ARMENIAN PHILHARMONIC Niente concerti per un positivo (La Nazione 21.10.21)

Annullati i concerti della Armenian National Philharmonic Orchestra, dopo l’identificazione di un soggetto positivo. I promotori parlano di ’motivi tecnici’ ma l’annullamento sembra legato a motivi sanitari.

I due straordinari concerti erano in programma martedì e ieri sera al teatro dei Rinnovati, ed era prevista anche un’esibizione, con tutti gli orchestrali al Teatro Verdi di Firenze stasera. Le due serate senesi e quella fiorentina sono dunque saltate di fronte a motivi di sicurezza, che non hanno consentito l’esibizione.

L’Orchestra Nazionale Filarmonica Armena in tour in Italia, era stata invitata a fare tappa a Siena dal Comune e l’Accademia Chigiana in collaborazione con il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena. L’Orchestra, dal 2000 sotto la direzione di Eduard Topchjan, è stata istituita nel 1925: sin dall’inizio della sua attività è impegnata in tournées nazionali e internazionali, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice della musica armena nei cinque continenti; negli anni ha collaborato con artisti e direttori d’orchestra e ha saputo diventare efficace mezzo di diffusione della cultura e della musica armena in Europa e nel mondo.

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Rai: Sono 41 i Paesi partecipanti al 66° Eurovision a Torino (Anche l’Armenia) – (Lospiffero.it 20.10.21)

Emittenti pubbliche di 41 Paesi parteciperanno all’Eurovision Song Contest, il più grande evento musicale dal vivo del mondo che si terrà a Torino il prossimo maggio. Il 66° Eurovision Song Contest, organizzato dall’European Broadcasting Union (EBU) e dal suo membro italiano Rai, si terrà al PalaOlimpico di Torino il 10, 12 e 14 maggio 2022 e tutte le 39 emittenti partecipanti all’edizione 2021 torneranno l’anno prossimo. A loro si uniranno RTCG del Montenegro e l’emittente nazionale armena ARMTV che ha gareggiato l’ultima volta nel 2019, anno in cui furono ancora 41 i Paesi partecipanti. Martin Oesterdahl, supervisore esecutivo dell’Eurovision Song Contest, ha dichiarato: “Siamo entusiasti di avere ancora una volta oltre 40 emittenti in competizione per vincere l’iconico trofeo Eurovision a Torino, il prossimo maggio. Il team della Rai sta lavorando alacremente ai preparativi per accogliere tutte le delegazioni in una nuova città ospitante e garantire che l’Eurovision Song Contest porti il divertimento e lo spettacolo all’avanguardia attesi da quasi 200 milioni di spettatori”. Simona Martorelli e Claudio Fasulo della Rai hanno aggiunto: “Dopo 31 anni, l’Italia e’ orgogliosa di ospitare di nuovo l’Eurovision Song Contest! Come Executive Producers, siamo incredibilmente entusiasti di allestire questo straordinario evento e di accogliere delegazioni provenienti da 41 nazioni a Torino il prossimo anno. Soprattutto, crediamo fortemente che l’Eurovision Song Contest ci permetterà di mostrare e condividere la bellezza dell’Italia con un pubblico globale attraverso gli elementi che ci uniscono tutti: musica e armonia”. Delle 41 nazioni partecipanti, 36 si sfideranno in due semifinali e le 10 canzoni vincitrici di ogni semifinale si uniranno per la Finalissima ai “Big 5”: Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Italia, Paese organizzatore. L’Italia ha vinto il diritto a organizzare l’evento del prossimo anno durante il Contest del maggio scorso, quando i Maneskin hanno regalato al proprio Paese la sua prima vittoria dal 1990 con la canzone “Zitti e Buoni”. La Rai ospiterà per la terza volta l’Eurovision Song Contest dopo aver già ospitato l’evento a Napoli nel 1965 e a Roma nel 1991. Maggiori dettagli sull’Eurovision Song Contest 2022, tra cui lo slogan per l’evento e i dettagli sulla vendita dei biglietti, saranno rivelati nei prossimi mesi. I seguenti paesi (e le emittenti membri dell’EBU) parteciperanno all’Eurovision Song Contest 2022 a Torino: Albania (RTSH) Armenia (AMPTV) Australia (SBS, associato EBU) Austria (ORF) Azerbaigian (Ictimai TV) Belgio (RTBF) Bulgaria (BNT) Croazia (HRT) Cipro (CyBC) Repubblica Ceca (CT) Danimarca (DR) Estonia (ERR) Finlandia (YLE) Francia (FT) Germania (ARD/NDR) Georgia (GPB) Grecia (ERT) Islanda (RUV) Irlanda (RTE) Israele (KAN) Italia (RAI) Lettonia (LTV) Lituania (LRT) Malta (PBS) Moldavia (TRM) Montenegro (RTCG) Paesi Bassi (AVROTROS) Macedonia del Nord (MKRTV) Norvegia (NRK) Polonia (TVP) Portogallo (RTP) Romania (TVR) Russia (RTR) San Marino (RTV) Serbia (RTS) Slovenia (RTVSLO) Spagna (TVE) Svezia (SVT) Svizzera (SRG SSR) Ucraina (UA:PBC) Regno Unito (BBC).

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Iran e Azerbaijan: la crisi dei camion (Osservatorio Balcani e Caucaso 20.10.21)

Dopo due settimane di tensioni crescenti tra Iran e Azerbaijan ora pare finalmente che si sia ridato voce alla diplomazia. Al centro della crisi le rotte commerciali che passano attraverso il Nagorno Karabakh

20/10/2021 –  Marilisa Lorusso

Seppur in misura minore dell’Armenia e dell’Azerbaijan, ma anche l’Iran ha risentito del blocco dei traffici seguito alla prima guerra del Nagorno Karabakh  . Nel periodo sovietico e fin da prima della Seconda guerra mondiale, Armenia e Azerbaijan erano collegati da una ferrovia che proseguiva fino al Nakhchivan e che correva lungo il confine iraniano. L’Iran si era collegato con un proprio ramo a questa rete e da questo transito dipendevano nel 1990 il 10% delle importazioni nazionali iraniane. Con la distruzione di questa connessione – arrivata col primo conflitto del Nagorno Karabakh – l’Iran ha perso l’unica strada ferrata di collegamento commerciale con il Caucaso. Le ferrovie rimaste, l’Armenia-Georgia e la Azerbaijan-Russia, sono troppo distanti e non integrate nel sistema ferroviario iraniano.

Sono tre decenni che l’Iran dimostra interesse per ricreare una o più vie di trasporto per le proprie esportazione e importazioni. Nel 2005 Russia-Azerbaijan-Iran hanno concordato la costruzione della linea Astara-Rasht-Qazvin, di cui l’ultimo tronco è effettivamente operativo dal 2018, mentre la sezione azero-iraniana è in ritardo anche per via delle sanzioni internazionali contro l’Iran. Nel 2008 un accordo armeno-iraniano ha sancito la nascita del progetto Yerevan-Tabriz, che però deve ancora trovare i fondi per essere realizzato.

Dopo le dichiarazioni congiunte azero-armene del 10 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021 che hanno messo fine ai combattimenti della seconda guerra del Nagorno Karabakh e previsto la riapertura di tutte le vie regionali di commercio e di interscambio, l’Iran si augura il ripristino della tratta ferroviaria Azerbaijan-Armenia-Nakhchivan che, combinata con il progetto già in corso e con quello sottoscritto tra Iran ed Armenia, integrerebbe il paese in un sistema di trasporti su rotaia nel Caucaso e lo inserirebbe nella Nuova Via della Seta.

L’Iran non fa parte dei gruppi tecnici nati dopo la fine del secondo conflitto nel Karabakh che si occupano degli studi di fattibilità e della possibile attuazione dei progetti (gruppi tripartiti russo-armeno-azeri), ma chiaramente è una delle parti più interessate. Per questo ha ben accolto la proposta russa di creare un tavolo 3+3, cioè i 3 paesi caucasici di Georgia, Armenia, Azerbaijan e i tre confinanti, Turchia, Russia, Iran per la gestione del rilancio commerciale e infrastrutturale dell’area. Mentre questa proposta si scontra con le spigolosità reciproche dei paesi che ne dovrebbero fare parte (particolarmente difficile la relazione russo-georgiana), l’Iran cerca di ottimizzare quello che ha attualmente a propria disposizione: il trasporto su strada, con le vie che già esistono e la diplomazia.

La crisi di Kapan-Goris

Per perorare la causa degli interessi iraniani nel Caucaso il ministero degli Esteri iraniano e poi quello delle Infrastrutture hanno visitato due volte nel 2021 l’area, recandosi sia in Armenia che in Azerbaijan, a gennaio e a giugno. A settembre, dopo una serie di allusioni a “mezzi stranieri” che si recano in Karabakh senza l’autorizzazione di Baku, è scoppiata la crisi dell’autostrada Kapan-Goris: l’Azerbaijan ha cominciato a bloccare i camion iraniani che attraverso quella autostrada riforniscono sia l’Armenia che il Nagorno Karabakh.

Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev aveva espresso rimostranze anche sull’attività dei peacekeeper russi che non fermavano questi mezzi in ingresso in Karabakh. Secondo Baku infatti il Nagorno Karabakh non esiste più come regione a parte, il suo statuto autonomo è stato abolito, e l’unico motivo per cui l’Azerbaijan non entra nel territorio abitato dagli armeni è che ha concordato un periodo transitorio di presenza militare russa, durante il quale gli abitanti della regione, secondo Baku, dovrebbero accettare il ritorno alla piena cittadinanza azerbaijana. Pertanto il Karabakh è per Baku Azerbaijan: transito, importazioni ed esportazioni devono essere quindi essere autorizzati da Baku.

L’escalation

“È irrispettoso verso di noi, verso l’integrità territoriale dell’Azerbaijan, […] All’inizio di ogni mese registravamo i dati su quanti camion partivano, quanti entravano, cosa portavano, cosa portavano fuori. Abbiamo tutte le informazioni, comprese le targhe. […] E allora che hanno fatto? Hanno cercato di installare targhe armene sui camion iraniani. Hanno fatto ricorso a una tale truffa. Hanno cercato di ingannarci. Hanno fatto un lavoro così incompetente che c’erano iscrizioni in persiano sulle cisterne ma numeri armeni sotto. […] abbiamo emesso una nota diplomatica ufficiale, l’ambasciatore iraniano in Azerbaijan è stato convocato al ministero degli Esteri. Gli sono state presentate lamentele e gli abbiamo chiesto di porre fine a questo. Questo è successo a metà agosto.” Così Ilham Aliyev  a fine settembre sul crescente nervosismo di Baku per i commerci Karabakh-Iran. Lo scontro verbale è avvenuto sullo sfondo di esercitazioni militari iraniane presso i confini azerbaijani, anche queste criticate da Baku, cosa che ha a sua volta irritato Teheran. Alle parole di Aliyev il ministro degli Esteri iraniano ha anche risposto  che Teheran non tollera la presenza del regime israeliano lungo i propri confini.

La questione della supposta presenza israeliana nelle zone riconquistate ha contribuito a una escalation verbale. L’Azerbaijan ha rapporti intensi con Israele, è acquirente delle sue armi  , i droni israeliani sono stati usati nell’ultimo conflitto e stando a fonti israeliane Baku sta ponderando l’acquisto  del sistema missilistico ipersonico israeliano Arrow 3 che rafforzerebbe notevolmente le capacità difensive del paese. Secondo l’Ambasciatore israeliano a Mosca la loro presenza militare in Karabakh: “È una gran stupidaggine, perché stiamo parlando della regione del Nagorno Karabakh che è presidiata da militari russi e turchi. A questo punto, fantasia per fantasia, dicano che ci sono i marziani”.

Il 30 settembre l’Iran ha lanciato nuove esercitazioni  delle forze di terra lungo il confine con l’Azerbaijan. Dopo cinque giorni Teheran ha chiuso lo spazio aereo  ai mezzi militari azerbaijani e dopo due giorni Turchia e Iran hanno reciprocamente chiuso i confini  ai rispettivi camion. È intervenuta nella crisi anche la Russia, dopo un bilaterale a Mosca fra il ministro degli Esteri iraniano e russo, che ha esortato ad attivare il formato 3+3 e ad escludere paesi terzi dalla regione come prevede la Convenzione sul Caspio, tra l’altro non ratificata proprio dall’Iran e quindi non ancora in vigore.

Dopo due settimane di crescenti tensioni, il 13 ottobre una telefonata fra i ministri degli Esteri azerbaijano Jeyhun Bayramov e iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha riportato in primo piano la diplomazia, con le parti che si sono impegnate a risolvere la crisi  attraverso canali negoziali. Sicuramente una dichiarazione più promettente del tweet  dell’Ayattolah Ali Khamenei a inizio mese: “Chi scava una buca ai propri fratelli, ci cadrà dentro per primo”.

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Lo scandalo dei passaporti vaccinali falsi in Armenia (Globalvoices 19.10.21)

Questo articolo di Ani Avetisyan è stato precedentemente pubblicato [en] su OC Media. Ripubblichiamo qui una versione ridotta, grazie a un accordo di collaborazione relativo alla pubblicazione dei contenuti. 

Il 13 ottobre scorso, sei operatori sanitari del Gyumri Family Medical center, nella provincia di Shirak in Amernia, sono stati sottoposti a fermo dopo che gli inquirenti hanno scoperto che la struttura stava distribuendo certificati vaccinali falsi. Secondo quanto riportato dal verbale ufficiale, i membri dello staff stavano emettendo i certificati falsi in cambio di mazzette, che andavano dalle 5,000 alle 10,000 dram armene (corrispondenti a 10–20 dollari).

In base a quanto stimato dalle autorità, sono più di 700 le persone che hanno comprato i certificati vaccinali falsi a Gyumri — seconda città armena per grandezza.

Il giorno precedente, i Servizi di Sicurezza Nazionale avevano comunicato l’arresto di un infermiere di una clinica a Yeranos, nella provincia di Gegharkunik, colpevole di aver distribuito certificati vaccinali falsi ai residenti.

Gli arresti sono arrivati poco dopo l’annuncio del Primo Ministro Nikol Pashinyan, il quale aveva manifestato una certa insoddisfazione nei confronti del numero ridotto di vaccinati nel paese. In una riunione governativa del 7 ottobre, Pashinyan aveva affermato che stava affidando una “sfida” agli organi dello stato: “Andate e risolvete la situazione”.

Nello specifico, aveva richiesto alle forze dell’ordine di inasprire i controlli sui falsi documenti vaccinali.

“Ai Servizi di Sicurezza Nazionale e alla Polizia: Non voglio più sentir parlare di vaccinazioni false. Arrestateli.” aveva detto.

L’unico arresto di questo tipo, precedente agli ordini impartiti da Pashinyan era avvenuto a Yerevan dove, secondo quanto riportato, un medico avrebbe emesso passaporti vaccinali falsi in cambio di denaro.

La questione dei certificati vaccinali falsi è nata con l’introduzione nel paese della vaccinazione obbligatoria per tutti i lavorati o, in alternativa, l’effettuazione ogni due settimane di test molecolari a pagamento.

Nella giornata di giovedì, il Ministero della Salute ha annunciato che i certificati vaccinali o i test molecolari verranno presto richiesti anche per accedere a bar, ristoranti e altri luoghi pubblici.

Mentre i casi giornalieri di COVID-19 continuano a crescere e la media di decessi è di 20 persone al giorno, solo il 6% circa della popolazione è completamente vaccinata. Il numero di persone che hanno ricevuto almeno una dose si aggira intorno alle 500,000, ovvero il 12% circa della popolazione totale.

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Turchia e Armenia pronte a ‘normalizzare i rapporti’ dopo quasi 30 anni (Globalvoices 19.10.21)

La Turchia ha chiuso il proprio confine [en, come tutti i link successivi] con l’Armenia nel 1993, durante la prima guerra del Nagorno Karabakh, al fine di dimostrare la propria solidarietà con l’Azerbaigian, con cui è alleata da molto tempo. Dopo quasi 30 anni, la Turchia sta considerando l’idea di riaprire il confine in seguito alla vittoria dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno Karabakh, nel 2020.

Durante la visita in Azerbaigian del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel dicembre 2020, ha affermato: “Se si adottano misure positive a riguardo, apriremo le nostre porte”. Un mese dopo, un consigliere anonimo di Erdogan ha detto al giornalista turco Asli Aydintasbas che Ankara era pronta a “normalizzare le relazioni con l’Armenia.”

A febbraio del 2021, il Ministro degli Esteri Mevlüt Çavuşoğlu ha condannato il possibile tentativo di golpe contro il Primo Ministro dell’Armenia’s, Nikol Pashinyan, che ha affermato lo Stato Maggiore ha rilasciato una dichiarazione in cui chiedeva le sue dimissioni.

Il 24 aprile 2021, durante una riunione con il Patriarca armeno Sahak Maşalyan, Erdogan ha detto: “È giunto il momento per noi di svelare che noi, in quanto Turchi e Armeni, abbiamo raggiunto una maturità tale da superare insieme tutti gli ostacoli.”

“Tutti vincerebbero”  se ci fosse un ampio accordo regionale, ha affermato l’ex Primo Ministro della Turchia Ahmet Davutoglu a The Economist nel maggio 2021.

“In quanto Stato senza sbocco sul mare, un confine aperto e un commercio attivo potrebbero facilitare lo sviluppo economico e diminuire la povertà nel Paese,” hanno scritto Hans Gutbrod, un professore della State University di Tbilisi, e David Wood, un professore della Seton Hall University nell’articolo di giugno 2021 per la Politica Estera. Aggiungendo “Il riavvicinamento con Ankara potrebbe anche permettere a Yerevan di affrontare la sua quasi totale dipendenza dalla Russia, promuovendo così una maggiore stabilità regionale. E anche la Turchia ne beneficerebbe, specialmente grazie ad un aumento del commercio.”

Ad agosto, poi, il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha dichiarato che il Paese era pronto a rafforzare i legami con la Turchia in seguito a segnali positivi provenienti da Ankara. Il Parlamento del Paese ha approvato un piano quinquennale, stipulando che l’Armenia era “pronta a fare uno sfrozo per normalizzare i legami con la Turchia.” Mentre il piano è stato approvato, è stato duramente criticato dai parlamentari di opposizione, secondo un rapporto di Civilnet.am.

Le intenzioni in buona fede si sono anche riflesse in Armenia, aprendo il proprio spazio aereo ai voli di Turkish Airline diretti a Baku.

Il 29 settembre, il portavoce presidenziale della Turchia İbrahim Kalınm ha dichiarato in un canale televisivo turco: “In teoria, siamo positivi circa la normalizzazione dei rapporti con l’Armenia. La ragione principale per la quale abbiamo terminato le nostre relazioni diplomatiche e chiuso il nostro confine nel 1992 è stata l’occupazione di Karabakh. Una volta risolto questo problema, non ci saranno, difatti, ostacoli alla normalizzazione con l’Armenia.”

La Turchia e l’Armenia and Armenia erano vicine dal trovare un punto d’intesa nel 2008, quando l’allora Presidente Abdullah Gul si recò a Yerevan per assistere alla prima delle due partite di qualifica per i mondiali tra Turchia e Armenia. Un anno dopo, Serge Sarkisian, il Presidente dell’Armenia, si recò nella provincia turca di Bursa per assistere ad un’altra partita di calcio tra le due squadre nazionali. Il gioco e la visita di Sarkisian in Turchia ha seguito la firma di una serie di protocolli a Zurigo, che sono stati creati con lo scopo di normalizzare i rapporti tra i due Paesi. Descritte allora come “una diplomazia calcistica,” le trattative alla fine sono fallite, dopo che la Turchia si è ritirata a causa della crescente pressione da parte dell’Azerbaigian. L’Armeni ha formalmente dichiarato i protocolli nulli e non validi nel 2018.

Adesso, le probabilità che l’Azerbaigian interferisca sono diminuite. “Prima del ritiro dell’Armenia da questa regione, Baku vedeva l’apertura dei confini della Turchia come un tradimento e la criticò duramente. Adesso, dopo la tregua, questo problema è fuori discussioni e non sarà una sorpresa vedere un tono più mite dall’Azerbaigian rispetto al 2009,” ha affermato l’analista politico di Ankara Hasan Selim Özertem in un’intervista con Eurasianet.

In Armenia, ci sono opinioni differenti riguardo come possa risolversi questa nuova relazione bilaterale, secondo il giornalista Ani Mejlumyan che scrive per Eurasianet:

Molti analisti e ufficiali armeni credono che Yerevan dovrebbe perseguire la normalizzazione con Ankara a tu per tu, senza il coinvolgimento di Russia, Azerbaigian o chiunque altro. Nel frattempo, la Turchia sembra essere più interessata nell’ottenimento della normalizzazione nel quadro della piattaforma da lei proposta “3+3″, un organismo regionale composto dagli Stati del Caucaso meridionale e dai Paesi limitrofi: Armenia, Azerbaigian, Georgia, Iran, Russia e Turchia.

Il ruolo che la Russia giocherebbe resta da vedere. Parlando al forum New Knowledge di Mosca il 3 settembre, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha affermato: “Ora che la guerra del Nagorno Karabakh è terminata, ci sono le basi per sbloccare il processo politico, i trasport e i rapporti economi.” Nel 2009, la Russia ha apertamente incoraggiato la “diplomazia calcistica” del Paese e si è detta favorevole alla firma dei Protocolli di Zurigo.

Tuttavia, vi sono anche delle “dimensioni morali” in ballo, secondo Hans Gutbrod e David Wood:

Per raggiungere delle relazioni più efficaci e reciprocamente vantaggiose, i governi turco e armeno dovrebbero darsi da fare per guardare al genocidio armeno, e all’immensa sofferenza che ha accompagnato la caduta dell’Impero Ottomano, come una storia in comune. Si tratta inevitabilmente di un processo lungo ed emotivamente intenso. Per l’Armenia, significa optare per una diplomazia che invita la società turca ad impegnarsi, che sia attraverso mostre, viaggi o scambi accademici e culturali. Infatti, le società armena e turca hanno molte più cose in comune di quelle che le dividono. Potrebbe trovare qualcosa lo stesso nelle loro storie.

Un modo perché ciò accada sarebbe focalizzarsi sulle azioni e sulle esperienze individuali piuttosto che sulle “punizioni collettive”,  sostengono Gutbrod e Wood. Entrambi notano che le storie di coloro che hanno espresso la propria solidarietà con gli Armeni sono rimaste in gran parte non raccontate, e forse adesso è il momento giusto per andare avanti, per ricostruire dei legami. Ma questo dipenderebbe dalle volontà di entrambe le parti. Secondo il piano d’azione adottato dal Parlamento armeno verso la fine di agosto, il governo armeno continuerà a fare pressione affinché “le capitali mondiali riconoscano il genocidio armeno,” che “rafforzerebbe il sistema di garanzie di sicurezza dell’Armenia.” Potrebbe rivelarsi più difficile. Ruben Melkonyan, uno studioso di studi turchi presso la Yerevan State University, sostiene che l’Armenia potrebbe dover rinunciare al riconoscimento del genocidio adesso che il Paese si trova “in una posizione debole”

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Chigiana, la musica parla armeno (La Nazione 19.10.21)

Maya Oganyan, giovane pianista protagonista dell’Omaggio a Beethoven in programma domani.
Maya Oganyan, giovane pianista protagonista dell’Omaggio a Beethoven in programma domani.
L’Armenian National Philharmonic Orchestra arriva a Siena per due concerti, stasera e domani alle 21 al Teatro dei Rinnovati. Due momenti davvero straordinari, resi possibili dalla collaborazione tra Comune e Accademia Chigiana con il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena. L’orchestra, sotto la direzione Eduard Topchjan, proporrà oggi le ‘Sinfonie e arie d’opera’, protagonisti la soprano Juliana Grigoryan e il tenore Tigran Hakobyan, due tra le migliori voci del…
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L’Armenian national philharmonic orchestra a Siena per due straordinari concerti (Sienanews 19.10.21)


L’Armenian National Philharmonic Orchestra a Siena per due straordinari concerti (Teatrionline 19.10.21)

Garò, una storia armena in scena a Lurago d’Erba (Ciaocomo.it 19.10.21)

Venerdì 22 ottobre 2021, alle ore 21, presso la palestra della scuola primaria, in piazzale Carlo Porta a Lurago d’Erba, si terrà la prima rappresentazione assoluta di Garò – Una storia armena, uno spettacolo dedicato allo sterminio degli armeni, un Progetto Piattaforma di UnoTeatro, con la produzione di Anfiteatro, il testo e la regia di Giuseppe di Bello e l’interpretazione di Stefano Panzeri.

L’evento, organizzato dall’Assessorato alla Cultura e alla Pubblica Istruzione, in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Lurago d’Erba, si svolgerà nel rispetto della normativa vigente in materia di contrasto del contagio da COVID-19.

Prenotazione gratuita obbligatoria tramite il portale luragoderba.eventbrite.com.

Garò - una storia armena a Lurago d'Erba

Sinossi di Garò – Una storia armena
Lo spettacolo racconta la storia del giovane Garabed Surmelian, della sua famiglia e della vita a Shevan, un piccolo villaggio di montagna. Attraverso le parole di un Meddah, un narratore della tradizione, apparirà un affresco appassionato, curioso e rispettoso, che alterna momenti intimi emozionanti e profondi ad altri più leggeri e divertenti per raccontare la nascita, i riti di passaggio, i giochi e le feste, che porteranno gli spettatori ad entrare in contatto con alcuni dei “colori” di questa cultura straordinaria; ma pure con le ansie e le paure, perché sugli armeni di questo villaggio, come su quelli di tutti gli altri villaggi o città, incombe la folle minaccia di una giovane classe dirigente turca portatrice di un’ideologia nazionalista, che sfocerà nella pianificazione e nell’attuazione del più atroce e terribile dei crimini: il genocidio. E quando il racconto volge al termine in senso tragico e tutto sembra ormai perduto, il Meddah toccherà ancora una volta i cuori con un’ultima storia che consentirà a tutti di tornare a sperare e a respirare.

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Il ritorno sul palco dei System of a Down. Video e scaletta (Sentireascoltare 18.10.21)

La band alternative metal è ritornata a calcare i palcoscenici con l’energia e la grinta che la contraddistingue

System of a Down sono ritornati sul palco dopo diversi mesi di assenza dai live. Si tratta del loro primo concerto dal vivo realizzato dall’inizio della pandemia. Per la precisione, il loro ultimo live risaliva a maggio 2019, ovvero più di due anni fa. Il concerto si è tenuto alla T-Mobile Arena a Las Vegas il 15 ottobre e la band ha presentato una scaletta ricca e densa, composta da ben trenta brani.

La formazione ha inoltre eseguito i singoli Genocidal Humanoidz e Protect the Land, pubblicati simultaneamente lo scorso anno. Si tratta di brani pubblicati a sostegno dell’Armenia, attaccata dall’Azerbaijan e dalla Turchia per il controllo della regione del Nagorno Karabakh. Il conflitto è avvenuto tra fine settembre ed inizio novembre 2020 ed i componenti del gruppo musicale, che hanno tutti origini armene, hanno deciso di incidere queste canzoni allo scopo di sensibilizzare le persone sull’accaduto. Era da quasi quindici anni che la band, che vanta una carriera pluridecennale, non pubblicava alcun brano inedito: l’ultimo in questo senso è del 2006.

System of a Down terranno inoltre un altro paio di concerti al Banc of California Stadium, a Los Angeles, il 22 e 23 ottobre. Le date in questione erano previste a maggio 2020, ma sono state posticipate due volte a causa della pandemia in corso. Avranno però finalmente luogo questa settimana, con il supporto di diversi gruppi musicali: KornHelmet e Russian Circles. La band ha aggiunto poi ulteriori date in California: si è esibita a Fresno il 16 ottobre e terrà un altro concerto ad Oakland stasera, 18 ottobre.

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L’Armenian national philharmonic orchestra a Siena per due straordinari concerti (Sienanews 18.10.21)

L’Orchestra nazionale filarmonica armena in tour in Italia, sceglie di fare tappa a Siena per due concerti sinfonici martedì 19 ottobre e mercoledì 20 ottobre alle 21 al Teatro dei Rinnovati. Il Comune di Siena e l’Accademia Chigiana in collaborazione con il Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena hanno il piacere e l’onore di ospitare in città la longeva e pluripremiata ANPO – Armenian Philharmonic National Orchestra, dal 2000 sotto la direzione di Eduard Topchjan, rinomato direttore d’orchestra, conosciuto in Europa e in Italia per il suo impegno nell’attività artistica e insignito nel 2013 del titolo onorifico di Cavaliere e dell’Onore al Merito del Lavoro dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

L’Orchestra Nazionale Filarmonica Armena, istituita nel 1925 è sin dall’inizio impegnata in importanti tournées nazionali e internazionali, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice della musica armena nei cinque continenti. Negli anni ha collaborato con artisti e direttori d’orchestra tra i più rilevanti del nostro tempo e ha saputo diventare efficace mezzo di diffusione della cultura e della musica armena in Europa e nel mondo.

I programmi musicali proposti nei due imperdibili concerti di martedì e mercoledì mettono in luce la versatilità della compagine orchestrale e del suo direttore in due programmi assai differenti: repertorio lirico – operistico il primo e principalmente sinfonico il secondo, con giovani solisti emergenti della scena armena e internazionale.

Protagonisti della prima serata dedicata a celebri “Sinfonie e arie d’opera” sono il soprano Juliana Grigoryan e il tenore Tigran Hakobyan, due tra le migliori voci del Teatro lirico della capitale armena. Accanto alle arie tratte dalla Rusalka di Antonín Dvořák, l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, la struggente scena della Lettera di Tat’jana dell’Evgenij Onegin di Čajkovskij e il duetto da La Vedova allegra di Franz Lehar, l’orchestra eseguirà la sinfonia d’introduzione all’opera di Giuseppe Verdi La forza del destino, l’Intermezzo di Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e la Polonaise tratta dall’opera di Pëtr Il’íč Čajkovskij dedicata al romanzo in versi di Aleksandr S. Puškin.

Nella seconda serata al Teatro dei Rinnovati di Siena l’Armenian Philharmonic National Orchestra propone un “Omaggio a Ludwig van Beethoven”, introducendo la serata con la Seconda Sinfonia in re maggiore del compositore tedesco e concludendo con il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in do minore, eseguito al pianoforte da Maya Oganyan giovanissima interprete di grande talento, allieva dei corsi estivi di perfezionamento dell’Accademia Chigiana. Un richiamo alla musica contemporanea armena è dato dalla composizione per orchestra d’archi Poema-Epitaffio di Edvard Myrzoyan, autore armeno scomparso nel 2012, con un brano di grande suggestione dedicato alla memoria dell’amico e sodale Aram Chachaturyan.

Per ascoltare l’Armenian National Philharmonic Orchestra diretta da Eduard Topchjan: martedì 19 ottobre alle 21 al Teatro dei Rinnovati “Sinfonie e arie d’opera” e mercoledì 20 ottobre alla stessa ora sempre presso il Teatro dei Rinnovati di Siena “Omaggio a Beethoven”. I concerti sono realizzati con il supporto di Scudieri International e dell’ACN Siena 1904.

I concerti hanno due tipi di biglietti per tutti i settori: intero: 10 euro; ridotto: 5euro (riservato agli studenti, ai giovani sotto i 26 anni e a chi abbia compiuto 65 anni). È possibile acquistare i biglietti online sul sito www.chigiana.org a partire da lunedì 18 ottobre fino alle ore 12 del giorno dello spettacolo o telefonando al n. 333 9385543 dalle ore 9.30 alle ore 12.30. In alternativa presso il Teatro dei Rinnovati a partire da due ore prima dell’inizio dello spettacolo.

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Armenia-Russia: la politica delle Chiese (Settimananews 18.10.21)

L’Armenia ha necessità di contenere gli effetti gravi della guerra e la Russia di garantire la sua area di influenza. L’incontro dei massimi responsabili delle religioni dei paesi interessati (oltre a quelli indicati, anche l’Azerbaigian) a Mosca, il 13 ottobre, mostra l’azione coordinata delle rispettive Chiese e religioni rispetto alla politica e il loro apporto creativo.

Karekin II, Catholicos della Chiesa armena, Allahshukur Pashazadech, gran Mufti dei musulmani del Caucaso (con sede in Azerbaigian) e Cirillo, patriarca di Mosca, hanno rinnovato un dialogo, avviato nel 1988 e ripreso nel 1993, nel 2010, nel 2011 e nel 2017.

L’incontro

Nel saluto introduttivo Cirillo ha sottolineato: «Siamo chiamati a dare una risposta comune e inequivocabile ai tentativi di collegare la religione con la guerra. Le guerre di religione sono una pagina terribile e peccaminosa nella storia religiosa dell’umanità. In questo secolo dobbiamo fare di tutto perché i concetti di religione e guerra non si giustifichino reciprocamente».

Nella dichiarazione finale lo stesso patriarca indica i temi essenziali del confronto. «Oggi è particolarmente importante ripristinare la fiducia reciproca delle persone, imparare di nuovo a guardare al prossimo con rispetto e disponibilità all’aiuto reciproco. La chiave di volta di tale appello è il rispetto per gli edifici religiosi, i monumenti storici e i cimiteri, il rispetto per i sentimenti religiosi delle persone di fede diversa, il dovere di custodire la memoria dei defunti. I leader religiosi sono chiamati a spendere la loro autorità per creare e custodire il buon vicinato fra religioni e popoli. Vi esortiamo a chiarire il destino dei dispersi, a facilitare il rilascio dei prigionieri di guerra, a prevenire l’uso non autorizzato di armi che minacciano la vita dei civili. In futuro è necessario sforzarsi con tutti i mezzi per evitare il linguaggio dell’odio e per astenersi dagli appelli all’azione militare nella zona del conflitto».

Equilibri e mediazioni

Nel 2020 si è riacceso il conflitto fra Armenia e Azerbaigian per il territorio conteso del Nagorno-Karabakh, enclave armena dentro i confini dell’Azerbaigian. La vittoria militare del paese islamico, favorita dalla armi fornite dalla Turchia, ha lasciato dietro di sé 6.000 morti e 100.000 sfollati che chiedono di tornare nei loro territori.

All’attivismo del Catholicos si salda il rinnovato dialogo del governo con la Russia, punto di mediazione dell’area. All’inizio di ottobre, mentre il primo ministro armeno, Nikol Pašinyan era a Mosca per parlare con Putin circa l’attuazione degli accordi di pace, il presidente dell’Armenia, Armen Sarkisyan, era a Roma per chiedere a papa Francesco di favorire il processo di pacificazione e per aprire formalmente una nunziatura nel paese.

Pochi giorni dopo Pašinyan arrivava in Georgia per una mediazione con la Turchia e garantire un corridoio di comunicazione (sotto la responsabilità dell’ONU) fra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia (cf. Asianews, 13 ottobre).

Il ruolo di Mosca

L’incontro a Mosca dei leader religiosi conferma il riconoscimento del ruolo del dipartimento patriarcale dei rapporti con l’estero, presieduto da Hilarion Alfaev e della complicata partita per rafforzare il riferimento della Chiesa ortodossa russa come garanzia dell’egemonia culturale (il pensiero russo) su tutta l’area ex sovietica e, dall’altro, il conflitto sempre più acceso dentro i confini dell’Ortodossia con Costantinopoli.

Espressione dell’egemonia sono l’ottenimento di una diocesi russa in Armenia e il discorso di Cirillo ai rappresentanti dei russi all’estero. Parlando il 15 ottobre al Congresso mondiale dei russi all’estero, il patriarca Cirillo ha rivendicato le ragioni del potere russo sia nei confronti della verità storica (non accettare che la Russia possa avere responsabilità nella guerra mondiale in ragione del patto con la Germania nazista), sia nell’attuale tensione con l’Ucraina.

I caratteri del popolo russo (fede, valori evangelici, forza di volontà, perseveranza, ospitalità, grandezza d’animo ecc.) giustificano anche una parziale correzione della prima lettera di Paolo a Timoteo, in cui il versetto 5,8 («Se uno non si cura dei suoi cari» ) diventa per il patriarca: «Se uno non si cura del suo popolo». È necessario garantire la sicurezza dei russi all’estero e la possibilità del loro ritorno in patria (c’è un fenomeno migratorio dalle ex Repubbliche sovietiche asiatiche).

«Nell’era della globalizzazione, dobbiamo concentrarci sulla nostra identità, non vergognarci della nostra “differenza”, percorrere il nostro percorso storico e preservare i nostri valori ovunque ci troviamo».

La difesa dell’uso della lingua russa va preservata in tutti i paesi ex sovietici. Preoccupazione molto viva in particolare nel Kirghizistan.

Lo scisma ortodosso

Sullo scisma intra-ortodosso va segnalata la decisione di posticipare il previsto consiglio dei vescovi russi dal 15-18 novembre al 26-29 maggio 2022. P. Anderson interpreta la scelta, oltre che per l’esigenza pandemica, anche per andare incontro alle richieste della Chiesa di Antiochia di non compiere gesti troppo rapidi e radicali verso Costantinopoli.

Nella riunione era prevista la discussione sulla condanna di Bartolomeo. Nella stessa riunione si prevedeva anche il riconoscimento formale delle reliquie di Nicola II e della famiglia imperiale, previo alla proclamazione della santità della famiglia, trucidata dai bolscevichi nel 1917.

Sono usciti nel frattempo un paio di volumi del Comitato d’inchiesta statale sul riconoscimenti dei resti. Il risultato positivo viene considerato dalla Chiesa come subalterno e legittimabile solo con l’assenso ecclesiale.

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