155° giorno del #ArtsakhBlockade. Ieri a Brussel fallimento di istituzioni e potere politico europeo di fronte a autocrazia e barbarie. Che costatazione terribile (Korazum 15.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi siamo entratI nel155° giorno di blocco dell’Artsakh e prosegue il conteggio. Come garantisci qualcosa sotto un’autocrazia come quella della dinastia Aliyev, figuriamoci la vita di 120.000 persone? Come pro memoria, l’Azerbajgian è dominata da un’autocrazia familiare, fondata dall’ufficiale del KGB Hajdar Aliyev. Dal 1990, l’Azerbajgian ha annullato lo status autonomo degli Armeni del Nagorno-Karabakh, ha sponsorizzato pogrom anti Armeni, ucciso migliaia di Armeni, innescato tre guerre e oggi impone il #ArtsakhBlockade per la pulizia etnica di quello che rimane ancora libero dell’Artsakh, un nuovo genocidio armeno. La volontà della popolazione dell’Artsakh per l’autodeterminazione resiste affinché il mondo rivolga la propria attenzione a questo genocidio in atto. Per quanto tempo questo genocidio del XXI secolo dovrà svergognare la coscienza degli Occidentali per portargli a un punto cruciale nel rendersi conto della necessità di chiamare le cose con il loro vero nome?

«120.000 persone sopportano condizioni di assedio in Artsakh da 5 mesi. L’obiettivo dell’Azerbajgian è quello di ripulire etnicamente l’Artsakh dai suoi Armeni indigeni, costringendoci ad abbandonare la nostra patria ancestrale dove risiediamo da millenni. Nonostante le numerose minacce e sfide, rimaniamo fermi nella nostra determinazione a rimanere nelle nostre case. Siamo molto orgogliosi della nostra esistenza qui, dove si possono vedere il nostro ricco patrimonio e le nostre radici. La nostra lotta è incentrata sul nostro diritto ad abitare la nostra terra e, a differenza dell’Azerbajgian, non abbiamo intenzione di iniziare alcun attacco» (Ruben Vardanyan).

Nomina per i premi di genocidio. Sterminatore. Miglior dittatore. Miglior cannibale culturale. Miglior leader corrotto. Miglior cannibale territoriale. Miglior lacchè di Erdoğan, Miglior tagliagole. Miglior violatore dei diritti umani.

Un esempio della quotidiana farneticazione dei bot azeri: «#ArtsakhBlockade è una follia! L’Azerbajgian ha ripreso il controllo dei suoi territori legali [l’occupazione di gran parte della Repubblica di Artsakh con la guerra di 44 giorni del 2020] e presto la nostra bandiera sventolerà a Khankendi [Stepanakert, capitale della Repubblica di Artsakh)» (Tural İsmayılov, Analista, membro dell’Unione degli scrittori dell’Azerbajgian, Presentatore su Real TV).

«Samvel Babayan sta tenendo un comizio nella piazza del Rinascimento a Stepanakert: “Chiediamo di nominare Samvel Babayan Ministro di Stato”, la richiesta espressa dai partecipanti al comizio (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

I partecipanti alla manifestazione a Stepanakert chiedono di nominare Samvel Babayan alla carica di Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh

Oggi si è svolta in piazza del Rinascimento a Stepanakert una manifestazione convocata da Samvel Babayan, Presidente del partito Patria Unita, dal tema Il popolo dell’Artsakh è il legittimo proprietario del proprio destino.

Samvel Babayan è l’ex Comandante in capo delle forze di autodifesa del Nagorno-Karabakh durante la guerra del Nagorno-Karabakh, nonché politico della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nella quale ha ricoperto il ruolo di Ministro della Difesa dal 1994 al 1999, eroe dell’Artsakh Samvel Babayan. Il 10 maggio 2023 abbiamo riportato [QUI] un’intervista esclusiva a Samvel Babayan pubblcato il 9 maggio scorso dall’agenzia di stampa Artsakhpress: «Anche se il mondo è contro di noi, possiamo raggiungere i nostri obiettivi».

Alla manifestazione di oggi a Stepanakert, Samvel Babayan ha presentato la sua visione di una via d’uscita dalla situazione in Artsakh, riferendosi ai punti che ritiene dovrebbero essere attuati immediatamente: “Il primo è la difesa, perché senza di essa non potremmo fare nulla, dobbiamo avere la nostra difesa chiara con un esercito professionale. Il secondo è sviluppare l’economia e stimolare la crescita della natalità. Il terzo è risolvere i problemi sociali dei pensionati e far uscire il Paese da questa situazione sociale. Il Paese deve svilupparsi e avere un futuro. Altrimenti non potremo vivere qui, questo è un problema serio e dobbiamo risolverlo”, ha spiegato Samvel Babayan, assicurando che se ne avesse l’opportunità, quei punti dovrebbero essere soddisfatti in un giorno.

Quindi, a nome dei partecipanti alla manifestazione, è stata pubblicata una dichiarazione in cui si esprime preoccupazione per la situazione politico-militare, socio-economica e morale-psicologica creatasi nell’Artsakh e nei suoi dintorni. Considerando la visione della seconda forza parlamentare, il partito Patria Unita, per l’uscita dalla situazione creata, è stata fatta richiesta al Presidente della Repubblica di Artsakh, a nominare Samvel Babayan alla carica di Ministro di Stato, conferendogli poteri secondo le disposizioni della legge marziale.

Nel suo discorso ai partecipanti alla manifestazione, il Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh, Artur Tovmasyan, ha sottolineato l’importanza della solidarietà, della tolleranza e dell’unità nella situazione attuale, osservando che farà di tutto per prevenire la polarizzazione nell’Artsakh. “Se la tolleranza e la solidarietà ci lasceranno, allora perderemo l’Artsakh e i responsabili saranno i leader di qualsiasi manifestazione”, ha detto il Presidente del parlamento dell’Artsakh, annunciando che presenterà le richieste della manifestazione al Capo di Stato e avvierà consultazioni politiche.

Michel ride, Aliyev sorride sotto i baffi e Pashinyan è scuro in volto. Il vertice di Brussel sembra segnare il destino degli Armeni dell’Artsakh lasciati al loro destino di sfollati o sudditi dell’autocrazia azera. Lo chiede l’Europa? Diritti umani calpestati.

Come annunciato, ieri ha avuto luogo a Brussel l’incontro tra il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel e il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan. Prima della riunione tripartita, Michel ha avuto incontri separati con i leader di Armenia e Azerbajgian.

L’Unione Europea è impegnata ad aiutare l’Armenia e l’Azerbajgian a raggiungere una normalizzazione globale. Continueremo a contribuire ai loro sforzi congiunti, ha affermato Michel nella dichiarazione rilasciato dopo l’incontro trilaterale. Di seguito il testo completo del comunicato nella nostra traduzione italiana dall’inglese:

«È stato un piacere ospitare oggi il Presidente Aliyev e il Primo Ministro Pashinyan per un quinto incontro a Brussel. I nostri scambi sono stati franchi, aperti e orientati ai risultati. Si sono concentrati sui progressi nel percorso verso la normalizzazione Armenia-Azerbajgian. I leader condividevano una volontà comune per un Caucaso meridionale in pace. Mi congratulo con i loro rispettivi sforzi. Insieme, abbiamo esaminato tutte le questioni all’ordine del giorno.
A seguito dei recenti colloqui positivi tenutisi negli Stati Uniti sul trattato di pace, dovrebbe essere mantenuto lo slancio per compiere passi decisivi verso la firma di un accordo di pace globale tra Armenia e Azerbajgian.
Sulle questioni relative alla frontiera, abbiamo esaminato i progressi e le prossime fasi relative alla delimitazione del confine. In tale contesto, i leader hanno concordato la ripresa degli incontri bilaterali sulle questioni di frontiera. I leader hanno confermato il loro inequivocabile impegno nei confronti della Dichiarazione di Almaty del 1991 e della rispettiva integrità territoriale dell’Armenia (29.800 km2) e dell’Azerbaigian (86.600 km2). La delimitazione definitiva del confine sarà concordata attraverso i negoziati.
Per quanto riguarda i collegamenti, le parti hanno compiuto chiari progressi nelle loro discussioni volte a sbloccare i collegamenti di trasporto ed economici nella regione. Le posizioni su questo tema sono ormai molto vicine tra loro in particolare sulla riapertura dei collegamenti ferroviari da e verso Nakhchivan. Le rispettive squadre sono state incaricate di finalizzare un accordo di principio sulle modalità per l’apertura dei collegamenti ferroviari e sui necessari lavori di costruzione insieme a un calendario concreto. Hanno inoltre convenuto di avvalersi del sostegno dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane per sostenere questo lavoro.
Per quanto riguarda le questioni umanitarie, è stato concordato che ulteriori detenuti sarebbero stati rilasciati nelle prossime settimane. Ho anche sottolineato la necessità di salvaguardare la comprensione reciproca che i soldati che si sono semplicemente persi e sono passati dall’altra parte continueranno a essere rilasciati attraverso una procedura rapida. Abbiamo anche discusso dell’importanza di intensificare i lavori per affrontare il destino delle persone scomparse e per lo sminamento.
Abbiamo continuato i nostri scambi sulla questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni che vivono nell’ex Oblast autonomo del Nagorno-Karabakh. Ho incoraggiato l’Azerbajgian a impegnarsi nello sviluppo di un’agenda positiva con l’obiettivo di garantire i diritti e la sicurezza di questa popolazione, in stretta collaborazione con la comunità internazionale. Ho anche sollevato la necessità di un dialogo trasparente e costruttivo tra Baku e questa popolazione.
Credo che sia importante astenersi dalla retorica ostile, impegnarsi in buona fede e mostrare leadership per raggiungere soluzioni reciprocamente accettabili.
L’Unione Europea non ha un’agenda nascosta. Il nostro unico obiettivo è aiutare l’Armenia e l’Azerbajgian a raggiungere una pace completa ed equa. Siamo pronti a contribuire ai loro sforzi congiunti. Abbiamo concordato di tenere le riunioni a Brussel tutte le volte che sarà necessario. I leader si incontreranno nuovamente a Brussel a luglio. E come già annunciato pubblicamente, ci incontreremo di nuovo in un futuro molto prossimo insieme al Presidente francese Macron e al Cancelliere tedesco Scholz a margine del 2° vertice della Comunità Politica Europea a Chișinău. Intendo anche invitare i leader per un altro incontro simile a margine del terzo vertice della CPE a Granada in ottobre».

«Un altro fallimento dell’Unione Europea. Non è successo niente a Brussel questa domenica 14 maggio 2023. L’Azerbajgian non restituisce i prigionieri di guerra armeni dal 2020, non sblocca il Corridoio di Lachin, continua a soffocare l’Artsakh, non ritirare le sue truppe dal suolo armeno invaso, ecc.» (Jean Christophe Buisson, Vice Direttore di Figaro Magazine).

“Garantire i diritti e la sicurezza” della popolazione dell’Artsakh sotto il regime autocratico di Aliyev è nullo. Charles Michel insieme al Segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, sapendolo abbondantemente chiaro, partecipano ad un silenzioso tentativo di pulizia etnica e genocidio. Davit K. Babayan, il leader del partito conservatore e ex Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh, in un post su Twitter oggi ha scritto: «L’Europa, rappresentata da Michel, ha di fatto legittimato l’aggressione militare di Azerbajgian e Turchia contro Artsakh nel 2020, nonché l’attuale assedio di Artsakh. Michel non è diverso da Chamberlain al vergognoso Accordo di München del 1938».

Davit K. Babayan, abbiamo due strade: o andiamo in guerra o ce ne andiamo, ma sappi che dopo la perdita dell’Artsakh non rimarranno più Armeni, scompariremo
Pastinfo.am, 15 maggio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Ci sono molte contraddizioni nella dichiarazione di Alma-Ata. La dichiarazione di ieri del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, non ha alcun fondamento giuridico o umanitario. Di fronte a quel funzionario, l’Europa ha dimostrato di non preoccuparsi dei valori democratici e universali. Tale affermazione è, ovviamente, inaccettabile per noi. Lo ha detto a Pastinfo Davit Babayan, il Rappresentante del Presidente dell’Artsakh con incarichi speciali.

“L’Europa, nella persona di Michel, ha di fatto legittimato l’aggressione militare dell’Azerbajgian e della Turchia contro l’Artsakh nel 2020, nonché l’attuale assedio dell’Artsakh. Michel non è diverso da Chamberlain. L’Europa ha dimostrato di non avere nulla a che fare con i valori democratici. Che non parlino più di democrazia e valori, perché finalmente hanno detto chiaramente che sono persone corrotte vincolate dalla geopolitica, nient’altro. Siamo grati per questa “onestà”, per aver mostrato il vero volto dell’Europa”, ha detto Babayan.

Nella situazione attuale, secondo Babayan, abbiamo due strade: o andiamo in guerra, o lasciamo la nostra patria, l’Artsakh, non accettando alcuna condizione di sottomissione all’Azerbajgian.

“Siamo in una fase decisiva. Abbiamo due opzioni: o lottiamo per vivere nella nostra terra, e vincere o morire, o ce ne andiamo senza accettare il controllo dell’Azerbajgian. Sai benissimo che è impossibile vivere sotto il controllo dell’Azerbajgian, semplicemente periremo. Se non vogliamo essere macellati come pecore, allora dovremmo combattere con dignità o andarcene e uscire, non permettendoci di essere macellati. Ma, tutti dovrebbero capire, immaginate benissimo che in caso di partenza, cioè in caso di perdita dell’Artsakh, non rimarremo più Armeni, perderemo noi stessi, la nostra statualità. La nazione deve determinarsi, capire cosa vuole: vivere o scomparire.

Dopo la perdita dell’Artsakh, tutti dovrebbero smettere di votare. “Purtroppo la nazione del 1988 non esiste… Ripeto, siamo in una fase decisiva, dobbiamo decidere se andare in guerra, vincere con dignità o morire, oppure ritirarci e perdere l’Artsakh”, ha concluso Babayan.

Masis Mayilyan: il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh non dipende dall’opinione dei singoli Capi di Stato
Pastinfo, 15 maggio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Accettare l’integrità territoriale dell’Azerbaigian senza la riserva che questa integrità non si estenda al Nagorno-Karabakh è una sfida per noi, ma non può in alcun modo intaccare lo status dell’Artsakh come repubblica autodeterminata, anche se non ancora riconosciuta a livello internazionale. Lo afferma sulla sua pagina Facebook Masis Mayilyan, Ambasciatore con incarico speciale del Presidente della Repubblica dell’Artsakh, riferendosi alla dichiarazione del Presidente del Consiglio europeo del 14 maggio sui risultati dei negoziati tra i leader di Armenia e Azerbaigian, secondo il quale ha osservato che le parti hanno confermato la loro inequivocabile fedeltà al 1991. alla Dichiarazione di Almaty e all’integrità territoriale dell’Armenia (29.800 kmq) e dell’Azerbaigian (86.600 kmq).

“Va notato che 86.600 kmq corrispondono al territorio dell’Azerbajgian sovietico, in cui il Nagorno-Karabakh fu illegalmente incluso nel 1921 sotto forma di autonomia armena. Da allora sono stati pubblicati pesanti argomenti legali, che dimostrano che prima dell’adozione della Dichiarazione di Almaty, il Nagorno-Karabakh era separato dall’Azerbajgian sovietico attraverso l’adozione di atti legali e non faceva mai parte dell’Azerbajgian indipendente.

Il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh non dipende dall’opinione dei singoli Capi di Stato. La Repubblica di Artsakh è stata fondata sulla base della volontà del popolo dell’Artsakh, e tale volontà è incrollabile. Va notato che non solo il popolo della Repubblica di Armenia e gli Armeni della diaspora difendono il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh. La Repubblica di Artsakh è stata riconosciuta da dozzine di Stati, Regioni e Città in tutto il mondo, da Los Angeles a Sydney, con una popolazione di diverse centinaia di milioni. In questo contesto, sono importanti le risoluzioni in merito all’Artsakh, adottate all’unanimità dal Senato e dall’Assemblea Nazionale francese nel 2020 e nel 2022.

La dichiarazione del Presidente del Consiglio Europeo non è solo una sfida, ma anche un’opportunità per rafforzare la competenza internazionale della Repubblica di Artsakh. È ovvio che il riconoscimento internazionale della Repubblica di Artsakh può diventare la base più efficace per la soluzione globale e stabile del conflitto tra l’Artsakh e l’Azerbajgian”, ha sottolineato Masis Mayilyan, aggiungendo che se gli attori internazionali e regionali sono realmente interessati all’instaurazione della pace e della stabilità nel Caucaso meridionale, sono obbligati a rispettare la volontà dei cittadini della Repubblica di Artsakh.

Sebbene la missione di monitoraggio dell’Unione Europea non fosse sul posto durante l’ultima aggressione dell’Azerbajgian vicina a Sotk, in seguito gli osservatori si sono recati lì, hanno effettuato valutazioni e le hanno inviati direttamente a Bruxelles. Lo ha detto il capo della Delegazione dell’Unione Europea in Armenia, l’Ambasciatore Andrea Victorin, in una conferenza stampa dedicata alla Festa dell’Europa e ai rapporti Unione Europea-Armenia, in risposta alla domanda se esista un rapporto della missione Unione Europea sull’ultima aggressione dell’Azerbajgian in Armenia. L’Ambasciatore Viktorin ha osservato che la missione non fornisce rapporti né all’Armenia né all’Azerbajgian. “Tuttavia, poiché la missione è diretta dagli ufficiali del Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia, la parte armena è ben consapevole di ciò che loro [gli osservatori] vedono. È naturale che non possano essere ovunque. Pertanto, possono solo osservare e poi riferire a Brussel”, ha detto Viktorin, aggiungendo che gli osservatori non possono riferire ciò che non hanno visto. Per quanto riguarda gli eventi a Sotk, Viktorin ha affermato che gli osservatori dell’Unione Europea non erano presenti durante l’ultima invasione dell’Azerbajgian in Armenia.

“Il confine è piuttosto lungo e c’è un programma di pattugliamento. Allo stesso tempo, l’obiettivo non è che debbano essere presenti quando si verificano incidenti. Conducono l’osservazione lungo il confine e vedono cosa sta succedendo intorno al confine, ma ciò non significa che possano essere automaticamente nel luogo in cui sta accadendo qualcosa in quel momento”, ha aggiunto Viktorin.

Ricordiamo che l’Unione Europea informa l’Azerbajgian in anticipo su base settimanale dove si troverà la missione di monitoraggio dell’Unione Europa. Quindi, l’Azerbajgian sa esattamente dove si trovano gli osservatori dell’Unione Europea in un determinato momento.

L’abbiamo scritto il 14 aprile 2023: importante conferma che la Missione di monitoraggio dell’Unione Europa in Armenia (EUMA) comunica ad AZ dove sarà e quando. Quindi… qual è lo scopo della Missione? Se l’Azerbajgian sa dove si trova, che senso ha la Missione, dove sta monitorando certamente le forze armate azere non si muovono

«Nell’ufficio regionale di Yeghegnadzor, in mezzo ai distretti vinicoli armeni, incontriamo Markus Ritter, capo della Missione di monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia (EUMA). L’intervista è stata condotta il 23 marzo. (…) Oggi ci sono 103 persone di stanza in Armenia, metà delle quali sono osservatori civili e il resto personale amministrativo. Il mandato è solo all’interno del territorio dell’Armenia, non dell’Azerbajgian. Nonostante ciò, la missione di monitoraggio deve relazionarsi con l’Azerbajgian nel proprio lavoro. “Pattugliamo lungo la zona di confine. Quando lo facciamo, informiamo Baku tramite il Rappresentante speciale dell’UE per la regione, Toivo Klaar, una settimana prima dei nostri piani. Questo per garantire che sappiano dove siamo e cosa stiamo facendo. Serve anche a prevenire malintesi e incidenti. È così che comunichiamo con l’Azerbajgian”, afferma Markus Ritter. Tuttavia, ricontrollando la storia con Toivo Klaar, le informazioni condivise con noi durante l’intervista con Ritter sembrano prive di sfumature fondamentali. (…) Toivo Klaar chiarisce inoltre che il programma settimanale viene inoltrato alla squadra azera uno o due giorni prima dell’inizio di ogni settimana, non un’intera settimana prima come si può interpretare la citazione di Markus Ritter» (Rasmus Canbäck – Blankspot, 13 aprile 2023 [QUI]).

Passando alla domanda se gli osservatori non avrebbero dovuto recarsi nel luogo in cui si è verificata l’aggressione azera, Viktorin ha detto che hanno avuto questa opportunità più tardi, dopo gli eventi. ha anche aggiunto che la parte armena è responsabile di garantire la sicurezza degli osservatori. “Sono andati, hanno dato la loro valutazione, che è stata inviata direttamente a Brussel”, ha osservato Viktorin.

La fotta di droni delle forze armate dell’Azerbajgian.

Israele e Turchia hanno venduto molti droni a Baku, che sono stati usati durante la guerra di 44 giorni contro l’Artsakh e hanno ucciso migliaia di soldati armeni nel 2020.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme al progetto multinazionale “We are United”, si sono congratulati con i veterani del Nagorno-Karabakh per il 78° anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica. A ciascun veterano sono stati consegnati aiuti umanitari ed è stato organizzato anche un concerto di beneficenza.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

BRUNETTE “FUTURE LOVER”, ARMENIA/ L’Eurovision le darà il successo di Rosa Linn? Il web la elogia (il Sussidiario 13.05.23)

Brunette, esponente dell’Armenia, è la diciassettesima artista ad esibirsi in questa finale dell’Eurovision Song Contest 2023. La giovane cantante è supportata da una coreografia suggestiva sul palco di Liverpool nella sua ‘Future Lover’. L’artista ha iniziato a cantare all’età di quattro anni. Inoltre fa parte del gruppo musicale Those Girlz. Nel 2019 Brunette debutta nel mondo della musica dopo aver pubblicato il suo singolo Love the Way You Feel, realizzato in collaborazione con l’organizzazione non-profit Nvak Foundation. Nel febbraio 2022 ha pubblicato le canzoni Smoke Break e Gisher, seguiti da Bac kapuyt achqerd.

“Vediamo se ripercorrerà le orme di Rosa Linn” è il commento di Gabriele Corsi dopo l’esibizione dell’artista armena, che lascia poi spazio alla Moldavia con ‘ Soarele şi Luna’. Il web italiano elogia l’esibizione dell’artista armena oltre a scherzare sull’altezza di Brunette. (Aggiornamento di Anna Montesano)

Chi è Brunette dell’Armenia con “Future Lover” alla finale dell’Eurovision 2023

Brunette con “Future Lover” è la rappresentante della Armenia nella finale dell’Eurovision Song Contest 2023: sarà lei la vincitrice? La cantante classe 2001 è stata scelta per rappresentare l’Armenia durante la 67esima edizione della kermesse canora internazionale e durante la seconda semifinale la sua performance non è passata affatto inosservata. La sua bellezza e la sua presenza sul palcoscenico della Liverpool Arena hanno incantato telespettatori e giurati, visto che la la giovanissima cantante si è conquistata uno dei 10 posti disponibili per accedere alla finale dell’Eurovision 2023.

Classe 2001, Brunette ha debuttato giovanissima nel mondo della musica a soli 18 anni con il singolo “Love The Way You Feel”, realizzato con l’organizzazione non-profit Nvak Foundation. Successivamente ha inciso diversi singoli tra cui: Gisher, Smoke Break e Bac Kapuyt Achqerd.

Brunette innamorata dell’Eurovision 2023: “per me è come una famiglia. È veramente accogliente, è così divertente, pazzo… e ti fa sentire così a casa”

Tutti gli occhi dell’Armenia sono su Brunette che con “Future Lover” rappresenterà il paese nella finale dell’Eurovision 2023. La giovane cantante, intervistata dalle pagine di Eurovisionin.com, ha raccontato cosa significa e rappresenta per lei la kermesse canora conosciuta in tutto il mondo: “per me è come una famiglia. L’Eurovision è veramente accogliente, è così divertente, pazzo… e ti fa sentire così a casa”. Parlando poi del brano in gara “Future Lover” in cui parla di un futuro amore ha sottolineato cosa è importante per un futuro artista: “devi concentrarti su se stesso, devi avere una certa connessione interna col tuo cervello e concentrarti su ciò che stai facendo. E devi farlo con onestà soprattutto, perché quando sei onesto, le persone lo vedono e amano ciò. L’onesta è la migliore chiave per il successo”.

Infine sulle sue ispirazioni musicali ha precisato: “la mia più grande ispirazione sia Rihanna. Lei è un’icona, sì, la amo. Quando la vedo esibirsi, è un fuoco. Quando si esibisce, il palco è suo. Questo è anche importante per chi vuole fare l’artista. Devi infiammare il palco e andare”.

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Mkhitaryan trascina nonostante l’età: l’Inter si gode il suo jolly (Calciomercato 13.05.23)

Henrikh Mkhitaryan, centrocampista dell’Inter di Simone Inzaghi, si sta dimostrando un protagonista di assoluta importanza: le ultimissime notizie sul campionato italiano di Serie A

L’Inter di Simone Inzaghi, che stasera sfiderà il Sassuolo in occasione della 35esima giornata del campionato italiano di Serie A, dovrebbe continuare a fare affidamento dal primo minuto sul profilo di Henrikh Mkhitaryan, centrocampista armeno arrivato nell’ultima estate di calciomercato a parametro zero.

Mkhitaryan brilla nell'Inter
Mkhitaryan – Calciomercato.it

L’originario di Yerevan, dopo la sua esperienza culminata con la vittoria della Conference League con la maglia della Roma, è diventato un protagonista di assoluta importanza anche nell’Inter di Simone Inzaghi, soprattutto in seguito all’infortunio di Marcelo Brozovic a cavallo fra fine settembre e inizio ottobre. Con l’arretramento di Calhanoglu infatti, il tecnico della Beneamata ha optato, senza timori, sull’armeno per il ruolo di mezz’ala ed ha avuto, e sta avendo, risposte davvero molto importanti, basti pensare all’ultima gara, la semifinale di Champions d’andata contro il Milan, dove Mkhitaryan è andato anche a segno in occasione dello 0-2 in quella che è forse la doppia sfida più delicata per i club meneghini da 20 anni a questa parte.

Inter, nonostante l’età Inzaghi ha trovato il suo stakanovista

Si può dire che Henrikh Mkhitaryan è, a tutti gli effetti, uno stakanovista. Il centrocampista armeno infatti, finora, ha collezionato ben 46 presenze in questa stagione infinita per l’Inter di Simone Inzaghi. Una vera e propria garanzia per la Beneamata che, in tutte le competizioni, ha potuto fare totale affidamento sull’ex giocatore del Borussia Dortmund. Inoltre ci sono i gol pesanti.

Inzaghi punta su Mkhitaryan
Simone Inzaghi – Calciomercato.it

In Serie A, le reti messe a segno da Mkhitaryan sono tre e tutte pesanti come il buzzer contro la Fiorentina in trasferta, o i gol che hanno dato il vantaggio ai nerazzurri con Udinese e Lecce. Per ultima, ma non per importanza, la condizione fisica dell’armeno. Mkhitaryan infatti, nell’arco della stagione, non ha visto diminuire bensì aumentare la caratura delle sue prestazioni, importanti, di personalità e decisive in questo delicatissimo finale di stagione per l’Inter.

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153° giorno del #ArtsakhBlockade. L’autocrazia azero è un’azienda familiare che con l’armenofobia induce gli Azeri a credere che senza gli Armeni sarebbero ricchi (Korazym 13.05.23)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.05.2023 – Vik van Brantegem] – Siamo entrati oggi nel 153° giorno e da ieri nel 6° mese del #ArtsakhBlockade, l’assedio con cui l’Azerbajgian isola la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dal resto del mondo e dimostra ogni giorno agli Armeni che le sue intenzioni non si fermano ai confini dell’Armenia.

Continuate a dire “mai più”? Perché tollerate allora che il nostro “fidato partner energetico” e “alleato militare” Azerbajgian sta facendo la pulizia etnica contro gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, commette crimini di guerra, viola il Diritto Umanitario Internazionale e fa carta straccia di tutti i trattati e accordi che ha firmato con l’Artsakh e l’Armenia? Se continuate così, preparatevi a dire: “Wir haben es nicht gewußt” (Non lo sapevamo), quando sarà troppo tardi.

Una marcia in difesa dell’Artsakh, che si è concluso al monumento in memoria dell’Operazione Nemesis, dei vendicatori del genocidio armeno del 1915, appena inaugurato a Yerevan, e che ha provocato la reazione virulente del governo turco negazionista.

«L’attuale regime a Baku deve distogliere l’attenzione dal fatto che il Paese si sta trasformando in un’impresa familiare, che continua ad arricchirsi, in contrasto con la popolazione che vive in povertà con un tasso di disoccupazione in crescita. Inoltre, il governo azero promuove il sentimento anti-armeno, noto anche come armenofobia, facendo credere alla gente che l’Armenia sia la ragione di tutti i loro problemi».

Diventa chiaro che nel Caucaso si sta preparando qualcosa, quando le presentatrici in Azerbajgian si presentano in mimetica.

La macchina della propaganda azera, con le fake news e la disinformazione al lavoro a pieno ritmo.

Le autorità dell’Azerbajgian hanno convocato gli addetti militari delle ambasciate a Baku per un briefing, presentando la loro narrazione sulle “scontri” in corso nella regione armena di Gegharkunik, giunto alla sua seconda giornata, evidenziando le “provocazioni armene” con l’uso di mortai e artiglieria nei pressi del villaggio di Sotk, che ricordiamo, è in Armenia. Quindi, anche un addetto militare alle prime armi (e nessuno di loro lo è) capirà che l’Armenia si sta difendendo da un altro attacco delle forze armate dell’Azerbajgian sul territorio sovrano armeno.

Sui social azeri vengono diffusi filmati che presumibilmente mostrano l’esercito azero che prende di mira una postazione di mortai Kamaz dell’esercito armeno e lo distruggono insieme al suo personale e all’equipaggio. Innanzitutto questo serve come prova dell’aggressione dell’Azerbajgian sul territorio sovrano dell’Armenia. In realtà, osserva l’agenzia 301, questi scatti sono vecchi. A una vista più ravvicinata, diventa evidente che non c’è nessuno seduto nel veicolo durante il bombardamento e non vi è alcuna indicazione di eventuali colpi.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian e i media da esso controllati continuano a diffondere disinformazione su presunti istruttori della NATO e armi francesi nelle forze armate armene.

Gli obiettivi e le ragioni alla base di questi fake news sono evidenti, osserva l’agenzia 301: giustificare ulteriori aggressioni contro i territori sovrani dell’Armenia, nonché per il segmento interno, come giustificazione per il gran numero di vittime.

L’Azerbajgian, paese quasi NATO, posseduto e controllato quasi nella totalità dal Regno Unito, accusa l’Armenia.

La narrazione perfetta turca: accusa il tuo nemico di ogni cosa cattiva che stai facendo.

Programma del presidente Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo a Brussel

Sabato 13 maggio 2023
Ore 19.00 Incontro con il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan

Domenica 14 maggio 2023
Ore 09.00 Incontro con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev
Ore 13:00 Incontro con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan

Il posto di blocco illegale azero recentemente allestito all’ingresso del Corridoio di Lachin presso il ponte Hakari, 2 maggio 2023, visto dal lato dell’Artsakh occupato dalle forze armate dell’Azerbajgian (Foto di Tofik Babayev/AFP).

Paesi piccoli, posta in gioco enorme nei colloqui Armenia-Azerbaigian
di Sheila Paylan [*]
Newsweek, 12 maggio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le democrazie del mondo dovrebbero prestare molta attenzione ai colloqui di pace questo fine settimana a Brussel, dove il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ospiterà il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, nella speranza di risolvere decenni di inimicizia che sono stati segnati da attacchi di combattimento da una guerra di 44 giorni nel 2020.

Questo perché mentre in teoria mirano a risolvere un conflitto in ebollizione tra due piccoli Paesi del Caucaso meridionale, sul tavolo c’è nientemeno che un microcosmo dello scontro globale tra democrazia e tirannia, e la stessa credibilità dell’ordine mondiale basato sulle regole che l’Occidente pretende di difendere.

I colloqui arrivano pochi giorni dopo che l’Azerbajgian ha intensificato la sua aggressione in corso contro l’Armenia – che fino a quel momento era stata per lo più sparatoria – bombardando la città mineraria di Sotk in Armenia vera e propria. Questi attacchi sono sfacciate violazioni di un cessate il fuoco che ha posto fine alla guerra del 2020 lanciata dall’Azerbajgian. Ogni volta, sfruttando la scarsità di media internazionali sul campo, l’Azerbajgian afferma falsamente di essere stato provocato. L’illusione di solito raggiunge il suo scopo di creare una pigra narrativa di “scontri”.

Quel cessate il fuoco del 2020 è stato mediato dalla Russia, la nazione erede dell’Unione Sovietica, che ha governato entrambi i combattenti fino al crollo del comunismo circa 30 anni fa.

Ciò ha creato un raro allineamento tra il Presidente russo Vladimir Putin e l’Occidente, con tutti apparentemente investiti nella pace nel Caucaso meridionale. Ma oggi Putin potrebbe essere più interessato a mantenere il caos per distogliere l’attenzione dalle sue azioni in Ucraina. È significativo che Aliyev abbia firmato un accordo di alleanza strategica con Mosca pochi giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina.

Mentre ci sono pochi casi di bianco e nero in geopolitica, questo offre un netto contrasto. È uno che illustra bene la corrispondenza tra personalità e azioni, e la correlazione tra la tirannia in casa e l’inclinazione a fare la guerra.

Pashinyan è il leader eletto di una giovane democrazia, un antico centro di civiltà che oggi è interessato principalmente ad attrarre turismo nei suoi monasteri, vigneti, sentieri escursionistici e ristoranti, oltre che all’innovazione tecnologica. Chiede abbastanza costantemente la pace.

Aliyev è a capo di una dittatura ereditaria a conduzione familiare, collegata dai Pandora Papers a quasi 1 miliardo di dollari di beni illeciti nascosti all’estero e descritta nei cablogrammi trapelati dall’intelligence statunitense come un boss della mafia cinematografica. Nonostante la significativa ricchezza mineraria in petrolio, gas naturale e altro, il PIL pro capite del paese di 5.000 dollari è all’incirca uguale a quello dell’Armenia. Gran parte della colpa può essere attribuita ad Aliyev.

Oltre alle periodiche e talvolta mortali violazioni del cessate il fuoco, l’Azerbajgian da [12] dicembre [2022] ha bloccato la regione del Nagorno-Karabakh, un’enclave popolata da Armeni all’interno dei confini dell’Azerbajgian delineati dai sovietici.

Conosciuta dagli Armeni come Artsakh, l’area è al centro del conflitto tra i due Paesi. Per tre decenni ha operato come regione autonoma all’interno dell’Azerbajgian e nella guerra del 2020 Aliyev ne ha sequestrato gran parte. Gli Azeri hanno proceduto a profanare le chiese e cancellare le tracce degli Armeni nella parte che hanno sequestrato, e la parte bloccato ora è ciò che rimane.

I 120.000 Armeni etnici che vivono lì hanno affrontato una crisi umanitaria per tutto l’inverno mentre cercavano di resistere al chiaro tentativo di pulizia etnica di Aliyev.

Inoltre, l’Armenia, che non avanza rivendicazioni territoriali sull’Artsakh, ora affronta anche minacce dirette al suo territorio sovrano. L’Azerbajgian, il cui gruppo etnico più numeroso è considerato turco, cerca un corridoio attraverso l’Armenia fino alla Turchia e ha chiesto la completa dissoluzione dell’Armenia.

È positivo che le due parti si siano finalmente sedute, ma i padroni di casa e tutti gli spettatori non dovrebbero considerare questo come un semplice caso di tribù che litigano le cui rivendicazioni hanno uguale validità. In un mondo giusto, ad Aliyev dovrebbe essere riconosciuto lo stesso status di paria del suo amico al Cremlino.

La posta in gioco è più che di principio: gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno interesse a esercitare un’influenza in una parte del mondo instabile e cruciale. Aliyev vuole conferme e accordi energetici con l’Occidente, e potrebbe essere convinto a lasciare in pace l’Armenia. In effetti, la scorsa settimana il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha affermato che un accordo di pace è “a portata di mano” e che sono stati compiuti “progressi tangibili” tra i due Paesi.

Per l’Armenia, ciò deve includere il riconoscimento del territorio armeno sovrano insieme a una garanzia di diritti e sicurezza per il popolo dell’Artsakh.

Credo che sia realizzabile se il mondo rimane fermo. I colloqui di pace non dovrebbero mai essere usati come copertura per soccombere alle minacce di un prepotente. Inviterebbe solo altri delinquenti, in tutto il mondo.

[*] Sheila Paylan è un avvocato penalista internazionale ed esperta di diritti umani che ha lavorato per più di 15 anni come consulente legale per le Nazioni Unite. È consulente per una varietà di organizzazioni internazionali.

Proprietà civile danneggiata nella città armena di Jermuk dopo l’attacco azero del settembre 2022. Jermuk dista 106 km dalla capitale dell’Armenia: Yerevan (Foto di Émile Ghessen).

Perché c’è una guerra senza fine tra Armenia e Azerbajgian?
di Anzhela Mnatsakanyan
Modern Diplomacy, 18 novembre 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Armenia e Azerbajgian sono repubbliche post-sovietiche nel Caucaso meridionale, con un rapporto profondamente complicato, che viene quasi sempre interpretato come questo “conflitto tra Armenia e Azerbajgian sull’Artsakh/Nagorno-Karabakh”, che non ha nulla a che fare con la realtà.

Parliamo brevemente dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, un Paese de facto indipendente nel Caucaso meridionale, storicamente parte dell’Armenia, annesso con la forza all’Azerbajgian per decisione di una notte di Joseph Stalin, e che non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente. Inoltre, l’Artsakh e l’Azerbajgian sono diventati indipendenti secondo la stessa legge sovietica interna, quindi le basi legali dell’indipendenza di queste due repubbliche sono equivalenti. Nel 1994, l’Artsakh, l’Armenia e l’Azerbajgian hanno firmato un accordo di cessate il fuoco, dimostrando che l’Artsakh è considerato un’entità legale distinta.

Dopo la guerra dei 44 giorni nel 2020, l’Azerbajgian ha preso il controllo di quasi il 70% del territorio dell’Artsakh, più di quanto l’Azerbajgian continuasse a rivendicare dal cessate il fuoco tra Armenia e Azerbajgian del 1994?

La risposta è più che semplice, l’Azerbajgian vuole non solo l’intero Artsakh ma anche l’Armenia e non ha mai cercato di nasconderlo; il Presidente dell’Azerbaigian è arrivato al punto di rivendicare la capitale dell’Armenia Yerevan, le province di Syunik e Gegharkunik [dove da 2 giorni è in corso una nuova aggressione dell’Azerbajgian e dove occupa già una parte del territorio] dell’Armenia, come “terre storiche” dell’Azerbajgian.

Per capire quanto siano infondate queste affermazioni, è sufficiente menzionare che la capitale dell’Armenia, Yerevan, fu fondata nel 782 a.C. Inoltre, l’Azerbajgian è apparso sulla mappa politica solo nel 1918 come Repubblica Democratica dell’Azerbajgian (1918-1920), che non è mai stata formalmente riconosciuta dalla comunità internazionale o dalla Società delle Nazioni.

L’Azerbajgian ha chiarito di avere rivendicazioni territoriali sull’Armenia. Dal 2021 ha iniziato a dimostrarlo violando apertamente il territorio sovrano dell’Armenia quasi ogni mese e occupando più di 41 kmq di Armenia.

Tuttavia, questo non ottiene mai abbastanza copertura mediatica; neanche quando i soldati azeri giustiziavano prigionieri di guerra armeni disarmati davanti alle telecamere e li pubblicavano sui social media, la comunità internazionale tendeva a chiudere un occhio. Perché? Perché è stato presentato che “l’Armenia è un alleato strategico russo e sostenere l’Azerbajgian significa contrastare la Russia”.

Tuttavia, il quadro sembra essere diverso, poiché le relazioni tra Russia e Azerbajgian sono decisamente migliori di quelle tra Armenia e Russia. Lasciatemelo dimostrare con i fatti.

Le relazioni economiche tra l’Azerbajgian e la Russia sono in aumento: la Russia rimane uno dei principali partner economici dell’Azerbajgian. Nel 2021 il fatturato commerciale tra Russia e Azerbaigian è stato del 14%; nel 2022, in soli sette mesi, a quel fatturato si è aggiunto un ulteriore 7%. L’investimento russo in Azerbajgian ha raggiunto i 4,5 miliardi di dollari, che lo stesso Presidente della Russia ha annunciato durante l’incontro con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, il quale ha aggiunto che, in effetti, le relazioni tra Russia e Azerbajgian si stanno sviluppando in modo dinamico. Il 22 febbraio 2022, poche ore prima della guerra russo-ucraina, l’Azerbajgian e la Russia hanno firmato una dichiarazione congiunta sulla “cooperazione alleata” bilaterale, in cui si afferma che “per garantire la sicurezza, mantenere la pace e la stabilità, la Russia e l’Azerbajgian possono fornire reciprocamente assistenza militare”. Un’altra cosa che si deve assolutamente sapere è che il 25,5% delle risorse di gas del giacimento TANAP Shah Deniz-2 dell’Azerbajgian, che mirava ad aiutare l’Unione Europea a ridurre la sua dipendenza dalla Russia per il gas naturale, appartiene alla compagnia russa Lukoil.

Quindi, l’Armenia è tutta sola contro l’Azerbajgian, che la Turchia sostiene pienamente, i cui politici stanno apertamente minacciando l’Armenia con un nuovo genocidio.

Supponiamo che ti stia ancora chiedendo perché l’Azerbajgian continui la guerra senza fine contro l’Armenia, che ha causato la morte di migliaia di Armeni e Azeri. In tal caso, devi sapere che l’Azerbajgian è un Paese totalitario governato da poche famiglie, e la più potente tra loro è la famiglia Aliyev. Il Presidente dell’Azerbajgian ha ereditato la Presidenza da suo padre, Heydar Aliyev. Nel 2003, l’attuale Presidente dell’Azerbajgian ha annunciato di aver “vinto” con il 76,84% dei voti le elezioni prima ancora che iniziassero le votazioni. A causa dei cambiamenti nella Costituzione dell’Azerbajgian nel 2017, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha nominato sua moglie Primo Vicepresidente e attualmente sta preparando la Presidenza per suo figlio, Heydar Aliyev Junior.

L’attuale regime a Baku deve distogliere l’attenzione dal fatto che il Paese si sta trasformando in un’impresa familiare, che continua ad arricchirsi, in contrasto con la popolazione che vive in povertà con un tasso di disoccupazione in crescita. Inoltre, il governo azero promuove il sentimento anti-armeno, noto anche come armenofobia, facendo credere alla gente che l’Armenia sia la ragione di tutti i loro problemi. Dai crimini di guerra azeri contro prigionieri di guerra armeni disarmati, si può concludere che il governo azero ha avuto successo: i cittadini azeri credono fermamente che se l’Armenia e gli Armeni scompaiono, vivranno finalmente sani e ricchi.

Riconoscere Artsakh
di Trey Blanton
Lucerna Lux Media, 12 maggio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le forze armate dell’Azerbajgian hanno continuato la politica di genocidio del regime di Aliyev nei confronti degli Armeni Cristiani, bombardando i soldati armeni con colpi di mortaio. L’incidente è avvenuto dopo le 19.00 ora locale sul territorio della Repubblica di Armenia. Un soldato ha perso la vita e otto soldati sono rimasti feriti negli ultimi due giorni.

L’Azerbajgian ha ripetutamente violato l’accordo trilaterale di cessate il fuoco stabilito nel 2020 da Armenia, Azerbajgian e Russia come mediatore. Il cessate il fuoco è stato concordato dopo che le forze azere avevano conquistato gran parte del territorio della Repubblica di Artsakh. L’Artsakh, noto anche come Nagorno Karabakh, è un territorio storicamente abitato dagli Armeni.

Il precedente storico è importante perché la comunità internazionale, inclusi Europa e Stati Uniti, ha continuato a sostenere le politiche dell’ex Unione Sovietica sotto il leader genocida Joseph Stalin, che ha stabilito l’Artsakh come Oblast autonomo all’interno della Repubblica Sovietica di Azerbajgian.

Gli Armeni sono stati la prima nazione ad abbracciare il Cristianesimo, quindi le tribù iraniane e turche che hanno abbracciato l’Islam, in questo caso gli Azeri che sono un misto di entrambi, sono in conflitto con gli Armeni. Durante l’era sovietica, era importante mantenere il conflitto ai margini dell’impero, piuttosto che permettergli di creare problemi a Mosca.
Quando l’Unione Sovietica si sciolse, l’Azerbajgian, l’Armenia e l’Artsakh presentarono ciascuno separatamente istanza di indipendenza dall’Unione Sovietica. La comunità internazionale ha riconosciuto legalmente l’Armenia e l’Azerbajgian, ma non l’Artsakh, il che ha spinto l’Azerbajgian ad attaccare l’Artsakh per portarlo sotto il loro controllo.

L’Artsakh ha prevalso nei primi anni ’90, ma i ricchi giacimenti di petrolio e gas dell’Azerbajgian lo hanno permesso di diventare abbastanza ricco da corrompere i leader occidentali e i cosiddetti intellettuali per promuovere le rivendicazioni dell’Azerbajgian sul territorio e finanziare lo sviluppo della tecnologia militare dell’Azerbajgian.

I think tank conservatori, come la Heritage Foundation, favoriscono una politica di incremento degli investimenti in Azerbajgian con l’errata convinzione che stabilire maggiori connessioni economiche consentirà agli Stati Uniti di ottenere guadagni in Asia a spese di Russia e Cina.

La politica della Heritage Foundation è ingenua nella migliore delle ipotesi, e nella peggiore è malvagia, perché sostiene un tiranno genocida, che si arricchisce grazie all’oppressione del suo stesso popolo. Tollerare il male, nella speranza di ottenere petrolio a buon mercato e aprire fast food, non porterà la pace nella regione.

È importante riconoscere il ruolo che i think tank conservatori operano nella politica internazionale perché tendono a sostenere politiche interne favorevoli ai Cristiani, il che dà l’errata percezione che questi gruppi siano “buone organizzazioni Cristiane”, quando, invece, sostengono apertamente uno scenario in cui un’intera nazione Cristiana sarà massacrata o costretta ad abbandonare le proprie case per l’esilio.

In ogni situazione, tuttavia, c’è una strada per la speranza.

In questo momento, la risoluzione 320 è all’esame della Commissione per gli affari esteri della Camera dei deputati [degli USA] per riconoscere legalmente la Repubblica di Artsakh come nazione. Il disegno di legge è stato redatto dal rappresentante democratico Adam Schiff, che ha una numerosa popolazione armena nel suo distretto.

Molti conservatori rifiuterebbero l’idea di sostenere un disegno di legge scritto dal rappresentante Schiff, ma io incoraggerei il riconoscimento americano della Repubblica di Artsakh come un’eccellente opportunità per il bipartitismo.

Il riconoscimento della Repubblica di Artsakh sarà un processo difficile perché gli Stati Uniti dovrebbero impegnarsi a decidere quali sono i confini, che si tratti dei confini attuali o di quelli precedenti all’invasione del 2020. Lo sforzo deve essere fatto, tuttavia, per evitare un genocidio.

Sarebbe anche una buona strategia per la leadership repubblicana raggiungere la comunità armena approvando questo disegno di legge. Il rappresentante Schiff non ha spinto per il riconoscimento della Repubblica di Artsakh quando i democratici controllavano la Camera. Invece, ha aspettato che i repubblicani controllassero la Camera, forse con l’aspettativa che i repubblicani annullassero il disegno di legge e Schiff potesse guadagnare punti senza dover effettivamente combattere per i suoi elettori armeni.

La leadership americana ha avuto ampie opportunità di fare del bene al popolo armeno dalla Prima Guerra Mondiale, quando l’Impero ottomano massacrò 1,5 milioni di Armeni e ne costrinse altri all’esilio, anche negli Stati Uniti, dove vivono principalmente in California e New York.
È giunto il momento di contattare i rappresentanti repubblicani nella commissione per gli affari esteri e chiedere loro di riconoscere legalmente il diritto all’autodeterminazione e all’esistenza della Repubblica di Artsakh.

Quali problemi energetici causerà lo svuotamento del bacino di Sarsang?

Suren Galstyan, Ministro dell’Amministrazione Territoriale e delle Infrastrutture della Repubblica di Artsakh in un’intervista ad Artsakhpress ha fatto riferimento all’attuale situazione energetica della Repubblica, nonché alle conseguenze dello svuotamento del bacino di Sarsang e alle possibilità di fonti energetiche alternative.

Signor Galstyan, come valuterebbe la situazione energetica nella Repubblica?
Nelle condizioni della crisi energetica creatasi a seguito del danneggiamento dell’unica linea ad alta tensione in ingresso ad Artsakh dall’Armenia da parte dell’Azerbajgian [il 9 gennaio 2023] e delle regolari interruzioni dell’approvvigionamento di gas e dal 22 marzo l’interruzione completa del fornitura di gas, il sistema energetico dell’Artsakh è stato costretto a funzionare in modalità sovraccarico.
Al fine di soddisfare il fabbisogno energetico minimo della popolazione nella situazione attuale, il governo della Repubblica di Artsakh è stato costretto ad applicare una serie di misure aggiuntive, tra cui la sospensione delle attività di un certo numero di imprese che sono grandi consumatori di elettricità, interruzioni di corrente giornaliere della durata di 6 ore al giorno, funzionamento delle centrali idroelettriche esistenti alla loro massima capacità, ecc.

Come ha già comunicato il Ministero dell’Amministrazione del Territorio e delle Infrastrutture, Sarsang, su cui è costruita la nostra centrale idroelettrica più grande produttrice di risorse energetiche, è quasi vuota. Quali saranno le conseguenze?
Nelle condizioni della crisi energetica creata, le capacità produttive del sistema energetico dell’Artsakh stanno diminuendo di giorno in giorno a causa del rapido consumo delle risorse del bacino di Sarsang. Ora le risorse idriche di Sarsang hanno raggiunto condizioni critiche, il 15% della capacità idrica totale e si stanno avvicinando al volume morto (inutilizzabile), il che implica che in caso di mancanza di precipitazioni, il sistema elettrico di Artsakh si troverà in una situazione disperata, che a sua volta porterà a un disastro umanitario.

Quali possibilità di energia alternativa sono disponibili? Quali passi si stanno facendo in quella direzione?
Tenuto conto del deficit della produzione elettrica locale, il Ministero considera prioritario il massimo utilizzo dell’energia solare e da fonti alternative e la promozione degli investimenti necessari allo scopo indicato; nei prossimi anni aumentare l’energia primaria rinnovabile al 20% o più dell’energia totale consumata, il che è importante dal punto di vista della sicurezza energetica.

È possibile che in caso di aggravamento della crisi energetica, in inverno, venga effettuato un passaggio completo al riscaldamento con legna da ardere? Se sì, allora quali passi sono stati compiuti o quali piani sono stati pianificati in quella direzione?
Dato l’atteggiamento aggressivo dell’Azerbajgian, le numerose illegalità e le incessanti provocazioni contro il popolo dell’Artsakh, stiamo cercando di fare di tutto per affrontare la crisi energetica e prevenirne l’ulteriore aggravamento. Il governo della Repubblica di Artsakh, che sta tenendo conto di tutti i possibili scenari; ha sviluppato determinati programmi e ne sta portando avanti l’attuazione.

Gli Azeri stanno costruendo ampie strade di cemento, bunker, infrastrutture nei territori occupati in Armenia

Sappiamo che gli Azeri hanno invaso i territori sovrani dell’Armenia, ed è ovvio che non hanno intenzione di andarsene. Lo ha detto ieri 12 maggio 2023 in una conferenza stampa Arman Tatoyan, Direttore della Fondazione Tatoyan ed ex Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, presentando il nuovo rapporto speciale preparato insieme all’Avv. Siranush Sahakyan, rappresentante dei prigionieri di guerra armeni presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
“Non importa quanto [gli Azeri] parlino della delimitazione [del confine], dei principi internazionali, le loro azioni parlano di qualcosa di completamente diverso. Sono trincerati nei territori all’interno del confine dell’Armenia. Per esempio, ero nella provincia di Syunik due, tre mesi fa e ci ero andato dieci giorni fa; la differenza è evidente nel modo in cui si arroccano nel territorio sovrano dell’Armenia. “Hanno stabilito postazioni nell’area amministrativa del villaggio di Nerkin Hand di Syunik, pochi mesi fa avevano costruito un piccolo edificio; dopo pochi mesi già grandi edifici, infrastrutture, strade. Avevamo registrato la stessa cosa dopo il 13 e 14 settembre 2022 nella regione di Jermuk [città]; dopo pochi mesi, stavano persino costruendo ampie strade di cemento, bunker, ecc.”, ha detto Tatoyan.
Tatoyan ha sottolineato che gli Azeri mirano a rendere impossibile la vita della popolazione civile armena, a costringere le persone ad andarsene, cosa che vediamo oggi anche nell’Artsakh. “Privano la gente dell’acqua, si appropriano apposta delle sorgenti, le persone non possono usare le loro terre, i pascoli. Dietro ogni metro di terra ci sono persone, famiglie, destini umani”, ha aggiunto Tatoyan.

I detenuti armeni a Baku vengono picchiati brutalmente, vengono messe in scena le riprese dell’assistenza medica

I detenuti armeni sono stati duramente picchiati dalla polizia militare dell’Azerbaigian. Lo ha detto ieri 12 maggio 2023 in una conferenza stampa l’Avv. Siranush Sahakyan, presentando il nuovo rapporto speciale preparato insieme ad Arman Tatoyan.
“Sono stati aggravati dalla privazione del cibo, del sonno e loro [vale a dire, i detenuti armeni nella capitale dell’Azerbajgian, Baku] sono stati esposti anche all’impatto delle condizioni meteorologiche, causando ulteriori sofferenze. Ad esempio, specialmente nel tempo freddo, sono stati posti artificialmente in condizioni tali da causare ulteriori sofferenze dovute al gelo”, ha detto.
Sahakyan ha affermato che questa politica azera è proseguita sotto la supervisione di servizi speciali e nei luoghi di detenzione è stato imposto un trattamento disumano più intenso, dove la “superiorità” degli azeri sull’etnia armena è stata enfatizzata insultando l’autostima nazionale. Ha aggiunto che la parte azera continua azioni mirate che causano ulteriori sofferenze alle famiglie degli Armeni che sono sotto loro controllo dopo la guerra del 2020. Sahakyan ha affermato che anche civili e operatori sanitari azeri sono coinvolti nel maltrattamento dei detenuti armeni. “I medici militari o civili che si occupavano dei militari usavano la violenza. In incidenti recenti, abbiamo avuto molte testimonianze che i prigionieri di guerra [armeni] sono stati consegnati a civili [azeri]”, ha spiegato Sahakyan. Ha osservato che i medici azeri hanno messo in scena filmati, fornendo assistenza medica ai prigionieri di guerra armeni per dimostrare alle organizzazioni internazionali che i diritti umanitari non sono stati violati dall’Azerbajgian.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Premier Armenia, chance su firma pace a Bruxelles ‘molto scarse’ (Ansa 12.05.23)

BRUXELLES, 12 MAG – “Purtroppo, e ripeto, purtroppo, la possibilità che domenica si firmi un qualsiasi accordo di pace è molto scarsa, perché la bozza del trattato bilaterale su pace e le relazioni interstatali è ancora molto preliminare ed è troppo presto per pensare ad una sua firma”. Così il primo ministro armeno Nikol Pashinyan rispondendo alla stampa locale sull’eventualità di una firma al trattato di pace tra Armenia e Azerbaijan questa domenica all’incontro dei due leader mediato dal presidente del Consiglio Ue, Charles Michel a Bruxelles “Tuttavia, per ora non ho cambiato la mia decisione di andare a Bruxelles questa domenica” ha spiegato il premier armeno parlando al canale televisivo Hayastan News.

Bari, torna la festa dei popoli per celebrare l’incontro tra culture (Gazzettadelmezzogiorno 12.05.23)

BARI – Universo Diverso è il tema della Festa dei Popoli 2023 in programma dal 26 al 28 maggio al Giardino Princigalli in Via Ignazio Loiacono 3 a Bari. Da 18 anni la manifestazione celebra l’incontro tra popoli e culture con musiche e danze dal mondo. Festa dei Popoli è realizzata dal Centro Interculturale Abusuan e dai Missionari Comboniani, in collaborazione con il Comune di Bari, Regione Puglia e un’importante rete che comprende le seguenti associazioni, comunità straniere e Istituti Scolastici: Abusuan, Agriculture, Alma Terra, Ania (Albania), Amnesty International, A.I.BA. (Costa d’Avorio), APS Gianni Ballerio, Armeni Apulia (Armenia), ArtiDea cultura, Balasua, Bande Rumorose, Bangladesh, Bollywood Bari, Brasile, Cama Lila, Casa Shalom, Centro Missionario dell’Arcidiocesi Bari-Bitonto, CGIL, Circondario, Communitas, Comunità Baha’i, Comunità Eritrea, Comunità ortodossa di Etiopia, Digiuno di Giustizia in solidarietà con i Migranti, Dioubo Diame Africa (Senegal), Equanima, Famiglia Comboniana, Gruppo Educhiamoci alla Pace, Le Aquile di Seta (Albania), Mali Kura (Mali), Palestina, PER.I.P.L.O., Refugees Welcome, Shiva (Mauritius), Squola Senza Confini Penny Wirton, Solidarietà con il popolo sudanese, Tessere di Solidarietà, Uniti per l’Ucraina, Unsolomondo, Zafar Trading (Pakistan), I.C. “Grimaldi-Lombardi”, I.C. “Massari-Galilei”, S.S.1° G. “Fiore”, I.C. “Amedeo d’Aosta”, I.C. “Zingarelli”, I.C.S. “Michelangelo”, S.S.1° G. “Monterisi”, CPIA 1 BARI.

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152° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian continua ad attaccare l’Armenia. Un crimine impunito è un crimine incoraggiato (Korazym 12.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi siamo entrati nel giorno 152 e iniziamo il sesto meso del #ArtsakhBlockade. «Gli Armeni passano il checkpoint sulla strada di Lachin senza ostacoli», afferma l’Azerbajgian, mostrando un filmato di Armeni che sono in ambulanza. Si tratta di un trasferimento di malati critici, che sono stati in grado di passare solo con le forze di mantenimento della pace russe e l’Azerbajgian ha rifiutato il passaggio del Comitato Internazionale della Croce Rosse nelle ultime 2 settimane circa. Mentre USA, Unione Europea e Armenia parlano di pace, l’Azerbaigian attacca l’Armenia vero e proprio.

Da più di 150 giorni i 120.000 Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sono tagliati fuori dal mondo dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Di fronte al disastro umanitario, il Gruppo di amicizia Francia-Armenia dell’Assemblea nazionale francese si mobilita con questo video eccellente (in francese) per allertare [QUI].

Prima l’Azerbajgian blocca gli Armeni in Artsakh/Nagorno-Karabakh, poi attacca l’Armenia. Aliyev mette in chiaro che vuole la guerra, non la pace. Se guardi a come i soldati azerbajgiani hanno violentato e torturato a morte una soldatessa armena, giustiziato un prigioniero di guerra armeno disarmato nel settembre 2022, o commesso crimini di guerra simili, anche peggiori durante i 44 giorni di guerra in Artsakh nel 2020, si chiarirà che ciò che l’Azerbaigian vuole è lontano dalla pace. Aliyev ha chiarito che vuole l’intero Artsakh e l’Armenia. Dal 2021 ha iniziato a dimostrarlo violando apertamente il territorio sovrano dell’Armenia e il cessate il fuoco del 9 novembre 2020 in Artsakh.

Fake news azera su presunti attacchi dell’Artsakh

Il Servizio stampa del Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh comunica che il messaggio diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian sul fatto che nella notte tra l’11 e il 12 maggio le Forze di Difesa dell’Artsakh avrebbero aperto il fuoco in direzione delle postazioni azere situate nei territori occupati delle regioni Martakert, Askeran, Shushi e Kashatagh della Repubblica di Artsakh è un’altra disinformazione.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme all’organizzazione non governativa multinazionale “Siamo Uniti”, continuano a distribuire aiuti umanitari in onore del 78° anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica. Questa assistenza è stata data a bambini e famiglie che si trovavano in una situazione sociale difficile, attraverso le scuole [QUI].

«Nebbia su quasi tutto: aria, pensiero, paese, futuro… #ArtsakhBlockade da 5 mesi» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

I continui attacchi di artiglieria, mortai e droni, soldati uccisi e feriti, villaggi in Artsakh e in Armenia presi di mira, quasi un evento mensile, il Nagorno-Karabakh isolato nel mezzo di una crisi umanitaria con le forze di mantenimento della pace russe che oggi hanno trasferito 9 pazienti in gravi condizioni di salute dall’Artsakh all’Armenia perché dal 29 aprile il Comitato Internazionale della Croce Rossa è stato bloccato dall’Azerbajgian di organizzare trasferimenti senza ostacoli di pazienti e medicinali, dimostrano che finora nessun negoziato ha scoraggiato l’aggressione dell’Azerbajgian all’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia.

Da quasi 2 giorni continuano gli attacchi delle forze armate azere con colpi artiglieria e mortaio, e dei droni lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian. Il Nagorno Karabakh Observer riferisce che secondo rapporti non confermati (e non ufficiali) sono in corso combattimenti tra truppe armene e azere vicino al villaggio di Sotk in Armenia e nelle vicinanze della miniera. Intorno alle ore 16.50 di oggi 12 maggio 2023, riferisce il Ministero della Difesa dell’Armenia, le unità delle forze armate azere hanno aperto il fuoco con fucili di grosso calibro contro le posizioni armene situate vicino a Kut, il villaggio più vicino alla miniera d’oro di Sotk. Poi, il Ministero della difesa dell’Azerbajgian si lamenta che l’Armenia (che ribadisce dopo ogni attacco azero che le unità delle forze armate armene hanno adottato “adeguate misure protettive e preventive”) ha usato artiglieria da 122 mm contro le postazioni militari azere.

Alle ore 21.50, le unità delle forze armate azere hanno aperto il fuoco con armi leggere e mortai in direzione delle posizioni di combattimento armene vicino a Verin Shorzha.

Il Ministero della Difesa armena comunica che alle ore 23.10 (ora locale, come tutti i riferimenti orari in questa rubrica) la situazione non è cambiata. Viene mantenuta la diminuzione dell’intensità del fuoco in direzione di Sotk, Kut e Verin Shorzha. Alle ore 23.10, le perdite della parte armena sono 1 morto e 2 feriti. Tenendo conto che i video e le foto predisposte dalla macchina propagandistica azera, anche false e scattate durante i giorni della guerra dei 44 giorni, sono ampiamente diffusi su varie piattaforme social, il Ministero della Difesa armena invita ad astenervi dal farvi riferimento in qualsiasi modo, figuriamoci pubblicarli. Il Ministero della Difesa armeno farà un ulteriore annuncio.

Ciò porta le vittime totali annunciate ufficialmente da ieri a 1 soldato armeno ucciso, 8 feriti. Da parte azera 1 soldato ucciso, 1 ferito.

Bombardamenti in corso.

L’area di Sotk, Kut e Verin Shorzha ha avuto truppe azere dispiegate a circa 1-4 km all’interno dell’Armenia dal maggio 2021.

I social media dell’Azerbajgian pubblicano avvertimenti di non fotografare/condividere cose relative a operazioni militari, avvertendo di seguito: “Non dimenticare, il nemico vede tutto, non rivelare segreti al nemico”. Questi avvertimenti sono stati normalmente diffusi durante le operazioni militari contro l’Armenia in passato (Nagorno Karabakh Observer).

«Quindi, se la situazione in Nagorno-Karabakh fosse perfetta come afferma l’Azerbajgian, allora perché gli sfollati interni non possono tornare nelle loro case a Hadrut, Shushi e altri territori del Nagorno-Karabakh occupati dall’Azerbajgian? Quando le capitali occidentali smetteranno di fingere di avere a cuore i diritti umani fondamentali?» (Anush Ghavalyan).

«Faccio appello alle organizzazioni internazionali e ai leader dei diversi Paesi: dov’è la vostra dignità? L’Azerbajgian non ha mostrato alcun rispetto per la vostra autorità, dichiarando apertamente che non rispetterà alcuna decisione giudiziario o accordo. Che tipo di comportamento è questo? Non avete il potere e l’integrità per esigere che l’Azerbajgian adempia ai suoi obblighi? È essenziale ritenere Azerbajgian responsabile delle sue azioni» (Ruben Vardanyan).

Non dimentichiamo l’Armenia

«Non mi dimentico dell’Armenia, questa terra dolce e sfortunata, la prima  sulla quale si posarono gli occhi di Noè il giorno del ritorno alla vita dopo il diluvio universale.
Ma oggi siamo davanti ad un nuovo diluvio e si fatica ad avvistare un’arca di salvezza. Come qualcuno saprà, c’è una regione di quelle terre, il Nagorno-Karabakh/Artsakh, che costituisce una enclave interamente abitata da Armeni all’interno dell’Azerbajgian.
Alcuni anni fa, dopo un referendum preceduto da varie stragi di Armeni residenti in Azerbajgian, tale regione si proclamò Repubblica Indipendente, nel quadro della dissoluzione della vecchia Unione Sovietica: ne nacque un conflitto con lo Stato azero. Da allora si sono susseguiti eventi che hanno reso via via più drammatica la situazione.
Oggi siamo di fronte ad una nuova svolta. Da circa 150 giorni i 120.000 Armeni Cristiani del Nagorno-Karabakh/Artsakh sono completamente isolati, avendo le truppe azere tagliato l’unica via di accesso, il cosiddetto Corridoio di Lachin, dalla quale passavano rifornimenti, combustibile, medicinali e tutto quel che serve per vivere.
Ad oggi, né le dichiarazioni solenni, né le condanne di Stati e ONU hanno prodotto qualche risultato: i giovani studenti trovano le loro scuole chiuse (si parla di 20.000 bambini e giovani) e più di 800 attività economiche hanno chiuso i battenti.
Siamo davanti ad un tentativo di stroncare la fisica presenza di questa popolazione e il mondo occidentale, mi pare, si limita a qualche formale protesta. Ecco: torna l’indifferenza con cui all’inizio del XX secolo si seguì lo sterminio degli Armeni. Speriamo che questa volta la coscienza occidentale reagisca diversamente. Sennò, una volta di più dovremmo concludere che la storia sarà anche maestra di vita, ma noi siamo pessimi allievi» (Marco Riboldi, Il Dialogo di Monza).

Se sei ancora confuso da questa tragica situazione, guarda la mappa del Caucaso meridionale e otterrai la risposta sul motivo per cui l’Azerbajgian continua ad attaccare l’Artsakh/Nagorno-Karabakh l’Armenia: i due Paesi si trovano tra l’Azerbajgian e il suo partner fraterno e strategico, la Turchia. L’esistenza dell’Armenia ostacola il piano del sultano turco Erdoğan di creare il “Grande Turan”. Nel caso non lo sapessi, come l’Azerbajgian, la Turchia non è una grande fan dell’Armenia. Nel 1915 l’Impero Ottomano, antenato della moderna Turchia, commise il genocidio armeno massacrando oltre 1,5 milioni di Armeni, e oggi la politica turca continua a minacciare apertamente l’Armenia con un nuovo genocidio.

Con le aggressioni quotidiane dell’Azerbaigian sul territorio sovrano, perché il governo degli USA e la Commissione Europea non sanzionano l’autocrazia azerbajgiana, fondata dall’ufficiale del KGB, Haidar Aliyev, padre dell’autocrate Ilham in carica?.

L’Armenia ha chiarito che vuole la pace, mentre l’Azerbajgian chiarisce con la sua costante l’aggressione che vuole l’Armenia. È affascinante la facilità con cui vengono pronunciate le bugie, questo è un vero talento, e Aliyev ha in Erdoğan il miglior insegnante. D’altra parte, l’Azerbajgian è uno Stato piuttosto sincero. Mentre accusa l’Armenia degli atti terroristici che le forze armate azere stanno commettendo contro l’Armenia, prendendosi gioco dell’opinione pubblica in Occidenti, l’Azerbajgian ha pubblicato le prove del crimine. Nel video diffuso da Baku si noti come ieri le forze armate azere abbiano effettuato attacchi militari sui territori sovrani dell’Armenia, ferendo militari armeni.

Per il momento, scopo del regime autocratico dell’Azerbajgian è quello di impadronirsi della miniera d’oro armena di Sotk, che si trova in territorio sovrano armeno molto vicino al confine. La miniera di Sotk non è operativa da più di 20 giorni perché l’Azerbajgian ha iniziato a sparare regolarmente contro i minatori. Di conseguenza, 800 dipendenti sono ora disoccupati. Ringraziamo il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian per aver fornito prove contro il criminale di guerra Ilham Aliyev. Gli osservatori occidentali in Armenia hanno già questo video, che l’Armenia utilizzerà nei tribunali internazionali per ritenere responsabile il sanguinario regime di Aliyev dei fatti di terrorismo.

Questa sarà la realtà quotidiana se l’Armenia “normalizzerà” le relazioni con la Turchia e l’Azerbajgian. Non commettere errori, nessuno dei due Paesi vuole la pace con l’Armenia, ma l’obiettivo è la completa eliminazione dell’Armenia e degli Armeni.

Oggi alle ore 10.00, le forze armate dell’Azerbajgian hanno nuovamente attaccato posizioni armeni a Sotk, utilizzando droni. Due militari armeni sono rimasti feriti. Le condizioni di un militare sono giudicate soddisfacenti, mentre l’altro è in condizioni critiche. Invece, le vite dei 4 militari armeni feriti a seguito dell’aggressione dell’Azerbajgian di ieri 11 maggio vicino a Sotk non sono in pericolo.

Un troll azero dopo i nuovi attacchi azeri sul territorio sovrano dell’Armenia, ha risposto ad un post su Twitter: «Il Karabakh è parte integrante dell’Azerbajgian che è riconosciuto a livello internazionale… Non ho parole per la vostra bestemmia». Esilarante.

«Oggi le forze armate dell’Armenia hanno mostrato un’adeguata resistenza alle aggressioni dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian ha avviato una nuova offensiva militare accompagnata da una campagna di disinformazione per dirottare la tendenza positiva dei negoziati a Washington e attesi a Brussel attraverso la coercizione militare» (Sossi Tatikiyan).

La foto, riportata sopra, dei frammenti del drone kamikaze utilizzato dall’Azerbaigian questa mattina vicino a Sotk, pubblicata dal Ministero della Difesa armeno, dimostra chiaramente che si tratta di un Kargu-2 di fabbricazione turca, osserva CivilNetTV. L’Azerbaigian ha utilizzato questi droni kamikaze anche durante la guerra dei 44 giorni in Artsakh nel 2020 [QUI]. Il Kargu-2 pesa 15 kg e ha una autonomia di volo di 30 minuti. È sviluppato e prodotto dalla società di difesa turca STM-Savunma Teknolojileri Mühendislik ve Ticaret AŞ.

Con le sue dichiarazioni il Cremlino sta incoraggiando nuove aggressioni dell’Azerbajgian contro l’Armenia

«Il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha descritto come vergognosa la pratica dell’Azerbajgian di fare pressione sulla parte armena attraverso un attacco militare. Trovo vergognosa la dichiarazione del Portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. in merito all’attacco aperto dell’Azerbajgian all’Armenia ieri [a Sotk, Norabak e Verin Shorzha]. Il Portavoce di Putin ha affermato, che la Russia si aspetta moderazione sia dall’Armenia che dall’Azerbajgian di fronte a questa nuova tensione.
La Russia anche questa volta non ha condannato la provocazione dell’Azerbajgian, né l’ha valutata. Intanto, il video pubblicato dall’Azerbajgian dimostra l’attacco dell’esercito azerbajgiano ai territori sovrani dell’Armenia.
La Russia ha anche invitato l’Armenia e l’Azerbajgian a non intraprendere alcuna azione che possa portare a un aumento della tensione. Infatti, “l’alleato strategico dell’Armenia” sta mettendo un segno di uguaglianza tra l’aggressore Azerbajgian e la vittima Armenia. Ciò significa che la Russia sta incoraggiando le nuove aggressioni dell’Azerbajgian contro l’Armenia.
Nel frattempo, la Russia si è impegnata a non consentire un attacco dell’Azerbajgian. Non si tratta dell’accordo di mutua assistenza militare con l’Armenia o degli strumenti della CSTO. Durante l’incontro organizzato da Putin a Sochi il 31 ottobre 2022, Pashinyan e Aliyev hanno concordato di rinunciare all’uso della forza.
Inoltre, a Praga Aliyev ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Armenia sulla base della dichiarazione di Alma-Ata. Nella realtà, l’Azerbajgian attacca i territori sovrani dell’Armenia, pur avendo riconosciuto a Praga l’integrità territoriale dell’Armenia. L’Azerbajgian a Sochi ha accettato di non usare la forza militare contro l’Armenia. Entrambe le circostanze sono registrate sotto forma di dichiarazione, recante la firma del Presidente dell’Azerbajgian.
Tuttavia, sono sicuro che durante l’incontro Mirzoyan-Bayramov del 19 maggio a Mosca, la Russia non condannerà l’Azerbajgian per aver violato la dichiarazione di Sochi.
Sono convinto che la Russia tragga vantaggio dagli attacchi dell’Azerbajgian. Ecco perché Peskov non ha condannato l’Azerbajgian e non lo farà il 19 maggio. Cosa intendo? Perché l’Azerbajgian ha lanciato un altro attacco militare contro l’Armenia quando c’è un processo di negoziazione in corso? Il 14 maggio Pashinyan e Aliyev si incontreranno a Brussel, il 19 maggio i ministri degli Esteri Bayramov e Mirzoyan si incontreranno a Mosca. Secondo l’UnioneEuropea, il 1° giugno è previsto un incontro a cinque in Moldavia, con la partecipazione di Michel, Aliyev, Pashinyan, Macron e Scholz.
Con questi attacchi, l’Azerbajgian sta cercando di interrompere i prossimi incontri, di spingere l’Armenia a non partecipare e di forzare concessioni inaccettabili.
È interessante notare che sia la sanguinosa provocazione dell’Azerbajgian vicino al villaggio di Tegh sia gli attacchi di Baku l’11 [e 12] maggio hanno coinciso con l’Azerbajgian e la Russia che hanno espresso insoddisfazione per gli osservatori dell’Unione Europea. La Russia ha anche criticato con molte dichiarazioni la decisione dell’Armenia di chiedere osservatori dell’Unione Europea.
Il giorno prima dell’attacco dell’Azerbajgian, il Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito “controproducenti” le critiche pubbliche alla CSTO da parte delle autorità armene. “Il desiderio della leadership armena di discutere le questioni dell’efficacia dell’organizzazione in formati al di fuori della CSTO causa incertezza. Ci aspettiamo passi proattivi dall’Armenia per riprendere il lavoro sostanziale sul collocamento della missione CSTO in Armenia”, ha affermato.
Giorni prima della provocazione nel villaggio di Tegh, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian e l’Ambasciatore dell’Azerbajgian presso l’Unione Europea si sono lamentati degli osservatori dell’Unione Europea di stanza in Armenia. Con questi attacchi, l’Azerbajgian e la Russia stanno tentando di screditare l’Unione Europea, tanto a costringere l’Armenia ad accettare l’invio di osservatori CSTO.
Sarebbe vantaggioso per la Russia dispiegare osservatori CSTO in Armenia per neutralizzare gli osservatori dell’Unione Europea. L’Azerbajgian vuole osservatori CSTO di stanza in Armenia perché, in loro presenza, avrà maggiore libertà di attaccare i territori armeni. Nonostante i numerosi attacchi dell’Azerbajgian contro l’Armenia, né la CSTO né la Russia li hanno condannati.
Pertanto, l’Armenia non dovrebbe consentire agli osservatori della CSTO di stazionare nel suo territorio, poiché ciò metterebbe in pericolo la sua sicurezza nazionale. La Russia e l’Azerbajgian dovrebbero capire che l’Armenia non soddisferà le loro richieste illegali sotto la pressione militare» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Perché l’Azerbajgian è sempre assente durante il voto delle risoluzioni delle Nazioni Unite contro la Russia?
di Julian McBride
SOFREP (Special Operations Forces Report), 11 maggio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

L’invasione russa dell’Ucraina è la più grande guerra convenzionale dalla guerra Iran-Iraq e la più grande condotta nel continente europeo dalla Seconda Guerra Mondiale. Già l’aggressione più condannata dalla fondazione delle Nazioni Unite, la Russia è diventata la nazione più sanzionata sulla Terra al posto delle sue ambizioni imperiali.

Le Nazioni Unite hanno adottato numerose risoluzioni durante tutto l’anno, con voti crescenti che riconoscono la Federazione Russa come uno stato sempre più aggressivo e canaglia. L’ultimo voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che condanna l’aggressione russa in Ucraina e stabilisce una partnership sui crimini di guerra con il Consiglio d’Europa e le Nazioni Unite, è stato in modo schiacciante contro la Russia, con 122 nazioni a favore, solo 5 contrari e 18 astenuti.

Ciò che ha reso il voto più scioccante è che alcuni dei partner “più stretti” della Russia hanno votato contro Mosca, come Cina, India, Brasile e persino Armenia, una nazione la cui sopravvivenza dipendeva dal Cremlino fino a tre anni fa. Tuttavia, l’Azerbajgian, che ha affermato di combattere contro la Russia e sostiene l’Ucraina, non si è mai presentato al voto in nessuna risoluzione che coinvolga la Russia, il che è stato un mistero significativo poiché Baku considera lo status delle forze di mantenimento della pace russe e la presenza nel Caucaso come un “ostacolo”.

Cosa significa e cosa comporta il voto?

La risoluzione delle Nazioni Unite afferma: “Riconoscendo anche che le sfide senza precedenti che ora l’Europa deve affrontare in seguito all’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina, e prima ancora contro la Georgia, e la cessazione dell’appartenenza della Federazione Russa al Consiglio di Europa”.

Vladimir Putin, Presidente e autocrate di lunga data della Russia, è stato incriminato dalla Corte Penale Internazionale per le deportazioni di decine di migliaia di bambini ucraini, una violazione degli articoli della Convenzione sul genocidio dovuta al trasferimento forzato delle popolazioni. La risoluzione allude al rispetto della sovranità territoriale, al perseguimento dei criminali di guerra e al riconoscimento e al rispetto delle nazioni indipendenti.

Solo cinque nazioni, Siria, Bielorussia, Nicaragua, Corea del Nord e, non a caso, Russia, hanno votato contro. Le quattro nazioni al di fuori della Russia sono dittature che dipendono fortemente dal sostegno diplomatico e militare di Mosca per mantenere la loro cleptocrazia.

Perché l’Armenia si sta allontanando dalla Russia?

L’Armenia è una nazione che ha vissuto sotto l’egemonia russa sin dalla sua conquista imperiale del Caucaso nel 1800. I Giovani Turchi, noti anche come Comitato di Unione e Progresso, usarono il pretesto che l’Armenia fosse un “alleato russo” come una delle ragioni del genocidio.

All’indomani del genocidio, l’Intesa propose il concetto di Armenia occidentale, nota anche come Armenia wilsoniana. Tuttavia, questi piani non si sono mai realizzati poiché i kemalisti e l’Armata Rossa hanno attaccato l’Armenia in un duplice assalto e hanno spartito lo Stato proposto. Yerevan ha vissuto sotto l’egemonia dell’Unione Sovietica fino al suo crollo.

Dopo il crollo dell’URSS, l’Armenia è diventato un importante alleato della Federazione Russa poiché la nazione, che aveva una popolazione continuamente ridotta, non poteva difendersi da due Paesi con cui non aveva mai avuto buoni rapporti. Dopo anni di primo ministri filo-russi, la Rivoluzione di Velluto ha cambiato i rapporti con la Russia.

Quando l’Azerbajgian ha vinto in modo decisivo la guerra del Karabakh del 2020, la Russia ha fatto nuovamente affidamento sull’Armenia, riconoscendo che non avrebbe potuto sopravvivere senza il Cremlino, ma questo ha mostrato i primi segni di tradimento. L’Azerbajgian ha poi invaso l’Armenia vera e propria nel 2022, causando centinaia di vittime tra le due nazioni. Ciò ha causato una significativa deriva nei rapporti con Mosca.

L’Armenia è diventato più aperto agli Stati Uniti, soprattutto dopo la visita dell’allora Presidente della Camera dei Deputati Pelosi che condannava l’Azerbajgian, e l’Unione Europea ha istituito una missione di monitoraggio a causa dei fallimenti delle forze di mantenimento della pace russe nella regione del Karabakh, hanno fatto poco per mitigare la violenza, compreso il blocco di cinque mesi del Corridoio di Lachin, nel quale l’esercito dell’Azerbajgian ha costruito un nuovo posto mentre le forze di mantenimento della pace russe stavano a guardare.

In una potenziale proposta di pace, l’attuale Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, si sta preparando a riconoscere la regione del Karabakh come parte dell’Azerbajgian, ma se il Presidente dell’Azerbajgian Aliyev non concederà l’autonomia agli Armeni della regione, potrebbe rapidamente trasformarsi in un altro scenario del Kosovo, qualcosa che attirerebbe l’attenzione sia degli Stati Uniti che della Francia.

Perché l’Azerbajgian non vota mai nonostante le sue affermazioni di “combattere” la Russia?

Ci sono state diverse risoluzioni delle Nazioni Unite dal 2022, che hanno condannato l’aggressione della Russia in Ucraina, la rimozione delle truppe di Mosca e il riconoscimento della sovranità di Kiev. Ciascuna è stata etichettata come “Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ES” con i numeri 11/1, 11/2, 11/3 e 11/4 [Risoluzioni dell’Undicesima Sessione Speciale di Emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite].

L’Azerbajgian, pur avendo diritto di voto, è stato assente dalla votazione di tutte queste risoluzioni, non presentandosi nemmeno per astenersi o condannare rispetto ad altri Stati membri della comunità internazionale. Questo è stato uno schema ripetuto che può essere interpretato in diversi modi.

Il giorno prima della vera e propria invasione della Russia, Aliyev e Putin hanno cementato un’alleanza. Le compagnie russe detengono quote significative nelle ricchezze dell’Azerbaigian tanto quanto, se non di più, che in Armenia. Il Cremlino mantiene uno status quo con entrambe le nazioni del Caucaso meridionale in conflitto perpetuo, simile a come l’Azerbajgian trae vantaggio dalla catastrofe geopolitica dell’Armenia, che le fa fare affidamento sulla Russia.

Originariamente un conflitto intensificato grazie alle manipolazioni dei confini di Stalin nella regione del Karabakh, Mosca si considera una superpotenza mantenendo entrambe le nazioni in guerra mentre il Caucaso meridionale è rimasto sotto il suo stivale da oltre 200 anni. Con l’Armenia etichettata come un “satellite russo”, l’Azerbajgian mantiene un rapporto stretto con i politici occidentali che hanno ignorato l’esercito e la brutalità dell’Azerbajgian. Ciò include l’Unione Europeo, che ha scambiato il gas russo di un tiranno in guerra con il gas e il petrolio di un altro tiranno che ha fatto la guerra con il gas e il petrolio.

La quieta geopolitica dell’Azerbajgian, che pretende di combattere l’influenza russa ma ne beneficia silenziosamente, non dovrebbe essere ignorata. Intraprendendo conflitti di aggressione mentre la Russia aumentava gli attacchi contro l’Ucraina, la loro mancanza di presentarsi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite anche solo per votare, mostra che l’Azerbajgian ha paura che il suo comportamento bellicoso venga portato all’attenzione della comunità internazionale.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

MONSIGNOR CLAUDIO GUEGEROTTI: «SOGNO LA PACE PER I CRISTIANI D’ORIENTE» (Famiglia Cristiana 11.05.23)

È uno degli uomini di papa Francesco più impegnati in questi mesi nel lavoro riservato che il Vaticano sta conducendo per tentare una mediazione nella guerra portata dalla Russia in Ucraina. Del resto, il mondo del cristianesimo orientale e in particolare l’Ucraina monsignor Claudio Gugerotti li conosce bene. Fin da quando, giovane prete al servizio della Santa Sede, arrivava ogni giorno sul suo vecchio motorino negli uffici della Congregazione per le Chiese orientali, il “ministero” vaticano che oggi si chiama Dicastero per le Chiese orientali e nel quale è tornato da prefetto, il più alto grado, nel novembre 2022.

Nato 67 anni fa a Verona, studi in lingue e letterature orientali a Ca’ Foscari di Venezia, altri studi in scienze ecclesiastiche a Roma, esperto di Armenia, la vocazione sacerdotale di Claudio Gugerotti è nata dal desiderio di aiutare giovani e poveri. Un’attenzione che ha continuato a coltivare in tutti gli anni del suo ministero, anche quando dal 1985 ha iniziato a lavorare in Vaticano, dove è rimasto fino al 2001. Poi è stato nunzio apostolico in Armenia, Georgia e Azerbaijan, quindi in Bielorussia, in Ucraina e, infine, in Gran Bretagna. Da lì Francesco lo scorso autunno l’ha richiamato in Vaticano.

 

Circoli diplomatici americani affermano che il Papa l’ha voluta qui per aiutarlo a pacificare l’Ucraina. È vero?

«Il Papa non mi ha detto questo, se lo ha pensato non so. Mi ha detto che ho esperienza e per questo desidera che io vada. C’è un collegamento costante anche per cose non di competenza del mio dicastero, ma nel nostro mondo complicato è difficile limitarsi alle competenze. Ho subito ripreso contatti con i Paesi: la prima missione in Siria e Turchia, per portare aiuti dopo il terremoto. Soprattutto in Siria la situazione era drammatica perché c’erano paesi completamente impoveriti da un isolamento internazionale che aveva impedito le rimesse dei familiari all’estero ed è tuttora impossibile far giungere gli aiuti in danaro. La seconda missione sul campo l’ho fatta a Cipro, per l’incontro dei capi delle Chiese orientali del Medio oriente, dove ho avuto incontri sia personali che istituzionali molto forti. A Roma in questo periodo il lavoro non manca, sono preso dalle cose da fare, e onorato di farle. Per ravvivare la mia spiritualità in questi giorni sto leggendo alcuni libri di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese».

 

Rispetto ai 16 anni che ha trascorso in questo Dicastero in passato, la situazione dei cristiani d’Oriente è peggiorata?

«È peggiorata dal punto di vista economico e sociale, quasi tutti i Paesi sono in guerra – Eritrea, Etiopia, Iraq… –, c’è precarietà ovunque, il numero dei cristiani orientali si assottiglia. C’è una loro specificità che, se andasse perduta, sarebbe una perdita irrecuperabile. Oggi ci chiediamo come non far sparire questa ricchezza, e ce lo chiediamo a 360 gradi, non facciamo solo decreti sui rapporti tra le Chiese orientali e il Papa. La ricchezza delle Chiese orientali aiuta anche la Chiesa latina a recuperare cose che spesso ha dato per scontate, come la spiritualità, la preghiera come atteggiamento di vita. Qui al Dicastero ho ritrovato alcuni dei collaboratori di allora, sono cambiati solo i preti; poco dopo l’ordinazione mi ero ritrovato in un ufficio e vivevo una frattura con poveri e giovani, cui volevo consacrare la mia vita. Ho vissuto un paio d’anni nella comunità universitaria di Villa Nazareth, allora guidata dal cardinale Achille Silvestrini, poi nel monastero di Sant’Ambrogio al Ghetto, intanto ho costituito una comunità universitaria in cui facevo servizio pastorale. Nei primi anni a Roma, soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino, abbiamo lavorato tanto a ripristinare le strutture delle Chiese orientali nei Paesi ex sovietici, dovevamo cercare posto per i tanti che venivano a studiare nei collegi pontifici, predisporre accoglienza e percorsi di studio. Applicando le conoscenze delle Chiese orientali che avevo e lavorando a questa ricostruzione la frattura si è in parte sanata. Sì, è vero che arrivavo in ufficio in motorino, oggi però devo solo attraversare il cortile; vivo con alcuni nunzi in pensione, ma la vita di comunità è limitata: spesso riusciamo a vederci solo a cena. Ho poco tempo per il servizio ai poveri, ma provo a non abbandonarlo, mantengo i contatti con i seminaristi e all’estero con parrocchie e comunità. In questo dicastero si respira l’universalità della Chiesa».

 

Da cosa nasce la sua passione per le Chiese orientali?

«Appresi dalla radio l’esistenza di una Facoltà di studi orientali a Venezia.  Tutto è nato studiando i greci e i latini che citavano i padri orientali. Qui in Occidente non conosciamo i padri soprattutto siriaci: forse un po’ Efrem il Siro, figlio di una Chiesa missionaria perseguitata che ha portato i suoi riti fino in Cina. Le liturgie dell’Oriente hanno un linguaggio ricco di immagini poetiche e concrete, un approccio mistico e anche emotivo che aiuta l’incontro e favorisce il dialogo con Dio».

 

Che impatto hanno avuto sulla sua spiritualità le persone incontrate negli anni da nunzio in Oriente?

«Ho avuto un arricchimento spirituale, ho capito di essere stato fortunato a crescere in una società libera e ho potuto aiutare a non idealizzare questa società. Erano gli anni immediatamente successivi all’implosione del sistema sovietico, lavoravo a tentativi di dialogo con i non cattolici e alla ripresa della vita ecclesiale, la situazione delle popolazioni era difficilissima: gli oligarchi si erano impadroniti delle proprietà che in precedenza erano statali e i poveri, privi del sostegno sociale che il comunismo aveva generato, pativano letteralmente la fame: senza lavoro, senza cure mediche, in fila alle tre del mattino per il pane per i figli. L’Europa ha ignorato questi drammi, le diversità etniche sopite dall’ideale dell’internazionale socialista sono tornate fuori, e così sono nati i conflitti. Per tanti – cattolici di tutti i riti e ortodossi – alcuni temi erano tabù: in Ucraina la situazione delle donne che affittavano l’utero a ricche coppie occidentali è tremenda, di schiavitù. Lì queste pratiche sono legali e pubblicizzate sui tram, ma ci sono stati anche casi aberranti, come i pedofili che si fanno “fabbricare” bambini per poi abusarne. Manca assolutamente ogni controllo. L’Occidente ha imposto una sua visione dei diritti, ma il diritto è una ricerca continua e la democrazia non è solo andare a votare. Oggi in Oriente c’è anche una reazione di rabbia e disgusto verso l’Occidente. Mi è anche capitato che alcuni diplomatici mi abbiano cercato come prete per bisogni spirituali, e questo ha fatto bene anche alla mia fede».

 

Se il Papa le chiedesse aiuto per portare la pace in Ucraina?

«È impossibile non chiedere aiuto e non c’è aspetto della vita della Curia vaticana che non sia coinvolto da questa guerra. Se non convinciamo gli attori terzi (principalmente Stati Uniti e Cina, ndr), che poi sono i primi, non si fa la pace. Con il Papa ho un rapporto quasi filiale, molto franco, lui mi telefona qualche volta. Francesco ha molta fantasia, non riesci a inscatolarlo, manca lo scotch per chiudere la scatola».

 

LE COMUNITÀ CATTOLICHE DI RITO ORIENTALE

Mnsignor Claudio Gugerotti è il prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, l’organismo della Santa Sede che si occupa dei cattolici che appartengono a Chiese sui iuris. Si tratta di comunità di cristiani di riti diversi da quello latino e con proprie norme (per esempio in molte di queste i preti possono essere sposati) ma in piena comunione con il Papa. Il Dicastero ha competenza territoriale, includendo anche i fedeli latini, sui Paesi evidenziati nella cartina qui sopra: Egitto, Eritrea, Etiopia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Iran, Iraq, Libano, Israele e Territori palestinesi, Siria, Giordania, Turchia, Georgia e Armenia. Inoltre si occupa delle comunità orientali (armeno-cattolici, maroniti, copto-cattolici, caldei, greco-cattolici e siro-cattolici) ovunque si trovino.

di Giovanna Chirri

151° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian attacca nuovamente l’Armenia dopo i colloqui di Washington e prima degli incontri a Brussel e Mosca (Korazym 11.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi si completano 5 (cinque) mesi di assedio del regime autocratico dell’Azerbajgian alla democratica Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, mentre il mondo sta a guardare, incapace di agire. Consentendo all’autocrate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, di continuare il suo genocida #ArtsakhBlockade senza punizione, l’Occidente consente un precedente per tutti gli altri despoti del mondo. Il messaggio è che va bene ignorare gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Uniti e le parole di condanna del mondo civilizzato, intrappolando, affamando e congelando la popolazione civile armena dell’Artsakh per 5 (cinque) mesi… e continuare.

Stepanakert: la mela è il frutto più scarso nell’Artsakh assediato. Le mele e le patate che il ragazzo sta portando alla sua famiglia sono un regalo agli scolari delle forze di mantenimento della pace russe.

Poi, mentre quel che resta dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh etnico-armeno continua ad essere isolato dal mondo esterno, con solo il contingente di mantenimento della pace russo a fornire generi alimentari e aiuti (e anche trasportare pazienti dall’Artsakh all’Armenia, visto che questo viene impedito dall’Azerbajgian al Comitato Internazionale della Croce Rosse da 12 giorni), subito dopo una settimana di trattative tra Armenia e Azerbajgian con la mediazione del Segretario di Stato Blinken a Washington e in previsione della prossima sessione a Mosca con la mediazione del Presidente russo Putin, ne è seguito un altro attacco delle forze armate dell’Azerbajgian sul territorio sovrano dell’Armenia. Fino a quando l’Azerbaigian non potrà più usare la forza, tutti gli sforzi per avere la pace saranno inutili. Fino a quando nessuno dei mediatori colpisce il regime autocratico dell’Azerbajgian per le violazioni degli accordi, tutti i trattati sono solo documenti inutili.

Da questa mattina, iniziando alle ore 06.00, le forze armate dell’Azerbajgian hanno usato mortai e artiglieria (e droni turchi Bayraktar TB2 secondo alcuni fonti) contro le posizioni armene situate vicino a Sotk (sulla linea di contatto), a Norabak (10 km all’interno dell’Armenia) e la frazione Verin Shorzha di Vardenis, nella regione armena di Gegharkunik. La parte armena non ha perdite, solo feriti. Le unità delle forze armate armene hanno adottato misure preventive e protettive pertinenti.

Le forze armate azere hanno anche sparato contro un’ambulanza che trasportava un militare armeno ferito. Taguhi Tovmasyan, Presidente del Comitato permanente per la protezione dei diritti umani e gli affari pubblici dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Armenia, ha chiesto al Rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Armenia di rispondere adeguatamente alle azioni illegali delle forze armate dell’Azerbajgian, che hanno aperto il fuoco su un’ambulanza: «Prendendo di nuovo di mira gli operatori sanitari che svolgono i loro doveri professionali e l’ambulanza, l’Azerbajgian ha gravemente violato le disposizioni del Diritto Internazionale Umanitario e della Convenzione di Ginevra. Tenendo conto di quanto sopra, ho inviato una lettera urgente al Rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Armenia, avvertendolo dell’incidente e prevedendo di rilasciare una dichiarazione pubblica e specifica in merito alla violazione del Diritto Internazionale Umanitario da parte dell’Azerbajgian».

L’uso di mortai e artiglieria da parte delle forze armate azere nelle vicinanze di villaggi armeni lede la vita, la salute e altri diritti fondamentali della popolazione civile. Il Difensore dei diritti umani dell’Armenia, Anahit Manasyan, lo ha sottolineato nella sua dichiarazione in merito alle violazioni dei diritti umani a seguito delle aggressioni odierne delle forze armate azere. Il Difensore dei diritti umani continua a ricevere avvisi che gli spari sono chiaramente udibili nel villaggio, a seguito dei quali i residenti sono terrorizzati, in uno stato di incertezza e stress. Anche il lavoro della miniera d’oro di Sotk è stato completamente interrotto in mattinata per la sicurezza dei lavoratori. Manasyan ha considerato molto preoccupanti le informazioni circa l’ambulanza che trasportava un militare ferito, presa di mire dalle forze armate dell’Azerbajgian, proibito dal Diritto Internazionale Umanitario.

Il Difensore dei diritti umani armeno sottolinea ancora una volta che «le sparatorie delle forze armate azere nelle immediate vicinanze dei villaggi in Armenia, compreso l’uso di armi di grosso calibro, hanno anche lo scopo di terrorizzare la popolazione civile, mantenendola in un costante stato di stress e ansia. Tali azioni violano gravemente i principi del diritto internazionale, rappresentano una minaccia reale per il diritto alla vita e alla sicurezza della popolazione civile, nonché per altri diritti fondamentali».

La rinnovata aggressione azerbajgiana contro il territorio sovrano dell’Armenia è un tentativo di “annullare” i colloqui di pace, ha afferma il Primo Ministro armeno, Nikol Pasinyan, durante la riunione del governo.

Con le sue ultime azioni, l’Azerbaigian mette in discussione gli accordi fondamentali raggiunti in questo periodo, che sono stati registrati il 6 ottobre 2022 a Praga e il 31 ottobre dello stesso anno a Sochi, ha dichiarato Pashinyan. «Questi documenti sottolineano che l’Armenia e l’Azerbajgian riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale sulla base della Dichiarazione di Almaty del 1991. La domanda che si pone in questo contesto è: se l’Azerbajgian riconosce l’integrità territoriale dell’Armenia, perché sta sparando sul territorio sovrano del nostro Paese, soprattutto perché secondo la dichiarazione tripartita di Sochi del 2022, le parti devono astenersi dall’uso della forza e dalla minaccia della forza. Oggi, l’Azerbajgian ha gravemente violato questi accordi pubblici scritti, ed è difficile ricordare un documento congiunto che l’Azerbajgian non abbia violato durante questo periodo», ha affermato Pashinyan.

Secondo il Primo Ministro, l’obiettivo della reiterata aggressione dell’Azerbajgian è quello di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e armena dall’allestimento di un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin, dimenticando quello vecchio creandone uno nuovo in un posto nuovo. Questa è la tattica collaudata dell’Azerbajgian: «Hanno tentato di dimenticare l’aggressione di settembre bloccando il Corridoio di Lachin con finti ambientalisti; hanno cercato di dimenticare la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh attraversando il confine di Stato armeno nella zona del villaggio di Tegh; hanno cercato di dimenticare il violazione del confine nell’area di Tegh con l’istituzione di un posto di blocco lungo il Corridoio di Lachin; aggravando la situazione a Sotk, stanno cercando di dimenticare l’installazione di un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin. Nonostante i tentativi dell’Azerbajgian, tutte queste questioni rimangono naturalmente nella nostra agenda prioritaria», ha affermato Pashinyan. Il Primo Ministro ha sottolineato l’importanza di continuare una comunicazione attiva con la comunità internazionale su questi temi.

Queste ripetute violazioni di uno dei principi fondamentali del diritto internazionale – il non uso della forza o la minaccia della forza – dimostrano il disprezzo della parte azera per gli accordi raggiunti, ha dichiarato il Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia: «La mattina presto dell’11 maggio, le forze armate dell’Azerbajgian, ricorrendo ancora una volta ad azioni provocatorie e aggressive, hanno aperto il fuoco sul territorio sovrano della Repubblica di Armenia utilizzando mortai e mezzi di artiglieria. Queste ripetute violazioni di uno dei principi fondamentali del diritto internazionale – il non uso della forza o la minaccia della forza – dimostrano gli accordi raggiunti, tra cui il 2022 il disprezzo della parte azera verso gli obblighi assunti dalla dichiarazione tripartita di Sochi del 31 ottobre. Queste azioni dell’Azerbaigian, volte a destabilizzare la situazione, sono anche un aperto disprezzo per l’incontro di Washington finalizzato alla regolamentazione dei rapporti tra Armenia e Azerbajgian, gli incontri previsti a Brussel e a Mosca, e gli sforzi compiuti dai partner internazionali interessati alla stabilità e la pace nel Caucaso meridionale. Chiediamo alla leadership politico-militare dell’Azerbajgian di fermare i tentativi infondati, ingiustificati e vergognosi di interrompere il processo di negoziazione usando la forza e quindi esercitare pressioni sull’Armenia».

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian come consueto ha diffuso disformazione e fake news, secondo cui la parte armena starebbe cercando di espandere la portata del conflitto. Dovrebbe essere letto al contrario: è l’Azerbajgian che sta cercando di espandere la portata e la geografia del conflitto. Il motivo è semplice: il regime autocratico dell’Azerbajgian vuole la guerra, non la pace.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso i filmati da droni del bombardamento odierno delle postazioni militari dell’Armenia lungo il confine, ripresi dai media statali azeri, che ha deciso di dimostrare [QUI] come l’Azerbajgian ha provocato la situazione a Sotk, nella regione di Gegharkunik dell’Armenia.

Prendiamo molto sul serio la nostra responsabilità di condividere informazioni accurate e affidabili. Sebbene l’Azerbajgian usa i troll e bot sui social media, non intendiamo diffondere la propaganda azera. Invece, ci impegniamo a fornire ai nostri lettori informazioni verificate e credibili sull’attacco dell’Azerbajgian all’Armenia. Perché è di questo che si tratta.

Nasimi Aghaev, l’Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania, scrive in un post su Twitter (con la traduzione tra [ ]): «I residenti armeni della regione del Karabakh in Azerbajgian [gli Armeni autoctoni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh] continuano a utilizzare comodamente la strada di Lachin [Corridoio di Berdzor (Lachin) dell’Artsakh sotto controllo delle forze di mantenimento della pace russe] passando attraverso il checkpoint azero sul confine di Stato con l’Armenia [il posto di blocco illegale azero al ponte Hakari sul confino di Stato tra Artsakh/Nagorno-Karabakh e Armenia]. Lo abbiamo detto un milione di volte: la strada è aperta ai civili. E un controllo di frontiera è una normale pratica internazionale [il blocco illegale sul confine tra altri Stati è stato condannato dalla comunità internazionale e dalla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite]».

Il video allegato è la registrazione di un’altra sceneggiata allestita al posto di blocco illegale al ponti Hakiri. Nasimi continua a parlare come un bot [*] con le fake news che quotidianamente diffonde. Continua a perdere credibilità.

[*] Un bot (abbreviazione di robot) in terminologia informatica in generale è un programma che accede alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti (per esempio che accede alle pagine Web, invia messaggi in una chat, si muove nei videogiochi, ecc.).

Ilgar Mammadov di Realuzv.org scrive in un post su Twitter, accompagnando una foto del Presidente russo Putin che disinfetta le mani al Primo Ministro armeno Pasinyan: «Ieri, poche ore dopo questa disinfezione, l’Armenia ha iniziato massicci colpi di artiglieria e mortai al confine contro l’Azerbajgian, ferendo pesantemente almeno 1 nostro soldato. I combattimenti sono ancora in corso».

Un’altra fake news di un bot del regime autocratico dell’Azerbajgian. È assolutamente disgustoso come si possano bloccare 120.000 Armeni in Artsakh, occupare parti del territorio sovrano dell’Armenia da dove lanciare ulteriori attacchi e poi parlare di aggressione da parte dell’Armenia.

«I media statali azeri stanno diffondendo disinformazione affermando che la parte armena avrebbe usato oggi droni kamikaze iraniani. I post sono accompagnati da una foto del presunto drone kamikaze iraniano utilizzato. In realtà quella foto è vecchia, inoltre, non si tratta di un drone kamikaze iraniano, ma di un UAV X-55 da ricognizione di fabbricazione armena. La foto è stata pubblicata dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian nel luglio 2020 [QUI]. Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha ufficialmente smentito la presenza di droni iraniani nel suo inventario» (CivilNetTV).

Poi, va detto, che non sarebbe disdicevole se l’Armenia usassero droni iraniani e non si preoccupasse di ciò che potrebbe dire l’ipocrita mondo occidentale, perché difendendo il proprio territorio sovrano, salverebbe la propria Patria e la sua gente che ci vive.

Da 151 giorni 120.000 Armeni isolati dal mondo dall’Azerbajgian, che da 85 giorni ha tagliato il gas e da 121 giorni ha tagliata l’elettricità
Nuovo rapporto del Difensore dei diritti umani dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sulla situazione causata dall’illegale #ArtsakhBlockade azero

Il Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/NagornoKarabakh ha pubblicato oggi 11 maggio 2023 una versione aggiornata del rapporto trilingue sulle violazioni dei diritti umani individuali e collettivi a seguito del blocco di 150 giorni dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

Il rapporto presenta in modo completo e dettagliato i dati sulle violazioni di 7 diritti individuali, 5 diritti di gruppi vulnerabili e 4 diritti collettivi, che riflettono l’aggravarsi della crisi umanitaria e la politica di genocidio dell’Azerbajgian nei confronti del popolo dell’Artsakh.

Seguono alcuni dati di base riportati nel Rapporto sulle violazioni dei diritti umani a seguito del blocco di 150 giorni dell’Artsakh:

  • Il movimento delle persone in transito sulla strada Stepanakert-Goris (lungo il Corridoio di Lachin) è diminuito di circa 200 volte (1.839 ingressi e partenze invece di 367.500).
  • Il traffico automobilistico su detta strada è stato quasi 54 volte inferiore rispetto a quello che avrebbe dovuto essere in assenza di blocco (2.558 entrate e partenze di auto – effettuate solo dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e dalle forze di mantenimento della pace russe – invece di 138.000).
  • È stato importato circa 13 volte meno carico di merci vitale rispetto a quello che avrebbe dovuto essere in assenza di blocco (4.623 tonnellate invece di 60.000 tonnellate).
  • Un totale di circa 3.900 persone, tra cui 570 bambini, non è potuto rientrare nelle loro case a causa del blocco.
  • A causa della sospensione degli interventi programmati, circa 1200 cittadini hanno perso la possibilità di risolvere i propri problemi di salute attraverso gli interventi.
  • L’Azerbajgian ha interrotto in tutto o in parte la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh per un totale di 85 giorni.
  • La fornitura di energia elettrica dall’Armenia all’Artsakh è stata completamente interrotta per 121 giorni, il che ha portato all’introduzione di blackout continui seguiti da numerosi incidenti.
  • Secondo stime preliminari, circa 10.900 persone hanno effettivamente perso il posto di lavoro e le fonti di reddito (compresi i casi di mantenimento del posto di lavoro), che rappresentano oltre il 50% del totale degli occupati del settore privato.
  • L’economia del Paese ha subito perdite per circa 285 milioni di dollari.
  • Un numero di violazioni dei diritti è più pronunciato nel caso di gruppi vulnerabili, in particolare 30.000 bambini, 9.000 persone con disabilità, 20.000 anziani, 60.000 donne (donne e ragazze) e 15.000 sfollati.

Oltre alle continue e molteplici violazioni delle disposizioni della Dichiarazione Tripartita del 9 novembre 2020, ormai da 80 giorni consecutivi, l’esecuzione obbligatoria della decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite di garantire il transito in ambedue le direzioni senza ostacoli di persone, auto e merci lungo il Corridoio di Lachin non è stato attuato dall’Azerbajgian, che ancora una volta calpesta i più alti valori e principi internazionali.

Inoltre, in seguito la parte azera ha fatto ricorso a nuove azioni aggressive che hanno provocato perdite umane e nuove sofferenze tra il popolo dell’Artsakh.

Dal 23 aprile, la parte azera ha installato un posto di blocco illegale vicino al ponte Hakari. Di conseguenza, la comunità internazionale ha non solo il diritto, ma anche l’obbligo indiscutibile di attuare la decisione della Corte Suprema Internazionale di Giustizia con mezzi pratici il prima possibile e di prevenire futuri crimini azerbajgiani, compreso il nuovo crimine pianificato e brutale contro l’umanità.

Tutte le violazioni dell’Azerbajgian contro il popolo dell’Artsakh sono effettuate nell’ambito della sua politica statale di discriminazione razziale (armenofobia) e sono profondamente dirette contro il loro diritto all’autodeterminazione e il fatto della sua realizzazione, volto a risolvere definitivamente il conflitto a loro vantaggio attraverso la pulizia etnica basata sulla logica del “niente popolo, niente diritti”.

La sistematica e coerente politica di odio etnico perseguita dall’Azerbajgian, che si è manifestata sia durante l’aggressione contro il popolo dell’Artsakh nel 2020 sia dopo l’istituzione del regime di cessate il fuoco, dimostra indiscutibilmente che qualsiasi status di Artsakh all’interno dell’Azerbajgian equivale alla pulizia etnica di Artsakh e il genocidio degli Armeni dell’Artsakh. Pertanto, nel contesto del conflitto dell’Artsakh, il diritto all’autodeterminazione equivale al diritto delle persone a vivere nella propria patria.

Il diritto fondamentale all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh, così come le invasioni e le minacce dell’Azerbajgian contro la sua esistenza fisica sulla base della discriminazione razziale sono motivi più che sufficienti per la protezione del popolo dell’Artsakh da parte della comunità internazionale, come nonché il riconoscimento internazionale della Repubblica di Artsakh basato sul principio del “riconoscimento correttivo”.

Il rapporto integrale in inglese può essere scaricato in formato PDF [QUI].

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Chi è Brunette, Armenia/ Con Future Lover alla semifinale dell’Eurovision 2023 (Il Sussidiario 11.05.23)

La partecipazione dell’Armenia all’Eurovision è sempre stata travagliata, ma costante. A causa dei problemi interni e alla recente guerra con l’Azerbaijan, il Paese ha dovuto ritirarsi dalla competizione in alcune occasioni, tuttavia registra un buon numero di qualificazioni per la finale e ha ospitato la versione Junior della kermesse nel 2011. Questo Eurovision Song Contest 2023 vede la proposta armena al suo meglio, con la cantante enfant prodige Brunette e il brano Future Lover, nella seconda semifinale di giovedì 11 maggio.

Brunette, chi è la cantante rappresentante dell’Armenia in gara all’Eurovision 2023

Brunette, al secolo Elen Yeremyan, nasce nella capitale armena Erevan, il 27 maggio 2001 e inizia a cantare da subito, tanto che dall’età di 4 anni incide una serie di fortunate filastrocche e canzoni per bambini. Comincia a scrivere pezzi di suo pugno dall’età di 15 anni, ma il suo debutto nel mondo adulto avviene a 18 anni con la pubblicazione del suo primo singolo Love the Way you feel. Viaggia molto, soprattutto negli Stati Uniti per dedicarsi allo studio, e ricomincia a pubblicare singoli in Armenia nel 2022, con un taglio decisamente influenzato dall’r&b e dal soul. Oltre alla carriera solista, Brunette è membro del gruppo tutto femminile En Aghjoknery (ThoseGirlz), molto conosciuto per la grande hit nazionale Menq e si esibisce anche con Project 12, una live band nota per per eseguire ottime cover e per i balletti strepitosi che riscuotono grande successo su Instrgram. Nel 2022 viene selezionata per prendere parte alla giuria del Junior Eurovision Song Contest e nel 2023 viene scelta per questo Eurovision come rappresentante dell’Armenia.

Brunette, il significato della canzone Future Lover, in semifinale all’Eurovision 2023

Future Lover parla appunto di un amante futuro, una persona che non ha mai incontrato e dell’eccitazione che quest’incognita dà alla protagonista della canzone. Il pezzo inizia con una dolce e lenta melodia che poi deflagra in un groove in cui le emozioni si gonfiano come un uragano e la cantante si sente come un “vulcano in procinto di eruttare”, in un trionfo di archi maestosi. La canzone è cantata prevalentemente in lingua inglese, per poi terminare in armeno.

Brunette il video di Future Lover, Eurovision 2023

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