Armenia, maxi rissa in Parlamento tra opposizione e maggioranza (Corriere 26.08.21)

Sono intervenute le forze di sicurezza per portare via i protagonisti

In Armenia è scoppiata una maxi rissa in Parlamento, tra opposizione e maggioranza del governo del premier, Nikol Pashinyan. Il tema in discussione era la guerra contro l’Azerbaïdjan del 2020. Dai banchi dell’opposizione sono volate bottigliette d’acqua contro i deputati dell’altra fazione e da lì la bagarre. La seduta è stata interrotta, poi la maxirissa è stata sedata dall’intervento delle forze di sicurezza che hanno portato via i tutti protagonisti.

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Van: cimitero armeno vandalizzato con bulldozer, sparse lapidi e ossa (Asianews 25.08.21)

La vicenda emersa nel distretto di Tuşba, nella provincia orientale turca. Il parlamentare di opposizione Murat Sarısaç ha presentato una interrogazione. Secondo alcune fonti dietro il danneggiamento vi sarebbe un proprietario terriero locale. Si moltiplicano gli episodi di violenze, abusi e danneggiamenti di beni e proprietà delle minoranze.

Istanbul (AsiaNews/Agenzie) – Alcuni vandali, al momento ignoti, hanno danneggiato diverse tombe (cristiane) di un cimitero armeno nel distretto di Tuşba, nella provincia di Van, nell’estremo orientale della Turchia. Sulla vicenda il deputato turco di opposizione Murat Sarısaç, esponente del Partito democratico dei popoli (Hdp, filo-curdo), ha presentato ieri un esposto e chiesto che sia aperta una interrogazione parlamentare.

Il sobborgo di Kalecik, noto anche come Lezk, era un quartiere armeno prima del genocidio del 1915. L’Agenzia per lo sviluppo abitativo (TOKİ) ha promosso la costruzione di diversi nuclei abitativi nell’area dopo il devastante terremoto di Van del 2011. Testimoni locali riferiscono che, nei giorni scorsi, un proprietario terriero ha portato dei bulldozer nei pressi del cimiterio e danneggiato di proposito le tombe. Secondo un rapporto della Mesopotamia Agency (Ma) sono state rimosse e sparse anche lapidi e ossa.

Nelle immagini raccolte dalle telecamere a circuito chiuso, sottolinea il deputato Murat Sarısaç, “si vede che le lapidi sono danneggiate e decine di ossa del cimitero sono sparpagliate sul terreno”. L’esponente Hdp aggiunge che incidenti simili si sono verificati spesso in passato a Van, a conferma che non sono state prese sinora misure adeguate dalle autorità centrali e locali per “proteggere monasteri, chiese e cimiteri storici”.

“Nel 2017 – ricorda – sono stati costruiti un bagno, uno spogliatoio e un parcheggio a Dilkaya Tumulus e nel cimitero armeno di Can“. “A causa della caccia al tesoro in atto e alla negligenza delle autorità esecutive – ha poi aggiunto – le strutture storiche e culturali di Van hanno subito pesanti danneggiamenti”. Sarısaç si è appellato al primo vice-presidente turco Fuat Oktay, chiedendo l’apertura di un’indagine sulla vicenda e sul perché funzionari locali e polizia non proteggano i cimiteri armeni e il patrimonio culturale e religioso. Egli domanda infine quale sia la posizione del governo centrale sugli atti vandalici e se sia stato fatto “un inventario dei monasteri, delle chiese e di altri beni culturali armeni nella regione”.

Per le minoranze la profanazione del cimitero armeno è solo l’ultimo di una serie di episodi controversi, che manifestano il mancato rispetto – se non il disprezzo e mercimonio – del patrimonio religioso e culturale. Lo scorso gennaio sono emerse le vicende di una antica chiesa armena a Bursa, espropriata e messa in vendita online per 800mila dollari o il barbecue storica chiesa armena di Sourp Asdvadzadzi; nei mesi scorsi hanno tenuto banco le conversioni in moschee delle antiche basiliche cristiane – poi musei a inizio ‘900 sotto Ataturk – di Santa Sofia e Chora.

Decisioni controverse nel contesto della politica “nazionalismo e islam” impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan per nascondere la crisi economica e mantenere il potere. In entrambi gli edifici le autorità islamiche hanno coperto con una tenda bianca immagini di Gesù, affreschi e icone che rivelano la radice cristiana.

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Atri, dopo 50 giorni di mostre si conclude Stills of Peace. Prossima edizione dedicata all’Armenia (Ekuonews 24.08.21)

Si è conclusa l’ottava edizione di Stills of Peace, la rassegna di arti e culture contemporanee organizzata da Fondazione Aria, in collaborazione col Comune di Atri. Presentati la scorsa domenica sul palco del Teatro Comunale della città ducale, i risultati della kermesse e annunciato il paese ospite per il 2022: sarà l’Armenia, una piccola nazione, ex repubblica sovietica, crocevia tra Europa, Asia e Medioriente. Una giornata, quella del 22 agosto, dedicata da Fondazione Aria ad un percorso guidato attraverso le mostre che hanno animato i palazzi del centro cittadino dall’inaugurazione del 4 luglio: protagonisti i curatori e gli artisti che quest’anno ha preso parte al progetto. Un dialogo nel segno dell’arte, per valorizzare i rapporti fra l’Italia e la Corea del Sud.

Così nell’evento finale il Sindaco di Atri Piergiorgio Ferretti ha manifestato tutta la propria soddisfazione per l’alta affluenza di turisti attratti dalla rassegna, ma anche per il vivo interesse mostrato dai cittadini di Atri. Il vicepresidente della Fondazione Aria Dante Marianacci ha espresso tutta l’intenzione di proseguire questa collaborazione virtuosa pubblico-privato fra Comune e Fondazione. La direttrice della rassegna, Giovanna Dello Iacono, ha poi tracciato il bilancio di un’edizione che ha contato tre sedi espositive, cinque diverse mostre che hanno spaziato dalla videoarte alla scultura, quattordici artisti ospiti e una rassegna di sei film d’autore proiettati in lingua originale, che hanno registrato ogni sera il tutto esaurito. A testimoniare gli ottimi risultati di ‘Stills of Peace: Italia e Corea del Sud’, è stato presentato un ricco catalogo bilingue dedicato alle mostre, con contributi di curatori internazionali. L’Assessore alla Cultura del Comune di Atri, Mimma Centorame, ha infine annunciato  il paese ospite della prossima edizione di Stills of Peace 2022: l’Armenia.

Stills of Peace, realizzato in collaborazione col Comune di Atri e con la regia dell’agenzia Delloiacono Comunica, giunge quindi alla sua conclusione confermandosi un appuntamento di primo piano per la cultura abruzzese, come testimoniano quest’anno ben undici patrocini ricevuti tra i quali quello del Ministero della Cultura e la stretta collaborazione con l’Istituto Culturale Coreano in Italia.

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Lecco racconta l’Armenia per continuare a rafforzare l’amicizia (LeccoToday 23.08.21)

Lecco racconta l’Armenia per continuare a rafforzare l’amicizia. Entro Settembre verranno proposti in città – grazie all’impegno dell’associazione “Amici Lecco Vanadzor – Italia Armenia” alcuni eventi significativi per meglio conoscere la storia, la cultura le tradizioni di un popolo caucasico che si colloca nel contesto geopolitico quale cerniera tra l’Europa e l’Asia, tra Occidente e Oriente.

“I fatti recenti della sconfitta di una strategia militare e politica dominante imposta dall’Occidente in Afghanistan impongono a ciascuno di noi delle riflessioni di come e quale insegnamento trarre da questa amara e drammatica esperienza che siamo vivendo in questi giorni – spiega Sergio Fenaroli, presidente degli Amici Lecco Vanadzor – Promuoveremo conferenze e dibattiti, occasioni di incontri culturali, religiosi e ricreativi con docenti e personalità che ci aiuteranno ad avvicinarsi a questo popolo eroico, fiero e martoriato, che da secoli parla inascoltato da buona parte della comunità Internazionale. Siamo profondamente convinti che il confronto, la conoscenza e lo scambio, tra culture e realtà diverse, siano la condizione necessaria a trasformare le paure, le preoccupazioni in opportunità di crescita umana e di sviluppo economico reciproco”.

Sia l’Italia sia l’Armenia, come il mondo intero, si stanno battendo in una lotta comune alla pandemia da Covid-19, senza dimenticare poi la salvaguardia ambientale e le condizioni di vita migliori per i popoli e le future generazioni che evitino migrazioni forzate. “Sono obiettivi ambiziosi ma necessari, non più rinviabili, il diritto a una vita dignitosa è di tutti, altrimenti è un privilegio una diseguaglianza da combattere. Le istituzioni locali, il mondo della scuola, le associazioni sindacali, imprenditoriali del volontariato lecchesi verranno coinvolte e ci auguriamo che non mancheranno nella loro disponibilità e attenzione permanente alle tematiche di rilevante attualità che inquietano e attraggono l’attenzione dei cittadini. Le incombenze odierne che gravano nel mondo e su tutti noi impongono a ogni persona degli obblighi; dobbiamo fare la nostra parte, è necessario un cambiamento e per iniziare dobbiamo cambiare noi stessi”.

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Mechitar di Sebaste (1676-1749), il monaco fondatore dell’ordine dei Mechitaristi (IlGazzettino 23.08.21)

VENEZIA – La cronaca lo vide venire al mondo a Sebaste – l’attuale Sivas turca, in Anatolia – come Petros Manuk, il 7 febbraio 1676; la storia lo conosce come Mechitar (dall’armeno Mkhitar, consolatore), e Venezia gli fu di consolazione facendogli dono dell’isola di San Lazzaro, nel 1717 (conosciuta da allora come “San Lazzaro degli Armeni”), che grazie alla sua intuizione è divenuta uno dei più importanti centri religiosi e culturali armeni al mondo: le collezioni del Monastero, dai fondi librari ai reperti archeologici, artistici e scientifici, ne rappresentano la prova tangibile. E la missione della Congregazione Mechitarista, da lui fondata, può essere sintetizzata nella volontà di promuovere una rifioritura culturale e religiosa del popolo armeno.

Ma Venezia – della quale oggi la comunità armena è componente indispensabile e vitale – fu solo la fortunata tappa finale di una vita dedicata allo studio e alla preghiera. Che cominciò molto presto, a quindici anni, quando Petros entrò nel monastero di Surp Nshan, “Santa Croce”, assumendo fin da subito il nome di Mechitar. L’anno seguente, il 1692, mentre era assorto in preghiera in un altro monastero sull’isola di Sevan, ebbe la visione della Vergine Maria, che diede l’impulso decisivo alla sua missione. ispirato dall’idea di creare un ordine dedicato alla ricostituzione spirituale del popolo Armeno attraverso l’elevazione culturale.

A vent’anni, nel 1696, fu ordinato sacerdote e due anni più tardi insignito del grado dottorale di vardapet; da quel momento fu un mistico bruciare le tappe: nel 1700 fondò a Costantinopoli un Ordine di ieromonaci dotti predicatori al servizio del popolo armeno, che dopo la sua morte assunse il nome di Congregazione Mechitarista e che per suo volere fu sempre unita alla Chiesa romana con una forma di spiccata autonomia. Nel settembre del 1701, per sottrarsi alla persecuzione del clero armeno scismatico e a quella delle autorità ottomane presso cui gli scismatici lo accusavano di parteggiare per i Latini, decise di trasferirsi coi confratelli a Modone nel Peloponneso (all’epoca dominio veneziano), dove edificò un monastero con una chiesa.

A Modone Mechitar conobbe diverse personalità veneziane come Alvise Sebastiano Mocenigo, destinato a diventare doge, così come il governatore della Morea Angelo Emo; furono queste conoscenze ad aprirgli la strada per Venezia quando nel 1715 Modone fu conquistata dai Turchi. Due anni più tardi fu assegnata alla Congregazione l’isola di San Lazzaro, allora in stato di abbandono. Mechitar e gli altri religiosi non si spaventarono: iniziarono anzi un paziente lavoro di risanamento degli edifici esistenti e l’avvio dell’edificazione di un nuovo complesso monastico, che incluse anche un allargamento dell’isola e che continuò fino al 1740.

Contemporaneamente fu avviata un’intensa attività editoriale (fino ad alcuni anni fa sull’isola era ancora presente una stamperia armena molto rinomata) che vide lo stesso Mechitar comporre e tradurre testi, almeno una cinquantina, come una edizione della Bibbia in lingua armena, nel 1735, ma anche una grammatica e un dizionario della lingua armena, tra il 1744 e il 1749. Azioni che posero fin da subito la comunità di San Lazzaro degli Armeni al centro della rinascita della letteratura armena in lingua classica, fino a divenire uno dei fulcri più incisivi di promozione della rinascita culturale armena.

Un apostolato al servizio del popolo armeno, fatto anche di raccolta di libri e manoscritti e di restaurazione della lingua e della letteratura armena, che si configura ancora oggi nel senso della promozione umana sul piano spirituale quanto culturale e che rende l’isola della laguna veneziana – dove fu disegnata fra l’altro anche la prima bandiera dello stato Armeno indipendente – un indispensabile presidio di armenologia in Europa, tale da permettere di mantenere salda la cultura armena anche dopo le persecuzioni avvenute in Turchia tra il 1915 e il 1916.

Mechitar di Sebaste si spense il 27 aprile 1749 nella sua isola, a 73 anni, dopo una lunga malattia; fu sepolto nel presbiterio della chiesa di San Lazzaro. È in corso la sua causa di beatificazione da parte della Chiesa cattolica.

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Erevan e Baku tornano a parlarsi al tavolo con Mosca (Asianews.it 21.08.21)

di Vladimir Rozanskij

Dopo mesi di interruzione ripresa l’attività diplomatica del gruppo trilaterale che cerca una soluzione al conflitto. Primo obiettivo è la riapertura delle vie di comunicazione nel Caucaso meridionale. Ma le distanze tra le posizioni restano forti.

Mosca (AsiaNews) – Dopo oltre due mesi di interruzione, è ripresa l’attività diplomatica del gruppo trilaterale di Armenia, Azerbaigian e Russia, con una riunione del 19 agosto che ha visto la presenza dei vice-premier: l’armeno Mger Grigoryan, l’azero Šakin Mustafaev e il russo Aleksej Overčuk. All’incontro sono state valutate le prospettive di ristabilimento delle vie di comunicazione nella regione del Caucaso meridionale e sono stati discussi i risultati delle trattative tra i leader dei tre Paesi, tenutesi lo scorso 11 gennaio 2021.

Le trattative sono riprese un po’ a sorpresa, viste le recenti tensioni sulle frontiere armeno-azere degli ultimi mesi. Lo stesso Grigoryan aveva annunciato lo scorso 1° giugno l’interruzione dei lavori trilaterali, proprio a causa degli scontri ai confini. La ripresa dei contatti, secondo le dichiarazioni armene, sarebbe stata possibile solo in caso di abbandono delle zone contese da parte delle forze armate dell’Azerbaigian, ritiro che non si è verificato.

Il cambio di atteggiamento da parte degli armeni è da attribuirsi alla nuova situazione creatasi dopo la rielezione del primo ministro Nikol Pašinyan, ora evidentemente meno pressato dalle opposizioni sconfitte in parlamento. Nella riunione di governo del 17 agosto, Pašinyan ha dichiarato che l’Armenia è pronta a riprendere il processo di trattative con l’Azerbaigian a tutti i livelli, e attende proposte concrete soprattutto per risolvere il problema delle comunicazioni.

Secondo Pašinyan “ci sono questioni che si possono risolvere più velocemente, e altre la cui soluzione richiede un tempo maggiore, ma la nostra intenzione dev’essere quella di trovare le soluzioni. Una delle questioni che si possono decidere più in fretta è proprio la riapertura delle comunicazioni regionali, sbloccando gli snodi attualmente più critici”.

Anche il presidente azero Ilham Aliev, dopo le dichiarazioni di Pašinyan, ha fatto sapere in un’intervista alla CNN Turk che a suo parere “purtroppo l’Armenia fino agli ultimi giorni si è opposta alla riapertura del corridoio di Zangezur [che in armeno è chiamata Siunyk], ma ora pare che ci sia un cambiamento di parere in positivo”.

Gli armeni hanno sempre dichiarato di “non aver mai accettato, e di non accettare né ora né in futuro la logica del corridoio”, ma di cercare soltanto lo sblocco delle comunicazioni della regione appartenente al territorio armeno.

Aliev ha anche chiesto alla Russia di non esportare armi in Armenia, ricevendo la piccata risposta della rappresentante del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova: “la fornitura di armi all’estero – ha dichiarato – è un diritto sovrano del nostro Paese”, e “le dichiarazioni bellicose non aiutano la pacificazione della situazione secondo gli accordi a tre tra i leader di Russia, Azerbaigian e Armenia”.

Un aspetto particolare della contesa tra Azerbaigian e Armenia riguarda la definizione linguistica. Aliev ha preteso dai media del Paese di usare sempre e soltanto le denominazioni azere delle località, anche se formalmente situate in territorio armeno. La provincia di Vardeniss diventa Basarkečersk, il lago Sevan diventa Getka e così via, provocando la reazione simmetrica degli armeni. La guerra non riguarda soltanto le conquiste e le rivincite, ma soprattutto la superiorità storico-culturale, in terre dal passato antico e simbolico sia per l’Asia sia per l’Europa.

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Albicocche: le ricette facili e creative (Cds 20.08.21)

Le origini le caratteristiche delle albicocche

L’albicocca appartiene alla famiglia delle Rosacee, la stessa delle mele e delle mandorle. I romani la chiamavano armeniacum, in riferimento all’Armenia, che i botanici per lungo tempo hanno ritenuto essere il luogo di origine di questo delizioso frutto estivo, e da qui il nome scientifico Prunus armeniaca. In realtà l’Armenia è stata solo una tappa del viaggio che questo frutto ha fatto per giungere fino a noi, in quanto il vero paese d’origine pare essere la Cina. 100 gr di albicocche hanno un valore calorico di 28 e sono ricche di vitamina A, fibre e betacarotene (sono quindi amiche della nostra pelle e alleate della tintarella perfetta). Tra gli altri benefici questi frutti aiutano a combattere la ritenzione idrica e la cellulite e riducono la glicemia. Inoltre, sono lo snack ideale per chi segue una dieta perché aiutano a placare l’appetito. Si prestano sia per ricette dolci, sia per ricette salate davvero sorprendenti. Si abbinano molto bene con le carni bianche, come pollo, tacchino e maiale. Nelle prossime schede vi proponiamo alcune ricette per gustarle in tutto il loro massimo splendore.

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Erevan, i capolavori dell’arte moderna custoditi dentro la Cascata (SiViaggia 20.08.21)

Erevan è la particolarissima capitale dell’Armenia, una città caratterizzata dalla sontuosa architettura dell’epoca sovietica e che custodisce con cura le testimonianze del suo passato. Tante le cose da visitare da queste parti, ma ce n’è una che più di altre conquista il cuore dei suoi visitatori: la Cascata, una scala gigante fatta di pietra calcarea in cui sono custoditi alcuni capolavori dell’arte moderna.

Un monumento impressionante e progettato dagli architetti Jim Torosyan, Aslan Mkhitaryan e Sargis Gurzadyan e la cui costruzione iniziò nel 1971, per poi essere parzialmente completata nel 1980. In origine, doveva essere una struttura di tipo sovietico con la cima raggiungibile con una scala mobile all’interno o scalando i 572 gradini che compongono l’imponente opera situata nel centro della città, nella piazza Tamanyan.

Tuttavia, i lavori subirono un rallentamento dopo il terremoto del 7 dicembre 1988, e un blocco dopo la caduta dell’URSS nel 1991. Ma nonostante questo, oggigiorno il visitatore può godere di questa monumentale scalinata in marmo intervallata da statue, aiuole fiorite e fontane che sale sul fianco di una collina collegando il centro cittadino con il Parco di Haghtanak, il principale polmone verde di Erevan

La meravigliosa struttura della Cascata

L’esterno della Cascata si presenta regale e con più livelli, tutti adornati da fontane e sculture moderniste della collezione Cafesjian, un filantropo e collezionista d’arte appartenente alla diaspora armena. In cima alla scalinata si trova una piazza piuttosto tetra con al centro il Monumento per il 500esimo anniversario del Soviet dell’Armenia.

La parte superiore, invece, è rimasta incompiuta fino al 2001, quando proprio Gerald L. Gefesjian rilevò il progetto. Da allora la vasta struttura di cemento ha cambiato aspetto: oltre ad attenti lavori di ripulitura, sono state riparate le scale mobile al suo interno e piantate centinaia di aiuole.

Nel piazzale in cima, sotto il monumento al Soviet, è stato collocata una statua di Botero, un irriverente micio grasso e tutto nudo. Davanti alla Cascata si trova la statua di Tamanian, l’architetto che progettò la Erevan sovietica, intento a scrutare una mappa. Lungo la Cascata ci sono cinque fontane coperte, alcune delle quali presentano pannelli scolpiti e khachkar postmoderne.

Su entrambi i lati della Cascata, vi sono poi numerosi caffè e ristoranti, molto frequentati da gente del posto e dai turisti che giungono qui affascinati da questa bellezza.

Il Gatto di Botero a Erevan

I capolavori dell’arte moderna dentro la Cascata

Molti sono i capolavori custoditi al suo interno. Al di sotto delle scalinate esterne ci sono, infatti, sette scale mobili che si ergono lungo tutta la lunghezza del complesso. E sempre qui ci sono delle sale espositive che compongono il Museo d’Arte Moderna di Cafesjian e che sono collegate tra loro grazie al meccanismo suddetto delle scale mobili. In particolare qui è possibile ammirare una ricca collezione di opera d’arte e oggetti in vetro.

Il museo è composto da due sezioni separate: il “Cafesjian Sculpture Garden” esterno e le “Cafesjian Art Galleries” interno. Il Cafesjian Sculpture Garden è il giardino anteriore della Cascata dove sono esposte diverse sculture. Ma non solo, come detto in precedenza queste si trovano anche nella terrazza del giardino lungo i massicci gradini e le fontane che salgono dai giardini di strada di Tamanyan.

Nelle “Cafesjian Art Galleries” è possibile ammirare una vasta collezione di opere d’arte in vetro esposte in diverse gallerie e sezioni, comprese mostre permanenti o mostre temporanee. In particolare la “Khanjyan Gallery” ospita il trittico murale su larga scala “Storia dell’Armenia” del famoso pittore sovietico e armeno Grigor Khanjyan.

Infine, durante la primavera, l’estate e l’inizio dell’autunno, qua hanno luogo concerti di musica classica e jazz con gli spettatori che assistono direttamente seduti sui gradini stessi della struttura. E quando la scalinata s’accende, segnata da fasci di luce, è il segnale che un’altra notte di divertimento sta per cominciare nella bellissima Erevan.

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Erevan, l’origine misteriosa della Città Rosa dell’Armenia (Si Viaggia 15.08.21)

Alle pendici del biblico Monte Ararat e sulle rive del fiume Hrazdan sorge Erevan, capitale e città più popolosa dell’Armenia conosciuta anche come Città Rosa.

Una città curata, pulita e dotata di un’efficiente metropolitana e che allo stesso tempo vanta, però, un’origine misteriosa e tutta da scoprire.

Erevan nacque con l’edificazione della Fortezza di Erebuni, il cui nome significa “Fortezza di sangue”: in passato importante baluardo, oggi notevole sito archeologico e museo cittadino. Inoltre, l’anno riconosciuto come quello della fondazione della città (anticamente Erebuni) è il 782 A.C., ovvero 29 anni prima della nascita di Roma.

Il rosa è il colore caratteristico di molte abitazioni e dei bellissimi palazzi intorno a Piazza della Repubblica, ed è dovuto alla pietra usata per le costruzioni, un particolare tipo di tufo, chiamato ignimbrite.

La pietra utilizzata è molto abbondante nel territorio armeno, e presenta una tinta uniforme, ma con molte sfumature diverse, a seconda della cava di estrazione. Si calcola che esistano fino a 70 sfumature diverse di questo tufo. Tecnicamente, si tratta di roccia lavica, ma a differenza dei tufi che si trovano nella maggior parte del mondo, che sono di colore scuro, questo presenta una colorazione tendente al rosa.

Il motivo di questa colorazione sarebbe legato al fatto che l’originaria esplosione vulcanica avvenne in modo estremamente esplosivo, generando un flusso di lava denso e distruttivo, ma che riuscì a spargersi su una vasta area in modo molto veloce, riuscendo così a formare uno strato superficiale di ignimbrite ossidata, che attualmente ricopre gran parte della vallata sottostante il Monte Ararat. Al contrario, la lava scura che si trova in quasi tutto il resto del mondo è di origine basaltica, e si forma a partire da un flusso piroclastico piuttosto lento.

Una capitale bellissima e antichissima e in cui sono molte le attrazioni da visitare. Da non perdere assolutamente la famosa Cascata, un’imponente scalinata rosea arricchita da fontane e aiuole, punto di ritrovo amato da locali e turisti: dalla sua sommità si può godere di una vista mozzafiato sulla città e sul monte che la sovrasta.

Racchiusa da un bell’anello di giardini, la città si presenta geometrica e regolare, tutta in pietra rosea o rossastra, dove i colossali monumenti offrono scenari particolari. Magica anche Piazza della Repubblica, dove trovano sede alcune delle istituzioni più importanti tra cui il Ministero delle Comunicazioni e il Palazzo del Governo. Qui spicca la Fontana Musicale, i cui getti d’acqua e le luci che ne impreziosiscono le coreografie cambiano diverse volte durante il corso dell’anno. La Cattedrale di San Gregorio Illuminatore è la più grande chiesa armena del mondo, particolare perché formata da tre diverse strutture.

Infine, da non perdere è il celebre Museo e Memoriale del Genocidio Armeno, costruito nel 1995 sul colle Tsitsernakaberd che conserva fotografie e testimonianze del genocidio, avvenuto tra il 1915 e il 1922.

Erevan (il cui nome originale è Yerevan) è una vera e propria perla che entra dritta nel cuore.

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L’Armenia respinge le accuse dell’Azerbaigian di violazione dell’accordo trilaterale sul Karabakh (Sputniknews 12.08.21)

Il ministero degli Esteri armeno ha respinto mercoledì le accuse da parte azera, secondo le quali Yerevan avrebbe violato la dichiarazione trilaterale sulla cessazione delle ostilità nella regione di Nagorno-Karabakh, firmata dai leader di Armenia, Russia e Azerbaigian nel novembre 2020.
“Negli ultimi giorni, le forze armate azere hanno intensificato le loro azioni provocatorie sia contro le forze armate dell’Armenia, che contro unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh [Karabakh]… La parte azera sta cercando di nascondere le sue azioni aggressive, sostenendo che siano invece gli armeni a violare la dichiarazione trilaterale del 9 novembre, e distorcono apertamente il testo della dichiarazione stessa”, ha affermato il ministero armeno.
In precedenza, il ministero della Difesa azero aveva affermato che l’Armenia, in violazione della dichiarazione trilaterale sulla cessazione delle ostilità in Karabakh, avrebbe dispiegato le sue forze armate in zona non consentita.
Lo scorso settembre si è svolto un conflitto armato, durato 44 giorni, tra Armenia e Azerbaigian nella regione di Nagorno-Karabakh. Le ostilità si sono concluse con una dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco, mediata dalla Russia, il 10 novembre 2020, in cui le parti hanno cementato i rispettivi guadagni e perdite territoriali e hanno concordato che le forze di pace russe sarebbero rimaste schierate nella regione per monitorare la tregua.