Il servizio di frontiera dell’aeroporto di Yerevan Zvartnots ha deciso di rifiutare l’ingresso nel territorio dell’Armenia a Viktor Krivopuskov, capo della Società russa per l’amicizia e la cooperazione con l’Armenia. Secondo lo stesso Krivopuskov, gli è stato detto che era diventato una “persona indesiderabile” per la parte armena.
La situazione si è sviluppata come segue: durante il tentativo di attraversare il confine, le guardie di frontiera hanno portato via il passaporto di Krivopuskov, dopo di che hanno annunciato che gli era vietato entrare nel Paese.
Finora le ragioni di tale decisione da parte delle autorità armene non sono chiare. Viktor Krivopuskov è da molto tempo impegnato attivamente nel rafforzamento dei legami culturali e amichevoli tra Russia e Armenia e le sue attività sono state riconosciute come importanti per entrambi gli stati.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-24 19:31:112023-08-28 19:32:59Il capo della Società russa per l'amicizia e la cooperazione con l'Armenia è stato privato del passaporto ed espulso dall'Armenia (Avia.pro 24.08.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.08.2023 – Vik van Brantegem] – I perversi, i crudeli o gli ingiusti sono una realtà minoritaria. La maggior parte della gente è buona. Ed è proprio l’indifferenza della maggioranza che spesso e volentieri consente ai malvagi di prendere il potere e mantenerlo a discapito di tutto e tutti. «Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi, è l’indifferenza dei buoni», disse Martin Luther King.
Nei primi tempi, la macchina di propaganda del regime autocrate azerbajgiano – con un esercito di “diplomatici”, “giornalisti” di Stato e piccoli troll sui social, coerenti solo nel disprezzo per tutti coloro che condannano il blocco illegale e la fame di 120.000 Armeni nel #ArtsakhBlockade – ha attaccato ogni giornalista o media che osavano a coprire il #ArtsakhBlockade. Ora, con sempre più giornalisti e media che coprono il blocco genocida azero, non riescono a tenere il passo e pur continuando a diffondere le loro menzogne e disinformazione, si sono concentrati a molestare i funzionari stranieri. Mentre prima era importante ostacolare la diffusione della verità, oggi è imperativo impedire che la comunità internazionale prende delle decisioni energiche e risolutive per fermare il genocidio in corso in Artsakh da parte dell’Azerbajgian.
Il più recente esempio è prodotto da Tural Ganjali, Membro del Parlamento della Repubblica di Azerbaigian, “in rappresentanza della città di Khankendi” [1], che ieri in un post su Twitter scrive: «È sconvolgente che il Ministro Mélanie Joly [2] ha fatto una dichiarazione contro l’integrità territoriale dell’Azerbajgian nel suo incontro con la comunità armena. Deve smettere di agire come lobbista armena e deve piuttosto servire gli interessi canadesi come funzionario del Canada. Canada ha affrontato il separatismo per molti anni in Quebec, nel caso in cui soffrisse di problemi di memoria». [1] Khankendi, cioè, la capitale della Repubblica di Artsakh, Stepanakert, con cui non ha niente a che fare. Esilarante. [2] Mélanie Joly è nata è 16 gennaio 1979 a Monreal, Quebec. È avvocato, Ministro degli Esteri del Canada dall’ottobre 2021.
Il Ministro degli Esteri canadese, Mélanie Joly, era presente all’annuale Sourp Hagop Annual Kermesse a Montreal, in Canada, quando ha riaffermato il suo impegno a combattere per l’Artsakh. Il 20 agosto, Jolie ha anche incontrato i leader del Comitato Nazionale Armeno del Canada che hanno presentato diverse raccomandazioni politiche che il Canada può mettere in atto per fermare il blocco illegale dell’Artsakh. Joly ha sottolineato che la situazione nell’Artsakh è terribile e che è necessario intraprendere azioni decisive per garantire la sicurezza, l’incolumità e l’autodeterminazione della popolazione e che è pronta a combattere per il popolo dell’Artsakh. Joly si recherà in Armenia a settembre per aprire ufficialmente l’Ambasciata canadese in Armenia.
«È importante che il Canada svolga un ruolo diplomatico molto importante nella regione, in particolare gli Armeni si trovano ad affrontare una minaccia reale nell’Artsakh. Non vedo l’ora di lavorare con la comunità, per assicurarci di svolgere un ruolo importante a livello diplomatico, con l’Unione Europea, poiché il Canada sarà il primo non membro dell’Unione Europea a partecipare al mantenimento della pace nella regione, ma sono anche molto consapevole del fatto che dobbiamo portare la questione dell’Artsakh in ogni tavolo diplomatico a cui abbiamo accesso, andrò al G20, al G7, alle Nazioni Unite e potete contare su di me», ha detto il Ministro degli Esteri canadese, Mélanie Joly.
Prima che ci fosse l’Ucraina c’era l’Artsakh. Se l’Occidente avesse reagito in modo appropriato all’aggressione dell’Azerbajgian nel 2020 e avesse sanzionato l’autocrate Aliyev, forse non ci sarebbe stata ne una guerra in Ucraina, ne l’attuale genocidio “al rallentatore” con il #ArtsakhBlockade.
«I residenti dicono che il piano di Baku è chiaro: sottometterli alla fame in modo che, se e quando la strada riaprirà, se ne andranno. Si tratta, dicono, di un genocidio al rallentatore, in cui la fame è usata come arma classica» (The Guardian).
«Informazioni non confermate, ma credibili, riguardano l’apertura della strada di Aghdam che porta dall’Azerbajgian al Nagorno-Karabakh, in sostituzione del Corridoio di Lachin, ormai chiuso, che porta in Armenia. Forse portando il Nagorno-Karabakh a perdere tutti i legami con l’Armenia» (Nagorno Karabakh Observer). Il Nagorno Karabakh Observer non spiega perché queste “informazioni non confermate” (anzi, sono state smentite) sarebbero “credibili” (anzi, sono “incredibili”).
Ricordiamo, innanzitutto, che dopo l’incontro di Nikol Pashinyan e Ilham Aliyev a Brussel, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel ha ritenuto importante la volontà dell’Azerbajgian di effettuare forniture umanitarie attraverso la strada di Aghdam, sottolineando allo stesso tempo che il Corridoio di Lachin, l’unico collegamento dell’Artsakh con l’Armenia deve essere essere aperto. E Nikol Pashinyan ha chiarito durante la conferenza stampa dopo questo incontro che non ha partecipato alla discussione di Michel e Aliyev sulla strada di Aghdam.
In precedenza, il quotidiano armeno Hraparak aveva scritto, che il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, avrebbe informato durante la sessione del Consiglio di Sicurezza dell’Artsakh il 22 agosto che era stata presa la decisione di usare la strada di Aghdam. Secondo le informazioni del giornale, Harutyunyan avrebbe informato che il traffico sarebbe “parziale” attraverso quella strada, per far entrare solo materiali da costruzione, carburante, medicinali, mentre generi alimentari verrebbe importato attraverso il Corridoio di Lachin con le forze di mantenimento della pace russe.
Il portavoce del Presidente Harutyunyan, Lusine Avanesyan, ha smentito la notizia secondo cui il Presidente Harutyunyan avrebbe informato il 22 agosto durante una sessione del Consiglio di Sicurezza dell’Artsakh che è stata presa la decisione di usare la strada di Aghdam. Ha dichiarato a Tert.am che la sessione del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh non ha avuto luogo.
In una conversazione con Armenpress, commentando la notizia, secondo la quale il Presidente Harutyunyan, avrebbe deciso di accettare l’offerta di Azerbajgian di utilizzare la strada di Aghdam, Avanesyan ha affermato ieri, che il 22 e 23 agosto il Harutyunyan ha tenuto colloqui a porta chiusa con vari ambienti statali, politici e pubblici. «Non è stata presa alcuna decisione, ma le discussioni continuano e il Presidente Harutyunyan presto renderà personalmente pubbliche le informazioni sulla situazione e gli approcci delle autorità», ha dichiarato Avanesyan.
Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh ha risposto alle domande dei media sull’informazione diffusa dal servizio azero della BBC, secondo cui le autorità del Nagorno-Karabakh sarebbero propense ad accettare l’apertura della strada di Aghdam e che si terrà un incontro tra le parti su questo tema a Barda (in Azerbajgian) nei prossimi giorni: «Vorremmo sottolineare che l’Artsakh ha sempre agito in modo pacifico, partendo dalla posizione di una soluzione globale del conflitto azerbajgian-karabakh attraverso i negoziati. Allo stesso tempo, tali negoziati dovrebbero svolgersi nel quadro del formato internazionale concordato tra le parti, che consentirà di garantire che i negoziati siano condotti in conformità con le norme e i requisiti del diritto internazionale. L’Artsakh ha più volte, attraverso i mediatori, preso iniziative riguardo agli incontri, ma la parte azera le ha respinte. Aggiungiamo che qualsiasi incontro sul territorio dell’Azerbajgian, soprattutto senza la presenza di mediatori internazionali, comporta rischi piuttosto grandi, soprattutto se si considera il fatto del rapimento di Vagif Khachatryan, sotto la custodia del Comitato Internazionale della Croce Rossa, in presenza delle forze di mantenimento della pace russe.
Per quanto riguarda la strada di Aghdam, oggi [ieri] il Portavoce del Presidente della Repubblica ha parlato di questo argomento».
In caso di riapertura del Corridoio di Lachin ristabiliremo la nostra autosufficienza. Se accettiamo l’apertura della strada di Aghdam e il rifornimento dall’Azerbajgian, legittimeremo il crimine che stanno commettendo. Lo ha detto a Politico Europe il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh, Sergey Ghazaryan.
Davit Babayan, il Consigliere e Rappresentante con incarichi speciali del Presidente della Repubblica di Artsakh ha detto a Tert.am che non ha partecipato ad una sessione del Consiglio di Sicurezza, quindi non è a conoscenza di quali questioni fossero all’ordine del giorno. Allo stesso tempo, Babayan ha affermato che la strada di Aghdam non può sostituire il Corridoio di Berdzor che non è solo importante dal punto di vista logistico, ma è un’area con status politico e giuridico, dove la Federazione Russa dovrebbe garantire l’ingresso di persone e camion secondo la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. «Ora, se il Corridoio di Berdzor venisse sostituito dalla strada di Aghdam, potete immaginare quali sarebbero le conseguenze? In futuro, per qualche motivo, la strada di Aghdam potrebbe essere aperta, ma non può sostituire il Corridoio di Berdzor, non appena sarà sostituita, sarà la fine dell’Artsakh. L’Artsakh sarà tagliato fuori dal mondo esterno e dall’Armenia», ha affermato Babayan.
Insieme all’apertura della strada di Aghdam, ci sono anche notizie secondo cui nei prossimi giorni sarebbe previsto un incontro nella città azera di Barda. Anche su questa questione Babayan non ha informazioni. Secondo lui l’Artsakh non è contrario alle riunioni, ma il problema sta nel formato e nell’argomento discusso. «Se l’Azerbajgian lo considera un dialogo intra-azerbajgiano, per noi non è accettabile, perché quale questione dovrebbero discutere con noi? Siamo pronti a discutere con loro questioni umanitarie. Se iniziano a discutere la questione della reintegrazione, dello smantellamento dello Stato dell’Artsakh, non possiamo discutere di tali questioni, è meglio uscire da qui che restare nel loro territorio. Per qualsiasi persona ragionevole, passare nel loro territorio non è accettabile. L’alternativa è questa: nessuno faccia demagogia», ha sottolineato Babayan. Quindi, secondo il Consigliere del Presidente Harutyunyan, l’Artsakh ora ha due strade possibili: o resistere o andarsene.
Mentre Hikmet Hajiyev, il Consigliere del Presidente dell’Azerbajgian per gli Affari Esteri e capo della macchina di menzogna e disinformazione del regime autocratico, non risparmia sforzi per “provare” che “il Corridoio Lachin è aperto”, la comunità internazionale replica con la dichiarazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, secondo cui «l’ultima consegna di forniture mediche nel Nagorno-Karabakh sono avvenute il 7 luglio, mentre l’ultima consegna di cibo è avvenuta il 14 giugno».
Il Regno Unito non è a conoscenza di alcun piano per una risoluzione o dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh. Lo ha riferito l’Ambasciata del Regno Unito in Armenia, rispondendo ad una domanda di Armenpress.
Domanda: Il vostro Paese si sta preparando a presentare un progetto di risoluzione sulla situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh dopo la sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 16 agosto?
Risposta: Il Regno Unito resta profondamente preoccupato per la continua interruzione del Corridoio di Lachin, che sta ostacolando la fornitura e la consegna di farmaci salvavita, servizi sanitari e altre forniture essenziali, con conseguenze umanitarie per la popolazione locale. Pertanto, è molto importante che va rispettata la decisione di febbraio 2023 della Corte Internazionale di Giustizia per garantire la libera circolazione in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin.
Il Regno Unito non è a conoscenza di alcun piano per una risoluzione o dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
«Ho notato questi due giovani che passano ogni giorno nella mia strada in Artsakh. Alla domanda su cosa stanno facendo, un amico ha detto: “Ogni mattina raccolgono il pane con una bicicletta e lo consegnano alle persone che non hanno accesso”. Questo è l’Artsakh che amo: bloccato ma non spezzato» (Gev Iskajyan).
«ENORME CARENZA DI PANE. In questo momento la fila davanti ad una delle panetterie. Ogni famiglia riceve solo 1 pagnotta [in precenza 2], se riesce a comprarla…» (Lusine Hambardzumyan).
«Le panetterie stanno chiudendo. La farina non viene importata e l’Azerbajgian impedisce la raccolta del grano nei campi» (Ani Abaghyan).
«Nel frattempo il mondo va avanti con inutili condanne guardando la fame di 120.000 Armeni da parte dell’Azerbajgian, una delle peggiori dittature e l’Europa stringe la mano al mini sultano azero per la fornitura di gas, che tra l’altro è russo» (Lusine Ghazaryan).
«Le neonate gemelle Nane e Nare iniziano la loro vita nel Nagorno-Karabakh con le restrizioni causate dal blocco dell’Azerbajgian. Data la mancanza di integratori alimentari vitaminici, latte artificiale, pannolini… è una grande sfida per la 25enne mamma Maria di nutrire e crescere le sue figlie» (Anush Ghavalyan).
Siamo nel 2023. Maria non dovrebbe essere costretta a preoccuparsi come dare da mangiare alle sue gemelle.
Il 21 agosto abbiamo riportato un breve video-appello di Maria [QUI].
Diritto all’istruzione in Artsakh sotto blocco
1. A partire dal 1° settembre è prevista la ripresa delle lezioni negli istituti di istruzione elementare, secondaria e superiore in Artsakh. Tuttavia, a causa del blocco, i ragazzi dell’Artsakh si trovano attualmente ad affrontare difficoltà nel realizzare adeguatamente il loro diritto all’istruzione.
2. I ragazzi non sono in grado di procurarsi la cancelleria e gli indumenti necessari.
3. Dopo aver sopportato la malnutrizione per oltre 70 giorni, i medici ritengono problematico per i bambini continuare gli studi nelle stesse circostanze. Ciò imporrebbe un onere aggiuntivo e un bambino indebolito potrebbe non essere in grado di gestire un tale carico.
4. Lo stress e il trauma derivanti dal vivere in un blocco per più di 8 mesi compromettono la capacità dei bambini di apprendere e concentrarsi a scuola.
5. La mancanza di trasporti pubblici, combinata con temperature estreme, pioggia o neve, renderà impossibile organizzare il trasporto di circa 20mila studenti e diverse migliaia di educatori da e verso gli istituti scolastici.
6. In assenza di materiale sanitario, sarà impossibile garantire un adeguato livello igienico-sanitario negli edifici scolastici.
7. Il governo dell’Artsakh non ha preso una decisione definitiva sull’apertura o meno delle scuole.
Una scheda informativa con maggiori dettagli sui gravi problemi legati alla realizzazione del diritto all’istruzione per i ragazzi dell’Artsakh sarà presto pubblicata dal Difensore per i Diritti Umani dell’Artsakh.
«Alle persone di origine armena provenienti da Khankendi è stato fornito il successivo passaggio per l’Armenia dal punto di uscita “Lachin”».
«L’Azerbajgian sta letteralmente trasmettendo in diretta la pulizia etnica dell’Artsakh mentre il mondo sta a guardare. Questi sono giorni bui, bui» (Lindsey Snell).
«Secondo i media di propaganda statale azeri, oggi 100 Armeni [dell’Artsakh] attraverseranno il Corridoio di Lachin [in uscita]. Ancora una volta, non ho idea delle circostanze, ma sembra molto simile alla pulizia etnica. “Il fatto che abbiano lasciato il Karabakh suggerisce che hanno dovuto accettare la realtà”, hanno detto i media azeri» (Lindsey Snell).
«I giochi della fame… Intrappolateli, congelateli, sparategli, fateli morire di fame. Guardali come lottano per la sopravvivenza per 8 mesi, chiunque riesca a sopravvivere, intervistali per intrattenere la folla, guardandoli su schermi e social media» (Nara Matinian).
È permanente lo show con fotografi e televisioni statali dell’Azerbajgian al posto di blocco illegale all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari, che sembra uno studio televisivo, come lo era il posto di blocco vicino a Shushi dei finti eco-attivisti all’inizio del #ArtsakhBlockade. Sono sempre presenti quando c’è un passaggio con il Comitato Internazionale della Croce Rossa e il Contingente di mantenimento della pace russo, perché viene concordato con le Autorità di Baku, che mobilizzano il circo mediatico.
Nel filmato sopra, diffuso dalla televisione statale azera, la “giornalista” azera commenta: “Qui vediamo anche ragazzi minorenni che passano liberamente e in piena sicurezza. Adesso vedete uno di questi ragazzi. Ha dimenticato la sua borsa, come potete vedere, le hanno ricordato i nostri colleghi”. Poi dice: “Vai dritto, vai dritto”.
In realtà, nel filmato viene mostrata una ragazza sola. La ragazza ha chiaramente paura, però. Ecco perché ha dimenticato la sua borsa. Come dovremmo chiamare questo show, se non un attacco dei giornalisti azeri contro degli adolescenti? Ha un passaporto rosso in mano, quindi è una cittadina russa.
Qualcuno potrebbe spiegarci perché ci sono degli uomini adulti che inseguono una ragazzina con una macchina fotografica al posto di controllo illegalmente allestito nel Corridoio di Lachin?
«Per una giovane donna armena parlare con i giornalisti dell’Azerbajgian al checkpoint di Lachin in questo momento di tensione nelle relazioni Armenia-Azerbajgian deve essere stata una dura prova. Il fatto che lo abbia fatto sorridendo dice che esistono possibilità di riconciliazione e reintegrazione per i residenti di etnia armena di Garabagh» (Rahman Mustafayev).
Un tipico esempio della propaganda dell’Azerbaigian, il falso “positivo” sul ghetto dell’Artsakh, dove la popolazione viene torturata da 8 mesi sotto il #ArtsakhBlockade. L’autocrate Aliyev sta armando la vita dei civili, Aliyev è l’erede di Stalin e Hitler. È sempre la tradizione nomade turco-tartara. È come se i loro geni li spingessero a voler rubare sempre ciò che appartiene agli altri e a mentire al riguardo durante tutto il processo.
«Purtroppo [per Mustafayev] c’è uno screenshot dei suoi messaggi privati che dice che ha pianto fino in Armenia dopo l’intervista “positiva” a causa della paura e dell’ansia» (Ani Avetisyan, giornalista di Open Caucasus Media).
Basterebbe questo post su Twitter di Rahman Mustafayev, l’Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbajgian presso il Regno dei Paesi Bassi – che ha infestato per un po’ di tempo anche la Santa Sede con la sua presenza vile e viscida, mandando proteste a giornalisti e media non allineati sulla linea del caviale di Baku – per capire il #ArtsakhBlockade. Dopo aver intrappolato, fatto congelare e condannato alla morte per fame 120.000 Armeni per 8 mesi, il regime autocrate guerrafondaio genocida azerbaigiano ha “permesso” ad alcuni studenti di andare a studiare in Armenia, per poter organizzare questo ignobile spettacolo per dimostrare che il Corridoio di Berdzor (Lachin) non è bloccato, mentre afferma che la strada di Lachin è bloccato, perché viene usata dall’Armenia per “provocazioni” e attaccare l’”integrità territoriale” della Azerbajgian.
Questo show viene montato proprio allo stesso posto di blocco dover le forze armate dell’Azerbajgian hanno recentemente rapito un uomo malato di 68 anni in custodia del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Non dimenticheremo mai il coraggio della gente dell’Artsakh. Solidarietà per Elen Arstamyan.
Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh, Gegham Stepanyan, ha reagito ad un altro caso, quello della 17enne a Elen Arstamyan, che è stata filmata dai media azeri. Ha affermato che verrà «contrastato con i metodi a disposizione questo ulteriore vile passo della sporca macchina di propaganda azera, affermando e dimostrando che i media azeri stanno utilizzando il video girato con interferenza illegale con l’integrità mentale, l’onore e la dignità di un diciassettenne per presentare un’altra bugia al mondo».
Elen Arstamyan faceva parte del gruppo di studenti delle università dell’Armenia che sono stati trasferiti dall’Artsakh in Armenia per proseguire gli studi, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe. Elen Arstamyan è stata filmata e intervistata dai media azeri vicino al posto di blocco illegale presso il ponte Hakari e il video è stato diffuso nell’ambito mediatico azerbajgiano.
Stepanyan ha affermato: «Non c’è dubbio che questa manipolazione dell’informazione sia stata pianificata ed effettuata dalla macchina di propaganda azera per promuovere le loro false affermazioni sulla libera circolazione attraverso il Corridoio di Lachin. Ho avuto una conversazione telefonica con Elen Arstamyan, mi sono informato del suo stato psicologico e dei suoi sentimenti in quel momento. Non c’è dubbio che la macchina propagandistica azera abbia utilizzato la minore di 17 anni, spaventata e psicologicamente sotto stress per la presenza di uomini armati al posto di blocco, per scopi di propaganda e di manipolazione politica. Chiedo di astenersi dalla diffusione del video pubblicato dai media azeri e di non prendere di mira inutilmente Elen Arstamyan».
La serie di commenti al video fatto e diffuso dai media statali azeri con Elen Arstamyan, riflettano accuratamente le possibilità di “riconciliazione e reintegrazione” degli Armeni dell’Artsakh propagandata da Ilham Aliyev:
– «Non capisco perché fanno un’intervista gioiosa con questa ragazza nemica mascalzona e la condividano. Sono nemici».
– «Non dovete far loro domande, dovete picchiarli».
– «Le figlie dei cani vanno sterminate».
«Spingere un microfono in faccia ad un’adolescente visibilmente angosciata ad un posto di controllo di frontiera ad alta tensione solleva serie preoccupazioni etiche. Quello che è più preoccupante è che ora si trova ad affrontare innumerevoli minacce da parte dei nazionalisti armeni perché avrebbe “parlato con i nemici”» (The Azeri Times).
Certo, è evidente che questo video è diventato un boomerang per la propaganda di Baku, quindi è meglio dire che sono gli Armeni che la stanno minacciando. Tipico comportamento azero mentre i loro dissidenti politici vengono arrestati per aver detto una parola sul #ArtsakhBlockade o sul loro regime genocida.
Tutti i video girati al posto di blocco illegale azero nel Corridoio di Berdzor (Lachin) e diffusi dai media statali, sono video di propaganda a cui gli Armeni dell’Artsakh sono costretti a partecipare come condizione per superare il posto di blocco. In questo il regime di Aliyev coinvolge i “giornalisti” dei media statali per ingannare gli spettatori dei video.
Ci fa venire la nausea guardarli. Questi ragazzi e adulti devono attraversare l’orrore mentre passano attraverso questo illegale “posto di controllo di frontiera” azero”. Questo è accettabile per il mondo civilizzato?
Il rumore su questi fatti ignobili non è neanche lontanamente abbastanza forte. Sembra solo un sottofondo annoiato di mezz’estate, che disturba la spensieratezza agostana, prima che si ripensa ai problemi quotidiani al rientro dalle vacanze.
Ciò di cui non si parla abbastanza è che i media azeri filmano i ragazzi minorenni e gli adulti come se fossero semplicemente delle comparse in uno spettacolo per un programma di intrattenimento, e non persone reali. Per loro le persone che attraversano il confine, temendo per la propria vita, sono solo oggetti di scena, non veri esseri umani.
Segnaliamo
– La crisi che ignoriamo. Gli Armeni sono in pericolo mentre il mondo guarda dall’altra parte di Paul Brian – The Critic, 24 agosto 2023 [QUI]: «Dietro la musica popolare inquietantemente bella, la cucina deliziosa e l’orgoglio duraturo dell’Armenia si nasconde una tragica storia di persecuzioni mortali, genocidio e abbandono. Ora, gli orrori del passato potrebbero ripetersi se non si fa qualcosa il prima possibile contro le intenzioni e le azioni omicide del vicino dell’Armenia, l’Azerbajgian».
– “Dimenticati da tutti”: il calvario delle vittime armene del blocco dell’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh. L’incombente disastro umanitario nell’enclave armena, sotto blocco da diversi mesi, fa rivivere lo spettro della pulizia etnica e religiosa in questa regione a maggioranza cristiana di Solene Tadié – National Catholic Register, 23 agosto 2023 [QUI]
– Denuncia. La stretta di Baku su 120mila persone. «Gli armeni alla fame genocidio in Nagorno» di Nello Scavo – Avvenire, 24 agosto 2023 [QUI]: «Il primo morto per fame è stato confermato il 14 agosto. Non è stata una fatalità. “è in corso un genocidio contro 120mila Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh”, denuncia Luis Moreno Ocampo, fondatore della Procura della Corte Penale Internazionale e che insieme a un gruppo di giuristi internazionali ora chiede di aprire gli occhi sul tentativo di eliminare definitivamente la popolazione della regione che l’Azerbajgian vorrebbe riprendersi a spese dei sui abitanti e dell’Armenia con cui è in conflitto».
Dopo più di 8 mesi – 256 giorni – di #ArtsakhBlockade, il genocidio armeno in Artsakh finalmente finisce sulla prima pagina di Avvenire (con il rimando alla 16ª e senza titolo in risalto sulla prima pagina, riservato all’Ucraina), mentre da tempo non riusciamo più a contare gli articoli sui media più prestigiosi del mondo. Meglio tardi che mai, ma che vergogna per il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. La notizia sarebbe dovuto stare in prima pagina di Avvenire dal 27 settembre 2020…
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-24 19:20:412023-08-28 19:22:22256° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Ciò che spaventa non è la violenza dei cattivi, è l’indifferenza dei buoni (Korazym 24.08.23)
Far sentire vicina la presenza dell’Europa per rassicurare chi vive sotto la costante minaccia della guerra: questa la sfida di Euma, la missione civile di monitoraggio dell’Ue in Armenia partita a febbraio 2023 che ha offerto ad ANSA la possibilità di essere la prima agenzia di stampa internazionale a partecipare ad un’ispezione sulla linea di contatto tra Armenia e Azerbaigian a bordo dei suoi fuoristrada.
Il pattugliamento parte martedì mattina e si concentra nel sud della regione di Gegharkunik, sulla costa meridionale del lago di Sevan.
Il lavoro degli osservatori è interrotto però da diversi posti di blocco dell’esercito armeno. Spari provenienti dalle posizioni azere lunedì sera hanno causato la morte di un soldato nel villaggio di Akhpradzor, adiacente proprio al percorso dei monitor Ue, rialzando la tensione in tutta la zona.
Stando al capomissione Markus Ritter, “incidenti simili accadono con una frequenza quasi settimanale ma dall’arrivo della missione Ue stanno diminuendo, la presenza delle Jeep segnalate dalle bandiere Ue funge in genere da deterrente”. Al centro dello sforzo degli osservatori di Euma infatti c’è il tentativo di stabilire un rapporto con i residenti delle zone di frontiera, spesso gli unici, loro malgrado, ad essere al corrente dei movimenti militari e delle violazioni al cessate il fuoco. Superati i controlli i fuoristrada proseguono sulla strada che dal lago di Sevan attraversa la città di Sotk puntando a sud e che una volta portava direttamente in Nagorno Karabakh, attraverso la regione azera di Kalbajar che sino al conflitto del 2020 era sotto il controllo di Yerevan. Durante l’escalation del 2020, che ha visto l’Azerbaigian riprendere il controllo delle 7 regioni limitrofe al Nagorno Karabakh, la regione armena di Sotk infatti è stata sottoposta a costanti bombardamenti e diverse incursioni azere. Centro degli scontri la zona della miniera d’oro che sovrasta la città e che i due Paesi si contendono rendendone quasi impossibile lo sfruttamento, oggi minacciato dal tiro dei cannoni di entrambi i lati. Da ricca cittadina mineraria di transito, Sotk è oggi una villagio semideserto tenuto in vita dal custode dello spaccio della pompa di benzina e da due coraggiose fornaie che ininterrottamente alimentano il forno della città, noncuranti delle posizioni azere che sbucano dalla linea dell’orizzonte.
Anche se la paura della guerra non è passata le due donne spiegano “di aver trovato nelle presenza degli osservatori Ue quel minimo segnale di rassicurazione necessaria per non chiudere”, molti altri invece hanno scelto di trasferirsi nella capitale. Dai binocoli della missione è facile seguire i lavori dei bulldozer azeri mentre allargano le trincee attorno alle posizioni recentemente riconquistate, le postazioni armene a volte distano solo qualche centinaia di metri lasciando così i soldati di entrambi i lati facili preda dei cecchini. Tra gli scogli nel negoziato tra i due Paesi infatti c’è proprio la delimitazione della linea di confine oggi ancora ancorata a vecchie mappe sovietiche che non rispecchiano più la situazione sul terreno.
Nata da pochi mesi sullo stampo della vicina missione di monitoraggio in Georgia, Euma conta attualmente circa 100 impiegati europei tra cui un’italiana e 6 basi nelle regioni più esposte, tra cui il quartier generale nella cittadina di Yeghegnadzor. La missione rappresenta di fatto gli occhi dell’Ue sul campo e opera sulle basi di un accordo bilaterale con il governo armeno con il mandato di osservare e riportare a Bruxelles gli sviluppi su tutta la linea di contatto tra Armenia e Azerbaigian. Un mandato esteso a tutto il confine perché ciò che minaccia la fragile tregua tra i due Paesi non è solo più la questione del Nagorno Karabakh, che rimane fuori dal mandato della missione. Dal conflitto del 2020 le tensioni infatti si sono allargate a tutti i villaggi di confine con incursione azere in territorio armeno, allargando la tensione anche nelle regioni ad est o quelle ad ovest adiacenti all’exclave azera del Nakhichevan. Un mandato che inizialmente voleva garantire l’accesso a entrambi i fronti ma che ha incontrato il no secco di Baku, contraria alla presenza di qualsiasi missione internazionale sul suo territorio.
Gli osservatori Ue non sono però gli unici, i russi sono ancora presenti nella regione con oltre mille uomini armati, i cosiddetti ‘russian peacekeepers’, che è facile vedere sui loro camion verdi percorrere le stesse strade battute dagli europei.
Dopo aver facilitato la firma del cessate il fuoco del 2020, l’Ue ha però progressivamente sfilato a Mosca il ruolo di mediatore nel conflitto caucasico ospitando a Bruxelles i negoziati di pace. Le truppe russe fino al 2020 erano percepite come garanzia di sicurezza per gli armeni ma dopo l’escalation non sono più viste di buon occhio da chi vive a ridosso delle trincee. Una presenza su cui Euma si astiene prudentemente dal commentare, e sui cui Ritter si limita a tagliare corto: “Se gli armeni hanno chiesto una missione Ue, un motivo ci sarà…”.
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.08.2023 – Vik van Brantegem] – Siamo esausti nel tentativo di convincere la gente a interessarsi agli Armeni dell’Artsakh. Quasi ogni conversazione con un non-Armeno viene accolta con un’alzata di spalle e un’espressione inespressiva del tipo “non voglio saperne di questa cosa”. La gente dell’Artsakh conta così poco, che sembra che la lotta per i diritti umani fondamentali semplicemente non si applicano a loro. Per non parlare di coloro che sventolano la bandiera ucraina, per dimostrare il doppio standard e l’insincerità nel fingere compassione con le vittime dell’aggressione di Putin all’Ucraina.
A Glendale in California, dove risiede la più grande comunità armena degli Stati Uniti. Fiaccolata oggi, 23 agosto 2023 alle ore 19.00 locale (ore 02.00 del 24 agosto 2023 di Roma).
Ora è sempre più grave la carenza di pane in Artsakh, come abbiamo riferito già nei giorni precedenti. Si ipotizza che la carestia potrebbe scoppiare tra un paio di settimane se la situazione dovesse continuare. In questo contesto di un’imminente carestia e della catastrofe umanitaria che l’Azerbajgian ha causato con il suo blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e adesso propone di “risolvere” aprendo una strada dall’Azerbajgian per “reintegrare” gli Armeni dell’Artsakh, le forze armate azere continuano a ostacolare le attività agricole sparando sui contadini lungo la linea di contatto con l’Artsakh.
«Quando il pane è un alimento base ed è quasi impossibile trovarlo… Da diversi giorni non riuscivo a trovare un solo pezzo di pane. #ArtsakhBlockade, giorno 255» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
«A volte penso di essere un cattivo genitore perché non ho fatto scorta di prodotti essenziali, ma cerchiamo anche di non fissarci su questo. Tengo conversazioni esplicative [con i miei figli], spiegando che soffriamo tutte queste privazioni per il diritto di vivere nella nostra patria», ha detto Mary Grigoryan a openDemocracy (Code per il pane e niente latte artificiale: la maternità nel Nagorno-Karabakh bloccato. Tre madri armene raccontano le loro difficoltà dopo otto mesi di vita sotto le restrizioni dell’Azerbajgian di Lucia Martirosyan e Siranush Sargsyan – openDemocracy, 22 agosto 2023 [QUI]).
Intorno alle ore 12.30 di ieri, 22 agosto 2023, le forze armate azere hanno sparato con armi leggeri contro una mietitrebbiatrice che lavorava nel campo di grano di Sarushen nella regione di Askeran dell’Artsakh. L’esercito azerbajgiano tiene da tempo sotto tiro l’unico campo di grano nel villaggio di Sarushen per privare i residenti della possibilità di produrre pane, ha avvertito il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan. Gli agricoltori e le attrezzature agricole vengono presi di mira dalle forze armate azere del vicino avamposto ogni volta che tentano di avvicinarsi al campo di grano per la raccolta. «Anche se ogni volta che le forze di mantenimento della pace russe concordano la data e l’ora del raccolto pianificato con la parte azera, e il raccolto viene organizzato alla presenza delle forze di mantenimento della pace russe sul posto, non appena iniziano i lavori vengono presi di mira e il lavoro agricolo viene sospeso mentre i civili vengono portati in un luogo sicuro dalle forze di pace», ha detto Nersisyan. «I residenti di Sarushen sono privati della loro unica fonte di pane, la possibilità di raccogliere il grano», ha concluso Nersisyan.
Le forze armate azere hanno ripreso ieri a sparare contro le telecamere di sorveglianza dell’Artsakh che monitorano il regime di cessate il fuoco lungo la linea di contatto con l’Azerbajgian. Un’ulteriore prova che l’Azerbaigian si sta preparando ad una significativa provocazione. La situazione è molto pericolosa in questo momento in Artsakh e dintorni.
Il Ministero della Difesa azero ha diffuso ieri un comunicato in cui informa di aver preso di mira le telecamere di sorveglianza, che afferma vengono utilizzate “per commettere atti di sabotaggio terroristico” contro i suoi militari. Questa è un’ammissione ufficiale della violazione del cessate il fuoco da parte dell’Azerbajgian: «Le attrezzature tecniche di sorveglianza dei gruppi armati armeni illegali sono disattivate – Gruppi armati armeni illegali nel territorio dell’Azerbaigian, dove è temporaneamente di stanza il contingente di mantenimento della pace russo, hanno installato dispositivi tecnici di sorveglianza e ascolto nella regione economica del Karabakh per svolgere attività di sabotaggio terroristico contro le unità dell’esercito azerbajgiano. In seguito alle misure adottate il 21 agosto per garantire la sicurezza del nostro personale militare, circa 30 dispositivi tecnici di sorveglianza e ascolto appartenenti a gruppi armati armeni illegali sono stati disattivati. Le attività in questa direzione continuano da parte dei nostri dipartimenti».
Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha comunicato che oggi, 23 agosto 2023, tra le ore 01.05 e le 02.00, unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato con armi leggeri contro gli avamposti di difesa delle forze armate dell’Armenia vicino al villaggio di Verin Shorzha nel comune di Vardenis della provincia di Gegharkunik.
Talvolta ci domandiamo, riferendo di questi esempi di aggressioni azere quotidiane (non riusciamo neanche a riferirle tutte), cosa serve ancora per far capire che il “conflitto” tra Armenia e Azerbajgian è una guerra di aggressioni dell’Azerbajgian in corso contro l’Armenia e l’Artsakh?
Un esempio illuminante della propaganda azera: «La strada di Lachin non è l’unica strada che collega il Karabakh con il resto del mondo. L’affermazione che esiste “una sola strada per entrare e uscire” è una falsa propaganda. Ho contato dodici strade in entrata e in uscita dal Karabakh. Pertanto una presunta crisi umanitaria dovuta alla presunta chiusura di una strada è letteralmente impossibile, poiché esistono altre strade per portare rifornimenti. Grazie all’Armenia, la strada Aghdam-Khankendi proposta dall’Azerbajgian per trasportare forniture umanitarie agli Armeni del Karabakh è stata discussa in una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. In un certo senso, ciò che l’Azerbajgian ha cercato di dire al mondo negli ultimi otto mesi, l’Armenia lo ha realizzato in una settimana, sfatando le falsità secondo cui la strada di Lachin è “l’unica strada per il Karabakh” e “la strada della vita”. Pertanto, la ragione dietro l’isteria dell’Armenia e la fabbricata “crisi umanitaria” è semplice: l’Armenia vuole ancora occupare e annettere territori sovrani dell’Azerbajgian».
È affascinante osservare le acrobazie mentali della propaganda azera, che parte dal presupposto che siamo tutti dei cretini. È strabiliante come Baku continui a insistere contemporaneamente su tesi reciprocamente escludenti. Da un lato affermano “non esiste alcun blocco, la gente nel Nagorno-Karabakh fa sempre festa e i bambini mangiano dei biscotti”, dall’altro “sono gli Armeni che si auto-impongono il blocco rifiutando di usare strade di collegamento con l’Azerbajgian e insistendo di usare la strada di Lachin”.
La tesi più delirante: “Aprite la strada da Aghdam e non ci sarà nessun blocco”. Questa tesi nega fondamentalmente l’esistenza del conflitto in Nagorno-Karabakh e tutta la sua storia.
Se l’Azerbajgian è capace di rapire una persona che viaggia sotto protezione del CICR previamente concordato, immaginate cosa farebbero quando avranno libero accesso all’Artsakh.
Intanto, la cartina fornita è ancora più illuminante del testo: non viene indicata la parte dell’Artsakh occupata dalle forze armate azera, ma in compenso si nota bene che il Corridoio di Lachin è l’unica connessione con l’Armenia tra le “dodici strade in entrata e in uscita dal Karabakh” ed è proprio questa strada (da Kornidzor in Armenia a Stepanakert in Artsakh) che l’Azerbajgian tiene chiusa. Inoltre, è da chiedere perché l’Azerbajgian parla sempre dell’apertura della strada elencata come numero 1.
Aprire la strada da Aghdam per la “re-integrazione” degli “Armeni della regione economico di Karabakh dell’Azerbajgian” ovviamente NON è ciò a cui Baku mira. Ciò che Aliyev persegue è la disintegrazione totale dell’Artsakh, e lo dice in chiare lettere, e senza gli Armeni con la pulizia etnica a tutti i costi.
Il regime autocratico guerrafondaio armenofobo genocida dell’Azerbajgian è una rivisitazione dell’espressione “non vedo, non sento, non parlo” delle tre scimmie: Mizanu che non vede il male (che fa), Kikazaru che non sente il male (che fa), Iwazaru che non parla del male (che fa), con la quarta scimmia, Shizaru con le mani incrociate, che non fa il male (che fa), esprimendo la sua schizofrenia.
Il Ministro degli Affari Esteri, Europei e del Commercio Estero e delle Istituzioni Culturali Federali del Regno del Belgio, Hadja Lahbib è arrivata ieri in Armenia in visita ufficiale. Il Ministro Lahbib, accompagnato dal suo omologo armeno Ararat Mirzoyan, ha visitato il Memoriale di Tsitsernakaberd per commemorare le vittime del genocidio armeno. Ha deposto una corona al memoriale e fiori alla Fiamma Eterna. Il Ministro degli Esteri belga ha visitato anche l’Istituto-Museo del Genocidio Armeno e il Direttore, Harutyun Marutyan, ha regalato al Ministro degli Esteri belga un libro sul conflitto del Nagorno-Karabakh.
Il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, e il Ministro degli Esteri del Regno del Belgio, Hadja Lahbib, hanno discusso in particolare del peggioramento della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh derivante dal blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Il Primo Ministro armeno ha sottolineato che l’Azerbajgian cerca di effettuare la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh e ha attribuito importanza ai dibattiti urgenti nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla situazione nel Nagorno-Karabakh e alla reazione mirata dei partner internazionali alle azioni dell’Azerbajgian. Pashiyan ha sottolineato la necessità di passi efficaci per cambiare la condotta dell’Azerbajgian. Allo stesso tempo, ha dato importanza alla necessità di coerenza nell’attuazione degli accordi raggiunti finora nei negoziati tra Armenia e Azerbajgian a Brussel. Il Ministro degli Esteri belga, Hadja Lahbib, ha sottolineato l’appoggio del Belgio alla posizione dell’Unione Europea, secondo la quale l’Azerbajgian deve garantire la libera circolazione delle persone e delle merci lungo il Corridoio di Lachin e attuare la decisione adottata dalla Corte Internazionale di giustizia delle Nazioni Unite.
L’Armenia non fa distinzione tra le piattaforme mediatrici nei colloqui con l’Azerbajgian, ha detto il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan. Alla richiesta di indicare la piattaforma più efficace per i colloqui, Mirzoyan ha affermato che ciò che conta non è la piattaforma in sé, ma piuttosto l’attuazione degli accordi. «In realtà, l’Armenia è interessata ad avere una mediazione imparziale, obiettiva e neutrale», ha detto Mirzoyan nella conferenza stampa congiunta con il Ministro degli Esteri belga, Hadja Lahbib.
«E apprezziamo molto tutti gli sforzi che vengono compiuti. A Brussel si svolgono numerosi incontri importanti, io stesso ho incontrato il mio collega azerbajgiano a Washington con la mediazione del Segretario di Stato Blinken. Abbiamo incontri anche a Mosca e altrove. Gli incontri si svolgono sia a livello di leader che di Ministri degli Esteri. Proprio di recente ho partecipato a tali incontri sia a Washington che a Mosca. Non facciamo distinzioni tra le piattaforme, ciò che conta per noi è che gli accordi raggiunti sulle piattaforme funzionino e vengano implementati», ha affermato.
«Per esempio, non abbiamo ancora sentito le dichiarazioni pubbliche del Presidente dell’Azerbajgian sul riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Armenia, mentre abbiamo sentito tali dichiarazioni durante gli incontri privati. Ciò è molto preoccupante e potrebbe significare che l’Azerbajgian ha aspirazioni territoriali contro l’Armenia», ha aggiunto Mirzoyan, sottolineando che non solo l’Azerbajgian non attua gli accordi, ma le sue azioni peggiorano ulteriormente la situazione. «Mentre parliamo del fatto che affrontare i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh deve costituire una parte della risoluzione e che aspettarsi una pace sostenibile e duratura nel Caucaso meridionale sarebbe irrealistico senza di essa, in realtà assistiamo al blocco di un intero nazione, un’intera regione attraverso il blocco illegale del Corridoio di Lachin», ha detto Mirzoyan e ha sottolineato che Yerevan si aspetta che tutti i partner e mediatori internazionali seguano l’attuazione degli accordi che sono stati raggiunti durante la loro mediazione.
Mirzoyan ha anche risposto alle notizie dei media secondo le quali gli Stati Uniti avrebbero ostacolato l’adozione di una risoluzione durante la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla crisi umanitaria in Artsakh. «Devo notare che la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocata su richiesta dell’Armenia, era aperta e non solo il popolo armeno ma il mondo intero ha avuto l’opportunità di ascoltare le posizioni dei Paesi partecipanti, compresi gli Stati Uniti. In condizioni in cui il mondo vede la politica azera di pulizia etnica contro il popolo del Nagorno-Karabakh, non credo che gli Stati Uniti vorrebbero o pianificherebbero di essere parte o contribuire ad una politica di pulizia etnica. Sarebbe difficile da immaginare. Penso e spero che gli Stati Uniti si rendano conto della portata e del ritmo allarmante della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, e si rendano conto anche che una possibile risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite risolverebbe questa situazione e riporterebbe le parti nell’agenda dei negoziati».
L’Ambasciata statunitense in Armenia ha negato che USA hanno esercitato pressioni sui membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché si astenessero dal sostenere una risoluzione sulla crisi umanitaria in Artsakh. Rispondendo alla domanda di Armenpress, l’Ambasciata ha chiarito che le discussioni condotte dall’Ambasciatore Linda Thomas-Greenfield hanno affrontato la situazione e che qualsiasi accusa di interferenza degli Stati Uniti è infondata. L’Ambasciata ha sottolineato la propria preoccupazione per la situazione umanitaria in Artsakh e ha invitato l’Azerbajgian ad aprire rapidamente il Corridoio di Berdzor (Lachin) per varie forme di transito.
Nella conferenza stampa con il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, il Ministro degli Esteri belga, Hadja Lahbib, ha detto di essere venuta in Armenia per sostenere e incoraggiare: «Il Belgio è profondamente preoccupato per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh e per il suo deterioramento. La restrizione della circolazione lungo il Corridoio di Lachin sta avendo gravi conseguenze, causando seri pericoli di carestia e malattie. Durante il nostro incontro, i rappresentanti del CICR hanno anche affermato che la vita dei residenti nel Nagorno-Karabakh è in pericolo, il che è naturalmente inaccettabile. Il Belgio condivide pienamente la posizione dell’Unione Europea secondo cui garantire la sicurezza della popolazione del Karabakh e la libera circolazione nel Corridoio di Lachin è un obbligo dell’Azerbaigian. Il Belgio continuerà a seguire questo approccio nei suoi contatti diplomatici», ha affermato Lahbib.
La dichiarazione completa in inglese del Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan e le risposte alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa congiunta con il Ministro degli Esteri del Belgio, Hadja Lahbib: agenda bilaterale e prospettive di miglioramento, partnership con l’Unione Europea, affari regionali, crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh[QUI].
Non si sa quanto sia grande l’Azerbajgian Connection al Bundestag, perché finora non c’è stata una commissione d’inchiesta. Sono di certo coinvolte oltre 2 dozzine di ex e attuali parlamentari, di tutti i partiti.
In questo contesto di diplomazia azera al caviale è scandaloso che Steffen Hebestreit, il Portavoce e Capo dell’ufficio stampa del governo federale tedesco, definisce “propaganda” e “termine di battaglia”, le valutazioni del ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale, dell’Associazione internazionale degli studiosi di genocidio (un’organizzazione globale, interdisciplinare e imparziale che mira a promuovere la ricerca e l’insegnamento sulla natura, le cause e le conseguenze del genocidio) e dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio che classificano la fame di 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh come genocidio da parte dell’Azerbajgian.
Propaganda invece è che il governo federale tedesco definisce una carestia imminente in Artsakh come “propaganda”. Però non si tratta solo di propaganda, ma di un’arroganza e di una mancanza di rispetto senza limiti nei confronti dei cittadini che chiedono informazioni.
Theobald von Bethmann-Hollweg (Hohenfinow, 29 novembre 1856 – Hohenfinow, 1º gennaio 1921), Cancelliere del Reich dal 1909 al 1917 – un buon governante ma troppo succube ai voleri dell’imperatore Guglielmo II e con una scarsa fermezza nelle sue decisioni – rispose alla notizia che era in corso un genocidio contro gli Armeni: “Il nostro unico obiettivo è mantenere la Turchia al nostro fianco fino alla fine della guerra, indipendentemente dal fatto che gli Armeni muoiano o meno”. Oggi non è più il 1915, ma l’attuale situazione in Artsakh sarebbe un’occasione per assumersi questa responsabilità, perché l’Armenia, come dimostrano gli sviluppi, non è solo una parte in una disputa territoriale.
Se il Cancelliere del Reich von Bethmann-Hollweg oggi fosse ancora vivo avrebbe detto: “Il nostro unico obiettivo è mantenere l’Azerbajgian dalla nostra parte fino alla fine della guerra in Ucraina, indipendentemente dal fatto che gli Armeni muoiano o meno”.
Vediamo a getto continuo incessanti tweet da parte di individui vili e viscidi – ci domandiamo come ci si sente ad essere colpevoli di genocidio e passare le notti e i giorni a pubblicare foto stupide che insultano il proprio IQ – che negano e ridicolizzano il genocidio armeno e la crescente fame di 120.000 Armeni sotto il genocida #ArtsakhBlockade dell’Azerbaigian in Artsakh. Questi troll e funzionari governativi sentono di poter dire qualunque cosa gli viene nella testa bacata, senza essere sospesi da Twitter.
Ma quanto sta succedendo su Telegram è ancora più grave.
«Stiamo annunciando un’asta. Su richiesta dei nostri abbonati il prezzo iniziale per questa troia è di 200 dram. Il vincitore sarà il partecipante che avrà offerto il prezzo più alto per questa roba».
Gli Azeri nel loro canale Telegram partecipano allegramente ad una “asta”, indicando quanto pagherebbero per violentare una ragazza armena, che sta attraversando il loro posto di blocco illegale presso il ponte Hakari. Chiediamo venia di non tradurre dall’inglese queste schifezze, degne di un canale pornografico. E c’è ancora qualcuno che “pensa” che gli Armeni dell’Artsakh, una volta “reintegrati” in Azerbajgian sarebbero securi, contenti e felici.
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-23 19:29:192023-08-28 19:30:00255° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. «Quando il pane è un alimento base ed è quasi impossibile trovarlo…» (Korazym 23.08.23)
Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha sottolineato alla parte azera “l’urgente necessità di sbloccare la strada di Lachin”, in conformità con la relativa decisione della Corte internazionale di giustizia, e al fine di “prevenire un’ulteriore escalation”. Lo dichiara un alto funzionario europeo a conoscenza dei negoziati in corso per ridurre le tensioni fra Baku e Yerevan nonché alleviare le condizioni di vita nel Nagorno-Karabakh. Michel ha inoltre “preso nota” della disponibilità da parte dell’Azerbaigian di fornire assistenza umanitaria attraverso altre strade, tra cui quella di Aghdam. Michel ha inoltre ribadito l’urgente necessità di depoliticizzare, da parte di tutti gli attori, la questione dell’accesso umanitario. Il rappresentante speciale dell’Ue Klaar e l’équipe del presidente Michel hanno mantenuto stretti contatti con Baku, Erevan e gli armeni del Karabakh, discutendo le opzioni per sbloccare la situazione. Michel chiede poi che l’incontro di dialogo tra Baku e Stepanakert si svolga “al più presto”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-23 19:28:292023-08-28 19:29:10Michel a Baku, 'sbloccare subito la strada di Lachin' (Ansaeuropa 23.08.23)
Il saggio di Stefan Ihrig, storico tedesco che insegna in Israele, mette in luce le connessioni, spesso ignorate, tra la storia tedesca e il Genocidio armeno perpetrato nell’Impero ottomano agli albori del Novecento. Prima, durante e dopo la sua attuazione.
Se non è più in discussione la connessione tra il Genocidio armeno, con cui si aprono i massimi orrori del XX secolo, e la Shoah ebraica, occorrevano però indagini storiche per capire l’importanza che quelle vicende di sangue della Prima guerra mondiale ebbero per la storia tedesca.
Stefan Ihrig, professore di Storia all’Università di Haifa (Israele), colma questa lacuna con un ampio e documentato saggio di agile lettura in quattro parti, di cui la terza costituisce il cuore del libro, «Dibattito sul genocidio». In essa Ihrig si dedica all’impatto che ebbero le notizie del Genocidio sui tedeschi negli anni Venti, quando sia la Germania sia la Turchia si risollevavano dai disastri del conflitto da cui uscivano sconfitti. Ihrig si concentra perciò sul Paese che era stato stretto alleato degli ottomani nella guerra, ma che si era legato a Costantinopoli fin dai tempi di Bismark.
Come scrive l’autore nell’introduzione, questo «non è un libro che intende processare la Turchia. È un libro sulla Germania e sul cammino che la condusse all’Olocausto». La Germania, infatti, non fece tesoro di queste ripercussioni. Neppure I quaranta giorni del Mussa Dagh, il capolavoro letterario di Franz Werfel sull’annientamento degli armeni, che fu straordinario monito lanciato alla vigilia dell’avvento del nazismo, fece breccia.
Ihrig dimostra che il genocidio era ampiamente noto e denunciato fin dal momento della sua commissione, in particolare proprio in Germania, la nazione che presto avrebbe costruito in modo aggressivo sul precedente turco. Nessun governo in Europa era meglio informato di Berlino di quanto avveniva tra Anatolia e Mesopotamia. I diplomatici tedeschi di stanza in Turchia sapevano fin dall’inizio delle «deportazioni» degli armeni e trasmisero molte informazioni in patria. Il resoconto assai dettagliato del missionario protestante tedesco Johannes Lepsius circolò già nel 1916 in ventimila copie e l’autore parlò delle atrocità ai parlamentari del Reichstag.
Certo, la parola «genocidio» apparve solo nel 1944 e non può essere attribuita negli anni Venti al destino degli armeni. Affermare che i funzionari tedeschi erano a conoscenza dei crimini commessi contro gli armeni ottomani non significa automaticamente affermare che fossero consapevoli del carattere genocida di questi crimini. Ihrig dimostra, tuttavia, in modo convincente, che i resoconti tedeschi dell’epoca usavano un vero e proprio «linguaggio del genocidio», descrivendo la carneficina come equivalente allo «sterminio» e all’«annientamento» di un popolo. Völkermord, cioè omicidio di popolo, anticipava il neologismo «genocidio» coniato dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin e circolava nei rapporti delle autorità tedesche.
L’omicidio compiuto in piena Berlino nel marzo 1921 di uno dei principali architetti del genocidio, Talat Pasha, da parte di uno studente armeno, Soghomon Tehlirian, pose la questione agli occhi dell’opinione pubblica. Lo spettacolare processo che ne seguì portò sul banco degli imputati non solo l’autore materiale dell’omicidio, ma la vittima e l’intero regime deli Giovani Turchi. Alla fine, Tehlirian fu assolto, anche se non sono chiare le motivazioni. Il dibattito sui giornali, tra negazionisti del Genocidio e filo-armeni, spesso cristiani, fu acceso. I circoli nazionalisti difesero l’alleato turco: una difesa impressionante se si pensa all’evolvere della storia tedesca di pochi anni dopo.
L’immagine che si diffuse degli armeni fu denigratoria. Benché possa sembrare strano che una nazione europea si allei con una maggioranza musulmana contro una minoranza cristiana, Ihrig ricorda che gli armeni erano visti meno in termini religiosi che in termini razziali, come costituenti un tipo distinto di essere umano. Perciò non è una coincidenza, secondo l’autore, che questo suoni familiare: il libro mette a nudo la «confluenza» tra stereotipi antisemiti tedeschi e antiarmeni.
Lo studio di Ihrig non giunge alla conclusione che i nazisti fossero semplici imitatori dei Giovani Turchi. Ma la Turchia aveva introdotto lo sterminio come un modo in cui un moderno Stato nazionale poteva «risolvere» i problemi posti da una minoranza sgradita. E nel dibattito tedesco, nei decenni precedenti la loro più ambiziosa campagna di genocidio, molti tedeschi di destra avevano risposto con comprensione se non aperta approvazione. (f.p.)
Stefan Ihrig Giustificare il Genocidio La Germania, gli Armeni e gli Ebrei
da Bismark a Hitler
Guerini e Associati, 2023
pp. 492 – 35,00 euro
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-22 19:33:502023-08-28 19:35:04L’ombra del Genocidio armeno sulla storia tedesca (TerraSanta 22.08.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.08.2023 – Vik van Brantegem] – Foto di copertina: «Di solito scatto foto all’alba con una tazza di caffè, ma è difficile trovare un caffè in questa città assediata. Buongiorno. È il 254° giorno del #ArtsakhBlockade» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
Un genocidio non riconosciuto/negato è un genocidio permesso/incoraggiato. Turchi Ottomani 1915-Hitler 1939- Aliyev 2023. Stop Aliyev- Stop Azerbajgian. Porre fine al #ArtsakhBlockade. Non possiamo lasciare che la storia si ripeta.
«Ci sono molti membri della diaspora armena che diffondono disinformazione e cercano di collegare Atatürk agli eventi del 1915. Atatürk trascorse la maggior parte del 1915 al fronte come ufficiale in comando, combattendo gli eserciti invasori britannici e francesi nella battaglia di Canakkale (Gallipoli)» (Yusuf Erim, Direttore generale di TRT World. Esperto di politica estera. Collaboratore a Middle East Eye, Jerusalem Post, Daily Sabah, The National Interest).
Perché Yusuf Erim usa il termine “eventi”? Cosa è successo nel 1915, che vuole assicurarsi, che il mondo sappia che Kemal Atatürk non ne era coinvolto?
Il senso “non era poi così male, ha combattuto solo contro le forze alleate nella prima guerra mondiale”, non solo è falso così com’è, ma è anche una difesa piuttosto debole, anche se ha fatto il punto che sta cercando di sottolineare.
Che strano modo di scrivere “genocidio”. E che questi “eventi” si riferivano al genocidio armeno è chiaro dagli attacchi che riceve Yusuf Erim da parte degli utenti turchi sui social. Infatti questi “eventi” si chiamano genocidio. Raphael Lemkin, l’uomo che ha inventato la parola genocidio, non ha definito “eventi” ciò che è accaduto agli Armeni dal 1880 al 1920 in Turchia. L’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio ha adottato 10 risoluzioni e 7 dichiarazioni del comitato esecutivo, con 6 di essi che riguardano i crimini commessi contro gli Armeni.
Dal genocidio armeno al #ArtsakhBlockade, la canzone rimane la stessa: invasori contro popolazioni autoctone. Il genocidio armeno è un crimine continuato nel tempo, grazie al suo continuo non riconoscimento/negazione. “La negazione del genocidio è uno degli indicatori più sicuri di ulteriori massacri genocidi” (Gregory H. Stanton).
Insomma, dove Yusuf Erim ha appreso che gli “eventi” (il genocidio armeno) si sono limitato all’anno “1915”?
Poi arrivarono i “pogrom della Tracia” del 1934, inclusi ma non limitati ai cittadini ebrei della Turchia, per cui oltre 15.000 Ebrei dovettero fuggire dalla Turchia.
Abbiamo anche l’episodio delle “venti classi” del 1941, dove durante la seconda guerra mondiale la popolazione maschile rimanente di armeni/greci/assiri/ebrei (compresi anziani e malati di mente) fu arruolata nell’esercito della Turchia, gli non furono fornite armi e furono costretti a lavorare in battaglioni di lavoro.
Nel 1942 ci fu l’”imposta sul patrimonio”, dove coloro che rimanevano furono costretti dal governo turco a pagare tasse estremamente pesanti. Molte attività commerciali sono andate distrutte, molte famiglie sono state rovinate. È stato un altro palese tentativo di turchizzare il mercato.
Gli “avanzi” ebbero un altro duro colpo con il pogrom del 6-7 settembre 1955, paragonato al Kristallnacht (Notte dei cristalli) del 1938 dei nazisti in Germania. In una notte molte attività commerciali armene, greche, assire ed ebraiche furono distrutte e confiscate. Ci sono stati molti casi di stupro e omicidio.
Non si trattava solo di sterminio del popolo armeno, ma anche di confisca di proprietà e terre. A causa di diverse leggi (del 1923, 1926 e altre), fu reso impossibile per coloro che erano sopravvissuti al genocidio tornare indietro e chiedere le loro proprietà e terre.
Ciò che sta accadendo in Artsakh ha molto a che fare con la negazione del genocidio armeno e con le continue conseguenze della negazione. Non solo i negazionisti del genocidio armeno sono bugiardi, ma sono anche genocidi per la stessa definizione di negazione del genocidio.
La rivolta del ghetto di Varsavia nella storia della Shoah fu “illegale” dal punto di vista di Hitler. La resistenza di Musa Dagh nella storia del genocidio armeno fu “illegale” dal punto di vista di Talaat. Artsakh non è diverso per Aliyev, che definisce sempre “illegale” tutto quello che ha da fare con la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, le sue Istituzioni e i suoi rappresentanti democraticamente eletti. Sotto i regimi genocidi, la colpa è sempre attribuita alle vittime.
Quindi, va riconosciuto che il genocidio armeno sono “eventi” in corso. Per coloro che “pensano” (come non si sa) che gli Armeni indigeni dell’Artsakh sarebbero al sicuro sotto il dominio azero: hanno mai chiesto scusa o mostrato qualche segno di pentimento per aver brutalmente distrutto migliaia di monumenti armeni (tra cui i khachkar, croci di pietra armene, che gli Azeri chiamano “ pietre”) a Nakhichevan [QUI]?
Quindi, da secoli di umiliazioni, massacri e assimilazione/integrazione
sotto la copertura del “sistema devshirme” (l’arruolamento forzoso in vigore dal XIV al XVII secolo nei territori cristiani conquistati dall’Impero ottomano e ordinato dai sultani come una forma di normale tassazione per formare un esercito di schiavi leali, in precedenza costituito soprattutto da prigionieri, e reclutare la classe di amministratori militari dei “Giannizzeri”, o di altro personale da dedicare per esempio al servizio di custodia nei bagni pubblici, Hammam; questi ragazzi erano detti “ragazzi coscritti” ed erano per la gran parte cristiani rinnegati provenienti dalla regione balcanica, di cultura serba, ungherese e albanese);
di “massacri hamidiani” (una serie di eccidi subiti dal popolo armeno durante il lungo regno del sultano dell’Impero ottomano Abdul Hamid II, che si verificarono dal 1894 al 1897, e precedono di alcuni anni quelli noti come “genocidio armeno”; contrariamente all’idea diffusa, non furono limitati agli altopiani armeni);
del “massacro di Adana” (contro le popolazioni armene della Cilicia durante il mese di aprile del 1909);
del peggior episodio del genocidio del 1915-1923;
della confisca dei beni mediante le leggi del 1923, 1926 e altre;
dell’incidente delle “venti classi” del 1941;
dell’”imposta sul patrimonio” del 1942;
dei pogrom del 6-7 settembre 1955;
delle politiche di assimilazione/integrazione;
della cancellazione istituzionale delle tracce dei popoli autoctoni armeno/greco/assiro;
fino alle politiche genocide contro gli Armeni autoctoni dell’Artsakh (con la politica di “reintegrazione”;
la storia è chiarissima: non esiste niente che si può chiamare “passato”. C’è un presente in corso. Le politiche genocide sono sempre rimaste intatte grazie al non riconoscimento e alla loro negazione.
Oggi è il giorno 254 dell’assedio dell’Azerbajgian all’Artsakh/Nagorno-Karabakh. La settimana scorsa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha fallito nel suo dovere di fermare l’aggressione e il genocidio dell’Azerbajgian in Artsakh. Questa settimana, la fame ha raggiunto nuovi massimi con la crisi del pane nell’Artsakh. La gente aspetta in fila per ore e torna a casa senza pane. Ieri è stato prodotto meno del 50% di pane rispetto alla domanda. Decine di migliaia di persone non potevano mangiare nemmeno il pane.
«Rispondendo a Caterina Russell [*]. Ancora spudoratamente non hai detto una parola sui 30.000 bambini armeni che muoiono di fame sotto il genocida #ArtsakhBlockade dell’Azerbajgian. Qual è il tuo problema con i bambini armeni? Non abbastanza biondi o neri? Perché mai in 8 mesi non hai detto niente? #StopArtsakhGenocidio» (Nara Matinian).
[*] Caterina Russell è il Direttore esecutivo di UNICEF, “una sostenitrice di cibo per ogni bambino, ovunque, durante e oltre il COVID-19” (così si presente nel suo account Twitter: è rimasta fissata sull’emergenze della pandemia del coronavirus cinese di Wuhan e non è arrivata ancora a captare che c’è un problema esistenziale per i bambini dell’Artsakh).
I media mainstream non ce lo dicono, ma ci sono già morti per fame in Artsakh a causa dal blocco illegale imposto dall’Azerbajgian. Dov’è l’indignazione? Dove sono gli abbracci al popolo dell’Artsakh che i funzionari europei riservano a Zelensky e Aliyev? Perché nessuno difende il diritto all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh di vivere con dignità e in pace nella propria terra ancestrale? L’unico motivo per questo è che la Commissione Europea di Ursula von der Leyen e il Consiglio Europeo di Charles Michel vogliono avere il petrolio e gas a buon mercato dall’Azerbajgian, che ricicla anche il gas russo all’Europa. La sicurezza energetica è più preziosa delle vite umane per i funzionari europei.
Il #ArtsakhBlockade è un disastro causato dall’uomo, un’orribile catastrofe umanitaria che rende la vita particolarmente pericolosa per i bambini e soprattutto difficile per i genitori.
«URGENTE. La crisi umanitaria si aggrava in Nagorno-Karabakh. Molte famiglie malnutrite sopravvivono con il pane, ora quasi impossibile trovarlo. Dalle 4 del mattino, ho visitato varie panetterie a Stepanakert, ma sono tornato a casa a mani vuote.
«Nell’Artsakh assediato bisogna fare la fila dalle ore 11 di sera per avere la fortuna di avere al mattino UNA pagnotta di pane. Questo anziano è venuto intorno alle ore 5 del mattino per sostituire il suo familiare che è stato in fila tutta la notte.
«Queste donne sono in fila dalle 4 del mattino hanno avuto la fortuna di avere almeno una pagnotta a testa. “Siamo una grande famiglia, non c’è altro cibo, come può nutrirci una pagnotta? Ora devo andare a fare la fila da qualche altra parte”.
«Sono Eva, ho 12 anni, studio in prima media. Ogni giorno faccio per 3-4 ore la fila per il pane per portare il pane ai nostri bambini. Nella nostra famiglia ci sono 5 bambini, ma prendiamo tre pagnotte di pane».
«Una famiglia con 5 figli dovrebbe accontentarsi di 3 pagnotte di pane [circa 350 gr ciascuna] al giorno. Che cosa dobbiamo fare? Questo è il blocco» (Aspram Avanesyan, giornalista dell’Artsakh).
«Ha pedalato in giro per Stepanakert tutta la notte, cercando di trovare una pagnotta. La maggior parte dei panifici sono chiusi per mancanza di farina. Non si lamenta nemmeno in condizioni così terribili: “Va bene, almeno ho ancora delle patate a casa”. Non molti sono così “fortunati”. La carenza di pane si è aggiunta ad altre gravi carenze alimentari, a causa del #ArtsakhBlockade genocida dell’Azerbajgian, alla mancanza di farina, di carburante per il lavoro agricolo e per i trasporti, e agli spari costanti contro gli agricoltori che stanno solo coltivando la loro terra» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
«Sto tornando dalla fila per il pane… Dopo aver fatto la fila per il pane per 2 ore, sono tornata a casa senza pane. Questa è la realtà dell’Artsakh» (Aspram Avanesyan, giornalista dell’Artsakh).
Le forze di mantenimento della pace russe hanno trasferito successo 41 cittadini della Russia e dell’Artsakh all’Armenia. Questo è il primo caso di tale trasferimento dal 14 giugno 2023. I cittadini dell’Artsakh sono studenti ammessi alle università in Armenia e all’estero. Come da accordo iniziale, proseguiranno nei prossimi giorni i trasferimenti. Questo sviluppo è stato comunicato dal Centro responsabile delle attività di coordinamento con le forze di mantenimento della pace russe del governo dell’Artsakh.
Tuttavia, l’Azerbajgian persiste nell’impedire il movimento di numerose persone in entrambe le direzioni. Attualmente, un numero significativo di persone in Armenia sta aspettando di poter ritornare in Artsakh. Inoltre, 333 persone sono in attesa di trasferimento in Armenia tramite la Croce Rossa per motivi medici urgenti e programmati.
I media statali azeri festeggiano la partenza degli Armeni dall’Artsakh con le forze di mantenimento della pace russe. Un troll azero commenta la notizia: 08 «Le terre che appartenevano all’Azerbajgian sono state per anni sotto occupazione armena. Il loro soggiorno è finito, stanno tornando alle loro case».
Non ci si può fidare dell’Azerbajgian dei dettagli, ma se una manciata di Armeni sta davvero lasciando l’Artsakh a causa del blocco, l’Azerbajgian starebbe ad iniziare a raggiungere i suoi obiettivi di pulizia etnica dell’Artsakh. Però, fonti di gran lunga più affidabili dell’Azerbajgian affermano che la maggior parte dei cittadini dell’Artsakh che se ne sono andati sono studenti universitari che hanno bisogno di frequentare i corsi alle università in Armenia e all’estero. Comunque, è qualcosa da tenere sotto occhi. L’Azerbajgian dice che vuole che gli Armeni restino per “reintegrarli”, ma l’obiettivo è senza dubbio di farli fuggire per la fame.
Continuano le giornaliere violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze armate dell’Azerbajgian contro l’Armenia e l’Artsakh, nel contesto della crisi umanitaria sempre più grave in Artsakh. Nessuna soluzione in vista.
L’Azerbajgian, insieme al Contingente di mantenimento della pace russa in Artsakh, vuole creare una falsa immagine di #ArtsakhBlockade al fine di sospendere gli sforzi internazionali per fermare il blocco e prevenire il #ArmenianGenocide2023. Il governo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è diventato involontariamente complice del progetto azero-russo.
l Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha smentito il comunicato diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh avrebbero cercato di avanzare per migliorare le proprie posizioni nella regione di Shushi: «Il comunicato diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian sul fatto che il 21 agosto, intorno alle ore 19.45, l’esercito di difesa dell’Artsakh avrebbe cercato di avanzare per migliorare le posizioni nella regione di Shushi e che questo sarebbe stata impedita dalle unità azere, è un’altra disinformazione».
«È ovvio che diffondendo regolarmente notizie false, il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian cerca di giustificare le continue violazioni del regime di cessate il fuoco da parte delle sue unità e prepara una base informativa per ulteriori provocazioni», si legge nella Dichiarazione del Ministero della Difesa dell’Artsakh.
Il Ministero della Difesa della Federazione Russa nel suo bollettino quotidiano sulle attività delle sue forze di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh ha riferito che una violazione del cessate il fuoco è stata registrata nella regione di Shushi. Sebbene non sia specificato quale parte abbia violato il cessate il fuoco, è chiaro dal comunicato che ha diffuso che è stato l’Azerbajgian a violare il cessate il fuoco.
Il 21 agosto, intorno alle ore 15.30, unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco contro gli avamposti di difesa dell’Armenia vicino al villaggio di Akhpradzor del comune di Vardenis nella provincia di Gegharkunik, a metà strada tra il confine con l’Azerbajgian e il lago Sevan. A causa dell’aggressione un militare armeno, Vanik Ghazaryan, è stato ferito a morte.
Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha affermato che la dichiarazione del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità delle forze armate dell’Armenia avrebbero aperto il fuoco sulle posizioni di combattimento azerbajgiane situate nelle parti sud-occidentali e sud-orientali della zona di frontiera tra le ore 22.50 e le 02.05 del 21 e 22 agosto 2023 non corrispondono alla realtà.
Ed eccoci qua. L’agenzia statale dell’Azerbajgian Azertac tre settimane fa ha scritto: “L’India ha consegnato merci militari in Armenia, l’Iran ha agito come Paese di transito. È stato registrato il movimento di un convoglio automobilistico attraverso il checkpoint di frontiera di Norduz (Iran) verso l’Armenia”, riportando le informazioni dal sito Caliber.az (collegato con il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian) che ha anche pubblicato dei filmati, che “mostrano che il carico trasportato è coperto da una tenda da sole per nasconderne il contenuto”. Quindi, non si vede di quale carica si tratta. Comunque, secondo Caliber.az, “il carico trasportato dall’Iran in Armenia ha uno scopo militare ed è stato consegnato al porto iraniano di Bandar Abbas”, citando due fonti per chiarire che “il mittente delle armi è l’India, con la quale l’Armenia ha recentemente aumentato rapidamente la cooperazione militare e tecnica”.
“A giudicare dalle riprese video a nostra disposizione, l’India ha effettivamente iniziato a inviare armi e attrezzature militari in Armenia. Baku ha ripetutamente avvertito Nuova Delhi attraverso tutti i canali sull’inammissibilità del riarmo dell’esercito armeno e creando l’illusione di una possibile vendetta tra la leadership militare e politica dell’Armenia”, ha osservato Caliber.az, ricordando che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha apertamente messo in guardia l’India al riguardo. “Pertanto, accettando le credenziali del nuovo Ambasciatore indiano, Sridharan Madhusudhanan, nel maggio di quest’anno, il Presidente Ilham Aliyev ha portato alla sua attenzione che forze vendicative stavano rialzando la testa in Armenia e che continuavano le rivendicazioni territoriali contro l’Azerbajgian. Affermando che il rapido armamento dell’Armenia stava creando nuovi pericoli, il Capo dello Stato ha osservato: ‘Se l’Armenia è veramente interessata alla pace con l’Azerbajgian, allora perché acquista armi per centinaia di milioni di dollari?’ Il Presidente dell’Azerbaigian ha sottolineato che questa politica potrebbe portare a nuove minacce per la regione”.
L’articolo di Caliber.az rileva inoltre, che “New Delhi non può fare a meno di capire a cosa ciò potrebbe portare: la fornitura di munizioni e armi letali all’Armenia, tra cui il Pinaka MLRS e le armi a lungo raggio, rappresenta una minaccia diretta per le pacifiche città azere, anche quelle situate lontano da territori di confine. Dopotutto, la guerra dei 44 giorni ha mostrato chiaramente che l’esercito armeno sconfitto sul campo di battaglia è in grado di bombardare insediamenti pacifici, uccidere persone che dormono nelle loro case”.
“La cosa più cinica qui è che l’India parla pubblicamente di diritto internazionale, ma sostiene apertamente la politica di incitamento a un conflitto militare e mancanza di rispetto per l’integrità territoriale dei Paesi del Caucaso meridionale. Chiude anche un occhio sul fatto che ciò va contro i principi della Conferenza di Bandung e del Movimento dei non allineati, di cui anche l’India è membro. Inoltre, è stato Nehru che è stato all’origine della creazione del NAM”, afferma Caliber.az.
Per quanto riguarda il fatto che “le consegne passano attraverso l’Iran”, Caliber.az afferma che “il vicino meridionale ha smesso da tempo di sorprendere con il suo cinismo, doppiezza e ostilità nei confronti dell’Azerbajgian”.
“Nonostante il regime clericale sia stato a lungo un emarginato nelle relazioni internazionali, questo non sembra affatto scoraggiare New Delhi. Niente di personale: si tratta solo di soldi (e abbastanza tanti), oltre che di interessi personali e geopolitici. I fanatici dalla barba ispida, che da 45 anni gridano di difendere gli interessi dei musulmani in tutto il mondo e di avere legami fraterni con l’Azerbajgian, sono da tempo mano nella mano con l’Armenia, motivo per cui forniscono il loro territorio per il trasferimento di armi straniere nel ‘Paese delle pietre’ senza ombra di dubbio”, scrive Caliber.az.
Riportando le affermazioni di Caliber.az, Azertac conclude: “Il 26 luglio, Hikmat Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari Esteri dell’Amministrazione Presidenziale, ha incontrato l’Ambasciatore dell’India, Sridharan Madhusudhanan, riguardo a questo problema”.
Segnaliamo
– “Vogliono che moriamo per strada”: all’interno del blocco del Nagorno-Karabakh di Luke Harding – The Guardian, 22 agosto 2023 [QUI]: «I residenti dell’enclave armena credono che il piano dell’Azerbaigian sia chiaro: sottometterli alla fame. Ad ogni pasto, Hovig Asmaryan mangia patate. “Li friggiamo. E poi li facciamo bollire”, ha detto. “È uno stile di vita sano per me e la mia famiglia. Consumiamo verdure, camminiamo a piedi e ci spostiamo in bicicletta. Ma è con la forza. Nella sua città natale di Stepanakert è nato un sistema di baratto. “Abbiamo un albero da frutto in giardino. Do la frutta ai miei vicini. Ci passano le carote”, ha detto».
– Nagorno-Karabakh: “È giunto il momento di prevenire un nuovo crimine contro l’umanità” di Berge Setrakian – Le Figaro, 21 agosto 2023 [QUI]: «In una lettera aperta, il Presidente dell’Armenian General Benevolent Union (AGBU), che promuove l’identità e il patrimonio dell’Armenia nel mondo, Berge Setrakian, invita il Presidente francese, Emmanuel Macron, a reagire al blocco che sta subendo l’Artsakh. Se la Francia non reagisce, potremmo presto assistere a un nuovo genocidio armeno, insiste».
– Nell’enclave armena del Nagorno-Karabakh sotto blocco, la vita sta gradualmente diventando impossibile di Benjamin Laurent – Geo, 17 agosto 2023 [QUI]: «Parzialmente conquistata dall’Azerbaigian nel 2020, ciò che resta della regione armena del Nagorno-Karabakh non è più collegata al resto del Paese se non dal corridoio Lachin, una stretta striscia di terra utilizzata per rifornire la regione. Ma da allora le forze azere hanno imposto un blocco, trasformando la regione in un’enclave gradualmente soffocata dalla mancanza di beni di prima necessità».
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-22 19:30:092023-08-28 19:30:54254° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU rinuncia al suo dovere di fermare l’aggressione azera e il genocidio (Korazym 22.08.23)
Venerdì 18 agosto, nella sede del circolo, si è tenuto un incontro incentrato sui temi della cultura e della solidarietà
2 minuti di lettura
CORIGLIANO-ROSSANO- Venerdì 18 agosto, nella bella piazza Steri del centro storico di Rossano, in una splendida serata, si è tenuto un importante evento, culturale e sociale, organizzato dal Circolo Culturale Rossanese, incentrato sui temi della cultura e della solidarietà, sulla complessa testimonianza di vita di Laura Ephrikian e sull’interessante suo libro “una famiglia armena”.
La serata è stata magistralmente condotta da Imma Guarasci, attrice e regista, introdotta dal Presidente del Circolo Antonio (Tonino) Guarasci, che ha evidenziato i valori del volontariato gratuito, dell’indipendenza e del ruolo di promotore di cultura e di civismo del Circolo. In rappresentanza dell’Amministrazione comunale ha portato i saluti istituzionali e opportune garbate riflessioni l’Assessore alla Cultura, Alessia Alboresi.
Don Pino Straface, vicario generale dell’Arcidiocesi Rossano-Cariati, delegato dall’ Arcivescovo Maurizio Aloise, assente per motivi familiari, non si è limitato a portare i saluti, ma ha richiamato l’attenzione del numeroso e variegato pubblico presente in piazza sui valori della partecipazione personale e responsabile, della solidarietà verso chi vive nel bisogno e nella marginalità, segnatamente i bambini del Kenia, verso i quali la Chiesa di Papa Francesco è in prima fila.
Due gli intermezzi musicali accolti con grandi applausi dal pubblico: quello del noto e bravissimo autore ed esecutore Paolo Savoia e il giovane promettente Giuseppe Anania. Poi Imma Guarasci e Franco Filareto hanno tessuto una stimolante trama di domande e risposte con Laura Ephikian e sui contenti e finalità del suo libro. Si è fortemente insistito sul popolo martire dell’Armenia, vittima di genocidio, di sterminio, di discriminazione da parte dell’impero turco e di recente del “sultano Erdogan” e sull’assedio tuttora in corso della popolazione armena del Nagorno Karabakh da parte del governo del Azerbaigian nel silenzio assordante è complice dell’Europa, dell’ONU, degli USA, e della stampa e delle tv di regime, ma con la voce ferma di Francesco (che più volte ha richiamato i governi sulla tragedia del genocidio armeno) e di alcune coraggiose testate giornaliche, come la Repubblica, l’Unita, la Stampa, il Corriere della sera etc. L’Ephikian, armena di origine, dovunque si reca informa, denuncia e scuote le coscienze perché cessi lo sterminio degli Armeni.
I relatori hanno ricordato che il popolo armeno è stato il primo dell’Europa ad aderire al Cristianesimo nel 301 e il cui territorio si trova sotto il monte Ararat, sul quale, secondo l’Antico Testamento sarebbe approdata l’aria di Noe’ e dove sarebbe stato l’Eden. Poi Laura ha raccontato Laura, disvelando con chiarezza la sua complessa e complicata vita personale e familiare, precisando che “la via della libertà è la via del coraggio”. La gente ha apprezzato la scelta della famosa attrice teatrale-televisiva-cinematografica di testimoniare con il suo libro i valori della donazione e della condivisione.
Da parte del prof Filareto si è richiamato l’attenzione sulla libertà come scelta di vita o scelte e ripartenze nella consapevolezza e nella responsabilità e che l’eredità più duratura che possiamo lasciare ai figli, ai giovani, alla Comunità di appartenenza sono le radici per rimanere o ritornare e le ali per poter spiccare il volo. Pertinenti e coinvolgenti le domande-riflessioni della giovane promettente poetessa calopezzatese Vanessa Scigliano. Alla domanda finale alla Efrikian che cosa si porta nella valigia lasciando Rossano, ha precisato che si porterà nell’archivio della sua memoria l’accoglienza gioiosa dei Rossanesi, le tantissime manifestazioni di amicizia e affetto alla “fidanzata d’Italia”, la bellezza straordinaria del Centro Storico, il fascino e il mistero dell’Achiropita, del suo Codex. Lascia la città bizantina con bei ricordi, con un arrivederci e con l’impegno a ritornare .
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.08.2023 – Vik van Brantegem] – Nel giorno 253 del #ArtsakhBlockade appena iniziato, alle ore 10.30 esatto, chiediamo come ogni giorno: cosa succede in questo secolo in cui viviamo, dove il mondo assiste impassibile alle guerre finché sono lontane dalle proprie case. Al genocidio della morte per fame? Ai bambini a cui viene negata la loro infanzia? All’intenzione di causare danni e morte ad un intero popolo? Tutto ad opera dell’autocrate Ilham Aliyev dell’Azerbajgian, con la complicità della Commissione Europea di Ursula von der Leyen, del Consiglio Europeo di Charles Michel, del governo italiano di Giorgia Meloni. Dove sono le proteste di massa, anzi, è possibile che le popolazioni dell’Occidente siano una massa di cretini irrecuperabili?
Un troll turco-azero, finanziato dal regime autocratico guerrafondaio armenofobo genocida di Ilham Aliyev in Azerbajgian, minaccia in un post su Twitter. «I gruppi armati separatisti armeni del Karabakh, che è il territorio dell’Azerbajgian, dovrebbero lasciare immediatamente la regione. Altrimenti, saranno direttamente responsabili della tragedia che creeranno. L’Armenia è pronta a vedere madri, vedove, orfani piangere sulla tomba?» Questo riprende quanto scritto da Hikmet Hajiyev (l’Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli affari esteri dell’amministrazione presidenziale, nonché capo della macchina di menzogna della propaganda di Aliyev), il un post su Twitter, riferendosi all’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh: «Qualsiasi processo di reintegrazione deve includere la smobilitazione e il disarmo di tutti i gruppi militari illegali e il completo ritiro degli elementi delle forze armate dell’Armenia che rimangono».
Ecco, come Ilham Aliyev si “prepara alla pace duratura” nel Caucaso meridionale. Pagare la libertà con la fame. C’è qualche altra nazione al mondo che affronta il dilemma della libertà e della fame? E sì, fuori dell’Artsakh è il XXI° secolo del “mai più”. Dentro l’Artsakh e in Azerbajgian si è tornato ai tempi della Shoah, lo sterminio degli Ebrei di Hitler, ai tempi del Yetz Megern (Grande male”), il genocidio armeno dei Turchi Ottomani e ai tempi dell’Holodomor (Carestia di massa) dell’Unione Sovietica di Stalin. È agghiacciante osservare come comuni azeri diventano spettatori e complici del regime genocida di Baku, fingendo che non stia succedendo nulla con gli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Rimaniamo ancora in attesa di una parola, con speranza e fiducia
Ieri, dopo la recita dell’Angelus Domini con i pellegrini in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha detto: «Seguo con preoccupazione quanto sta accadendo in Niger. Mi unisco all’appello dei Vescovi in favore della pace nel Paese e della stabilità della Regione del Sahel. Accompagno con la preghiera gli sforzi della comunità internazionale per trovare al più presto una soluzione pacifica per il bene di tutti. Preghiamo per il caro popolo nigerino. E invochiamo la pace anche per tutte le popolazioni ferite da guerre e violenze, specialmente preghiamo per l’Ucraina, che da tanto tempo soffre».
Ci dispiace che anche questa volta Papa Francesco non ha speso una parola “tra tutte le popolazioni ferite da guerra e violenze” per l’Artsakh, “che da tanto tempo soffre”, da molto più tempo dell’Ucraina.
Nuove aggressioni giornaliere da parte dell’Azerbajgian contro l’Armenia e l’Artsakh
Questa mattina, 21 agosto 2023, intorno alle ore 06.10, unità delle forze armate dell’Azerbajgian – “che costruisce strade non muri… e aeroporti” (per poter muovere il suo esercito più velocemente) – hanno sparato con armi leggeri di diverso calibro verso gli avamposti di difesa dell’Armenia nelle vicinanze di Khnatsakh nella regione di Syunik dell’Armenia.
Alle ore 09.50, unità delle forze armate azere hanno aperto il fuoco con armi leggere di diverso calibro contro gli avamposti di difesa armeni vicino a Verin Shorzha nella provincia di Gegharkunik dell’Armenia.
Dalle ore 05.50 alle 06.30, le forze armate azere hanno violato il regime di cessate il fuoco nelle regioni di Martakert, Askeran, Martuni e Shushi dell’Artsakh, utilizzando armi da fuoco di vario calibro.
Bloccati da 253 giorni, i residenti della regione di Martakert restaurano il Monastero di Hakobavank
Anni di abbandono hanno lasciato Hakobavank deteriorato, richiedendo un restauro immediato. Il progetto “Rinascita di Hakobavank”, in collaborazione con “ReArmenia”, mira a ricostruire il monastero, unendo Armeni di tutto il mondo ed esperti di restauro. In un Artsakh del dopoguerra, sotto le sfide geopolitiche, il ringiovanimento del monastero ha un significato. Cerca di rivitalizzare la vita culturale e religiosa, stimolando al contempo il progresso economico e sociale nella regione.
Situato nel villaggio di Kolatak, nella regione di Martakert dell’Artsakh, il monastero di Hakobavank è stato un importante centro religioso dell’Artsakh nel corso dei secoli. Fondata nell’alto medioevo, raggiunse il suo apice architettonico nei secoli XI-XII. Prende il nome da San Hakob Mtsbnetsi, un confessore a Mets Hayk. Il complesso svolgeva ruoli religiosi ed educativi.
Gli Azeri si arrabbiano che non sono ancora riusciti a privare gli Armeni dell’Artsakh dell’opportunità di vivere piccoli momenti di felicità
«Un matrimonio ha avuto luogo in Nagorno-Karabakh, che è sottoposto ad un blocco crudele e disumano da parte dell’Azerbajgian. Non c’era musica, tranne quella del ragazzino che suonava il dhol (un tamburo indiano a due teste) e accompagnava gli sposi novelli. Tuttavia, le persone hanno trovato forza dentro di sé e si sono rallegrate, tentando così di portare felicità agli sposi novelli. Il matrimonio sarebbe stato più lussuoso, gioioso e affollato se l’Azerbajgian non avesse condannato il popolo del Karabakh a sofferenze disumane.
Suggerisco che l’Azerbajgian invii questo video, insieme agli screenshot di Instagram mostrati al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, alle organizzazioni internazionali e provi a convincerle che gli Azeri non hanno ancora commesso un genocidio completo contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Gli Azeri dovrebbero scrivere che non sono ancora riusciti a privare gli Armeni dell’opportunità di vivere piccoli momenti di felicità.
L’Azerbajgian avrebbe dovuto capire da tempo che la fame non può essere un metodo efficace di comunicazione con gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Gli Armeni dell’Artsakh resisteranno al metodo brutale del blocco totale, e quindi l’Azerbajgian non sarà in grado di soggiogare il Nagorno-Karabakh.
Auguro agli sposi una grande felicità» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
In precedenza un troll azero ha commentato il filmato, affermando che ci sono matrimoni ricchi e poveri. Adesso, una troll (che dichiara di essere “fiera di essere azerbajgiana”, sempre della stessa specie di negazionisti armenofobi genocida), commenta: «Festa degli Armeni durante il #falsoblocco, è la prova che non stanno affatto morendo di fame e continuano a divertirsi».
«Le forze armate Azeri sparano alle mietitrebbie che cercano di raccogliere il grano per la farina, poi senza vergogna accusano gli Armeni dell’Artsakh di mentire dicendo che non c’è farina. Le intenzioni di pulizia etnica dell’Azerbajgian non sono nemmeno minimamente sottili. Poi il rappresentante di Ilham Aliyev alla prossima riunione di Consiglio di Sicurezza potrà continuare a negare che c’è carestia in Artsakh, perché anche non c’è più pane, gli Armeni mangiano biscotti e fanno festa.
«Anche la farina è quasi introvabile in Artsakh, le persone ricorrono lentamente a un materiale nero tipo amido per realizzare prodotti simili al pane. Le code per il pane durano a volte circa 6 ore. La situazione umanitaria in Artsakh è critica» (Nagorno Karabakh Observer).
«Giorno 252 del blocco. La lunga fila della panetteria nel nostro cortile…» (Izabella Sargsyan).
«La maggior parte delle panetterie di Stepanakert sono vuote a causa della scarsità di carburante. Anche il pane rigorosamente razionato è diventato quasi impossibile da trovare a Stepanakert. #ArtsakhBlockade giorno 253» (Siranush Sargsyan).
«Stepanakert. Oggi [20 agosto 2023] è impossibile comprare il pane anche di notte. Niente farina da impastare, dice la signora della panetteria nella mia strada» (Marut Vanyan, giornalista a Stepanakert).
«Rapporti ancora più allarmanti dagli Armeni sotto il #ArtsakhBlockade genocida dell’Azerbajgian. Per molte famiglie malnutrite il pane è l’unico alimento rimasto per la loro sopravvivenza. Una volta che in Nagorno-Karabakh finirà la farina, assisteremo a fame/morti di massa» (Nara Matinian).
«Nell’Artsakh assediato anche il pane semplice è diventato introvabile. L’Azerbajgian sta facendo morire di fame gli armeni dell’Artsakh» (Lusine Ghazaryan).
Il Difensore per i Diritti Umani della Repubblica di Artsakh comunica: «Maria è venuta a trovarci sabato, molto preoccupata per il futuro dei suoi futuri gemelli. “Il mondo dovrebbe sapere cosa sta succedendo qui, la gente dovrebbe rendersi conto che questo è un genocidio, un vero genocidio…”, ha detto. “Voglio parlare, voglio rivolgermi alle persone famose e udibili per parlare, essere la mia voce, essere la voce dei miei figli… per porre fine a questa crudeltà…” La mattina di domenica abbiamo appreso che Maria è stata portata in ospedale e ha dato alla luce le sue due gemelle. Congratulazioni, cara Maria, che le tue figlie abbiano un’infanzia sana e serena. E per il bene di tutti i bambini, esortiamo tutti voi a essere la voce… a prevenire questo genocidio».
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa non è stato in grado di portare in Artsakh la salma della ragazza 21enne morta in un terribile incidente stradale in Armenia. La sua famiglia è sotto blocco in Artsakh, impossibilitata a recuperare la sua salma a Goris, in Armenia. La Croce Rossa potrebbe aver raggiunto il limite per quanto riguarda le sue funzioni umanitarie.
Il Comandante del Contingente per il mantenimento della pace russo di stanza in Artsakh, il Colonello Generale Aleksandr Lentsov ha affermato: «Se il CICR non risponde, cercheremo noi di riportare indietro la salma…».
La Croce Rosse scrive in un comunicato: “Il CICR rimane l’unica organizzazione umanitaria che opera attraverso il Corridoio di Lachin, per rispondere alle crescenti esigenze umanitarie. Esortiamo i responsabili delle decisioni a trovare un compromesso che consenta la ripresa delle consegne umanitarie”.
A questa dichiarazione del CICR ha risposto in un post su Twitter l’avvocato azero da Washington Emil Muradzade, riportando con precisione e dettagli rivelatori:
«La strada Aghdam-Khankendi è aperta ed è il percorso più breve ed efficiente per consegnare qualsiasi tipo di bene umanitario. Il posto di frontiera di Lachin è aperto anche per il CICR, ma solo per il traffico passeggeri».
Qualcuno commenta e chiede: «E come arrivano gli aiuti umanitari ad Aghdam?» Ed ecco, la risposta dell’Avv. Emil Muradzade: «Attualmente ci sono tre aeroporti che operano dentro e intorno alla regione economica del Karabakh: Ganja, Yevlakh e Fuzuli. Poiché la distanza da questi aeroporti alla città di Barda è ravvicinata, il trasporto di merci da lì attraverso la strada Barda-Aghdam può evitare perdite di tempo».
In sostanza, l’Avv. Emil Muradzade ci fa sapere che è un terrapiattista.
In questa piantina azera, gentilmente fornita dall’Avv. Emil Muradzade, è riassunto tutto il piano genocida dell’Azerbajgian:
1. Il Corridoio di Berdzor (Lachin) è sparito dalla piantina, in conformità con le azioni sul campo dell’Azerbajgian, avendolo occupato e “reintegrato” illegalmente in Azerbajgian. Nonostante il corridoio fa parte della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 firmata anche dal presente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev.
2. È apparso sulla piantina il cosiddetto “Corridoio di Zangezur”, che corrisponde con la provincia di Syunik dell’Armenia ed è rivendicato da Ilham Aliyev come parte dell’Azerbajgian.
3. Il confine della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è sparita dalla piantina e che è già “reintegrata” in Azerbajgian. Non sono indicati neanche i confini della “regione economica del Karabakh di Azerbajgian”.
4. La strada Yerevan-Ijevan (in Armenia)-Gazax (in Azerbajgian)-Barda-Akna/Aghdam-Stepanakert: circa 350 km e un viaggio di circa 6 ore. Però l’Azerbajgian tiene chiusa la frontiera dall’Armenia con l’Azerbajgian e questo spiega anche la proposta degli aeroporti.
La strada Yerevan-Goris-Kornidzor-Berdzor/Lachin-Shushi-Stepanakert, lungo il Corridoio di Lachin: circa 350 km e un viaggio di circa 6 ore. Però l’Azerbajgian tiene chiusa la frontiera dall’Armenia con l’Arsakh, con il blocco illegale presso il ponte Hakari, all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin). Inoltre, impedisce l’uso dell’aeroporto di Stepanakert a Kojaly (dove si trova il comando delle forze di mantenimento della pace russe).
Quindi, due strade della stessa lunghezza.
5. L’Azerbajgian è collegata con la sua exclave Nakhichivan e con la Turchia indisturbato attraverso la strada Horadiz-Ordubad in Iran e via aereo indisturbato attraverso lo spazio aereo dell’Armenia. Però l’Azerbajgian spara sull’aeroporto di Kapan nella regione Syunik dell’Armenia per ostacolare ii voli Yerevan-Kapan all’interno dello spazio aereo dell’Armenia.
Ah sì, ovviamente, perché per l’Azerbajgian la provincia armena di Syunik è Zangezur dell’Azerbajgian, occupato dall’Armenia.
Poi, riportiamo due post di Hikmet Hajiyev, che dimostrano a cui serve la costruzione della ferrovia e dell’autostrada da Akna (Aghdam): l’“integrazione” degli Armeni dell’Artsakh in Azerbajgian (tradotto: l’occupazione del resto dell’Artsakh), mentre l’Azerbajgian blocca l’entrata di tutte le merci che servono in Artsakh attraverso il Corridoio di Lachin.
Ecco, si comprende adesso la chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin), in attesa del momento che è arrivato: “La strada Aghdam-Askaran-Khankandi è pronta, funzionante e aperta per la consegna di tutte le merci necessarie”, scrive Hikmet Hajiyev, e gli Armeni davanti alla scelta della liberta e la fame.
«La strada Aghdam-Askaran-Khankandi è pronta, funzionante e aperta per la consegna di tutte le merci necessarie. Da Aghdam sono solo 23 km fino a Khankandi. Con il corpo diplomatico e i media internazionali siamo in cammino e guardiamo verso Askaran. L’Azerbajgian sta costruendo strade, non muri!» (Hikmet Hajiyev).«Con il corpo diplomatico siamo all’ingresso dell’autostrada e della ferrovia Aghdam-Khankandi. Solo la capacità giornaliera dell’autostrada è di 17.000 veicoli. L’Azerbajgian sta costruendo strade e non muri per il reinserimento dei residenti Armeni del Karabakh, ma hanno messo blocchi stradali e barriere» (Hikmet Hajiyev).
Hikmet Hajiyev vuole dimostrare che gli Armeni dell’Arsakh si auto-bloccano, facendo dimenticare che è l’Azerbajgian che blocca da 8 mesi l’Arsakh, chiudendo il Corridoio di Berdzor (Lachin) e spara quotidianamente ai contadini per impedire la raccolta. Anche ad uno come lui dovrebbe essere chiaro che i “residente Armeni del Karabakh” non vogliono il “reinserimento” nell’autarchia azera che li ha condannato alla carestia e alla morte per fame, pur di costringerli a farsi “reintegrare”.
«L’Azerbajgian continua gli attacchi terroristici contro l’Armenia. Oggi [19 agosto 2023] le forze armate dell’Azerbajgian hanno nuovamente aperto il fuoco in direzione dell’aeroporto civile “Syunik” nella città di Kapan, Armenia. Gor Tsarukyan, il Direttore del Centro Relazioni Pubbliche e Informazione dell’Ufficio del Primo Ministro in Armenia, riferisce che dopo gli spari dei tiratori azeri, gli agenti di sicurezza hanno urgentemente evacuato gli ospiti dall’area.
L’aereo è atterrato con successo nonostante l’attacco. Erano presenti il Capo dell’ufficio del Primo Ministro, Arayik Harutyunyan, il Segretario del Consiglio di Sicurezza, Armen Grigoryan, Vice ministri e cittadini.
Questo modo di operare dell’Azerbajgian è terroristico, in quanto l’aeroporto è a scopo civile e non può rappresentare alcun pericolo per l’Azerbajgian. In altre parole, le sparatorie in direzione dell’aeroporto non possono essere giustificate a scopo di autodifesa o per evitare danni; mirano a terrorizzare l’Armenia.
Questa mattina [19 agosto 2023], Araik Harutyunyan e Armen Grigoryan sono partiti per Kapan con un volo di rappresentanza dall’aeroporto Zvartnots di Yerevan in occasione del “Giorno di Kapan”. Arayik Harutyunyan e Armen Grigoryan sono stati accolti all’aeroporto Suynik dal Governatore della regione di Syunik, Robert Ghukasyan, e da altri funzionari. Hanno visitato l’aeroporto Syunik e hanno familiarizzato con le condizioni che si sono creati.
Due giorni fa [17 agosto 2023], poche ore dopo il volo per Kapan del Primo Ministro Nikol Pashinyan, il suo giro dell’aeroporto e l’annuncio dell’inizio dei voli regolari tra Kapan e Yerevan, uno sconosciuto dell’Azerbajgiana si è avvicinato in auto nell’area adiacente all’aeroporto, ha sparato tre colpi e se n’è andato.
Due dei proiettili hanno danneggiato una finestra e il tetto dell’aeroporto.
Il 18 agosto, il Presidente del Comitato di difesa del parlamento azero, Ziyafet Askerov, ha annunciato che l’aeroporto di Kapan non può essere operativo perché l’Armenia non ha un accordo con l’Azerbajgian per questo, e inoltre si trova vicino al confine con le posizioni dell’Azerbajgian [QUI e QUI].
Questa affermazione del parlamentare azero è infondata perché gli aerei in arrivo da Yerevan utilizzano solo lo spazio aereo dell’Armenia. È diritto sovrano dell’Armenia utilizzare il proprio spazio aereo, soprattutto per scopi pacifici.
È interessante notare che l’Azerbajgian, che sta effettuando attacchi militari contro il nuovo aeroporto di Kapan, sta attualmente utilizzando lo spazio aereo dell’Armenia per volare a Nakhichevan, Turchia e Paesi occidentali. In altre parole, Ilham Aliyev ha anche problemi con la moralità.
L’Azerbajgian usa liberamente lo spazio aereo armeno con il permesso dell’Armenia, ma spara contro un aeroporto armeno. È così che Ilham Aliyev si sta “preparando per la pace”.
L’Azerbajgian ha ripetutamente attaccato l’impianto di fusione del metallo in costruzione a Yeraskh, che confina con il Nakhichevan. L’Azerbajgian ha anche avanzato false accuse ambientali nei confronti dell’impianto di fusione dei metalli di Yeraskh, sostenendo che pone problemi ambientali. Il Ministero della Protezione della natura dell’Azerbajgian ha dichiarato espressamente che l’Armenia sta violando gli standard ambientali internazionali impegnandosi in questa attività a Yeraskh senza coordinarsi con Baku. Tuttavia, il Ministero dell’Ambiente dell’Armenia ha affermato che la fonderia di Yeraskh non rappresenta un pericolo per Nakhichevan e non è necessario un coordinamento con l’Azerbajgian.
L’Azerbajgian, in realtà, sta prendendo di mira alcune delle più importanti strutture civili in Armenia per esercitare pressioni militari sul Paese. Prendere di mira oggetti civili come aeroporti e fabbriche è caratteristico degli Stati terroristi. Il regime di Aliyev dimostra che l’Azerbajgian ha optato per il terrorismo come metodo di risoluzione dei problemi.
Inoltre, l’Azerbajgian mira ad ostacolare lo sviluppo economico dell’Armenia prendendo di mira aeroporti e fabbriche economicamente strategici. La comunità internazionale ha l’obbligo di condannare questi atti terroristici dell’Azerbajgian.
L’aeroporto noto come Syunik, situato nelle immediate vicinanze di Kapan, ha una storia lunga più di 80 anni. Ha servito come pista dagli anni ’40. Circa 30 anni dopo, a partire dagli anni ’70, iniziò ad operare come aeroporto con voli regolari. Ha cessato le operazioni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la prima guerra dell’Artsakh» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Un aggiornamento all’analisi sul “Piano Lavrov” per l’Artsakh [QUI]
«Il nuovo piano di Lavrov ha finalmente frantumato i frammenti di fiducia rimasta nei confronti della Russia in Armenia. La proposta di integrare il Nagorno-Karabakh nell’Azerbajgian senza status è il programma della Russia. Inoltre, secondo il piano russo, l’Azerbajgian potrà detenere tutti i cittadini dell’Artsakh che hanno partecipato alla guerra. Questo punto suggerito da Lavrov sembra essere una rappresaglia della Russia contro gli Armeni che avevano ritirato loro fiducia in precedenza.
Prima della guerra del 2020, c’erano forti narrazioni in Armenia che affermavano che la Russia non avrebbe mai permesso all’Azerbajgian di attaccare il Nagorno-Karabakh. Anche in caso di guerra, la Russia non avrebbe permesso all’Azerbajgian di ottenere una vittoria schiacciante. Tuttavia, nel 2020, l’Azerbajgian è uscito vittorioso e le forze russe sono entrate nel Nagorno-Karabakh. Le forze filo-russe in Armenia hanno quindi iniziato ad affermare che la Russia non avrebbe permesso all’Azerbajgian di soggiogare il Nagorno-Karabakh.
Nei giorni successivi al 9 novembre 2020, un alto funzionario del Nagorno-Karabakh mi stava convincendo in piazza a Stepanakert, che sarebbero diventati un avamposto russo, con la Russia che avrebbe investito e stabilito un nuovo status quo. Forse aveva assicurazioni dalla Russia. Eppure, anche prima della guerra russo-ucraina, l’Azerbajgian ha conquistato ulteriori villaggi e alture del Nagorno-Karabakh. È diventato evidente che la Russia stava gradualmente cedendo i territori del Nagorno-Karabakh all’Azerbajgian.
Dopo il 24 febbraio 2022, con il consenso della Russia, l’Azerbajgian ha sottoposto il Nagorno-Karabakh a un blocco totale e ha imposto un pericoloso programma di integrazione. La Russia ha permesso all’Azerbajgian di prendere virtualmente il controllo del Nagorno-Karabakh. La Russia ha utilizzato l’Azerbajgian come strumento di pressione militare sull’Armenia per ottenere concessioni inaccettabili. La Russia ha impiegato l’Azerbajgian per intraprendere una guerra ibrida contro l’Armenia, minando la sovranità e il potenziale di sviluppo democratico dell’Armenia.
Sappiamo bene che la Russia non potrà mai essere veramente considerata un alleato dell’Armenia, a prescindere dalle dichiarazioni del governo armeno. Oggi, la missione dell’Armenia è sostenere lo Stato e il progresso attraverso una profonda cooperazione con USA, Unione-Europea, Francia e altri Paesi occidentali. La Russia è una tossina che gli Armeni hanno sopportato per decenni. Il cambiamento è imperativo se desideriamo salvaguardare la nostra statalità» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-21 20:00:032023-08-28 20:00:45253° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Una volta che finirà la farina, mancherà il pane e sarà carestia (Korazym 21.08.23)
Attraversando le montagne del Parco nazionale di Dilijan in direzione di Vanadzor, nel nord dell’Armenia, si esce in un vasto altipiano a circa 1.700 metri. Qui le foreste di latifoglie che coprono, alle quote più basse, i versanti delle valli attorno a Dilijan lasciano spazio a vasti alpeggi e boschi di betulle e conifere. Un quadro idilliaco popolato da rari villaggi, con le creste delle montagne più alte ancora innevate all’inizio dell’estate. Appena oltre i confini del parco, il primo villaggio che incontriamo è Fioletovo.
Un’unica strada sterrata taglia in due il paese: casette di legno da una parte e dall’altra, alcune più curare, altre meno. Si ha l’impressione di entrare in un mondo diverso rispetto agli scenari subcaucasici che abbiamo incontrato finora. E la conferma arriva dai bambini che incontriamo per strada, unica apparente presenza in queste ore del mattino. Tutti biondi e con gli occhi azzurri, i tratti somatici sono inconfondibilmente slavi. Fioletovo è l’ultimo villaggio dell’Armenia popolato esclusivamente dai Molocani, una minoranza religiosa russofona che fin dal Seicento si è distaccata dalla Chiesa Ortodossa, subendo nel corso dei secoli repressioni e persecuzioni. I Molocani sono letteralmente “bevitori di latte”, pastori e agricoltori che, anche nel periodo quaresimale e negli altri giorni di digiuno imposti dalla liturgia ortodossa, hanno sempre continuato a consumare latticini mettendosi in contrasto con la gerarchia ecclesiastica. Inoltre la comunità si rifiutava di portare la croce, di ammettere il sacrificio eucaristico e di obbedire a regole che non fossero esplicitamente confermate dalle Scritture. Mal tollerati durante il regno di Caterina II di Russia, nella prima metà dell’Ottocento vengono definitivamente deportati in regioni ai confini dell’Impero Russo: Siberia, Asia Centrale, Georgia, Azerbaijan e Armenia. Lo zar vuole ottenere due risultati: russificare zone periferiche (perché i Molocani rimangono fedeli alla lingua russa) e impedire che, forti delle loro convinzioni, facciano proselitismo presso i contadini russi.
Fioletovo viene fondato nel 1842 da una comunità che arriva dal governatorato di Tambov, a sud est di Mosca. Natasha, che ci accoglie, rappresenta la quinta generazione di Molocani russi che vive sulle montagne dell’Armenia. Questa donna gioviale di mezza età è la delegata del villaggio a parlare con chi arriva da fuori. I molocani sono una comunità piuttosto chiusa: gente onesta, grandi lavoratori, ma di poche parole. Praticano l’endogamia, cioè si sposano fra di loro, alcuni sono obiettori di coscienza rispetto alle pratiche militari, non riconoscono autorità religiose, ma fanno riferimento agli anziani del villaggio. Un tempo le comunità di molocani in questa zona erano oltre venti per un totale di 12 mila abitanti.
La casa di Natasha è semplice e linda. Nel cortiletto interno scorrazzano bambini e bambine a piedi nudi: sono alcuni dei suoi nipoti. Vengono sorvegliati con discrezione dalle nuore che non amano mostrarsi. Due dei figli maschi di Natasha lavorano a Mosca, capiremo poi il perché, ma in estate ritornano con la famiglia per le vacanze.
Natasha, invece, non ha nessuna intenzione di andarsene. Lei è una dei circa 450 molocani rimasti a Fioletovo. Coltiva l’orto, produce miele, accoglie i visitatori: la sua vita è qui. Parla russo, come tutta la comunità, anche se molti capiscono e parlano l’armeno. Sul tavolo della veranda che affaccia sui campi c’è il samovar e, nella migliore tradizione russa, agli ospiti viene offerto il tè. “Non consumiamo alcol, non mangiamo carne di maiale, non fumiamo, le donne hanno sempre il capo coperto” racconta Natasha che in segno di benvenuto ci offre anche le marmellate fatte in casa di fragole e albicocche con cui farcire delle specie di crêpes, i frutti di bosco appena raccolti e i classici pirozhki della tradizione slava (fagottini ripieni di verdure, carne tritata, patate).
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Negli ultimi anni le regole stringenti della comunità molocana si sono di fatto un po’ allentate. Solo qualche decennio fa, gli anziani del villaggio imponevano di non guardare la televisione, di non utilizzare strumenti tecnologici e i molokan potevano essere raccontati come gli Amish del Caucaso. Oggi ci sono i cellulari e internet, “ma io non ho tempo per guardare la televisione – scherza Natasha – sono troppo impegnata a mandare avanti la casa”.
L’evento che ha cambiato le carte in tavola e ha stravolto la secolare convivenza della comunità molokan all’interno dei confini armeni è stata la caduta dell’Unione Sovietica. Con la nascita, dalle ceneri delle precedenti repubbliche socialiste, degli stati indipendenti caucasici è anche rinato lo spirito nazionalista e tutto ciò che era russo ha cominciato ad essere guardato con sospetto. Si è sospeso l’insegnamento della lingua di Gogol e Dostoevskij e, finiti i sia pur magri sussidi statali, la disoccupazione ha cominciato ad essere un problema per molti. Anche per i molocani, molti dei quali hanno ripercorso a ritroso la strada dei loro avi e hanno cercato lavoro in Russia o nella capitale armena Yerevan. Alcuni sono partiti per mete più lontane: storicamente esistono importanti comunità di molocani negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e quest’ultima ondata di emigrazione è andata a ingrossarne le fila.
Da parte delle nuove generazioni c’è stato un abbandono dell’agricoltura e dell’allevamento e si sono un po’ perse certe tradizioni, anche in ambito gastronomico. Ma i famosi crauti sottaceto prodotti da queste parti continuano ad essere famosi in tutta l’Armenia, un bicchiere di kvas fa pensare di essere in una qualsiasi città dell’Europa orientale, i semplici e gustosi formaggi, i frutti di bosco serviti con la panna rimandano ancora alle tradizioni più vere dei molocani.
Che ne sarà dei vari Sasha, di Tania, di Ivan, di Mikhail? Vivranno ancora le loro vite in questa “piccola Russia” nel nord dell’Armenia o dovranno lasciare quella che da quasi due secoli è la loro valle incantata? Ora le cose sembrano andare meglio. L’insegnamento del russo è stato reintrodotto nelle scuole e a giugno a Fioletovo è stato inaugurato “Chaybuska”, il primo Molokan Heritage Museum con il supporto dell’Unione Europea e della Germania. Nel piccolo museo, ospitato in una casetta costruita con tronchi di legno, sono esposte fotografie, abiti tradizionali, oggetti di artigianato che raccontano gli usi e i costumi di questa piccola minoranza.
L’Italia è comodamente collegata all’Armenia con voli della durata di circa 4 ore.
Wizz Air ha voli in partenza da Roma Fiumicino (giornalieri), Milano Malpensa (3 voli settimanali) e Venezia Marco Polo (4 voli settimanali).
In loco
Dilijan, piccola città a una ventina di chilometri da Fioletovo, è la base migliore per visitare tutta l’area. È considerata la capitale dell’Armenia svizzera perché i paesaggi circostanti ricordano quelli delle Alpi. È la base per numerose escursioni all’interno del Parco nazionale ed è ben attrezzata turisticamente. La parte storica di quello che era un villaggio di montagna (Old Dilijan, Sharambeyan Street) è stata restaurata, valorizzando l’architettura tradizionale con i balconi decorati in legno. La Tufenkian’s Ananov Guest House offre un’ accoglienza di buon livello e nel vicino ristorante vengono serviti piatti locali (insalate, carne alla griglia, torte a base di albicocche, frutto nazionale, e la baklava, dessert a base di pasta fillo e frutta secca).
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-08-20 20:16:402023-08-28 20:18:13Gli ultimi Molocani di Fioletovo, la piccola Russia fra le montagne dell'Armenia (lonelyplanetitalia.it 20.08.23)
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