificazione dell’economia invece di dichiarazioni contraddittorie

“I membri del partito al potere considerano la Russia una minaccia per l’Armenia. Il presidente dell’Assemblea, Alen Simonyan, sostiene che Mosca, con il sostegno dell’opposizione armena, stia facendo tutto il possibile per ostacolare la firma di un accordo di pace con l’Azerbaigian. A questo punto sorge la domanda: come possono le autorità al tempo stesso parlare di legami più stretti con la Russia?”

“Da un lato, i rappresentanti del governo parlano della necessità di restituire al controllo statale la rete ferroviaria e la rete elettrica — attualmente gestite dalla Russia —, di abbandonare i piani per una centrale nucleare costruita da aziende russe e di diversificare l’economia. Dall’altro, fanno dichiarazioni sul rafforzamento dei rapporti con Mosca. Si tratta di una chiara contraddizione.”

“Perché dichiarare il desiderio di superare la dipendenza da un polo geopolitico specifico e, allo stesso tempo, promettere di approfondire i legami con la Russia? L’economia e le infrastrutture dell’Armenia sono già in gran parte controllate dalla Russia. La chiusura della strada di Upper Lars provocherebbe immediatamente un collasso economico. E se il riavvicinamento alla Russia è necessario per affrontare questi problemi, le autorità dovrebbero dirlo.”

“Dovrebbero riconoscere che gli Stati Uniti non sono entrati nella regione come attore significativo. E dovrebbero smettere di affermare quotidianamente che la Russia se ne sia andata. Non se n’è andata.”

Lavrov a Erevan: diplomazia tradizionale, atmosfera non convenzionale

Il ministro degli esteri russo è giunto nella capitale armena con un fitto programma di colloqui e apparizioni pubbliche. Tuttavia, la sua visita è stata offuscata da un flash mob anti-Putin organizzato davanti all’Ambasciata russa, lungo la strada dell’aeroporto — e online.

 

Lavrov’s visit to Yerevan and the unconventional welcome: details

 

Il governo sta abbandonando l’integrazione europea?

“Le autorità armene parlano di una politica equilibrata, che nella pratica significa rifiutare una piena integrazione europea per non scontentare la Russia. Eppure Pashinyan aveva in precedenza affermato che l’Armenia potrebbe unirsi all’UE ‘domani stesso’. Questo significa che il pubblico è stato nutrito di informazioni false per anni. Se le autorità non hanno mai pianificato l’integrazione, non avrebbero dovuto ingannare la gente.”

Ci sono due spiegazioni possibili. O l’Europa non è pronta ad accogliere l’Armenia nella sua famiglia — sebbene la visita della commissaria all’allargamento dell’UE, Marta Kos, suggerisca il contrario — oppure la Russia sta facendo pressione sulle autorità affinché cedano. In ogni caso, Pashinyan deve spiegare chiaramente cosa sia cambiato.

Non c’è unità all’interno del partito Civil Contract al potere: alcuni dicono una cosa, altri il contrario. La società civile, che ha avviato la petizione per l’integrazione UE, sostiene una terza opinione, con una parte che apertamente sostiene Pashinyan.

Le ragioni del ritiro dall’integrazione non sono chiare. Forse le autorità non sono disposte a perseguire riforme, oppure l’Occidente non è in grado di controbilanciare efficacemente la Russia. Non è nemmeno chiaro cosa offra l’Europa stessa — ad esempio se sia pronta a sostenere l’Armenia nello stesso modo in cui ha sostenuto Moldova se Yerevan lascerà l’Unione Economica Eurasiatica guidata dalla Russia.

La mia esperienza nel partecipare a dibattiti parlamentari sull’integrazione ha solo rafforzato la mia convinzione che l’Armenia non abbia intenzione di unirsi all’UE. Le dichiarazioni di funzionari, tra cui Arman Yeghoyan, capo della commissione permanente dell’Assemblea Nazionale sull’integrazione europea, secondo cui l’Armenia rimarrà nell’EAEU, mi sono sembrate parte di un teatro politico messo in scena dalle forze pro-europee e dalla società civile pro-occidentale.

Quella stessa società civile, che supposedly guida il processo e incontra i rappresentanti europei, non chiede mai a Pashinyan la domanda principale: quale corso ha scelto, e perché? Per me era chiaro fin dall’inizio che le autorità non avevano alcuna intenzione di perseguire l’integrazione. È solo uno strumento per vincere le elezioni, un tentativo di sfruttare la disillusione del pubblico armeno verso la Russia. La retorica del governo è pro-europea, ma la politica è l’opposto.”

Armenia begins EU accession process: No answer on whether it is welcomed in Europe

Il processo è stato avviato da politici filo-occidentali e le autorità hanno sostenuto la loro iniziativa nonostante le proteste dell’opposizione. Secondo i sondaggi, la maggior parte della popolazione desidera anche unirsi all’Europa, anche se non tutto è chiaro alle persone ancora.

 

Armenia's EU accession prospects

 

The ruling party adopts the methods of its predecessors

“Inside Civil Contract, an artificial divide is being created between a pro-Russian and a so-called pro-Western wing. Pro-Russian figures, such as Armenia’s deputy prime minister Mher Grigoryan, openly state that Armenia has no intention of leaving the Eurasian Economic Union. At the same time, those labelled pro-Western argue for quitting the EAEU and integrating with the EU.

Questa situazione ricorda la politica del terzo presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, quando diversi gruppi all’interno del governo crearono l’apparenza di posizioni conflittuali. Oggi una parte del partito al potere dice una cosa, un’altra dice il contrario, mentre Nikol Pashinyan cambia quotidianamente la sua retorica.

La Costituzione non è mutata dai tempi di Sargsyan, e il suo modello di governo è stato proiettato sulle autorità di oggi. Tutte le decisioni chiave sono prese da una sola persona — Nikol Pashinyan, che si definisce “il governo”.

Non chiedo all’Armenia di lasciare immediatamente l’EAEU o di entrare nell’UE domani. Chiedo alle autorità di essere oneste con la gente. Le dichiarazioni di Pashinyan sono contraddittorie: parla di pace, ma poi chiama la Russia una minaccia; sostiene che la dichiarazione del 9 novembre 2020 che ha posto fine alla guerra del Nagorno-Karabakh non è più valida, ma non ritira la firma dell’Armenia; promette che il paese potrebbe diventare membro dell’UE, poi cita vincoli regionali che presumibilmente ostacolano l’integrazione; dice che le autorità precedenti devono essere punite, ma allo stesso tempo le scusa.

Ogni volta che i loro rating scendono, le autorità armene inventano nuovi slogan populisti. Con l’avvicinarsi delle elezioni, aumentano le tensioni e polarizzano deliberatamente il campo politico per distrarre dai loro fallimenti e conservare la lealtà degli elettori.”

Pashinyan remains Armenia’s most trusted politician, but his approval rating has declined: IRI poll

Secondo un sondaggio dell’International Republican Institute (IRI), il ministro degli esteri Ararat Mirzoyan detiene il secondo indice di fiducia tra i politici armeni, seguito dall’ex presidente Robert Kocharyan al terzo posto

Vai al sito