ARMENIA E MONGOLFIERE (silvanademaricommunity.it 20.08.23)

Il 12 dicembre dell’anno scorso è cominciato l’assedio degli Armeni. Del loro genocidio non è mai importato molto. Hitler aveva citato l’indifferenza al genocidio armeno come garanzia di una verosimile indifferenza al genocidio ebraico. Il genocidio degli Armeni può anche essere negato dalla Turchia, senza che questa nazione sia minimamente stigmatizzata, può essere deriso per esempio dalla corrente del Partito Democratico che osa chiamarsi “Giovani turchi”. Il genocidio degli Armeni non è terminato: se qualcosa non è stigmatizzato e punito non termina. Il cerchio si sta di nuovo chiudendo. Il popolo armeno in questo momento è accerchiato: dispone di elettricità solo due ore al giorno, sta finendo le scorte di farina, non ne resta né per il pane né per le ostie. L’unica cosa che non manca è la fede. Nessuna nazione si sta muovendo per aiutare gli Armeni, nessuno organizza un ponte aereo. Gli Armeni sono circondati da persone che li vogliono morti, sui loro social gli Azeri mettono i video dei prigionieri Armeni torturati o uccisi. Sia l’Unione Europea che il segretario di stato statunitense Blinken sono assolutamente certi nel loro commovente ottimismo e nella loro sterminata fede nell’ intrinseca bontà dell’uomo, che gli Armeni non corrano nessun vero pericolo, che comunque se la caveranno. Sia l’Europa che gli Stati Uniti nutrono una ferma convinzione che Azeri e Armeni possano serenamente convivere, una convivenza carina e simpatica, con i dolcetti scambiati a Natale. Nutrono anche la granitica convinzione che Islam e non Islam possano serenamente convivere, anche se non è mai successo nella storia, a meno che i non islamici non si inchinassero, non si dichiarassero Dhimmi, sottomessi, sperando nella benevolenza. . È una scommessa divertente su cui gli Armeni rischiano la loro testa. Gli Azeri sono anche loro dotati di ottimismo, ma con il segno opposto e hanno già eretto un Museo della Vittoria, la vittoria che riporteranno sugli Armeni, e la immaginano come una distesa di teste tagliate, realisticamente rappresentate nel museo. La Russia, distratta dalla guerra in Ucraina, non sta più difendendo l’Armenia. L’Armenia è sullo snodo tra oriente e occidente. L’Armenia è lo snodo. Se cade l’Armenia prima o poi cadrà l’Occidente. Difendere gli Armeni vuol dire difendere noi stessi. Di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte, recita un antico proverbio. Venerdì è il giorno in cui è stato crocefisso Cristo, martedì 20 maggio 1453 è caduta Costantinopoli. Fu una tale tragedia da essere ricordata insieme alla Crocefissione. La maggioranza delle persone oggi ignora che Istambul si è chiamata Costantinopoli. C’è un problema geopolitico che dura in realtà da secoli, ammantato di cortesia e ipocrisia. Il cessate il fuoco fu firmato nel 2020 dopo 40 giorni di orrore e di orrori, di impalati, decapitati, scuoiati vivi. Europa e Stati Uniti si sono illusi che quel cessate il fuoco potesse essere l’inizio di una era di pace e concordia.  Vale la pena di informarli che non è così. Ho parlato a telefono con la dottoressa Siobhan Nash-Marshall, docente universitaria di filosofia e scrittrice. Il suo libro “I peccati dei padri, negazionismo turco e genocidio armeno”, analizza la storia del genocidio degli Armeni e dell’eterno e sempre perdonato negazionismo turco. Ci sono notizie allarmanti che giungono dalle terre martoriate del popolo armeno. La mattina del 26 luglio Siobhan Nash-Marshall ha ricevuto la notizia che l’Armenia aveva finalmente mandato aiuti al Nagorno Karabakh: 360 tonnellate di cibo e medicinali. Ha guardato il video che riprendeva i 19 TIR ciascuno con lo striscione “Humanitarian Aid for Nagorno-Karabakh: FOOD FOR LIFE” ed è crollata in un pianto dirotto, tale era il suo sollievo, che finalmente spezzava il dolore che si sente addosso da quando, il12 dicembre, l’Azerbaijan chiuse illegalmente il Corridoio di Lachin, l’unica strada che connette il Nagorno Karabakh all’Armenia. Dopo il pianto le venne un dubbio minaccioso: gli Azeri avrebbero lasciato passare i viveri? Sarebbe stato infinitamente crudele se gli Azeri avessero bloccato gli aiuti a Lachin, dopo che l’Armenia ha mandato in onda la notizia che i camion erano partiti! È proprio quello che è successo. Sono bastate  poche ore per vedere che il dubbio era purtroppo ben fondato. L’Azerbaijan ha bloccato i camion a Kornidzor, sotto gli occhi degli inutili osservatori dell’Unione Europea. Sono arrivati di corsa a Kornidzor ambasciatori, diciotto per la precisione, tutti ben consapevoli che l’Azerbaigian “sta cercando di far morire di fame” 120 mila Armeni, cosa che gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Corte dell’Aia hanno tutti condannato più volte. Ma gli ambasciatori sono rimasti a Kornidzor soltanto per poche ore, giusto il tempo di farsi vedere. I camion, invece, sono ancora lì: e sono passati già due settimane dal grande pianto di Siobhan Nash-Marshall. Nel frattempo, solo due giorni dopo aver bloccato i camion, gli Azeri hanno rapito un sessantottenne gravemente malato di cuore che la Croce Rossa Internazionale stava trasportando d’urgenza in ambulanza in Armenia. Lo hanno dichiarato persona sospetta di gravi crimini di guerra nel 1994, e trasportato a Baku per processarlo. Non importava loro per nulla che il malato non poteva essere la persona sulla cui testa avevano messo la taglia per “crimini di guerra”, lineamenti, età, corporatura: tutto è diverso. L’intento dell’Azerbaijan era di far capire agli Armeni che li tengono saldamente in pugno, e possono disporne a loro piacimento. Ora c’è un nuovo progetto. Cattolici americani cui si stanno aggiungendo cattolici europei, hanno fatto una formidabile colletta e altri camion si affiancheranno a quelli fermati. Ci saranno sacerdoti con il coraggio e le croci a proteggere questo convoglio. E ci sarà un ponte aereo, un ponte aereo fatto senza aerei, non ce li abbiamo, un ponte fatto senza droni, non abbiamo neanche quelli, ma fatto di piccole mongolfiere, ognuna con sopra una croce, e con qualche chilo di farina, olio e mandorle, antibiotici, insulina e vitamine attaccate. Le mongolfiere si alzeranno in volo, quando il vento è favorevole. Molte saranno abbattute, qualcuna arriverà fino a completare la sua missione, di informare che la Provvidenza esiste e la fratellanza umana anche. Tutto questo è preparato per l’11 e il 12 settembre. È una data in cui già un volta, nel 1683 a Vienna, la Provvidenza e il coraggio degli uomini hanno fatto il miracolo.

 

La caratteristica particolare delle mongolfiere sarà una grande croce latina che testimonierà la vicinanza dei cristiani ai fratelli armeni!
Le mongolfiere avranno un costo di circa 150 dollari ciascuna.
La professoressa Nash-Marshall chiede il nostro aiuto con due modalità:
– la prima attraverso le nostre preghiere per questa iniziativa e per tutte le persone che parteciperanno di persona
– la seconda attraverso un contributo economico di qualsiasi entità.
Per chi desidera inviare un contributo economico queste sono le coordinate bancarie da utilizzare:
Conto intestato a Casa di Cristallo – Associazione Italia Armenia
IBAN: IT35G0306909606100000197053
Causale: Progetto MONGOLFIERE PER CRISTIANI prof.ssa Nash-Marshall
Sappiamo già che la Brigata come sempre risponderà in modo spettacolare anche a questo appello!
Per questo vi ringraziamo già con tutto il cuore!!!

252° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il regime autocratico azero ha posto fine all’assedio degli Armeni dell’Artsakh? (Korazym 20.08.23)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.08.2023 – Vik van Brantegem] – Lo stiamo chiedendo da 8 mesi e purtroppo la risposta è sempre no. Anzi, con l’appeasement della comunità internazionale, la situazione peggiora da giorno in giorno. Visto che le buone maniere non hanno funzionato per tutto questo tempo, qualcuno potrebbe far capire con le cattive maniere ad Aliyev, che trasformare l’Artsakh in un campo di concentramento e far morire di fame gli Armeni che ha confinato, come i nazisti hanno fatto con gli Ebrei, lo rendono l’Hitler di oggi? Senza l’azione energica e risolutiva del mondo civilizzato, l’autocrate guerrafondaio armenofobo genocida di Baku andrà avanti, sentendosi giustificato dall’appeasement, come lo fu Hitler.

Nell’Artsakh senza luce, si aspetta la luce (foto di copertina). La forza d’animo degli Armeni dell’Artsakh è incrollabile. C’è chi voleva (come insegna la storia) e vuole ancora sterminarli nel 2023 (come dimostrano i fatti), ma oggi gli Azeri capiscono chi sono gli Armeni; hanno ciò che gli Azeri non avranno mai: la fede, l’amore per la terra ancestrale e la resilienza.

Per coloro che mi dicono che la cosa è complicata, ecco, la tragica situazione del blocco azero dell’Artsakh spiegata perfettamente da un ragazzino americano di 11 anni… e che è imperativo intervenire. Chapeau! A me, il brevissimo video di questo ragazzino, mi ha fatto venire la pelle d’oca.

Promemoria amichevole per tutti coloro che pensano di doverci informare su ciò che sta accadendo nel #ArtsakhBlockade. Sì, lo sappiamo. Non siamo noi che abbiamo ignorato negli anni passati la situazione nel Caucaso meridionale. E tutti coloro che ci pongono la domanda nel titolo, invitiamo gentilmente di leggere la nostra copertura [QUI] (abbiamo soltanto pochissimi giorni, per motivi tecnici, guasto elettronico). Se questo è chiedere troppo, allora ascoltino il ragazzino americano.

I bambini Armeni dell’Artsakh sotto assedio hanno deciso di portare un po’ di gioia ai loro genitori e amici. I bambini dell’Artsakh esemplificano lo spirito armeno incrollabile.

«È l’ultima scatola di cibo per Lea di 7 mesi. La madre versa un po’ meno del normale, in modo che sia sufficiente per almeno 1 settimana» (Ani Abaghyan, giornalista in Artsakh).

«Le ultime consegne di forniture mediche sono avvenute il 7 luglio mentre l’ultima consegna di cibo è avvenuta il 14 giugno» (Comitato Internazionale della Croce Rossa, 19 agosto 2023).

Vengono segnalate gravi carenze di farina e pane in Artsakh. La gente faceva già la fila anche durante la notte per il pane, severamente razionato, ora una disponibilità di farina significativamente ridotto significa niente più pane disponibile fra poco, poiché il territorio rimane bloccato dall’Azerbajgian.

«Sono il numero 212 nella coda del pane. Secondo il proprietario del panificio, la consegna è alle 3-4 del mattino. Camminando due chilometri per una pagnotta. Probabilmente dormo» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

«I nostri giorni. Giorni dell’Artsakh. Code interminabili per una pagnotta. Essendo il 172° della lista devo stare sveglio fino al mattino» (N. Sarkisian, studente in Artsakh).

«Qui, a Stepanakert, dobbiamo fare interminabili file per un po’ di pane anche di notte e sotto la pioggia. Non riesco nemmeno a immaginare come sopravviveremo durante l’inverno» (Aspram Avanesyan, giornalista in Artsakh).

Il nonno sta portando con il suo asino a sua figlia che vive a Stepanakert quanto ha raccolto nel suo orto. I funzionari statunitensi ritengono che gli Armeni dell’Artsakh stiano riuscendo a sopravvivere solo grazie agli alimenti prodotti negli orti. Temono che entro due mesi, con l’avvicinarsi dell’inverno, la popolazione possa morire di fame. Gli Armeni temono il ripetersi del genocidio ottomano del 1915, una memoria storica sempre presente per gli Armeni di tutto il mondo.

«Sì, la gente non ha cibo, acqua, la gente sta morendo di stenti».

La quantità di bot/troll negazionisti armenofobi azeri che saltano freneticamente sulla tastiera per rilanciare post di questo tipo è interessante. Questo è quanto per cui Aliyev spende per mantenere l’Artsakh in blocco sotto assedio e commettere un altro genocidio.

L’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio è angosciato per i recenti sviluppi del blocco dell’Artsakh da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian. Il blocco, che ha intenti genocidi, ha iniziato a causare la morte diretta dei cittadini armeni dell’Artsakh per fame. L’Istituto Lemkin chiarisce ancora una volta che è urgente che i leader internazionali agiscano immediatamente contro l’Azerbajgian per prevenire ulteriori morti nell’Artsakh.

Segui il testo completo dell’allarme per il genocidio in corso dell’Istituto Lemkin nella nostra traduzione italiana dall’inglese.

Allarme per il genocidio di Azerbajgian in corso in Artsakh
18 agosto 2023

L’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio è angosciato dalla notizia della morte di K. Hovhannisyan, 40 anni, morto di fame il 15 agosto 2023, come conseguenza diretta del blocco azero dell’Artsakh, come evidenziato dai rapporti del medico legale della Repubblica di Artsakh. Il blocco dell’Artsakh, in corso dal 12 dicembre 2022, è la causa dell’aumento della malnutrizione, degli aborti spontanei e delle complicazioni mediche legate all’impossibilità di accedere a cibo e cure mediche adeguate. Ora, il blocco ha iniziato a causare la morte diretta dei cittadini armeni dell’Artsakh per fame.
Questo blocco è genocida nel suo intento, che è quello di eliminare la popolazione armena dell’Artsakh, attraverso lo sfollamento di massa o la fame di massa. Lo stesso Presidente azero, Ilham Aliyev, lo ha detto in diverse occasioni, anche nella sua dichiarazione del 29 maggio 2023, quando ha minacciato: “Non ci sarà un terzo invito. O loro stessi verranno da noi umilmente o gli eventi si svilupperanno in una direzione diversa. Abbiamo tutte le opportunità per effettuare qualsiasi operazione in quella regione. Pertanto, il “parlamento” deve essere sciolto, l’elemento che si autodefinisce “presidente” deve arrendersi, tutti i “ministri”, “deputati” e altri devono lasciare i loro incarichi. Solo in questo caso si può parlare di qualsiasi tipo di amnistia”.
L’Istituto Lemkin chiarisce che leader come il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, il Presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il Segretario di Stato americano Anthony Blinken e tutti gli altri leader che hanno creato l’impunità con cui ora opera il Presidente Aliyev, sono direttamente responsabili della morte di quest’uomo, così come di tutti gli altri che potrebbero morire a causa di questo blocco. Potrebbero anche essere complici del crimine di genocidio.
L’Istituto Lemkin chiarisce ancora una volta che qualsiasi individuo e/o Stato che consenta all’Azerbajgian di bloccare l’Artsakh, direttamente attraverso aiuti esteri o indirettamente rifiutandosi di utilizzare tutti gli strumenti diplomatici a sua disposizione, è complice di questo genocidio dei 120.000 cittadini della Repubblica di Artsakh, e potrebbe essere ritenuto responsabile per complicità in tribunale. È urgente che i leader internazionali intraprendano azioni immediate contro l’Azerbajgian per prevenire ulteriori morti nella Repubblica di Artsakh.

Prima Hikmet Hasanov pubblica una foto di Stepanakert (si suppone per dimostrare che non c’è un #ArtsakhBlockade). Poi, Rasim Babayev chiede se c’è ancora carburante per l’autista dell’autobus. Infine, Hasanov risponde: “Questa è una vecchia foto”. Patetico. Quindi, ammette che il #ArtsakhBlockade c’è, perché ha solo vecchie foto per mostrare traffico per le strade dell’Artsakh, idem per il cibo e le feste.

«Il rappresentante dell’Azerbajgian all’ONU mostra delle foto di feste di compleanno e matrimoni in Karabakh, pieni di cibo» (Dott. Fariz Ismailzade).

«Il fatto è che un’affermazione di blocco è molto difficile da dimostrare, ma basta una torta alta 5 piedi in un matrimonio per confutarla. Il rappresentante dell’AZ ha fatto proprio questo» (Un troll azero qualsiasi).

Patetico, il diplomatico pagato da Aliyev, come unico argomento per dimostrare che non c’è una crisi umanitaria in Artsakh, mostra delle foto prese dai social network, scattate non si sa quando e dove. I troll azeri esultano e rilanciano. Ma non devono essere abbastanza efficace per il clan Aliyev, perché i loro follower lo stanno abbandonando a causa delle loro fastidiose bugie e i loro assegni si stanno riducendo. Il Karma è dolce!

A proposito, una delle foto che il rappresentante dell’Azerbajgian ha mostrato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proviene da un video di un matrimonio in cui puoi vedere che la torta nuziale è fatta di cartone (come di consueto per le foto in questo tipo di feste).

Questi megafoni delle bugie e della disinformazione di Aliyev sono prevedibili. Con lo classico schema di accusare gli Armeni delle loro stesse azioni, adesso i troll azeri sui social network accusano le autorità dell’Artsakh, dopo aver auto-bloccato l’Artsakh, di aver interrotto l’accesso ai social media, mentre sono le forze armate dell’Azerbaigian che hanno interrotto il cavo in fibre ottiche per il collegamento Internet. Questo è anche abbastanza verosimile, perché l’Artsakh ha tutto l’interessa di mostrare al mondo la crisi umanitaria, mentre l’Azerbajgian ha tutto l’interessa di nascondere i suoi crimini e di far vedere solo le proprie menzogne attraverso i suoi bot e troll. Per lo stesso motivo per cui proibisce gli osservatori e media internazionali di recarsi in Artsakh.

«Il regime di “Artsakh” interrompe l’accesso del popolo del Karabakh ai social media, perché la condivisione sul web dei loro sontuosi matrimoni e compleanni smentisce la narrativa del “blocco”» (Un troll azero qualsiasi).

«Comunque, il tempo lo dirà. Privare i giovani soprattutto di Internet e ne sentiremo parlare abbastanza presto. Finora la coesione sociale ha tenuto e maggiore malcontento e divisione è l’ultima cosa di cui le autorità de facto hanno bisogno. Il Karabakh corre già il rischio di sgretolarsi dall’interno» (Un troll azero qualsiasi).

«Poiché Artsakh è bloccato, ci sono sempre pochi invitati ai matrimoni. Cercano di organizzare un matrimonio con qualche cibo prodotto localmente. Il blocco non impedisce nemmeno di vivere in Artsakh» (Ani Balayan, Fotografo in Artsakh – e-mail).

Un noto troll negazionista armenofobo azero commenta che ci sono “matrimoni poveri e matrimoni ricchi”… Vabbè, la stupidità non ha limiti.

L’autocrate Aliyev dell’Azerbajgian pochi giorni fa ha fatto sparare alla Missione di monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia, dopo aver minacciato più volte di farlo. Lui quello che dice fa. È lo stesso autocrate che attualmente sta facendo morire di fame 120.000 persone in Artsakh incoraggiato dall’appeasement di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea (Tedesca) e Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo (Belga francofono).

«Markus Ritter, Capo EUMA, Toivo Klaar, Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale e la Crisi in Georgia dell’Unione Europea, e Andrea Joana-Maria Wiktorin, Capo della Delegazione delle Istituzioni dell’Unione Europea con sede in Armenia, si sono incontrati a Yerevan. Si sono scambiati pensieri e informazioni sugli sviluppi regionali e sugli sforzi dell’Unione Europea nel sostenere il processo di pace nella regione» (Missione dell’Unione Europea in Armenia-EUMA, 18 agosto).

Traduzione: Toivo Klaar è uscito temporaneamente dall’ibernazione e aveva voglia di una vacanza agostana a Yerevan, però, lontano dal #ArtsakhBlockade e dal luogo dove è in corso un genocidio.

Domande: hanno investigato perché l’Azerbajgian ha sparato contro il personale dell’Unione Europea e la EUMA ha tentato di negarlo, finché non sono emerse le prove video? In che modo l’appeasement dell’Azerbajgian favorisce il processo di pace?

L’alta nomenclatura dell’Unione Europea può creare un oceano di belle parole che tutti ascoltano con la bocca aperta, ma di fatto guarda solo ai propri profitti da mettere in tasca e per ciò si schiera sempre e ovunque con i dittatori fregandosi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Osservano, sanno perfettamente cosa sta succedendo ma non agiscono. A differenza con la guerra in Ucraina.

«Un giornalista in Azerbajgian chiede che siano investigati gli intellettuali turchi che hanno firmato una lettera in cui si chiede all’Azerbajgian di revocare il blocco [QUI]» (Lindsey Snell).

Come abbiamo riferito [QUI], l’Azerbajgian il 17 agosto 2023 ha sparato all’aeroporto di Kapan, nella regione di Syunik di Armenia (che gli Azeri chiamano “Gafan”, come chiamano Armenia “Azerbajgian occidentale”), prima e dopo il volo del Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, per il viaggio inaugurale della tratta aerea che collegherà da lunedì la capitale con la parte meridionale del Paese. La pista dell’aeroporto di Kapan corre lungo la linea di contatto con l’Azerbajgian. Oltre la recinzione, dalla parte opposta della aerostazione, a pochi centinaia di metri, in linea di vista, ci sono le posizioni dell’Azerbajgian.

Un’altra dichiarazione “pacifica” dell’Azerbajgian, di cui abbiamo riferito [QUI]. Il parlamentare azero minaccia direttamente le infrastrutture civili sul territorio sovrano dell’Armenia: l’aeroporto di Kapan, nella regione di Syunik dell’Armenia.

Per quanto riguarda l’accusa che l’Armenia non avrebbe notificato il volo dell’Azerbajgian, è opportuno ricordare, che in occasione del volo di prova del 26 aprile 2923, il Comitato per l’aviazione civile dell’Armenia ha chiarito che l’aereo non è uscito dallo spazio aereo dell’Armenia durante il volo Kapan-Yerevan e ritorno. Comunque, il Comitato per l’aviazione civile dell’Armenia ha trasmesso le informazioni sul volo del 26 aprile il giorno precedente ai servizi di navigazione aerea dell’Azerbajgian.

Anche per il volo di prova Yerevan-Kapan del 2 maggio 2023, l’Armenia ha informato l’Azerbajgian il giorno precedente.

Si può presumere che la stessa cosa è successo con il volo di inaugurazione ufficiale con a bordo il Primo Ministro armeno.

E nel frattempo proseguono i voli tra Nakhchivan e Baku.

Il Capo di stato maggiore dell’Ufficio del Primo Ministro dell’Armenia, Arayik Harutyunyan, e il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Armenia, Armen Grigoryan, si sono recati nella provincia di Syunik con un volo da Yerevan a Kapan.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armeni perseguitati in Nagorno Karabakh (Osservatorio repressioni 19.08.23)

 presi per fame. Si può già parlare di genocidio o dobbiamo aspettare qualche migliaio di morti per inedia?

di Gianni Sartori

L’evidente, colpevole, latitanza della Russia (storicamente “protettrice “ della piccola Armenia) sulla questione del Nagorno-Karabakh sembrava aver lasciato campo aperto all’intervento pacificatore – o perlomeno a un tentativo di mediazione – di Unione Europea e Stati Uniti.

Ma l’irrisolta questione del Corridoio di Lachin (unico corridoio tra Armenia e Nagorno-Karabakh) sta portando fatalmente al nulla di fatto. E intanto per gli armeni del Nagorno-Karabakh la situazione è in netto peggioramento.

Chi in questi giorni ha potuto percorrere le strade di Stepanakert parla di lunghe file di persone che – dopo ore di attesa – ottengono letteralmente un tozzo di pane.

Per non parlare di quanti crollano – sempre letteralmente –  a terra a causa della fame.

Sarebbero circa 120mila le persone colpite dall’isolamento totale e dalla conseguente crisi umanitaria (sia a livello sanitario che alimentare).

Senza dimenticare che – ovviamente – l’Azerbaigian da tempo ha provveduto a interrompere il rifornimento di gas.

Difficoltoso, in netto calo, anche quelli di energia elettrica e di acqua.

A rischio le riserve idriche con tutte le prevedibili conseguenze.

Quanto all’alimentazione ormai siamo ridotti alle ultime scorte di pane e angurie. Il peggioramento si è andato accentuando da quando viene impedito (con posti di blocco installati illegalmente dall’Azerbaigian) l’accesso anche alla Croce Rossa e alle truppe russe di interposizione che comunque finora avevano rifornito di cibo – oltre che di medicinali – la popolazione armena.

Bloccato da circa un mese alla frontiera anche un convoglio di aiuti umanitari (oltre una ventina di camion) inviato da Erevan.

In pratica, un grande campo di concentramento.

Siamo al punto che circa venti giorni fa un cittadino armeno gravemente ammalato, mentre veniva trasportato dalla Croce Rossa in un ospedale dell’Armenia (e quindi sotto protezione umanitaria internazionale), veniva sequestrato, privato del passaporto, sottoposto a interrogatorio e spedito a Baku dove – pare – verrà anche processato per eventi risalenti al primo conflitto scoppiato in Nagorno-Karabakh (anni novanta) a causa dell’invasione azera.

Finora ogni appello rivolto alle autorità e organizzazioni internazionali( Unione Europea, Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Russia, Gruppo di Minsk…) è rimasto di fatto inascoltato.

Con un preciso riferimento al blocco del Corridoio di Lachin operato dall’Azerbaigian, un ex esponente della Corte Penale Internazionale, l’avvocato argentino Luis Moreno Ocampo, ha espressamente evocato un possibile genocidio.

Ma la sua, almeno finora, sembra essere la classica “voce che grida nel deserto”. Quello dell’informazione almeno.

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251° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Non è possibile un compromesso tra libertà, dignità umana, pace, giustizia e l’annientamento di un popolo (Korazym 19.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.08.2023 – Vik van Brantegem] – Da 251 giorni il mondo abbandona gli Armeni dell’Artsakh assediati dall’autocrazia guerrafondaia armenofoba genocida. La riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 16 agosto 2023 ha dimostrato ancora una volta che, nonostante la propaganda di menzogne e disinformazione dell’Azerbajgian, i partner internazionali sono chiaramente consapevoli della terribile situazione umanitaria in Artsakh e comprendono l’importanza di affrontarla. La riunione ha integrato le posizioni mirate espresse in precedenza. Sono ribadite le dichiarazioni che l’Azerbajgian è obbligata a revocare il blocco del Corridoio di Lachin in conformità con la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e gli ordini legalmente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. È stato sottolineato la grave situazione umanitaria in corso da 8 mesi per gli Armeni in Artsakh che dovrebbe essere risolta. Sapevamo che erano chiaramente consapevoli. Ora, dopo 8 mesi di inattività, ribadiscono che la situazione dovrebbe essere risolta. Quello che non sappiamo è cosa faranno al riguardo.

«Non abbiamo il diritto di ammalarci e nemmeno di avere mal di testa. Un normale antidolorifico è un sogno e se sei goffo come me e ti bruci la mano, sopporta il dolore (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

Totale assenza di farmaci di vitale importanza in Artsakh

L’Ufficio del Difensore per i Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha dichiarato: «Il sistema sanitario dell’Artsakh sta vivendo una crisi senza precedenti. I farmaci non vengono forniti all’Artsakh da più di 2 mesi, neanche tramite l’unica organizzazione internazionale umanitaria presente sul campo, il Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Secondo le informazioni ricevute dal nostro Ufficio, tutte le istituzioni mediche stanno vivendo un’insufficienza di farmaci, stimata inferiore al 50%.
Secondo le farmacie, è già registrata l’assenza di farmaci di vitale importanza, come antipiretici, antibiotici, farmaci per la pressione sanguigna, farmaci per persone con malattie croniche (diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie, ecc.), vitamine e integratori alimentari, nonché latte artificiale e farmaci per i bambini.
Se questa situazione continua, la salute pubblica dell’Artsakh subirà un grave collasso. Ci aspettiamo che l’azione internazionale venga intrapresa il prima possibile».

L’Azerbajgian nega il trasferimento di una salma per la sepoltura in Artsakh

Pochi giorni fa il Comitato Internazionale della Croce Rossa aveva raggiunto un accordo preliminare con Azerbajgian sulla questione del trasferimento dall’Armenia all’Artsakh della salma di Helen Dadayan, cittadina dell’Artsakh, morta in un tragico incidente che ha causato la morte di 11 persone sull’autostrada Yerevan-Gyumri. Tuttavia, ieri mattina Baku ha rifiutato il trasferimento. I dettagli della motivazione dell’Azerbajgian non sono stati menzionati esplicitamente dalla Croce Rossa. Forse gli Azeri sono preoccupati che gli Armeni possano con la salma contrabbandare dei biscotti nell’Artsakh
Un gruppo di cittadini ha compiuti ieri un’azione di protesta davanti alla sede armena del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Chiedono che la Croce Rossa prenda provvedimenti immediati per trasportare la salma di Helen Dadayan in Artsakh. La polizia è arrivata e ha chiesto ai manifestanti di “ripulire l’area” o avrebbero usato la forza per garantire la “libertà di movimento” del personale del CICR.
Baku ripete sempre che non può entrare niente in Azerbajgian (neanche in Artsakh che considera la “zona economica di Karabakh dell’Azerbajgian”. Comunque, nega l’ingresso in Artsakh dell’aiuto umanitario bloccata a Kornidzor all’ingresso del Corridoio di Lachin. Adesso nega anche l’ingresso della salma di una cittadina dell’Artsakh per la sepoltura. Difficile trovare ancora parole per la barbaria azera. Sono nomadi Tartari, ma capiscono alla perfezione cosa significa per gli Armeni “terra ancestrale” (cosa che loro non hanno) e volere la sepoltura nella terra di nascita. Quindi, nella loro armenofobia inveiscono pure contro gli Armeni morti, che esprimono anche con la distruzione dei luoghi di sepoltura degli Armeni nelle terre finite sotto loro controllo, per cancellare la realtà di “terra ancestrale” degli Armeni.

«Ho visitato la regione di Vayots Dzor per incontrare il governatore e la Missione di monitoraggio dell’UE, nonché osservare la situazione della sicurezza al confine tra Armenia e Azerbajgian. Gli Stati Uniti sostengono la sovranità e la sicurezza dell’Armenia, nonché una pace duratura nel Caucaso meridionale» (Kristina A. Kvien, Ambasciatrice USA in Armenia). Adesso ha osservato un’altra volta e ribadito il sostegno, ma cosa faranno gli USA concretamente per la difesa dell’Artsakh e dell’Armenia?

L’Azerbajgian sta preparando una base informativa per la provocazione, questa volta incolpando le forze di mantenimento della pace russe

Il Ministero della Difesa dell’Artsakh ha dichiarato ieri, che il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, nell’ambito delle misure per preparare il terreno informativo per la prossima provocazione, continua a distribuire costantemente video e comunicati, che non hanno alcuna relazione con la realtà: «Nel comunicato del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian si menziona che oggi è stato osservato il “rafforzamento” delle posizioni armene, che veicoli medici accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe sono stati utilizzati per il trasporto di mine antiuomo e anticarro, armi ed esplosivi, apparecchiatura presumibilmente destinata ad ostacolare il volo di aerei civili. Il comunicato del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian e il video diffuso sono menzogne estreme e disinformazione».

«L’aeroporto di Gafan [Kapan] subirà il destino dell’aeroporto di Khojaly, rimarrà come un pezzo da museo, ha detto all’APA Ziyafet Askerov, Presidente del Comitato Milli Majlis per la difesa, la sicurezza e la lotta alla corruzione. Il Presidente della commissione parlamentare ha osservato che l’Armenia si sta oora preparando a misure unilaterali così provocatorie come l’apertura dell’aeroporto di Gafan [Kapan, sul territorio sovrano dell’Armenia]: “L’Armenia non ha accordi con l’Azerbajgian per quanto riguarda l’aeroporto di Gafan [e perché dovrebbe averli?]. Va notato anche un punto. L’aeroporto di Gafan funzionava anche in epoca sovietica. Tuttavia, a quel tempo in realtà non c’erano confini, poiché tutte le repubbliche facevano parte di un unico spazio. E ora l’Azerbaigian è uno stato indipendente e sovrano [quindi decide su cosa l’Amerina può fare e non fare sul suo territorio, che l’Azerbaigian considera suo, come ‘Azerbajgian occidentale’”» (Caliber).

Come abbiamo riferito ieri [QUI], l’Azerbajgian ha sparato all’aeroporto di Kapan, nella regione di Syunik di Armenia, prima e dopo il volo del Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, per il viaggio inaugurale della tratta aerea che collegherà da lunedì la capitale con la parte meridionale del Paese. La pista dell’aeroporto di Kapan corre lungo la linea di contatto con l’Azerbajgian. Oltre la recinzione, dalla parte opposta della aerostazione, ci sono i soldati azeri.

«Un avvertimento mafioso del regime di Aliyev. Vi teniamo sotto controllo…», abbiamo riportato ieri. Poi: «Il terrorista azero minaccia aerei civili e l’aeroporto di Kapan. Allo stesso tempo, il deputato terrorista non ha specificato con quali missili l’Azerbajgian avrebbe attaccato gli aerei civili e l’aeroporto della città di Kapan. L’aeroporto di Kapan subirà il destino dell’aeroporto di Khojaly [aeroporto di Stepanakert], rimarrà una mostra museale, ha affermato Ziyafat Askerov, Presidente del Comitato Milli Majlis per la difesa [della guerra contro l’Artsakh, l’Armenia e l’Iran], la sicurezza [l’insicurezza degli Armeni] e la lotta alla corruzione [la promozione della corruzione]» (Ararat Petrosyan, Caporedattore di Armenpress).

L’Azerbajgian taglia la connessione ad Internet dell’Artsakh

Come abbiamo riferito ieri, l’Azerbajgian ha tagliato il cavo in fibra ottica per l’accesso a Internet in Artsakh [QUI].
«Irina vive a Stepanakert, Nagorno-Karabakh. È conduttrice di un programma di intrattenimento della TV pubblica dell’Artsakh. Irina mi ha detto che ci vogliono ore per caricare una foto/video su Twitter a causa della lentezza di Internet» (Anush Ghavalyan).
L’applicazione di messaggistica ArtsakhX (che non usa il cavo i fibra ottica) – di cui abbiamo riferito il 25 luglio 2023 [QUI] (Il fondatore e direttore esecutivo della società, Vahram Martirosyan, ha affermato che in caso di disconnessione da Internet di Artsakh, il sistema continuerà a funzionare con capacità limitate, fornendo comunicazioni all’interno di Artsakh. Tutti i server e i dati si troveranno all’interno dell’Artsakh, garantendo la trasmissione dei dati anche se la comunicazione viene interrotta dalla soppressione nemica dei sistemi elettronici) – è stata all’altezza delle sue aspettative: sebbene al momento non funzioni con funzionalità complete, garantisce comunque la comunicazione anche in caso di assenza di connessione a Internet, secondo Martirosyan.

Il Presidente dell’Artsakh ha incontrato il comando dell’esercito di difesa

Il 18 agosto 2023, il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Araik Harutyunyan, ha incontrato il comando dell’esercito di difesa dell’Artsakh. Sono state discusse questioni relative alla capacità di difesa della Repubblica di Artsakh. Il Ministro della Difesa e Comandante dell’esercito di difesa, il Maggiore generale Kamo Vardanyan, ha presentato la situazione operativa. Harutyunyan ha fornito una serie di raccomandazioni, relative a garantire la sicurezza del popolo dell’Artsakh nelle condizioni dell’assedio totale.

L’Azerbajgian ha scelto consapevolmente lo strumento della fame. Il Ministro degli Esteri dell’Artsakh attende passi concreti dalla comunità internazionale

Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Sergey Ghazaryan, ha presentato la situazione umanitaria nell’Artsakh, che si è verificata a seguito del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian: «Come ha informato il Difensore per i Diritti Umani dell’Artsakh, abbiamo già un caso di morte per fame. Vediamo che, purtroppo, quel pericolo diventerà sempre più grave, dato che abbiamo capacità molto limitate. Allo stesso tempo, teniamo conto che la mancanza di carburante provoca gravi danni a quasi tutti gli ambiti della vita, dal sistema sanitario all’agricoltura».
In riferimento al rapporto dell’ex procuratore capo della Corte Penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, Ghazaryan ha sottolineato che l’Azerbajgian ha scelto molto consapevolmente lo strumento della fame, e solo se la comunità internazionale intraprenderà passi concreti, sarà possibile frenare l’Azerbajgian.

Dichiarazione del Ministero degli Esteri dell’Artsakh  in relazione alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla catastrofe umanitaria in Artsakh – 18 agosto 2023

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha rilasciato ieri una dichiarazione in riferimento alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazoni Unite del 16 agosto 2023, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«Accogliamo con favore la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tenutasi il 16 agosto 2023, per discutere della catastrofe umanitaria emersa nella Repubblica di Artsakh a seguito del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Esprimiamo gratitudine a quei Paesi che sono rimasti fedeli ai principi del diritto internazionale e dell’umanesimo, e nelle loro dichiarazioni abbiano sottolineato l’urgente necessità di sbloccare il Corridoio di Lachin e garantire la consegna di rifornimenti vitali alla popolazione bisognosa dell’Artsakh.
Allo stesso tempo, è deludente che alcune delegazioni abbiano tentato di trovare un equilibrio illusorio e altamente rischioso tra le aspirazioni del popolo dell’Artsakh di vivere nella propria patria in libertà, sicurezza e dignità, e l’ambizione dell’Azerbajgian di sottometterlo e annientarlo con la forza. Non può esserci compromesso tra i valori universali di libertà, dignità umana, pace e giustizia da un lato, e le manifestazioni estreme di violazioni sistematiche e su larga scala dei diritti umani, compiute con l’intento della distruzione fisica di un popolo, dall’altro altro.
Ci aspettiamo che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dimostrino coerenza e una posizione di principio nel prevenire ulteriori azioni criminali contro il popolo dell’Artsakh e consolidino la loro posizione adottando una risoluzione che obblighi l’Azerbajgian a revocare il blocco illegale del Corridoio di Lachin senza alcuna precondizione o collegamento a percorsi alternativi, in stretta conformità con la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia. Dato l’evidente intento genocida dell’Azerbajgian, qualsiasi tentativo di ostacolare gli sforzi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per porre fine all’assedio disumano e alla catastrofe umanitaria nell’Artsakh equivarrà a una silenziosa approvazione, se non a una complicità nei crimini commessi da Baku».
Durante la Conferenza Stampa tenutasi il 17 agosto 2023, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Sergey Ghazaryan, ha osservato che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha il potere e la capacità di impedire la politica di genocidio dell’Azerbajgian.

Dichiarazione di Artur Osipyan sulla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – 18 agosto 2023

Artur Osipyan, il coordinatore del Movimento per la Liberazione dell’Artsakh ha scritto sulla sua pagina Facebook un breve nota, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dal russo: «A giudicare dall’isteria sollevata dai media [sotto controllo dello Stato] di Baku, sembra che le cose non stiano andando a favore dell’Azerbajgian al Consiglio di sicurezza. Aggrappandosi all’intervento dell’Albania, gli Azeri hanno urlato al mondo intero che la politica dell’Armenia è fallita, ma questo è solo un intervento dell’Albania più un massimo di due Paesi, tutto il resto era a nostro favore. L’Azerbajgian è in grossi guai e Aliyev sta solo bluffando dicendo che non gli importa. Ma ogni bluff ha una fine, anche la fine di Aliyev è vicina. Il suo posto è dietro le sbarre. Metterlo dietro le sbarre è la nostra missione. Non si scherza con le accuse di genocidio. Se riusciamo ad affrontare con coerenza le questioni politiche, lo faremo rinchiudere. Se noi (il popolo) abbandoniamo l’abitudine di arrenderci prima di una lotta e seguiamo i nostri obiettivi, allora tutto si risolverà».

L’intervento del rappresentante della Russia alla sessione sul #ArtsakhBlockade al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – 16 agosto 2023

Il Primo Vice Rappresentante Permanente della Federazione Russa presso le Nazioni Unite Dmitry Polyansky ha affermato che il 25 luglio 2023, durante i negoziati dei Ministri degli Esteri di Russia, Azerbajgian e Armenia a Mosca, la Russa ha proposto soluzioni di compromesso realistiche per allentare la tensione, su cui le parti stanno lavorando: «Si riferisce all’apertura parallela dei Corridoi Aghdam e Lachin per il movimento di beni civili e non militari. Ciò creerà i presupposti necessari per il rapido avvio del dialogo diretto tra il governo di Baku e i rappresentanti autorizzati della popolazione armena del Nagorno-Karabakh”.
Il diplomatico russo ha espresso preoccupazione per la continua chiusura del Corridoio di Lachin. A suo avviso, ora più che mai, sono necessari i passi volti all’immediata distensione della situazione intorno al Nagorno-Karabakh, compreso lo sblocco del Corridoio di Lachin e l’utilizzo di altre rotte umanitarie: «La Federazione Russa, con il sostegno di entrambe le parti, compie il massimo sforzo per facilitare la rapida risoluzione della situazione di crisi creata, nonché per contribuire alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian in generale. Stiamo facendo del nostro meglio a tutti i livelli per prevenire un disastro umanitario nella regione. Continuiamo a impegnarci attivamente con tutte le parti coinvolte per ripristinare immediatamente forniture stabili di cibo e altri beni di prima necessità al Nagorno-Karabakh. L’insieme delle dichiarazioni 2020-2022 del Presidente della Russia, del Presidente dell’Azerbaijian e del Primo Ministro dell’Armenia rimane una road map insostituibile per la riconciliazione di Baku e Yerevan. Il potenziale degli accordi tripartiti non è esaurito e le componenti chiave sono la delimitazione e successiva demarcazione del confine armeno-azerbajgiano con il supporto esperto della Russia, lo sblocco delle comunicazioni di trasporto nell’ambito del gruppo di lavoro tripartito copresieduto dai Vice Primi Ministri di Russia, Azerbajgian e Armenia, supporto alla preparazione del trattato di pace armeno-azerbajgiano, parlamentari e autorevoli rappresentanti della società, sviluppo del dialogo. Sono stati compiuti alcuni progressi in ciascuna di queste direzioni. La Russia è pronta a compiere sforzi adeguati in futuro. È impossibile immaginare la riconciliazione armeno-azera senza garanzie affidabili e chiare per la protezione dei diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno Karabakh basate su principi internazionali universalmente riconosciuti nel quadro giuridico dell’Azerbajgian. Questa logica deriva dagli accordi recentemente raggiunti dai leader di Armenia e Azerbajgian sul reciproco riconoscimento della reciproca integrità territoriale in conformità con la Dichiarazione di Alma-Ata del 1991».
Il rappresentante della Federazione Russa ha concluso: «Ci aspettiamo che tutti i partecipanti al processo trovino la volontà politica di superare le divergenze al fine di alleviare la terribile situazione di decine di migliaia di residenti del Nagorno-Karabakh e di stabilire un dialogo stabile nel formato Baku-Stepanakert. Siamo pronti a lavorare con tutti gli attori responsabili che sono interessati alla risoluzione della situazione intorno al Nagorno Karabakh e alla riconciliazione armeno-azera in generale. Coloro che sono sinceramente impegnati in questo scenario, che si basa sugli interessi fondamentali dei popoli azero e armeno, dovrebbero lasciare da parte qualsiasi considerazione geopolitica e varie politiche interne. Chiediamo anche un approccio responsabile all’uso della piattaforma del Consiglio di sicurezza in questo contesto. In ogni caso, Baku e Yerevan dovrebbero risolvere i problemi tra di loro, e nessuno schema e risoluzione imposti sostituirà il loro dialogo. Da parte nostra, continueremo a incoraggiarlo, avvicinando le parti alla decisione di vicinato».

Lo status di minoranza etnica per il popolo dell’Artsakh all’interno dell’Azerbajgian è una visione distaccata dalla realtà

Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Sergey Ghazaryan, ha commentato il documento che circola sui media, che sarebbe  stato presentato dalla Russia dopo l’ultimo incontro tripartito dei Ministri degli Esteri di Armenia, Azerbajgian e Russia il 25 luglio 2023 a Mosca, che propone lo status di minoranza etnica per il popolo dell’Artsakh all’interno dell’Azerbajgian. Durante la conferenza stampa del 17 agosto 2023, Ghazaryan ha affermato che il Ministero degli Esteri dell’Artsakh non ha ricevuto tale documento attraverso i canali ufficiali.
«Nella dichiarazione del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh del 27 luglio 2023, si è fatto riferimento a tale visione, che prevede la garanzia dei nostri diritti come minoranza etnica nel quadro della legislazione dell’Azerbajgian. Abbiamo chiarito inequivocabilmente che si tratta di una visione distaccata dalla realtà. Questa non è solo la nostra opinione, è documentata dalle realtà che abbiamo sul campo. Se qualcuno dei mediatori avesse tali speranze, allora, vedendo le conseguenze della politica dell’Azerbajgian, quando 120.000 persone vengono deliberatamente fatte morire di fame, la parte azera fa dichiarazioni e minacce bellicose, incluso l’uso della forza, su base giornaliera, vedendo come il patrimonio culturale storico armeno viene distrutto, nessun intermediario ha motivo di affermare che sarà possibile attuare le proposte di tali visioni», ha affermato Ghazaryan.

L’Artsakh invia regolarmente proposte di incontri, che vengono ignorate dall’Azerbajgian

L’Artsakh è molto interessata, in modo che possiamo raggiungere pacificamente, attraverso negoziati, una soluzione globale del conflitto Azerbajgia-Karabakh, ha detto il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Sergey Ghazaryan, rispondendo alla domanda su come potranno essere organizzati i negoziati tra Stepanakert e Baku.
«Qui dobbiamo solo menzionare alcune circostanze importanti.
In primo luogo, tali negoziati dovrebbero svolgersi nel quadro del formato internazionale, che consentirà alle parti coinvolte di vedere che i negoziati stanno procedendo in conformità con le norme e i requisiti del diritto internazionale.
In secondo luogo, devono essere stabilite chiare garanzie che le parti adempiranno ai loro obblighi, tenendo conto che abbiamo un documento del 9 novembre 2020, che ha anche la firma del Presidente dell’Azerbajgian, e che non viene ritenuto valido», ha osservato Ghazaryan.
Per quanto riguarda le proposte per un incontro con i rappresentanti dell’Azerbajgian, Ghazaryan ha rivelato di aver ricevuto un’offerta per incontrarsi nel territorio di un Paese terzo e tale incontro era previsto all’inizio di agosto, ma la parte azera ha annullato la partecipazione.
«Abbiamo ricevuto una proposta per incontrarci a Evlakh [in Azerbajgian]. Ma, come sapete, il nostro connazionale, Vagif Khachatryan, è stato rapito dalle forze armate azere durante il suo trasferimento in Armenia con il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Secondo tale logica, qualsiasi incontro, in particolare, senza mediatori internazionali, senza la presenza di una terza parte, nel territorio dell’Azerbajgian, è impossibile. Dovrei anche aggiungere che l’Artsakh, attraverso le forze di mantenimento della pace russe, trasmette regolarmente proposte di incontri, che vengono ignorate dalla parte azera. Sapete che l’ultimo incontro di questo tipo si è svolto il 1° marzo, durante il quale sono state discusse questioni tecniche e umanitarie, ma la parte azera ha cercato di distorcere il contenuto di quell’incontro e il 5 marzo abbiamo assistito a un’operazione di sabotaggio da parte azera, durante la quale tre poliziotti sono stati uccisi e uno è rimasto ferito».

Le proposte della Russia per il futuro dell’Artsakh – Mosca, 25 luglio 2023

«Si è saputo quali proposte il Ministro degli Esteri della Federazione Russa, Sergey Lavrov, ha fatto il 25 luglio 2023 a Mosca ai Ministri degli Esteri dell’Armenia e Azerbajgian riguardo al futuro del Nagorno-Karabakh. La Russia vede inequivocabilmente il futuro degli Armeni del Karabakh come parte dell’Azerbajgian. Il documento è stato pubblicato da Tigran Petrosyan, Presidente del Consiglio anticrisi del Presidente del Nagorno-Karabakh. Penso che questo documento sia credibile, ed è quello che ha proposto Lavrov.
Sergey Lavrov ha intitolato questo documento come segue: “I principali principi e parametri per garantire la sicurezza e i diritti della popolazione armena nel territorio dell’ex Regione autonoma del Nagorno-Karabakh della Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian, in conformità con la legislazione della Repubblica di Azerbajgian”. Il “Nuovo piano Lavrov” è composto da 14 punti.
La Russia propone di escludere per legge la persecuzione degli Armeni che hanno partecipato alle operazioni delle forze armate del Nagorno-Karabakh o che hanno assunto poteri governativi. Tuttavia, secondo Lavrov, l’Azerbajgian può condannare quegli Armeni che sono stati giudicati colpevoli di crimini di guerra dal tribunale. Ciò significa che Azerbajgian può arrestare e processare qualsiasi Armeno del Nagorno-Karabakh, caratterizzandolo come un criminale di guerra. La Russia offre un’opzione così problematica agli Armeni del Nagorno-Karabakh.
Secondo Lavrov, gli Armeni del Nagorno-Karabakh dovrebbero avere una rappresentanza proporzionale nelle strutture repubblicane, regionali e cittadine delle autorità legislative, giudiziarie ed esecutive, compresa la polizia e l’ufficio del pubblico ministero della Repubblica di Azerbajgian.
Dovrebbero poter partecipare allo sviluppo e all’adozione di decisioni riguardanti la popolazione armena a livello nazionale, regionale e locale.
La Russia propone di escludere la discriminazione contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh per motivi etnici, linguistici, religiosi o di altro tipo, nonché il reinsediamento forzato della popolazione armena in insediamenti compatti all’interno dell’Azerbajgian.
Lavrov ha proposto di rendere utilizzabile la lingua azera nel Nagorno-Karabakh. E come concessione agli Armeni, viene promesso loro il permesso di usare liberamente l’armeno nelle istituzioni statali, compresa la corrispondenza ufficiale e il lavoro d’ufficio, così come nei luoghi pubblici negli insediamenti dominati dagli armeni, inclusa l’installazione di segnali stradali e annunci in armeno.
Permettetemi di ricordarvi che il Nagorno-Karabakh è un territorio omogeneo abitato da Armeni. Pertanto, l’insegnamento della lingua azera sarà inaccettabile per gli Armeni. Lavrov promette anche che gli Armeni del Karabakh avranno l’opportunità di ricevere un’istruzione in armeno all’interno dell’Azerbajgian.
I Russi promettono agli armeni il diritto all’inviolabilità della proprietà, il diritto di creare organizzazioni pubbliche all’interno dell’Azerbajgian. Lavrov è fiducioso che l’Azerbajgian fornirà condizioni favorevoli per attività religiose, libero credo, istituzioni e organizzazioni religiose per gli Armeni.
Lavrov promette anche che la cultura armena e l’identità nazionale si svilupperanno in Azerbajgian. Ciò include la conservazione del patrimonio storico e culturale, nonché il funzionamento dei mass media in armeno.
Mosca propone che l’Armenia e l’Azerbajgian firmino un accordo che consenta agli Armeni del Nagorno-Karabakh e dell’Armenia di avere stretti legami nella sfera culturale, educativa, scientifica, mediatica, sportiva e in altre sfere umanitarie.
Lavrov ha suggerito che la popolazione armena dovrebbe essere in grado di mantenere i contatti con i propri parenti che vivono all’estero. Inoltre, Lavrov promette agli Armeni che riceveranno senza ostacoli aiuti umanitari dall’estero mentre vivono in Azerbajgian.
Credo che gli Armeni del Nagorno-Karabakh rifiuteranno questa proposta della Russia perché non sono stati proposti meccanismi credibili per garantire sicurezza e diritti. Sotto il regime di Aliyev, nemmeno i diritti degli Azeri sono protetti dalla Costituzione dell’Azerbajgian.
Chi crede che l’Azerbajgian sia in grado di proteggere i diritti degli Armeni quando l’armenofobia è una politica statale in Azerbajgian?
A mio parere, questa proposta dalla Russia è estremamente negativa. In caso di partecipazione al processo di negoziazione nei formati occidentali, gli Armeni del Nagorno-Karabakh potranno ottenere soluzioni molto migliori rispetto al piano di Lavrov» (Robert Ananyan).

Segnaliamo

– Hadja Lahbib avrà il coraggio di aiutare la popolazione del Nagorno-Karabakh? di Benoit Lannoo, storico della Chiesa ed esperto di Cristiani d’Oriente – La Libre Belgique, 18 agosto 2023 [QUI]: «Dopo il blocco del corridoio Lachin da parte dell’Azerbajgian, gli abitanti del Nagorno-Karabakh sono privati ​​del cibo. La comunità internazionale non può più accontentarsi di mere dichiarazioni. Il nostro Ministro degli Esteri Hadja Lahbib prevede di visitare la Georgia, l’Armenia e l’Azerbajgian la prossima settimana. Dovrà essere all’altezza della situazione. (…) È scioccante vedere come i leader europei abbiano accarezzato il dittatore azero Ilham Aliyev da quando Ursula von der Leyen è riuscita a concludere con lui un importante accordo sul gas la scorsa estate.

– In Nagorno-Karabakh si scatena la carestia e la situazione umanitaria si deteriora, tanto da far temere un “genocidio” di Maria Udrescu – La Libre Belgique, 16 agosto 2023 [QUI]: «Gli abitanti di questa regione contesa soffrono per il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. In questo contesto, il conflitto si intensifica. I membri della Missione di osservazione europea sono stati coinvolti in uno scontro a fuoco martedì».

– Perché gli attori internazionali sono responsabili degli Armeni nel Nagorno-Karabakh di Sossi Tatikyan – EVN Report, 16 agosto 2023 [QUI]: «Le aspettative e lo scetticismo sono entrambi elevati dalla discussione [il 16 agosto 2023] nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Una sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite era stata convocata per affrontare la situazione nel dicembre 2022, due settimane dopo l’inizio del blocco. Nonostante le critiche significative contro l’Azerbajgian, non ha portato all’adozione di una risoluzione. Mentre il fallimento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel raggiungere un consenso non è sorprendente nell’attuale situazione globale e regionale polarizzata, l’Azerbajgian ha presentato il fallimento di una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come la sua vittoria diplomatica e ha sempre più approfondita e intensificata in blocco. Baku ha ignorato gli ordini legalmente vincolanti della Corte Internazionale di giustizia che chiede il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni, dichiarazioni di alti funzionari dell’ONU, dell’UE, del Consiglio d’Europa, dell’OSCE, Stati Uniti, Francia e Russia – ex Copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE che svolgono ancora ruoli di mediazione in altri formati, molti altri Paesi, osservatori internazionali dei diritti umani, risoluzioni del Parlamento Europeo e dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, petizioni e appelli delle organizzazioni della società civile di vari Paesi. Invece, ad aprile ha sostituito gli pseudo eco-attivisti con i servizi di sicurezza dello Stato, ha vietato l’ingresso di cibo e forniture di base da parte delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) a giugno e, sistematicamente, evacuazioni mediche umanitarie da parte del CICR da luglio. A luglio ha arrestato arbitrariamente un paziente che era stato trasferito in Armenia per cure mediche, dopodiché molti altri pazienti, compresi i malati gravi, hanno iniziato a rifiutare l’evacuazione medica temendo la stessa sorte. Parallelamente, le forze armate azere hanno continuato a sparare sistematicamente sui civili che cercavano di raccogliere i loro raccolti, hanno lanciato attacchi militari su piccola scala provocando vittime, e le autorità e le personalità pubbliche azere hanno minacciato di condurre una nuova operazione militare per eliminare la capacità di autodifesa del Nagorno Karabakh. Alla fine, a luglio, il Nagorno-Karabakh ha esaurito il carburante, la maggior parte dei prodotti alimentari e le medicine. (…)».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

«Gli armeni sono vittime collaterali della guerra in Ucraina» (Tempi 19.08.23)

Per porre fine al blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia dovrebbero appoggiare un intervento delle forze di pace russe. «Solo così si può prevenire il genocidio»

«Ogni mattina mi sveglio e non so se riuscirò a trovare del pane da dare ai miei figli da mangiare. È terribile». L’esperienza di Alvina Nersesyan è la stessa di altre 20 mila madri che vivono nel Nagorno-Karabakh e che da 252 giorni non possono uscire a causa del blocco del Corridoio di Lachin imposto dall’Azerbaigian. Se da otto mesi l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al resto del mondo è chiusa, dal 15 giugno l’esercito azero non permette neanche alla Croce rossa internazionale di portare ai 120 mila armeni intrappolati beni di prima necessità. Quello che sta accadendo nell’indifferenza della comunità internazionale «ha un solo nome», come dichiarato ieri da Luis Moreno Ocampo, già procuratore della Corte penale internazionale ed ex professore alle università di Harvard e Yale: «Siamo davanti a un genocidio. Far morire di fame le persone per eliminarle fisicamente è genocidio per la legge internazionale».

«Il 95% della popolazione è malnutrito»

Ocampo, che oggi è un esperto indipendente e che ha da poco realizzato un rapporto sulle conseguenze del blocco del Corridoio di Lachin, ha parlato ieri a una conferenza stampa di emergenza organizzata dal governo dell’Artsakh, alla quale Tempi ha partecipato.

La situazione nel Nagorno-Karabakh è ormai disperata, come hanno spiegato Sergey Ghazaryan, ministro degli esteri dell’Artsakh, e Gegham Stepanyan, difensore dei diritti umani del territorio armeno. Il 95% della popolazione si può ormai considerare in stato di malnutrizione, visto che prima del blocco il 90% del cibo consumato in Artsakh veniva importato dall’Armenia. A causa della mancanza di carburante e dei continui colpi di arma da fuoco che l’esercito azero indirizza ai contadini armeni quando si recano nei campi, l’agricoltura è completamente ferma e solo una piccola percentuale di grano è stata mietuta.

Il trasporto pubblico non funziona dal 25 luglio, così come quello privato. Mancano cibo e medicine nei negozi e anche l’acqua inizia a scarseggiare. Dall’inizio della crisi, 17 mila persone, cioè il 90% degli impiegati nel settore privato, hanno perso il lavoro.

«Bisogna fermare il genocidio degli armeni»

Il 16 agosto il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito per discutere del problema e per cercare una soluzione, ma ancora nessun risultato è stato raggiunto dal momento che l’Azerbaigian si rifiuta di riaprire il Corridoio di Lachin, nonostante una sentenza vincolante della Corte penale internazionale abbia già condannato Baku a farlo a febbraio.

Per Ocampo è assolutamente necessario «impedire che la distruzione fisica degli armeni e la loro morte per fame». È l’unico modo per «fermare il genocidio è avere la collaborazione di tutti. Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna devono lavorare insieme alla Russia. La comunità internazionale deve appoggiare le forze di pace russe, autorizzandole a intervenire».

«Vittime collaterali della guerra in Ucraina»

In questo modo, «la situazione può essere risolta in un’ora». È chiaro che l’attuale contesto internazionale rende difficile trovare questo tipo di accordo ma, ricorda l’esperto indipendente, «non dobbiamo dimenticare che il genocidio armeno del 1915 è stato commesso approfittando della Prima guerra mondiale».

Quello che sta accadendo oggi «è molto simile. Ma l’Armenia e gli armeni non possono diventare una vittima collaterale della guerra in Ucraina».

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Nagorno Karabakh: tensioni con Baku e Ankara, l’Armenia si appella all’Onu (Asianews 18.08.23)

Erevan respinge le accuse azere di un concentramento di truppe alla frontiera. La richiesta di una convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza. A fine agosto attesa la visita di Putin in Turchia, priorità all’accordo sul grano. Il futuro del territorio conteso non sarà l’indipendenza, ma una ragionevole autonomia in territorio azero in sintonia con i fratelli armeni.

Mosca (AsiaNews) – Il ministero della difesa dell’Armenia ha respinto le accuse dell’Azerbaigian sul concentramento di truppe alla frontiera insieme a nuovi carichi di armamenti, negando per l’ennesima volta di avere dislocato forze armate sulla frontiera del Nagorno Karabakh. Baku ha ammonito che “si mantiene il diritto di difendere la propria sovranità e integrità territoriale con tutti i mezzi legali a disposizione”. Secondo gli azeri, gli armeni avrebbero attivato lavori di ingegneria bellica e altre azioni che violano il diritto internazionale e gli impegni assunti da Erevan negli accordi del 9 novembre 2020, riferendosi in particolare i “mezzi di lotta radio-elettronica”.

Le zone dove gli armeni starebbero concentrando le armi sarebbero quelle del territorio azero dove sono temporaneamente dislocate le forze di pace russe: una “zona demilitarizzata” dove gli armeni si fanno avanti per “riproporre le proprie pretese territoriali”, secondo il ministero degli Esteri di Baku. Accuse rinfacciate a propria volta dagli armeni nei loro confronti, che riguardano anche scontri a fuoco da una parte e dall’altra tra Kelbadžar e Nakhičevan.

Erevan, in seguito a questi ennesimi scontri verbali e sul campo, ha deciso di rivolgersi all’Onu con la richiesta di una convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza per “affrontare la questione del blocco del corridoio di Lačin e il pericolo di una crisi umanitari totale nel Nagorno Karabakh”. Superando tutte le altre forme di mediazione, per gli armeni “soltanto l’Onu è in grado di far rispettare le condizioni di pace e sicurezza internazionale, prevenendo le azioni distruttive di massa come i crimini di guerra, le pulizie etniche, i crimini contro l’umanità e i genocidi”.

L’Armenia si è rivolta anche al presidente Usa Joe Biden, affinché usi “tutti gli strumenti di pressione sull’Azerbaigian, compresa la sospensione degli aiuti militari”, come ha comunicato il membro della Camera dei rappresentanti del Congresso Usa Jim Mc Govern. Il Washington Post ha commentato la relazione dell’ex-procuratore capo del tribunale internazionale Luis Moreno Ocampo, che parlava del “genocidio degli armeni del Nagorno Karabakh” da parte dell’Azerbaigian usando “la fame, l’arma invisibile del genocidio”, incitando a sua volta le Nazioni Unite a farsi carico del problema.

Secondo l’osservatore politico armeno Akop Badalyan, l’appello di Erevan all’Onu costringe Baku a una reazione “in grado di non influire negativamente sulla propria reputazione internazionale”, anche se ritiene poco probabile che l’Onu approvi un documento di condanna dell’Azerbaigian. Il “linguaggio delle minacce e dei ricatti” viene quindi usato dagli azeri non soltanto contro gli armeni, ma nei confronti dell’intera comunità internazionale.

Alle dichiarazioni aggressive dell’Azerbaigian contro gli armeni si sono unite in questi giorni anche alcune posizioni ufficiali della Turchia, che ammonisce a sua volta l’Armenia a “non cercare le provocazioni” e a rispettare l’integrità territoriale dell’Azerbaigian. Secondo Ankara “non c’è ragione di criticare l’Azerbaigian nella questione del territorio di Lačin”. Badalyan ritiene che queste posizioni dei turchi vadano considerate “in un contesto geopolitico più ampio”, nella prospettiva della visita di Vladimir Putin in Turchia attesa per fine agosto, in cui la priorità sarà il ripristino dell’accordo sul grano, arma diplomatica principale di Recep Tayyip Erdogan.

Il politologo ritiene che “le azioni dell’Azerbaigian e il sostegno della Turchia siano diretti ad alzare il prezzo della Turchia per la Russia, che è molto sensibile rispetto alla necessità di evitare un secondo fronte nel Caucaso”. Ankara si intromette anche in questo gioco per gettare le sue carte nel mercato più vasto, e l’Onu potrebbe almeno far capire agli azeri che le minacce e le azioni di forza non valgono nulla nelle trattative globali. Il futuro del Nagorno Karabakh non sarà probabilmente l’indipendenza, ma una ragionevole autonomia in territorio azero, e in sintonia con i fratelli armeni.

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250° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Aliyev può far morire di fame i bambini dell’Artsakh, ma non può impedirli di cantare (Korazym 18.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.08.2023 – Vik van Brantegem] – «Possono farci morire di fame ma non possono impedirci di cantare» (Anna Oganesyan). Foto di copertina: i nipoti in Artsakh del diplomatico del Ministero degli Esteri dell’Armenia, Anna A. Naghdalyan.

«Video a sorpresa mattutino dalla mia famiglia in Artsakh/Nagorno-Karabakh: esibizione di canzoni dei mei nipoti. A causa del #ArtsakhBlockade, non posso visitarli da 249 giorni» (Anna A. Naghdalyan).

Pro memoria
1. L’Artsakh non è mai stato parte dell’Azerbajgian indipendente.
2. Gli Armeni dell’Artsakh si sono sempre autogovernati.

3. Aliyev voglio impadronirsi dell’Artsakh, senza gli Armeni.

Chiamano la Repubblica di Artsakh-Nagorno-Karabakh “la regione separatista di Karabakh dell’Azerbajgian”. Questo è una fake, una disinformazione, un falso storico. L’Arsakh è sì una “regione separatista” se volete, ma non dell’Azerbajgian. L’Artsakh si è separato dall’Unione Sovietica prima ancora dell’Azerbajgian e si è dichiarato indipendente, prima ancora dell’Azerbajgian. Poi l’Artsakh è stata sempre un’entità autogovernata da quando è stata istituita come Oblast autonoma di Nagorno-Karabakh negli anni ’20.

Nelle ultime ore frenetica attività azera a favore della pace come intende Ilham Aliyev:

  1. Tagliata la fibra ottica di Internet all’Artsakh.
  2. Spari contro trattori dei contadini a Marushen.
  3. Colpi contro aeroporto di Kapan in Armenia dove poche ore prima dell’arrivo del Primo Ministro, Nikol Pashinyan.
  4. Spari contro postazioni di difesa delle forze armate armene a Yeraskh in Armenia.

E l’elenco continua ora dopo ora, giorno dopo giorno, come stiamo riferendo dal 27 settembre 2020. Un lungo elenco di esempio come Ilham Aliyev intende la pace.

Tutto questo avviene mentre attraverso il gasdotto azero è ancora gas russo che raggiunge l’Unione Europea, che permette all’Azerbajgian di commettere un genocidio nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e invia armi e aiuti all’Ucraina per combattere la Russia che sostiene il blocco totale degli Armeni dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian che continua a vendere il gas russo all’Unione Europea, ecc. ecc.

L’Azerbajgian spara all’aeroporto di Kapan

«Ieri il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha volato da Yerevan a Kapan (Syunik) per il viaggio inaugurale della tratta aerea che collegherà da lunedì la capitale con la parte meridionale del Paese. La pista dell’aeroporto di Kapan corre lungo la linea di contatto con l’Azerbajgian. Oltre la recinzione, dalla parte opposta della aerostazione, ci sono i soldati azeri. Pensate cosa sarebbe successo se uno degli uomini di Aliyev, magari solo per gioco, avesse avuto la bella idea di sparare colpi contro l’aereo del premier. Qualche imbecille azero, allevato a odio contro gli Armeni, si trova sempre. Non è successo niente. Anzi sì. Nella notte, un veicolo proveniente dall’area sotto controllo dell’Azerbajgian si è avvicinato alla recinzione dello scalo e sono stati sparato diversi colpi verso la struttura (rotte alcune vetrate). L’avvertimento mafioso del regime di Aliyev. Vi teniamo sotto controllo…» (Iniziativa italiana per l’Artsakh).

L’Azerbajgian ha interrotto l’accesso a Internet in Artsakh

Artak Beglaryan, Consigliere del Presidente e già Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha comunicato che ieri alle ore 17.55 le forze armate dell’Azerbajgian hanno tagliato il cavo di fibra ottica nei pressi del checkpoint illegale installato nel Corridoio di Berdzor (Lachin) presso il ponte Hakari, interrompendo la connessione fissa di Internet dell’Artsakh.

Ieri sera, i tecnici dell’Artsakh hanno cercato di avvicinarsi alla sezione insieme alle forze di mantenimento della pace russe e riparare il cavo, ma le forze armate azere non l’hanno consentito (si ripete lo scenario della linea di alta tensione e il gasdotto).

Da questa mattina sono in corso i negoziati tra le forze di mantenimento della pace russe e la parte azera affinché i tecnici dell’Artsakh possano ripristinare il cavo danneggiato.

Attualmente, l’accesso a Internet in Artsakh è molto limitato, solo attraverso delle comunicazioni radio instabili, che sono sotto pressione dai sistemi di disturbo azeri. La Russia è un alleato così fantastico, parla e niente azione. Garantisce solo una presenza militare in Artsakh, ha dichiarato un alto ufficiale del contingente di mantenimento della pace (di Aliyev) di Artsakh. Con un tale “amico” l’Armenia e l’Artsakh non hanno bisogno di nemici.

Oltre al blocco totale del Corridoio di Berdzor (Lachin) e al metodo crudele di provocare la carestia, l’Azerbajgian isola anche la connessione degli Armeni dell’Artsakh con il mondo esterno attraverso Internet. Questo è un classico tipo di genocidio.

Così niente foto di gente che ballano ai matrimoni, mangiano kebab e bambini che mostrano biscotti, secondo l’Ambasciatore dell’Azerbajgian che mostra al Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite delle foto presi dai social dei troll azeri). Nel mondo reale: niente foto di gente che muore di fame (per colpo loro, secondo la narrazione della propaganda azera).

Hitler avrebbe invidiato Aliyev.

La Francia prevede di destinare maggiori aiuti alla popolazione dell’Artsakh

La Francia prevede di destinare maggiori aiuti alla popolazione dell’Artsakh. Le 20 tonnellate di aiuti già inviate dalla Francia giorni fa sono solo la prima, piccola parte di un più ampio convoglio di camion finanziato da diverse regioni e città francesi. Su iniziativa del sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, diverse regioni della Francia, tra cui la città di Parigi, Ile-de-France, Auvergne-Rhône-Alpes, Hauts-de-France, Occitania, Pays de la Loire e Provence -Alpes-Côte d’Azur, si sono uniti per fornire urgenti aiuti umanitari all’Artsakh assediato dall’Azerbajgian. Pertanto, dimostrano la loro unità nel sostenere il popolo dell’Artsakh, Lo riferisce l’Ambasciata dell’Armenia in Francia.

Il primo camion, con 20 tonnellate e organizzato dalle autorità territoriali francesi, ha viaggiato da Yerevan al confine di Kornidzor, dove si è unito agli altri ventuno camion che trasportano carichi essenziali inviati dal governo armeno al popolo dell’Artsakh.

Dal 15 giugno 2023, le forze armate dell’Azerbajgian non permettono al convoglio di camion che trasportano aiuti alimentari, medicinali o forniture mediche di passare attraverso il checkpoint illegale installato presso il ponte Hakari.

Il rappresentante ufficiale dei governi locali francesi ha affermato: «Siamo preoccupati per il blocco del Corridoio di Lachin in corso da parte delle forze armate dell’Azerbajgian, che ostacola in particolare il trasferimento degli aiuti umanitari. Chiediamo alle autorità dell’Azerbajgian di adempiere ai loro obblighi internazionali, in particolare alla decisione dalla Corte Internazionale di Giustizia di garantire la libera circolazione attraverso il Corridoio di Lachin”.

Il prossimo convoglio con aiuti umanitari dalla Francia, che partirà alla fine di agosto, sarà guidata dai parlamentari francesi e dai leader dei governi locali che sostengono questa iniziativa umanitaria per la popolazione dell’Artsakh.

Una sequenza di foto emblematica

Un gruppo di attivisti dell’Artsakh bloccano l’ingresso al quartier generale delle forze di mantenimento della pace russe presso l’aeroporto di Stepanakert, in protesta per la responsabilità dei russi nel #ArtsakhBlockade.

Uno di loro cerca di fermare a mani nude un blindato russo intenzionato a muovere con la forza la macchina che blocca l’ingresso. Immagini già visto durante le rivolte a Praga e Budapest contro l’occupazione dell’Unione Sovietica.

Fatto è che i Russi usano la forza contro un gruppo di cittadini dell’Artsakh che bloccano la strada, mentre per 8 mesi non hanno mosso un dito per impedire o togliere il blocco del Corridoi di Berdzor (Lachin), anzi hanno assistito alle varie fasi del blocco e presiedono i posti di blocco a fianco degli Azeri.

Gli attivisti del Movimento di Liberazione Nazionale dell’Artsakh che protestano davanti la base militare del contingente di mantenimento della pace presso l’aeroporto di Stepanakert, chiedono alla Federazione Russa di adempiere ai doveri assunti e di aprire e controllare il Corridoio di Lachin. Accusano i le forze di mantenimento della pace russe di aver consentito l’ingresso illegale degli Azeri (prima i sedicenti “eco-attivisti” e poi le forze armate azere) nel Corridoio di Berdzor (Lachin), violando così la dichiarazione del 9 novembre 2020. Un alto ufficiale del contingente russo si è scusato, affermando che gli era stato ordinato di recarsi nel Nagorno-Karabakh, cosa che ha fatto. Ha accusato di provocazione i partecipanti all’azione di protesta.

L’alto ufficiale russo ha affermato che i diplomatici sono responsabili dell’accordo su tali questioni e che l’esercito russo è unicamente responsabile di garantire la presenza militare. Artur Osipyan, il coordinatore dell’azione di protesta del Movimento di Liberazione Nazionale, ha avvertito le forze di mantenimento della pace russe che avevano portato un camion davanti alla base militare e avrebbero chiuso gli ingressi.

Osipyan, che cura una pagina Facebook in russo, ha dichiarato che il blocco della strada che porta alla base militare russa, mira ad attirare l’attenzione di Vladimir Putin, il quale, secondo le disposizioni della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, si è impegnato a garantire la sicurezza del Nagorno-Karabakh ma non l’ha rispettato fino in fondo . A seguito della non adempienza della Russia, l’Azerbajgian ha chiuso il Corridoio di Berdzor (Lachin), portando 120.000 Armeni dell’Artsakh alla fame.

Osipyan in un post sulla pagina Facebook ha affermato che i media azeri non fermano i loro attacchi con di lui, togliendo dal contesto le sue dichiarazioni e distorcendo il significato: «I media azeri dicono che mi sono rivolto alle forze di mantenimento della pace russe e che mi sono lamentato della fame, e poi io stesso mi sarei contraddetto. È una bugia totale, le mie parole rivolte al colonnello generale Aleksandr Lentsov [il comandante del contingente di mantenimento della pace russo] è stato registrato su un video. Non mi sono lamentato della fame, ma gli ho detto che la situazione era critica e peggiora giorno dopo giorno. E confermo che è così. Nel senso che se è possibile nutrire i bambini con difficoltà e problemi, è comunque insignificante per mancanza di molti tipi di cibo, ma almeno in qualche modo si riesce a farlo. In una situazione di mancanza di carburante e interruzione delle infrastrutture di trasporto, le donne incinte sono in una situazione molto più difficile. Sono svenute per strada e c’è stato un caso di aborto spontaneo perché non hanno avuto la possibilità di portare la donna incinta all’ospedale in tempo. Questo è un genocidio bianco da cui Aliyev non laverà via le sue colpe. Ma ne parleremo ancora e non lasciamo pensare l’assassino di bambini e terrorista Aliyev che diffondere menzogne nei suoi media e oscurare la vista alla comunità mondiale possa passare liscio, perché diremo la verità e la verità prevarrà».

Aggiornamento sul rapimento del cittadino dell’Artsakh al posto di blocco illegale dell’Azerbajgian presso il ponte Hakari

L’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia continua la raccolta di informazioni riguardo al rapimento avvenuto a fine luglio del cittadino della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Vagif Khachatryan. Al riguardo il Difensore ha rilasciata la seguente dichiarazione (traduzione italiana a cura di Iniziativa italiana per l’Artsakh:

«(…) È interessante notare che Khachatryan è entrato nel servizio militare il 1° settembre 1992, solo dopo di che ha partecipato alle operazioni di combattimento. Prima di allora, il Khachatryan lavorava come normale autista a Stepanakert.
Pertanto, la dichiarazione dell’Ufficio del Procuratore Generale dell’Azerbajgian secondo cui Khachatryan avrebbe “commesso un crimine nel villaggio di Meshali come parte di un gruppo di formazioni armate armene” il 22 dicembre 1991, non corrisponde alla realtà. Tali informazioni sono suffragate da documenti d’archivio, ordini impartiti dai comandanti, riferimenti che documentano il suo servizio militare e le testimonianze dei membri della sua famiglia.
Inoltre, le informazioni ottenute e analizzate dall’Ufficio del Difensore dei Diritti umani hanno confermato il fatto che non ci sono dati nelle liste internazionali dei ricercati riguardanti Khachatryan, che era stato trasferito in Armenia per cure mediche e rapito dall’Azerbajgian.
Il Difensore dei Diritti Umani ribadisce che Vagif Khachatryan era stato trasportato in Armenia sotto gli auspici del Comitato Internazionale della Croce Rossa per ricevere l’assistenza medica appropriata e necessaria, ed era una persona protetta ai sensi del diritto umanitario internazionale. Pertanto, la privazione della libertà di quest’ultimo è una grave violazione del diritto internazionale umanitario.
Subito dopo il rapimento di Vagif Khachatryan, appelli alla violenza contro gli Armeni, propaganda di odio e inimicizia, diretti anche contro Vagif Khachatryan e i suoi parenti, hanno preso slancio nei media azeri.
Questo fenomeno è l’ennesima manifestazione della politica di armenofobia e dell’odio etnico propagata dalle autorità azere. Inoltre, la società azerbajgiana, inclusi personaggi pubblici, funzionari statali, nonché i mass media e i social media, hanno etichettato Khachatryan come un criminale.
Il Difensore dei Diritti Umani sottolinea che, quando l’odio etnico viene propagato e la presunzione di innocenza viene violata, i diritti umani fondamentali di Khachatryan non possono essere garantiti e il corretto esame del caso in conformità con i requisiti del giusto processo può essere garantito solo da parte di un tribunale imparziale ed equo.
Quanto sopra fornisce ragioni per concludere che l’interferenza illecita con i diritti umani fondamentali di Vagif Khachatryan da parte dell’Azerbajgian è stata/è in corso di realizzazione in una grave violazione del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, considerando che le garanzie e gli standard legali internazionali universalmente riconosciuti non sono assicurati.
Le informazioni complete ottenute e analizzate dall’Ufficio del Difensore sono state inviate alle autorità competenti e ai partner internazionali».

Le forze armate dell’Azerbajgian hanno ancora presi di mira gli agricoltori dell’Artsakh

Nei campi intorno al villaggio di Sarushen nella regione di Askeran della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabkah le forze armate azere ieri hanno sparti ad una mietitrebbia. Le violazioni sono state registrate sia al mattino che nel pomeriggio. Altri macchinari agricoli erano stati oggetto di bersaglio nei giorni scorsi. È chiara l’intenzione degli Azeri di ostacolare il lavoro nei campi agricoli, impedire il raccolto del grano e affamare ancora di più la popolazione.
In mattinata di ieri sono state segnalate violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze armate azere anche nella regione di Martakert.

Ora che cambia dopo la sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 16 agosto 2023?

«Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è stato registrato che stiamo morendo di fame. Ne siamo grati, ma cosa cambierà dopo questo?», ha domandato Davide Babayan, il Consigliere del Presidente ed ex Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe adottare una risoluzione chiara, perché semplici dichiarazioni non cambieranno nulla. «Altrimenti, questa sarà una vera vittoria per l’Azerbajgian. Secondo le valutazioni, i problemi della popolazione dell’Artsakh non vengono risolti, la sicurezza non viene garantita, il pericolo di genocidio non scompare. Bisogna aspettare per vedere quale risoluzione adotteranno o decideranno, o se tutto finirà così, diventando un altro incontro inefficace. Bisogna lavorare perché ci sia un risultato concreto, alcune persone sono condizionate, altrimenti questa delegazione ha parlato bene, l’altra no, poi cosa è cambiato? Se continua così, l’Artsakh dovrà ricorrere a misure drastiche, moriremo di fame? O dobbiamo restare, combattere o sputare e andarcene. Hanno registrato che stiamo morendo di fame, siamo grati, ma cosa cambia?”, ha detto Babayan.

L’ONU deve agire come organizzazione per la prevenzione del genocidio, non come organizzazione per la commemorazione del genocidio
L’intervento del Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 16 agosto 2023

(Traduzione italiana a cura dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh

Desidero ringraziare il Consiglio di Sicurezza per aver convocato questa riunione di emergenza per discutere della situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh, che è stata creata dal blocco di 8 mesi del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia e al mondo esterno.

Oggi sono qui per cercare il sostegno di questo prestigioso organismo nel mantenere la prospettiva di raggiungere una pace e una stabilità giuste e complete nella nostra regione, che è seriamente minata dall’istigazione dell’Azerbajgian di un disastro umanitario nel Nagorno-Karabakh.

Durante gli ultimi due anni, l’Armenia, con il sostegno della comunità internazionale, non ha risparmiato sforzi per stabilire la pace e la stabilità nella nostra regione. E penso che oggi abbiamo ancora la possibilità di raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, l’attuale situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh può peggiorare notevolmente le prospettive di pace nell’intera regione del Caucaso meridionale e oltre.

Oggi vorrei approfondire suggerendovi di giudicare non sulla base di asserzioni che potreste considerare vere o false, ma su valori e fatti.

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo inizia con il riconoscimento della dignità inalienabile e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri dell’umanità come fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Indipendentemente da dove vivono, tutte le persone sono dotate degli stessi diritti e dignità e dovrebbero essere trattate con il massimo rispetto e cura, anche in tempo di guerra. Sfortunatamente, la gente del Nagorno-Karabakh è privata di tale trattamento, trovandosi in un blocco totale.

Permettetemi ora di presentare gli eventi, i fatti e le cifre che mostrano la realtà del Nagorno-Karabakh assediato.

  • 9 novembre: 2020: una dichiarazione tripartita firmata dai leader di Armenia, Russia e Azerbajgian, secondo il punto 6, “Il Corridoio di Lachin (largo 5 km), che fornirà un collegamento tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia…, rimarrà sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa”.
  • 12 dicembre 2022: l’Azerbajgian ha bloccato il Corridoio di Lachin con il falso pretesto di preoccupazioni ambientali. Da allora, il graduale utilizzo di scorte domestiche limitate ha portato a gravi carenze alimentari e alla chiusura dei negozi. Prima del blocco, circa il 90% del cibo consumato veniva importato dall’Armenia, e oggi la popolazione del Nagorno-Karabakh non riceve 400 tonnellate di beni di prima necessità al giorno. Attualmente c’è una grave carenza di cibo, compresi alimenti per bambini, farina, zucchero, oltre a medicine, carburante, ecc. Inoltre, a causa della mancanza di carburante e degli attacchi ai lavoratori da parte dell’Azerbajgian, quasi tutti i lavori agricoli sono stati interrotti. Di conseguenza, circa 10.000 ettari di terreno vicino alla linea di contatto rimangono incolti.
  • 20 dicembre 2022: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso la questione per la prima volta e la stragrande maggioranza dei membri del Consiglio ha invitato l’Azerbajgian a revocare il blocco.
  • Periodicamente da dicembre 2022 e completamente da marzo 2023 (circa 180 giorni in totale) l’Azerbajgian ha interrotto l’unica fornitura di gas naturale al Nagorno-Karabakh. La cessazione della fornitura di gas ha già portato a una serie di conseguenze umanitarie negative, come: 1. interruzione degli ospedali; 2. interruzione dei processi educativi nelle scuole e negli asili; 3. interruzione delle istituzioni vitali e dei servizi sociali; 4. incapacità di riscaldare le case delle persone con il gas; 5. perdita di accesso all’acqua calda in molte case; 6. per i veicoli mancanza di carburante, ecc.
  • dal 9 gennaio 2023 (più di 210 giorni) l’Azerbajgian ha interrotto la fornitura di energia elettrica sull’unica linea ad alta tensione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh. Da allora, potendo contare solo su risorse elettriche locali limitate, il Nagorno-Karabakh è stato costretto ad attuare blackout intermittenti di poche ore.
  • 22 febbraio 2023: la Corte Internazionale di Giustizia ha applicato una misura urgente nell’ambito della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Armenia c. Azerbajgian), secondo la quale l’Azerbajgian deve “prendere tutte le misure necessarie per garantire un movimento ininterrotto in entrambe le direzioni di persone, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin”.
  • 23 aprile 2023: Azerbajgian, violando la decisione della Corte Internazionale di Giustizia e la Dichiarazione tripartito del 9 novembre 2020, ha installato un posto di blocco nel Corridoio di Lachin.
  • 15 giugno 2023: l’Azerbajgian è andato oltre, chiudendo completamente il Corridoio di Lachin, impedendo qualsiasi accesso, anche umanitario, al Nagorno-Karabakh, compreso il Comitato Internazionale della Croce Rossa.
  • 6 luglio 2023: la Corte Internazionale di Giustizia ha ribadito la sua decisione del 22 febbraio 2023.
  • 25 luglio 2023: annuncio del CICR, l’unica organizzazione umanitaria internazionale che opera in Nagorno-Karabakh da più di 30 anni: “Nonostante i continui sforzi, il CICR non è attualmente in grado di fornire aiuti umanitari alla popolazione civile attraverso il Corridoio di Lachin o altre vie”.
  • 26 luglio 2023: la Repubblica di Armenia ha inviato un convoglio umanitario, che rimane all’ingresso del corridoio di Lachin, poiché la parte azera rifiuta l’ingresso.
  • 2 agosto 2023: Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha ribadito la sua profonda preoccupazione per le sfide alla libera circolazione attraverso il Corridoio di Lachin, ricordando la precedente dichiarazione sulla necessità di attuare le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, “comprese la sentenza  adottata il 22 febbraio 2023 e le decisioni riaffermate il 6 luglio 2023 relative al movimento ininterrotto di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin”. Il Segretario Generale inoltre ha espresso particolare preoccupazione per il deterioramento della situazione umanitaria sul campo e ha chiesto “misure urgenti per facilitare l’accesso agli aiuti umanitari per le persone bisognose”.
  • 7 agosto 2023: un gruppo di esperti in diritti umani delle Nazioni Unite –  il Relatore Speciale sul Diritto all’Alimentazione, il Relatore Speciale sul Diritto all’Istruzione, l’Esperto Indipendente sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane e il Relatore Speciale sui diritti delle persone con disabilità – hanno lanciato l’allarme sul blocco in atto del Corridoio di Lachin e la terribile crisi umanitaria che ha “messo la popolazione di fronte a gravi difficoltà” e “messo in grave pericolo la vita dei residenti, soprattutto bambini, persone con disabilità, anziani, donne incinte e pazienti”.

Qualche dato in più:

  • 120.000 – il numero di persone che vivono in Nagorno-Karabakh che sono private della possibilità di esercitare i propri diritti fondamentali.
  • 20.000 – il numero di anziani che non hanno nemmeno la possibilità di muoversi per mancanza di mezzi pubblici.
  • 30.000 – il numero di bambini che vivono nel Nagorno-Karabakh che soffrono di malnutrizione e mancanza di cibo.
  • 270 – il numero di bambini che non possono tornare in Nagorno-Karabakh e ricongiungersi con le loro famiglie.
  • 2.000 – il numero delle donne incinte che vivono in Nagorno-Karabakh e che non hanno nemmeno un minimo accesso ai servizi sanitari.
  • 9.000 – il numero di persone con disabilità che sono private di cure mediche adeguate.
  • 4.700 e 8.450 – rispettivamente il numero di persone affette da diabete e malattie della circolazione sanguigna, che esauriscono i farmaci essenziali.

Tutti questi eventi hanno raddoppiato il numero di decessi in Nagorno Karabakh negli ultimi 8 mesi. Inoltre, la mancanza di medicinali, disinfettanti e altri articoli per l’igiene crea un rischio di epidemie.

  • 710 – il numero totale di pazienti accompagnati dal CICR e dei loro accompagnatori che sono stati sottoposti a una procedura umiliante per dimostrare il loro stato di salute e ricevere un “permesso” di evacuazione durante l’intero blocco.
  • 1 – una persona con un nome specifico, Vagif Khachatryan, che è stata rapita vicino al posto di blocco mentre si recava in Armenia per essere operata sotto scorta del CICR. È stato rapito mentre era sotto protezione umanitaria internazionale. Questo non è l’unico incidente in cui l’Azerbajgian ha deliberatamente ostacolato il lavoro del CICR.
  • 1 – un’altra persona dal nome chiaro, Karo Hovhannisyan, morta ieri. Secondo il rapporto dell’autopsia, è morto a causa della fame e della malnutrizione prolungata.
  • 2 – Leo di 3 anni e Gita di 6 anni, morti a Martakert perché la loro madre ha dovuto lasciare soli i bambini e raggiungere a piedi la città più vicina nella speranza di trovare loro del cibo.

Nei mesi scorsi molti di voi hanno cercato di affrontare il problema dell’apertura del Corridoio di Lachin. Tuttavia, nonostante tutti gli appelli, nel 2020 la situazione non è migliorata in conformità con gli obblighi assunti dalla Dichiarazione tripartita del 9 novembre, le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia. Al contrario, l’Azerbajgian ha gradualmente ma costantemente intensificato il blocco, fino al completo assedio del Nagorno-Karabakh. L’Armenia ha espresso la sua preoccupazione per l’aggravarsi della crisi umanitaria a causa della chiusura del Corridoio di Lachin in tutti i negoziati con l’Azerbajgian, che sono stati assistiti e mediati separatamente da USA, Unione Europea e Russia. Eppure invano.

L’impegno mostrato dall’Azerbajgian durante questo periodo può essere caratterizzato in qualsiasi modo ma non in buona fede. Durante la prima discussione del Consiglio di Sicurezza su questo tema, l’Azerbajgian ha rifiutato di assumersi qualsiasi responsabilità per le sue azioni e ha persino affermato di non controllare il Corridoio di Lachin. Durante gli ultimi otto mesi, l’Azerbajgian ha addotto una serie di scuse per giustificare le sue azioni. Prima c’erano i cosiddetti eco-attivisti, preoccupati per la protezione dell’ambiente, poi accuse infondate di trasporto di armi attraverso il Corridoio di Lachin, poi provocazioni militari, ecc.

Il Corridoio di Lachin è stato concordato come collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh e non ha alternative. Il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto e, come per altre possibili comunicazioni, dovrebbe essere risolto nell’ambito del meccanismo internazionale del dialogo Baku-Stepanakert.

Quindi oggi sono qui per chiedere il vostro sostegno per risolvere i problemi di natura umanitaria, e ci aspettiamo da questo Consiglio:

  • condannare l’uso della fame come metodo di guerra contro i civili, che è proibito dal diritto umanitario internazionale;
  • condannare l’illegale negazione dell’aiuto umanitario e la privazione dei beni di prima necessità alla popolazione civile del Nagorno-Karabakh, compresa la deliberata ostruzione dell’accesso alla consegna degli aiuti e per rispondere all’insicurezza alimentare indotta dal conflitto;
  • esigere il pieno rispetto degli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale, compresa la protezione dei civili, in particolare donne e bambini, nonché delle infrastrutture civili critiche;
  • chiedere l’immediato ripristino della libertà e della sicurezza di circolazione di persone, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin, conformemente agli accordi precedentemente concordati;
  • garantire la piena cooperazione con il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la consegna sicura e senza ostacoli degli aiuti umanitari;
  • inviare una missione interagenzia indipendente per la valutazione dei bisogni nel Nagorno-Karabakh e fornire aiuti umanitari alla popolazione colpita.

Queste questioni umanitarie dovrebbero ovviamente essere risolte con l’intervento decisivo della comunità internazionale prima che le conseguenze negative portino alla pulizia etnica della popolazione del Nagorno-Karabakh. Secondo i rappresentanti eletti del Nagorno-Karabakh, “si tratta di un crimine premeditato dovuto all’evidente intenzione di commettere un genocidio. Le autorità dell’Azerbajgian hanno deliberatamente provocato il blocco del Corridoio di Lachin, sapendo che avrebbe portato alla graduale distruzione dell’intera popolazione del Nagorno-Karabakh, ma hanno scelto di continuare tale linea d’azione.

Allo stesso tempo, il rapporto dell’ex procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, afferma che quanto sta accadendo in Nagorno-Karabakh è già un genocidio. Secondo Ocampo, “il blocco delle forze di sicurezza azere del Corridoio di Lachin, che impedisce l’accesso a qualsiasi cibo, forniture mediche e altri beni di prima necessità, dovrebbe essere considerato un genocidio ai sensi dell’articolo II, paragrafo (c) della Convenzione sul genocidio; “creare deliberatamente cattive condizioni per la vita equivale alla distruzione fisica”. La fame è l’arma invisibile del genocidio. Senza cambiamenti drastici immediati, questo gruppo di Armeni sarà distrutto in poche settimane”.

Prevenire un tale disastro è la responsabilità primaria delle Nazioni Unite e di questo Consiglio. Credo davvero che questa struttura storica, nonostante le differenze geopolitiche, possa agire come struttura di prevenzione del genocidio, non come struttura di commemorazione del genocidio, quando sarà troppo tardi.

In conclusione, vorrei tornare proprio all’inizio del mio intervento. Uno dei principi più importanti delle Nazioni Unite è non trascurare nessuno, e Edwin di 4 anni, Anastasia di 6 anni, Maria di 7 anni, Davit di 5 anni, Karine, Vahe di 7 anni, Tatev di 5 anni, Samvel di 8 anni e molti altri sperano ancora di non essere ignorati.

La patetica reazione del’Ambasciatore azero, in completa assenza di argomentazione

Nel suo intervento, l’Ambasciatore azero non ha aggiunto nulla di nuovo alla consueta narrazione dell’Azerbajgian: tutta colpa degli Armeni. Magari ci si sarebbe aspettato qualche argomentazione di sostanza nel difficile tentativo di sostenere che non c’è alcun blocco dell’Artsakh. E cosa ha fatto invece l’inviato di Ilham Aliyev? Tira fuori delle stampe A4 con immagini prese dai social (non si sa da chi pubblicate) dove compaiono dolcetti e scene di vita normale. Ci ha fatto quasi pena…

Vedere per credere. Il diplomatico azero mostra al mondo foto di biscotti preso dai social media come argomento per negare la realtà del blocco dell’Artsakh da parte del suo Paese. Ha informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che un bambino dell’Artsakh è stato trovato a mangiare un biscotto. O forse, si è solo messo in posa con uno. O, forse, nemmeno un biscotto… Ha mostrato che gli Armeni dell’Artsakh si ostinano di sposarsi ancora, nonostante l’assedio dell’Azerbajgian.

Le stesse immagini abbiamo già mostrato in passato, denunciando questa cosa che solo il regime autocratico guerrafondaio genocida azero è in grado di fare. Nessuna di quelle immagini mostra la realtà e lui lo sa.

Quanto e patetico questo diplomatico che presenta la foto di un bambino con un biscotto come prova che gli Armeni mentono sulla fame e sul blocco dell’Artsakh. Poi, quanto è meschino questo diplomatico che mostra immagini fabbricate o datate prima del #ArtsakhBlockade. Nessuna meraviglia, però, perché i diplomatici azeri non ci hanno mai delusi. E gli abbiamo sempre ringraziato per loro sforzi, perché con questi metodi di fake news dimostrano di non avere argomenti e confermano a situazione drammatica in Artsakh e la documentazione fornita dai governi dell’Armenia e dell’Artsakh, e dagli esperti, organizzazioni e organismi internazionali.

Patetico come i troll azeri abboccano  e scrivono frasi senza alcun nesso logico: «All’ONU il mondo intero ha visto che gli Armeni del Karabakh si stanno godendo la vita con feste in piscina, feste di kebab e condividendo i loro video su Instagram. Menzogne armene. Il #ArtsakhBlockade che hanno fabbricato è diventato un mal di testa per tutti gli Armeni».

Una “vita con feste” mentre l’Azerbajgian tiene l’Artsakh isolato dal mondo, come il Ministro degli Esteri armeno ha ricordato nel suo discorso. E mentre l’Azerbajgian impedisce l’ingresso al Corridoio di Berdzor (Lachin) e all’Arsakh agli osservatori e media internazonali per andare a vedere con lo occhi queste “feste in piscina, feste di kebab”.

Segnaliamo

– “È come un campo di concentramento”: la crisi dimenticata alle porte dell’Europa. Un blocco è stato imposto alla regione separatista del Nagorno-Karabakh, limitando il flusso di rifornimenti vitali e minacciando 120.000 vite di Jessie Williams – The Telegraph, 16 agosto 2023 [QUI]: «Dal dicembre 2022, la strada che collega il Karabakh all’Armenia e al mondo esterno – il Corridoio di Lachin – è stata bloccata dall’Azerbajgian. Il blocco si sta rivelando fatale e sta alimentando una crisi umanitaria sempre più grave e in gran parte inosservata».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Contro la crisi umanitaria in Nagorno-Karabakh (Riforma 18.08.23)

Cec e Kek chiedono la fine delle sofferenze della popolazione armena

«Noi del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) e della Conferenza delle Chiese europee (Kek) siamo profondamente preoccupati per l’attuale situazione nel Nagorno-Karabakh. La difficile condizione dei cittadini armeni, invita tutti noi a esercitare nelle nostre pertinenti sfere di responsabilità il massimo sforzo per convincere l’Azerbaigian a rispettare gli ordini della Corte internazionale di giustizia per revocare immediatamente il blocco del Nagorno-Karabakh riaprendo il Corridoio Lachin». Si tratta dell’incipit della lettera che i due grandi organismi ecumenici hanno indirizzato ai vertici dell’Unione Europea.

La crisi umanitaria nell’enclave bloccata del Nagorno-Karabagh (Artsakh) sta degenerando in livelli tragici di esperienze con le privazioni e le sofferenze prolungate dei civili. «Siamo, quindi, spinti a sottolineare l’urgenza di trovare soluzioni alla crisi in atto. Ribadiamo le nostre precedenti dichiarazioni e posizioni sulla necessità di un’azione urgente e immediata da parte della comunità internazionale» prosegue il testo.

Il corridoio di Lachin è l’unica strada che collega la regione all’Armenia ed è bloccato da più di sette mesi, compromettendo gravemente le condizioni di vita di 120.000 persone, bambini compresi. Mancano cibo, medicine, elettricità e rifornimenti di carburante. I loro diritti umani fondamentali vengono violati ogni giorno di più.
«Abbiamo esortato l’Azerbaigian e altri attori a essere coinvolti nel processo di instaurazione della stabilità per compiere nuovi sforzi nell’immediata revoca del blocco riaprendo il corridoio Lachin per consentire il passaggio libero e sicuro dei civili, il trasporto senza ostacoli e il flusso di merci lungo di esso per garantire l’accessibilità dell’assistenza umanitaria per alleviare le sofferenze della popolazione armena dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).

Il blocco sempre più inasprito continua a mettere la popolazione del Nagorno Karabakh in condizioni di grave deterioramento. Impedisce di promuovere il progresso verso la risoluzione delle questioni in sospeso tra l’Azerbaigian e l’Armenia dal loro accordo del 9 novembre 2020, nonché di affrontare in pieno le conseguenze legali, politiche ed etiche dell’atroce guerra del Nagorno-Karabakh del 2020».

Il Cec e la Kek esortano «l’Unione europea e l’intera comunità internazionale a intensificare immediatamente i loro sforzi e ad agire senza indugio per porre fine al blocco al fine di salvare la vita dei residenti dell’Artsakh e ripristinare e rispettare i loro diritti fondamentali e libertà.

A questo proposito, riteniamo che sia assolutamente necessario un passo nella direzione della normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian attraverso il dialogo.
Ribadiamo la nostra ferma convinzione che una pace duratura possa essere costruita solo sul genuino impegno di tutte le parti interessate nei negoziati che prendano sul serio il pieno rispetto di tutti i diritti umani e la libertà fondamentale di tutte le persone basata sulla fiducia e sul rispetto reciproci.

Continuiamo a sperare e pregare per la fine di questo blocco affinché prevalgano la pace, l’armonia e la giustizia».
La situazione appare in costante tragica evoluzione .

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[Glorie del Cardinalato] Andon Bedros IX Hassoun, Patriarca di Cilicia degli Armeni (1809-1884) (Radiospada 17.08.23)

Andon (Antonio) Hassoun nacque a Costantinopoli il 13 giugno 1809. Compiuti gli studi elementari in patria e maturata la vocazione religiosa, si perfezionò nelle scienze sacre nel Collegio Urbano di Propaganda Fide a Roma, donde uscì Dottore in Teologia nel 1832. Sacerdote nello stesso anno, fu parroco degli Armeni di Smirne, quindi ricoprì importanti incarichi di curia. Il 7 giugno 1842 Gregorio XVI lo preconizzava Arcivescovo titolare di Anazarbo e lo destinava coadiutore con diritto di successione al mons. Boghos Maroushian, Arcivescovo Primate di Costantinopoli degli Armeni. La consacrazione fu celerata a Roma il 19 giugno. Allora morte del Maroushian, il 2 agosto 1846 divenne Arcivescovo Primate. Il 15 febbraio 1859 Pio IX lo nominava Assistente al Soglio Pontificio. Il 14 settembre 1866 fu eletto Patriarca di Cilicia degli Armeni. La scelta dell’episcopato armeno fu confermata da Pio IX nel concistoro segreto del 12 luglio 1867, alla presenza dello stesso Hassoun che, premesso il bacio del piede, chiese e ricevette il sacro pallio. Lo stesso giorno il Papa pubblicava la bolla Reversurus che aboliva il titolo di Arcivescovo Primate di Costantinopoli degli Armeni e dava altre norme di disciplina ecclesiastica. Una parte del clero non accetto questa bolla e ne nacque uno scisma che costò tante amarezze al Patriarca e non si risolse che sotto il pontificato di Leone XIII. Indetto il Concilio Vaticano I, monsignor Hassoun vi prese parte come membro della Deputazione della fede, nonché come assertore convinto dell’infallibilità del Romano Pontefice. Leone XIII lo creò Cardinale Prete di Santa Romana Chiesa il 13 dicembre 1880, assegnandogli, il 16 successivo, il Titolo dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio. Erano passati più di quattrocento anni da quando Eugenio IV aveva rivestito delle porpora romana due prelati di rito orientale: Bessarione di Nicea e Isidoro di Kiev. Il Pontefice così presentava la sua designazione: “Voglia Iddio, che la collazione di questa dignità a quest’uomo valentissimo riesca fausta e felice per tutta la cattolicità. Sia di beneficio all’Oriente soprattutto, affinché coloro che osservano la fede cattolica si riconoscano onorati in quest’uomo e accolgano la designazione come un incitazione a custodire santamente la fede avita; gli altri poi conoscano e amino la Nostra volontà e la ricevano come pegno di beni ben maggiori che promettiamo loro se volgeranno l’animo a unirsi nella fede e nella carità a questa Sede del beato Pietro Principe degli Apostoli“. Fatto membro di varie commissioni romane, il cardinale Hassoun rinunziò al Patriarcato l’anno successivo, rimanendo a Roma per curare gli interessi del suo rito. E nell’Urbe morì il 28 febbraio 1884. Il suo galero pende nella chiesa romana di San Nicola di Tolentino, accanto al Pontificio Collegio Armeno che contribuì a fondare.

Estratti dell’omelia del Patriarca Hassoun in occasione della consacrazione di cinque vescovi a Costantinopoli il 23 settembre 1877.

« …. Poiché erano essi [vescovi] ben persuasi che, se quei Pastori non portavano vero carattere di loro legittimità, se non partivano essi da quel Centro d unità cattolica, se non diramavano da quel vivo fonte, se non erano mandati dalla parte di quel Supremo Gerarca della Chiesa Cattolica, privi di queste prerogative, non si direbbero né realmente sarebbero veri e legittimi Pastori , non avrebbero alcuna legale missione a reggere e governare la Chiesa di Gesù Cristo, né quindi l’ ‘autorità divina a provvedere ai bisogni spirituali dei fedeli nella via della salute eterna. Ben conoscevano essi che questo era l’incontestabile insegnamento del Divin Maestro, questa era la costituzione della Chiesa, che il suo Divino Autore aveva fondata sopra Pietro, Principe degli Apostoli. Erano ben istruiti delle promesse fatte da Gesù Cristo al solo Pietro: “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam. Tibi dabo claves Regni caelorum“, non ignoravano essere conferita la Podestà promessa a Pietro solo: “Pasce agnos meos, pasce oves meas“. È vero, ed è pur esso dottrina di fede, che il Redentore conferì in appresso ancora a tutti gli Apostoli la podestà di legare e di sciorre. Egli li mandò tutti ad evangelizzare le genti: “Sicut misit me Pater et ego mitto vos“. Loro comunicò il suo Divino Spirito: “Accipite Spiritum Sanctum“. Pur tuttavia, come ben osserva s Cipriano, “ut unitatem manifestaret unitatis eiusdem originem ab uno incipientem sua auctoritate disposuit“. In virtù di questa positiva sua volontà, avendo Gesù Cristo stabilita la sua Chiesa sopra Pietro, Pietro è divenuto fondamento e Capo della medesima; Pietro è costituito l’origine dell’unità e la podestà degli Apostoli, tutta di diritto divino e di ordinazione divina, venne subordinata al primo appunto per avere e tenere l’unità: “Exordium ab unitate proficiscitur et Primatus Petro datur ut una Christi Ecclesia et Cathedra una monstretur“. Da questa incontestabile dottrina siegue, come ben osserva il medesimo Dottor s. Cipriano, che non si può aver la fede di Gesù Cristo senza tenere questa unità; non può essere nella Chiesa chi abbandona la Cattedra di Pietro sopra cui è fondata la Chiesa: “Hanc Ecclesiae unitatem qui non tenet, tenere se fidem credit? Qui Ecclesiae renititur et resistit, qui Cathedram Petri super quam fundata est Ecclesia deserit in Ecclesia se esse confidit?“. Poiché osserva il Pontefice Innocenzo III (Epist. 119) che “Petro dictum est sine aliis et non aliis sine Petro, ut intelligatur sic ei attributa potestas huiusmodi est ut alii sine ipso non possint, ipse sine aliis possit ex privilegio ipsi collato et concessa sibi plenitudine potestatis“. Tale è la portata di questa incontestabile dottrina della Chiesa di Gesù Cristo. E poiché questa dottrina è dell’intrinseca costituzione della Chiesa, perciò, come la Chiesa medesima è indefettibile e per divina sua promessa ha da perdurare fino alla consumazione dei secoli, cosi Pietro ed i suoi legittimi successori nella sua Cattedra, i Romani Pontefici, sono sempre il fondamento della Chiesa e il Centro dell’unità cattolica. Per conseguenza Pio è lo stesso Pietro che forma l’unità cattolica; Pio è lo stesso Pietro che siede, vive regna e governa la Chiesa universa: “Beatus Petrus in propria Sede et vivit et praesidet et praestat quaerentibus fidei veritatem” disse san Pier Crisologo. E come senza Pietro gli Apostoli niente ebbero nella Chiesa, cosi senza Pio i Vescovi niente posseggono nella Chiesa. “Ut cum multa solus Petrus acceperit, nihil in quemquam sine ipsius participatione transierit” (San Leone). Ed è perciò che come l’unità della Chiesa, cosi pure l’unità dell’Episcopato si forma in Pietro e continua nel legittimo suo Successore: “Exordium ab unitate proficiscitur ut una Ecclesia et Cathedra una monstretur“. In considerazione di tutto questo, era pur legittima la richiesta di tante comunità viduate di voler aver Pastori che fossero forniti del legittimo carattere della loro missione dalla parte del Supremo Gerarca della Chiesa Cattolica, unico e impreteribile centro dell’unità Cattolica. Innalziamo dunque, Venerabili Fratelli, un solenne tributo, un inno di ringraziamento alla Divina Maestà, che mediante le apostoliche vostre cure diede a tanti fedeli la virtù di tenersi sempre su questo insegnamento, di restar costantemente uniti a quella Suprema Cattedra di Pietro e costanti all’unità cattolica … rivolgiamo, Venerabili Fratelli e Diletti Figli, rivolgiamo i nostri sguardi al Vaticano, alla Cattedra infallibile di Pietro, unde unitas sacerdotalis exorta est“.

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249° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU altre belle parole. Servono azioni (Korazym 17.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.08.2023 – Vik van Brantegem] – Quello che doveva succedere, purtroppo sta succedendo. L’Artsakh non è più in stato di pericolo mortale: l’Artsakh è in agonia, sta morendo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha consegnato all’Azerbajgian già l’atto del decesso, firmato in bianco, co belle parole di condoglianza e RIP. La storia ci dirà la data del decesso e delle esequie, nello stesso modo in cui ci insegna che l’anno 1915 è la data del genocidio armeno commesso dai fratelli Turchi Ottomani degli Azeri nomadi Tartari.

Dopo la Shoah, degli studiosi come i non esperti, si sono chiesti come sia potuto accadere un genocidio così orribile. Quello che pochi si rendono conto è che poco più di due decenni prima, qualcosa di stranamente simile era già successo, il genocidio armeno dei Turchi Ottomani, che ha funzionato come esempio per il genocidio ebraico dei nazisti.

Sebbene rimanga ampiamente trascurato e in alcuni casi completamente negato, i Turchi Ottomani uccisero circa 1,5 milioni di Armeni tra il 1915 e il 1923 nel genocidio armeno. Fra il 1939 e il 1945 circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con l’obiettivo di creare un mondo più “puro” e “pulito”. Alla base dello sterminio vi fu un’ideologia razzista e specificamente antisemita che affondava le sue radici nel XIX secolo e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf di Adolf Hitler del 1925, posero a fondamento del progetto di edificare un mondo “purificato” da tutto ciò che non fosse “ariano”. Oggi si sta svolgendo un altro genocidio, mentre l’Azerbajgian sostenuta dalla Turchia sta cercando di far morire di fame i 120.000 Armeni in Artsakh. Ogni promessa di “mai più” suona vuota se il mondo civilizzato non ferma il genocidio degli Armeni in Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

Nel frattempo si può leggere sugli account social azeri dei frasi diretti ai rappresenti democraticamente eletti del popolo dell’Artsakh, iniziando con il Presidente, come questa: «Siete tutti criminali privati di ogni segno di umanità. State mentendo alla vostra gente, facendole morire di fame mentre manipolate la situazione e le informazioni perché tutto ciò a cui pensate è salvarvi il culo». Tutta la narrazione di Baku riassunta in poche parole brutali.

La riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per discutere su richiesta dell’Armenia del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, che da 8 mesi isola la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo, ha avuto luogo ieri sera a New York.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è occupato della situazione di questi Armeni dell’Artsakh portati alla loro “attenzione” dal Rappresentante permanente dell’Armenia presso le Nazioni Unite. Abbiamo preso atto di quanta “attenzione” i rappresentanti del mondo hanno dedicato all’Artsakh nella loro chiacchierata. Sono state ripetute tutte le condanne e anche gli appelli a togliere il blocco dell’Arsakh, ma ancora una volta, tutto rimane come prima. Vedremo cosa ci porterà l’ulteriore lavoro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in merito all’esame della questione del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, con il sostegno della Turchia e della Russia. Ci ritorneremo se ci fossero aggiornamenti importanti, ma non teniamo il fiato sospeso.

Ieri abbiamo assistito un’altra volta alla liturgia sconclusionata di questa organizzazione multilaterale come mai prima d’ora. Se vogliamo riassumere brevemente le posizioni degli Stati membri sulla questione principale discussa, la situazione è la seguente:

1. Stati Uniti, Francia, Unione Europea, Regno Unito, Malta, Gabon e altri Paesi hanno chiesto inequivocabilmente all’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Lachin, citando la decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite.

2. In linea con il piano dell’Azerbajgian, sostenuto dalla Russia, il rappresentante russo ha affermato che sia la strada di Aghdam che il Corridoio di Lachin dovrebbero essere aperte contemporaneamente. Pertanto, durante la sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la Russia ha messo in forse la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 promossa Putin. La Russia propone di aprire la strada di Aghdam, anche se non è stata menzionata nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. In altre parole, la Russia suggerisce di rompere la linea di contatto tra Azerbajgian e Artsakh, definita da Putin nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Secondo questo documento, l’unico percorso che collega l’Artsakh al mondo esterno è il Corridoio di Lachin attraverso l’Armenia. La proposta per la strada di Aghdam è un’iniziativa illegale dell’Azerbajgian, sostenuta dalla Russia, che non ha mosso un dito per impedire il blocco del Corridoio di Lachin, né per riaprirlo. Oggi, con la parola, la Russia si è ufficialmente opposta alla dichiarazione del 9 novembre 2020, allineandosi con l’Azerbaigian, come d’altronde era già chiaro nei fatti.

3. Azerbajgian e Turchia (due Paesi, un fascismo), invece, hanno proposto di utilizzare la strada di Aghdam per gli aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh.
Mentre l’intero mondo civilizzato riconosce il fatto del blocco dell’Artsakh, le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, della Corte dei Diritti dell’Uomo Europea, di varie organizzazioni e istituzioni per i diritti umani, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti abbiamo assistito ad un attacco all’intelligenza:
a. Da parte del rappresentante della Turchia che nega il blocco da parte dell’Azerbajgian e alla giustificazione del blocco del Corridoio di Lachin.

b. Da parte del rappresentante dell’Azerbajgian, che fa da megafono agli assassini azeri che affermano che gli Armeni in Artsakh cantano, ballano e celebrano matrimoni durante il #ArtsakhBlockade. Non nega più il blocco dell’Arsakh, anzi, come il suo “fratello amichevole” turco, lo giustifica, ma nega che c’è una crisi umanitaria in Artsakh. Mentre la Croce Rossa, le organizzazioni umanitarie internazionali e gli esperti internazionali lanciano il SOS sulla situazione in Artsakh e evidenziano che i carichi umanitari non possono entrare in Artsakh a causa del blocco (imposto dall’Azerbajgian con il sostegno della Russia), il rappresentante dell’Azerbajgian mostra al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numerose foto dai social network azeri, “come gli Armeni muoiono di fame in Karabakh” con feste e matrimoni sontuosi. Dice: «Guarda la storia di Instagram di questa persona che vive in Artsakh, sta mangiando una torta». All’ONU, il rappresentante della nazione aggressore, guerrafondaia e genocida afferma che tutto quanto detto sul #ArtsakhBlockade è una bugia e una provocazione degli Armeni. Il rappresentante diplomatico negazionista dell’Azerbajgian, mentre mostra delle fotografie fake già distribuite a catena dai bot azeri sui social: «Le persone sono felici e hanno biscotti molto gustosi». Abbiamo visto la diplomazia azera al suo meglio: sembrava di vedere un diplomatico di Hitler che stava nega la Shoah mentre i campi di sterminio erano in piena attività.

Per riassumere il pomeriggio di ieri a New York, concludiamo con le parole di Ruben Vardanyan, già Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh: «Desidero esprimere la mia gratitudine ai rappresentanti degli Stati membri dell’ONU che hanno usato un linguaggio appropriato in merito alla chiusura del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian. Tuttavia, gli Stati membri delle Nazioni Unite non hanno una comprensione precisa della situazione a causa della loro impossibilità di accedere al Nagorno-Karabakh. Di conseguenza, potrebbero non comprendere appieno la gravità della circostanza. Sebbene gli appelli siano significative, sono necessarie azioni tangibili per evitare qualsiasi ulteriore deterioramento. Imploro le Nazioni Unite di inviare una missione per testimoniare la realtà sul campo. Sono fiducioso che, a seguito di questa esperienza diretta, saranno risoluti nell’intraprendere azioni definitive per contrastare la politica di genocidio dell’Azerbajgian».

Il tempo delle parole è scaduto da tempo. Servono azioni.

Appello di un gruppo di intellettuali turchi

Ieri, Gercek News, un agenzia stampa turca con sede a Colonia in Germania, ha riferito che un gruppo di «intellettuali turchi si uniscono per rompere il blocco del Nagorno-Karabakh e scongiurare la catastrofe» [QUI] (nostra traduzione italiana dall’inglese): «Politici, scrittori e difensori dei diritti umani dalla Turchia si sono uniti per lanciare un appello alla comunità globale, sollecitando un intervento immediato per alleviare la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh causata dal blocco dell’Azerbajgian.

Mentre il blocco imposto dall’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin entra nel suo nono mese e la regione un tempo vivace del Nagorno-Karabakh sta barcollando sull’orlo di una terribile crisi umanitaria, un gruppo di intellettuali, scrittori, politici e difensori dei diritti umani turchi si sono uniti per lanciare un appello convincente alla comunità globale, sollecitando un intervento immediato per alleviare le sofferenze e prevenire una potenziale catastrofe.
L’implacabile blocco, approvato dal governo di Baku e rafforzato dal sostegno di Ankara, non solo ha isolato la popolazione armena del Nagorno-Karabakh, ma ha anche instillato preoccupazioni per un genocidio incombente. Questa grave situazione ha spinto un gruppo di influenti personalità turche ad alzare la voce, sostenendo un’azione internazionale per fermare il blocco e offrire un’ancora di salvezza ai residenti assediati.
Il cuore dell’appello risiede nella convinzione che sia inaccettabile aspettare che si verifichi una catastrofe umanitaria prima di agire.
“È evidente che le forniture essenziali non sono in grado di raggiungere il Karabakh e i residenti sono intrappolati senza accesso a cure mediche urgenti. Con l’aggravarsi della crisi e a conferma delle preoccupazioni internazionali, il dittatore di Baku Ilham Aliyev continua a minacciare apertamente e continuamente la popolazione del Karabakh. A tal punto che l’ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha pubblicato un articolo significativo che caratterizza le azioni di Aliyev in Karabakh come genocidio”, afferma la dichiarazione del gruppo e invita tutti gli Stati, le organizzazioni internazionali, in particolare gli Stati Uniti Nazioni e la Croce Rossa Internazionale, e il pubblico internazionale ad assumere una posizione proattiva.
“Proprio come il blocco di Berlino è stato rotto con i ponti aerei nel 1948-49, chiediamo la rottura del blocco del Karabakh attraverso le rotte di rifornimento aereo, ponendo così fine a questa tragedia umanitaria”, il dichiarazione afferma».

Ripensando la proposta di un ponte aereo umanitario per l’Artsakh

Innanzitutto, si nota che in questo appello di un gruppo di intellettuali turchi non viene chiesto l’apertura del Corridoio di Berdzor (Lachin), che sarebbe la cosa più coerente, giusta, logica ed efficace da fare.

Inoltre, viene sostenuta la proposta di un ponte aereo umanitario per l’Artsakh, che gli ultimi giorni è stata avanzata da più parte sui media. Questo ci ha portato a fare una riflessione.

Dobbiamo innanzitutto comprendere, che lo scopo del blocco dell’ingresso all’Artsakh/Nagorno-Karabakh tramite il Corridoio di Berdzor (Lachin) è:
1. Costringere gli Armeni che vivono in Artsakh a scegliere tra:
a. Lasciare l’Artsakh.
b. Accettare la cittadinanza azera.
c. Morire di fame.
2. Fare pressione sull’Armenia per fare ulteriori concessioni all’Azerbajgian.
Con una qualsiasi di questi quattro punti soddisfatti, l’Azerbajgian avrebbe consolidato i risultati della sua interrotta guerra del 2020 contro l’Artsakh. Le forze di mantenimento della pace russe non avrebbero più alcun mandato per rimanere in Artsakh, incluso il Corridoio di Berdzor (Lachin), il che sarebbe una buona notizia per l’Unione Europea russofoba.

Forzare un porte aereo in quello che l’Azerbajgian – e (purtroppo anche) la comunità internazionale – considera il suo spazio aereo sovrano, facendo atterrando aerei cargo all’aeroporto di Stepanakert dell’Artsakh equivale a forzare l’entrata in Artsakh attraverso il confine tra Armenia e Artsakh, bloccato dall’Azerbajgian presso il ponte Hakari all’entrata del Corridoio di Berdzor (Lachin). Se gli aerei cargo potessero essere forzati, lo stesso si potrebbe fare con le decine di camion già in coda al valico di frontiera di Kornidzor. E quest’ultimo è infinitamente più facile.

Nessuno Stato consente agli aerei, come suggerito, di oltrepassare i propri confini senza profonde conseguenze. Se la comunità internazionale si fosse sentita in dovere di aiutare concretamente gli Armeni dell’Artsakh e non solo con parole, avrebbe potuto farlo negli otto mesi del blocco trascorsi, soprattutto nelle ultime settimane con decine di camion di rifornimenti umanitari in coda al confine di Kornidzor. La realtà è che la comunità internazionale non ho propria intenzione di venire in aiuto all’Artsakh. Questa è la cruda e vergognosa verità.

Nel contempo, dall’Azerbajgian arrivano voci crescenti proponendo di fornire aiuti umanitari all’Artsakh dall’Azerbajgian via Aghdam. In precedenza abbiamo riferito già più volte di questa proposta oscena, dimostrando la mancanza di logica e l’assoluta opposizione dell’Artsakh a questa indecenza. La domanda è: ma dopo 8 mesi di blocco è pensabile ricevere aiuto da chi ti sta affamando? L’unica proposta ricevibile è riaprire immediatamente l’autostrada interstatale Goris-Kornidzor-Berdzor (Lachin)-Shushi-Stepanakert. Sulla questione riportiamo la riflessione dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh [QUI]:

«In Azerbajgian si sono intensificati vari annunci a favore dell’utilizzo della strada attraverso la città di Aghdam dell’Azerbajgian per fornire aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh/Artsakh.
Ultimo in ordine di tempo a rilasciare dichiarazioni al riguardo è stato Hikmet Hajiyev, Assistente del presidente dell’Azerbajgian e Capo del dipartimento per le questioni di politica estera dello staff presidenziale. Hajiyev ha affermato che l’utilizzo di questa strada è il primo passo sulla via della “reintegrazione degli Armeni del Karabakh”.
Ora ci domandiamo per quale ragione una popolazione di 120.000 persone che da otto mesi è cinta in stato di assedio e che da un paio di mesi sta soffrendo la fame a la carenza di ogni genere di prodotto dovrebbe trovare la propria salvezza da coloro che l’hanno ridotta in queste condizioni.
Gli Armeni dell’Artsakh non stanno soffrendo la fame (è di ieri la notizia del primo decesso ufficialmente riconducibile alla malnutrizione) a causa di una carestia o di avverse condizioni climatiche. Lo stato in cui versa la gente a Stepanakert e nell’area rimasta sotto controllo armeno dopo l’attacco azero del 2020 è unicamente riconducibile a una politica genocida messa in atto da una delle peggiori dittature al mondo, dichiaratamente armenofoba, il cui unico obiettivo è una pulizia etnica dell’area.
Perchè, scegliendo la strada di Aghdam, dovrebbero infilarsi nella bocca del carnefice?
La posizione dell’Azerbajgian è in effetti chiara: far morire di fame la popolazione (che peraltro da mesi è senza gas, con pochissima elettricità e ora anche con carenze idriche) per spingerla nelle fauci di Baku o ancora meglio costringerla ad andare via.
Aprire la strada di Aghdam vorrebbe dire staccare definitivamente il Nagorno-Karabakh dall’Armenia, un salto indietro nella storia di oltre tre decenni ma con una situazione persino peggiorativa dell’epoca sovietica perché a quel tempo per lo meno il Nagorno Karabakh aveva uno status speciale (Oblast Autonomo) che oggi Aliyev gli nega.
Qualsiasi soluzione che non preveda la riapertura incondizionata del passaggio attraverso il Corridoio di Lachin non può essere presa in considerazione».

Anche per un ipotetico ponte aereo, pur nel improbabile caso di un consenso azero, valgono le stesse osservazioni esposte prima.

I rappresentanti della società civile della Repubblica di Artsakh ritengono inaccettabile utilizzare la strada dall’Azerbajgian attraverso Akna (Aghdam) come alternativa al Corridoio di Berdzor (Lachin)

Riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana il testo in inglese della dichiarazione diffusa ieri da Artsakhpress:

«Noi, in qualità di rappresentanti della società civile della Repubblica di Artsakh, desideriamo affermare con fermezza la nostra posizione in merito alle proposte riguardanti l’utilizzo di vie di trasporto alternative al Corridoio di Lachin, in particolare quella attraverso Akna (Aghdam) per l’accesso umanitario all’Artsakh assediato. Sarebbe ingenuo presumere che l’Azerbajgian, che ha tenuto l’Artsakh sotto un brutale assedio per otto mesi, sottoponendo così il suo popolo a una graduale scomparsa, si sia improvvisamente riempito di un senso di umanesimo e abbia scelto di facilitare l’accesso umanitario attraverso il suo territorio.
Indubbiamente, questo serve come un’altra manovra strategica delle autorità azere per giustificare le loro azioni criminali, nascondere le loro intenzioni genocide e minare la dignità del popolo dell’Artsakh con l’obiettivo finale della successiva sottomissione. Le autorità azere stanno impiegando lo pseudo-umanesimo nel tentativo di distogliere l’attenzione della comunità internazionale dalle loro reali ambizioni di pulizia etnica dell’Artsakh e di perpetrare il genocidio, privando i suoi abitanti dell’opportunità di vivere nella loro patria con libertà e sicurezza. Tali azioni sono incompatibili con i principi universali di giustizia e diritti umani.
Il popolo dell’Artsakh non può accettare e non accetterà una simile offerta da un Paese che, appena tre anni fa, ha scatenato una guerra aggressiva contro di loro, occupando le loro città e villaggi, si è ostinato a distruggere i luoghi sacri armeni, ha violato i diritti fondamentali del cittadini dell’Artsakh, provocando deliberatamente e sistematicamente condizioni di vita insopportabili per una popolazione di 120.000 abitanti, che comprende 20.000 persone anziane, 9.000 persone con disabilità, 2.000 donne incinte e 30.000 bambini, e continua a terrorizzare e minacciare i civili con la prospettiva di una rinnovata guerra. Esortiamo la comunità internazionale ad esercitare una maggiore vigilanza e responsabilità nel valutare qualsiasi azione o proposta avanzata dall’Azerbajgian e ad astenersi dal placare le sue intenzioni criminali.
È imperativo impedire la manipolazione di gesti umanitari ingannevoli utilizzati per mascherare atti di aggressione e violazione dei diritti della pacifica popolazione dell’Artsakh. Inoltre, esortiamo con forza tutte le parti coinvolte nella risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh, compresi i Paesi co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, a dare priorità ai bisogni e agli interessi reali della popolazione dell’Artsakh e perseguire una soluzione equa basata sul riconoscimento dei loro diritti, dignità e santità della vita umana. Crediamo fermamente che solo un simile approccio possa aprire la strada a una vera pace, stabilità e prosperità per tutti i popoli della regione. Qualsiasi soluzione proposta per la soluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh che prescinda dal diritto intrinseco del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione deve essere vista come un avallo delle intenzioni criminali di assoggettarlo con la forza al regime autocratico, dittatoriale e anti-armeno dell’Azerbajgian».

Degli Armeni della diaspora, decisi a non stare fermi a guardare mentre l’Azerbajgian fa morire di fame gli Armeni che vivono in Artsakh, da 18 giorni stanno protestando davanti alle Nazioni Unite a New York. I passanti si fermano, leggono i poster, fanno domande e cercano di leggere correttamente la parola “Artsakh”. Le Nazioni Unite rimangono impassibilmente inerte.

Il #ArtsakhBlockade riguarda anche la violazione di un altro diritto umano fondamentale: l’istruzione. L’Azerbajgian non solo priva i giovani dell’Artsakh di gas, acqua, cibo, ma vuole anche che rinuncino alle loro aspirazioni.
«L’assedio dell’Artsakh da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian ha privato i suoi giovani della possibilità di perseguire l’istruzione che cercano e meritano. Dobbiamo tutti alzarci in piedi per dare ai giovani come Slava l’istruzione che il mondo deve garantire sia accessibile a tutti. Insieme, combattiamo contro queste ingiustizie e aiutiamo a porre fine al blocco dell’Artsakh» (Zartonk Media).

Il Difensore per i Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha comunicato che il 15 agosto 2023, intorno alle ore 19.30, le forze armate azere hanno aperto il fuoco contro la mietitrice di grano guidata da un residente del villaggio di Myurishen, che svolgeva lavori agricoli stagionali nel villaggio di Avdur. Mentre il cittadino è riuscito a fuggire, la mietitrice è stata gravemente danneggiata e il lavoro agricolo è stato interrotto. Il terrore agricolo dell’Azerbajgian mira a causare sofferenze aggiuntive alla pacifica popolazione dell’Artsakh sotto il blocco da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian..

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia ha comunicato che il 16 agosto 2023, intorno alle ore 17.30, le unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato con armi leggere contro gli avamposti di difesa dell’Armenia nelle vicinanze di Norabak nella regione di Gegharkunik dell’Armenia.

Il Ministero della Difesa armeno ha affermato inoltre, che la dichiarazione rilasciata dal Ministero della Difesa azero secondo cui il 16 agosto 2023, alle ore 17.00, unità delle forze armate armene avrebbero aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento dell’Azerbajgian situate nella parte sud-occidentale del confine, è un’altra disinformazione.

La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa azere, secondo cui le forze armate armene avrebbero avviato un tentativo di infiltrazione di sabotaggio nella parte orientale della zona di frontiera, è assolutamente falsa. In precedenza, il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia ha rilasciato una dichiarazione riguardante un riservista e partecipante ad una sessione di addestramento, che aveva lasciato la posizione di combattimento. Le circostanze relative alla comparsa del riservista dalla parte azera sono attualmente sotto inchiesta. In precedenza, il Ministero della Difesa azero aveva riferito che un gruppo sovversivo delle forze armate armene avrebbe tentato di entrare nel territorio dell’Azerbajgian, provocando il ferimento e l’arresto di un membro.

Il Parlamento dei Paesi Bassi sul #ArtsakhBlockade

Prima della sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di ieri per discutere del blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, la maggior parte dei partiti politici nella Camera dei deputati del parlamento dei Paesi Bassi, si sono appellati al Primo Ministro e al Ministro degli Esteri affinché intraprendano azioni in linea con la Convenzione per la Prevenzione del Genocidio. Riportiamo il testo dell’interrogazione nella nostra traduzione italiana dal neerlandese:

Paesi Bassi
Camera dei Rappresentanti degli Stati Generali
Ministero degli Affari Esteri
16 agosto 2023

Domande dei membri Omtzigt, Piri (PvdA), Boswijk (CDA), Sjoerdsma (D66), Van der Staaij (SGP), Christine Teunissen (Partito per gli animali), Jasper van Dijk (SP), Eppink (Ja21), Van der Lee (GroenLinks), Ephraim (Ephraim), Van Haga (Groep Van Haga), Baudet (FvD), Ceder (CU), Dassen (Volt), Gündogan (Gundogan), Den Haan (Fractie Den Haan), Sylvana Simons ( Bijl) e Van der Plas (BBB) Ministro degli Affari Esteri e al Primo Ministro in merito alla perizia del Sig. Ocampo che c’è un genocidio contro 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh.
1. Avete preso atto della perizia del 7 agosto del Sig. Moreno Luis Ocampo, ex procuratore capo presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia, che scrive: “È in corso un genocidio contro 120.000 Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, noto anche come Artsakh. Il blocco del Corridoio di Lachin da parte delle forze di sicurezza azere che impedisce l’accesso a qualsiasi cibo, forniture mediche e altri beni essenziali dovrebbe essere considerato un genocidio ai sensi dell’articolo II, (c) della Convenzione sul genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per provocare la sua distruzione fisica”?
2. Avete preso atto che i comitati esecutivi e consultivi dell’Associazione internazionale degli studiosi del genocidio hanno dichiarato il 1° febbraio 2023 che esistono fattori di rischio significativi per il genocidio nella situazione del Nagomo-Karabakh per quanto riguarda la popolazione armena? [1]
3. Avete letto l’allarme bandiera rossa per il genocidio del 22 giugno 2023 dall’Istituto Lemkin? [2]
4. Condividete l’opinione secondo cui esiste almeno un alto rischio di genocidio nella regione del Nagorno Karabakh e può indicare come è giunto a tale conclusione?
5. In che modo il governo dei Paesi Bassi, insieme o meno ai Paesi dell’Unione Europea (UE), attua l’obbligo positivo di prevenire il genocidio, come deriva dalla Convenzione sul genocidio ratificata dai Paesi Bassi e come riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia è stato descritto nel caso Bosnia-Erzegovina c. Serbia e Montenegro?
6. L’Azerbajgian ha attuato la misura provvisoria della Corte penale internazionale del 22 febbraio, vale a dire: “La Repubblica di Azerbajgian, in attesa della decisione finale sul caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, deve adottare tutte le misure a sua disposizione per garantire il libero movimento di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”? [3]
7. Può spiegare in dettaglio quali misure hanno adottato i Paesi Bassi e l’Unione Europea per garantire l’attuazione di questa misura provvisoria?
8. Potete rispondere a queste domande una per una ed entro due settimane?
[1] The International Association of Genocide Scholars (IAGS), 1° febbraio 2023, “Statement Condemning the Azerbaijani Blockade of the Artsakh (Nagorno-Karabakh)” [QUI]
[2] Lemkin Institute for Genocide Prevention, 22 giugno 2023, Red Flag Alert for Genocide Azerbaijan, Update #8 [QUI]
[3] Corte Internazionale di Giustizia, 22 febbraio 2023, “Applicazione della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Armenia c. Azerbajgian) [QUI]

Segnaliamo

– In Karabakh gli Armeni muoiono di fame: “L’Azerbajgian responsabile del genocidio” di Roberto Travan – La Stampa, 16 agosto 2023 [QUI]: «Da otto mesi il Paese non riceve più rifornimenti di cibo, medicine e generi di prima necessità. Interrotte le forniture di gas, acqua potabile ed elettricità. Per 120mila abitanti iniziata una gravissima crisi umanitaria. Ieri deceduta per stenti la prima persona».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]