Cyfest, il festival russo itinerante di arte e nuove tecnologie va in Armenia (Atribune 28.08.23)

Sarà in Armenia la quindicesima edizione del Cyfest, importante festival di arte e tecnologia fondato in Russia, a San Pietroburgo, nel 2007, da artisti e curatori indipendenti, e dal 2013 divenuto un evento itinerante. In programma dal 2 al 18 settembre in diversi luoghi della capitale Yerevan (Centro Culturale HayArt, Giardino Botanico, Istituto di Arte Contemporanea), accoglierà come sempre artisti, curatori, ingegneri e programmatori di tutto il mondo, con l’obiettivo di avvicinare il pubblico alle opere nel campo della robotica, della video art, della sound art e della net art.

Il concept della quindicesima edizione del Cyfest in Armenia

Gli artisti, che dovranno confrontarsi con il concept del festival di quest’anno – Vulnerability (anti)fragilità del corpo umano e non umano – sono stati invitati a realizzare delle opere di riflessione sugli spazi biologici, sociali e cibernetici, su storie e scenari del futuro, nonché a confrontarsi con un mondo in stato di transizione. “La vulnerabilità è una qualità naturale di ogni essere umano” spiegano Elena Gubanova e Silvia Burini, co-curatrici del festival insieme a molti altri, tra cui Valentino Catricalà, curatore della MODAL Gallery alla SODA-School of Digital Art di Manchester e responsabile dell’aerea digitale de La Quadriennale di Roma. “Il riconoscimento della propria vulnerabilità rende più forti. Esprimere i propri desideri, rivalutare i confini personali e porre domande sono azioni che implicano un certo rischio, ma aiutano anche a superare la paura di essere rifiutati o incompresi. Ci preparano a immergerci nel vuoto senza paura, ma anche senza false speranze. Riconoscendo la nostra vulnerabilità, scopriamo anche la nostra capacità empatica: questo alimenta la nostra responsabilità etica verso gli altri, la società e l’ambiente”.

259° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il crudele e malvagio genocidio è originato e alimentato dall’empatia zero (Korazym 27.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.08.2023 – Vik van Brantegem] – Per caprie la crudeltà e la malvagità di colui che ha ordinato e fomenta il demoniaco e mostruoso genocidio armeno 2023, ci aiutano due libri: La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme di Hannah Arendt (Feltrinelli 2003. Edizione originale: Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil, 1963) e La scienza del male. L’empatia e le origini della crudeltà di Simon Baron-Cohen (Raffaello Cortina Editore 2012. Edizione originale: The Science of Evil. On the Empathy and the Origins of Cruelty, 2011).

«Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso». Il Male che Eichmann incarna appare a Hannah Arendt “banale” e perciò tanto più terribile, perché i suoi servitori più o meno consapevoli non sono che piccoli, grigi burocrati. I macellai di quel secolo non hanno la “grandezza” dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci somigliano.

I nazisti trasformavano la pelle gli Ebrei sterminati in paralumi e il copertine per album di foto. Il neuropsichiatra Simon Baron-Cohen Questo evidenzia che questo significa che erano in grado di trattare degli esseri umani come oggetti. Questo tipo di atteggiamento verso gli altri è quello che, generalmente, è descritto come “crudeltà”, chiamando “malvagio” chi compie l’atto in questione. Ma, argomenta Baron-Cohen, né “crudeltà” né “malvagio” possono essere considerati dei termini scientifici, dotati di potere esplicativo. Per questa ragione, “la scienza del male” viene connotata da Baron-Cohen come l’opera che tenta di ricondurre questi concetti a più solidi termini scientifici. A fornire la chiave di lettura della teoria è la definizione di “empatia” come capacità di passare dall’attenzione rivolta ad un singolo soggetto (se stessi) ad una rivolta a due, ovvero, come l’abilità di effettuare un processo che permette di riconoscere i pensieri e le emozioni dell’altro per poi essere in grado di agire di conseguenza.

Simon Baron-Cohen ha individuato sette livelli di empatia da 0 a 6. Le persone a empatia zero descritte da Baron-Cohen, incapaci di provare empatia, non hanno considerazione di nessuno, disinteressate agli altri, fredde e calcolatrici, che non hanno a cuore la vita umana, macchine per uccidere. La “erosione empatica” è presente in coloro che sono portatori di vendetta, di rabbia incontenibile, di odio, di un vero e proprio desiderio di fare del male all’altro o nella migliore delle ipotesi di considerare una persona solo un mezzo per soddisfare i propri bisogni. Le persone che rientrano in questa categoria possono essere definite come persone con “empatia spenta o zero”, sintonizzate esclusivamente sulla “modalità io” che li spinge a rapportarsi ad altri come se fossero cose e non essere viventi con un’anima e sentimenti.

Lo stato d’animo di una persona al grado zero di empatia non è transitorio ma permanente, è incapace di provare empatia. È sempre nella “modalità io”, imprigionato nell’essere concentrate su di sé, sprovvisto di strumenti adeguati per guardarsi dentro e conoscersi. Non ha consapevolezza di come ci si relaziona con gli altri, non comprende le ragioni per cui i rapporti non funzionano e sviluppa un profondo egoismo, pensieri e sentimenti altrui non vengono intercettati e percepiti e si preoccupa solo delle proprie ragioni come chiusa in una bolla impermeabile. Crede di essere completamente nel giusto circa le proprie idee e convinzioni e giudica in errore chiunque non le condivida. Vive un’esistenza solitaria, una vita condannata all’insegna del fraintendimento e dell’egoismo, senza freni al proprio comportamento, libera di perseguire qualunque comportamento e desiderio, inconsapevole delle conseguenze delle proprie azioni e parole, e non prova alcun rimorso. Può diventare violento e aggressivo, non solo a parole ma commettere atti di crudeltà, essere insensibili verso gli altri, socialmente isolati e arrivare a commettere crimini.

Le persone al grado zero di empatia sono definite “negativo zero” poiché non hanno nulla di positivo di cui vantarsi, sono cattive verso chi soffre e verso coloro che le circondano. Le persone negativo zero sono possono essere del tipo borderline, narcisista o psicopatico.

La persona negativo zero del tipo psicopatico condivide con quella del tipo borderline una totale preoccupazione per se stessa, ma a differenza del borderline, lo psicopatico è disposto a fare qualunque cosa pur di soddisfare i propri desideri. Mostra reazioni violente di fronte al più piccolo ostacolo o può essere freddo e crudele pur di raggiungere i suoi obiettivi. Le sue aggressioni sono provocate non da una minaccia ma dal bisogno di dominare o di ottenere ciò che vuole, completamente distaccato dai sentimenti degli altri, a volte con il piacere nel vedere soffrire qualcuno. Lo psicopatico mostra una totale mancanza di empatia e di comprensione dell’impatto del proprio comportamento sull’altro, connotato da un totale egocentrismo. È una persona amorale, non mostra reazioni emotive di fronte al disagio degli altri e non teme le punizioni.

Con questo è stato tracciato alla perfezione il ritratto di colui che ha ordinato il crudele e malvagio genocida #ArtsakhBlockade, all’interno di un’architettura, che permette di valutare in modo scientifico, quindi oggettivo, le parole e le azioni di colui che incarna il Male a.D. 2023 nel Caucaso meridionale e sarebbe stato invidiato da Stalin, Hitler e Pol Pot, degno erede dei Tre Pascià del genocidio armeno 1915.

Ilham Aliyev sotto pressione

Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha fatto capire di ricevere forti pressioni, dopo l’intervista con Le Point del Presidente francese, Emmanuel Macron [QUI]. In questa intervista Macron ha criticato aspramente la politica anti-Artsakh dell’Azerbajgian, che ha portato alla fame 120.000 Armeni nell’Artsakh. Ha condannato il blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, definendolo inaccettabile. Ha sostenuto la sovranità del popolo e che non è più il momento della diplomazia. Ha osservato che il ruolo della Francia nell’accesso umanitario è quello di esercitare pressioni. «Continuiamo ad adottare misure per garantire la consegna di cibo e medicine e mantenere il libero accesso al Nagorno-Karabakh. Inoltre, i confini dell’Armenia sono a rischio», ha affermato Macron.

Oltre alla Francia, anche l’Unione Europea ha annunciato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che la strada di Aghdam non può essere un’alternativa al Corridoio di Lachin. Dal 12 dicembre 2022 ad oggi, il Segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, ha più volte parlato con il Presidente dell’Azerbajgian e lo ha invitato ad aprire il Corridoio di Lachin. Gli Stati Uniti hanno ribadito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l’appello ad aprire il Corridoio di Lachin, aggiungendo “e un punto” alla fine della frase.

Aliyev ha dichiarato che Baku ha installato il checkpoint nel Corridoio di Lachin (nei pressi del ponte Hakari) in conformità con il “diritto internazionale” e ha ammesso che a causa di questa mossa, l’Azerbajgian era sotto pressione. «Ce l’abbiamo fatto, dimostrando ancora una volta volontà, coraggio, fiducia in noi stessi», ha detto Aliyev in un discorso durante una visita nella regione di Lachin occupata. Ha detto che a causa dell’apertura del checkpoint, l’Azerbajgian ha dovuto affrontare forti pressioni e minacce: «Questo continua ancora oggi. Nell’ambito di varie organizzazioni internazionali, l’Armenia e altri Paesi simili stanno ordendo varie cospirazioni contro di noi. Ma niente può farci deviare dal nostro percorso». Ha affermato ancora una volta che l’istituzione del checkpoint nel Corridoio di Lachin è «un completo ripristino dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian». Ricordiamo che questa decisione è una violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e dell’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, di garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) tra Armenia e Artsakh.

Con le sue affermazioni, Aliyev ha esternato che è orgoglioso della sua volontà e del suo coraggio, grazie ai quali ha potuto resistere alle pressioni dei Paesi occidentali. È un classico modo di pensare autocratico e negativo zero, come abbiamo illustrato prima. Ciò dovrebbe dare agli Stati Uniti, all’Unione Europea e ad altri Paesi del mondo occidentale un motivo per riflettere sulle proprie posizioni. Un’autocratico negativo zero come Aliyev scredita i loro sforzi per risolvere un problema umanitario. Il Presidente dell’Azerbaigian vuole significare che è capace di resistere alle richieste degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

Aliyev scredita l’Occidente.

Aliyev scredita le norme del diritto internazionale quando la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite gli ha ordinato di aprire il Corridoio di Lachin, e l’Azerbaigian non la rispetta.

Aliyev scredita la sua propria firma all’Accordo trilaterale del 9 novembre 2020.

Aliyev scredita il diritto umanitario internazionale.

Le azioni (non solo le parole) di Aliyev sono è una sfida al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, i cui membri hanno l’obbligo di garantire l’esecuzione delle decisioni dei tribunali.

Insieme ai Russi e i Turchi, Aliyev si fa beffe dell’Occidente e non vengono prese contromisure. Sono necessari passi concreti, energici e risolutivi, se l’Occidente non è d’accordo con la prospettiva di essere screditato dall’Azerbajgian, dalla Turchia e dalla Russia.

«Una delle migliaia di storie tristi del blocco dell’Artsakh. Arsen, 13 anni, il 25 agosto ha scritto per la terza volta il suo nome sulla lista della fila per il pane. Purtroppo tornò a casa senza pane. Nella foto sono le 01.42 ma non c’è ancora pane, aspettando il suo turno al numero 252. P.S. Ieri è nelle prime pagine della coda, avantieri era al numero 1.620» (Ani Abaghyan, giornalista di Artsakh).

Chiedo: trovate normale che un ragazzo di 13 anni deve stare in fila notte dopo notte per una pagnotta di pane per decisione dello psicopatico di Baku? E se non lo trovate normale, perché rimanete fermi e non fate niente? PS non basta esporre la bandiera dell’Ucraina per essere buoni.

«Questa nonna ha avuto la fortuna di comprare 2 pagnotte di pane oggi, dopo aver aspettato in fila tutta la notte. Adesso sta riposando per poter tornare a casa a piedi, dato che i trasporti pubblici non funzionano a causa del blocco dell’Artsakh» (Vahagn Khachatryan, giornalista di Artsakh).

«La mia mattinata insonne è bella. Ho preso il pane» (N Sarkisian, studente di Artsakh).

«Stare in fila per ore sotto la pioggia solo per prendere del pane. #ArtsakhBlockade giorno 258» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance di Stepanakert).

Una delle migliaia di storie di resilenza del blocco dell’Artsakh. «Gli abitanti della città di Chartar nella provincia di Martuni hanno inviato a Stepanakert la loro terza spedizione di doshab (sciroppo denso a base di gelsi o uva) e korkot (grano spezzato). Doshab e korkot sono stati assegnati a 200 famiglie di via Sasuntsi Davit a Stepanakert. Ogni famiglia ha ricevuto 1 kg di korkot e 0,5 l di doshab. Lo sforzo è stato reso possibile grazie all’assistenza sia degli impiegati del comune di Chartar, che di volontari. Condividono quel poco che hanno dei frutti del raccolto, nella fame e nella sofferenza dell’Artsakh assediato.

«I residenti di Chartar condividono il loro korkot e doshab con i residenti di Stepanakert» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance di Stepanakert).

«Ritorno dal XXI secolo al passato. #ArtsakhBlockade. Gli abitanti dei villaggi portano i loro raccolti a Stepanakert per la vendita» (Irina Hayrapetyan, giornalista della Repubblica Invisibile).

Fila per l’acqua a Stepanakert. Ormai, si fa la fila per tutto in Artsakh. L’avete capito ormai, spero.

Traduzione italiana dall’arabo della “Dichiarazione del battaglione Nubar Ozanyan degli Armeni di Rojava [*] contro il #ArtsakhBlockade organizzato dall’Azerbaigian in cooperazione con la Turchia per respingere l’assedio del Karabakh”
“Dall’Artsakh e l’Armenia al Rojava, gli Armeni hanno lo stesso nemico!”

In nome della forza militare armena e in nome del popolo armeno nella Siria del Nord-Est, dichiariamo di stare a fianco del nostro popolo armeno nell’Artsakh assediato.
Dopo che l’Azerbajgian fu in grado di occupare gran parte dell’Artsakh e di separare completamente la regione dallo Stato armeno, rimase solo un corridoio per la popolazione dell’Artsakh nella regione (il Corridoio di Lachin, unico collegamento con l’Armenia degli oltre 120.000 Armeni che vivono nell’Artsakh). Da lungo tempo, lo Stato azerbajgiano ha imposto un blocco soffocante all’Artsakh assediato e ha chiuso il valico di Lachin, impedendo l’ingresso di cibo e forniture mediche ai residenti dell’Artsakh.
Lo Stato azerbajgiano persegue in questo modo la sua politica disumana realizzando le sue intenzioni malvagie, che mirano ad eliminare l’Artsakh ed espellere gli Armeni dalle loro terre, facendoli morire di fame e impedendo l’ingresso di generi alimentari, occupando così le terre e minacciando la capitale Yerevan.
Lo Stato azerbaigiano persegue una politica di blocco contro il popolo armeno senza tener conto delle norme e delle leggi del diritto internazionale. Il secondo principio della Convenzione del 1948 intende prevenire e punire il crimine di genocidio, così come garantire il diritto internazionale umanitario, che impedisce ai conflitti armati di colpire i civili che non partecipano alle ostilità, oltre al diritto internazionale che protegge la vita umana individuale e collettiva. Lo Stato azerbaigiano ignora tutte queste leggi e continua a bloccare e impedire l’arrivo di generi alimentari e a imporre la fame e lo sfollamento agli Armeni dell’Artsakh, nonché operazioni militari intermittenti, cecchini che minacciano la vita dei civili con l’obiettivo della pulizia etnica. Tutte queste pratiche sono considerate crimini contro l’umanità, e queste pratiche non sono più solo un tentativo di sterminio, ma sono ormai nella fase di esecuzione di un genocidio. La continuazione dello status quo porterà ad una catastrofe umanitaria e il mondo sarà testimone nel XXI secolo di un nuovo genocidio contro il popolo armeno. Pertanto, gli autori di questi crimini devono essere puniti e l’aggressore deve essere fermato.
Dichiariamo ancora una volta, in nome della forza militare armena nella Siria del Nord-Est e in nome del martire Tokay Nubar Ozanian, di stare a fianco del nostro popolo armeno nell’Artsakh e il nostro rifiuto della politica azera di assedio dell’Artsakh.
Libertà per il nostro popolo armeno.
Forza militare armena martire Tokay Noubar Ozanyan

[*] L’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est, anche nota come Siria del Nord-Est o Rojava (che in lingua curda significa Occidente), è una regione autonoma de facto nel nord-est della Siria, non ufficialmente riconosciuta dal governo siriano. Si trova ad ovest del Tigri lungo il confine turco e confina con il Kurdistan iracheno a sud-est. Costituitasi a partire dal 2012 inizialmente in aree a maggioranza curda, nel contesto della guerra civile siriana, la regione si estese progressivamente anche ad aree a maggioranza araba, assira e turcomanna precedentemente occupate dallo Stato Islamico, integrandone le comunità.
L’organo legislativo di Rojava è rappresentato dal Consiglio Democratico Siriano, mentre le Forze Democratiche Siriane ne rappresentano l’ala militare, nel cui ambito il 24 aprile 2019 è stato costituito il battaglione Nubar Ozanyan, forza di autodifesa armena composto da donne e uomini.
Nel gennaio 2020 è stato formato il Consiglio Armeno come organizzazione civile del popolo armeno in Rojava. Assiste gli Armeni musulmani, che furono assimilati arabi o curdi dopo il genocidio armeno e che hanno bisogno di imparare la propria lingua madre e conoscere la propria storia. Il Consiglio svolge un ruolo importante nel riportare in vita la cultura armena, organizzando sia gli Armeni cristiani che gli assimilati musulmani. Mira a organizzare il proprio popolo e collaborare con la rivoluzione del Rojava, nell’ambito dell’autodifesa e della conquista democratico-culturale.

Il secondo aereo di Yevgeny Prigoozhin, che è atterrato a Baku

Come abbiamo riferito il 25 agosto 2023 [QUI], il secondo business jet di Yevgeny Prigozhin, che era tornato a Mosca dopo lo schianto del primo nella regione di Tver, poi si è diretto a Azerbajgian, il 24 agosto è atterrato a Baku, senza comprende ancora cosa significa e chi era a bordo.

Ieri, 26 agosto 2023, il sito Avia-pro.it ha riferito [QUI]: «La famiglia di Prigozhin lasciò il territorio della Russia, volando in Azerbaigian
Secondo fonti non ufficiali, la famiglia del defunto fondatore della compagnia militare privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, avrebbe potuto lasciare la Russia. Queste informazioni lasciano più domande che risposte, soprattutto considerando che la famiglia Prigozhin ha sempre evitato l’attenzione del pubblico. “Il contatto con la sua famiglia è sempre stato il più limitato possibile”, — sottolineano gli addetti ai lavori. Si è anche saputo che i soci di Prigozhin, Andrei Troshev e Andrei Bogatov, sono sotto la supervisione delle forze dell’ordine. Tuttavia, si dice che “non siano isolati o detenuti”. Nel contesto di queste informazioni, è particolarmente degno di nota il fatto che l’aereo, precedentemente associato a Yevgeny Prigozhin, abbia volato da Mosca a Baku. Non è ancora stato confermato se a bordo fossero presenti membri della sua famiglia. È importante notare che tutte queste informazioni non hanno conferma ufficiale e finora rimangono nell’ambito della speculazione. Tuttavia, il loro aspetto può indicare possibili cambiamenti all’interno delle strutture».

A questo possiamo aggiungere, che ci è stato riferito che – secondo fonti informati – «da alcuni mesi la famiglia di Prigozhin ha lasciato la Russia». Rimane il mistero chi era a bordo di quell’aereo atterrato in quel posto e il perché.

Segnaliamo

– Guardate al Nagorno-Karabakh! di Ronya Othmann – Frankfurter Allgemeine Zeitung, 26 agosto 2023 [QUI]: «Non c’è quasi nulla di più terribile del genocidio. Ecco perché è anche conosciuto come il “crimine di tutti i crimini”. E poiché non c’è quasi nulla di più terrificante, il termine è molto potente – e quindi talvolta viene abusato. Putin, ad esempio, sostiene che in Ucraina è in corso un genocidio contro i Russi, giustificando così una guerra di aggressione propagandistica che viola il diritto internazionale. Gli estremisti di destra Turchi, invece, non solo negano il genocidio degli Armeni, ma diffondono anche la voce che in realtà è avvenuto il contrario: gli Armeni hanno ucciso i Turchi, mentre i Turchi avrebbero dovuto difendersi. È una difesa contro la colpa e un’inversione carnefice-vittima. Per la storica americana Deborah Lipstadt, la negazione è la fase finale del genocidio. Dice: “Ci sono fatti, ci sono opinioni e ci sono bugie”. Ora il genocidio è un fatto, un dato di fatto. E non è una questione di prospettiva. (…) È anche un dato di fatto che gli Armeni sono già stati vittime di un genocidio che Turchia e Azerbajgian negano fino ad oggi. Negli ultimi anni il dittatore azerbajgiano Aliyev ha pronunciato frasi come questa: “Li cacceremo come cani” – intendendo gli Armeni. Tutto ciò, si potrebbe pensare, dovrebbe essere un motivo sufficiente per lanciare l’allarme. “C’è pericolo di genocidio?”, titolano i media tedeschi. Che ci sia o meno una minaccia di genocidio, la situazione nel Nagorno-Karabakh è insostenibile. Bloccare le forniture umanitarie e le ambulanze è un crimine. Con la prevenzione è così: se puoi buona ragione chiamare qualcosa genocidio, è sempre troppo tardi».
Ecco, l’ultima frase all’attenzione di coloro che, come il Presidente francese Macron, che nell’intervista con Le Point invita di evitare “di usare questo termine [genocidio] affrettatamente”. Ovviamente, finché non è troppo tardi per evitarlo e Macron è d’accordo di usare il termine genocidio. Speriamo, perché se non si muove per evitarlo, sarà complice.

– Prigionieri politici in Armenia di Davit Beglaryan – 301.am, 26 agosto 2023 [QUI]: «Sebbene c’è poco o nessun aggiornamento relativo ai prigionieri di guerra armeni tenuti prigionieri a Baku per oltre 1.000 giorni, il governo armeno ha tranquillamente riempito le proprie prigioni reprimendo qualsiasi forma di opposizione politica. Oggi ci sono più di una dozzina di prigionieri politici dei partiti di opposizione detenuti con accuse futili, più di quelli dei due precedenti governi messe insieme. All’inizio di quest’anno, sia Google che Apple hanno avvertito che il governo armeno sta utilizzando attivamente il software di hacking telefonico israeliano Pegasus per spiare personaggi politici nel Paese.
I principali media in Armenia hanno fornito poca o nessuna copertura sullo status e sull’enorme numero di prigionieri politici detenuti dal governo armeno. Oltre agli arresti, a oltre una dozzina di leader politici e comunitari che hanno criticato l’inerzia del governo armeno in relazione al disastro umanitario nell’Artsakh è stato impedito l’ingresso nel Paese. Tuttavia, organizzazioni straniere come Freedom House continuano a considerare l’Armenia come “libera”.
Oggi diverse persone, tra cui Mamikon Aslanyan, Suren Manukyan, Mikayel Arzumanyan, Grigory Khachaturov e Armen Ashotyan, sono tenuti prigionieri politici in Armenia.
È importante notare che prigionieri politici sono persone che sono stati incarcerati o detenuti a causa delle loro convinzioni, attività o affiliazioni politiche piuttosto che per qualsiasi comportamento criminale. Sono spesso detenuti da un governo o da un’autorità dominante come mezzo per reprimere il dissenso, l’opposizione o l’attivismo che sfida l’ordine politico costituito. La detenzione di prigionieri politici è generalmente considerata una violazione dei diritti umani e una violazione di principi quali la libertà di espressione, riunione e associazione».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Artsakh. Genocidio di cristiani armeni in corso. A chi interessa? (II) (Stilum Curiae 26.08.23)

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, pubblichiamo la seconda parte dello studio condotto dal dott. Luis Moreno Ocampo, già Procuratore della Corte Penale Internazionale sulla crisi in corso ormai da mesi in Artsakh (Nagorno Karabagh). La prima parte è a questo collegamento. E a questo collegamento trovate l’indice degli articoli pubblicati da Korazym su questo argomento. Buona lettura e condivisione.

§§§

 

  1. Elementi materiali dell’articolo II (c) della Convenzione sul genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica in tutto o in parte”.
  2. Contesto storico

Nel corso del dibattito sui parametri dell’articolo II(c) durante la fase iniziale della stesura della Convenzione da parte del Comitato ad hoc sul genocidio del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, la Francia ha osservato che “se un qualsiasi gruppo fosse sottoposto a razioni di cibo così ridotte da rendere inevitabile la sua estinzione, per il solo fatto di appartenere a una certa nazionalità, razza o religione, il fatto rientrerebbe anch’esso nella categoria del crimine di genocidio “21 .

La proposta su cui la Francia si era espressa in modo affermativo fu accettata dagli altri membri del Comitato ad hoc22 , e alla fine si manifestò nel testo finale sotto forma di articolo II(c)23.

  1. Giurisprudenza sugli elementi del crimine

La demarcazione tra genocidio mediante l’imposizione di condizioni di vita e mediante l’uccisione o le lesioni gravi è stata colta dalla Corte distrettuale di Gerusalemme nel caso Eichmann, in cui ha affermato che “vi sono state due azioni distinte: in primo luogo, l’assoggettamento a condizioni di vita calcolate per portare alla loro distruzione fisica, e in seguito la distruzione fisica stessa”.24

La giurisprudenza dei Tribunali internazionali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda descrive questa forma di genocidio come “la negazione ai membri di un certo gruppo dei mezzi elementari di esistenza di cui godono altre fasce della popolazione”.25 Questo è il caso di Eichmann.

Il processo di genocidio avviene attraverso metodi “con i quali il perpetratore non uccide immediatamente i membri del gruppo, ma che, in ultima analisi, mirano alla loro distruzione fisica “26 .

In particolare, il genocidio attraverso tali atti sottostanti non richiede che gli atti in questione risultino effettivamente in danni fisici o mentali ai membri del gruppo protetto.27 Infatti, quando tali risultati si verificano, la Camera d’Appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha ritenuto che i paragrafi (a) o (b) dell’articolo II della Convenzione sul genocidio, relativi rispettivamente all’uccisione dei membri del gruppo o al causare loro gravi danni,28 siano più adatti di quelli previsti dall’articolo II (c).29

I lavori preparatori della Convenzione sul genocidio dimostrano un esplicito rifiuto dell’elemento causale nella forma del rifiuto da parte della Sesta Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di un emendamento proposto dall’Uruguay e dal Regno Unito che suggeriva l’espressione “probabile causa”,30 che invece è stata attenuata all’espressione “calcolato per provocare”.

Una conclusione simile sul crimine di guerra della “fame” ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, del Protocollo aggiuntivo I alle Convenzioni di Ginevra è stata raggiunta nel 2020 dalla Commissione ONU per i diritti umani nel Sud Sudan: Il termine “fame” deve essere inteso come una privazione non solo di cibo e acqua, ma anche di altri beni essenziali per la sopravvivenza in un particolare contesto. Il reato di inedia non richiede che le vittime muoiano di fame, ma solo che siano intenzionalmente private di oggetti indispensabili alla loro sopravvivenza.32

  1. Le conclusioni della Corte internazionale di giustizia nel caso Armenia/Azerbaigian.

La Corte internazionale di giustizia ha già analizzato il blocco del corridoio di Lachin. La Corte si è concentrata sulla responsabilità dello Stato per presunte violazioni della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale piuttosto che sulla responsabilità penale individuale per la commissione di un genocidio.

Pur basandosi su una serie diversa di obblighi statali, la Corte ha confermato il verificarsi degli elementi materiali del Genocidio che sono indicati nell’articolo II, (c) della Convenzione sul Genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica “33.

La decisione preliminare della CIG indica la plausibile compresenza degli elementi materiali del crimine di genocidio richiesti dall’articolo II della Convenzione sul genocidio: (c) infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica, in tutto o in parte.

 

La Corte ha emesso misure provvisorie ritenendo “plausibile” che i diritti di una parte di un gruppo etnico, gli “armeni del Nagorno-Karabakh”, siano compromessi dal blocco del Corridoio di Lachin istituito nel dicembre 2022.34 Pertanto, la  Corte internazionale di giustizia ha stabilito che le “persone colpite appartenevano a un particolare gruppo etnico”, come richiesto dalla Convenzione sul genocidio.

Secondo gli “Elementi dei crimini” adottati dalla Corte penale internazionale, l’espressione “condizioni di vita” calcolate per portare alla distruzione fisica di quel gruppo “può includere, ma non è necessariamente limitata a, la privazione deliberata di risorse indispensabili per la sopravvivenza, come cibo o servizi medici, o l’espulsione sistematica dalle abitazioni”.35

Nell’ordinanza di febbraio, la CIG ha accolto la richiesta relativa a cibo e medicinali, affermando che “un pregiudizio può essere considerato irreparabile quando le persone interessate sono esposte a pericoli per la salute e la vita”. La Corte ha inoltre osservato che le restrizioni all’importazione e all’acquisto di beni necessari per le esigenze umanitarie, come i prodotti alimentari e i medicinali, compresi quelli salvavita, i trattamenti per le malattie croniche o le cure preventive, e le attrezzature mediche, possono avere un grave impatto negativo sulla salute e sulla vita degli individui “36 .

La Corte internazionale di giustizia ha concluso che il blocco “può comportare conseguenze irreparabili per tali diritti e che vi è urgenza, nel senso che vi è un rischio reale e imminente che si verifichi un pregiudizio irreparabile prima che la Corte prenda una decisione definitiva sul caso “37 .

 

Tale conclusione è un’indicazione della concomitanza dell’inflizione di “determinate condizioni di vita calcolate per portare alla distruzione fisica di quel gruppo”.

Il requisito di un piano o di un modello manifesto di condotta simile diretto contro quel gruppo è evidente, ma sarà analizzato ulteriormente di seguito.

 

  1. Elemento soggettivo del crimine di genocidio

Il crimine di Genocidio richiede l’intenzione: “L’autore intendeva distruggere, in tutto o in parte, quel gruppo etnico in quanto tale”.38 Una confessione in bianco non è l’unico modo per provare l’intenzione. Le azioni volontarie, anche se silenziose, esprimono l’intenzione di “infliggere” al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica”.

Le intenzioni genocidarie del Presidente Aliyev possono essere dedotte da quanto segue:

1) Ha consapevolmente intrapreso azioni sistematiche per fermare il transito e il trasporto di persone e merci attraverso il Corridoio di Lachin.

persone e merci attraverso il Corridoio di Lachin e alla fine lo ha bloccato ponendo un

posto di blocco con blocchi di cemento;

2) Essendo stato messo al corrente dalla Corte internazionale di giustizia dei pericoli “incombenti” del blocco

pericoli “imminenti” del blocco del Corridoio di Lachin, ha proseguito con il

blocco; e

3) Oltre ad avere la conoscenza specifica delle conseguenze dei suoi atti deliberati, il Presidente Aliyev

deliberatamente, il Presidente Aliyev si è volontariamente rifiutato di eseguire gli ordini della Corte internazionale di giustizia.

  1. Giurisprudenza sull’intenzione

La Camera d’Appello dell’ICTR in Kayishema e Ruzindana ha osservato che “le manifestazioni esplicite dell’intenzione criminale sono… spesso rare nel contesto dei processi penali “39 .

 

La Camera d’Appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha analogamente osservato in Karadžić che “per sua natura, l’intento genocidario non è di solito suscettibile di prova diretta “40 , mentre la Camera d’Appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha aggiunto in Gacumbitsi che “solo l’imputato stesso ha una conoscenza di prima mano del proprio stato mentale, ed è improbabile che possa testimoniare il proprio intento genocidario”. L’intenzione deve quindi essere solitamente dedotta “41 .

Di conseguenza, la Camera processuale dell’ICTR ha affermato nella causa Rutaganda che “in assenza di prove esplicite e dirette, il dolus specialis può essere dedotto da fatti e circostanze rilevanti” e che “tale approccio impedisce ai perpetratori di sfuggire alle condanne semplicemente perché tali manifestazioni sono assenti”.42

Analogamente, la Camera d’Appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha affermato nella causa Krstić che “in assenza di prove dirette dell’intento genocida, l’intento può comunque essere dedotto dalle circostanze fattuali del crimine”.43

  1. Analisi delle intenzioni del Presidente Aliyev.

Il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, è de jure e de facto il Comandante Supremo delle forze di sicurezza in Azerbaigian. Sotto il suo comando, il personale di sicurezza di frontiera è stato posto a controllo del checkpoint sul Corridoio di Lachin e ha bloccato il transito di tutte le merci e le persone.

L’intenzione del Presidente Alliyev di distruggere gli “armeni del Nagorno-Karabakh” dovrebbe essere dedotta dalle sue decisioni informate, volontarie e antagoniste, nel pieno disprezzo degli ordini della Corte internazionale di giustizia.

Nel 2020, quando il Presidente Aliyev ha accettato le forze di pace russe e ha accettato di garantire un corridoio libero tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ha implicitamente riconosciuto l’autonomia de facto del Nagorno-Karabakh.

Poi, pochi mesi dopo, quando la Russia si è impegnata con l’Ucraina, il Presidente Aliyev ha invertito la rotta e ha deciso che la regione non ha alcuna autonomia. Invece di negoziare l’autonomia della popolazione del Nagorno-Karabakh, ha preso sistematicamente provvedimenti attraverso una serie di decisioni per eliminare gli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh.

In primo luogo, ha permesso a un gruppo di civili di bloccare il Corridoio di Lachin.

In secondo luogo, un anno dopo l’inizio della guerra ucraina, ha istituito un posto di blocco al confine con l’Armenia, ostacolando il libero transito attraverso il Corridoio di Lachin. Ha imposto il blocco del Corridoio di Lachin conoscendo le conseguenze descritte dall’ordinanza della Corte internazionale di giustizia.

In terzo luogo, ha sigillato completamente il Corridoio di Lachin e si è rifiutato di obbedire all’ordine della Corte.

È possibile dedurre che le istruzioni del Presidente Aliyev di stabilire un blocco totale del Corridoio di Lachin sono state adottate volontariamente con l’intenzione di “infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica”.

È confermata la deduzione che il Presidente Aliyev era a conoscenza del fatto che la Corte internazionale di giustizia era giunta alla conclusione che il blocco creava un “rischio reale e imminente” per la “salute e la vita” della popolazione del Nagorno-Karabakh. Inoltre, l’intenzione genocida del Presidente Aliyev è così forte da sfidare apertamente un ordine vincolante della Corte internazionale di giustizia.

iii. Dichiarazione del Presidente Aliyev del 1° agosto 2023.

Per salvaguardare la mia accuratezza e imparzialità, prima di produrre questo rapporto, ho scritto al Presidente Aliyev spiegandogli le conseguenze del blocco e offrendogli l’opportunità di chiarire la sua posizione.  La mia lettera ha messo il Presidente Aliyev al corrente della commissione di un genocidio. Potrebbe essere responsabile di genocidio. Non ho ricevuto risposta e il blocco continua.

Il Presidente Aliyev ha discusso la questione durante un’intervista di Euronews andata in onda due giorni dopo la mia lettera. Ha riconosciuto indirettamente che il blocco è la sua politica ufficiale e ha finto di giustificare la morte per fame di 120.000 armeni per evitare il presunto contrabbando di minerali, sigarette, iPhone e benzina.

Ha giustificato il blocco di dicembre prodotto dai “rappresentanti della società civile dell’Azerbaigian” a causa dello “scavo illegale di risorse naturali in Karabakh”.

Ha detto che un posto di blocco dell’Azerbaigian è stato istituito per attuare la decisione della Corte internazionale di giustizia. “E non appena abbiamo istituito un posto di blocco al confine con l’Armenia, che è un nostro legittimo diritto… abbiamo comunicato, tramite il mio rappresentante qui a Shusha, ai rappresentanti delle ONG di fermarsi, e loro si sono fermati. Se ne sono andati. Quindi ora la libertà di movimento non è bloccata”.

Poi ha spiegato che “il 15 giugno, l’Armenia ha fatto un’altra provocazione militare e ha ferito una delle nostre guardie di frontiera, e temporaneamente la strada è stata chiusa per le indagini”.

“Ma poi è stata riaperta. La Croce Rossa ha ricominciato a trasportare farmaci e ad evacuare i pazienti che hanno bisogno di cure in Armenia. Ma purtroppo, nei camion della Croce Rossa, quando sono stati controllati, abbiamo trovato merci di contrabbando come sigarette, iPhone e benzina. La Croce Rossa lo ha ammesso. Ecco perché, ancora una volta, è stato bloccato”. Il CICR ha chiarito l’incidente. Questa dichiarazione conferma che il presidente Aliyev è al comando della situazione, fornendo argomenti fuorvianti per distogliere l’attenzione dalla commissione del genocidio.

Gli autori di genocidio cercano di nascondere il loro intento genocida. Combattere tale occultamento è la ragione d’essere dell’esplicita distinzione tra movente e intenzione in relazione al genocidio.44

L’intento si riferisce all’obiettivo effettivo che l’autore del crimine cerca di raggiungere, mentre il movente si riferisce alla ragione specifica dell’autore del crimine nella commissione di atti criminali. Di conseguenza, la Camera d’Appello del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha dichiarato in modo definitivo nella causa Stakić che “il motivo per cui l’imputato ha cercato di distruggere il gruppo di vittime non ha alcuna rilevanza ai fini della colpevolezza”.45

Pertanto, l’esistenza di un “movente personale”, come l’acquisizione di un territorio o l’integrazione di un’entità separatista, “deve essere distinta dall’intento e non preclude l’accertamento di un intento genocida”.46 Il Presidente Aliyev ha giustamente affermato che la distruzione di un gruppo di vittime non è stata un’azione di guerra.

Il Presidente Aliyev ha giustamente affermato che l’Azerbaigian ha recuperato nella guerra del 2020 un territorio occupato dall’Armenia, ma ora minaccia l’Armenia con una nuova guerra per porre fine allo status speciale del Nagorno-Karabakh.

Ha spiegato che i cambiamenti geopolitici dell’ultimo anno sono stati a suo favore e ha posto la domanda: “Chi proteggerà l’Armenia?”. È un’affermazione simile a quella fatta da Hitler nell’agosto del 1939, quando disse: “Chi si ricorda ora dello sterminio degli armeni? “47 .

Il Presidente Aliyev ha concluso la sua intervista con un messaggio minaccioso agli armeni: “Dovrebbero capire che la situazione in cui si trovano oggi non cambierà a loro favore se continueranno a ignorarci, se continueranno a comportarsi come se non esistessimo”.

  1. Chi potrebbe essere personalmente responsabile?

Il Presidente Aliyev dovrebbe essere indagato per Genocidio perché è al vertice dell’apparato statale e controlla le decisioni a livello politico, militare e diplomatico. È la mente dietro le operazioni del genocidio.

Ci sono rapporti che identificano altri responsabili coinvolti nel blocco, ma non ci sono indizi contro di loro sulla loro intenzione genocida. Dovrebbero comunque essere indagati per la loro eventuale partecipazione al genocidio e al blocco come crimini contro l’umanità.

Ci sono rapporti confidenziali che affermano che i seguenti individui dovrebbero essere indagati. L’elenco include, ma non si limita a quanto segue:

1) Zakir Asker Oghlu Hasanov (azero: Zakir Əsgər oğlu Həsənov) – Ministro della Difesa

2) Elchin Guliyev (azero: Elçin Isa oğlu Quliyev) – Capo del Servizio di frontiera di Stato dell’Azerbaigian

3) Akshin Maherramov – Capo di stato maggiore del Distaccamento di frontiera per la protezione delle frontiere statali

4) Misir Aliyev – Brigata di risposta rapida delle forze di risposta rapida del Servizio statale di guardia di frontiera

5) Farid Shafiyev – Centro di analisi delle relazioni internazionali

  1. Il Presidente Aliyev potrebbe essere indagato dalla Corte penale internazionale?

L’articolo IV della Convenzione sul Genocidio stabilisce che “Le persone che commettono un genocidio saranno punite”, anche se “sono governanti costituzionalmente responsabili”.48 Ma non esiste un sistema giudiziario penale indipendente che indaghi sul crimine di Genocidio.

Il Presidente Aliyev non può essere indagato da nessuna autorità nazionale perché gode dell’immunità in quanto capo di Stato49.

Tale immunità non si applica alla Corte penale internazionale.50 Ci sono tre modi per avviare un’indagine della CPI per la commissione dei crimini nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh:

1) L’Azerbaigian diventa uno Stato parte (articolo 12.1 dello Statuto di Roma);

2) L’Azerbaigian accetta l’intervento della Corte sul suo territorio (articolo 12.3 dello Statuto di Roma).

Statuto di Roma); e

3) il Consiglio di sicurezza dell’ONU rinvia la situazione del Corridoio di Lachin e del Nagorno-Karabakh dopo l’intervento della Corte.

Nagorno-Karabakh dopo il dicembre 2022 alla Corte penale internazionale (articolo 13.b dello Statuto di Roma).

Statuto di Roma).

Ma l’Azerbaigian non è uno Stato parte dello Statuto di Roma e non ha accettato un intervento della CPI.

intervento della CPI. Di conseguenza, è necessaria un’azione immediata da parte dello Stato per adottare una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che deferisca la situazione nel Corridoio di Lachin e nel Nagaorno-Karabakh alla Corte penale internazionale.

Ci sono dei precedenti. Nel marzo 2005, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1395, che ha deferito la situazione del Darfur alla Corte penale internazionale. Cinque anni dopo, il Presidente Omar Al Bashir è stato incriminato per genocidio.51

Ottenere una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che preveda la giurisdizione della CPI dovrebbe essere fattibile. In base alla Convenzione sul genocidio, gli Stati parte hanno l’obbligo di prevenire e punire il genocidio e 14 degli attuali 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono anche parti di tale Convenzione, il che rappresenta una maggioranza schiacciante.

 

La Francia ha proposto, già nel 2013, che i cinque membri permanenti del Consiglio sospendano volontariamente e collettivamente l’uso del veto in caso di Genocidio e altre atrocità di massa.

  1. Come prevenire la distruzione finale del gruppo armeno?

Determinare che nel 2023 si sta commettendo un genocidio contro gli armeni trasformerebbe la comprensione del conflitto in Nagorno-Karabakh.

Il Presidente Aliyev ha chiesto: “Perché la Spagna non permette alla Catalogna di avere un referendum? Perché dovremmo tollerare il separatismo?”. La risposta semplice alle complesse questioni di sovranità implicate nella domanda è che la Spagna non sta commettendo un genocidio per controllare gli sforzi separatisti.

Centocinquantatré nazioni, tra cui Azerbaigian, Russia, Stati Uniti e membri dell’Unione Europea, sono parti contraenti della Convenzione sul genocidio. In base alla Convenzione, le parti confermano che il genocidio è un crimine di diritto internazionale che si impegnano a prevenire e punire. Una prevenzione tempestiva richiede l’adozione di decisioni politiche urgenti.

  1. a) interrompere il blocco e ristabilire la fornitura di beni essenziali al Nagorno-Karabakh in una o due settimane, e
  2. b) soluzioni istituzionali alle rivendicazioni territoriali contestate. Tutto ciò dovrebbe essere adottato prima del maggio 2025, perché a quel punto l’Azerbaigian potrà chiedere alla Russia di porre fine al suo ruolo di peacekeeper.
  3. Un fallimento per design

Per volontà del legislatore, non esistono autorità centrali a livello internazionale in grado di adottare tali misure urgenti. Una sentenza della Corte internazionale di giustizia sul genocidio, sanzioni intelligenti e altri strumenti diplomatici classici sono misure lente e inadeguate per rispondere e prevenire la situazione attuale.

 

Nel breve termine, che è cruciale per fermare i danni causati dal Genocidio per fame in corso, il dovere di prevenzione è definito esclusivamente dagli interessi degli Stati coinvolti nel conflitto.

Samantha Power ha affermato che i politici statunitensi non hanno fatto quasi nulla per dissuadere i genocidi, perché gli “interessi nazionali vitali” dell’America non erano considerati in pericolo52.

In “The Problem from Hell” ha descritto magnificamente come i politici evitino gli sforzi per controllare i genocidi. Essi placano, corrompono, seducono o manipolano i loro elettori che chiedono di agire.53

La riluttanza, descritta da Samantha Power, ad agire prima di un genocidio, è stata messa in luce nell’aprile 1994, quando la maggior parte dei membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si rifiutò di definire “genocidio” ciò che stava accadendo in Ruanda. Durante il dibattito i membri del Consiglio chiesero di negoziare per ottenere un cessate il fuoco. L’ambasciatore ceco li sfidò e li paragonò a chiedere agli ebrei di raggiungere una tregua con Hitler54.

In “A Problem from Hell”, Samantha Power spiega anche il ruolo cruciale dei cittadini nel trasformare gli interessi dei leader nazionali in un Genocidio all’estero. La voce degli armeni della diaspora potrebbe ridurre il fallimento di progetto creato dall’architettura giuridica internazionale. Dovrebbero essere mobilitati in tutto il mondo per raggiungere i leader nazionali e promuovere una soluzione collettiva e pragmatica.

  1. Il ruolo della Russia, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea

Come già accennato, la Russia, responsabile del mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh, e gli Stati Uniti, promotori dei negoziati in corso tra Armenia e Azerbaigian, sono Stati parti della Convenzione sul genocidio come tutti i membri dell’Unione Europea. Hanno una posizione privilegiata per prevenire il genocidio. Il loro intenso confronto dovuto al conflitto ucraino non dovrebbe trasformare gli armeni in vittime collaterali.

 

È possibile aiutare i leader europei, russi e statunitensi a raggiungere una posizione comune per fermare il genocidio armeno in corso? Se sono d’accordo, il cibo raggiungerà gli armeni entro un giorno.

Il Segretario di Stato Antony J. Blinken ha parlato con il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev pochi giorni dopo l’imposizione del blocco totale, chiedendo giustamente di aprire il Corridoio. Ma, all’epoca, non c’era chiarezza sulle circostanze genocide che hanno circondato l’evento. Il Segretario Blinken si limitò a sottolineare “la necessità per tutte le parti di mantenere uno slancio positivo nei negoziati di pace”.55

Le azioni del Presidente Aliyev dimostrano che egli ha la percezione che il suo metodo di commettere genocidi per costringere le vittime ad accettare le sue richieste sia tollerato dalla comunità internazionale.

Gli Stati Uniti, la Russia e l’Unione Europea, coinvolti nei negoziati tra Azerbaigian e Armenia, devono chiarire pubblicamente che non permettono e non permetteranno, esplicitamente o implicitamente, al Presidente Aliyev di commettere un genocidio.

  1. Il momento di prevenire è ora

Come ha stabilito la Corte internazionale di giustizia, accettare il genocidio come metodo per ottenere un accordo è complicità.

Nella sentenza Bosnia contro Serbia del 2007, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito il principio secondo cui “l’obbligo di prevenzione degli Stati e il corrispondente dovere di agire sorgono nel momento in cui lo Stato viene a conoscenza, o avrebbe dovuto normalmente venire a conoscenza, dell’esistenza di un grave rischio di genocidio”.56

 

La Corte ha aggiunto: “Ciò non significa ovviamente che l’obbligo di prevenire il Genocidio sorga solo quando inizia la perpetrazione del Genocidio; sarebbe assurdo, poiché l’intero scopo dell’obbligo è quello di prevenire o tentare di prevenire il verificarsi dell’atto”.57 Dal momento in cui uno Stato dispone di informazioni che lo inducono a ritenere che sia in atto un Genocidio, sorge l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per prevenire il Genocidio.

misure possibili per prevenire e fermare l’ulteriore “distruzione fisica” di un gruppo di persone.

Il Segretario di Stato Blinken ha spiegato al Museo dell’Olocausto che una delle sue responsabilità “è determinare, a nome degli Stati Uniti, se sono state commesse atrocità. È una responsabilità immensa che prendo molto sul serio, soprattutto in considerazione della storia della mia famiglia”.58 Egli ha identificato l’intento di distruggere un gruppo e i discorsi d’odio come un percorso nella situazione dei Rohingya, “che rispecchia in molti modi il percorso che ha portato all’Olocausto e ad altri genocidi”.59 Il Presidente Biden ha fatto un passo coraggioso e ha fatto un passo avanti.

Il Presidente Biden ha compiuto un passo coraggioso ed è stato il primo Presidente degli Stati Uniti a definire gli eventi del 1915 come genocidio armeno. “Il popolo americano onora tutti gli armeni che sono morti nel genocidio iniziato 106 anni fa. Rinnoviamo la nostra comune determinazione a impedire che future atrocità si verifichino in qualsiasi parte del mondo “60.

Ora che il percorso del genocidio contro un gruppo armeno nel Nagorno-Karabakh è stato svelato, è tempo per gli Stati Uniti di passare dalle parole ai fatti.

Gli Stati Uniti, la Russia, i membri dell’Unione Europea, tutti gli Stati firmatari della Convenzione sul Genocidio e i membri delle Nazioni Unite hanno una rara opportunità storica di fermare il Genocidio contro un gruppo armeno nel 2023.

Per molti aspetti, la morte per fame dell’etnia armena del Nagorno-Karabakh rappresenta l’archetipo del genocidio attraverso l’imposizione di condizioni di vita volte alla distruzione di un gruppo61 .

Il trattamento riservato agli armeni dai governanti turchi nel 1915 costituisce il paradigma della disposizione sul genocidio che riguarda l’imposizione di condizioni di vita “62 .

Come persona con una certa esperienza nel campo, sono stato onorato di dare il mio contributo fornendo un rapporto imparziale e sono pronto ad assistere qualsiasi parte impegnata a prevenire la distruzione del gruppo armeno in Nagorno-Karabakh.

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21 UN ESCOR, 7th Session, Ad Hoc Committee on Genocide, 4th meeting (April 7, 1948) UN Doc. E/AC.25/SR.4, at 14 (Mr. Ordonne, France).
22 Ibid., 15 (Mr. Rudzinski, Poland), 16 (Mr. Maktos, United States).
23 William A. Schabas, Genocide in International Law: The Crime of Crimes (2nd edn, Cambridge University Press 2009) 189–90.

24 Cr.C. (Jerusalem) 40/61 Attorney General v. Eichmann (1961) 45 PM 3, (1968) 36 ILR 5, para 196.
25 Prosecutor v. Stakić (Decision on Rule 98 bis Motion for Judgment of Acquittal) IT-97-24-T (31 October 2002) para 25.

26 Prosecutor v. Akayesu (Trial Judgment) ICTR-96-4-T (September 2, 1998) para 505. See also Prosecutor v. Tolimir (Trial Judgment) IT-05-88-2-T (December 12, 2012) para 740; Prosecutor v. Brđanin (Trial Judgment) IT-99-36-T (1 September 2004) para 691; Prosecutor v. Stakić (Trial Judgment) IT-97-24-T (July 31, 2003) para paras 517–18; Prosecutor v. Musema (Trial Judgment) ICTR-96-13-T (January 27, 2000) para 157; Prosecutor v. Rutaganda (Trial Judgement) ICTR-96-3-T (December 6, 1999) para 52; Prosecutor v. Popović et al. (Trial Judgment) IT-05-88-T (June 10, 2010) para 814; Prosecutor v. Karadžić (Trial Judgment) IT-95-5/18- T (March 24, 2016) para 2586; Prosecutor v. Mladić (Trial Judgment) IT-09-92-T (November 22, 2017) para 3453.

27 See Tolimir Trial Judgment (n 28) para 741; Karadžić Trial Judgment (n 28) para 546; Brđanin Trial Judgment (n 28) para 691; Stakić Trial Judgment (n 28) para 517.
28 See Statute of the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (adopted May 25, 1993) 32 ILM 1170 (ICTY Statute) art 4(2)(a), (b); Rome Statute of the International Criminal Court (adopted July 17, 1998) 2187 UNTS 3 (Rome Statute) art 6(a), (b).
29 See ICTY Statute (n 31) art 4(2)(c); Rome Statute (n 31) art 6(c).
30 See ‘Uruguay: Amendments to the Draft Convention on Genocide’ (October 1, 1948) UN Doc. A/C.6/209; ‘United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland: Amendments to Articles II and III of the Draft Convention on Genocide’ (October 7, 1948) UN Doc. A/C.6/222.
31 UN GAOR, 3rd Session, 6th Committee, 82nd meeting (October 23, 1948) UN Doc. A/C.6/SR.82, at 183; UNGA Sixth Committee, ‘Genocide – Draft Convention and Report of the Economic and Social Council’ (October 23, 1948) UN Doc. A/C.6/245. See also Lars Berster, ‘Article II’ in Christian J. Tams, Lars Berster, and Björn Schiffbaur (eds), Convention on the Prevention and Publishment of the Crime of Genocide: A Commentary (C.H. Beck/Hart/Nomos 2014) 79, para 75.

32 UN Commission on Human Rights in South Sudan, ‘“There is Nothing Left for Us”: Starvation as a Method of Warfare in South Sudan’ (October 5, 2020) UN Doc. A/HRC/45/CRP.3, para 26.
33 Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (adopted December 9, 1948) 78 UNTS 277 (Genocide Convention) art II(c).
34 Application of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination (Armenia v. Azerbaijan) (Provisional Measures) February 22, 2023, para 39 [Armenia v. Azerbaijan Order of February 22, 2023].

35 ICC Elements of Crimes (2013) art 6(c)(4), fn 4.
36 Armenia v. Azerbaijan Order of February 22, 2023 (n 37) para 55, citing Alleged Violations of the 1955 Treaty of Amity, Economic Relations, and Consular Rights (Islamic Republic of Iran v. United States of America) (Provisional Measures) [2018] ICJ Rep 623, para 91.
37 Armenia v. Azerbaijan Order of February 22, 2023 (n 37) para 59.

38 Genocide Convention (n 36) art II.
39 Prosecutor v. Kayishema and Ruzindana (Appeal Judgement) ICTR-95-1-A (May 21, 1999) para 159. 40 Prosecutor v. Karadžić (Rule 98 bis Appeal Judgment) IT-95-5/18-AR98bis.1 (July 11, 2013) para 80. 41 Prosecutor v. Gacumbitsi (Appeal Judgment) ICTR-2001-64-A (July 7, 2006) para 40.

42 Prosecutor v. Rutaganda (Trial Judgment) ICTR-97-20-T (December 6, 1999) para 525.
43 Prosecutor v. Krstić (Appeal Judgment) IT-98-33-A (April 19, 2004) para 34, citing Prosecutor v.
Jelisić (Appeal Judgment) IT-95-10-A (July 5, 2001) paras 47. See also Prosecutor v. Blagojević and Jokić (Appeal Judgment) IT-02-60-A (May 9, 2007) para 123; Prosecutor v. Hategekimana (Appeal Judgment) ICTR-00-55B-0272/1-A (May 8, 2012) para 133; Prosecutor v. Tolmir (Appeal Judgment) IT-05-88/2-A (8 April 2015) paras 246–47.

44 See Application of the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide (Bosnia and Herzegovina v. Serbia and Montenegro) (Merits) [2007] ICJ Rep 43 (Bosnian Genocide Judgment) para 189. 45 Prosecutor v. Stakić (Appeal Judgment) IT-97-24-A (March 22, 2006) para 45, citing Jelisić Appeal Judgement (n 45) para 49; Prosecutor v. Tadić (Appeal Judgment) IT-94-1-A (July 15, 1999) para 269.

46 Popović et al. (n 28) para 825.
47 Louis P. Lochner, What About Germany? (Dodd, Mead & Co 1943) 12. See also Office of United States Chief of Counsel for the Prosecution of Axis Criminality (ed), Nazi Conspiracy and Aggression, vol. VII (US Government Printing Office 1946) 753.

48 Genocide Convention (n 36) art IV.
49 See Arrest Warrant of 11 April 2000 (Democratic Republic of the Congo v. Belgium) [2002] ICJ Rep 3, para 51.

50 Prosecutor v. Al Bashir (Judgment in the Jordan Referral re Al-Bashir Appeal) ICC-02/05-01/09-397 (May 6, 2019) paras 113–17.
51 See Prosecutor v. Al Bashir (Second Warrant of Arrest for Omar Hassan Ahmad Al Bashir) ICC-02/05- 01/09-95 (July 12, 2010).

52 Power (n 16) 708.

53 The reluctance of states to “[t]hey advance politically only as they placate, appease, bribe, seduce, bamboozle, or otherwise manage to manipulate the demanding threatening elements in their constituencies. The decisive consideration is not whether the proposition is good but whether . . . the active-talking constituents like it immediately.” Power (n 16) 335.

54 Cable from the Czech Republic Mission to the United Nations to the Czech Foreign Ministry, Prague (April 25, 1999), https://nsarchive2.gwu.edu/NSAEBB/NSAEBB472/docs/Document%2010.pdff.

55 ‘Secretary Blinken’s Call with Azerbaijani President Aliyev’ (U.S. Department of State, July 30, 2023), https://www.state.gov/secretary-blinkens-call-with-azerbaijani-president-aliyev-14/.
56 Bosnian Genocide Judgment (n 46) para 431.
57 Ibid.

58 ‘Secretary Antony J. Blinken on the Genocide and Crimes Against Humanity in Burma’ (U.S. Department of State, March 21, 2022), https://www.state.gov/secretary-antony-j-blinken-at-the-united- states-holocaust-memorial-museum/.
59 Ibid.
60 ‘Statement by President Joe Biden on Armenian Remembrance Day’ (White House, April 24, 2021), https://www.whitehouse.gov/briefing-room/statements-releases/2021/04/24/statement-by-president- joe-biden-on-armenian-remembrance-day/.
61 Guénaël Met

Nagorno-Karabakh, l’Occidente alla finestra: per quanto ancora? (Formiche.it

Si allarga a macchia d’olio la crisi alimentare: l’Occidente è chiamato ad intervenire con decisione per evitare che questa fase di sconvolgimento geopolitico porti conseguenze anche umanitarie in quell’area. Calovini (FdI): “Confidiamo nel trilaterale Aliyev-Michel-Pashinyan che riteniamo il formato migliore di mediazione ma chiamiamo Bruxelles al maggiore impegno possibile”

Non più solo conflitto militare e geopolitico, ma emergenza umanitaria a cui l’Occidente è chiamato ad intervenire. Nel Nagorno-Karabakh si acuiscono gli effetti di una contrapposizione su cui, evidentemente, spirano folate di venti “esterni” al fine di allontanare una possibile de-escalation accanto ad una normalizzazione sociale, prima che istituzionale.

Il corridoio Lachin nel Nagorno-Karabakh doveva essere trasferito all’Azerbaigian nell’agosto scorso, secondo i termini dell’accordo di cessate il fuoco mediato nel novembre 2020: stando ai termini dell’accordo il distretto di Lachin doveva essere reso all’Azerbaigian entro il 1 dicembre 2020. Al contempo, entro il prossimo dicembre dovrebbe essere progettato un piano per la costruzione di una nuova rotta per collegare il Nagorno-Karabakh e l’Armenia che eviterebbe il distretto azero di Lachin.

Pochi e piccoli passi

Al momento si registrano pochi (e piccoli) passi nella direzione di una de-escalation, anche per la concomitante intenzione dei super players di non perdere terreno. Ue, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Russia e Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva sono molto attivi in questo senso. L’ex ministro degli esteri turco Yasar Yakis ha recentemente osservato, non a caso, che se la pace prevarrà in Azerbaigian, gli armeni del Nagorno-Karabakh potrebbero contribuire all’economia dell’Azerbaigian, aprendo di fatto ad un ragionamento diverso rispetto a quelli svolti fino ad ora: il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan hanno dimostrato la volontà di proseguire nel dialogo, provando effettivamente a trarre benefici dalle immense entrate petrolifere dell’Azerbaigian. Ma a questo punto della partita occorre un punto di caduta effettivo, anche perché alcune uscite poco diplomatiche hanno provocato una serie di reazioni preoccupate sia in Ue che in Usa.

Crisi umanitaria

Lo scorso 28 maggio il presidente Ilham Aliyev ha dichiarato testualmente: “Ho sempre detto che la nostra integrità territoriale deve essere completamente ripristinata”. Per questa ragione Baku ha istituito un checkpoint sul corridoio Lachin che era stato utilizzato per trasportare merci da e per l’Armenia: un blocco che, di fatto, sta creando una crisi umanitaria, come osservato da un gruppo di osservatori delle Nazioni Unite che ha visitato l’area il 7 agosto. Nel successivo rapporto che hanno redatto, hanno spiegato che il blocco ha “lasciato la popolazione di fronte a una grave carenza di alimenti di base, farmaci e prodotti per l’igiene, ha avuto un impatto sul funzionamento delle istituzioni mediche ed educative e ha messo a dura prova la vita dei residenti, in particolare bambini, persone con disabilità, anziani persone, donne incinte e malati a rischio significativo”.

Qui Roma

“L’Italia sta osservando con attenzione gli sviluppi in Nagorno Karabakh – dice a Formiche.net Giangiacomo Calovini, parlamentare di FdI, membro della delegazione parlamentare italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato – . Il rischio di un allargamento della crisi umanitaria a causa dell’insicurezza alimentare è concreto ed il governo sono certo si adopererà perché ciò non avvenga. Ciò detto ritengo che in alcun modo l’incombente crisi alimentare deve rallentare gli sforzi diplomatici che si stanno svolgendo in sede Ue. Il dialogo brussellese deve rimanere il principale strumento di risoluzione delle controversie tra Armenia e Azerbaijan. Come Italia confidiamo nel trilaterale Aliyev-Michel-Pashinyan che riteniamo il formato migliore di mediazione ma chiamiamo Bruxelles al maggiore impegno possibile per una soluzione che garantisca pace certamente ma anche sicurezza in senso lato, anche alimentare”.

Qui Ottawa

Riverberi per il conflitto in Nagorno-Karabakh ci sono anche in terra canadese: il governo ha annullato i permessi di esportazione militare verso la Turchia dopo aver ricevuto “prove credibili” che la Turchia aveva trasferito all’Azerbaigian la tecnologia di fabbricazione canadese che è stata poi utilizzata nella guerra. L’embargo adesso potrebbe essere revocato a causa del fatto che il Paese sta aumentando il proprio profilo diplomatico nel Caucaso. Lo dimostra il prossimo viaggio a Yerevan del ministro degli Esteri canadese, Mélanie Joly, in occasione dell’inaugurazione dell’ambasciata canadese, prevista a breve. Inoltre il Canada sta per assumere lo status di primo stato terzo ad aderire alla Missione Euma dell’Ue in Armenia: si tratta di un’iniziativa in cui alcuni osservatori disarmati provvedono a monitorare le condizioni lungo il lato armeno della frontiera con l’Azerbaigian.

Perché ha rilevanza geopolitica l’interesse del Canada per la sicurezza del Caucaso meridionale? Perché si inserisce all’interno del conflitto diplomatico in corso con la Turchia che, dopo il vertice della Nato in Lituania, sta assumendo contorni diversi rispetto alla contrapposizione passata. Appare evidente che il governo Trudeau non intende alimentare complicazioni in seno alla Nato mantenendo l’embargo.

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258° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. La guerra in Ucraina non deve far trasformare gli Armeni in vittime di un genocidio collaterale (Korazym 26.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.08.2023 – Vik van Brantegem] – Gurgen Nersisyan, Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, ha ribadito il suo punto di vista sulla risoluzione dell’attuale disastro umanitario. Ha sottolineato la necessità di coinvolgere la Russia e tutti gli attori rilevanti interessati alla causa nell’organizzazione dei colloqui con l’Azerbajgian. Ha proposto che l’incontro si tenga presso il quartier generale delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh o in un luogo sicuro alternativo, con l’inclusione di mediatori terzi.

«L’Azerbajgian e la Russia hanno creato una situazione di stallo, che è pericolosa. Abbiamo informazioni che al momento si è creata una situazione di crisi con i mediatori internazionali riguardo all’organizzazione di un incontro tra i rappresentanti del Nagorno-Karabakh e dell’Azerbajgian in un Paese terzo. L’ostacolo all’incontro è il massimalismo e la distruttività dell’Azerbajgian. La posizione distruttiva dell’Azerbajgian è stata rafforzata grazie alla Russia. Lascia che vi racconti come è successo.
Gli Stati Uniti hanno fatto almeno due tentativi per organizzare un incontro Baku-Stepanakert in un Paese neutrale. Si è parlato anche dell’avvio di un meccanismo internazionale, il che significa che nella sala d’incontro con i rappresentanti di Baku e Stepanakert dovrebbero essere presenti anche mediatori internazionali.
È probabile che nella sala delle trattative Karabakh-Azerbajgian avrebbero dovuto essere presenti diplomatici europei o americani, ma non russi. Il primo incontro avrebbe dovuto svolgersi a Sofia, ma l’Azerbajgian ha mostrato un comportamento distruttivo e ha rifiutato l’idea della presenza di mediatori internazionali nella sala dei negoziati.
Il Nagorno-Karabakh senza un meccanismo internazionale non parteciperà ai negoziati con Baku, poiché ciò equivarrebbe a una sottomissione ad un ultimatum dell’Azerbajgian con il ricatto e la minaccia di una nuova guerra. Nel frattempo, il superamento del conflitto non possa avvenire sotto il ricatto e le minacce dell’Azerbajgian. Il Nagorno Karabakh deve essere ascoltato, avere l’opportunità di presentare il suo piano, negoziare e presentare i suoi meccanismi di sicurezza e diritti. Non può esserci pace se non si tengono conto degli interessi degli Armeni del Nagorno-Karabakh.
Gli Stati Uniti recentemente hanno tentato di organizzare il secondo incontro, ma l’Azerbajgian ha mostrato ancora una volta un atteggiamento distruttivo, con il sostegno della Russia in questa materia. Azerbajgian e Russia hanno suggerito contemporaneamente che invece che in un Paese neutrale, l’incontro Baku-Stepanakert dovrebbe svolgersi a Yevlakh, in Azerbajgian. È chiaro il motivo per cui l’Azerbajgian vuole organizzare l’incontro sul suo territorio, per presentare la questione come una questione interna. E la Russia ha un interesse specifico nell’organizzare un incontro tra l’Azerbajgian e il Nagorno.Karabakh nella città di Yevlakh. Mosca vuole rimuovere il processo negoziale tra Azerbajgian e Nagorno-Karabakh dai formati dei mediatori occidentali, in modo che possa partecipare allo sviluppo di soluzioni.
L’obiettivo principale della Russia è mantenere le sue truppe in Karabakh e sa che deve sostenere l’Azerbajgian per rimanere in Karabakh. Spingere l’Occidente fuori dal processo è un interesse congiunto russo-azerbajgiano, che sta accadendo in questo momento.
Sì, l’Azerbajgian e la Russia hanno creato questa situazione. Ma gli USA e l’Unione Europea sono membri responsabili della comunità internazionale e sono obbligati a trovare soluzioni volte a prevenire la pulizia etnica. Affinché ciò accada, l’Azerbajgian deve essere costretto ad abbandonare la sua posizione distruttiva e ad incontrare Stepanakert in un Paese neutrale attraverso un meccanismo internazionale.
Se ciò non dovesse accadere, il genocidio degli Armeni si ripeterà. Ciò causerà problemi più grandi alla comunità internazionale. Sarebbe più economico fare pressione oggi sull’Azerbajgian per riportarlo nel processo piuttosto che affrontare in seguito le conseguenze del genocidio.
Se non verranno introdotte delle garanzie sui diritti e sulla sicurezza della popolazione del Nagorno Karabakh, che consentiranno alla popolazione locale di sentirsi sicura e protetta, non potrà esserci una pace duratura. Evitando un incontro con Stepanakert attraverso un meccanismo internazionale, l’Azerbajgian rifiuta anche di discutere lo scenario delle garanzie riconosciute a livello internazionale.
L’Azerbajgian non vuole assumersi alcun obbligo internazionale nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian invita gli Armeni del Nagorno-Karabakh a Baku o a Yevlakh per non fornire alcuna garanzia fondamentale di sicurezza e diritti. Perché viene fatto questo? L’Azerbajgian mira a firmare un trattato di pace con l’Armenia, in cui non si farà menzione del Karabakh. E risolvere la questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh attraverso la legislazione dell’Azerbajgian, considerandola una questione interna.
A lungo termine, l’Azerbajgian creerà condizioni disumane per la vita degli Armeni nel Nagorno-Karabakh, costringendoli ad andarsene. A lungo termine, l’Azerbajgian cambierà il quadro demografico del Nagorno-Karabakh deportando gli Armeni con metodi blandi. Ma questo è uno scenario ottimistico. C’è un pericolo maggiore che l’Azerbajgian scateni una nuova guerra e occupi il Nagorno-Karabakh. Questo è l’obiettivo dell’Azerbajgian, che evita di incontrarsi con il Nagorno-Karabakh con mediatori internazionali.
Non possa esserci pace senza l’introduzione di un sistema di sicurezza e di tutela dei diritti che soddisfi gli Armeni del Nagorno Karabakh» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Analisi che fa riflettere. La posizione dell’Azerbajgian è chiara: all’interno dei suoi confini non esiste una regione chiamata Artsakh/Nagorno-Karabakh. Esiste solo la “regione economica del Karabakh dell’Azerbajgian”. E sono affari interni dell’Azerbajgian.

La Russia tiene in ostaggio l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, lascia morire la sua gente, punisce l’Armenia e la costringe a sottomettersi a Mosca, perché l’Armenia è l’unico alleato della Russia nel Caucaso. Senza l’Armenia, la NATO prenderà il controllo del Caucaso. L’Artsakh/Nagorno-Karabakh è un’arma di pressione della Russia sugli Armeni.

«Le autorità russe stanno portando avanti procedimenti penali contro membri armeni della società civile russa. Il Tribunale di Mosca ha tenuto in arresto per due mesi il co-Presidente del movimento Golos, Grigory Melkonyants, riconosciuto come “agente straniero”. Inoltre, il Ministero degli Interni russo ha annunciato la ricerca della giornalista Karen Shahinyan. Nel 2023 Rosfinmonitoring ha incluso il nome di Karen nell’elenco degli estremisti.
La propaganda anti-armena ha cercato di convincere i Paesi occidentali che l’Armenia è uno stato satellite della Russia e che gli Armeni sono i principali propagandisti del Cremlino. Non sono stati menzionati Armeni come Grigory Melkonyants, che hanno combattuto per decenni per tenere elezioni libere ed eque in Russia. Il difensore dei diritti umani Grigory Melkonyants ha 42 anni; è nato ad Astrakhan e di professione è avvocato. Golos, da lui guidato, ha riferito negli anni precedenti di intimidazioni nei confronti degli elettori russi, frodi e violazioni delle leggi elettorali.
Si prevedono elezioni importanti in 40 distretti della Russia. Ad esempio, a Mosca verrà eletto un sindaco e in altri 39 distretti verranno eletti i sindaci, le autonomie locali e i consigli comunali. Anche in una situazione in cui l’opposizione in Russia viene repressa, Putin ha timori. Per questo ha smantellato il movimento Golos prima delle elezioni. I membri della società civile esistente in Russia sono in prigione, sono stati uccisi o deportati.
Karen Shahinyan e Grigory Melkonyants, in quanto rappresentanti della nazione armena nella società civile russa, lottano da decenni per raggiungere la democratizzazione della Russia. Prima di lasciare la Russia, Karen Shahinyan ha lavorato anche presso la stazione televisiva Dozhd. Dal 2020, Karen Shahinyan gestisce un canale YouTube in cui parla e pubblica video sulle persone LGBT e sui loro problemi. Più recentemente, ha discusso delle gravi conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. All’inizio della guerra russo-ucraina si trasferì in Germania. Poco dopo, il Ministero della Giustizia della Federazione Russa l’ha classificata come agente straniero.
Naturalmente, la propaganda anti-armena non riporterà che l’Armenia ha vietato ad alcuni individui armeni impegnati nella propaganda del Cremlino di entrare nel suo territorio. In Armenia, la principale propagandista del Cremlino Margarita Simonyan, suo marito Tigran Keosayan, il giornalista russo-armeno Aram Gabrielyanov, il direttore del Centro per lo studio del Medio Oriente e dei Paesi dell’Asia centrale, il politologo Semyon Baghdasarov e altri Armeni sono stati dichiarati persone indesiderati, a cui è vietato entrare in Armenia. Queste persone sostengono la guerra distruttiva della Russia contro l’Ucraina. Sebbene queste persone abbiano origine armena, non sono cittadini armeni; servono la Russia di Putin e le loro attività disumane non possono essere attribuite a tutti gli Armeni o all’Armenia. Anche Konstantin Zatulin, Presidente del Comitato per gli affari della CSI, l’integrazione eurasiatica e le relazioni con i compatrioti russi, è stato considerato una persona indesiderata in Armenia.
La Russia non vanta una lunga storia di democrazia. Forse solo i primi anni ’90 possono essere considerati un periodo di potenziale sviluppo democratico, ma la leadership di Putin ha mandato in frantumi le prospettive di instaurazione della democrazia. La brutale aggressione contro l’Ucraina negli ultimi 9 anni ha trasformato la Russia in uno stato pericoloso per il pianeta. In Russia prevale un regime dittatoriale che rappresenta una minaccia per tutta l’umanità, e incombe ancora lo spettro dell’impiego di armi nucleari.
Sono rincuorato di avere compatrioti come Karen e Grigory che hanno rischiato la vita per lottare per una Russia democratica. Si spera che questa terribile guerra culmini nella sconfitta della Russia, portando al rilascio dei prigionieri politici e al ritorno dei dissidenti in esilio in Russia» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Ieri, 25 agosto 2023, le forze di mantenimento della pace russe nella città di Goris in Armenia hanno ostacolato il lavoro del giornalista di Azatutyun, il programma armeno di Radio Liberty, chiedendolo di allontanarsi e di spegnere la telecamera. L’incidente è avvenuto quando diverse decine di cittadini dell’Artsakh/Nagorno Karabakh sono arrivati a Goris, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe, attraverso il posto di blocco illegale dell’Azerbajgiano all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari. Nel frattempo, i media statali azeri mostrano regolarmente cittadini e personale medico in viaggio dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh all’Armenia scortati dal personale del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Le forze di mantenimento della pace russe non chiedono di astenersi dalle riprese e non ostacolano il lavoro dei giornalisti azeri (Fonte Robert Ananyan).

Genocidio che non si condanna,
genocidio che si giustifica,
genocidio che si ripete.

Kamal Jafarov.

Strabiliante, questo esemplare rappresentante dell’autocrazia dell’Azerbajgian al Consiglio Europeo giustifica il genocidio armeno 1915 mentre l’Azerbajgian compie il genocidio armeno 2023 con il #ArtsakhBlockade. Il parlamentare Kamal Jafarov [1] nel suo articolo su Azpolitika.info del 25 agosto 2023 paragona gli attivisti azeri contro la guerra a Mammad Amind Rasulzadeh (uno dei fondatori della Repubblica di Azerbajgian del 1918) e afferma che “la storia ha dimostrato che Talat Pasha ed Enver Pasha avevano ragione”. Questo articolo è un esempio per comprendere il concetto di “pace” secondo Ilham Aliyeb: Armenia è Azerbajgian occidentale e se la riprenderanno con la forza, una volta risolto il “problema Karabakh”:

«Il 15 agosto, sotto il nome di “Casa della Partecipazione”, un gruppo di giovani presumibilmente contrari alla guerra (No war fans) ha tenuto un incontro contro il nostro Paese. Anche io ho guardato quel video ieri. È assolutamente impossibile scrivere qui quello che hanno detto i giovani che sono intervenuti lì. Tuttavia, la tesi principale di questo gruppo è che l’Azerbajgian avrebbe occupato il territorio dell’Armenia e, come gli Armeni, chiedono l’apertura della strada Lachin-Khankendi [Corridoio di Berdzor (Lachin), strada Goris-Kornidzor-ponte Hakari-Berdzor (Lachin)-Shushi-Stepanakert]. (…)
Questo gruppo ha anche affermato che nel 2020 l’Armenia ha restituito pacificamente le nostre terre occupate e, anche se non le restituiranno [il resto della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non ancora occupato e sotto assedio dal 12 dicembre 2022], non potremo fare la guerra. L’integrità territoriale può essere raggiunta solo attraverso la pace. Un simile concetto di “pace” è un approccio molto pericoloso. È a causa di questo concetto di “pace” che nel corso della storia abbiamo subito la perdita di terre.
Così, nel libro “La questione dell’Azerbajgian nelle relazioni turco-russe” pubblicato nel 2011, il cui redattore scientifico era Jamil Hasanli, si menziona le conferenze di Trabzon e Batum. A differenza delle delegazioni armena e georgiana, Rasulzadeh e MH Hajinsky erano amanti della pace e non incoraggiavano la guerra. Le delegazioni armena e georgiana non hanno accettato le richieste legate alla Pace di Brest-Litovsk. Erano persino pronti ad andare in guerra per questo. La delegazione azera ha mantenuto principi molto rigorosi in materia di “pace”.
Pertanto, il Primo Ministro dello Stato ottomano, Talat Pasha, che a quel tempo aveva l’influenza principale nel Caucaso, e il Ministro della Guerra, Enver Pasha, si opposero fermamente alla creazione dello stato armeno [*]. Documenti storici e corrispondenza mostrano che Talat Pasha ed Enver Pasha proposero la creazione di due stati nel Caucaso meridionale: uno stato georgiano e uno musulmano, la divisione dei territori abitati dagli Armeni tra questi due stati, e “per sradicare il foruncolo!” per quanto riguarda la questione armena.
Questi studi sono dettagliati nei libri del Dottor Vasif Gafarov, capo del gruppo scientifico “Genocidio contro gli Azeri: storia e concetto”. Le ricerche di V. Gafarov mostrano che M. A. Rasulzadeh e MH Hajinsky sono stati i protagonisti della questione dello stato armeno, a differenza dei georgiani, hanno insistito sulla creazione dello stato armeno. Anche la delegazione dell’Azerbajgian ha scritto a Enver Pasià il 23 maggio affermando che l’idea di un Caucaso unificato sarebbe distrutta con la creazione di soli due stati.
Per la creazione dello Stato armeno, il 29 maggio, un giorno dopo la dichiarazione di indipendenza del 1918, il Consiglio nazionale dell’Azerbajgian ha preso la decisione illegale, ingiusta e unilaterale di consegnare Yerevan agli Armeni.
Questa decisione era illegale perché c’erano 44 membri del Consiglio nazionale, e 16 persone hanno votato a favore, 1 persona contro e 3 persone si sono astenute dalla decisione relativa al trasferimento di Yerevan agli Armeni. Per una questione così importante non era necessaria solo la maggioranza dei due terzi, ma anche il quorum (partecipazione di più della metà dei membri). Successivamente, per legittimare questa decisione, il numero dei partecipanti all’incontro è stato portato a 28 persone.
In secondo luogo, questa decisione è stata ingiusta perché è stata presa senza tener presente l’opinione degli Azeri che vivono a Yerevan e senza discutere con loro la questione. Dopo la presa della decisione, nella riunione del Consiglio nazionale tenutasi il 1° giugno 1918, i membri del Consiglio di Yerevan – Mir Hidayat Seyidov, Bagir Rzayev e Nariman bey Narimanbeyov – protestarono ufficialmente contro la decisione del Consiglio nazionale “Iravan di fare concessioni all’Armenia”. Il Consiglio nazionale ha rifiutato di discutere il documento di protesta dei suoi membri di Erevan e ha deciso di inserirlo nel verbale. Tuttavia, per qualche motivo, quella lettera di protesta al momento non è presente nell’archivio, sembra che qualcuno l’abbia “persa”.
La terza è una decisione unilaterale perché lo Stato armeno non ha preso alcuna decisione riguardo al fatto che non rivendicherà il Karabakh in futuro, si è trattato solo di un accordo tra gentiluomini.
Oltre ai principi del diritto e della giustizia universali, esiste una realtà semplice per il cittadino comune. La terra può essere conquistata, la terra può essere restituita e persino la terra può essere persa in guerra. Tuttavia, non importa quale sia il costo, non importa quale sia il motivo, non è possibile commerciare sulla terra senza combattere. Questo è tradimento. Non dimenticheremo mai questo tradimento, non permetteremo che venga dimenticato.
Di conseguenza, il governo ottomano, tenendo conto dell’insistenza della delegazione azera, ha acconsentito alla creazione dello Stato armeno. Lo stato armeno è stato fondato anche a Iravan [Yerevan], che è il territorio dell’Azerbajgian. Furono gli Ottomani a riconoscere di fatto per la prima volta lo Stato armeno.
Alcune persone associano il motivo per cui la delegazione azera era così docile e pacifica alla mancanza di influenza tra la popolazione locale. Perché durante il genocidio di marzo del 1918, la fazione musulmana, da loro rappresentata, non poteva utilizzare il potere del governo transcaucasico per impedire il genocidio contro di noi.
In ogni caso, la storia dimostrò che Talat Pascià ed Enver Pascià avevano ragione, e anche meno di un mese dopo, lo stesso Rasulzade, nel suo incontro con i funzionari ottomani alla conferenza di Istanbul del 1918, ammise l’errore riguardo alla creazione dello Stato armeno: gli Armeni non hanno mantenuto la parola data e sono diventati un grosso problema per l’Azerbajgian.
La realtà dei giorni nostri è che alcuni “intellettuali” e l’opposizione radicale non accettano l’errore stesso di Rasulzadeh. Al contrario, Ali Karimov, Jamil Hasanli e altri giustificano il trasferimento delle nostre terre ancestrali all’Armenia. E non hanno il diritto di parlare a nome nostro. La comunità dell’Azerbajgian occidentale [Armenia] li odia, il popolo azerbajgiano li odia. Nessun potere può impedirci di tornare a Yerevan in pace.
L’incontro del Presidente dell’Azerbajgian con la comunità dell’Azerbajgian occidentale nel giorno del suo compleanno mostra anche quanto questa intenzione sia sincera e di alta priorità politica.
Torneremo anche nelle nostre terre ancestrali, vivremo lì e festeggeremo il compleanno del Signor Presidente sulla riva del lago Goycha [che vuol dire “lago nero”, il turco nome del lago Sevan, il più grande lago dell’Armenia ed uno dei più grandi laghi d’alta quota al mondo].
Oggi speriamo che i sostenitori del “No alla guerra” almeno si rendano conto presto dei loro errori, come Rasulzadeh. Poiché coloro che fanno affermazioni così sciocche non possono essere Azeri, anche dal punto di vista legale non hanno coscienza.
Il deputato Kamal Jafarov».

[1] Kamal Jafarov (Baku, 15 decembre 1989) è deputato del Parlamento dell’Azerbajgian, Presidente della sottocommissione per i diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) – una vergogna, vista la classifica dell’Azerbajgian dal punto di vista dei diritti umani – e Capo del Centro di formazione anticorruzione presso l’ufficio del procuratore generale – una barzelletta, visto che il regime azerbajgiano è tra i più corrotti al mondo. È membro del Gruppo dei Conservatori Europei e dell’Alleanza Democratica – esilarante, per il rappresentante di un Paese che pubblica i risultato delle elezioni prima del termine del voto – presso PACE. Che l’Azerbajgian lì è ancora ammessa è un incoraggiamento per la politica anti-armeno di Ilham Aliyev.

[2] Tre Pascià fu il nome con cui venne indicato il triumvirato dittatoriale che guidò l’Impero ottomano fra il 1913 e la fine della Prima Guerra Mondiale. Il Triumvirato dei Giovani Turchi era composto da Mehmed Talat Pascià, Gran Visir e Ministro dell’Interno, Ismail Enver Pascià, Ministro della Guerra e Ahmed Cemal Pascià, Ministro della Marina. Questi tre uomini furono le figure politiche dominanti dell’ultimo periodo della storia dell’impero ottomano, prima della sua dissoluzione. Secondo lo storico Hans-Lukas Kieser, il potere di Talat aumentò nel tempo e eclissò gli altri due. In quanto governanti de facto, i Tre Pascià sono considerati i fautori del genocidio armeno e, nonostante tutti e tre fossero riusciti a fuggire, Talat Pascià (gli Armeni lo chiamano l’Hitler turco) e Cemal Pasià furono giustiziati in esilio rispettivamente nel 1921 e nel 1922, da membri della Federazione Rivoluzionaria Armena, nell’ambito dell’Operazione Nemesis. Enver Pascià morì in un’imboscata dell’Armata Rossa in Tagikistan nel 1922 mentre cercava di sollevare una insurrezione musulmana anti-russa.

Il diritto all’autodeterminazione del Nagorno-Karabakh: metterlo all’ordine del giorno

L’Artsakh/Nagorno-Karabakh è una terra storica armena, con un’importante eredità cristiana, che nel 1923 contro la volontà della popolazione fu portata nella Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian dal criminale Stalin con lo status di Oblast Autonomo. Da allora, gli Armeni hanno subito opposizione, pogrom, guerre e adesso il #ArtsakhBlockade. In questo mese di agosto 2023 il Public International Law & Policy Group ha preparato un’analisi autorevole dei diritti fondamentali all’autodeterminazione e allo status autonomo dell’Artsakh/NagornoKarabakh. Di fronte alla minaccia di un genocidio imminente, hanno bisogno del sostegno immediato della comunità internazionale per sopravvivere in pace e sicurezza.

L’Iniziativa di pianificazione politica del Public International Law & Policy Group sostiene lo sviluppo di una pianificazione politica strategica a lungo termine che è cruciale per la responsabilità internazionale, la risoluzione dei conflitti globali e l’instaurazione della pace internazionale fornendo consulenza ai decisori politici, ai decisori politici e alle principali parti interessate.

Lo scopo del memorandum Il diritto all’autodeterminazione del Nagorno-Karabakh: metterlo all’ordine del giorno è quello di esporre la tesi secondo cui il popolo armeno del Nagorno-Karabakh ha diritto, come minimo, al diritto all’autodeterminazione interna e che i negoziati in corso dovrebbero prevedere una tutela significativa ed effettiva di questo diritto. In quanto tale, lo status autonomo del Nagorno-Karabakh durante l’era sovietica dovrebbe servire da punto di riferimento per le discussioni tra Armenia e Azerbajgian riguardo al futuro destino e allo status del popolo del Nagorno-Karabakh.

Il Public International Law & Policy Group chiarisce che questo memorandum non deve essere interpretato come un sostegno a un risultato specifico dei colloqui tra Armenia e Azerbajgian. Questo spetta alle parti negoziali determinarlo, in primo luogo, la popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il testo del memorandum [QUI].

«Coda per il pane a Stepanakert alle ore 23.00» (Ani Balayan, fotografo in Artsakh – Email).

Le interruzioni sistematiche di elettricità sono “normali” nel #ArtsakhBlockade, poiché l’Azerbajgian ha tagliato i cavi elettrici provenienti dall’Armenia e l’Artsakh deve organizzare la fornitura di elettricità in base alla propria capacità di produzione. La scarsità d’acqua influisce anche sulla fornitura di elettricità e ora le persone dell’Artsakh hanno energia elettrica per poche ore al giorno.

Al posto di blocco illegale sul Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari, gli Azeri hano rimosso lo stemma dell’Artsakh e le scritte armene da un’ambulanza che era in viaggio verso l’Armenia, trasportando pazienti.

Questo incidente, mostrato nel video [QUI], presenta un’ulteriore prova delle intenzioni sistematiche e genocide dell’Azerbajgian nei confronti dell’Artsakh volte alla pulizia etnica degli Armeni e della cultura armena dell’Artsakh. Sottolinea un modello che è diffuso in tutti gli strati della società azera e i vari livelli della politica statale, indicando un approccio profondamente radicato.

Il rappresentante personale del presidente dell’OSCE in carica, Andrzej Kasprzyk, si trova in Armenia dal 22 agosto per visitare la zona dove inizia il Corridoio di Berdzor (Lachin) e riferire sulla situazione attuale. Kasprzyk ha visitato Kornidzor, dove i camion con gli aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia per alleviare la crisi umanitaria nell’Artsakh aspettano di entrare da oltre un mese.

Aiuti umanitari dagli enti locali francesi per l’Artsakh.

Dopo che l’Armenia non ha presentato una proposta di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Francia si prepara a presentare una risoluzione per fornire aiuto ai 120.000 Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha riferito il Vicedirettore di Le Figaro Jean Christophe Buisson. Nel suo articolo ha scritto inoltre che Parigi e le principali regioni francesi invieranno un convoglio umanitario in Armenia per l’Artsakh/Nagorno-Karabakh la prossima settimana.

Su richiesta del Consiglio di coordinamento delle organizzazioni armene in Francia (CCAF), il sindaco di Parigi ha preso l’iniziativa di lanciare un appello alle autorità locali francesi affinché organizzino un convoglio umanitario per la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, isolata dal mondo dal 12 dicembre 2022. L’Ile-de-France, l’Alvernia-Rodano-Alpi, l’Alta Francia, l’Occitania Provenza-Alpi-Costa Azzurra, i Paesi della Loira e diverse città francesi sostengono questo progetto. Anne Hidalgo, Xavier Bertrand, Bruno Retailleau, Jeanne Barseghian, nonché Patrick Karam e Michèle Rubirola hanno deciso di accompagnare questo convoglio di 10 camion che arriverà a Kornidzor il 30 agosto alle ore 12.00, dove si aggiunge ai 22 camion in attesa di poter entrare nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il CCAF ha ringraziato le comunità francesi per il loro sostegno finanziario e per il coraggio dell’impegno politico e fisico degli amministratori locali coinvolti in questo progetto. Da parte sua, chiede alle autorità francesi ed europee di attuare mezzi diplomatici ad hoc per consentire ai camion carichi di beni di prima necessità di superare il posto di blocco illegalmente installato dall’Azerbajgian e di arrivare a destinazione.

Mentre la carestia si sta per abbattere sulla popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, è più che mai tempo di solidarietà, azione e sanzioni contro i responsabili del dramma umanitario che si svolge davanti ai nostri occhi, nella passività generale.

Secondo le informazioni provenienti dall’Armenia, i Sindaci di Parigi e di Strasburgo, Anne Hidalgo e Jeanne Barseghian, i Senatori Bruno Retailleau e Xavier Bertrand, e rappresentanti di alto rango delle principali regioni della Francia. arriveranno in Armenia il 29 agosto. Porteranno con sé in Armenia gli aiuti umanitari destinati agli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh condannati alla fame dall’Azerbajgian. Secondo le prime informazioni, i politici francesi accompagneranno il convoglio umanitario composto da una decina di camion, che portano cibo, soprattutto per i bambini.

Oltre ai 21 camion armeni già bloccati all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin), c’è anche un camion carico di carichi umanitari raccolti grazie agli sforzi delle città e regioni francesi. A questo camion si aggiungeranno adesso i 10 nuovi camion carichi di supporto francese.

Nel inviare un maggiore sostegno umanitario agli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, la Francia sta inviando anche un messaggio all’Azerbajgian, con l’intenzione di aumentare la pressione e che non accetta l’attuale situazione di stallo.

In un’intervista alla rivista Le Point, il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha difeso la sovranità del popolo e ha condannato il blocco da parte dell’Azerbajgian, definendolo inaccettabile. Nell’intervista Macron ha osservato che non è più il momento della diplomazia e che il ruolo della Francia nell’accesso umanitario è quello di esercitare pressioni [*].

La Francia, superpotenza nucleare, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e co-Presidente del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa, dimostra di essere un membro responsabile della comunità internazionale e non si accontenta di lanciare solo appelli per superare la crisi umanitaria in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Sarebbe encomiabile se anche le altre superpotenze occidentali intensificassero i loro sforzi e passassero dallo stile degli appelli alle azioni concrete. Per quanto riguarda l’Italia, così impegnata a mandare armi e sostegno militare in Ucraina e in Azerbajgian, non è arrivata neanche al livello degli appelli. Vergogna. Nessuno in Armenia si aspetta che gli USA o l’Unione Europea bombardino Baku. Esistono molti strumenti umanitari che possono essere utilizzati per rendere più pratici gli sforzi per aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) e non cadere nella trappola genocida delle “strade alternative”.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno ripetutamente invitato l’Azerbajgian ad aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), ma Baku ha respinto (meglio, ignorato e cestinato) questi appelli civili. L’Azerbajgian ignora deliberatamente gli appelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea a screditarli e a dipingerli come attori incompetenti. Questa tattica dell’Azerbajgian viene utilizzata con successo dalla Russia e dalle forze al servizio del Cremlino, che diffondono la propaganda antioccidentale. Questo è fatto apposta. L’autocrate guerrafondaio genocida Ilham Aliyev ha ripetutamente affermato e dimostrato che non ascolterà gli appelli civili e le esortazioni della comunità internazionale. È tempo che gli Stati Uniti e l’UE attivino i loro strumenti umanitari.

Risulta difficile immaginare che l’Azerbajgian vieterebbe l’ingresso nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh agli aiuti umanitari inviati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europa (non camion con armi come inviano in Ucraina). E se ciò dovesse accadere, gli attori internazionali avranno un’altra leva per esercitare sul regime autocratico dell’Azerbajgian pressioni più duri.

[*] Le Point: Ha parlato di un’Europa più ampia che arrivasse fino al Caucaso… Nel 2020, ha affermato che la conquista del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian era inaccettabile, ma l’Azerbajgian ha bloccato la regione per otto mesi. Luis Moreno Ocampo, ex Procuratore della Corte penale internazionale, ha definito il blocco “genocidio per fame”. Cosa fa?
Emmanuel Macron: Il nostro approccio è chiaro: deploriamo e condanniamo il blocco, ma non è più il momento della diplomazia. Abbiamo sempre detto che siamo a favore della sovranità del popolo.
La questione del Nagorno Karabakh è complicata. Non posso toccare gli aspetti più delicati di questo argomento. La Francia ha chiaramente condannato la guerra del 2020 e ha organizzato alcuni aiuti umanitari. Oggi stiamo facendo di tutto per stabilire una pace duratura tra Armenia e Azerbajgian e per proteggere i popoli e le culture. Questo trattato di pace è una necessità, ma deve rispettare il diritto internazionale.

Le Point: Anche nonostante il processo di genocidio segnalato dagli esperti internazionali?
Emmanuel Macron: Eviterei di usare questo termine affrettatamente. La situazione umanitaria è inaccettabile, soprattutto a causa della chiusura del Corridoio di Lachin. Il ruolo della Francia è quello di fare pressione per l’accesso umanitario e stiamo continuando a fare del nostro meglio per raggiungere questo obiettivo. In particolare, continuiamo ad adottare misure per garantire la consegna di cibo e medicine e mantenere il libero accesso al Nagorno-Karabakh. Inoltre, i confini dell’Armenia sono a rischio.

Lo staff del Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh ha pubblicato una scheda informativa sulle questioni relative alla fornitura di pane alla popolazione dell’Artsakh nella situazione del disastro umanitario creata dal blocco, sulle cause e sulle minacce di malnutrizione e fame che incombono sulle persone. La scheda completa è disponibile [QUI].

Juan E. Méndez, il primo Consigliere Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Genocidio, professore di diritti umani presso l’American University di Washington, in un rapporto ha tratto conclusioni ragionate basate sui fatti del #ArtsakhBlockade. Ha citato «casi di attacchi fisici ispirati da discorsi di odio» e «condizioni di vita che costituiscono difficoltà abbastanza gravi da indurre la comunità internazionale a esercitare le proprie responsabilità per proteggere quella popolazione».

Méndez ha affermato che la mancata osservanza da parte dell’Azerbajgian dell’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite di fermare il blocco dei prodotti alimentari e l’assistenza umanitaria ai 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh rappresenta un “allarme precoce” che offre al mondo la possibilità di prevenire un genocidio.

«L’Azerbajgian ha ignorato le richieste del Segretario Generale delle Nazioni Unite, del Segretario di Stato americano e del Presidente francese di rispettare l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia e di aprire il Corridoio di Lachin», ha affermato Mendez, evidenziando che le spiegazioni offerte dall’Azerbajgian, la negazione dell’esistenza stessa di un blocco e l’offerta di strade alternative per fornire eventualmente cibo, confermano la sfida dell’Azerbajgian all’ordine della Corte Internazionale di Giustizia.

Méndez ha sottolineato che la stessa posizione dell’ONU, che ha ricoperto dal 2004 al 2007, era stata creata dall’allora Segretario Generale Kofi Annan proprio a causa della «debole reazione della comunità internazionale ai genocidi di Srebrenica nel 1993 e in Ruanda nel 1994». All’epoca si percepiva la necessità di un meccanismo per identificare i casi in cui vi era «un’alta probabilità di deterioramento fino al genocidio, crimini di guerra o crimini contro l’umanità», anche prima che la situazione fosse formalmente definita genocidio.

Méndez ha stilato suo rapporto su richiesta dell’Armenia e l’ha indirizzato all’Ambasciatore armeno presse le Nazioni Unite, Mher Margaryan. «Accogliamo con favore il rapporto Méndez che, dopo il rapporto Moreno Ocampo, è un altro chiaro appello al mondo a non distogliere lo sguardo quando decine di migliaia di persone vengono prese di mira da azioni genocide», ha affermato.

Il rapporto Méndez è stato diffuso alle Nazioni Unite e ieri mattina se ne è parlato nel corso di un incontro a porte chiuse tra diplomatici degli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di oltre 30 altri Stati. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sta valutando una serie di appelli per imporre la fine del blocco, provenienti da ambienti importanti.

«Focalizzo la mia analisi sul dovere di prevenzione della comunità internazionale», ha sottolineato Menez, affermando che ci sono «motivi sufficienti per lanciare un allarme precoce alla comunità internazionale che la popolazione dell’Artsakh/Nagorno Karabakh è a rischio di atrocità di massa». Questo costituisce una base sufficiente affinché la comunità internazionale possa attivare meccanismi di allerta precoce e il principio della responsabilità di proteggere.

Il rapporto Méndez e questo incontro all’ONU sono avvenuti due settimane dopo che Luis Moreno Ocampo, il primo Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, ha dimostrato nel suo rapporto che il blocco costituisce già in realtà un caso di genocidio. Gli Stati ora hanno ampie prove della necessità di agire per porre fine al blocco e non hanno più scuse per non comprendere il significato del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

Due avvocati argentini, Luis Moreno Ocampo e Juan E. Méndez, stanno facendo per l’Artsakh più del resto del mondo “civilizzato”. Va ricordato che all’inizio della sua carriera, Méndez si impegnò nella difesa di prigionieri politici. Di conseguenza, fu arrestato dalla dittatura militare argentina e sottoposto a tortura e detenzione per 18 mesi. Durante questo periodo, Amnesty International lo adottò come “Prigioniero di coscienza” e nel 1977 fu espulso dal Paese e si è trasferito negli Stati Uniti. Va ricordato anche il ruolo importante che ha svolto Moreno Ocampo nella transizione democratica in Argentina (1983-1991). Adesso, per fare tre a favore degli Armeni dell’Artsakh ci manca solo il Papa argentino, che – gesuiticamente – è pure amante del numero tre. Attendiamo con speranza e fiducia il rapporto Bergoglio.

Tra ieri e oggi, 25 e 26 agosto 2023, Marco Tosatti ha avuto il merito di pubblicare in due parti sul suo blog Stilum Curiae [QUI e QUI] la sua traduzione del rapporto sulla situazione nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dell’Avv. Luis Moreno Ocampo. In precedenti occasioni abbiamo già più volte segnalo il documento che ha diffuso [QUI] e che ha attirato l’attenzione dei media internazionali, stimolando un’impennata nella copertura mediatica del genocidio armeno in corso in Artsakh.

Segnaliamo

– Con la fame come arma, si annuncia un altro genocidio contro il popolo armeno dell’Artsakh di Magda Tagtachian/Telam – Nueva Revoluciön, 25 agosto 2023 [QUI]: «Genocidio che non viene condannato, genocidio che si ripete. È successo nel 1915 e succede oggi, come è successo nel 1939. Proprio nel Museo Memoriale del Genocidio di Yerevan, i muri riflettono questa frase di Hitler: “Dopo tutto, chi si ricorda degli Armeni?”».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Autorità del Nagorno-Karabakh, ‘subiamo una politica genocida’ (Ansa 26.08.23)

YEREVAN – “Quella in atto nei nostri confronti è una politica del genocidio, l’obiettivo di Baku è eliminare la popolazione indigena armena dalla loro patria. L’obiettivo dell’Azerbaigian non è altro che la ‘de-armenizzazione’ del Nagorno-Karabakh”. Lo dice in un’intervista all’ANSA Sergey Ghazaryan, ministro degli Esteri dell’autoproclamata repubblica del Nagorno Karabakh, l’enclave armena in territorio azero che da aprile vive in stato di isolamento dopo che le truppe azere hanno chiuso il passaggio dal corridoio di Lachin, l’unico accesso dall’Armenia ai territori dell’Alto Karabakh.

“La nostra situazione in questo momento è molto critica, siamo vicini ad una catastrofe umanitaria, mentre parliamo la vita di circa 120.000 persone è a rischio”, prosegue Ghazaryan intervistato a Yerevan. “Il Corridoio Lachin, la cui sicurezza è stata stabilita dalla dichiarazione trilaterale del cessate il fuoco del 2020, non è solo necessario per l’arrivo degli aiuti umanitari, è un elemento essenziale per la sicurezza del nostro popolo e per il nostro sviluppo socio-economico”, continua il rappresentante della repubblica non riconosciuta, sottolineando come “la sicurezza di tale passaggio sia un tassello fondamentale per raggiungere una pace duratura”.

Stando agli accordi di cessate il fuoco del 2020, il passaggio nella zona di Lachin doveva essere sotto il controllo delle forze d’interposizione russe, ma le truppe di Mosca hanno di fatto passato il controllo del posto di frontiera alle forze azere da questo aprile. Il rappresentante delle autorità del Karabakh non risparmia critiche all’Ue accusandola di “interagire regolarmente con l’Azerbaigian nonostante la azioni genocide che Baku sta attuando contro di noi”. Ghazaryan chiede infatti “sanzioni contro Baku”, e lamenta la lentezza dell’Ue nell’approvare misure contro l’Azerbaigian sottolineando come “questo comportamento dà all’Azerbaigian la fiducia nella propria impunità”. Riguardo alle garanzie di sicurezza per gli armeni del Karabakh, punto fondamentale del processo di pace in corso tra Armenia e Azerbaigian,

Ghazaryan insiste sulla necessità di “mediatori internazionali e un meccanismo internazionale ben progettato sul terreno”. In mancanza di garanzia di sicurezza per gli armeni del Karabakh, l’intero negoziato sarebbe infatti a rischio fallimento e tornerebbe “il pericolo di una ripresa delle ostilità, possibilità resa evidente dalle provocazioni, le violazioni del cessate il fuoco e le quotidiane minacce di ricorrere alla forza da parte dell’Azerbaigian”.

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Diocesi: Avezzano, inaugurata dal custode di Terra Santa la cappella dedicata al beato Salvatore Lilli (SIR 25.08.23)

“Il beato Salvatore e i suoi compagni, così come i martiri attuali, sono una provocazione per ognuno di noi, sacerdoti, religiosi e laici. Sono una provocazione per la nostra mentalità che cerca la sicurezza a tutti i costi perché abbiamo paura non solo di morire, ma anche di dare la vita”. Lo ha detto il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, inaugurando il 23 agosto scorso, a Cappadocia (Aq), la cappella dedicata al beato Salvatore Lilli, frate minore martirizzato, insieme ad altri suoi compagni, in Armenia nel 1895. “Salvatore e i suoi compagni – ha aggiunto – sono una provocazione per me e mi dicono: se non hai qualcuno per cui dare la vita ti mancherà anche un buon motivo per vivere. Quel qualcuno, per Salvatore e i suoi compagni, così come per i martiri di oggi, ma anche per ciascuno di noi si chiama Gesù Cristo”. Il custode di Terra Santa è stato accompagnato dal commissario generale di Terra Santa, fra Sergio Galdi d’Aragona, e da fra Vincenzo Ianniello. Ad accoglierli mons. Giovanni Massaro, vescovo di Avezzano, e da mons. Nareg Naamoyan, esarca del Patriarcato armeno cattolico per la Terra Santa e la Giordania, e dalle autorità locali. Presenti anche i Francescani della Provincia di San Bonaventura accompagnati dal postulatore generale delle cause dei santi, fra Gianni Califano, e dal padre provinciale, fra Luciano de Giusti. All’interno della chiesa sono state collocate delle teche contenenti le reliquie del beato. Per l’occasione la Custodia di Terra Santa ha mostrato al pubblico alcune sue lettere autografe e la Provincia francescana di San Bonaventura ha offerto alla venerazione dei fedeli il saio del beato Salvatore, proveniente dalla Spagna.
Salvatore Lilli, nativo di Cappadocia (Aq), partì come missionario nel 1873 in Terra Santa. Venne poi inviato a Marasc nell’Armenia Minore e lì vi rimase per quindici anni. A seguito delle sommosse politiche dei turchi contro gli armeni, il 22 novembre 1895, fu arrestato con altri cristiani e condotto a Marasc; lungo il viaggio vennero più volte invitati a rinnegare la religione cattolica e a darsi alla fede di Maometto, se volevano salvare la vita. Al loro deciso rifiuto furono uccisi a colpi di baionetta, e i loro corpi furono dati alle fiamme in una zona chiamata Mujuk-Deresi. Sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.

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Nella Marsica una cappella per fra Salvatore Lilli (Terrasanta.it

Artsakh. C’è un genocidio di armeni in corso. Interessa a qualcuno? (I) (Stilum Curiae 25.08.23)

Marco Tosatti

Cari amici e minimo di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione, nella nostra traduzione, questo studio di Luis Moreno Ocampo, già Procuratore capo della Corte penale internazionale, avvocato, uomo che ha svolto un ruolo importante nella transizione democratica in Argentina. Questa è la prima parte del documento. A questo collegamento trovate tutte le notizie sulla crisi pubblicate da Korazym.org. Buona lettura e diffusione.

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Opinione dell’esperto

 

 

Genocidio contro gli armeni nel 2023 

Luis Moreno Ocampo

New York, 7 agosto 2023

È in corso un genocidio contro 120.000 armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, noto anche come Artsakh.

Il blocco del corridoio di Lachin da parte delle forze di sicurezza azere, che impedisce l’accesso a cibo, forniture mediche e altri beni di prima necessità, dovrebbe essere considerato un Genocidio ai sensi dell’articolo II, (c) della Convenzione sul Genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica”.

Non ci sono crematori e non ci sono attacchi con il machete. L’inedia è l’arma invisibile del genocidio. Senza un immediato cambiamento drastico, questo gruppo di armeni sarà distrutto in poche settimane.

L’inedia come metodo per distruggere le persone è stata trascurata dall’intera comunità internazionale quando è stata usata contro gli armeni nel 1915, gli ebrei e i polacchi nel 1939, i russi a Leningrado (oggi San Pietroburgo) nel 1941 e i cambogiani nel 1975/1976. La fame è stata trascurata anche quando è stata usata a Srebrenica nell’inverno 1993/1994.

Analizzando il caso di Srebrenica, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che la “privazione di cibo, cure mediche, riparo o vestiario” costituisce un genocidio ai sensi dell’articolo II(c) della Convenzione sul genocidio.

 

Gli Stati firmatari della Convenzione sul genocidio hanno assunto il dovere di prevenire e punire il genocidio. La Corte internazionale di giustizia ha stabilito che gli Stati contraenti non devono “aspettare che la perpetrazione del genocidio abbia inizio” e che “il senso dell’obbligo è quello di prevenire o tentare di prevenire il verificarsi dell’atto”.

Questo rapporto analizza:

  1. L’esistenza di un genocidio in corso nel Nagorno-Karabakh. 2. Come indagare sui responsabili del genocidio?
  2. Come prevenire la distruzione definitiva del gruppo armeno?
  3. Genocidio nel Nagorno-Karabakh nel 2023

Esiste una base ragionevole per ritenere che nel 2023 verrà commesso un genocidio contro gli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh.

La Corte internazionale di giustizia, su richiesta dell’Armenia, ha già analizzato il blocco del corridoio di Lachin. La Corte si è concentrata sulla responsabilità dello Stato per presunte violazioni della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale piuttosto che sulla responsabilità penale individuale per la commissione di un genocidio.

Pur basandosi su una serie diversa di obblighi statali, la Corte ha confermato il verificarsi degli elementi materiali del Genocidio che sono enunciati nell’articolo II, (c) della Convenzione sul Genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica”.

Le conclusioni preliminari della Corte hanno ritenuto “plausibile” che il blocco del corridoio di Lachin abbia prodotto “un rischio reale e imminente” per la “salute e la vita” di un gruppo etnico, “gli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh”.

 

L’intenzione, un elemento soggettivo richiesto dal crimine di Genocidio, dovrebbe essere dedotta dai fatti e dalle dichiarazioni del Presidente Aliyev, che ha l’autorità suprema in Azerbaigian.

Il Presidente Aliyev, in un processo equo, avrebbe la possibilità di fornire una diversa interpretazione degli indizi. Nel frattempo, c’è una ragionevole base per credere che il Presidente Aliyev abbia intenzioni genocide: ha consapevolmente, volontariamente e volontariamente bloccato il Corridoio di Lachin anche dopo essere stato messo in guardia sulle conseguenze delle sue azioni dagli ordini provvisori della CIG.

I fatti sono questi:

  1. Il Presidente Aliyev ha deliberatamente bloccato la fornitura di beni di prima necessità agli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh.
  2. Ha apertamente disobbedito all’ordine specifico della Corte internazionale di giustizia di “garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”.
  3. L’ordine della Corte internazionale di giustizia lo ha messo al corrente del “rischio reale e imminente” creato dal blocco per la “salute e la vita” di un gruppo armeno.

Le dichiarazioni pubbliche del Presidente Aliyev, che afferma che il blocco è la conseguenza del contrabbando di minerali e telefoni cellulari attraverso il Corridoio di Lachin, sono un diversivo.

Le attività di contrabbando dovrebbero essere adeguatamente indagate, ma non sono una scusa per disobbedire a un ordine vincolante della Corte internazionale di giustizia o una giustificazione per commettere un Genocidio.

  1. Il Presidente Aliyev potrebbe essere indagato dalla Corte penale internazionale?

L’articolo IV della Convenzione sul genocidio stabilisce che “le persone che commettono un genocidio saranno punite”, anche se “sono governanti costituzionalmente responsabili”. Ma non esiste un sistema giudiziario penale indipendente pronto a indagare sul crimine di genocidio presumibilmente commesso dal presidente Aliyev.

 

Il Presidente Aliyev non può essere indagato da alcuna autorità nazionale straniera perché gode dell’immunità in quanto capo di Stato.

La Corte penale internazionale offre una giurisdizione in cui tale immunità non si applica. Ci sono tre modi per avviare un’indagine della CPI per la commissione dei crimini nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh:

1) L’Azerbaigian diventa uno Stato parte (articolo 12, paragrafo 1, dello Statuto di Roma);

2) l’Azerbaigian accetta la giurisdizione della Corte sul suo territorio (articolo 12, paragrafo 3, dello Statuto di Roma); oppure

3) Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deferisce la situazione del Corridoio di Lachin e del Nagorno-Karabakh dopo il dicembre 2022 alla Corte penale internazionale (articolo 13(b) dello Statuto di Roma).

Ma l’Azerbaigian non è uno Stato parte dello Statuto di Roma (articolo 12(1)), il trattato che istituisce la Corte penale internazionale, e non ha accettato la giurisdizione della Corte (articolo 12(3)). Di conseguenza, è necessaria un’azione immediata da parte dello Stato per adottare una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che deferisca la situazione del Corridoio di Lachin e del Nagorno-Karabakh alla Corte penale internazionale.

Ci sono dei precedenti. Nel marzo 2005, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1395, che ha deferito la situazione del Darfur, in Sudan, alla Corte penale internazionale.  Cinque anni dopo, il presidente Omar Al Bashir è stato incriminato per genocidio.

Nel febbraio 2011, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deferito alla Corte la situazione in Libia. Nel giugno 2011 la CPI ha emesso un mandato di arresto per Muammar Gheddafi per crimini di guerra e contro l’umanità.

L’ottenimento di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che preveda la giurisdizione della CPI dovrebbe essere fattibile. In base alla Convenzione sul genocidio, gli Stati parte hanno l’obbligo di prevenire e punire il genocidio e 14 degli attuali 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono anche parti di tale Convenzione, il che rappresenta una maggioranza schiacciante.

 

La Francia ha proposto, già nel 2013, che i cinque membri permanenti del Consiglio sospendano volontariamente e collettivamente l’uso del veto in caso di Genocidio e altre atrocità di massa.

  1. Come prevenire la distruzione finale del gruppo armeno?

Il Presidente Aliyev e la comunità internazionale hanno la rara opportunità di prevenire ulteriori vittime e la “distruzione fisica” di un gruppo in questo Genocidio. Una prevenzione tempestiva richiede l’adozione di decisioni politiche urgenti,

  1. interrompere il blocco e ristabilire la fornitura di beni di prima necessità al Nagorno-Karabakh entro una o due settimane, e
  2. b) soluzioni istituzionali alle rivendicazioni territoriali contestate. Dovrebbe essere adottata prima del maggio 2025 perché, in quel momento, l’Azerbaigian può chiedere la fine della protezione dei peacekeeper russi.

Per motivi di design, non ci sono autorità centrali a livello internazionale per adottare tali misure urgenti. Una sentenza specifica della Corte internazionale di giustizia sul genocidio, sanzioni intelligenti e altri strumenti diplomatici classici non sarebbero abbastanza rapidi e forti.

Nel breve periodo, che è cruciale per fermare il Genocidio per fame in corso, il dovere di prevenzione sarebbe definito esclusivamente dall’interesse degli Stati coinvolti nel conflitto.

Nell’aprile 1994, la maggior parte dei membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si rifiutò di chiamare “Genocidio” ciò che stava accadendo in Ruanda. Durante il dibattito, l’ambasciatore ceco contestò l’intensa attenzione verso un negoziato per raggiungere un nuovo cessate il fuoco, che paragonò al chiedere agli ebrei di raggiungere una tregua con Hitler.

 

In “A Problem from Hell”, Samantha Power spiega il ruolo cruciale dei cittadini nel trasformare gli interessi dei leader nazionali in un Genocidio all’estero. La voce degli armeni della diaspora potrebbe ridurre il fallimento di progetto creato dall’architettura giuridica internazionale. Dovrebbero essere mobilitati in tutto il mondo per raggiungere i leader nazionali e promuovere soluzioni pragmatiche.

La Russia, responsabile del mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh, e gli Stati Uniti, promotori degli attuali negoziati tra Armenia e Azerbaigian, sono Stati firmatari della Convenzione sul genocidio, così come tutti i membri dell’Unione Europea. Hanno una posizione privilegiata per prevenire questo genocidio. Il loro intenso confronto dovuto al conflitto ucraino non dovrebbe trasformare gli armeni in vittime collaterali.

È possibile aiutare i leader europei, russi e statunitensi a raggiungere una posizione comune per fermare il Genocidio armeno in corso? Se riuscissero a trovare un accordo, il cibo arriverebbe agli armeni in un giorno.

Il conflitto nel Nagorno-Karabakh è un’opportunità per la comunità internazionale di sviluppare una soluzione innovativa e armoniosa per prevenire il genocidio.

Ai sensi dell’articolo 16 dello Statuto di Roma, un’indagine penale potrebbe essere sospesa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per trovare una soluzione definitiva ed equa.

Il Presidente Aliyev ha chiesto: “Perché la Spagna non permette alla Catalogna di avere un referendum? Perché dovremmo tollerare il separatismo?”. La risposta semplice alle complesse questioni di sovranità implicate nella domanda è che la Spagna non sta commettendo un genocidio per controllare gli sforzi separatisti.

  1. Contesto 1. Storia

Il Nagorno-Karabakh, conosciuto come Artsakh dagli armeni, è abitato prevalentemente da persone di etnia armena, che vi risiedono da oltre 20 secoli.1 Si trova in un’area montuosa senza sbocco sul mare nel Caucaso meridionale. Dal punto di vista istituzionale, gode di un’autonomia de facto, sebbene faccia parte del territorio riconosciuto dell’Azerbaigian.

Dopo la rivoluzione russa del 1917, l’Armenia e l’Azerbaigian sono emersi come Stati indipendenti, l’Azerbaigian per la prima volta. Le prime repubbliche di Armenia e Azerbaigian rivendicarono entrambe il Nagorno-Karabakh. Entrambe le repubbliche hanno continuato ad avanzare pretese giurisdizionali sul Nagorno-Karabakh, mentre la popolazione armena autoctona ha respinto i tentativi di conquista dell’Azerbaigian. Durante l’Unione Sovietica, il Nagorno-Karabakh è diventato un oblast’ autonomo, una divisione amministrativa o regione, all’interno dell’Azerbaigian.

 

  1. Guerra nel 1992/1994

Nel 1988 il Nagorno-Karabash adottò una risoluzione che chiedeva di essere trasferito all’Armenia, scatenando conflitti e violenze. All’inizio del 1992, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, la regione è precipitata in una vera e propria guerra tra Armenia e Azerbaigian.

Nel maggio 1994 fu firmato un cessate il fuoco con la mediazione della Russia. A seguito di una vittoria militare, l’Armenia consolidò l’autonomia della regione del Nagorno-Karabakh e occupò i territori azeri circostanti. Furono condotti negoziati di pace, ma non furono mai conclusivi. Il Nagorno-Karabakh è diventato la Repubblica di Artsakh con un proprio governo, ma non è mai stato riconosciuto da nessun membro delle Nazioni Unite.

  1. La guerra del 2022 e l’accordo trilaterale

Nel 2020 è iniziata una seconda guerra, durata 44 giorni, in cui l’Azerbaigian ha recuperato i territori persi nella prima guerra intorno al Nagorno-Karabakh, compresi i distretti di Agdam, Kalbajar e Lachin.

Il 9 novembre 2020, l’Azerbaigian, l’Armenia e la Russia hanno firmato la Dichiarazione trilaterale che pone fine alla guerra tra i primi due Paesi, riconoscendo la nuova situazione e stabilendo accordi speciali relativi al Nagorno-Karabakh2.

L’autonomia di fatto del Nagorno-Karabakh non è stata menzionata, ma l’Azerbaigian ha autorizzato la presenza di forze di pace russe per proteggere gli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh e il ruolo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per facilitare il ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati nel territorio del Nagorno-Karabakh.

 

“Il corridoio di Lachin (largo 5 km), che garantirà le comunicazioni tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia… resterà sotto il controllo del contingente di pace della Federazione Russa” per cinque anni.3 “La Repubblica dell’Azerbaigian garantirà la sicurezza della circolazione dei cittadini, dei veicoli e delle merci in entrambe le direzioni lungo il corridoio di Lachin”.4 Una clausola simile richiedeva all’Armenia di garantire la sicurezza delle comunicazioni di trasporto tra la regione occidentale dell’Azebaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan.5

Dopo decenni di autonomia de facto, gli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh rischiano la discriminazione da parte dell’Azerbaigian. È degno di nota il fatto che la Federazione Russa abbia accettato di svolgere il ruolo di peacekeepers nella regione per “prevenire la morte di massa della popolazione civile del Nagorno-Karabakh “6 .

popolazione civile del Nagorno-Karabakh “6 .

  1. Armenia contro Azerbaigian davanti alla Corte internazionale di giustizia
  2. Il 16 settembre 2021, l’Armenia ha avviato un procedimento contro l’Azerbaigian presso la Corte internazionale di giustizia (CIG).

Corte internazionale di giustizia (CIG). L’Armenia ha sostenuto che “da decenni l’Azerbaigian sottopone gli armeni a discriminazioni razziali” in violazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (CERD)7 .

  1. Il 7 dicembre 2021, la Corte ha ritenuto che “la propaganda che promuove l’odio razziale e l’incitamento alla discriminazione razziale o ad atti di violenza contro qualsiasi gruppo di persone sulla base della loro origine nazionale o etnica può generare un ambiente pervasivo di carica razziale all’interno della società. Ciò è particolarmente vero quando la retorica che sposa la discriminazione razziale è utilizzata da alti funzionari dello Stato. Tale situazione può avere gravi effetti dannosi sugli individui appartenenti al gruppo protetto. Tali effetti dannosi possono includere, ma non sono limitati a, il rischio di danni fisici o psicologici e di angoscia “8 .

iii. Dopo aver esaminato le informazioni presentate, la Corte internazionale di giustizia ha ritenuto “plausibili i diritti asseritamente violati attraverso l’incitamento e la promozione dell’odio razziale e della discriminazione nei confronti di persone di origine nazionale o etnica armena da parte di funzionari di alto livello dell’Azerbaigian e attraverso la promozione dell’odio razziale e della discriminazione nei confronti delle persone di origine armena”.

vandalismo e profanazione del patrimonio culturale armeno” e ha aggiunto “che la presunta inosservanza dei diritti ritenuti plausibili dalla Corte… può comportare un pregiudizio irreparabile a tali diritti e che vi è urgenza, nel senso che vi è un rischio reale e imminente che tale pregiudizio venga causato prima che la Corte prenda una decisione definitiva sul caso”.9

  1. La Corte ha adottato una decisione unanime che ordina all’Azerbaigian di “prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’incitamento e la promozione dell’odio razziale e della discriminazione, anche da parte dei suoi funzionari e delle sue istituzioni pubbliche, nei confronti delle persone di origine nazionale o etnica armena”.10

Per giungere a tale conclusione, la Corte internazionale di giustizia ha preso in considerazione il fatto che “esiste un rischio reale e imminente che venga arrecato un pregiudizio irreparabile ai diritti rivendicati dinanzi alla Corte”, convalidando la denuncia dell’Armenia di espressioni di odio da parte di alti funzionari dell’Azerbaigian11.

L’Armenia ha affermato l’esistenza di “ossessive e continue espressioni di odio nei confronti di persone di origine nazionale o etnica armena da parte di politici e funzionari governativi di alto livello dell’Azerbaigian, compreso il Presidente”. Il Paese sostiene che questo clima di odio può avere conseguenze irreparabili, in particolare rendendo più probabili gli abusi fisici e mentali nei confronti di tutti gli armeni, “compresi quelli che vivono nel Nagorno-Karabakh”.12

 

  1. Rapporto del Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale

Nella sua ultima revisione periodica dell’Azerbaigian, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha espresso profonda preoccupazione per “l’incitamento all’odio razziale e la propagazione di stereotipi razzisti contro persone di origine nazionale o etnica armena, anche su Internet e sui social media, nonché da parte di personaggi pubblici”.

e funzionari governativi, e la mancanza di informazioni dettagliate su indagini, azioni penali, condanne e sanzioni per tali atti “13.

  1. Il blocco del corridoio di Lachin.

La mattina del 12 dicembre 2022, il Presidente Aliyev ha permesso a persone senza legami formali con l’apparato statale di bloccare il Corridoio di Lachin vicino alla città di Shushi o Shusha, compromettendo la fornitura di cibo, medicinali, petrolio e tutti gli altri beni di prima necessità al Nagorno-Karabakh. Il Presidente Aliyev ha negato il coinvolgimento dello Stato nella creazione del problema, ma ha giustificato l’azione per fermare la presunta esportazione illegale di risorse minerarie.

  1. La Corte europea dei diritti dell’uomo e le misure provvisorie della Corte di giustizia internazionale

L’Armenia ha portato il problema all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte internazionale di giustizia. La Corte ha affermato che “i 120.000 armeni del Nagorno-Karabakh sono ora interamente circondati dall’Azerbaigian, completamente tagliati fuori dall’accesso al mondo esterno”. Sono ora “effettivamente sotto assedio”.

  1. Il 21 dicembre 2022, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha valutato la responsabilità dello Stato e ha istruito l’Azerbaigian a “prendere tutte le misure che rientrano nella sua giurisdizione per garantire un passaggio sicuro attraverso il ‘Corridoio di Lachin’ a persone gravemente malate che necessitano di cure mediche in Armenia e ad altre che sono rimaste bloccate sulla strada senza un riparo o mezzi di sussistenza”.
  2. Il gennaio 2023, gli agenti dell’Azerbaigian davanti alla CIG hanno affermato che l’Armenia non ha dimostrato che “la protesta sta effettivamente bloccando la strada o ostacolando seriamente il flusso del traffico lungo di essa”; che “nella misura in cui il traffico è ostacolato, l’intenzione o l’effetto è stata la discriminazione razziale”; e che “l’Armenia non ha dimostrato che la protesta è stata ostacolata”.

Le conseguenze delle restrizioni sono state tali da comportare un rischio reale di pregiudizio irreparabile”. “L’Armenia cerca di nascondere il fatto che per quasi 30 anni ha sfruttato illegalmente i territori dell’Azerbaigian, ricchi di risorse, che ha invaso e occupato in violazione del diritto internazionale”.

iii. Il 22 febbraio 2023, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato che: “La Repubblica dell’Azerbaigian, in attesa della decisione finale sul caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, deve adottare tutte le misure a sua disposizione per garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”. 14 L’ordine è stato riaffermato il 6 luglio 2023.

  1. Il posto di blocco sul ponte del fiume Hakari

Il 23 aprile, l’Azerbaigian ha installato un posto di blocco sul ponte del fiume Hakari, bloccando il corridoio di Lachin, sostenendo che stava attuando la sentenza della Corte. I manifestanti hanno interrotto il loro intervento.

Il 15 giugno 2023, l’Azerbaigian ha inasprito la situazione, chiudendo completamente il corridoio di Lachin, l’ancora di salvezza del Nagorno-Karabakh. Da allora, al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e alle forze di pace russe è stato vietato di fornire aiuti umanitari.

 

L’ultimo tentativo è avvenuto il 26 luglio 2023, quando le forze dell’Azerbaigian non hanno permesso a un convoglio con carichi umanitari di passare attraverso il Corridoio di Lachin ed entrare nel Nagorno-Karabakh.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) ha dichiarato che, nonostante i suoi “sforzi persistenti”, non è attualmente in grado di “portare assistenza umanitaria alle popolazioni del Nagorno-Karabakh”.

popolazione civile attraverso il corridoio di Lachin o attraverso qualsiasi altra via, compresa Aghdam”.

  1. Esiste una base ragionevole per credere che il blocco del corridoio di Lachin, attuato dal 12 dicembre 2022, costituisca il crimine di Genocidio contro gli armeni del Nagorno-Karabakh?

Alcune istituzioni specializzate hanno già affermato che nel Nagorno-Karabakh è in corso un Genocidio.15 Come è accaduto in casi precedenti, il Genocidio, in particolare quando è commesso per fame, viene trascurato.

Si stima che nel 1915 circa 1 milione di armeni sia stato ucciso o sia morto di malattia e di fame e il mondo non l’ha fermato.16 La morte per fame dei bambini nel ghetto di Varsavia non ha prodotto alcuna reazione.17 Leningrado (oggi San Pietroburgo) è diventata una “prigione della fame”.18 “Un fattore che ha smorzato la comprensione del male del regime di Khmer Rouge è stato il fatto che molti cambogiani sono morti di fame e malnutrizione, che gli estranei hanno associato a forze economiche e climatiche “naturali””.19 “Le foto di prigionieri emaciati e i racconti dei rifugiati su torture, fame ed esecuzioni” hanno promosso false promesse di cambiamento a Srebrenica da parte del regime di Milosevic.20

 

1 Felix Light and Guy Faulconbridge, ‘Explainer: What is Nagorno-Karabakh – and why are tensions rising?’ (Reuters, April 24, 2023), https://www.reuters.com/world/asia-pacific/what-is-nagorno- karabakh-why-are-tensions-rising-2023-04-24/.

 

 

2 Statement by President of the Republic of Azerbaijan, Prime Minister of the Republic of Armenia and President of the Russian Federation (November 10, 2020) UN Doc. S/2020/1104.
3 Ibid., para 6(1)
4 Ibid., para 6(3).

Ibid., para 9.

 

6 ‘Decree of the Federation Council of the Federal Assembly of the Russian Federation on the use of a military unit of the Armed Forces of the Russian Federation in Nagorno-Karabakh’ (November 18, 2020), http://council.gov.ru/activity/documents/121580/.
7 Application of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination (Armenia v. Azerbaijan) (Application Instituting Proceedings) September 16, 2021, para 3.

Application of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination (Armenia v. Azerbaijan) (Order on Provisional Measures) [2021] ICJ Rep 361, para 83.

 

Ibid., paras 61, 88. 10 Ibid., para 91.
11 Ibid., para 88.
12 Ibid., para 74.

 

13 UN Committee on the Elimination of Racial Discrimination, ‘Concluding observations on the combined tenth to twelfth periodic reports of Azerbaijan’ (September 22, 2022) UN Doc. CERD/C/AZE/CO/10-12, para. 4(c).

 

 

14 See Application of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination (Armenia v. Azerbaijan) (Order on Provisional Measures) February 22, 2023, paras 62, 67. See also Application of the International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination (Armenia v. Azerbaijan) (Order on Request for Modification of Provisional Measures) July 6, 2023, para 30.

15 On February 1, 2023, the International Association of Genocide Scholars Executive and Advisory Boards stated: “Significant genocide risk factors exist in the Nagorno-Karabakh situation concerning the Armenian population.” Available at: https://genocidescholars.org/wp- content/uploads/2023/02/IAGS-EB-AB-Statement-on-Azeri-Blockade-of-Artsakh.pdf. On June 22, 2023, the Lemkin Institute for Genocide prevention issued a Red Flag Alert for Genocide, see Lemkin Institute for Genocide, ‘Azerbaijan Update #8’ (June 22, 2023), https://www.lemkininstitute.com/_files/ugd/ 391abe_2bdcf33e1e0d4acf95e82292efed03c8.pdf.

16 See Samantha Power, “A Problem From Hell”: America and the Age of Genocide (Basic Books 2002) 27; Taner Akçam, ‘The Armenian Genocide’ in Ben Kiernan et al. (eds), The Cambridge World History of Genocide, vol. III (Cambridge University Press 2023) 67, 83.
17 Power (n 16) 74. An official Nazi order commanded that “the basic provisioning of the Jewish Residential District must be less than the minimum necessary for preserving life, regardless of the consequences.” Economic Sector of Jewish Residential District in Warsaw, Order, 7 BFG 65 (April 19, 1941).

18 Ales Adamovich and Daniil Granin, Leningrad Under Siege: First-Hand Accounts of the Ordeal (Pen & Sword Books 2007) 190.
19 See Power (n 16) 179–80; Adam Jones, Genocide: A Comprehensive Introduction (Routledge 2006) 198; Ben Kiernan, ‘The Genocides in Cambodia, 1975–1979’ in Kiernan et al. (n 17) 518, 534.
20 Power (n 16) 580. See also Markéta Slavková, ‘Starving Srebrenica and the Recipes for Survival in the Bosnian War (1992–1995)’ (2019) 106 Český Lid 297.

257° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. L’ossessione-compulsione di Aliyev di annientare l’Artsakh è patologica (Korazym 25.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.08.2023 – Vik van Brantegem] – Alcuni membri chiave del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fingono di non essere a conoscenza dei tentativi di emettere una risoluzione sul #ArtsakhBlockade, mentre in realtà ostacolano tutti gli sforzi per ottenere tale risoluzione per esercitare una reale pressione sull’Azerbajgian affinché apre il Corridoio di Berdzor (Lachin) se termina il genocidio armeno 2023. Anche sostenere/favorire un genocidio è un crimine.

Intanto, il capo del quotidiano francese Le Figaro, Jean-Christophe Buisson, ha riferito ieri: «La Francia si prepara a presentare una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per aiutare i 120.000 abitanti dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sull’orlo della fame a causa del blocco imposto all’Azerbajgian. Parigi e le principali regioni francesi inviano la prossima settimana un convoglio umanitario diretto in Armenia». Tale risoluzione, nonostante l’evidente possibilità/probabilità di fallimento per un eventuale veto (russo) potrebbe avere un enorme impatto sulla dinamica della situazione in Artsakh. Oltre 20 camion con aiuti umanitari per l’Artsakh provenienti da Armenia e Francia sono bloccati da quasi un mese a Kornidzor, a ridosso del checkpoint illegale installato dalle forze armata azere presso il ponte Hakari. A chi possono nuocere cibo e beni di prima necessità? Un giorno Ilham Aliyev si dovrà pentire di essere nato.

Non si comprende ancora cosa significa e chi era a bordo, ma ieri il secondo business jet di Yevgeny Prigozhin, che era tornato a Mosca dopo lo schianto del primo nella regione di Tver, poi si è diretto a Azerbajgian, ed è atterrato a Baku.

«”Faccio le mie sincere condoglianze alle famiglie di tutti i morti per la catastrofe aerea. I dati preliminari dicono che a bordo si trovavano dirigenti della compagnia Wagner. Prigozhin lo conoscevo da molto tempo, dall’inizio degli anni Novanta. Ha commesso alcuni gravi errori nella vita, ma ha anche ottenuto i risultati necessari per sé stesso e per il bene comune quando gliel’ho chiesto. Era un uomo di talento, un imprenditore di talento”.
“Era”, appunto. L’uso del passato è il sigillo con cui Vladimir Putin ha confermato indirettamente ai russi e al mondo che Evgenij Prigozhin era sull’aereo precipitato mercoledì pomeriggio a poche decine di chilometri da Mosca. Con il capo della Wagner — lo «chef di Putin», il suo uomo nelle missioni militari più bieche, poi il contestatore troppo assiduo delle élite militari, infine l’imperdonabile ribelle che due mesi fa arrivò quasi a marciare su Mosca — c’erano altre nove persone, tra cui l’intera leadership della milizia mercenaria trasformatasi da corpo scelto del potere putiniano a scheggia impazzita del regime.
Sulla fine di Prigozhin non mancano gli interrogativi. Ma sul fatto che si tratti di un attentato — causato con ogni probabilità da una bomba sull’aereo — e su chi sia il mandante, il mondo ha pochi dubbi» (L’epitaffio di Putin su Prigozhin di Gianluca Mercuri – Prima Ora | Il Punto del Corriere della Sera, 25 agosto 2023).

«La Procura Generale dell’Azerbajgian ha emesso un mandato di ricerca nei confronti di un residente di Khankandi che promuove il separatismo su Telegram, contro di lui sono state adottate misure preventive».

Quindi, mentre l’Azerbajgian sta facendo morire di fame 120.000 Armeni con il suo crudele blocco, ha mantenuto la promessa che gli Armeni nell’Artsakh avranno “gli stessi diritti e libertà” degli Azeri, iniziando un procedimento penale contro un Armeno a Stepanakert per il suo canale Telegram. Kafkiano. Attendiamo di conoscere il suo nome, un’eroi nazionale dell’Artsakh.

L’Azerbajgian apre il Corridoio di Berdzor (Lachin) ma solo in uscita… con inoltre la minaccia di rapimenti. Neanche i morti possono entrare

Ci sono informazioni verificate sulla decisione unilaterale dell’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) per le uscite dall’Artsakh (Nagorno-Karabakh) ma non per gli ingressi. La situazione umanitaria resta tesa, con 400 tonnellate di aiuti in attesa all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin). Lo ha dichiarato il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, durante una riunione del governo. Ha affermato che l’unico cambiamento osservato è l’avvio del movimento dei cittadini bisognosi di cure mediche e di altri attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin), facilitato dalla Croce Rossa e dalle forze di mantenimento della pace russe nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Tradotto: l’apertura del corridoio solo per l’uscita dall’Artsakh, come si prevedeva, e spingere la popolazione dell’Artsakh di andarsene con l’uso dell’arma della fame, significa pulizia etnica dell’Artsakh in corso.

La leadership dell’Azerbajgian sta provocando uno scandalo politico internazionale. La diplomazia azera al suo meglio

I media statali azeri hanno riferito che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, non riceverà due politici “a causa della loro posizione filo-armena”. Si tratta dell’attuale presidente in carica dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Anjezë Kasparzik, e il Ministro degli Esteri del Regno del Belgio, Hadja Lahbib. I media azeri hanno riferito che Kasparzik e Lahbib, in visita a Yerevan, da lì avrebbero dovuto recarsi a Baku.

«Durante la sua visita in Armenia, il Ministro degli Esteri belga Hadja Lahbib ha espresso dichiarazioni filo-armene che sono lontane dalla realtà e non corrispondono alla situazione nella regione. Il capo del Ministero degli Esteri belga arriverà oggi in Azerbajgian come parte della visita nella regione», hanno riferito i media statali azeri.

Delle dichiarazione di Lahbib durante i suoi incontri istituzionali a Yerevan abbiamo riferito il 23 agosto [QUI].

Lahbib filo-armeno”? Come? Ha soltanto ribadito la posizione dell’Unione Europea sul #ArtsakhBlockade. Ha esortato l’Azerbajgian ad aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) in ambedue le direzioni, che è un suo obbligo ai sensi della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e degli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quindi chiunque si esprime contro la pulizia etnica e la fame di esseri umani come arma è “filo-armeno”?

A Viktor Krivopuskov è stato vietato di entrare in Armenia

All’intellettuale e patriota russo Viktor Krivopuskov, Presidente dell’Associazione russa di amicizia e cooperazione con l’Armenia, è stato negato l’ingresso in Armenia all’aeroporto internazionale Zvartnots di Yerevan. Lo ha riferito il canale Telegram dell’Unione degli Armeni di Russia, secondo cui Krivopuskov era arrivato a Yerevan da Mosca ieri mattina.

In passato Krivopuskov è stato capo dell’ufficio di rappresentanza Rossotrudnichestvo in Armenia dal 2009 al 2013 e Consigliere dell’Ambasciata russa in Armenia.

Il motivo della sua inclusione nell’elenco delle persone indesiderati non è stato reso noto.

Durante il Movimento Artsakh (il movimento popolare di massa sviluppatosi in Armenia tra il 1988 ed il 1992 con l’obiettivo di portare l’Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh, prevalentemente popolata da Armeni, dalla giurisdizione della Repubblica Socialista Sovietica azera a quella armena) lavorava per il Ministero degli Interni dell’USSR e fu inviato da Mosca all’NKAO, dove stabilì collegamenti con la resistenza dell’Artsakh e aiutò gli Armeni lì a vario titolo.

Va notato che nelle sue interviste alla stampa armena, Krivopuskov, esperto della storia del popolo armeno, ha difeso chiaramente la necessità del pieno esercizio del diritto all’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsakh e allo stesso tempo ha espresso sorpresa, per usare un eufemismo, per la politica delle autorità della Repubblica di Armenia di non risolvere la questione dell’Artsakh, ma di fallire. Krivopuskov è l’autore del libro Il Karabakh ribelle [QUI].

La dichiarazione della Società della Croce Rossa armena

La violazione da parte della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian dei principi fondamentali del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha provocato una risposta da parte della Società della Croce Rossa armena
La Società della Croce Rossa armena afferma che il coinvolgimento dell’organizzazione della Mezzaluna Rossa in questioni politiche, in particolare riguardo alla chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin) e dei percorsi alternativi, contraddice il principio di neutralità del Movimento Internazionale della Croce Rossa. Questo impegno nei processi politici è considerato una violazione significativa e va contro i valori umanitari sostenuti dal Movimento.
Inoltre, la Società della Croce Rossa armena esprime preoccupazione riguardo ai tentativi della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian di interferire con le operazioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Artsakh (Nagorno-Karabakh). Un esempio di tale ingerenza è l’incidente che ha comporta il rapimento di una persona sotto la protezione del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Per quanto riguarda la spedizione umanitaria bloccata vicino al ponte Hakari dal 26 luglio 2023, la Società della Croce Rossa armena suggerisce che la Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian potrebbe utilizzare le sue capacità umanitarie per incoraggiare la riapertura del corridoio, in linea con i principi umanitari.
La Società della Croce Rossa armena esorta tutti i membri del Movimento Internazionale della Croce Rossa, inclusa la Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian, a sostenere i principi del Movimento e a lavorare in modo collaborativo per compiere efficacemente la missione umanitaria.
Con un’eredità lunga 103 anni, la Società della Croce Rossa armena aderisce ai principi fondamentali del Movimento ed è attivamente impegnata nella gestione delle catastrofi, aiutando le popolazioni sfollate, fornendo assistenza medica e sociale, offrendo primo soccorso, favorendo il coinvolgimento dei giovani e promuovendo i valori umanitari.
In definitiva, l’obiettivo della Croce Rossa è alleviare la vulnerabilità mobilitando sforzi filantropici e offrendo aiuti essenziali a coloro che affrontano sfide socio-economiche.

Le possibilità di un incontro tra Azerbajgian e Artsakh

«Non è escluso che il governo del Nagorno Karabakh accetti l’offerta di incontrare i rappresentanti di Baku in Azerbajgian. Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh ha rilasciato una dichiarazione in cui non rifiuta l’opzione di andare in Azerbajgian, ma presenta anche le ragioni per cui negoziare in Azerbajgian è uno scenario pericoloso.
Ora lo racconterò nel dettaglio, per fare un’idea della situazione. Oggi [24 agosto], in una conversazione con il servizio armeno di Radio Liberty, un alto funzionario dell’Unione Europea ha confermato le informazioni da me riferite ieri [23 agosto], secondo cui il processo di organizzazione dei negoziati tra l’Azerbajgian e il Nagorno-Karabakh in un Paese neutrale è arrivato a un punto morto.
Gli sforzi dei mediatori occidentali non stanno dando risultati a causa della politica distruttiva dell’Azerbajgian. Un alto funzionario anonimo dell’Unione Europea ha affermato che il rappresentante speciale dell’Unione Europea, Toivo Klaar, e la squadra del Presidente Charles Michel sono in stretto contatto con Yerevan, Baku e Stepanakert, discutendo le opzioni per risolvere la situazione.
Il funzionario dell’Unione Europea ha detto che all’inizio del mese avrebbe dovuto svolgersi a Sofia un incontro tra Karabakh e Azerbajgian, ma che non si è concretizzato. Dopodiché, la questione di un nuovo incontro tra Stepanakert e Baku è al momento in fase di stallo: non c’è ancora una nuova proposta, e non si sa ancora quando e dove le parti si incontreranno.
Penso che l’Azerbajgian non accetterà mai più di tenere un incontro con i rappresentanti di Stepanakert in un Paese neutrale, a meno che non ci siano serie pressioni da parte degli Stati Uniti. Penso che sia improbabile che gli USA ricorrano a misure estremamente dure al punto da danneggiare Aliyev. La Russia ha proposto al Nagorno-Karabakh di incontrare gli Azeri nella città azera di Yevlakh, senza mediatori internazionali.
La Russia è al servizio dell’agenda dell’Azerbajgian sacrificando gli interessi dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. In realtà, con il sostegno della Russia, l’Azerbajgian ha interrotto l’incontro in un Paese neutrale. Prevedo che, non riuscendo a convincere l’Azerbajgian ad incontrare il Nagorno-Karabakh in un paese neutrale, che anche i mediatori occidentali spingeranno a tenere l’incontro sul territorio dell’Azerbajgian. Gli Stati Uniti non vogliono adottare misure dure contro l’Azerbajgian, affinché Baku non rinunci ai formati negoziali occidentali.
Non escludo che i diplomatici occidentali non vedano un’alternativa allo scenario di organizzare l’incontro Baku-Stepanakert in Azerbajgian. Non escludo che un’offerta del genere sia già stata fatta al Nagorno-Karabakh. Voglio ripetere che Baku e Mosca hanno reso difficile il lavoro dei diplomatici occidentali.
Perché l’Azerbajgian dovrebbe accettare di incontrarsi nei formati occidentali, dove sarà costretto a mostrare rispetto per Stepanakert, ascoltare le proposte degli armeni del Nagorno-Karabakh, cercare di negoziare in modo civile, offrire soluzioni, se la Russia fa un passo inequivocabile? Proposta azera?
Incontrarsi a Baku, a Barda o a Yevlakh significa rendere il conflitto del Karabakh una questione interna dell’Azerbajgian, se i mediatori non saranno presenti. In quell’incontro, Baku potrebbe minacciare di guerra gli Armeni del Nagorno-Karabakh se il piano di integrazione dell’Azerbajgian non sarà accettato incondizionatamente.
Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh ha risposto oggi a una pubblicazione del servizio Azerbajgiano della BBC, in cui si afferma che le autorità del Karabakh sarebbero pronte ad accettare l’apertura della strada Aghdam e che nei prossimi giorni si terrà un incontro tra le parti sul questo problema a Barda.
Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh nel suo comunicato non ha negato esplicitamente la possibilità di un incontro a Barda. Nella dichiarazione, il Nagorno Karabakh elenca le sue preoccupazioni riguardo all’incontro in Azerbajgian. “Per una soluzione globale del conflitto Karabakh-Azerbajgian, i negoziati dovrebbero procedere nel quadro del formato internazionale concordato tra le parti, che consentirà di garantire che i negoziati procedano in conformità con le norme e i requisiti del diritto internazionale. La parte del Karabakh, attraverso i mediatori, ha più volte avanzato proposte di incontri, ma la parte azera le ha respinte. Qualsiasi incontro nel territorio dell’Azerbajgian, soprattutto senza la presenza di mediatori internazionali, comporta rischi piuttosto grandi, soprattutto se si tiene conto del fatto del rapimento di Vagif Khachatryan sotto protezione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, in presenza delle forze di mantenimento della pace russe”.
Penso che la menzione dei Russi nel contesto della storia del rapimento di un cittadino del Nagorno-Karabakh non sia casuale. È probabile che il Nagorno-Karabakh stia chiarendo che le forze di mantenimento della pace russe non possono essere considerate mediatori affidabili o garanti della sicurezza, ed è necessario coinvolgere altri mediatori internazionali. Vedo questo messaggio.
Il Presidente del Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, si incontra in questi giorni con vari ambienti governativi, politici e pubblici del Nagorno-Karabakh e discute le possibili soluzioni alla situazione. Non c’è ancora nessuna decisione positiva o negativa riguardo all’uso della strada di Aghdam. Non escludo che il governo del Nagorno-Karabakh sarà costretto ad accettare l’offerta di incontrare i rappresentanti di Baku in Azerbajgian. Ma se ciò dovesse accadere, almeno l’Occidente dovrebbe cercare un accordo con l’Azerbajgian affinché anche i diplomatici americani ed europei possano partecipare all’incontro Baku-Stepanakert. Possono anche essere co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE (Stati Uniti, Francia e Russia).
E se l’Azerbajgian non è d’accordo con il formato del Gruppo di Minsk, il consigliere senior del Segretario di Stato americano per i negoziati caucasici, il co-Presidente americano del Gruppo di Minsk dell’OSCE, Louis Bono, e il rappresentante dell’Unione Europea nel Caucaso meridionale, Toivo Klaar, potrebbero essere presenti all’incontro.
Se l’Azerbajgian è contrario alla presenza di queste persone, all’incontro potranno partecipare gli Ambasciatori accreditati degli Stati Uniti, della Francia, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite in Azerbajgian. Ciò può dissipare le preoccupazioni del Nagorno-Karabakh.
Pertanto, è essenziale adottare misure per affrontare le preoccupazioni di Stepanakert e avviare negoziati sostanziali tra il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian, assumendo, ovviamente, che l’obiettivo sia la pace» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

La crisi che ignoriamo
Gli Armeni sono in pericolo mentre il mondo guarda dall’altra parte
di Paul Brian
The Critic, 24 agosto 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese; i link si trovano nel testo originale)

Sotto la musica popolare inquietantemente bella, la cucina deliziosa e l’orgoglio duraturo dell’Armenia si nasconde una tragica storia di persecuzioni mortali, genocidio e abbandono. Ora, gli orrori del passato potrebbero ripetersi se non si farà qualcosa al più presto possibile contro le intenzioni e le azioni omicide del vicino dell’Armenia, l’Azerbajgian.

In questo momento, oltre 120.000 Armeni sono intrappolati in circostanze disperate dal dittatore azerbajgiano, Ilham Aliyev, mentre l’Occidente gira le mani e gli fa l’occhiolino. La maggior parte dei mezzi di informazione sono più concentrati nel diffondere la retorica ipocrita su come l’America sta salvando la “democrazia” in Ucraina o nell’iperventilazione per l’ultima accusa a Donald Trump.

In gioco c’è la contesa regione del Nagorno-Karabakh, che nel 1991 tenne un referendum e dichiarò l’indipendenza dall’URSS. L’Azerbajgian non lo ha riconosciuto e ha attaccato le forze filo-armene nel territorio, che sono riuscite a respingerle e a creare un rifugio sicuro per gli Armeni nel 1994. Tuttavia la maggior parte del Nagorno-Karabakh (Artsakh per gli Armeni) è stata occupata dall’Azerbajgian durante l’invasione del 2020. Ciò isolava l’Artsakh dal resto dell’Armenia, fatta eccezione per l’accesso tramite il Corridoio di Lachin, che gli Armeni chiamano “la strada della vita”.

L’Artsakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian sovrano, che è stato riconosciuto solo nel 1991 e ha deboli pretese di nazione stessa. Oltre al Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian afferma di possedere terre “ancestrali” all’interno della Georgia, dell’Iran e di altre nazioni, sebbene non abbia mai rivendicato le sue attuali enclavi come Nakhichevan al momento della sua indipendenza. Ora, le ambizioni pan-turche di Baku ampliano costantemente l’elenco delle aree che presumibilmente stanno diventando spontaneamente e intrinsecamente “Azerbajgian”, con l’Artsakh in cima alla lista.

Nel dicembre dello scorso anno, un certo numero di presunti “eco-attivisti” dell’Azerbajgian si sono presentati per bloccare il Corridoio di Lachin, affermando senza prove che nella zona si svolgeva attività mineraria illegale. Pochi mesi dopo, i soldati azeri istituirono un posto di blocco, accusando che il percorso veniva utilizzato per contrabbandare armi nell’Artsakh. Secondo quanto riferito, i residenti di Artsakh non sono stati in grado di uscire o entrare da quel momento. Anche gli sforzi di aiuto internazionale e armeno per portare cibo e medicine attraverso il Corridoio di Lachin sono stati ostacolati dalle truppe azere e dai Russi che le sostengono, mentre i residenti dell’Artsakh scendono nella miseria e nella fame totale.

Come riferisce Felix Light per Reuters: «La popolazione del Karabakh afferma di poter mangiare solo ciò che può essere prodotto localmente, e anche quello viene consegnato solo sporadicamente a Stepanakert [la capitale dell’Artsakh], poiché gli agricoltori non hanno il carburante per portare i loro prodotti sul mercato».

L’Artsakh è diventato “come un campo di concentramento ” secondo la gente del posto che vive lì, con la giornalista del Telegraph Jessie Williams che osserva che il blocco dell’Azerbajgian “si sta rivelando fatale e alimentando una crisi umanitaria in continuo peggioramento – e in gran parte inosservata – alle porte dell’Europa”.

Si è già registrato almeno un decesso per fame, oltre a numerose persone che svengono a causa della malnutrizione. Le famiglie soffrono senza un accesso sufficiente all’acqua, alle medicine, al cibo o al carburante.

L’ex procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha recentemente avvertito che gli Armeni nell’Artsakh rischiano un genocidio causato dalla fame, e la Russia è in parte responsabile. Come osserva Ocampo, la Russia ha concluso l’ultimo accordo di “pace” nel 2020. Tecnicamente è nella posizione di “mantenimento della pace” in questo conflitto.

Invece di fare qualsiasi cosa per far riaprire il Corridoio di Lachin, la Russia sta rinnegando gli impegni del trattato del 2020 e proteggendo l’Azerbajgian. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha firmato un accordo di cessate il fuoco con Ilham Aliyev e Vladimir Putin dopo l’ultima guerra del Nagorno-Karabakh nel novembre 2020, stabilendo di mantenere aperto il Corridoio di Lachin come condizione fondamentale per la pace. L’Armenia ha anche concluso accordi in buona fede per collegare ulteriormente il popolo azerbajgiano di Nakhichevan con la loro patria attraverso “la costruzione di nuove comunicazioni di trasporto che collegano la Repubblica Autonoma di Nakhichevan con le regioni occidentali dell’Azerbajgian”.

L’Occidente vuole continuare il flusso di energia azera verso l’Europa per sostituire le fonti perdute provenienti dalla Russia, e la preziosa retorica della NATO sulla “democrazia” non si trova da nessuna parte quando si tratta di questa crisi. Gli Armeni ricordano con amarezza che, proprio l’anno scorso, il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha definito Aliyev e il suo regime “fornitori di energia affidabili ”. Va riconosciuto il merito a diversi membri del Congresso degli Stati Uniti di aver espresso indignazione. Tuttavia, è in corso un genocidio al rallentatore, più di un secolo dopo che gli Ottomani causarono il massacro di 1,5 milioni di Armeni durante il genocidio armeno.

L’Occidente, dal Segretario di Stato Antony Blinken in giù, dipinge il conflitto dell’Azerbajgian con l’Artsakh come una sorta di lieve errore di comunicazione in cui “entrambe le parti” devono scendere a compromessi. Come dovrebbero scendere a compromessi gli Armeni quando l’altra parte li vuole morti? Come può trattarsi di “entrambe le parti” quando l’amministrazione Biden ha favorito l’Azerbajgian con montagne di assistenza militare ogni anno, aspettandosi che gli Armeni cedano la loro terra a un governo che li considera feccia subumana che “non è nemmeno degna di essere un servo”?

Armenia e Azerbajgian hanno combattuto ad intermittenza da quando l’URSS è crollata. 160.000 Azeri sono stati espulsi dall’Armenia nel secolo scorso, così come 40.000 dall’Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh e 300.000 dalle sette regioni della zona cuscinetto del Nagorno-Karabakh. Nello stesso periodo furono espulsi dall’Azerbajgian oltre 500.000 Armeni. L’ossessione di Baku di schiacciare l’Artsakh è patologica ed è in corso almeno dagli anni ’40.

Dopo la fine della prima guerra dell’Artsakh nel 1994, molti Azeri rimasero in Armenia. Non è avvenuto il contrario, poiché gli Armeni in Azerbajgian sono fuggiti per paura della propria vita. I sostenitori e gli apologeti di Aliyev affermano che l’unica scelta dell’Artsakh è quella di entrare a far parte dell’Azerbajgian, il che premierebbe l’utilizzo del cibo come arma da parte di Aliyev e negherebbe agli Armeni il diritto all’autodeterminazione.

L’Azerbajgian sostiene invece che gli aiuti e il cibo possono essere portati all’Artsakh attraverso la strada di Aghdam, accusando l’Armenia di inscenare l’attuale crisi come una “provocazione”. La strada di Aghdam è all’interno dell’Azerbajgian. È evidente che l’Azerbajgian utilizzi tutto questo semplicemente per aumentare il controllo e la tortura sui residenti dell’Artsakh, oltre al chiaro potenziale di contaminare e sabotare i convogli di rifornimento di cibo e medicinali dall’Azerbajgian.

Il Consigliere per la politica estera di Aliyev, Hikmet Hajiyev, ha recentemente affermato che l’Armenia sta cercando di far deragliare la pace nel Caucaso orientale: usando “giochi diplomatici”, raccontando “menzogne” e organizzando “disinformazione”. Hajiyev ha dichiarato che il Corridoio di Lachin in realtà è già stato riaperto. L’Azerbajgian è la vera vittima qui, insiste, mentre l’Armenia ha costantemente sabotato il dialogo rifiutando di riconoscere il pieno diritto dell’Azerbajgian al Nagorno-Karabakh.

Nonostante abbia incolpato l’Armenia per tutto, Hajiyev ha ammesso che i residenti dell’Artsakh sono in condizioni disastrose. Le sue parole sono state contraddette dallo stesso rappresentante di Baku alle Nazioni Unite, che ha mostrato foto di bambini con biscotti diffusi dai troll su Twitter e ha affermato che gli Armeni nell’Artsakh stanno bene.

Il Caucaso può essere un luogo complesso, con conflitti spesso sovrapposti e divergenti lungo linee etniche, religiose e geografiche, o anche alleanze temporanee di interessi congiunti. La situazione attuale nell’Artsakh, tuttavia, non è poi così complessa per nessun osservatore onesto, Armeno o meno.

I media occidentali sono troppo inclini alla narrazione di “entrambi i lati”. Non ci sono due e nemmeno tre lati qui; c’è una parte: il popolo armeno e il suo diritto ad esistere. Come gli yazidi e altre minoranze etniche nella regione, gli Armeni non sono solo una pedina in un gioco geopolitico come potrebbero vederli le autorità russe o americane. Sono esseri umani le cui vite sono reali e importanti quanto quella di qualsiasi persona americana o britannica, qualcosa su cui gli Armeno-Americani hanno recentemente attirato l’attenzione bloccando un’autostrada a Los Angeles.

L’Azerbajgian sta facendo del suo meglio per ripulire etnicamente tutti gli Armeni dall’Artsakh o costringerli a una posizione umiliante e schiavizzata senza diritti. Conta che gli Occidentali chiudano un occhio per raggiungere questo obiettivo. L’offerta di reintegrare gli Armeni all’interno dell’Azerbajgian suona più che vuota, proveniente da un regime razzista e autocratico che ha assegnato i più alti onori ai criminali di guerra dopo aver brutalmente assassinato e decapitato armeni, tra cui gli ”eroi nazionali” Ramil Safarov e Ibad Huseynov.

Aliyev ha promesso di “scacciare” gli armeni come “cani” da quando ha preso il posto di suo padre Heydar nel 2003. Nemmeno la crisi attuale è un caso isolato. L’Azerbajgian punta a isolare e pulire etnicamente la regione di Syunik dell’Armenia una volta che riuscirà a cacciare la popolazione armena dall’Artsakh.

L’esercito azero ha commesso numerose atrocità e crimini di guerra durante l’invasione del territorio di etnia armena nel 2020, pubblicando impunemente video sui social media e deridendo e sputando sui civili armeni prima di decapitarli o profanare i loro corpi in scene degne delle peggiori azioni dell’ISIS.

Gli utenti azeri sui social media inviano regolarmente minacce di morte agli utenti armeni, ai politici e ai membri delle organizzazioni internazionali, deridendo la potenziale morte per fame dei bambini e promettendo l’eliminazione degli Armeni dall’Artsakh il prima possibile. Dissidenti azeri si sono espressi in vari modi, anche con una lettera aperta di solidarietà, ma l’Azerbajgian è un luogo pericoloso per essere anti-Aliyev, usando un eufemismo.

Anche la dittatura di Aliyev, che è in diretta violazione di un ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha aumentato la sua retorica aggressiva. Ha utilizzato filmati di Yerevan e del resto dell’Armenia come la loro patria – parte della storia revisionista e negazionista di Baku in cui gli Armeni non sono un popolo reale.

Baku sostiene che gli Armeni non hanno una storia nativa autentica o un diritto alla loro terra, forse temendo ciò che gli Azeri vedrebbero se si guardassero allo specchio. Il governo dell’Azerbajgian è arrivato al punto di impegnarsi in una fantasiosa propaganda archeologica e di affermare che le chiese armene non sono nemmeno armene.

Solo perché l’Azerbajgian è una nazione relativamente piccola con diplomatici clownescamente incompetenti e criminali non rende le minacce e illusioni meno allarmanti, soprattutto considerando le alleanze con alcune delle nazioni più ricche e potenti del mondo. L’Azerbajgian continua a essere un punto cruciale per la strategia e il materiale militare occidentale, come lo è stato durante la guerra in Afghanistan.

La Turchia sostiene l’Azerbajgian, così come il governo di Israele, Regno Unito e Stati Uniti. Questi potenti Stati vedono l’Azerbajgian come un utile fornitore di petrolio e un baluardo contro l’influenza iraniana nella regione.

La Russia non ha più alcun reale interesse ad aiutare l’Armenia, come ha dimostrato il mancato rispetto degli impegni della CSTO nell’ultima guerra. A questo punto, Mosca è chiaramente a favore dell’Azerbajgian e si sta avvicinando ad Aliyev. Le truppe russe di “mantenimento della pace” si sono schierate attivamente contro i manifestanti pacifici armeni all’ingresso del Corridoio di Lachin, senza fare nulla per opporsi all’Azerbajgian quando ha chiuso il corridoio. Questo per quanto riguarda una forza di mantenimento della pace neutrale.

La Francia parla molto di sostenere l’Armenia, ma in realtà non è disposta a fare nulla. L’unico altro alleato potenzialmente potente dell’Armenia, l’Iran, preferisce beneficiare il più possibile del ricco regime di Aliyev.

Dove va a finire l’Armenia? Ci sono alcuni segnali di speranza negli Stati Uniti, per quanto riguarda il sostegno militare diretto all’Azerbajgian. Come ha recentemente affermato il capo del Centro regionale per la democrazia e la sicurezza in Armenia, Tigran Grigoryan , “il primo segnale che gli Stati Uniti stanno valutando di assumere una posizione più dura nei confronti di Baku” è arrivato dalla notizia che il governo Biden si sta muovendo più lentamente nel rinnovare la sua consueta massiccia assistenza militare all’Azerbajgian e rinuncia al precedente blocco sull’assistenza.

“I funzionari non hanno offerto alcuna spiegazione per il ritardo”, hanno osservato Eric Bazail-Eimil e Gabriel Gavin nel loro articolo per Politico. “Tuttavia, coincide con la crescente preoccupazione all’interno della comunità internazionale che l’Azerbajgian sia responsabile del peggioramento della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh”. Questo è solo un barlume di speranza. È necessario che si svolga un’azione drammatica prima che i peggiori incubi della pulizia etnica del secolo scorso si manifestino proprio sotto i nostri occhi con la tacita approvazione della NATO e dell’Occidente.

Gli Armeni hanno il diritto di sopravvivere e di vedere rispettati i loro diritti fondamentali anche se il loro Paese non è parcheggiato sopra un’enorme ricchezza petrolifera. Gli Armeni hanno il diritto di riavere i prigionieri di guerra ancora detenuti in Azerbajgian e di scoprire anche quanti altri soldati armeni catturati sono stati giustiziati.

La comunità internazionale, incluso il Regno Unito, deve intervenire immediatamente e fare pressione per riaprire il Corridoio di Lachin, prima che questa situazione diventi esponenzialmente più orribile.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

La denuncia. «Gli armeni stanno morendo di fame. Nel Nagorno è in atto un genocidio» (Avvenire 24.08.23)

Le accuse in un rapporto all’Onu di un gruppo di giuristi, tra i quali Ocampo già membro della Corte penale: 120mila persone «a rischio» nell’area che l’Azerbaigian rivuole. Cri: corridoi umanitari
Soldato armeno sulla linea del fronte a Taghavard in Nagorno-Karabakh

Soldato armeno sulla linea del fronte a Taghavard in Nagorno-Karabakh – Reuters

Il primo morto per fame è stato confermato il 14 agosto. Non è stata una fatalità. «È in corso un genocidio contro 120mila armeni che vivono nel Nagorno Karabakh», denuncia Luis Moreno Ocampo, fondatore della Procura della Corte penale internazionale e che insieme a un gruppo di giuristi internazionali ora chiede di aprire gli occhi sul tentativo di eliminare definitivamente la popolazione della regione che l’Azerbaigian vorrebbe riprendersi.

In lingua armena si chiama Artsakhuna repubblica de facto non riconosciuta internazionalmente, nella quale vivono da sempre gli armeni cristiani. Poco più grande dell’Abruzzo, ma con un numero di abitanti dieci volte inferiore, è un distretto montuoso con un’altitudine media di 1.100 metri.

I rapporti con Baku sono sempre stati tesi, mentre nuove ambizioni e antiche ruggini stringono i civili in una morsa senza scampo. Da mesi l’Azerbaigian (sostenuto dalla Turchia di Erdogan) ha bloccato l’unica via d’accesso, il corridoio di Lachin su cui dovrebbero vigilare i “peacekeeper” russi, alleati storici dell’Armenia, ma dove spadroneggiano le forze di sicurezza azere.

Un rompicapo che si aggroviglia per via della guerra in Ucraina. In un rapporto trasmesso al Consiglio di sicurezza Onu e alla Corte penale internazionale, Ocampo denuncia le operazioni dell’Azerbaigian che «impedisce l’accesso a cibo, forniture mediche e altri beni di prima necessità», e che per il gruppo di esperti guidati dall’ex magistrato argentino «dovrebbe essere considerato un genocidio», stando al diritto internazionale si configura il reato quando si tenta di «infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica».

All’inizio di questa settimana i primi armeni hanno abbandonato le loro case, lasciando forse per sempre la regione. Le condizioni di vita sono impossibili. Da quasi otto mesi non arrivano generi alimentari, né carburante e i farmaci giungono a singhiozzo dietro insistenza della croce rossa internazionale.

La direttrice dell’Ufficio di coordinamento umanitario dell’Onu (Ocha) Edem Wosornu, ha confermato che la Croce Rossa Internazionale non riesce a portare gli «imprescindibili» aiuti umanitari attraverso il corridoio.

Il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, ha accusato le autorità di Baku di aver bloccato il passaggio, usando la fame come arma in un’operazione «di pulizia etnica». L’Azerbaigian ha parlato di accuse «infondate» e di una «campagna politica».

Il Consiglio di sicurezza Onu ha chiesto all’Azerbaigian «l’apertura immediata» del corridoio di Lachin, che collega l’Armenia al Nagorno Karabakh. L’Onu ha approvato un documento con il quale Armenia e Azerbaigian vengono esortati a normalizzare i rapporti in vista di un trattato di pace e a rispettare gli accordi del 2020 firmati fra Erevan, Baku e Mosca, in virtù dei quali la Russia ha dispiegato una forza militare di interposizione.

Questa settimana le autorità azere hanno reciso il cavo di fibra ottica che attraversava la zona di Lachinisolando definitivamente l’enclave armena che è privata di telecomunicazioni. Artak Baglarian, consigliere del ministero degli esteri dell’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh, ha spiegato che dopo il danneggiamento le forze del Karabakh insieme ai militari russi hanno tentato di raggiungere la località dov’erano entrati in azione i guastatori, «ma la parte azera non lo ha permesso».

Il conflitto senza fine

Il Corridoio di Lachin è l’unica strada che collega l’Armenia all’enclave del Nagorno-Karabakh, all’interno del territorio dell’Azerbaigian. Poco più di 50 chilometri tra le montagne, formalmente si trova sotto il controllo del contingente di pace della Federazione Russa. Da circa otto mesi è pressoché impossibile attraversarlo.

Erevan e Baku si accusano a vicenda di aver ripreso le ostilità, dopo la tregua raggiunta nel 2020. Al crollo dell’Urss l’ex stato sovietico della Regione Autonoma di Nagorno Karabakh e la regione Shahumyan, popolata da armeni cristiani, si sono uniti per formare la Repubblica del Nagorno Karabakh (Nkr) che dichiarò l’indipendenza dall’Azerbaijan il 2 settembre 1991.

La Turchia si è subito schierata dalla parte dell’Azerbaigian (islamico ndr), suo alleato. Mosca è invece più vicina all’Armenia (cristiana ndr), sul cui territorio ha anche una base militare.

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