Giovedì (11 maggio) l’Armenia e l’Azerbaigian si sono lanciati reciproche accuse per un mortale scontro a fuoco lungo il loro confine, che ha minacciato di far deragliare i tentativi di risolvere la disputa di lunga data tra i due Paesi, pochi giorni prima dei colloqui di pace condotti dall’UE.
Gli Stati Uniti e la rivale Russia hanno entrambi esortato alla moderazione i vicini del Caucaso dopo lo scontro che ha causato un morto e quattro feriti, in quella che è solo l’ultimo episodio di tensione in una disputa decennale sulla regione del Nagorno-Karabakh.
L’Armenia aveva inizialmente dichiarato che quattro dei suoi soldati erano stati feriti dal fuoco in arrivo in una regione orientale del Paese ex-sovietico.
“Le forze azere stanno sparando con artiglieria e mortai contro le posizioni armene nella regione di Sotk”, ha dichiarato il ministero della Difesa armeno.
La regione di Sotk, nell’Armenia orientale, è nota per le sue miniere d’oro.
Sotk si trova in Armenia vera e propria, a una certa distanza dal conteso Nagorno-Karabakh. L’Armenia è membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), un patto di difesa a perdere guidato dalla Russia, secondo il quale Mosca dovrebbe intervenire in soccorso di un membro il cui territorio è sotto attacco.
Baku ha accusato l’Armenia di una “provocazione” che ha causato la morte di uno dei suoi soldati.
Ha affermato che le truppe armene hanno “nuovamente violato l’accordo di cessate il fuoco” con “armi di grosso calibro”, riferendosi a un trattato del novembre 2020 che ha posto fine a sei settimane di ostilità.
Domenica (14 maggio) i leader di Armenia e Azerbaigian si incontreranno a Bruxelles, secondo quanto dichiarato da fonti EU, nel quadro degli sforzi per raggiungere un accordo di pace sulla disputa territoriale che dura da tre decenni.
Il presidente …
Possibilità “molto scarse” di accordo
Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev si incontreranno domenica a Bruxelles per un colloquio guidato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Secondo l’UE, i leader rivali avevano anche concordato di incontrare congiuntamente i leader di Francia e Germania, a margine di un vertice europeo in Moldavia il 1° giugno.
Giovedì Pashinyan ha accusato l’Azerbaigian di voler “minare i colloqui” a Bruxelles.
“Non ho cambiato idea sul fatto di andare a Bruxelles”, ha dichiarato in un comunicato, ma ha avvertito che le possibilità di firmare un accordo di pace con l’Azerbaigian, durante l’incontro, sono “molto scarse”.
Una bozza di accordo “è ancora in una fase molto preliminare ed è troppo presto per parlare di un’eventuale firma”, ha dichiarato Pashinyan.
La diplomazia guidata dall’UE arriva dopo che il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha portato i ministri degli Esteri azero e armeno a Washington per i negoziati all’inizio di maggio.
Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Vedant Patel ha detto che i due Paesi dovrebbero accogliere a Bruxelles una proposta di Blinken che distanzia le forze lungo il confine.
“Riteniamo che questo tipo di violenza comprometta i progressi compiuti da Armenia e Azerbaigian verso una pace duratura e dignitosa”, ha dichiarato Patel ai giornalisti a Washington.
“Crediamo che ci sia ancora un percorso duraturo da seguire. Crediamo che ci sia una soluzione pacifica”, ha detto Patel.
Crescita della diplomazia occidentale
L’Occidente ha intensificato la mediazione mentre l’influenza della Russia, storicamente il principale potere tra le ex repubbliche sovietiche, è diminuita a causa dell’invasione dell’Ucraina.
A Mosca, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato: “Ci aspettiamo un approccio moderato da parte delle parti e le esortiamo a non intraprendere azioni che potrebbero portare a un aumento delle tensioni”.
L’Armenia ha tradizionalmente fatto affidamento sulla Russia come alleato e garante della sicurezza, ma Erevan è diventata sempre più frustrata nei confronti di Mosca.
Ha accusato la Russia di non aver svolto il suo ruolo di mantenimento della pace quando gli attivisti azeri hanno bloccato il corridoio di Lachin, l’unico collegamento terrestre con l’Armenia.
I due Paesi sono entrati in guerra due volte per i territori contesi, principalmente il Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena all’interno dell’Azerbaigian, che ha stretti legami con la Turchia.
Decine di migliaia di persone sono state uccise nelle due guerre per la regione.
La prima guerra è durata sei anni, fino al 1994. La seconda, combattuta nel 2020, si è conclusa con un cessate il fuoco negoziato dalla Russia.
In base a tale cessate il fuoco, l’Azerbaigian deve garantire un passaggio sicuro sul corridoio di Lachin, che è pattugliato da forze di pace russe.
Alla fine di aprile, con una nuova escalation, l’Azerbaigian ha dichiarato di aver costruito un posto di blocco sul corridoio a seguito di “minacce e provocazioni” da parte dell’Armenia.
L’Armenia ha denunciato la mossa come una violazione del cessate il fuoco e ha affermato che le rivendicazioni erano un “pretesto inverosimile e privo di fondamento”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-11 15:39:532023-05-14 15:40:54Gli scontri tra Armenia e Azerbaigian rischiano di far deragliare i colloqui di pace (CDS 11.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.05.2023 – Vik van Brantegem] – Con grande gioia, lo scorso mese ho condiviso nella mia cronaca quotidiana del #ArtsakhBlockade la notizia del conferimento della Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia all’amico e collega Renato Farina, editorialista di Libero Quotidiano, dalle mani dell’Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia, S.E. Tsovinar Hambardzumyan, a Roma venerdì 28 aprile 2023 alle ore 11.00 presso l’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia.
Hanno presenziato, tra gli altri, S.E. Sargis Ghazaryan, già Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia; Dott. Stefano Folli, già Direttore del Corriere della Sera, editorialista de la Repubblica; Dott. Gianni Letta, già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica, già Direttore de Il Tempo, Presidente onorario dell’Associazione Davide De Luca-Una Vita per l’Intelligence; Avv. Laura Sgrò; Dott. Roberto Fontolan, già Direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione; Dott. Enrico Rufi, giornalista di Radio Radicale; Dott. Giuseppe Rusconi, Direttore di Rossoporpora.org; Dott. Piero Laporta, generale dell’esercito; Dott. Fabrizio Augumeri, Portavoce del Presidente della Calabria; Dott.ssa Mariachiara Manopulo, dell’Ufficio stampa di Forza Italia alla Camera; Saverio Lamiranda, Amministratore Delegato di Terre di Aristeo.
Avevo in programma di esserci anch’io – e non solo per l’amicizia da quasi 40 anni con il premiato – come pure alla preghiera per i martiri del Metz Yeghern, il Grande Male, ovvero il genocidio armeno, che il Cardinale Kurt Koch ha definito un martirio ecumenico, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa, che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di Armeni. Nella sua omelia, il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900. Purtroppo, non mi è stato possibile di essere a Roma il 27 e 28 aprile, quindi non ho potuto partecipare.
La Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia, si legge nel protocollo di conferimento, è stata attribuita a Renato Farina per “il suo contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni di amicizia tra Armenia e Italia, alla difesa dei valori universali”.
Di Armenia, delle sue ricchezze culturali, della sua precaria condizione geopolitica, Renato Farina si occupa politicamente e giornalisticamente da oltre vent’anni, come ha sottolineato l‘Ambasciatore Hambardzumyan nel suo discorso: “Dal 2001 si occupa dell’Armenia e della causa armena, informando la società italiana dei nostri problemi, delle pagine oscure della nostra storia e delle attualità, ma anche della civiltà e della cultura che l’Armenia ha dato al mondo”. Poi: “Dai primissimi giorni dell’aggressione contro il popolo pacifico del Nagorno-Karabakh nel 2020 è stata lei a chiedere all’Europa di proteggere gli Armeni, perché così l’Europa proteggerebbe se stessa”.
“È un paradosso ricevere la Medaglia della Gratitudine – ha risposto Farina nel suo discorso di ringraziamento –, quando dovrei essere io a consegnare un vagone di gratitudine all’Armenia, perché a me l’Armenia ha regalato tutto, soprattutto la mia autocoscienza di Cristiano ed Europeo, e del compito che come giornalista sento come più vero: esporre se stessi, condividendo il dolore e le speranze degli altri, ma non stando su un balcone, per raccontare meglio la vita delle formiche, ma coinvolgendosi con i dolori e le ansie, e tutto, tutto quello che costituisce la vita quotidiana delle persone. Non solo dei grandi, non solo la geopolitica, anche se quella è utile, saperla, ma la vita quotidiana”.
Dopo aver ricordato la raccolta di poesie Io, della mia dolce Armenia del grande poeta armeno Yeghishe Charents [*] – libro poi donato dall’Ambasciatore Hambardzumyan agli intervenuti – Farina ha ricordato quanto scriveva nell’Ottocento il monaco e filologo armeno Ghevonz Alishan: “Ormai secche le rose e le violette armene… l’Armenia è diventata la casa del dolore. Il profugo armeno erra in terra straniera, oppure vaga affamato nella patria cosparsa di cadaveri”. E ha avvertito: “Questo è stato scritto nel XIX secolo, prima del Grande Male, il Metz Yeghern, che ha colpito il popolo nel 1915, ma non è esploso a caso, e ci sono numerosi precedenti e premonizioni che avrebbero dovuto destare allarme per quel che doveva ancora accadere. Adesso, quel che sta accadendo, è lì, è una premonizione, ci chiama, ci chiama! Dice qualcosa a noi: un nuovo genocidio è alle porte, quel che accade ora al Nagorno-Karabakh ne è una premessa. Va spenta la miccia. Ci riguarda. Perché il popolo armeno ha questa caratteristica, di essere un piccolo popolo che concentra in sé sia i dolori sia le preghiere di tutto il mondo, come dimostra la figura di Gregorio di Narek e dimostrano le sue opere”.
Segue la trascrizione integrale della Cerimonia di Conferimento della Medaglia di Gratitudine della Repubblica di Armenia a Renato Farina.
Lasciami sopportare il tuo dolore
Il bene sia con voi
Tsovinar Ambardzumyan
Gentile Dott. Farina, cari presenti, benvenuti presso la sede dell’Ambasciata di Armenia in Italia. È un onore per me conferire questo alto riconoscimento del mio Paese a un politico, scrittore. opinionista, giornalista, e semplicemente ad una persona la cui biografia, e incarico politico e giornalistico sono un esempio di saldi principi e di valori che onorano la verità, la giustizia, la dignità umana.
Dott. Farina, è molto emblematica anche la tempistica della sua visita. Proprio ieri nella Basilica di San Bartolomeo, insieme a lei abbiamo partecipato alla celebrazione ecumenica e abbiamo reso omaggio ai martiri armeni, in occasione del giorno della memoria del genocidio degli Armeni. La ringrazio tanto per aver condiviso le pagine più buie nella nostra storia, ma anche un giorno di unità nazionale, di gratitudine e di rinascita.
La sua presenza qui è il suo continuo sostegno sono ancora più importanti e graditi, soprattutto nell’attuale situazione intorno all’Armenia e al Nagorno-Karabakh. C’è un’aggressione in corso da parte dell’Azerbajgian, che provoca ogni giorno nuove vittime, perdite, disgrazia e distruzione. Come diceva Erich Maria Remarque, “nei tempi di oscurità, le persone buone si vedono meglio”.
La nostra storia di sofferenze ci ha insegnato a individuare quelle persone meglio di chiunque altro. Purtroppo, abbiamo conosciuto troppe pagine oscure, ma al nostro fianco ci sono sempre state persone che hanno scelto di essere dalla parte giusta della causa.
Quando gli Armeni furono sottoposti allo sterminio e all’esilio nell’Impero ottomano, fu il giurista Raphael Lemkin a dare al mondo il nome esatto di ciò che è stato fatto agli Armeni: genocidio. Ad oggi, più di 30 Paesi e organizzazioni internazionali hanno ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno, tra cui la Camera dei Deputati italiana nel 2019 e circa 200 consigli comunali e regionali d’Italia.
Caro Dott. Farina, i suoi sforzi personali in tal senso, sono difficili da sopravvalutare, anche perché, come vediamo, il genocidio non ha fine.
Dal 2001 si occupa dell’Armenia e della causa armena, informando la società italiana dei nostri problemi, delle pagine oscure della nostra storia e delle attualità, ma anche della civiltà e della cultura che l’Armenia ha dato al mondo. Lei ha continuato questo suo impegno per l’Armenia e per gli Armeni anche in veste istituzionale dopo la sua elezione a Deputato nel 2008, a volte dovendo affrontare minacce e ricatti. Dai primissimi giorni dell’aggressione contro il popolo pacifico del Nagorno-Karabakh nel 2020 è stata lei a chiedere all’Europa di proteggere gli Armeni, perché così l’Europa proteggerebbe se stessa. Non dimenticheremo i numerosi articoli scritti nei vari giornali importanti per foggiare e sollecitare l’opinione pubblica italiana sulla realtà. Apprezzo molto il fatto che lei abbia sempre sostenuto la comunità armena in Italia e valorizzato il contributo che gli Armeni, a loro volta, hanno avuto per lo sviluppo e per la prosperità dell’Italia, soprattutto nel campo culturale.
È molto facile stare dalla parte dei più forti. È difficile, invece, stare con i giusti. Dott. Farina, da questo punto di vista, può essere orgoglioso, perché ha svolto un ruolo importante nella lotta per la giustizia e per la libertà e si è impegnato in tutto questo senza interesse, senza rimunerazione, solo per amore e devozione. Noi Armeni siamo persone sensibili e non dimentichiamo mai la mano tesa a noi durante i nostri giorni buoni e cattivi. Con questa Medaglia di Gratitudine conferita dal Presidente dell’Armenia che le consegno con piacere e orgoglio, esprimo anche la mia ammirazione verso il grande popolo italiano, che lei egregiamente rappresenta.
Conferimento protocollare
Per il decreto del Presidente della Repubblica di Armenia del 23 dicembre 2022 sul conferimento della Medaglia di Gratitudine della Repubblica di Armenia, per il suo contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni di amicizia tra Armenia e Italia, alla difesa dei valori universali, si conferisce la Medaglia di Gratitudine al giornalista Renato Farina.
L’Ambasciatore appunta la medaglia al petto di Renato Farina.
Renato Farina
Barin and zes! Il bene sia con voi! Questo è il saluto armeno che mi è stato rivolto e che esprime il cuore di questo popolo. Il bene sia con voi.
È un paradosso ricevere la Medaglia della Gratitudine, quando dovrei essere io a consegnare un vagone di gratitudine all’Armenia, perché a me l’Armenia ha regalato tutto, soprattutto la mia autocoscienza di Cristiano ed Europeo, e del compito che come giornalista sento come più vero: esporre se stessi, condividendo il dolore e le speranze degli altri, ma non stando su un balcone, per raccontare meglio la vita delle formiche, ma coinvolgendosi con i dolori e le ansie, e tutto, tutto quello che costituisce la vita quotidiana delle persone. Non solo dei grandi, non solo la geopolitica, anche se quella è utile, saperla, ma la vita quotidiana. Io ho imparato immergendomi nel vostro spirito e nella vostra storia e nella vostra capacità di dolcezza.
Del grande poeta Charents [*] in italiano c’è una raccolta delle sue poesie, Io, della mia dolce Armenia: dolce come le albicocche dell’Armenia, che sono le più buone del mondo, si chiamano armelline in Veneto perché vengono da lì. Lo storico Leonzio, il cui nome in Armeno non somiglia per nulla a Leonzio, ma ho recuperato comunque il suo nome, che… a pagamento vi racconterò [in realtà si tratta di Padre Ghevonz Alishan, monaco e filologo, 1820-1901, ndr]. Ho letto Charents e Leonzio proprio nel 2000, prima di partire per la prima volta verso Armenia. Scriveva Leonzio: “Ormai secche le rose e le violette armene… l’Armenia è diventata la casa del dolore. Il profugo armeno erra in terra straniera, oppure vaga affamato nella patria cosparsa di cadaveri”. Questo è stato scritto nel XIX secolo, prima del Grande Male, il Metz Yegern, che ha colpito il popolo nel 1915, ma non è esploso a caso, e ci sono numerosi precedenti e premonizioni che avrebbero dovuto destare allarme per quel che doveva ancora accadere. Adesso, quel che sta accadendo, è lì, è una premonizione, ci chiama, ci chiama! Dice qualcosa a noi: un nuovo genocidio è alle porte, quel che accade ora al Nagorno-Karabakh ne è una premessa. Va spenta la miccia. Ci riguarda. Perché il popolo armeno ha questa caratteristica, di essere un piccolo popolo che concentra in sé sia i dolori, ma sia le preghiere di tutto il mondo, come dimostra la figura di Gregorio di Narek e dimostrano le sue opere (che tengo sul comodino). Dopo le tragiche visioni di Padre Leonzio, ci sono. Sorprendenti, questi versi del poeta Yeghishe Charents, che ci dice: “Quando percorri il tuo fragrante prato/e primavera ti cammina al fianco”. È questo il paradosso armeno – il grande male e insieme la consapevolezza del fragrante prato e la primavera che comunque ti cammina al fianco – che è espresso dalle croci fiorite dell’Armenia. Il sangue di Cristo, immediatamente fiorisce, è un unicum questo nelle culture di tutto il mondo.
Ecco, io così ho espresso la percezione che ho dell’Armenia, e quello che mi ha regalato. L’Armenia non ci comunica soltanto un’ingiustizia subita, che è importante ricordare. Ma ci comunica il destino di noi uomini, che è quello di cercare la verità e di essere fraternamente in comunione con ogni uomo, perché non siamo distaccati gli uni dagli altri. La differenza dei popoli è la ricchezza che consente loro di unirsi un disegno di armonia.
Ieri abbiamo celebrato, hanno celebrato la preghiera ecumenica per la pace nel mondo e nella memoria dei Santi Martiri, che sono stati canonizzati tutti quanti dalla Chiesa Apostolica Armena. E mi viene in mente che i popoli occidentali – anche i popoli, non solo i governi, perché i governi esprimono i popoli – non hanno espresso questa gratitudine operosa e non la stanno esprimendo nei confronti del popolo armeno. E anche il governo italiano sta purtroppo usando un doppio standard, che non gli fa onore, nel trattare le questioni relative alle aggressioni e alle ingiustizie che subiscono i popoli e soprattutto mutando atteggiamento verso chi le aggredisce, a mio giudizio, un opportunismo che è nel seno della storia italiana e che non fa onore all’Italia.
Io spero sempre che quello che nel 2019 ha deciso il Parlamento [il riconoscimento del genocidio degli Armeni 1915-1923, ndr] diventi la traccia del comportamento del nostro governo: non per schierarsi con l’Armenia contro l’Azerbajgian, ma imparando a guardare la verità delle cose e a comportarsi secondo quello spirito di fraternità che dovrebbe essere il messaggio per cui si è costituita l’Unione Europea.
Questa era la parte diciamo così politica ma che in fondo è contingente rispetto alla sostanza: perché l’Armenia è eterna. Pio XI disse, subito dopo promulgazione in Italia delle leggi razziali incontrando dei pellegrini del Belgio, “Noi siamo spiritualmente Semiti”.
Io credo che in questo tempo noi dobbiamo essere spiritualmente Armeni. L’Armenia è un numero primo, la sua lingua non nasce da altre lingue, è una lingua sorgiva. E questo dice tante cose, nasce dall’Arca di Noè, per usare un’immagine biblica e poetica. Ecco, i numeri primi non si possono cancellare, si possono mortificare e nascondere, ma non si possono cancellare, senza i numeri primi non si dà l’infinito e l’infinito è quello che cerchiamo nel quotidiano. Grazie, grazie Ambasciatrice, grazie al Presidente dell’Armenia!
Tsovinar Hambardzumyan
Vorrei presentarvi cari Ospiti, questo libro che abbiamo pubblicato con la Regione Calabria l’anno scorso, è un libro di Yeghishe Charents [*]: bilingue, c’è armeno e traduzione a fronte in italiano. Il primo traduttore è stato nel 1968 Mario Verdone, padre di Carlo Verdone, e poi l’anno scorso altri membri della nostra comunità, anche tanti professori italiani che non hanno radici armene insieme a noi… Lo regalo molto volentieri.
Sargis Ghazaryan
Quando alcuni giorni fa mi ha chiamato il mio amico Renato, chiedendo anche a me di esprimere davvero due parole, mi sono sentito assolutamente orgoglioso di questo che per me è un dovere, ma un piacevole dovere. L’On. Farina è un amico del popolo armeno e dell’Armenia. Oggi è un atto formale, celebriamo questo dato ma Renato è un mio amico, è un mio amico personale e mi ricordo il nostro primo incontro. Era il febbraio del 2012. Ci siamo incrociati a Yerevan in via Abovyan, io conoscevo Renato per le mie letture dai banchi dell’Università di Gorizia. Ed era davvero per me sorprendente vederlo passeggiare a Yerevan. Da allora è stata una passeggiata lunga 12 anni, nelle mie e nelle sue diverse funzioni. Max Weber, nel suo Pensiero razionale definisce l’amicizia come quel rapporto fra persone dove la fiducia si dà per scontata. La nostra amicizia va oltre questo perché in più di un’occasione ci siamo trovati su delle trincee. Io e Renato abbiamo sempre vinto le battaglie. Ci siamo trovati in trincee dove la simmetria, la nostra arma più forte erano gli atti e le parole di verità e audacia di Renato. Il mio amico Renato. Ed è per questo che oggi credo che questo atto formale celebra un qualcosa che era già in essere da tanto tempo. Nel 900, almeno nel 900, poi questa è una storia lunga 2000 anni almeno, la presenza degli Armeni in Italia e degli amici degli Armeni. Ma nel 900 mi ricordo Benedetto Croce, quando si esprimeva con parole simili alle tue sul mio popolo. E penso a Luigi Luzzatti, quel Presidente del Consiglio anti-interventista che per tutta la durata della Prima Guerra Mondiale denunciava con altrettante parole di audacia e verità il crimine contro gli Armeni. Impegnava il governo italiano nei negoziati di pace a sostenere la causa dell’indipendenza dell’Armenia. Penso al Console Giacomo Gorrini che acquistando orfani armeni a Trebisonda li salvava dal genocidio. Ecco, questo è un insieme di audaci e attori della verità del 900 a cui si aggiunge oggi formalmente il tuo nome.
Ti sono davvero grato per questo. Ti sono davvero grato per aver fatto, aver aiutato a scoprire agli Armeni della mia generazione e agli Italo-Armeni della mia generazione un punto di vista assolutamente nuovo, dirompente sulla nostra identità. Per tutto questo vi sono davvero grato.
Stefano Folli
Allora, io non conosco Renato da 12 anni, ma da più di 20. L’ho conosciuto in varie circostanze, per motivi di lavoro e poi per motivi di amicizia. E sono assolutamente d’accordo con quello che è stato detto, con il richiamo che ha fatto l’Ambasciatrice ai valori morali, che alla fine vanno al di là della politica o per lo meno ne sono la premessa. Non per tutti è così, ma per Renato sì.
Quel suo richiamo a questo senso spirituale delle cose, dello stare insieme, del costruire l’idea del mondo, una visione del mondo che è fondata sullo spirito ed è fondata sui valori giusti. Ognuno di noi ha dei valori.
Cerchiamo di fare in modo che siano valori giusti. Non sempre ci riusciamo, naturalmente, però è quello che ci sforziamo di fare. La causa armena che Renato ha contribuito a difendere e a far conoscere in un paese, è vero, troppe volte distratto, è una grande causa che mette in gioco il senso spirituale del mondo e una visione del mondo, mette in gioco l’amicizia, mette in conto il senso morale della politica. Non è un caso che Benedetto Croce avesse stigmatizzato l’orribile vicenda del genocidio armeno che, purtroppo non è ancora abbastanza conosciuta.
Questo incontro serve anche questo, a renderci consapevoli che questa pagina orribile della storia d’Europa, si tratta d’Europa, fondamentalmente è ancora oggi, deve essere ancora oggi un elemento fermo del nostro agire sulla scena nazionale e anche internazionale. E Renato per il senso dell’amicizia che lo distingue e per la generosità che lo distingue, per lui, la generosità, ovviamente, è parte integrante del senso dell’amicizia che lui ha molto, molto forte per generosità si è messo anche nei guai molte volte, n’è uscito perché è una persona retta. Ma l’elemento della generosità per gli amici, per le cose in cui crede, è sempre stato presente in lui. Lo è ancora oggi con una freschezza incredibile, che è la freschezza che aveva 20 anni fa quando ci siamo conosciuti. Probabilmente è la freschezza che aveva da bambino, una freschezza che corrisponde a questa idea anche poetica, che lui ha della vita. Lo ha dimostrato anche nei brani che ha letto adesso ed è certamente dovuta anche alla fede, alla fede importante che lo ha sempre sostenuto nella sua vita, gli ha indicato la strada. Quindi un amico generoso è un amico prezioso e noi ti siamo grati di questo.
Gianni Letta
Ambasciatrice! Come sempre Stefano Folli, con la sua capacità straordinaria di interpretare e raccontare le cose, ha tratto il succo di questa bellissima mattinata e ha dimostrato con poche parole quanto sia giusta la gratitudine degli Armeni verso Renato, e quanto sia opportuno e felice il riconoscimento della Medaglia di Gratitudine.
D’altro canto, lei l’aveva detto all’inizio, quando ha ricordato le qualità professionali eccelse di Renato, ricordando che è un politico, uno scrittore, un giornalista, un opinionista e ne ha giustamente sottolineato il valore e l’importanza nella sua professione. Ma ha detto che la gratitudine va – oltre che a quel grande professionista e scrittore – a una persona straordinaria.
E come ci ha detto adesso Stefano, è una persona che antepone e valorizza quei valori con un sentimento morale, con un richiamo alla spiritualità, che sa guardare più alto e dall’alto riesce a ispirare le sue azioni per quella ricerca – lo diceva benissimo [Sargis Ghazaryan] – di audacia e verità, la verità con l’audacia e l’audacia anche a costo di fare per generosità qualche errore di cui nessuno più di me è testimone, memore e grato. E quindi condivide quello che ha detto benissimo Stefano quando dice per generosità, si è messo nei guai ma ne è sempre uscito perché una persona retta, di corretta moralmente ispirata. Lo ha detto lui, quando ha detto che non guarda da un balcone per raccontare la vita delle formiche laggiù, ma perché si lascia coinvolgere con quel sentimento, con quella sensibilità, per quella finalità spirituale che lo porta a guardare in alto e a guardare alle vicende dei fratelli che sono lì come le formiche partecipandone al dolore, alle sofferenze, condividendole e facendo le sue per cui la sofferenza degli armeni che lui ha raccontato, l’ha vissuta, quell’ingiustizia che anche lui ha conosciuto e che quindi diventa un testimone vivo, sofferente, non rituale o così per sentito dire, ma perché fa sua la sofferenza di chi, per ingiustizia, è chiamato a soffrire, sia perché l’ha sperimentata, sia perché quei valori morali, quella ispirazione, così spirituale, quel guardare oltre, più in alto, lo porta a condividere fraternamente cristianamente, non solo i dolori altrui, ma lo slancio di andare incontro agli altri. Quindi è vera la gratitudine che tutti noi dobbiamo con voi Armeni verso Renato per quello che fa, ma lui non se l’aspetta, perché lui lo fa per uno slancio morale intimo suo che viene per questa altissima ispirazione, per quella fede che Stefano [ha citato] che è vissuta intimamente, perché ci crede, perché non è una manifestazione esteriore, perché ispira tutti i atti, quelli della vita con gli altri, quelli della sua professione, quelli con i quali ispirato, si iscrive e lo leggiamo con piacere e scrivendo rende giustizia alla verità, anche quando serve audacia per farlo. Quindi la ringraziamo per aver dato questo riconoscimento anche a nome nostro. Perché la gratitudine che lei ha mostrato per Renato, è anche la nostra, di chi lo conosce bene, di chi ne segue l’attività, giorno per giorno.
[*] L’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia e l’Università La Sapienza di Roma invitano alla presentazione dei libri Yeghishe Charents. Io della mia dolce Armenia. Antologia delle opere poetiche (1911-1922), con testo armeno a fronte, a cura di Naira Ghazaryan (Leonida Edizioni 2022, 384 pagine) e Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta di Letizia Leonardi, con la prefazione di Carlo Verdone (Le Lettere 2022, 220 pagina), con la partecipazione di Carlo Verdone, che si terrà martedì 16 maggio alle ore 11.30 presso l’Aula Odeion-Museo dell’Arte Classica Facoltà di Lettere e Filosofia, piano terra, piazzale Aldo Moro 5 in Roma [QUI].
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-10 17:42:262023-05-12 17:43:03“Nei tempi di oscurità, le persone buone si vedono meglio”. La gratitudine dell’Armenia a Renato Farina (Korazym 10.05.23)
Domenica prossima (14 maggio), i leader di Azerbaigian e Armenia riprenderanno i colloqui di pace a Bruxelles. Questi fanno seguito all’incontro tra il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan e il ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov e le loro delegazioni, tenutosi dall’1 al 4 maggio ad Arlington, in Virginia, sotto l’egida degli Stati Uniti. Alcune fonti sostengono addirittura che l’incontro a Bruxelles potrebbe portare a un trattato di pace. Anche se non è stato detto molto sui dettagli dei colloqui negli Stati Uniti, si tratta comunque di uno sviluppo piuttosto sorprendente se si considera il numero di incidenti che si sono verificati sul campo quest’anno.
Nell’ultimo, il 23 aprile, l’Azerbaigian ha istituito un posto di blocco sull’unica strada che collega il Karabakh all’Armenia – il Corridoio di Lachin – ignorando palesemente una sentenza della Corte internazionale, che aveva chiesto a Baku di interrompere il blocco dell’enclave, già iniziato nel dicembre 2022. All’inizio di aprile, inoltre, uno scontro tra Armenia e Azerbaigian ha causato la morte di sette soldati. Il timore generale di una grave esplosione di violenza è stato ripreso anche in un’intervista del capo missione dell’EUMA, la missione di monitoraggio dell’UE in Armenia, in cui ha affermato che “molti armeni credono che ci sarà un’offensiva di primavera da parte dell’Azerbaigian. Se questo non accade, la nostra missione è già un successo”.
L’EUMA (una volta pienamente operativa) sarà composta da 100 persone non armate, di cui circa 50 lavoreranno come osservatori. Baku non è stata contenta del dispiegamento, lamentandosi costantemente dell’EUMA. Il presidente Ilham Aliyev ha definito l’EUMA, con il suo mandato ampliato, “molto sgradevole” e ha ritenuto che avrebbe interrotto i negoziati diretti tra Azerbaigian e Armenia. Per allentare le tensioni, la missione e il rappresentante speciale dell’UE (RSUE) informano in anticipo l’Azerbaigian sulle rotte che gli osservatori intendono seguire.
Gli scontri avvenuti negli ultimi due mesi intorno al Karabakh e al confine tra Armenia e Azerbaigian hanno dimostrato l’instabilità della situazione e il rischio che l’UE sta correndo dispiegando l’EUMA nella regione di confine. La missione intende contribuire a ridurre le tensioni nelle aree di conflitto e in prossimità del confine tra i due Paesi. Inoltre, contribuisce all’analisi della situazione sul campo e, in tal modo, agli sforzi dell’UE per la delimitazione e la demarcazione dei confini. Questo include l’area vicino al corridoio di Lachin e il Nagorno-Karabakh.
Ma l’UE si trova di fronte a potenziali insidie. La Russia è stata scettica nei confronti dell’EUMA, considerando la missione un tentativo di spostare l’influenza russa nella regione. Oltre ai 2.000 peacekeepers in Karabakh, la Russia ha quasi 3.000 militari e guardie di frontiera del Servizio federale di sicurezza (FSB) in Armenia, che controllano, tra l’altro, il confine di Stato con l’Iran. Hanno anche intercettato diverse pattuglie della missione temporanea predecessore dell’UE nel 2022 sul confine armeno-azero. Ciò dimostra che in luoghi in cui la demarcazione tra Armenia e Azerbaigian non è chiara, anche l’EUMA potrebbe trovarsi in situazioni difficili.
Un maggiore impegno attraverso l’EUMA e i colloqui guidati dal presidente del Consiglio dell’UE Charles Michel non sono solo un’opportunità per l’UE di dare un contributo importante alla stabilizzazione del conflitto, ma potrebbero anche rappresentare un punto di svolta per il Caucaso meridionale, dove la tradizionale presenza russa sta lottando per mantenere la propria influenza.
La Germania è diventata il principale contributore dell’EUMA, non solo fornendo il capo missione tedesco, ma anche circa il 15% del personale dell’EUMA, di gran lunga il più grande contributo nazionale di tutti gli Stati membri dell’UE. Berlino potrebbe essere vista come un mediatore più neutrale di Parigi, che è stata ostacolata dalla pretesa dell’Azerbaigian di agire semplicemente per conto della grande comunità armena in Francia. Sia il cancelliere Olaf Scholz che il ministro degli Esteri Annalena Baerbock hanno sottolineato il contributo tedesco all’EUMA in recenti discorsi. E proprio alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del febbraio 2023, Aliyev e Nikol Pashinyan si sono incontrati per l’ultima volta e hanno persino condiviso un panel.
Nel 2023, l’UE comanda un’interessante combinazione di strumenti, che ora sembrano dare risultati utili. L’EUMA può osservare, verificare e creare fiducia sul confine, integrando il processo di demarcazione, i colloqui tripartiti tra Michel, Pashinyan e Aliyev e il lavoro del rappresentante speciale dell’UE per il Caucaso meridionale e la Georgia. Per l’Armenia e l’Azerbaigian, i colloqui in Virginia e ora a Bruxelles possono offrire un’occasione unica di pace, anche se gli incidenti sul campo potrebbero continuare a raccontare una storia diversa.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-10 17:41:482023-05-12 17:52:48L'Ue determinante per arrivare alla pace tra Armenia e Azerbaigian (Haffingnton Post 10.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi sono 150 giorni che l’Azerbajgian tiene sotto assedio 120.000 Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con diversi strumenti di manipolazione. Gli pseudo eco-attivisti di prima sono stati sostituiti con reparti dei servizi di sicurezza ufficiali, che hanno installato posti di blocco illegali, all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin) e vicino al Shushi, la città dell’Artsakh occupata, in violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e degli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. Inoltre, l’Azerbajgian ha interrotto la fornitura di elettricità e di gas dall’Armenia all’Artsakh. Tali azioni mirano allo spopolamento degli Armeni dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh, utilizzando coercizione, isolamento, strumenti di guerra convenzionale e ibrida, minacce di sottomissione e pulizia etnica. La comunità internazionale ha l’obbligo di intervenire e fornire garanzie internazionali per la sicurezza e i diritti degli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh in linea con la sua responsabilità di proteggere.
150 giorni di #ArtsakhBlockade per soffocare la vita dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, non sono ancora bastati all’Azerbajgian. Non contento delle prospettive di pulizia etnica, il regime autocratico di Aliyev ha optato per accelerare la morte di coloro che necessitano di cure mediche critiche, impedendo l’ultima risorsa: il trasferimento in Armenia dei pazienti mediato dal Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Artak Beglaryan, il Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, ha affermato che le autorità azere hanno impedito i viaggi dall’Artsakh all’Armenia dal 29 aprile, anche per il CICR, tendando tra altro di imporre il controllo passaporti ai pazienti e al personale del CICR. Di conseguenza, 30 pazienti sono attualmente in attesa di trasporto.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ora sta discutendo i dettagli relativi al formato del suo lavoro con i responsabili delle decisioni delle parti coinvolte: «Per quanto riguarda gli sviluppi, il Comitato Internazionale della Croce Rossa sta discutendo con tutti i responsabili delle decisioni delle parti i dettagli relativi al formato del nostro lavoro», ha dichiarato Zara Amatuni, Responsabile delle comunicazioni e della prevenzione dell’ICRC Armenia, quando è stato chiesto di commentare la dichiarazione del Difensore civico per i diritti umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan, secondo cui l’Azerbajgian sta ostacolando il lavoro del CICR sin da quando ha installato illegalmente il checkpoint sul Corridoio di Lachin al ponte Hakiri.
«Riguarda la continuità del nostro lavoro umanitario. Speriamo venga ripristinato. Tuttavia, c’è bisogno di chiarimenti, e ora questo processo è in corso. In questo periodo di fatto non stiamo effettuando trasferimenti perché dobbiamo avere chiarezza su diversi dettagli con tutte le parti coinvolte», ha affermato Amatuni, spiegando che il processo è riservato poiché si sta svolgendo in forma di dialogo. Non ha approfondito ulteriormente le discussioni.
Perché il CICR ha interrotto il trasferimento di pazienti dall’Artsakh alle istituzioni mediche dell’Armenia dal 29 aprile, così come la fornitura di medicinali all’Artsakh? Una precisazione viene fornita con il comunicato del Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh, dove si afferma che il motivo è un altro ostacolo causato dalla parte azera, perché i rappresentanti delle forze di sicurezza azere hanno chiesto di effettuare controlli sui passaporti e sulle auto degli autisti della Croce Rossa e dei pazienti trasportati nel tratto bloccato del Corridoio di Lachin, che non è stato attuato prima e contraddice le norme del diritto umanitario internazionale.
“Durante questo periodo, due pazienti gravemente malati sono stati trasferiti dall’Artsakh alle istituzioni mediche specializzate dell’Armenia attraverso le truppe di mantenimento della pace russe, e 30 pazienti sono in attesa di trasferimento urgente. I pazienti non vengono trasportati, questo problema sta diventando sempre più urgente. Attualmente il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha sospeso la fornitura di medicinali al territorio della Repubblica dell’Artsakh, ma speriamo che riprenda presto. A causa della sospensione dell’importazione di medicinali, gli interventi chirurgici pianificati sono stati nuovamente interrotti in tutte le istituzioni mediche del Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh, che erano state parzialmente ripristinate settimane fa. Si stanno compiendo alcuni sforzi per risolvere questo problema e speriamo che il movimento ininterrotto della Croce Rossa sarà ripristinato in un breve periodo di tempo», ha affermato il Ministero della Salute dell’Artsakh nel comunicato.
Gegham Stepanyan ha scritto in un post sulla sua pagina Facebook: «Dall’installazione di un posto di blocco illegale sull’autostrada Goris-Stepanakert vicino al ponte Hakari il 23 aprile, l’Azerbajgian ha ostacolato le normali attività del Comitato Internazionale della Croce Rossa nel Nagorno-Karabakh con ragioni artificiali, con le quali la parte azera non solo viola le disposizioni del diritto umanitario internazionale, ma viola anche gravemente l’accordo raggiunto durante il blocco in merito al trasferimento in Armenia di persone in condizioni di salute estremamente critiche in. Durante questo periodo, il CICR ha effettuato il trasporto di pazienti due volte: il 28 aprile (13 pazienti) e il 29 aprile (16 pazienti). Dal 29 aprile, il trasferimento di pazienti medici alle istituzioni mediche in Armenia con la mediazione del CICR è stato completamente interrotto».
«Anche in questioni di natura umanitaria, l’Azerbajgian non è pronto a mostrare costruttività e non perde occasione per terrorizzare la popolazione e approfondire la sofferenza fisica e psicologica delle persone causata dal blocco, aggravando deliberatamente la crisi umanitaria. Il comportamento dell’Azerbajgian contraddice direttamente il diritto internazionale e i principi di umanità, che dovrebbero essere condannati dalle organizzazioni internazionali e dalla comunità dei diritti umani. Ci aspettiamo l’intervento concreto delle strutture internazionali nella direzione della soluzione di questa importantissima questione di natura umanitaria», ha scritto Stepanyan.
Oggi 10 maggio 2023, il Segretario del Consiglio di sicurezza dell’Armenia, Armen Grigoryan ha incontrato il co-Presidente russo del Gruppo di Minsk dell’OSCE, Igor Khovaev, Rappresentante speciale del Ministro degli Esteri russo per il sostegno alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, e hanno discusso degli ultimi sviluppi. Grigoryan ha presentato all’interlocutore le posizioni da parte armena su una serie di questioni relative alla risoluzione delle relazioni armeno-azerbajgiane. Riferendosi alla questione del Nagorno-Karabakh, le parti hanno sottolineato che i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh dovrebbero essere rispettati e tutelati. La parte russa ha sottolineato che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto e funzionare nel quadro della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.
Khnapat, un villaggio nella regione Askeran di Artsakh. Sebbene le forze armate azere sparino regolarmente alle persone che lavorano nei campi, gli abitanti del villaggio continuano a coltivare le loro terre. Sotto il blocco, l’agricoltura è diventata ancora più cruciale.
«Formula 1 in Azerbajgian per altri 3 anni: gli sforzi degli Armeni sono infruttuosi, la loro influenza è zero» (APA).
I media statali azeri esultano per l’indifferenza della comunità internazionale per i crimini di guerra dell’Azerbajgian e per la pulizia etnica in corso
I media statali dell’Azerbajgian ridicolizzano l’estremo squilibrio di potere, che mette a rischio vite armene nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Il terrorismo e il bullismo a livello statale dell’Azerbajgian e il #ArtsakhBlockade porteranno presto a una completa pulizia etnica, se la comunità internazionale non riuscirà a proteggere le vittime armene.
«Per ogni Talaat c’è un Tehlirian, per ogni Shakir c’è uno Yerkanian, per ogni Cemal c’è un Gevorkian, per ogni Enver c’è un Melkumov. Finché ci saranno Turchi genocidi ci saranno degli Armeni richiedenti giustizia» (Nanou Likjan).
Le due dittature gemelle azero-turche continuano a onorare il primo Hitler della storia – Mehmed Talaat Pascià è stato un politico turco, uno dei leader dei Giovani Turchi insieme ad Ahmed Cemal, Ismail Enver e Bahaeddin Shakir, alcuni degli artefici del genocidio armeno; ricoprì un ruolo equivalente al Ministro dell’Interno nell’Impero ottomano – poiché il suo punteggio personale ha superato i 2 milioni di vittime.
Talaat fu uno dei principali sostenitori dell’entrata dell’Impero ottomano nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Germania e durante questa contribuì all’organizzazione del genocidio armeno, del genocidio degli assiri e di quello dei greci del Ponto, venendo perciò poi condannato dal tribunale del sultano alla fine del conflitto, insieme agli altri due componenti dei “Tre Pascià”. La rivoluzione di Atatürk, sovvertendo l’ordine politico della Turchia, ne permise la liberazione. Affiliato alla confraternita sufi dei Bektashi e massone, a partire dal 1903 fu membro della loggia di Salonicco “Macedonia Risorta”, appartenente al Grande Oriente d’Italia; fu il primo Gran maestro della Gran Loggia di Turchia, fondata nel 1909.Gli Armeni lo chiamano l’Hitler turco. Talaat fu assassinato a Berlino nel 1921 da Soghomon Tehlirian, un membro della Federazione Rivoluzionaria Armena, nell’ambito dell’Operazione Nemesis. Shakir fu ucciso il 17 aprile 1922 a Berlino insieme a Cemal.
«La questione del monumento “Nemesis” è una questione interna dell’Armenia, e nessuno ha il diritto di interferire in queste questioni», ha dichiarato il Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Armenia in risposta al Ministro degli Esteri della Turchia in riferimento al monumento dedicato ai sopravvissuti al genocidio armeno che in seguito uccisero gli autori.
Samvel Babayan: «Anche se il mondo è contro di noi, possiamo raggiungere i nostri obiettivi»
Nel giorno un tempo simbolico del Festival dei tre giorni di maggio, l’agenzia di stampa Artsakhpress ha pubblicato ieri 9 maggio 2023 un’intervista esclusiva con l’ex Comandante in capo delle forze di autodifesa del Nagorno-Karabakh durante la guerra del Nagorno-Karabakh, nonché politico della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nella quale ha ricoperto il ruolo di Ministro della Difesa dal 1994 al 1999, eroe dell’Artsakh Samvel Babayan. Di seguito l’intervista nella nostra traduzione italiana.
Signor Babayan, 31 anni fa nelle condizioni dell’assedio, la liberazione di Shushi con la sua significativa partecipazione è diventata in realtà il punto di partenza di nuove e gloriose vittorie nella storia del popolo armeno. In questa nuova fase della lotta, quale pensi sia la cosa principale che dobbiamo fare per avere successo?
Per raggiungere il successo, di solito hai bisogno di volontà e responsabilità. Questo è esattamente ciò che ci manca, soprattutto in questa fase. Continuo a credere che anche se il mondo è contro di noi, possiamo raggiungere i nostri obiettivi.
Nella difficile situazione, nell’Artsakh si stanno formando vari movimenti, le persone stanno cercando di offrire diversi metodi di lotta. Tenete anche riunioni pubbliche attive. Mi chiedo quali segnali ricevi dalla gente, cosa vuole il pubblico? Questi vari movimenti devono essere incoraggiati, le persone hanno l’opportunità di scegliere da quella varietà. Noi, ad esempio, come risultato delle elezioni nazionali nel 2020, abbiamo ricevuto la fiducia del popolo, ma il governo ha limitato tutte le nostre opportunità e non ci permette di servire il popolo. Pertanto, siamo costretti a fare nuovamente appello alla nostra gente per riaffermare il nostro impegno a servirla. E il servizio che offriamo è in linea con le aspettative delle persone: pace, sicurezza, protezione socio-economica.
Signor Babayan, la perdita delle vittorie non è irreversibile, fintanto che la nazione vive nello spirito di ripristinarla. In questo giorno simbolico, quale messaggio manderesti agli Armeni che vivono in Artsakh, la Patria e la Diaspora? Le vittorie, sì, non hanno uno statuto di prescrizione. 31 anni fa, quando abbiamo parlato della liberazione di Shushi, nessuno ci ha preso sul serio. Abbiamo già fatto i conti con il mondo una volta, lo faremo ancora. Il ritorno di Shushi, Hadrut, Kashatagh e altri territori occupati non è un problema. Il problema è raggiungerlo in modo civile, attraverso le trattative. Ma non si ottiene a mani nude, il mondo è ancorato alla forza. Il mio messaggio è che siamo sia il padrone che il servitore del nostro Paese.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-10 17:41:382023-05-12 17:42:09150° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian vuole accelerare le prospettive di pulizia etnica, forte dell’indifferenza della comunità internazionale (Korazym 10.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 149 dell’assedio dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Per la maggior parte il #ArtsakhBlockade imposto dall’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha potuto trasportare malati gravi dalla regione assediata all’Armenia. Negli ultimi 11 giorni l’Azerbajgian ha fermato anche questo, continuando ad affermare che il Corridoio di Lachin non è chiuso.
«Un bambino di 4 anni mette le sue macchinine contro il muro una per una e dice: “Mamma, guarda, sto giocando”. Sua madre nota che è rimasto lì per un po’ e gli chiede: “Perché non giochi?” Ha risposto che stava giocando: una fila di macchine davanti alla stazione di servizio» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
Oggi 9 maggio 2023, i giovani di Artsakh/NagornoKarabakh si sono riuniti nella piazza del Rinascimento a Stepanakert per opporsi collettivamente alla politica di pulizia etnica e deportazione forzata dell’Azerbajgian, che viene inflitta a 120.000 Armeni autoctoni che vivono nell’Artsakh.
La manifestazione di oggi a Stepanakert contro l’illegale e criminale #ArtsakhBlockade, attuato dall’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, è stata convocata dall’ex Ministro di Stato dell’Artsakh/NagornoKarabakh, Ruben Vardanyan.
Nella cattedrale della Santa Madre di Dio a Stepanakert è stato celebrato un Requiem per il riposo delle anime dei soldati martirizzati.
Il 9 maggio di 31 anni fa, la città armena di Shushi è stata liberata. L’operazione chiamata “Matrimonio in montagna” ha cambiato il corso della Prima Guerra dell’Azerbajgian contro l’Artsakh. Alle ore 02.30 dell’8 maggio 1992 fu dato l’ordine di attaccare e iniziò la liberazione della città fortezza di Shushi in quattro direzioni.
Shushi, una città considerata imprendibile, era circondata da montagne su quattro lati ed era protetta da una guarnigione azera ben armata con circa 2.500 soldati e ufficiali. La resistenza degli Azeri fu feroce, ma le azioni decisive dei combattenti Armeni portarono alla liberazione della città in soli due giorni. Questa straordinaria operazione militare, che ha coinvolto molte figure di spicco, è stata una testimonianza del coraggio e dell’eccellente organizzazione dei combattenti Armeni. L’operazione includeva molte figure di spicco che fecero tutto ciò che era in loro potere per condurre il popolo armeno alla vittoria.
La liberazione di Shushi, simbolo di vittoria, dovrebbe ispirare gli Armeni ad unirsi e rimanere imbattibili di fronte a qualsiasi sfida. Oggi onorano e rendono omaggio agli eroi martiri che hanno combattuto per la loro patria.
Purtroppo, dopo 31 anni, la città armena di Shushi rimane sotto l’occupazione azera e l’Artsakh rimane sotto assedio azero a causa del blocco del Corridoio di Lachin, l’unico collegamento con il mondo esterno. Durante la guerra di 44 giorni dell’Azerbajgian in Artsakh nel 2020, le forze azere hanno ripreso il controllo della città armena, provocando una completa pulizia etnica della sua popolazione armena nativa.
Nonostante il blocco e l’occupazione dei territori armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, i giovani Armeni si sono riuniti a Stepanakert per ballare e celebrare le vittorie del 9 maggio, il 31° anniversario della liberazione della città di Shushi nella Prima Guerra del Nagorno-Karabakh e il 78° anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica nella Grande Guerra Patriottica.
«Rimango in Artsakh, perché è l’unico posto dove posso scoprire la mia vera identità. Sono fiducioso che ispirerò i miei futuri figli con i loro sogni. Come Armeni dell’Artsakh, abbiamo il sogno più grande e più semplice del mondo: vivere qui!» (Tatevik Hayrapetyan).
Il popolo armeno nativo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh mostra ancora una volta la volontà e la forza di vivere con dignità, in libertà e pace, nella sua patria natale.
«Un popolo che balla è un popolo che vive. Hanno provato a seppellirci. Non sapevano che eravamo semi. Ci hanno dato un destino» (Nanou Likjan).
I militari del contingente russo di mantenimento della pace in Nagorno-Karabakh, guidati dal nuovo comandante, il Colonello Generale Aleksandr Lentsov. hanno preso parte alle solenni commemorazioni dedicati al 78° anniversario della vittoria dell’Unione Sovietica nella Grande Guerra Patriottica, riferisce il Canale Telegram Peacekeeper [QUI].
Gli eventi celebrativi sono iniziati con una solenne parata sulla piazza d’armi della base delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh. Il comando del contingente di mantenimento della pace russo si è congratulato con tutto il personale militare nel Giorno della Vittoria e ha anche premiati i militari che si sono distinti nel loro servizio. Successivamente è stata deposta una corona di fiori commemorativa.
La centrale idroelettrica di Sarsang funge da principale produttore di elettricità dell’Artsakh a causa della totale interruzione della fornitura all’Artsakh dall’Armenia da parte dell’Azerbajgian dal 9 gennaio 2023. Come abbiamo riferito [QUI], le risorse idriche del bacino idrico di Sarsang stanno rapidamente diminuendo, poiché l’energia idroelettrica viene prodotta a piena capacità. Se il terrore energetico e ambientale dell’Azerbajgian contro l’Artsakh continua, questo porterà a conseguenze disastrose e sofferenze umane sia per la popolazione dell’Artsakh che per quella dell’Azerbajgian, poiché il bacino idrico di Sarsang viene utilizzato per l’irrigazione stagionale dei terreni agricoli di entrambi i Paesi. L’Artsakh è sempre stata aperta al dialogo con l’Azerbajgian su questioni umanitarie. Tuttavia, l’Azerbajgian aderisce continuamente a una posizione distruttiva su questo argomento, violando gravemente i diritti umani e causando intenzionalmente gravi sofferenze umane alla popolazione civile.
«I propagandisti azeri accusano il popolo dell’Artsakh di aver prosciugato il bacino idrico di Sarsang e invitano il loro regime a usare la forza per occuparlo. Posso presumere che uno dei loro obiettivi iniziali nell’interrompere la nostra fornitura di elettricità/gas fosse quello di creare un tale pretesto per l’aggressione?» (Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ex Ministro di Stato e Difensore civico per i diritti umani).
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 17:40:512023-05-12 17:41:28149° giorno del #ArtsakhBlockade. Non puoi spezzare la gente dell’Artsakh. Hanno provato a seppellirle, non sapendo che erano semi. Le hanno dato un destino (Korazym 09.05.23)
Gli Stati Uniti hanno ospitato, dall’1 al 4 maggio scorsi, un incontro di colloqui tra il ministro degli Esteri armeno e il suo omologo azero. Pochi i dettagli dell’incontro: qualche progresso c’è stato ma permangono i punti di disaccordo su alcune questioni chiave
Lo scorso primo maggio il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan e il suo omologo azero Jeyhun Bayramov si sono incontrati negli Stati Uniti con il segretario di stato americano Antony Blinken. Nonostante si sia speculato che tale incontro fosse in programma da qualche tempo, in pochi si aspettavano potesse effettivamente accadere, considerando quello che sembrava uno stallo totale del processo di normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Il giorno prima della partenza delle delegazioni di Yerevan e Baku per Washington, l’agenzia di stampa azera Turan e il quotidiano armeno Hraparak hanno pubblicato diversi articoli che annunciavano l’incontro. Turan ha anche affermato che, stando alle informazioni ottenute dalle sue fonti, l’incontro si sarebbe potuto protrarre per “diversi giorni” segnando così una svolta senza precedenti dopo la guerra del 2020.
Lo stesso giorno una nota pubblicata sul sito ufficiale del parlamento armeno confermava che Ruben Rubinyan, vice presidente del parlamento, era pronto ad unirsi alla delegazione guidata dal ministro Mirzoyan nella sua visita negli Stati Uniti dal 29 aprile al 5 maggio. Si è speculato anche sulla possibilità che potesse essere approvata una “tabella di marcia” per la normalizzazione delle relazioni tra Yerevan e Baku, un’ipotesi che però non si è concretizzata.
Ad oggi non sono ancora stati resi noti i dettagli dell’incontro tenutosi dall’1 al 4 maggio presso il Centro di formazione per gli affari esteri “George P. Shultz” ad Arlington, in Virginia. Nel corso di alcune conferenze stampa, incalzato dai giornalisti in merito ai colloqui tra le delegazioni armena e azera, Vedant Patel, vice portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, non ha voluto rispondere invocando la riservatezza dell’incontro.
Ciò che però sappiamo è che Mirzoyan e Bayramov si sono incontrati anche con Jack Sullivan, consigliere per la sicurezza statunitense. Inoltre, è stato reso noto che Antony Blinken ha accolto il ministro degli Esteri armeno e il suo omologo azero con una cena di benvenuto alla vigilia dei colloqui. Il segretario di stato americano ha anche partecipato alla prima e all’ultima sessione dell’incontro tra le due delegazioni. “Hanno compiuto un progresso tangibile verso un accordo di pace”, ha dichiarato Blinken al termine dell’incontro, aggiungendo che “raggiungere la pace non solo sarebbe un passo storico, ma […] porterebbe anche grandi benefici alla popolazione azera e quella armena”.
Il diplomatico statunitense ha poi sottolineato che le delegazioni di Yerevan e Baku hanno “discusso alcune questioni spinose negli ultimi giorni”, utilizzando però toni leggermente cauti in una dichiarazione rilasciata successivamente. “L’andamento dei negoziati e le fondamenta gettate dai nostri colleghi dimostrano che l’accordo è a portata di mano, però l’ultimo miglio è sempre il più difficile”.
Blinken ha proposto ai due ministri, una volta rientrati a Yerevan e Baku, di “riferire ai rispettivi governi che, dimostrando un po’ di buona volontà, flessibilità e disponibilità al compromesso, un accordo potrebbe essere facilmente raggiunto”. Pur non avendo rilasciato alcuna dichiarazione congiunta, il ministro degli Esteri armeno e l’omologo azero hanno confermato che è stato fatto un evidente progresso, sottolineando però che c’è ancora disaccordo su alcune questioni chiave, rievocando così i precedenti tentativi di risolvere il conflitto andati a vuoto.
Nel corso di un recente discorso tenuto a Shusha, città in cima ad una collina ritornata sotto controllo dell’Azerbaijan dopo la guerra del 2020, il presidente azero Ilham Aliyev ha dichiarato: “Spero che i negoziati di Washington portino, se non risultati, almeno alcuni segni di progresso”.
Dal canto suo, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, in un’intervista rilasciata a Radio Free Europe Armenian Service durante una visita a Praga la scorsa settimana, ha definito “minimi” i progressi compiuti a Washington. “Non siamo ancora riusciti ad accordarci sul contenuto di una bozza dell’accordo di pace che possa garantire che l’Azerbaijan riconosca 29.800 m² appartenenti all’Armenia”, ha dichiarato Pashinyan, aggiungendo: “Se prima la distanza tra le due parti era di un chilometro, ora questa distanza è di 990 metri. È un progresso, ma il divario resta enorme”.
Parlando delle questioni su cui le due parti divergono, Pashinyan ha citato il modello del “meccanismo di dialogo tra Baku e Stepanakert, la capitale de facto dell’ex regione autonoma del Nagorno Karabakh”, ma anche la necessità di istituire un meccanismo internazionale per il ritiro delle truppe e la creazione di una zone demilitarizzata. Il premier armeno ha poi fatto un commento inaspettato, affermando che il dialogo iniziato a Washington potrebbe “proseguire a Mosca”.
Sempre durante la sua visita a Praga, interpellato sui possibili sviluppi della situazione in Ucraina, Pashinyan aveva già annunciato la sua visita in Russia questa settimana. “Posso solo dire con certezza che andrò a Mosca la prossima settimana”, ha detto. Nessun annuncio ufficiale e tanto meno dettagli sono stati rilasciati fino all’8 maggio, quando è stato dichiarato che avrebbe partecipato all’evento annuale del Giorno della Vittoria.
Interpellato dai media, Dmitrij Peskov, portavoce del presidente russo, ha affermato che si sta discutendo della possibilità di organizzare un vertice di alto livello, definendo però “affrettate” le domande su un’eventuale partecipazione del presidente azero ad un simile summit.
Il giorno in cui sono iniziati i negoziati a Washington, Gazprom ha annunciato che avrebbe sospeso le forniture di gas all’Armenia per lavori di aggiustamento fino all’ultimo giorno dei colloqui. Per quanto possa sembrare una mera coincidenza, si è speculato sulla possibilità che questa interruzione delle forniture di gas sia una reazione di Mosca al fatto che Yerevan ha votato a favore di una risoluzione che definisce la Russia come aggressore nel contesto della guerra in corso in Ucraina.
Un funzionario statunitense, che ha richiesto l’anonimato, ha affermato che gli Stati Uniti speravano che Mosca non avrebbe reagito duramente ai colloqui di Washington. “Quando una proposta di pace russa sarà sul tavolo [dei negoziati], saremo pronti a prenderla in considerazione”, ha dichiarato il primo ministro armeno nel corso dell’intervista rilasciata a Radio Free Europe. Ma fino a che punto la Federazione Russa sarà disposta a perseguire tale strada?
Lunedì 8 maggio The Financial Times ha riportato la notizia che, secondo alcune fonti, Aliyev e Pashinyan dovrebbero incontrarsi nuovamente questa settimana per una serie di colloqui mediati dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Il quotidiano statunitense ha inoltre riferito che un altro incontro tra i leader di Azerbaijan e Armenia, a cui parteciperanno anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, dovrebbe tenersi a margine del secondo vertice della Comunità politica europea previsto per il prossimo primo giugno.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 17:38:492023-05-12 17:40:17Armenia-Azerbaijan, speranze di pace nei colloqui di Washington (Osservatorio Balcani e Caucaso
Roma, 9 mag – Nonostante il grande occhio mediatico sia continuamente puntato sulla guerra in Ucraina, soprattutto in questa giornata nella quale Mosca festeggia la vittoria comunista contro i fascismi europei, in diverse ex repubbliche sovietiche la tensione rimane alta. Ancora una volta andiamo in Armenia, terra martoriata da secoli, stretta tra Turchia, Georgia, Iran e Azerbaigian. Proprio quest’ultimo Paese è da anni antagonista diretto del popolo armeno che vive nei territori di confine e, in modo ancora più grave, nelle enclavi presenti nei territori occupati da Baku. Tra questi, come sappiamo, la regione più al centro della lunga disputa tra i due stati è il Nagorno Karabakh: vera e propria roccaforte cristiano-armena circondata dai territori musulmani-azeri e da anni assediata dall’esercito dell’Azerbaigian. Ma in Artsakh i problemi non sono legati solo direttamente alla guerra o alle violente prepotenze che gli azeri puntualmente compiono nei confronti degli armeni: molti altri modi, non meno gravi, vengono usati da Baku per opprimere più o meno sotto traccia la popolazione del Nagorno Karabakh.
Il Nagorno Karabakh ancora sotto assedio azero
Negli ultimi anni vi abbiamo parlato, anche direttamente con reportage dal fronte, di come le truppe azere continuino a conquistare territorio armeno nel silenzio internazionale. Nonostante nel 2020 i russi aprirono un corridoio umanitario, in modo che la popolazione del Nagorno Karabakh potesse ricevere risorse e aiuti da Erevan, l’assedio azero nei confronti dell’Artsakh è continuato inginocchiando gli armeni in un embargo nemmeno troppo velato. Negli ultimi cinque mesi, infatti, la Repubblica dell’Artsakh è nuovamente sotto assedio. Un serrato blocco dei trasporti e dell’energia, giudicato “illegale” da Erevan, è divenuto ora “uno dei principali strumenti della politica di pulizia etnica costantemente e sistematicamente perseguita dall’Azerbaigian a livello statale”. A dichiararlo, oggi, è lo stesso ministero degli Esteri dell’Artsakh, che avvisa inoltre di un’imminente disastro ambientale provocato dall’Azerbaigian.
In Artsakh un disastro ambientale ordinato da Baku?
Secondo quanto dichiarato dal ministro degli esteri dell’Artsakh, le autorità azere stanno cercando non solo di creare condizioni socio-economiche insopportabili, ma anche di “provocare artificialmente un disastro ambientale e minare le basi dello sviluppo sostenibile dell’Artsakh”. In particolare, l’Azerbaigian starebbe ancora impedendo la riparazione della sezione danneggiata Aghavno-Berdzor dell’unica linea elettrica ad alta tensione che va dall’Armenia all’Artsakh. All’agenzia di stampa Armenpress, il ministro del Nagorno Karabakh ha spiegato che per aggravare la crisi energetica, “l’Azerbaigian ha anche regolarmente interrotto la fornitura di gas naturale dall’Armenia all’Artsakh”. A due mesi dall’ultima interruzione, infatti, la centrale idroelettrica sul bacino del lago Sarsang è divenuta l’unico mezzo per mitigare la crisi energetica. “La continua politica azera di assedio e blocco energetico – continua il comunicato armeno – ha inevitabilmente portato al rilascio di una quantità senza precedenti di acqua dal bacino per generare l’elettricità necessaria per gli assediati dell’Artsakh durante il freddo periodo invernale”.
Una crisi energetica scomoda per i catastrofisti del clima
Le autorità dell’Artsakh hanno più volte attirato l’attenzione della comunità internazionale sul fatto che, la continua deliberata ostruzione da parte dell’Azerbaigian alla fornitura di gas naturale ed elettricità dall’Armenia all’Artsakh porterà a conseguenze disastrose, in particolare per il bacino di Sarsang, che è il più grande e la più importante fonte di acqua dolce nell’Artsakh. Come avverte il ministero degli esteri armeno, lo svuotamento del bacino idrico di Sarsang “avrà gravi conseguenze ambientali per l’intero ecosistema della regione e priverà la popolazione, sia dell’Artsakh che di alcune regioni dell’Azerbaigian, delle risorse idriche necessarie per la vita quotidiana.
Armeni lasciati soli ancora una volta
Creando i presupposti per l’affondamento del bacino di Sarsang e provocando ciò che si può definire un disastro ambientale, secondo gli armeni le autorità azere perseguono diversi obiettivi, tra cui “creare condizioni di vita insopportabili nell’Artsakh e preparare il terreno per accuse di uso spregiudicato delle risorse idriche come pretesto per nuove provocazioni militari”. Infine, il portavoce della regione armena sotto assedio sottolinea ancora una volta che, “a causa delle continue azioni illegali e aggressive dell’Azerbaigian, la situazione umanitaria nella Repubblica dell’Artsakh e la situazione politico-militare nella regione si stanno rapidamente deteriorando“. Ad oggi, cercando in rete così come sulla carta stampata, pare che nessuna testata giornalistica italiana o europea ne abbia dato ancora notizia. Noi de il Primato Nazionale, però, ancora una volta ci sentiamo in dovere di dar voce a questa piccola regione martoriata da decenni, con la speranza che anche altri organi di informazione riescano finalmente a guardare i mali del mondo andando oltre le sanguinose “mode” del momento.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 17:36:202023-05-12 17:38:38Armenia: disastro ambientale in Artsakh programmato da Baku? (Il primato nazionale 09.05.23)
Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.05.2023 – Vik van Brantegem] – L’Ambasciata della Repubblica di Armenia e l’Università La Sapienza di Roma invitano alla presentazione dei libri Yeghishe Charents, Io della mia dolce Armenia. Antologia delle opere poetiche (1911-1922), con testo armeno a fronte, a cura di Naira Ghazaryan (Leonida Edizioni 2022, 384 pagine) e Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta di Letizia Leonardi, con la prefazione di Carlo Verdone (Le Lettere 2022, 220 pagina), con la partecipazione di Carlo Verdone, che si terrà martedì 16 maggio alle ore 11.30 presso l’Aula Odeion-Museo dell’Arte Classica Facoltà di Lettere e Filosofia, piano terra, piazzale Aldo Moro 5 in Roma.
Intervengono
Antonella Polimeni, Rettore dell’Università La Sapienza di Roma
Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia
Giorgio Piras, Direttore del Dipartimento di scienze dell’antichità
Domenico Polito, Leonida Edizioni
Alfonso Pompella, Traduttore delle opere di Yeghiste Charents
Letizia Leonardi, Autrice di Yeghishe Charents. Vita inquieta di un poeta
Filippo Orlando, Le Lettere
Carlo Verdone, Attore, regista e sceneggiatore
Modera
Marco Bais, Professore del corso di Lingua e cultura armena presso l’Università La Sapienza di Roma
Seguirà un rinfresco.
Nel 30° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra Armenia e Italia, la Leonida Edizioni e l’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia hanno rafforzato il ponte culturale tramite la figura del poeta Yeghishe Charents. Il volume Io della mia dolce Armenia fa parte di un progetto più ampio e raccoglie le opere poetiche pubblicate dal 1911 al 1922 in lingua armena e nelle traduzioni in italiano a cura degli studiosi Mariam Eremian, Grigor Ghazaryan, Alfonso Pompella, Anush Torunyan, Hasmik Vardanyan, Mario Verdone e Boghos Levon Zekiyan. L’antologia è inoltre arricchita dalla nota introduttiva dell’Ambasciatore Tsovinar Hambardzumyan, dalla prefazione del Prof. Stefano Garzonio, da una nota biografica del poeta redatta dalla Dott.ssa Letizia Leonardi e da materiale fotografico concesso dalla Casa Museo di Yeghishe Charents di Yerevan. Con questa iniziativa, oltre che festeggiare il 125° anniversario della nascita del grande poeta armeno, è stato consegnato al pubblico italiano uno straordinario lavoro che permette di conoscere in modo approfondito la figura di un personaggio tempestoso.
Yeghishe Charents è stato un uomo, un patriota e un poeta che ha vissuto pienamente, in un periodo storico buio, le sue speranze e fragilità, le sue illusioni e delusioni. Questo racconto della sua vita, che viene pubblicato nel 125° anniversario della sua nascita, è la testimonianza diretta degli orrori che Charents ha vissuto in prima persona, e che la Prima Guerra Mondiale ha inferto a tutto il popolo armeno. Vittima delle repressioni staliniste, Charents è stato dapprima un rivoluzionario a fianco dei bolscevichi, e poi un anti-rivoluzionario, disilluso da quello stesso partito comunista che aveva inizialmente appoggiato. La parabola della sua breve vita è ripercorsa, in questo intenso racconto, attraverso lettere, testimonianze dirette e opere, che mostrano il temperamento di uno dei più grandi esponenti della letteratura armena di tutti i tempi. A più di 80 anni dalla sua morte, le opere di Yeghishe Charents suscitano un interesse sempre crescente, anche oltre i confini nazionali, mantenendo tutta l’energia, e la forza del sentimento ma anche zone d’ombra sulla sua vita di uomo e di grande letterato dell’Armenia Sovietica.
L’autrice Letizia Leonardi è giornalista professionista, ha lavorato per testate come Il Tempo e Il Messaggero. Ha pubblicato e pubblica contributi sulla cultura armena su riviste e volumi. Ha tradotto dal francese Mayrig di Henri Verneuil e Nella notte di Inga Nalbandian. È coautrice del libro Destino Imperfetto che racconta la storia di un figlio della diaspora. Ha ricevuto il Premio Internazionale Giornalistico e Letterario Marzani 2019 per il suo costante contributo all’affermazione dei valori di indipendenza e libertà dell’informazione.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 17:35:302023-05-12 17:36:09Charents, la parabola della breve vita di un poeta armeno (Korazym 09.05.23)
Domenica (14 maggio) i leader di Armenia e Azerbaigian si incontreranno a Bruxelles, secondo quanto dichiarato da fonti EU, nel quadro degli sforzi per raggiungere un accordo di pace sulla disputa territoriale che dura da tre decenni.
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ospiterà Nikol Pashinyan dell’Armenia e Ilham Aliyev dell’Azerbaigian, nell’ambito delle iniziative volte “a promuovere la stabilità nel Caucaso meridionale e la normalizzazione tra i due Paesi”, si legge in un comunicato di lunedì.
L’incontro a Bruxelles avviene dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato che sono stati compiuti “progressi tangibili” verso un accordo di pace per porre fine alla disputa sull’enclave del Nagorno-Karabakh, durante i colloqui tra i ministri degli Esteri a Washington la scorsa settimana.
Pashinyan e Aliyev hanno già avuto diversi incontri, generalmente organizzati dall’UE o dalla Russia, ma non sono riusciti a risolvere le difficoltà in sospeso, tra cui la demarcazione dei confini e l’accesso ai territori che dovessero passare da un paese all’altro.
Fonti UE hanno aggiunto che i due leader hanno anche concordato di incontrarsi con i leader di Francia e Germania a margine di un vertice europeo che si terrà in Moldavia il 1° giugno.
Si sono inoltre impegnati a incontrarsi a Bruxelles “con la frequenza necessaria per affrontare gli sviluppi in corso sul terreno”, si legge nel comunicato.
L’Armenia e l’Azerbaigian erano entrambe repubbliche dell’Unione Sovietica e hanno ottenuto l’indipendenza quando questa si è sciolta nel 1991.
Le due parti sono entrate in guerra due volte per i territori contesi, principalmente il Nagorno-Karabakh, un’enclave a maggioranza armena all’interno dell’Azerbaigian.
Decine di migliaia di persone sono rimaste uccise nelle guerre, una durata sei anni e terminata nel 1994, e la seconda nel 2020, conclusasi con un accordo di cessate il fuoco negoziato dalla Russia.
Ma da allora gli scontri sono scoppiati regolarmente.
L’Azerbaigian ha riacceso le tensioni piazzando un posto di blocco sul corridoio di Lachin, l’unico collegamento terrestre tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
L’Armenia considera questa mossa una violazione del cessate il fuoco negoziato tra le parti.
Gli sforzi di mediazione dell’Occidente giungono mentre la grande potenza regionale Mosca fatica a mantenere il controllo a causa delle conseguenze della guerra contro l’Ucraina.
Il Cremlino ha insistito sul fatto che non c’è “nessuna alternativa” all’accordo per il cessate il fuoco firmato nel 2020 e che ha visto il dispiegamento di forze di pace russe sul terreno.
Pashinyan si recherà a Mosca per partecipare alla parata del 9 maggio dedicata alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 17:33:092023-05-12 17:34:27L’UE ospiterà i leader di Armenia e Azerbaigian per i colloqui di pace (Corriere della Sera 09.05.23)
Il Financial Timesha scritto che la prossima domenica il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev e il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan si incontreranno a Bruxelles per discutere un accordo di pace sul conflitto in corso da decenni per il controllo del territorio del Nagorno-Karabakh. Secondo le fonti del Financial Times, l’incontro di domenica sarà mediato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Nessuno dei portavoce dei tre rappresentanti ha confermato la notizia. I due leader si erano incontrati l’ultima volta a febbraio a Monaco, mentre negli ultimi giorni i ministri degli esteri di Armenia e Azerbaijan si erano incontrati a Washington con la mediazione delle autorità statunitensi.
Armenia e Azerbaijan si contendono da decenni il controllo del Nagorno-Karabakh, un territorio separatista interno all’Azerbaijan dove la maggioranza della popolazione è armena. I due paesi avevano concordato una tregua a novembre del 2020, dopo una guerra durata sei settimane vinta dall’Azerbaijan e al termine della quale l’Armenia era stata costretta a fare pesanti concessioni territoriali. A settembre 2022 gli scontri tra i due paesi sono ricominciati e negli ultimi mesi Stati Uniti, Unione europea e Russia hanno fatto diversi tentativi diplomatici per spingere i due paesi a trovare un nuovo accordo di pace, ma senza successo.
Nel 2020 la tregua tra i due paesi era stata mediata dalla Russia, che ha attualmente duemila soldati sul territorio per il mantenimento dell’ordine: secondo il Financial Times, l’intervento diplomatico dell’Unione europea potrebbe essere visto dalla Russia come una sfida alla sua storica influenza.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-09 16:35:502023-05-09 16:35:50Il “Financial Times” dice che i leader di Armenia e Azerbaijan si incontreranno a Bruxelles per discutere un accordo di pace sul territorio conteso del Nagorno-Karabakh (Il Post e altri 08 e 09.05.23)
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok