Arzakh (Nagorno-Karabakh), dolore e rabbia per la morte per fame – gli avvertimenti di genocidio rimangono inascoltati (Buongiornosudtirol 16.08.23)

L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha reagito con sgomento e rabbia alla notizia della morte di K. Hovhannisyan, 40 anni, di Stepanakert in Arzakh. L’Ombudsman per i diritti umani dell’Arzakh, Gegham Stepanjan, ha annunciato ieri che Hovhannisyan è letteralmente morto di fame. Soffriva di una grave malnutrizione e non poteva più ricevere cure mediche. È diventato così una vittima del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian, che dura da otto mesi ed è stato drasticamente inasprito a metà giugno 2023, tagliando fuori la popolazione armena di Arzakh da tutti i rifornimenti.
Dall’inizio del blocco, organizzazioni per i diritti umani, ricercatori sul genocidio e attualmente anche Luis Moreno Ocampo (primo procuratore capo della Corte penale internazionale 2003-2012) hanno messo in guardia dalle conseguenze del blocco in una perizia di diritto internazionale. Ocampo conferma che la popolazione armena dell’Arzakh (Nagorno-Karabakh) è a rischio di genocidio. Il Presidente della Repubblica di Arzakh definisce la situazione “genocidio in un grande campo di concentramento”. Tutti questi avvertimenti sono rimasti inascoltati. Non possiamo restare a guardare mentre altre persone muoiono in Arzakh.
In diverse occasioni, l’Associazione per i Popoli Minacciati, insieme ad altre ONG, ha chiesto ai politici europei di avviare sanzioni efficaci contro il blocco perpetrato dall’Azerbaigian, in modo che l’ordine della Corte internazionale di giustizia del 22 febbraio 2023 di revoca di tale blocco venga finalmente attuato. Ad oggi, però, questi passi non si sono ancora concretizzati.
Il blocco della regione di Arzakh, abitata quasi esclusivamente da persone di etnia armena, ha gravissime conseguenze dal punto di vista esistenziale per tutti i circa 120.000 abitanti e rappresentano ormai una minaccia reale. Non sono più disponibili alimenti per i duemila bambini di età inferiore ai 12 mesi. Il numero di nascite premature e di aborti spontanei è triplicato. Oggi è stato segnalato l’aborto di un bambino perché non era disponibile un’ambulanza a causa della mancanza di carburante. Le conseguenze del blocco si fanno sentire soprattutto nel settore sanitario dell’Arzakh, colpendo i gruppi più vulnerabili come i bambini, le donne incinte, i malati cronici e gli anziani. La mancanza di cibo ha portato alla malnutrizione e alla fame.ù

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248° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. L’Azerbajgian sta commettendo un genocidio (Korazym 16.08.23)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.08.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 248 dell’assedio dell’Artsakh. Ieri l’assedio ha fatto la sua prima vittima – dichiarata – per fame. Ma ci sono altre vittime. Quante persone devono morire in questo modo prima che il mondo intervenga? L’Azerbajgian deve ritirarsi dal territorio dell’Armenia e dal territorio dell’Artsakh. La comunità internazionale deve obbligare la Russia e l’Azerbajgian di aprire la strada della vita, il Corridoio di Berdzor (Lachin). È incomprensibile come un leader eletto o un funzionario dell’Unione Europea dei principi etici possa pronunciare le parole “il Karabakh è l’Azerbaigian” ed essere complice di genocidio. Il popolo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha votato per l’indipendenza ed è chiaramente minacciato di sterminio. Questi sono chiari motivi per esercitare il diritto all’autodeterminazione. Il territorio del democratico Artsakh/Nagorno-Karabakh non appartiene all’Azerbajgian terrorista.

The Associated Press ha riferito ieri, che la Missione degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite ha dichiarato che la riunione aperta di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocata su richiesta dell’Armenia, si terrà nel pomeriggio di oggi. L’Azerbajgian è impegnato in una campagna di genocidio per sterminare la vicina popolazione armena nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Il regime autocratico guerrafondaio genocida dell’Azerbajgian ha impedito a tutti i trasporti – inclusi prodotti di prima necessità come cibo, medicine, carburante, prodotti per l’igiene – di raggiungere la popolazione civile armena, che sta causando una carestia e relativi decessi.

Il Centro per la Verità e la Giustizia ha inviato una comunicazione urgente a tutti i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, confermando che le informazioni di prima mano corrispondono alle conclusioni del rapporto di Luis Moreno Ocampo pubblicato il 7 agosto 2023 [QUI]: l’unico scopo del blocco azero è quello di far morire di fame il popolo del Nagorno-Karabakh. La popolazione del Nagorno-Karabakh viene privata dei diritti umani fondamentali a causa della mancanza di cibo, medicine, gas, elettricità e ora anche di acqua pulita.

«L’immagine che ho in mano NON è del genocidio armeno del 1915, della Shoah, del Ruanda, della Cambogia, del Cile o del Darfur. È stata scattata due giorni fa a un uomo armeno di quarant’anni, K. Hovhannisyan, in Artsakh, ufficialmente morto di fame. Questa è un’immagine della ripresa del genocidio armeno da parte di Azerbajjan e Turchia. Cosa farai al riguardo?» (Vic Gerami, giornalista, presentatore di The Blunt Post con Vic @KPFK 90.7 FM e regista/sceneggiatore/produttore del lungometraggio documentario “Motherland”).

La prima persona dichiarata ufficialmente morta di fame in Artsakh

Secondo le informazioni ricevute dall’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e le ricerche condotte dal suo Staff, un residente di Stepanakert, K. Hovhannisyan, nato nel 1983, è deceduto a causa di malnutrizione cronica, carenza proteica ed energetica, ha scritto il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan, sulla sua pagina Facebook. “Gli Azeri stanno usando la fame come arma per raggiungere i loro obiettivi politici”, ha affermato Stepanyan.

Artsakhpress informa che secondo la conclusione della visita medica forense e il certificato di morte di K. Hovhannisyan, la sua morte è stata causata da “grave distrofia alimentare (esaurimento generale dovuto all’assunzione prolungata e incompleta di sostanze nutritive, edema, disturbo della tutte le forme di metabolismo con alterazioni degli organi e i loro disturbi funzionali), cachessia, deficit proteico-energetico, kwashiorkor (uno specifico tipo grave di disturbo alimentare che si sviluppa con un contenuto proteico insufficiente nel cibo, lo sviluppo della malattia è favorito da condizioni di vita gravi, basso tenore di vita), polmonite polisegmentale bilaterale con predominanza dell’elemento groppa a destra, edema polmonare, metobolia mista, encefalopatia ipossica, distrofia degli organi interni-reni, anemia, condizione settica, idrotorace destro, malnutrizione cronica”.

Le conseguenze catastrofiche del #ArtsakhBloccade in corso da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian sono più che evidenti e tangibili nel settore della sanità pubblica, che colpisce principalmente la situazione sanitaria dei gruppi più vulnerabili della società: bambini, donne incinte, persone con malattie croniche, persone con disabilità e persone anziane.

La catastrofica situazione alimentare causata dal blocco e soprattutto dall’assedio totale da 2 mesi, che ha portato alla malnutrizione delle persone e alla minaccia della fame, la mancanza di medicinali necessari e l’impossibilità del pieno funzionamento del sistema sanitario creano effetti diretti e minacce innegabili a 120.000 abitanti dell’Artsakh.

Una donna ha avuto un aborto spontaneo in Artsakh perché l’ambulanza non era disponibile a causa della mancanza di carburante

La crisi umanitaria peggiora quotidianamente nel Nagorno-Karabakh, ha osservato il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Anahit Manasyan, che ieri ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna fermamente le gravi violazioni dei diritti fondamentali degli Armeni che vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian:

«È il 247° giorno che gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono sotto blocco, e due mesi (dal 15 giugno) che sono privati di ogni tipo di aiuto umanitario, compresi generi di prima necessità e cibo. Il Difensore dei Diritti Umani registra che il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian ha provocato una grave violazione dei diritti fondamentali dei residenti del Nagorno-Karabakh, inclusi i diritti alla vita, alla dignità, alla salute fisica e mentale e all’assistenza sanitaria, alla libertà di movimento, al cibo e ad un adeguato tenore di vita, all’alloggio e altri diritti socioeconomici e culturali.
Il blocco ha un impatto particolarmente negativo sui diritti dei gruppi vulnerabili, come bambini, donne, persone con disabilità, ecc. In particolare, 9.000 persone con disabilità, 20.000 anziani e 60.000 donne sono sotto il blocco. Il disastro umanitario causato dal blocco si manifesta in tutti gli ambiti della normale vita dei residenti, in particolare il tenore di vita della gente è in uno stato deteriorato. Dal 15 giugno, la completa interruzione delle forniture di aiuti umanitari ha creato una situazione di crisi, compreso il rischio di fame e fame. I residenti delle comunità di Yeghtsahogh, Hin Shen, Mets Shen e Lisagor della regione di Shushi del Nagorno-Karabakh si trovano in una situazione particolarmente terribile poiché sono sotto blocco totale a seguito dell’istituzione del checkpoint azero. I prodotti agricoli stagionali prodotti localmente da diverse regioni e comunità del Nagorno-Karabakh non vengono più consegnati in luoghi densamente popolati: Stepanakert, Martuni e Martakert. In tutti i negozi di alimentari si registra la totale assenza o scarsità di generi alimentari, beni di prima necessità e articoli per l’igiene, e l’acquisto di questi ultimi avviene attraverso enormi code.
In questo contesto, è anche necessario affrontare l’impossibilità di fornire aiuti umanitari dalla Repubblica di Armenia al Nagorno-Karabakh. Dal 15 giugno, a seguito del blocco della possibilità di fornire aiuti umanitari da parte delle autorità azere, gli aiuti umanitari sono rimasti fermi fino ad oggi, arrivando al villaggio di Kornidzor da Yerevan il 26 luglio. Il 28 luglio, i rappresentanti dell’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani insieme a i rappresentanti del corpo diplomatico accreditato in Armenia e delle organizzazioni internazionali sono giunti a Kornidzor, dove si trovano fermi i convogli umanitari, e hanno preso conoscenza della situazione sul posto.
A causa del quotidiano deterioramento della salute e della malnutrizione delle persone, continuano ad aumentare anche i casi di svenimento. Secondo le informazioni registrate dall’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani, una persona è morta di fame in Nagorno-Karabakh. Un residente di Stepanakert, K. Hovhannisyan, è morto a causa di malnutrizione cronica, carenza proteica ed energetica.
Il blocco del Corridoio di Lachin ha un impatto negativo sulla realizzazione del diritto all’assistenza sanitaria delle persone, tenendo conto dei divieti sul trasferimento di pazienti bisognosi di cure mediche in Armenia. Il trasporto di pazienti e il trasporto di forniture mediche viene effettuato con l’intervento del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe. Allo stesso tempo, dal 15 giugno, la parte azera ha completamente bloccato la consegna di aiuti umanitari da parte delle forze di mantenimento della pace russe e del CICR, portando al peggioramento della situazione umanitaria. Ci sono stati casi di carenza di medicinali e, in alcuni casi, di completa assenza di medicinali.
Allo stesso tempo, in assenza di cibo sufficiente, c’è stato un aumento del numero di parti prematuri in Nagorno-Karabakh. Un caso di morte di un bambino non ancora nato è stato registrato anche nel villaggio di Haterk nella regione di Martakert. La donna incinta non ha potuto raggiungere l’ospedale in tempo a causa della mancanza di carburante per i mezzi di emergenza.
Dal 25 luglio, a causa di una grave carenza di carburante, il trasporto pubblico non funziona affatto.
Il 29 luglio, sono state registrate gravi violazioni da parte delle autorità azere durante il processo di trasferimento dei pazienti in Armenia attraverso il CICR. In particolare, l’Azerbajgian ha rapito dal posto di blocco situato nelle vicinanze del ponte Hakari Vagif Khachatryan di 68 anni, che veniva trasportato in Armenia per cure mediche accompagnato dal CICR. I risultati delle ricerche del Difensore dimostrano che l’interferenza illecita con i diritti fondamentali di una persona viene effettuata in violazione delle garanzie e degli standard legali internazionali.
Inoltre, sono stati registrati problemi relativi alla fornitura di acqua potabile a seguito di interruzioni della fornitura di energia elettrica, che hanno influito sia sulla quantità che sulla qualità dell’acqua fornita ai residenti del Nagorno-Karabakh.
Il Difensore ritiene necessario sottolineare ancora una volta che l’attuale catastrofe umanitaria è una manifestazione diretta della pulizia etnica e della politica di genocidio delle autorità azere incitate e addotte dall’armenofobia, il cui obiettivo finale è quello di svuotare il Nagorno-Karabakh della sua popolazione armena indigena, terrorizzandola, sottoponendola a continui attacchi e pressioni fisiche e psicologiche, privandola della vita normale e creando condizioni di vita disperate. Il Difensore dei Diritti Umani sottolinea in particolare l’urgenza di fermare gli sviluppi irreversibili e sempre più intensi del disastro umanitario, nonché l’estrema necessità di fornire reali opportunità per l’attuazione delle missioni umanitarie. Allo stesso tempo, l’Ufficio del Difensore continua quotidianamente a raccogliere e analizzare i fatti riguardanti la politica armenofoba delle autorità azere, nonché le continue gravi violazioni dei diritti umani nel Nagorno-Karabakh a seguito del blocco del Corridoio di Lachin e presentarli in modo esauriente alle organizzazioni internazionali con un mandato in materia di diritti umani.
Attribuisco grande importanza alla risposta adeguata delle organizzazioni internazionali con il mandato di proteggere i diritti umani e di adottare misure efficaci con urgenza».

L’ennesima prova quotidiano che sono i Russi a consentire gli Azeri di bloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin) e di impedire loro stesso il passaggio attraverso i posti di blocco russi

«Sono le ore 02.30 di questo mattino e il cittadino dell’Artsakh, Artur Osipyan, sta spiegando con calma al colonnello del contingente di mantenimento della pace russo come Putin ha deluso il popolo dell’Artsakh permettendo all’Azerbajgian di bloccare il Corridoio di Lachin e portare la gente alla fame» (Seda Grigoryan).

34 Paesi nel mondo tra cui Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Italia hanno riconosciuto il genocidio armeno del 1915. Tale riconoscimento rappresenta anche il loro impegno a prevenire ulteriori genocidi. Eppure, non stiamo vedendo alcuna azione energica e risolutiva da parte della comunità internazionale. Persino il regime di Putin almeno si sforza di presentarsi come più umano del nostro governo, che non spende neanche una parola per gli Armeni assediati dagli Azeri in Artsakh, condannandoli alla morte per fame, chiudendo dal 12 dicembre 2022 il vitale Corridoio di Lachin. Invece, il governo di Giorgia Meloni vende aerei militari al regime autocratico guerrafondaio di Aliyev ed è complice di genocidio.

La notizia è stata data ieri da la Repubblica [QUI]: «Nagorno-Karabakh, la Russia chiede all’Azerbaigian di sbloccare una rotta umanitaria per l’Armenia. Il blocco del Corridoio di Lachin lo scorso dicembre da parte degli Azeri ha innescato una grave crisi umanitaria. Il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha esortato l’Azerbajgian ad aprire un corridoio chiave che colleghi la regione separatista del Nagorno-Karabakh all’Armenia a seguito degli appelli urgenti di Erevan».

Non occorre “una rotta umanitaria”. Occorre aprire “la rotta umanitaria”: il Corridoio di Lachin. Che fa la differenza come tra bianco e nero, oscurità e luce. Tutto il testo è propaganda e ricatto dell’Azerbajgian per costringere con l’arma della fame gli Armeni dell’Artsakh di “integrarsi” in Azerbajgian. la Repubblica non dovrebbe sposare la narrazione azera, sponsorizzata dalla Russia.

«Particolare enfasi è stata posta sulla necessità dell’attuazione pratica dei passi precedentemente concordati volti alla rapida de-escalation della situazione intorno al Nagorno-Karabakh, compreso lo sblocco delle rotte umanitarie, tra cui il Corridoio di Lachin», ha affermato il Ministero degli Esteri russo dopo una telefonata con l’omologo azero, Jeyhun Bayramov. Anche se è chiaro che l’Azerbajgian è obbligato a non ostacolare il passaggio di persone, veicoli e merci lungo il Corridoi di Lachin, secondo la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, confermato con l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia, è inaccettabile la formula “rotte umanitarie, tra cui il Corridoio di Lachin”, perché è la politica di Azerbajgian a continuare a chiudere il Corridoio di Lachin per tutti i passaggi tra Armenia e Artsakh, tranne sporadici trasporti di malati grafi dall’Artsakh in Armenia, mentre vuole concedere il collegamento con l’Artsakh soltanto attraverso l’Azerbaigian, in violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Lo scopo è l’attuazione della politica di “integrazione” degli Armeni dell’Artsakh in Azerbajgian, come Baku afferma di continuo nelle dichiarazioni ufficiali.

«Ieri [il 14 agosto 2023] è avvenuto un terribile incidente in Armenia e abbiamo perso 11 vite in quell’incidente automobilistico. Una delle vittime era Helen di Chartar, città di Artsakh/Nagorno-Karabakh, una studentessa di Yerevan. La famiglia e gli amici di Helen sono in #ArtsakhBlockade, in lutto per la perdita della loro amata a chilometri di distanza. RIP» (Yana Avanesyan).

Le forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato agli osservatori dell’Unione Europea in Armenia

Il 15 agosto 2023 intorno alle ore 12.20, le forze armate dell’Azerbajgian ha aperto il fuoco con armi leggeri contro gli osservatori dell’Unione Europea e il loro veicolo vicino a Verin Shorzha, nella provincia di Gegharkunik, ha dichiarato in una nota il Ministero della Difesa dell’Armenia. Come abbiamo riferito, nei giorni scorsi la zona è stata particolarmente presa di mira dai cecchini azeri.

Il video pubblicato online, riportato sopra, mostra il momento in cui le forze armate azere hanno aperto il fuoco verso degli osservatori dell’Unione Europea e il loro veicolo. Nel video pubblicato dal canale Telegram del portale militare armeno si vede come un osservatore dell’Unione Europea si mette al riparo nella posizione di difesa armena durante la sparatoria dell’Azerbajgian e spiega che la sparatoria sta avvenendo da posizioni azere. Dice: «Ci stanno sparando, probabilmente alle nostre auto, siamo qui nelle nostre trincee in attesa di informazioni per tornare alle nostre auto e andarcene».

La Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia (EUMA) inizialmente in una dichiarazione sui social media aveva smentita la dichiarazione del Ministero della Difesa armeno sulla sparatoria, ma poi l’ha rimosso, dopo che il video è stato pubblicato online.

EUMA nel villaggio di Verin Shorzha riferisce di essere stata presa di mira dalle postazioni dell’Azerbajgian vicino a Kelbajar. Secondo le ricerche di Nagorno Karabakh Observer, la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia sembra essere stata presa di mira da almeno una delle due postazioni militari dell’Azerbajgian, che si trovano a 1,6 km e 2,4 km all’interno del territorio sovrano dell’Armenia, allestite dopo le incursioni del maggio 2021. Aree adiacenti anch’esse sul territorio sovrano dell’Armenia sotto il controllo delle forze armate azere sin dalle incursioni del settembre 2022.

Niente cibo per i bambini in Artsakh

Il blocco dell’Azerbajgian ha creato difficoltà insormontabili in Artsakh, soprattutto per le famiglie con bambini piccoli. L’assenza di alimenti per bambini, medicine, prodotti per l’igiene e la cura, mette le giovani madri in una situazione disperata. In questo caso, ognuno ha la propria storia di lotta.

«Dopo ore di attesa in ore coda, quando finalmente era arrivato il mio turno, non c’era più pane. Per una madre, avendo i soldi in mano, ma non essere in grado di nutrire il proprio figlio… che sensazione di impotenza…», dice Taguhi, una madre di un bambino di 1,5 anni. «Ho dato del latte con un biscotto rimasto a mia figlia e le ho detto “ti troverò del pane domani”».

Il blocco è stata la priorità politica dell’Azerbajgian negli ultimi 30 anni
I sfollati Armeni di Nakhijevan rispondono alla falsa narrativa di Baku

Le ONG che rappresentano gli interessi degli Armeni sfollati con la forza dall’Azerbajgian da Nakhijevan hanno rilasciato una dichiarazione in risposta alla falsa narrazione secondo cui Nakhijevan è bloccato dall’Armenia: «La falsa narrazione diffusa da alcuni circoli azeri secondo cui Nakhijevan è bloccato dalla Repubblica di Armenia mira a nascondere il fatto che lo stesso Azerbajgian ha bloccato l’Armenia dall’inizio degli anni ’90, con il Presidente azero, Ilham Aliyev, che ne ha più volte annunciato la natura intenzionale.

La politica del blocco è stata la priorità dello stesso Azerbajgian negli ultimi 30 anni. A questo scopo, l’Azerbajgian non solo ha bloccato la ferrovia Armenia-Azerbajgian che funzionava negli anni sovietici, che comprendeva le direzioni Ijevan-Ghazakh, Meghri-Horadiz, Meghri-Ordubad, Yeraskh-Sadarak, nonché tutte le autostrade che collegano l’Armenia-Azerbajgian, ma inoltre ha costantemente spinto l’Armenia fuori dai progetti economici di rilevanza regionale. Negli anni ’90, l’Azerbajgian ha anche chiuso il gasdotto che va dall’Azerbajgian all’Armenia, provocando una crisi energetica per l’Armenia.

Nakhijevan non può essere bloccato dall’Armenia per il semplice motivo che non è un’enclave all’interno dei confini di uno Stato, ma ha la possibilità di interagire con l’Azerbajgian e il mondo esterno via terra attraverso l’Iran e la Turchia. Oltre al collegamento terrestre, funziona una comunicazione aerea ininterrotta tra Nakhijevan e l’Azerbajgian, anche attraverso lo spazio aereo della Repubblica di Armenia, almeno negli ultimi tre anni. L’interruzione delle comunicazioni tra Nakhijevan e il resto della Repubblica dell’Azerbajgian è dovuta alla politica azera di blocco della Repubblica di Armenia. Il fatto che le rotte di collegamento siano bloccate non dall’Armenia ma dall’Azerbajgian è dimostrato dal fatto che solo dal gennaio 2023 sono stati effettuati 1.407 voli di transito dall’Azerbajgian a Nakhijevan e nella direzione opposta attraverso lo spazio aereo armeno.

La parte armena ha attribuito grande importanza e ha espresso numerose proposte nella questione dello sblocco delle rotte di collegamento regionali. Inoltre, alla decisione del governo armeno del 18 agosto 2022 riguardante l’apertura di tre posti di blocco sul confine di stato armeno-azerbaigiano e lo sblocco delle comunicazioni regionali, l’Azerbaigian si è opposto non accettando di aprire i rispettivi punti di controllo sul suo territorio. In caso di consenso del governo azero, Nakhijevan avrebbe un collegamento via strada con l’Azerbajgian attraverso il territorio della Repubblica di Armenia.

Il 14 dicembre 2021, durante l’incontro del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, del Presidente azero, Ilham Aliyev, e del Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, era stato raggiunto un accordo sullo sblocco delle infrastrutture ferroviarie e sul ripristino della ferrovia. L’Azerbajgian ha successivamente abbandonato questo accordo.

Notiamo anche che a causa dei confini chiusi e della politica armenofoba dell’Azerbajgian, gli Armeni di Nakhijevan sono privati del loro diritto al ritorno nei loro insediamenti ancestrali».

Preghiamo per gli Armeni dell’Artsakh

Ieri, dopo la recita dell’Angelus Domini con i pellegrini in Pazzia San Pietri nella ricorrenza della solennità dell’Assunzione al Cielo della beata Vergine Maria, Papa Francesco ha detto: «Oggi affidiamo a Maria Assunta in Cielo la supplica per la pace, in Ucraina e in tutte le regioni lacerate dalla guerra: sono tante, purtroppo! Il frastuono delle armi copre i tentativi di dialogo; il diritto della forza prevale sulla forza del diritto. Ma non lasciamoci scoraggiare, continuiamo a sperare e a pregare, perché è Dio, è Lui che guida la storia. Che ci ascolti!»

Da tempo stiamo aspettando una parola (le parole non costano niente) del Santo Padre che condanna l’assedio dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, il blocco illegale e disumano del Corridoio di Berdzor (Lachin), nonché il genocidio in corso. È vero che “le regioni lacerate dalla guerra sono tante”, ma è inammissibile che trova una parola solo per l’Ucraina, mentre l’Artsakh è attualmente l’unico Paese al mondo che è totalmente bloccata, con 120.000 persone, tra cui 30.000 bambini isolati dal resto del mondo, sull’orlo di una carestia mortale. E questo messo in atto dall’Azerbajgian, che non è meglio della Russia in Ucraina, per costringere gli Armeni dell’Artsakh con l’arma della fame di integrarsi nell’Azerbajgian per essere sottoposti alla pulizia etnica.

Ieri, noi abbiamo rivolto al santo taumaturgo libanese San Charbel la “preghiera per problemi difficile e urgenti”:

«Glorioso santo Charbel, intercessore in tutti i problemi difficili, ascolta le nostre preghiere! Tu che hai passato la vita in solitudine, in un eremo umile, che non hai pensato al mondo o alle sue gioie, che sei stato benedetto con doni e grazie, prenditi cura di coloro per cui ora ti invocano.
Miracoloso San Charbel che sei seduto alla destra di Dio Padre, ti chiediamo di intercedere per gli Armeni Cristiani dell’Artsakh, affinché Egli gli apra la sua mano benedetta e gli aiuti nelle difficoltà con la sua misericordia, che con il suo amore e la sua bontà illumini la loro mente, aumenti la loro fede e fortifichi la loro volontà per continuare le loro preghiere e suppliche davanti a te e a tutti i santi.
Oh San Charbel, tu che fai miracoli e prodigi soprannaturali, che curi i malati,  che restituisci la vista ai ciechi e il movimento al paralitico, che dai amore a chi vive in solitudine, rifugio per i senzatetto, giustizia a coloro che si sentono minacciati, protezione ai molestati e aiuto ai bisognosi, guardagi con pietà.
Aiutagli con la tua clemenza e concedigli la grazia che con grande fede ti imploriamo.
Monaco venerabile San Charbel, chiediamo la tua intercessione per gli Armeni Cristiani dell’Artsakh in questi tempi difficili, concedigli prontamente ciò che chiedono e dagli la tua protezione nelle loro vite, trattienigli da tutti i mali e i pericoli, in modo che sia chiaro per loro la via della salvezza.
Aiutagli a continuare a fare del bene ed evitare il male.
Attraverso Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.
Credo, Padre nostro, Ave Maria e Gloria».

Combattiamo le falsità nel nome della verità, della giustizia e della pace

Pensando alle parole e alle cose, le notizie che riportiamo non sono inconfutabile. Non lo sono per l’Armenia, come non lo sono per l’Azerbajgian, anche se l’autocrate di Baku, Ilham Aliyev, pensa che il suo verbo è inconfutabile.

Inconfutabile significa quanto non può essere dimostrato infondato o erroneo. Già per la produzione della fabbrica di menzogna di Aliyev non è difficile dimostrare l’infondatezza e che è erronea, con i fatti alla mano e la memoria storica. Comunque, Aliyev non deve pensare che l’inconfutabilità sia un pregio. Il filosofo della scienza, Raimund Popper ha scritto: «L’inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto». Affermava che non esiste alcun metodo di verificazione per accertare la verità di un’ipotesi, perché nessuna verità può essere dimostrata vera da osservazioni empiriche particolari, perché «per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che possiamo aver osservato, ciò non giustifica la conclusione che tutti i cigni sono bianchi». Ciò che i riscontri empirici possono fare non è verificare una teoria ma dimostrarla falsa. Esiste un’asimmetria essenziale tra verificabilità e falsificabilità: una verità dichiarata non può mai essere verificata da osservazioni particolari, anche numerosissime, ma può essere dimostrata falsa da una sola osservazione empirica che la contraddica.

Quanto non nato dall’osservazione ma da un teorema, sul quale si è formulata un’ipotesi da cui si deducono delle conseguenze, va controllato mediante l’esperienza empirica. Quest’ultima, quindi, non ha il compito di verificare la verità di un teorema o una supposizione, ma solo – eventualmente – di confutarle. Perciò il vero fact-checker non cerca conferme di un suo teorema, bensì confutazioni di quanto si suppone sia vero sulla base dei fatti, così da smascherare le menzogne. È una concezione spietata, quella popperiana, una lotta darwiniana per la sopravvivenza dei teoremi, in cui per affermarsi come più verosimilmente vere, bisogna “annientare” la propria controparte. È semplicemente la conduzione della guerra con armi che comunque possono essere letali come le pallottole, le bombe e i missili.

Popper raccontò che la scintilla per l’elaborazione del suo approccio – detto fallibilismo o falsificazionismo – era scoccata in lui nel 1919, sentendo Einstein affermare a una conferenza che «se non esistesse lo spostamento delle righe spettrali verso il rosso a opera del campo gravitazionale, allora la teoria della relatività generale risulterebbe insostenibile». Sconvolto e ammirato da questa postura intellettuale, Popper ne concluse che l’atteggiamento scientifico era quello «critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali» che «avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

In Karabakh gli armeni muoiono di fame: “L’Azerbaijan responsabile del genocidio” (La Stampa 16.08.23)

l genocidio degli armeni del Nagorno Karabakh è iniziato. «Martedì 15 agosto, un uomo residente a Stepanakert, la capitale, è morto per denutrizione». Lo afferma Gegham Stepanyan, Garante dei Diritti civili della piccola Repubblica caucasica, un fazzoletto di terra intrappolato nell’Azerbaijan e in una guerra lunga oltre trent’anni. Dallo scorso 12 dicembre gli azeri hanno chiuso il Corridoio di Lachin, l’unico accesso all’enclave armena per costringerla alla capitolazione e condannarla alla definitiva occupazione. E da oltre otto mesi il Karabakh non riceve più rifornimenti di cibo, medicine e generi di prima necessità. L’Azerbaijan ha inoltre interrotto le forniture di gas, acqua potabile ed elettricità: per i 120.000 abitanti del Karabakh è iniziata una gravissima crisi umanitaria, il Paese è allo stremo.
«Le conseguenze catastrofiche del blocco sono drammaticamente evidenti nel settore della sanità, perché sta colpendo i gruppi più vulnerabili della popolazione: bambini, donne incinta, pazienti con malattie croniche, persone con disabilità e anziani» conferma l’Ombusman. Secondo le stime del Ministero degli Esteri armeno «in Karabakh sono 8450 i malati gravi privi di cure adeguate, 2000 le donne in gravidanza senza assistenza, 30.000 i bambini e 20.000 gli anziani a rischio malnutrizione, 9000 i disabili abbandonati a sé stessi». Persone a cui l’Azerbaijan impedisce di trovare rifugio in Armenia.
«La catastrofica situazione alimentare causata dagli azeri sta creando episodi di malnutrizione e tra poche settimane saremo alla fame. Inoltre, la mancanza di medicinali sta paralizzando gli ospedali e migliaia di persone non possono essere più curate» spiega Gegham Stepanyan. Una situazione drammatica a cui il regime del presidente azero Ilham Aliyev non sembra voler porre fine, anzi, perché tutti gli appelli della Comunità internazionale sono fino ad ora letteralmente caduti nel vuoto. Compreso quello inviato lo scorso 6 luglio dalla Corte internazionale dell’Aja per intimare all’Azerbaijan la rottura dell’assedio: «Negare il diritto alla libera circolazione di persone, veicoli e merci costituisce plausibilmente una discriminazione razziale». Persecuzione etnica, dunque. Durissime anche le parole del presidente del Nagorno Karabak, Araik Arutyunyan, nella sua ultima lettera al Consiglio europeo: «Il mio Paese è stato trasformato in un immenso campo di concentramento». Non lascia scampo neanche il rapporto pubblicato l’8 agosto dall’ex Procuratore capo della Corte penale internazionale, Luis Moreno Ocampo. «Non ci sono forni crematori nè attacchi a colpi di machete. La fame è un’arma di genocidio invisibile. In mancanza di cambiamenti rilevanti e tempestivi, questo gruppo di armeni verrà distrutto in poche settimane» ha denunciato l’alto magistrato argentino. Le immagini del povero Karen Hovhannisyan, 43 anni, il corpo consumato dalla fame e dagli azeri fino alla morte, testimoniano che lo sterminio degli armeni del Nagorno Karabakh è già iniziato, invisibile solo agli occhi di chi non vuol vedere.

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Gli osservatori Ue coinvolti nelle sparatorie di confine tra Armenia e Azerbaigian. Nessun ferito (Eunews 16.08.23)

Bruxelles – Continuano, senza pausa, le tensioni tra Armenia e Azerbaigian lungo il confine e in Nagorno-Karabakh. Ma nell’ultimo episodio di escalation armata è rimasta indirettamente coinvolta anche l’Unione Europea. Come confermato su X (precedentemente Twitter) dalla missione civile Ue in Armenia (Euma) una pattuglia di osservatori europei “è intervenuta in occasione di una sparatoria nella nostra area di responsabilità”, ma “nessun membro Euma è stato ferito“. Si tratta di una prima volta dall’inizio delle operazioni a febbraio – e nel pieno degli sforzi diplomatici di Bruxelles – anche se gli spari di confine tra i due Paesi caucasici al momento sono di origine e responsabilità non chiarita.

Nagorno Karabakh Armenia AzerbaijanLa comunicazione dell’Euma è stata caratterizzata da un equivoco quantomeno bizzarro. Dopo che il segretario stampa del ministero della Difesa armeno, Aram Torosyan, aveva per primo dato notizia ieri (15 agosto) sul fatto che l’esercito azero aveva “scaricato il fuoco contro gli osservatori dell’Ue”, sulla stessa pagina X della missione civile Ue in Armenia era apparso un post (poi cancellato) con un perentorio “falso”. Solo poche ore più tardi è stato pubblicato l’aggiornamento di rettifica che ha dato ragione al portavoce armeno, almeno nella parte in cui è stata confermata la presenza della pattuglia europea durante gli spari, senza nessun riferimento alla responsabilità azera. Da parte di Baku è stata respinta l’accusa armena degli spari da parte dell’Azerbaigian come “teoricamente e praticamente impossibili”, dal momento in cui l’esercito era a conoscenza della presenza di pattuglie Ue nella zona. Dallo scorso 20 febbraio Euma è presente in Armenia con l’obiettivo di contribuire alla stabilità nelle zone di confine tra Armenia e Azerbaigian.

Il nuovo episodio di tensione si iscrive in una guerra congelata che va avanti dal 1992 , con scoppi di violenze armate ricorrenti. Il più grave degli ultimi anni è stato quello dell’ottobre del 2020: in sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh. Mentre l’Ue è impegnata in un difficilissimo sforzo di mediazione diplomatica e sul campo per risolvere la questione dei confini e dell’integrità territoriale, per oggi (16 agosto) è prevista una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull’aggravarsi della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, in particolare dopo che l’Azerbaigian ha preso il controllo del corridoio di Lachin e ha bloccato la fornitura di aiuti umanitari.

La difficile mediazione Ue sul Nagorno-Karabakh

Armenia Azerbaijan UE
Da sinistra: il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan

Dopo le sparatorie alla frontiera tra i due Paesi di fine maggio dello scorso anno il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha cercato di rendere sempre più frequenti i contatti diretti con il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, e il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. La priorità dei colloqui di alto livello è sempre stata posta sulla delimitazione degli oltre mille chilometri di confine. Tuttavia, mentre a Bruxelles si sta provando da allora a trovare una difficilissima soluzione a livello diplomatico, sul terreno non si è mai allentata la tensione. Nel mese di settembre sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaigian, che si accusano a vicenda di bombardamenti alle infrastrutture militari e sconfinamenti di truppe di terra.

La mancanza di un monitoraggio diretto della situazione sul campo da parte della Russia – che fino allo scoppio della guerra in Ucraina era il principale mediatore internazionale – ha portato alla decisione di implementare una missione Ue. Dopo il compromesso iniziale con Yerevan e Baku raggiunto il 6 ottobre a Praga in occasione della prima riunione della Comunità Politica Europea, 40 esperti Ue sono stati dispiegati lungo il lato armeno del confine fino al 19 dicembre dello scorso anno. Una settimana prima della fine della missione l’Azerbaigian ha però bloccato in modo informale – attraverso la presenza di pseudo-attivisti ambientalisti armati – il corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia e al mondo esterno per gli oltre 120 mila abitanti dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh). Da 154 giorni su questa strada sono in atto forti limitazioni del transito di beni essenziali come cibo e farmaci, gas e acqua potabile, e gli unici a poterla percorrere sono i soldati del contingente russo di mantenimento della pace e il Comitato internazionale della Croce Rossa.

Azerbaigian Armenia Corridoio Lachin
Soldati dell’Azerbaigian al posto di blocco sul corridoio di Lachin (credits: Tofik Babayev / Afp)

A seguito dell’aggravarsi della situazione nel corridoio di Lachin, il 23 gennaio è arrivata la decisione del Consiglio dell’Ue di istituire la missione civile dell’Unione Europea in Armenia (Euma) nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, con l’obiettivo di contribuire alla stabilità nelle zone di confine e garantire un “ambiente favorevole” agli sforzi di normalizzazione dei due Paesi caucasici. Ma la tensione è tornata a crescere lo scorso 23 aprile, con la decisione di Baku di formalizzare la chiusura del collegamento strategico attraverso un posto di blocco, con la giustificazione di voler impedire la rotazione dei soldati armeni nel Nagorno-Karabakh “che continuano a stazionare illegalmente nel territorio dell’Azerbaigian”. Da Bruxelles è arrivata la risposta secca dell’alto rappresentate Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “I diritti e la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh devono essere sempre garantiti”. Dopo la ripresa delle discussioni a maggio, lo scorso 15 luglio si è tenuto un nuovo round di negoziati di alto livello tra Michel, Aliyev e Pashinyan – “una delle fasi più complete e vigorose dei negoziati tra Armenia e Azerbaigian”, ha garantito il presidente del Consiglio Ue – ma ormai è diventata una costante l’alternarsi di speranze diplomatiche e tensioni crescenti sul campo.

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Rassegna Stampa dal 01 al 15 agosto 2023 – Armenia e Nagorno Karabakh

Armenia, intervenire prima che sia troppo tardi!!! (Cultura Cattolica 15.08.23)

Nagorno-Karabakh, la Russia chiede all’Azerbaigian di sbloccare una rotta umanitaria per l’Armenia (Repubblica 15.08.23)

247° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Nessun Stato ha il diritto di usare cibo e acqua come armi (Korazym 14.08.23)

Armenia: dove si trova, curiosità, luoghi di interesse, storia e sicurezza del paese (Viagginanopress 14.08.23)

#ArtsakhBlockade. Gli “Imagine Dragons” a Baku. La petizione per chiedergli di cancellare il concerto (Korazym 14.08.23)

Ore decisive nell’assedio del Nagorno-Karabakh, l’Armenia chiede l’intervento Onu. “E’ in corso un genocidio” (Repubblica 14.08.23)

Armenia, Bonfrisco (Gruppo ID-Lega): comunità internazionale completamente immobile (Agenparl 14.08.23)

245° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Chi fermerà l’Azerbajgian terrorista? Preghiamo per l’Artsakh! (Korazym 13.08.23)

#ArtsakhBlockade. #FactChecking. Perché Aliyev affama l’Artsakh? Azione legale collettiva a Washington contro l’Anglo Asian Mining (Korazym 13.08.23)

«Vi imploro di fermare il genocidio del popolo dell’Artsakh» (Tempi 12.08.23)

Minassian: un crimine contro l’umanità a Lachin, bimbi e vecchi alla fame (VaticanNews 12.08.23)

Narsete, il santo armeno che cercava l’unità tra i cristiani (Lanuovabq 12.08.23)

244° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Un toast tagliato a metà su tutti i Tg. Per 120.000 Armeni ridotti alla fame da 8 mesi, niente (Korazym 12.08.23)

Leonida Edizioni — Xenia Book Fair — il trio musicale armeno di fama mondiale “Khachaturian” incanta l’Arena dello Stretto (Ildispaccio 12.08.23)

La memoria del genocidio degli armeni (Libero 12.08.23)

243° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. «Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto» (Korazym 11.08.23)

Nagorno-Karabakh: blocco del corridoio di Lachin. Appello del Patriarca Minassian, “è un crimine contro l’umanità e nessuno fa nulla” (SIR 11.08.23)

Il lager degli armeni (Lastampa 10.08.23)

242° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. 120.000 persone alla fame sotto la minaccia di pulizia etnica in Nagorno-Karabakh (Korazym 10.08.23)

#ArtsakhBlockade. Se non fermata, l’aggressione azera continuerà fino a quando non ci saranno più Armeni (Korazym 09.08.23)

«Il quartiere armeno di Gerusalemme non è in vendita» (Terra Santa 09.08.23)

241° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh, il cui popolo fa morire di fame sotto i nostri occhi (Korazym 09.08.23)

#ArtsakhBlockade. Aliyev sta commettendo la pulizia etnica nel Caucaso meridionale sotto i nostri occhi (Korazym 09.08.23)

La situazione della libertà di informazione in Armenia, intervento dell’Ambasciatore (Articolo21 08.08.23)

Nagorno-Karabakh: appello delle Chiese all’Unione europea per la popolazione nel Lachin, 120.000 persone senza cibo, medicine e elettricità. “Diritti umani violati” (Agensir 08.08.23)

Il Karabakh come un lager, il mondo fermi il genocidio degli armeni (La Stampa 08.08.23)

240° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Le sanzioni avrebbero dovuto essere sul tavolo già da molto tempo. La pace costa meno della guerra (Korazym 08.08.23)

239° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. “Non fateci morire di fame”, implorano i 30.000 bambini Armeni dell’Artsakh (Korazym 07.08.23)

Israel fornisce armi all’Azerbajgian, nonostante l’elefante nella stanza, che la comunità internazionale esita ad affrontare a causa della geopolitica (Korazym 06.08.23)

238° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. L’Azerbajgian si prepara all’uso della forza (Korazym 06.08.23)

237° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Non c’è pace se non si può crescere i figli in un ambiente sicuro (Korazym 05.08.23)

Gli azeri bloccano la Croce rossa: arrestato un paziente armeno per “crimini di guerra” commessi nel 1991 (Tempi 04.08.23)

236° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Holodomor per l’Artsakh con 30.000 bambini (Korazym 04.08.23)

LETIZIA LEONARDI HA RICEVUTO LA MEDAGLIA DI GRADITUDINE DELL’ARMENIA (Corriere Etrusco 04.08.23)

Nagorno-Karabakh, a un passo dalla crisi umanitaria (Formiche 03.08.23)

Tigran Hamasyan: com’è trovarsi di fronte a un autentico uragano del pianoforte (Tiscali 03.08.23)

235° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. “Non avete pane? Mangiate la pasta!” (Korazym 03.08.23)

Armenia, in viaggio attraverso il tempo nel cuore del Caucaso (La Repubblica 02.08.12)

Ani Nersesyan si aggiudica il Premio Energheia Germania 2023 (Trmtv 01.08.23)

233° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Sbloccare l’umanità di Artsakh… per umanizzare la terra (Korazym 01.08.23)

Tensioni al corridoio di Lachin, Erevan accusa Baku di embargo sul Nagorno-Kharabakh (Euronews 01.08.23)

Armenia – Azerbaijan, nuovi disaccordi sul corridoio di Lachi (Osservatorio Balcani e Caucaso 01.08.23)

A 120 anni dalla nascita di Aram Khachaturian, il concerto dedicato al compositore armeno al Politeama (Palermotoday 01.08.23)

Presidente armeno a Nova: L’Italia può aiutare a rimuovere il blocco del Corridoio di Lachin imposto dall’Azerbaigian (AgenziaNova 01.08.23)

Pe, preoccupati da peggioramento situazione Nagorno-Karabakh (Ansa 01.08.23)

Quale futuro per il Nagorno-Karabakh? Lo abbiamo chiesto ai leader di Armenia e Azerbaigian (Euronews 01.08.23)

 

 

 

Rassegna Stampa Luglio 2023 – Armenia e Nagorno Karabakh

Una crisi umanitaria senza precedenti minaccia gli armeni cristiani del Nagorno Karabakh (Insider Over 31.07.23)

231° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. “Cibo per la vita”. “O lo restituite. O siete complici” (Korazym 30.07.23)

Rassegna Stampa dal 22 al 30 giugno 2023

Armenia, una storia di gestazione per altri (Osservatorio Balcani e Caucaso 22.06.23)

193° giorno del #ArtsakhBlockade. Altre armi all’autocrate azero: quanto è debole la politica estera italiana (Korazym 22.06.23)

Armenia e Led Zeppelin per il piano di Hamasyan (Larena 22.06.23)

Comprano in Ue, vendono a Putin: le rete ex Urss che aggira le sanzioni (La Repubblica 23.06.23)

Russia e Bielorussia vogliono essere i tutori dell’Armenia (Asianews 23.06.23)

L’Europa condanna l’Azerbaijan: “Stop all’isolamento del Karabakh: Baku viola i diritti umani e incita all’odio contro gli armeni” (LaStampa 23.06.23)

194° giorno del #ArtsakhBlockade. L’UE è complice della negazione da parte dell’Azerbajgian del diritto all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh (Korazym 23.06.23)

Armeni in Italia: “Armi all’Azerbaigian inaccettabili”/ “Roma condanni il regime” (Il Sussidiario 23.06.23)

Tigran Hamasyan. A Verona il pianista e compositore armeno (Vocedimantova 23.06.23)

Raphael Bedros XXI Minassian: “Non dimenticate gli armeni del Nagorno Karabakh” (Vatican News 24.06.23)

95° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian installa una barriera di cemento sul Corridoio di Lachin, rafforzando la pulizia etnica in atto (Korazym 24.06.23)

Vaticano, nuovo Sos per il destino di 120 mila cristiani armeni, il vescovo Minassian parla di crisi umanitaria grave (Il Messaggero 25.06.23)

196° giorno del #ArtsakhBlockade. “Non dimenticate gli Armeni del Nagorno-Karabakh”. “Se sei neutrale in situazioni di ingiustizia, hai scelto la parte dell’oppressore” (Korazym 25.06.23)

Il Nagorno Karabakh soffocato dal blocco attende una soluzione diplomatica (Lanuovabq 26.06.23)

Le tante provocazioni azere, preludio all’invasione dell’Armenia (Tempi 26.06.23)

97° giorno del #ArtsakhBlockade. L’ostilità e l’incitamento all’odio anti armeno mette in discussione la sincerità e la volontà di pace azera (Korazym 26.06.23)

Cenacolo nel mirino degli estremisti ebrei (Lanuovabq 27.06.23)

198° giorno del #ArtsakhBlockade. Le aggressioni azere quotidiane contro l’Artsakh e l’Armenia sono il preludio dell’invasione alla prima occasione (Korazym 27.06.23)

Il placido fascino a due passi dalla Serenissima: scopriamo le meraviglie della Laguna Veneta  (Paesionline 27.06.23)

Nagorno-Karabakh: atteso negli Usa un nuovo round tra Armenia e Azerbaigian (OR 27.06.23)

ALTRI SOLDATI ARMENI UCCISI: FERMATE IL CRIMINALE ALIYEV! (Politicamentecorretto 28.06.23)

199° giorno del #ArtsakhBlockade. La folle resilienza degli Armeni determinati a vivere nella loro terra ancestrale in Artsakh. Un altro modo di combattere (Korazym 28.06.23)

Ratifica accordo giustizia Italia-Armenia: Giacobbe (Pd) annuncia voto favorevole del partito (Aise 28.06.23)

Antony Blinken incontra Ceyhun Bayramov e Ararat Mirzoyan, a Washington (Trt 28.06.23)

#ArtsakhBlockade. La “pace” secondo Aliyev. Lo dice e quello che dice fa (Korazym 28.06.23)

Dalle Marche alle montagne armene: per Lorenzo l’ennesima sfida da vincere (Youtvrs 29.06.23)

REMARE DA MARSIGLIA A BEIRUT PER LA PACE E LA SOLIDARIETÀ (Gariwo 29.06.23)

200° giorno del #ArtsakhBlockade. Con il tacito consenso del mondo civilizzato il regime autocratico azero-turco sta distruggendo il popolo cristiano armeno dell’Artsakh (Korazym 29.06.23)

I giovani russi fuggiti in Armenia, un esercito di pace (La Ragione 29.06.23)

I mille volti dell’Armenia, terra sospesa tra due guerre che vuole ripartire puntando sull’imprenditoria (Forbes 21.06.23)

Armenia, terra degli ossimori, dove convivono modernità e tradizione, pace e guerra, passato e futuro. Questo Paese di quasi 3 milioni di abitanti distribuiti in 29.743 km di superficie oggi ha molte anime diverse, e serve conoscerle tutte per capirne a pieno la direzione.

Yerevam oggi si trova sospesa tra due guerre, una lontana e una alle porte, che però non paiono rendere la vita della capitale diversa da com’è sempre stata. Anzi, questo territorio di mezzo tra est ed ovest potrebbe sfruttare proprio questo momento storico per farsi crocevia e punto d’incontro tra mondi solo in apparenza lontani.

Il conflitto con l’Azerbaijan

La dissoluzione dell’Urss ebbe molteplici conseguenze, una fu l’inevitabilmente ritorno alle differenti identità nazionali. Ma spesso questo processo di identificazione non è risultato facile, in quanto in molti stati coesistono differenti nazionalità, con lingue e tradizioni diverse.

Uno dei conflitti più celebri dell’aerea post sovietica è appunto quello del Nagorno Karabakh, regione a maggioranza armena all’interno dei confini dell’Azerbaijan. La guerra del 1994 aveva visto la vittoria armena che era riuscita a ottenere il controllo della regione ma anche di aree circostanti non abitate da armeni, causando centinaia di sfollati. Per due decenni la situazione è rimasta tesa ma stabile, fino a quando nel 2020 l’Azerbaijan ha deciso di tornare all’attacco.

Dopo un’imponente offensiva, in soli 44 giorni di guerra e oltre 7mila morti, l’Armenia si è dovuta ritirare dalla regione, e accettare l’armistizio con mediazione russa, in cui si riconosceva all’Azerbaijan il controllo di tutti i territori adiacenti il Nagorno Karabakh, nonché parte dell’ex regione autonoma.

La guerra ha causato migliaia di sfollati, ma buona parte della popolazione armena (circa 140mila persone) continua a vivere nella regione, protetta da un contingente della Federazione russa, in un contesto che pare sempre più fragile. Se infatti Mosca è da sempre alleata degli armeni, gli azeri possono contare su un altro potente amico, ovvero la Turchia. Dopo l’inizio del conflitto con l’Ucraina i rapporti di forza tra i due giganti sono però cambiati, e la voglia del Cremlino di schierarsi contro Istanbul pare sempre minore.

L’esodo russo

Ma se da un lato il conflitto alle porte è una fonte di tensione, dall’altro quello tra i due giganti dell’ex area sovietica sta portando a conseguenze inaspettate per l’economia armena. Dall’invasione russa infatti, nel solo 2022 oltre 372mila russi sono arrivati ​​in Armenia, secondo i dati ufficiali del governo di Yerevam, che vanno a sommarsi ai 156.496 dello stesso periodo dell’anno precedente.

La repubblica caucasica, come alcuni dei suoi vicini, rimangono gli ultimi porti franchi per chi vuole sfuggire all’attuale situazione economica della Russia, o molto più umanamente sottrarsi al servizio di leva ed evitare il fronte. Molte di queste persone non si sono stabilite qui e hanno proseguito la diaspora verso l’Europa. Ma coloro che lo hanno fatto sono più che sufficienti per trasformare profondamente il tessuto sociale e l’economia del Paese.

L’aumento dei prezzi degli immobili

Una delle conseguenze più immediate per gli armeni è stato il rapido aumento dei prezzi degli immobili, in particolare a Yerevan, che ha innescato sfratti e “cacciato” la fascia a basso reddito della popolazione fuori dalle aree centrali a discapito dei nuovi affittuari russi in arrivo.

Ma allo stesso tempo, l’arrivo di decine di migliaia di russi, spesso con redditi disponibili significativamente più alti rispetto ai locali, ha contribuito a una sorta di boom economico in tutta l’Armenia. LBanca europea già nei primi mesi del 2022 era stata costretta a rivedere tutte le proprie previsioni in modo vertiginoso: dal 4,5% all’8%.

Molte delle persone che si sono trasferite sono informatici, ingegneri e professionisti qualificati, ma anche molti imprenditori o nuovi imprenditori che in Armenia hanno aperto nuovi bar, caffè, scuole e media, trasformando in modo rapidissimo la città e la sua offerta, e rendendola palcoscenico elettivo per nuove importanti manifestazioni culturali.

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Armenia

Armenia, nuovo punto d’incontro

Gegham Kazarian, barman-imprenditore , ha passato gli ultimi anni della sua vita in Spagna, ad Alicante, dove ha fondato “Kazari’s Project”, un progetto a 360° tra mixology, cucina, hospitality. Anche lui, come molti altri expat, ha deciso di approfittare di questo momento storico particolare per provare a tornare nel suo Paese natio e partire con nuovi progetti. Il primo e forse più importante è la Yerevan Cocktail Week.

L’evento, che si è tenuto a maggio, e conclusasi con successo, è stata un vero e proprio festival internazionale legato alla bar industry, che ha avuto ospiti da tutto il mondo, e si è svolta in diversi bar e ristoranti delle città.

Ma uno dei motivi per cui tanti professionisti ed appassionati hanno deciso di prendere un volo per raggiungere l’Armenia, è che qui si sono potuti rincontrare e assaggiare alcuni dei più celebri bartender europei e russi, storicamente abituati a scambi e collaborazioni, e ora forzatamente lontani da due anni. In questo senso l’Armenia può fungere da “Svizzera” del Caucaso, territorio di incontri e confronti culturali, di aperture e distensioni di pace tra popoli lontani. E questo non è certo cosa da poco per un Paese sospeso tra due guerre.

 

ALTRE ARMI AL DITTATORE AZERO: QUANTO È DEBOLE LA POLITICA ESTERA ITALIANA (Politicamentecorretto 21.06.23)

ALTRE ARMI AL DITTATORE AZERO: QUANTO È DEBOLE LA POLITICA ESTERA ITALIANA

Nelle scorse settimane è stata diffusa la notizia della vendita all’Azerbaigian di (almeno) due aerei da trasporto militare da parte di Leonardo. Tale fornitura si aggiunge a quelle precedenti nel solco di sempre più stringenti contatti, anche nel campo della Difesa, tra l’Italia e l’Azerbaigian.

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Le organizzazioni e associazioni armene in Italia osservano con estrema preoccupazione non solo il rafforzamento dell’arsenale bellico azero con crescenti forniture e addestramenti anche dallo Stato italiano, ma soprattutto l’assoluta assenza di Roma, ormai appiattita sulle posizioni del regime azero, nelle discussioni internazionali sul contenzioso armeno-azero, come peraltro ben evidenziato dalla mancata partecipazione ai recenti vertici organizzati sul tema dall’Unione europea.

In particolare:

–        L’Italia continua a fornire armi e assistenza a un Paese formalmente in guerra, in violazione della legge 185/1990;

 

–        Nell’attuale prima forza politica di governo è presente una qualificata lobby filo azera (parlamentari e ministri) che non ha alcuna remora nel manifestare la propria vicinanza al regime azero nonostante gli indici internazionali di settore collochino l’Azerbaigian agli ultimissimi posti per libertà di stampa, rispetto dei diritti civili e politici, percezione della corruzione (al riguardo: RSF, Freedom house, Trasparency)

 

–        La conclusione di accordi commerciali anche con le peggiori dittature non deve essere alibi per “dimenticare” quei principi e valori democratici che sono alla base delle istituzioni italiane;

 

–        La politica estera dell’Italia, nel caso specifico, è caratterizzata da debolezza, paura e incapacità di assumere un ruolo che non sia quello di mero esecutore di ordini altrui;

 

–        L’Italia non ha speso una sola parola di solidarietà o comunque di attenzione verso la popolazione armena del Nagorno Karabakh (Artsakh) che è isolata dal resto del mondo da oltre sei mesi a causa del blocco azero lungo il corridoio di Lachin;

 

–        L’Italia, nonostante sensibilizzazioni politiche e diplomatiche al riguardo, non ha inteso intervenire con azioni umanitarie – a differenza di quanto fatto da altre nazioni europee – per ottenere la liberazione di almeno alcuni prigionieri di guerra armeni ancora illegalmente detenuti nelle carceri azere a quasi tre anni dalla fine della guerra.

Come cittadini italiani di origine armena siamo sconcertati di fronte alla politica italiana e registriamo con amarezza i commenti internazionali sui social riguardo al comportamento delle istituzioni e la loro vicinanza a un autocrate guerrafondaio e ai sospetti che le azioni di taluni siano motivate solo da tornaconti economici.

Nonostante i secolari rapporti culturali, religiosi e sociali fra la nazione armena e quella italiana, con amarezza dobbiamo constatare come l’Italia abbia oggi fatto una scelta di campo, schierandosi dalla parte di una pericolosa dittatura come quella azera e rinunciando alla propria dignità politica e istituzionale.

Le organizzazioni e associazioni armene in Italia confidano che il governo italiano voglia modificare la propria posizione: gli antichi legami restano, il gas (e il caviale) di Baku prima o poi finisce.

Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia

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Nel Nagorno-Karabakh la disputa per le risorse del lago di Sarsang quasi prosciugato da siccità e sfruttamento intensivo (Osservtore Romano 21.06.23)

La siccità è solo concausa della grave crisi idrica in cui versa il bacino di Sarsang, nella regione del Nagorno-Karabakh. La causa principale è invece il conflitto irrisolto tra queste montagne del Caucaso, che vede contrapporsi armeni e azeri anche sullo sfruttamento delle risorse idriche. Sono passati oltre sei mesi dal 12 dicembre, quando è iniziato il “blocco” del corridoio di Lachin, unica striscia di territorio che collega l’Armenia e il Nagorno-Karabakh. E nel mese di aprile gli azeri hanno istituito un vero e proprio posto di blocco lungo il Corridoio, limitando gli spostamenti verso la regione quasi esclusivamente ai mezzi di Croce rossa internazionale e peacekeeper russi. Per gli armeni del Nagorno-Karabakh una privazione della libertà di movimento e una condizione di isolamento dal resto del mondo.

Al dramma umanitario nel quale si trovano i circa 120.000 armeni sempre più arroccati nell’area, considerata da Baku parte integrante del territorio azero, si aggiunge ora la problematica ambientale. La guerra del 2020 ha visto l’Azerbaigian conquistare circa 30 impianti idroelettrici prima controllati dagli armeni e questa regione ricca di risorse idriche si è ritrovata così dipendente dall’Armenia per il fabbisogno di energia. Lo scorso inverno è stato segnato da continue interruzioni nelle forniture a causa di danni alla rete con l’Armenia, ancora non riparati poiché i cavi danneggiati si trovano nel territorio sotto controllo azero. Tutto ciò ha comportato uno sfruttamento intensivo delle riserve del bacino di Sarsang, dove si trova l’unico dei sei impianti idroelettrici della regione ancora sotto controllo armeno in grado di contribuire al fabbisogno energetico.

La siccità primaverile è stata poi complice dell’attuale record di penuria di acqua, tanto da costringere le autorità a ricorrere, a fine maggio, a blackout programmati. Le prospettive in vista dell’estate non sono rosee, considerando che dalle acque del Sarsang dipendono anche migliaia di agricoltori azeri nella valle del fiume Tartar.

Il controllo dello sfruttamento delle risorse idriche è un tema caldo nei rapporti tra Armenia e Azerbaigian. Baku nel febbraio 2023 ha avviato un arbitrato contro Yerevan ai sensi del Trattato sulla Carta dell’Energia, nel quale viene contestata la costruzione tra il 1991 e il 2020 di almeno 37 impianti idroelettrici “non autorizzati” nel Nagorno-Karabakh. (valerio palombaro).

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