Armenia, ‘non critichiamo soldati russi ma Baku viola accordi’ (Ansa 10.01.23)

(ANSA) – MOSCA, 10 GEN – “Nessuno nega che i peacekeeper russi oggi garantiscano la sicurezza dei residenti del Nagorno-Karabakh, ma sappiamo anche di episodi in cui gli azeri hanno violato gli accordi nella zona di responsabilità delle forze di pace, ad esempio a Parukh, ma non si è vista alcuna reazione da parte loro”: lo ha dichiarato il premier armeno Nikol Pashinyan, ripreso dalla Tass.

“Non stiamo criticando le forze di pace russe, ma esprimiamo la nostra preoccupazione per le loro attività e queste preoccupazioni hanno radici profonde”, ha affermato Pashinyan secondo l’agenzia di stampa statale russa.    Il governo armeno accusa l’Azerbaigian di bloccare una strada che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh.
Nell’autunno del 2020 ci sono stati sanguinosi combattimenti tra armeni e azeri nel Nagorno-Karabakh, dove si stima che abbiano perso la vita oltre 6.500 persone. Un accordo di cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian è stato siglato nel novembre del 2020 con la mediazione di Mosca. In base al documento, l’Azerbaigian ha mantenuto i territori conquistati e l’Armenia gli ha ceduto anche altre zone del conteso Nagorno-Karabakh e dei territori limitrofi. Sempre sulla base dell’accordo, inoltre, la Russia ha inviato circa 2.000 soldati nel Nagorno-Karabakh, con l’obiettivo ufficiale di far rispettare la tregua. A metà settembre si sono registrati altri combattimenti alla frontiera, nei quali si stima che siano morte oltre 280 persone e che i due Stati si accusano a vicenda di aver provocato. (ANSA).

 

L’Armenia ha bisogno di alternative alla Russia e all’Iran (L’Indro 10.01.23)

L’Armenia ha ancora opzioni a sua disposizione per salvare la situazione. Ecco quali

L’Armenia è tutt’altro che perfetta, ma  è una democrazia. Due dei partner più stretti dell’Armenia sono la Russia e l’Iran. La Repubblica islamica dell’Iran è caratterizzata dalla repressione delle donne e dei gruppi minoritari. La Federazione Russa è definita dalle sue ambizioni imperialiste di invadere e annettere le ex repubbliche sovietiche. Che siano opzioni buone o cattive, si tratta di partenariati esistenziali per l’Armenia a causa della minaccia rappresentata – e del vantaggio strategico detenuto – dall’Azerbaigian. Per essere chiari: la situazione geopolitica dell’Armenia è precaria e ha bisogno di alternative alla Russia e all’Iran.

La partnership dell’Armenia con l’Iran è pragmatica. L’Armenia è maledetta dalla geografia. Bloccata da una Turchia antagonista a ovest e da un Azerbaigian ancora più ostile a est, la  connessione dell’Armenia con il mondo  dipende dalla Georgia a nord e da un valico di frontiera con l’Iran a sud. Sebbene il sostegno militare diretto dell’Iran all’Armenia sia limitato, l’Armenia e l’Iran condividono una causa comune nelle rispettive controversie con l’Azerbaigian.

Mentre il conflitto dell’Armenia con l’Azerbaigian è noto, le tensioni tra l’Azerbaigian e l’Iran non sono altrettanto note. In parole povere, Baku e Teheran hanno controversie quasi territoriali basate su visioni del mondo incompatibili. Da un lato, il concetto azero di Bütöv Azərbaycan – Grande Azerbaigian – si basa sull’unificazione delle terre storicamente abitate dagli azeri in un unico stato. Ciò include il territorio armeno a ovest dell’Azerbaigian e il territorio iraniano a sud dell’Azerbaigian. D’altra parte, l’  Iran ha a lungo visto l’Azerbaigian come un territorio perduto che appartiene alla sua sfera di influenza. Come il legame dell’Iran con l’Iraq e il Libano, ciò è dovuto principalmente alla  maggioranza sciita dell’Azerbaigian .

Storicamente, i popoli azeri risiedevano all’incrocio tra l’Impero russo, l’Impero ottomano e la Persia. Oggi la popolazione dell’Azerbaigian è di  circa 10 milioni . Mentre l’Iran conta oltre 85 milioni di abitanti, oltre il  15%  degli iraniani si identifica come azero. In effetti, ci sono più azeri che vivono in Iran che nello stesso Azerbaigian. Chiaramente, il potenziale del separatismo azero iraniano minaccia l’integrità territoriale dell’Iran. Allo stesso modo, anche la visione dell’Iran di incorporare gli sciiti azeri sotto la bandiera iraniana mette in pericolo la sovranità dell’Azerbaigian.

Dato che ‘il nemico del mio nemico è mio amico’, le controversie dell’Iran con l’Azerbaigian si traducono in una partnership strategica con Israele. Ad esempio, Israele ha rappresentato  oltre il 25%  di tutti i trasferimenti di armi all’Azerbaigian tra il 2011 e il 2020. In cambio, l’Azerbaigian fornisce a Israele l’accesso agli aeroporti vicino al confine di circa 420 miglia con l’Iran. Se dovesse scoppiare la guerra tra Tel Aviv e Teheran, questo accesso consentirebbe ai caccia israeliani di aggirare lo spazio aereo giordano, siriano e iracheno e raggiungere più facilmente obiettivi militari in Iran.

L’Azerbaigian è anche alleato della Turchia. Una potenza regionale all’incrocio tra Europa e Asia, la Turchia è un importante snodo di transito alla foce del Mar Nero e del Mediterraneo orientale. La Turchia esercita anche  un’influenza significativa  all’interno della NATO. L’Azerbaigian e la Turchia sono entrambi paesi di lingua turca e membri dell’Organizzazione degli Stati turchi (OSA).

Il vantaggio strategico dell’Azerbaigian sull’Armenia va oltre il suo rapporto speciale con Israele e  l’alleanza ‘fraterna’ con la Turchia. A differenza dell’Armenia, l’Azerbaigian ha anche gas naturale e petrolio.

L’appetito dell’Eurasia per l’energia ha reso l’Azerbaigian una delle  economie in più rapida crescita del 21° secolo . Ad esempio, l’  oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan  (BTC) può trasportare più di un milione di barili di petrolio al giorno dall’Azerbaigian alla Georgia attraverso la Turchia fino al porto turco di Ceyhan per l’esportazione verso i mercati internazionali. Allo stesso modo, il  Corridoio Meridionale del Gas (SGC) trasporta il gas dall’Azerbaigian attraverso la Georgia e la Turchia verso la Grecia, l’Albania e l’Italia. State tranquilli,  l’Azerbaigian continuerà a beneficiare della diversificazione dell’Europa rispetto ai combustibili fossili russi.

L’alleanza dell’Armenia con la Russia ha radici storiche. L’Armenia è stato  il primo stato cristiano. La Russia era vista come il difensore delle minoranze cristiane dell’Asia Minore. Dopo il genocidio armeno, la dissoluzione dell’Impero ottomano, la caduta dell’Impero russo e il fallimento dei movimenti indipendentisti nel Caucaso, i sovietici presero il controllo dell’Armenia e la incorporarono nell’Unione Sovietica. L’Armenia ha ottenuto l’indipendenza e ha iniziato la sua transizione verso la democrazia solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Oggi l’Armenia è membro della CSTO (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), ha un accordo di difesa bilaterale con la Russia, ospita  diverse basi militari russe , e fa affidamento sulle guardie russe per proteggere i suoi confini.

La CSTO è l’equivalente russo della NATO. I suoi membri sono Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Armenia. Mentre la NATO ha i suoi problemi, la coesione della CSTO è inesistente. Ad esempio, il conflitto scoppia tra il Tagikistan e il Kirghizistan  ogni pochi mesi . Allo stesso modo, anche il Kazakistan e il Kirghizistan sono membri dell’Organizzazione degli Stati turchi (OTS). In altre parole, entrambi condividono stretti legami diplomatici con l’Azerbaigian e la Turchia nonostante debbano garanzie di sicurezza all’Armenia. Chiaramente, questo accordo non gioca a favore dell’Armenia.

L’articolo 4 della CSTO  afferma che un attacco a uno Stato membro è considerato un attacco a tutti gli Stati membri. Quando  il presidente Tokayev  ha chiesto assistenza per reprimere le proteste nel gennaio 2022, la CSTO, compresa l’Armenia, ha inviato forze di pace in Kazakistan. Quando il primo ministro Pashinyan ha  invocato l’  articolo 4 in seguito alla violazione dell’accordo di cessate il fuoco da parte dell’Azerbaigian nel settembre 2022, la CSTO non ha risposto alla richiesta di aiuto dell’Armenia e tanto meno ha condannato l’aggressione dell’Azerbaigian. Per quanto riguarda l’Armenia, le garanzie di sicurezza della CSTO non valgono la carta su cui sono scritte.

Mosca ha mediato l’  accordo di cessate il fuoco del novembre 2020  tra Armenia e Azerbaigian. Gli obblighi della Russia includono il dispiegamento di forze di pace e la protezione del Corridoio Lachin che funge da ancora di salvezza per oltre 120.000 armeni nel Nagorno Karabakh. A differenza delle operazioni di mantenimento della pace a Cipro e in Kosovo, il dispiegamento della Russia nel Nagorno Karabakh non è richiesto dalle Nazioni Unite ed è privo di impegno internazionale. Evidentemente, l’unilateralismo della Russia manca del controllo civile e dei meccanismi di responsabilità che fanno funzionare altri accordi di mantenimento della pace. Dato che il corridoio di Lachin è stato bloccato dagli azeri dal 12 dicembre 2022, la missione di mantenimento della pace russa  chiaramente non funziona.

A peggiorare le cose per l’Armenia, l’unilateralismo di Mosca è integrato dall’ambisiderismo russo. Per l’Armenia, la Russia è un alleato. Per la Russia, l’Armenia è un cliente. In termini di grande strategia russa, Mosca vuole mantenere la sua influenza a Baku limitando quella di Ankara, a spese dell’Armenia. Pertanto, la Russia è ancora il più grande esportatore di armi sia in Armenia che in Azerbaigian, nonostante le sue garanzie di sicurezza a Yerevan. Ad esempio, la Russia ha rappresentato il  60%  dei trasferimenti di armi all’Azerbaigian e un enorme  94%  dei trasferimenti di armi all’Armenia nel periodo precedente alla seconda guerra del Nagorno Karabakh.

Da una prospettiva geopolitica, sembra che la Russia e la CSTO abbiano aiutato l’Azerbaigian a dare scacco matto all’Armenia. Certo, Baku mantiene un vantaggio strategico su Yerevan. Tuttavia, l’Armenia ha ancora opzioni a sua disposizione per salvare la situazione. La chiave sta nell’orientamento democratico dell’Armenia e nell’influenza esercitata dalla diaspora armena in altre democrazie come gli Stati Uniti e la Francia.

L’Occidente ha ripetutamente segnalato la sua intenzione di intensificare l’impegno con l’Armenia. Nel settembre 2022, la portavoce Nancy Pelosi è diventata il  funzionario statunitense di più alto rango a visitare l’Armenia da quando ha ottenuto l’indipendenza. Nell’ottobre 2022, il presidente Macron e il presidente Michel hanno negoziato una missione conoscitiva dell’UE al confine tra Armenia e Azerbaigian con il primo ministro Pashinyan e il presidente Aliyev. Nel dicembre  2022, il Canada ha aperto il suo consolato in Armenia a Yerevan. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma le ricadute dell’invasione russa dell’Ucraina spingeranno l’Armenia più vicino all’Occidente in meglio o aumenteranno la dipendenza dell’Armenia dalla Russia in peggio.

Ci sono due politiche che l’Armenia potrebbe perseguire per migliorare la sua posizione strategica. In primo luogo, l’Armenia dovrebbe spingere per un maggiore impegno internazionale nel Nagorno Karabakh. La richiesta di  una missione conoscitiva internazionale nel Corridoio Lachin è un passo nella giusta direzione. Tuttavia, Yerevan deve andare oltre. La linea dura dell’Armenia dovrebbe chiedere che una forza internazionale di mantenimento della pace sia dispiegata per sostituire o accompagnare le forze di pace russe nel corridoio di Lachin. La linea rossa dell’Armenia dovrebbe essere una missione di monitoraggio civile multilaterale permanente a Stepanakert per integrare il Centro di monitoraggio congiunto russo-turco ad Aghdam. Aumentare il numero delle parti interessate internazionali e approfondire il loro impegno è fondamentale per migliorare la posizione strategica dell’Armenia e ridurre la probabilità di un’aggressione azera.

In secondo luogo, l’Armenia dovrebbe ritirarsi dalla CSTO. Sfortunatamente, le garanzie di sicurezza della CSTO sono compromesse da alleanze e interessi divergenti all’interno dell’alleanza. L’Armenia non può fare affidamento sulla Russia e sulla CSTO per prevenire – né proteggerla – dall’aggressione dell’Azerbaigian perché le preoccupazioni per la sicurezza nazionale di Yerevan divergono dai disegni strategici di Mosca. Peggio ancora, l’adesione alla CSTO rende difficile, se non impossibile, per l’Armenia diversificare la sua fornitura di equipaggiamento militare, modernizzare le sue forze armate e cercare accordi di sicurezza bilaterali o multilaterali alternativi dall’Occidente o altrove. Evidentemente, il ritiro dalla CSTO consentirebbe all’Armenia di perseguire una politica di ambiguità strategica.

Una cosa è certa: l’Azerbaigian mantiene un vantaggio strategico sull’Armenia. Se l’equilibrio di potere rimane invariato, è improbabile che Baku aspetti 26 anni prima di lanciare la prossima guerra; questa volta, mirava a costruire un ponte terrestre dall’Azerbaigian al Nakhichevan.

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Trentesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Nessuna pace è possibile con zero fiducia (Korazym 10.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento al blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. «Il blocco del Corridoio di Lachin è una atto di guerra contro gli Armeni dell’Artsakh». Lo ha scritto il Vicedirettore del prestigioso quotidiano francese Le Figaro, Jean-Christophe Busson, in un post sul suo account Twitter.

La bandiera russa continua a sventolare con le forze di mantenimento della pace russe che presidiano le postazioni nel Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità. Le uniche merci che arrivano attraverso il blocco, vengono portate con i camion del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa, ovviamente non in quantità necessaria.

Ora siamo a un punto in cui la comunità internazionale deve agire e forzare l’apertura del Corridoio, o riconoscere che nulla è realmente cambiato dai massacri di Rwanda e Srebrenica, e che nel XXI secolo si può lasciar morire di fame e di freddo un’intera popolazione nel vicinato orientale dell’Unione Europea. Il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan chiede: «Amnesty International, sei d’accordo con il blocco di 120.000 persone dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian? È passato un mese, siamo sull’orlo di un disastro umanitario e senza una vostra parola».

Su suggerimento dell’Arcivescovo metropolita di Rennes, Mons. Pierre d’Ornellas, Presidente ad interim della Commissione per l’unità dei cristiani e i rapporti con l’ebraismo della Conferenza Episcopale Francese, durante le liturgie domenicali in occasione della Festa dell’Epifania dell’8 gennaio si è tenuta nella chiese in Francia una preghiera universale per gli Armeni dell’Artsakh:
«Signore Gesù, Principe della pace, ti preghiamo per gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Nel silenzio della comunità internazionale, sono vittime di violenze che porteranno al loro sterminio. Risveglia in tutti noi la compassione che può venire in loro aiuto. Ispira sentimenti di giustizia e dialogo nei leader di Azerbajgian, Russia e Armenia affinché tutti gli abitanti del Nagorno-Karabakh siano rispettati nella loro dignità e nella loro fede».

Caro Cardinal Zuppi, sarebbe possibile lo stesso per la Conferenza Episcopale Italiana? O pregare per fratelli perseguitati costa troppo?

I media al servizio degli interessi di informazione e propaganda dell’Azerbajgian hanno pubblicato articoli secondo cui durante il blocco dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris – che collega l’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) -, il movimento di 370 diversi tipi di veicoli è stato effettuato in entrambe le direzioni, di cui 330 da forze di mantenimento della pace russe, 31 dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (compresi i veicoli di soccorso di emergenza) e 3 veicoli di emergenza – “dai residenti di Artsakh”. Come si apprende dal messaggio diffuso dall’Ufficio del Procuratore Generale della Repubblica di Artsakh, l’autore dell’articolo ha affermato e cercato di dimostrare che l’Artsakh non è effettivamente sotto assedio, sebbene i dati forniti dimostrino chiaramente il contrario. “Per documentare la nudità della tesi azera è sufficiente rivelare solo tre dati statistici: prima di bloccare l’autostrada Stepanakert-Goris, l’unica che collega l’Artsakh con l’Armenia, nel 2022, secondo gli indicatori di novembre, 380-400 tonnellate di cibo e altri beni destinati ai bisogni pubblici sono state consegnate dall’Armenia all’Artsakh al giorno (10.260-10.800 tonnellate in 27 giorni), una media di 454 auto ha lasciato l’Armenia per l’Artsakh in una direzione attraverso il “Corridoio di Lachin” (in 27 giorni: 12.258), più di 1.200 persone (in 27 giorni: 32.400). È interessante notare che gli indicatori citati sono piccoli non solo nel 2020, rispetto al periodo precedente la guerra dei 44 giorni, ma anche alla domanda necessaria a garantire il livello medio di benessere di una popolazione di 120.000 abitanti. I media azeri hanno anche confermato con la suddetta pubblicazione che i residenti della Repubblica dell’Artsakh sono privati dell’opportunità di muoversi attraverso il Corridoio e comunicare con la Repubblica di Armenia. Solo le forze di mantenimento della pace russe e i rappresentanti del CICR hanno attraversato il corridoio. Pertanto, i dati statistici e gli argomenti sopra menzionati riflettono in modo abbastanza eloquente e grafico l’intera realtà che attualmente prevale in Artsakh e che l’Azerbajgian non risparmia alcuno sforzo per nascondere alla comunità internazionale”, si legge nella dichiarazione rilasciata dall’Ufficio del Procuratore Generale della Repubblica di Artsakh.

Prosegue la campagna di fake news da parte dei servizi speciali dell’Azerbajgian anche su altri fronti. La televisione pubblica dell’Artsakh ha diffuso un messaggio in merito, smentendo il “documento” che sta circolando sui social, secondo il quale la compagnia televisiva sarebbe stata evacuata. “Dal 9 gennaio 2023 circola sui social network un documento simile alla carta intestata ufficiale della televisione pubblica dell’Artsakh, in riferimento allo sgombero della televisione. Si tratta di un falso, seguendo l’esempio dei documenti falsi distribuiti in precedenza per conto di altri dipartimenti e organizzazioni della Repubblica di Artsakh. La Società Televisiva e Radiofonica Pubblica dell’Artsakh continua il suo normale lavoro. Inoltre, dall’inizio del blocco, la televisione ha lavorato in modo più intenso, con l’obiettivo di segnalare più tempestivamente i problemi causati dal blocco e di informare più tempestivamente la popolazione sui passi volti a risolverlo”.

Oggi siamo entrati nel trentesimo giorno del disumano e illegale blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian. Le abbondanti nevicate e le temperature sotto zero, presentano ulteriori sfide per la popolazione dell’Artsakh durante il blocco in corso. Inoltre, l’unica linea elettrica ad alta tensione che fornisce elettricità dall’Armenia alla Repubblica di Artsakh è stata danneggiata oggi e l’Azerbajgian non consente di effettuare le riparazioni. Di fatto, il 30° giorno di #ArtsakhBlockade l’Azerbajgian, dopo il collegamento terrestre, taglia anche l’unica fonte di elettricità dall’Armenia all’Artsakh. Tutti questi sono atti di genocidio, ancora totalmente impuniti.

ArtsakhEnergo oggi ha diffuso un messaggio, informando che il 9 gennaio 2023, alle ore 14.35 (ore 11.35 di Roma), è stato segnalato un incidente nel km 33, nella sezione Aghavno-Berdzor (Lachin), dell’unica linea ad alta tensione che alimenta l’Artsakh dall’Armenia (Goris-Stepanakert di 110 kV). “A causa della posizione distruttiva della parte azera, al momento non è possibile effettuare un sopralluogo e organizzare lavori di ripristino di emergenza nell’area menzionata, quindi è stata presa la decisione di fornire elettricità alla Repubblica attraverso centrali elettriche locali con le opportune restrizioni. Sulla base della situazione attuale, dal 10 gennaio nella Repubblica sono in corso di attuazione interruzioni, di cui è possibile informarsi regolarmente sul sito web del CJSC “Artsakhenergo” (artsakhenergo.am) e sulla pagina Facebook, nonché dagli annunci della televisione pubblica e della radio. Per evitare possibili ulteriori interruzioni, si prega di utilizzare l’elettricità il più parsimoniosamente possibile”, si legge nel messaggio.

«Questo gatto si presentava ogni giorno al negozio di Stepanakert. Veniva trattava bene dai dipendenti e l’hanno nutrito. Ma il negozio restava chiuso per mancanza di merce. Il gatto rimase a lungo davanti alla porta chiusa, sperando in un miracolo, poi se ne andò» (Vahe Balbabyan).

Il Portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Stefan Dujarric ha dichiarato: “Il Segretario Generale ha espresso le sue preoccupazioni per la situazione attuale nella sua dichiarazione del 14 dicembre 2022. Queste preoccupazioni sono state sollevate anche dal Segretario Generale durante la sessione straordinaria del Consiglio di Sicurezza convocata su richiesta dell’Armenia il 20 dicembre 2022. Il Segretario Generale ribadisce i suoi appelli a ridurre la tensione e garantire un movimento libero e sicuro attraverso il Corridoio di Lachin, in conformità con gli accordi raggiunti in precedenza, esprime il suo sostegno agli sforzi di mediazione”, ha detto Duzharik in risposta alla domanda di Armenpress. “Gli uffici di rappresentanza delle Nazioni Unite in Armenia e Azerbajgian continuano a mantenere aperti i contatti con le autorità e le organizzazioni internazionali sul campo e sono pronti a rispondere se c’è una domanda e le condizioni lo consentono”, ha affermato il Portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Esprimere “preoccupazioni” è meno che sufficiente, per il dittatore Aliyev è una barzelletta.

Oggi, 10 gennaio, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha avuto una conversazione telefonica con il Presidente in carico dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), il Ministro degli Esteri della Macedonia del Nord, Buyar Osmani. Congratulandosi con il suo collega per aver assunto la Presidenza dell’OSCE, Mirzoyan ha espresso la sua disponibilità a cooperare attivamente alla tutela e alla promozione dei principi fondamentali dell’organizzazione. “Durante la conversazione telefonica, sono state toccate una serie di questioni dell’agenda di sicurezza regionale. Il Ministro Mirzoyan ha richiamato l’attenzione dell’interlocutore sulla crisi umanitaria causata dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. È stato sottolineato che le azioni dell’Azerbajgian sono una grave violazione della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, nonché del diritto umanitario internazionale. Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia ha sottolineato che i passi dell’Azerbajgian mirano a sottoporre alla pulizia etnica 120.000 Armeni del Nagorno Karabakh”, si legge nel comunicato del Ministero degli Esteri armeno. Nel contesto della prevenzione del disastro umanitario nel Nagorno-Karabakh, Mirzoyan ha sottolineato la necessità che le strutture regionali e internazionali competenti, compresa l’OSCE, adottino misure specifiche.

L’agenzia di stampa iraniana IRNA riferisce che il Presidente del Parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, ha ribadito durante l’incontro del 9 gennaio 2023 con il Presidente del Parlamento azero Sahiba Gafarova e il Presidente del Parlamento turco Mustafa Shentop che Teheran non consentirà cambiamenti di confine nella regione del Caucaso. “Possiamo intrattenere buoni rapporti reciproci a livello regionale e globale, e più i Paesi della regione sono vicini, meglio è per la regione. Non dovremmo permettere a Paesi non regionali di interferire in questo settore. Non accetteremo cambiamenti geopolitici al confine [nella regione del Caucaso]”, ha sottolineato Ghalibaf.

Il Ministro della Difesa turco: “La Turchia continua i suoi sforzi per contribuire alla pace e alla stabilità come un Paese che fornisce sicurezza in un’ampia area che va dal Medio Oriente ai Balcani, dall’Africa al Caucaso”. Quello che dice la Turchia e quello che fa la Turchia sono due cose molto diverse. La Turchia non è affidabile. La Turchia ha contribuito in modo decisivo nella guerra dei 44 giorni del 2020 scatenata dall’Azerbajgian contro l’Artsakh e ha inviato aiuti militari e mercenari siriani. La Turchia sostiene in modo inequivocabile l’Azerbajgian nel blocco del Nagorno-Karabakh.

L’Armenia considera prioritaria la questione della sicurezza e dei diritti degli Armeni del Nagorno Karabakh. L’Armenia sosterrà la decisione del popolo del Nagorno-Karabakh in merito alla risoluzione del problema del Nagorno-Karabakh con tutti i mezzi possibili, ha dichiarato ill Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, in una conferenza stampa tenutasi oggi 10 gennaio a Yerevan.

Rispondendo alla domanda su quale sia la posizione ufficiale di Yerevan riguardo allo status del Nagorno Karabakh, ha dichiarato: “Consideriamo prioritario il problema di garantire la sicurezza e i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh e riteniamo importante che il popolo del Nagorno-Karabakh sia il soggetto che parlerà di tutti questi argomenti. Devono prendere le decisioni e noi li sosterremo con tutti i mezzi a nostra disposizione. Oggi forniamo aiuti umanitari e finanziari, sosteniamo con tutto ciò che possiamo. Questa è la nostra posizione”.

Secondo Pashinyan, uno dei problemi che ha avuto un impatto significativo sugli eventi successivi è che l’Armenia ha escluso i rappresentanti del Nagorno-Karabakh dal processo negoziale e ha preso una decisione al loro posto. “No, non possiamo decidere per loro. Dovremmo occuparci delle questioni delle relazioni con l’Armenia, i rappresentanti del Nagorno-Karabakh dovrebbero occuparsi della questione del Nagorno-Karabakh e dovremmo sostenerli”, ha concluso Pashinyan.

Rispondendo alla domanda se ci siano questioni sul tavolo su cui le autorità dell’Armenia e dell’Artsakh hanno posizioni diverse, Pashinyan ha affermato: “Non ci sono domande del genere, almeno, secondo la mia impressione, perché siamo in costante comunicazione, e al momento non ho una domanda del genere nella mia agenda”.

Pashinyan ha dichiarato che rifiuterà di firmare un trattato di pace con l’Azerbajgian se quel testo non corrisponde agli interessi statali dell’Armenia. Ha confermato ancora una volta che l’Armenia è pronta a firmare un trattato di pace se corrisponde agli interessi dell’Armenia. “Se c’è un documento sul tavolo che firmeremo, non sarà una cattiva notizia, ma una buona notizia, perché significa che finalmente siamo riusciti a raggiungere un punto in cui crediamo che gli interessi della Repubblica di Armenia siano protetti. Ora il problema non è solo il contenuto sulla carta, ma il meccanismo di attuazione di tale contenuto. Abbiamo un documento firmato il 9 novembre 2020, ma il fatto è che oggi non viene attuato”, ha affermato Pashinyan. Ha osservato che è possibile firmare un accordo, ma se non ci sono meccanismi per l’attuazione delle sue disposizioni, potrebbe verificarsi una nuova escalation militare immediatamente dopo la firma. “Il testo non sarà perfetto, capiamolo tutti fin dall’inizio, ma può corrispondere agli equilibrati interessi della Repubblica di Armenia. Ma se non ci sono meccanismi per l’applicazione e l’attuazione di quel documento, possiamo firmare un documento chiamato “accordo di pace” e una settimana dopo ottenere una nuova guerra o una nuova escalation”, ha affermato il Primo Ministro dell’Armenia.

Nella conferenza stampa di oggi, Pashinyan, ha dichiarato inoltre, che ha rifiutato di condurre quest’anno esercitazioni militari congiunte delle truppe di mantenimento della pace dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva in Armenia, perché l’Armenia non considera l’esercitazione militare appropriata nella situazione attuale. Il Ministro della Difesa della Repubblica di Armenia ha informato per iscritto il quartier generale congiunto dell’OTSC del rifiuto. “Il Ministro della Difesa della Repubblica di Armenia ha già informato per iscritto il quartier generale congiunto dell’OTSC che non riteniamo opportuno condurre tali esercitazioni militari nella Repubblica di Armenia in questa situazione. E quelle esercitazioni militari non avranno luogo nella Repubblica di Armenia, almeno quest’anno”, ha detto Pashinyan. In precedenza, il Ministero della Difesa della Federazione Russa aveva annunciato che l’esercitazione militare congiunta “Fratellanza Indistruttibile-2023” delle truppe di mantenimento della pace dell’OTSC si sarebbe tenuta sul territorio dell’Armenia.

L’Armenia ha ritenuto “inappropriato” tenere esercitazioni dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’alleanza militare guidata dalla Russia, nel Paese, mentre è in corso il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), con la frustrazione crescente per l’inerzia di Mosca sul Nagorno-Karabakh.

Armenia: Mosca, su rifiuto esercitazioni ci sarà chiarimento = (AGI/INTERFAX) – Mosca, 10 gen. – La decisione armena di non ospitare nel 2023 le esercitazioni militari dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) sarà chiarita. Lo ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ricordando che Erevan è “uno stretto partner” della Russia e Mosca “porterà avanti il dialogo, anche su questioni che sembrano abbastanza complicate oggi”. (AGI) Sca 101152 GEN 23 NNNN

La Russia chiarirà la dichiarazione sul rifiuto di Yerevan di condurre esercitazioni militari dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva nel territorio dell’Armenia nel 2023. Lo riporta l’agenzia russa Ria Novosti, citando le parole di Dmitry Peskov, addetto stampa del presidente russo. “Questa è una dichiarazione abbastanza nuova da parte del Primo Ministro dell’Armenia. Penso che i partner della OTSC si metteranno in contatto e chiariranno i dettagli della posizione dell’Armenia. In ogni caso, l’Armenia è un nostro strettissimo alleato. Continueremo il dialogo, anche sulle questioni che ora sono molto complicate”, ha affermato Peskov, commentando la dichiarazione del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan.

Nessuna pace è possibile con zero fiducia
di Benyamin Poghosyan [*]
Commonspace.eu, 9 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il 12 dicembre 2022, l’Azerbajgian ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica via che collega l’autoproclamata Repubblica di Nagorno Karabakh con il mondo esterno. Il Corridoio è bloccato da “eco-attivisti”, che inizialmente hanno chiesto l’accesso delle istituzioni statali azere competenti per monitorare la miniera di rame-molibdeno nel Nagorno-Karabakh. Hanno sostenuto che le autorità del Nagorno-Karabakh non rispettavano gli standard internazionali. Tuttavia, molto presto, l’elenco delle richieste ha iniziato ad aumentare: le dimissioni del nuovo Ministro di Stato dell’autoproclamata Repubblica di Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, e l’istituzione di un posto di frontiera azero nel Corridoio di Lachin sono state tra le nuove richieste aggiunte. Chiunque abbia almeno una conoscenza di base del conflitto del Nagorno-Karabakh e ne abbia seguito gli sviluppi dalla fine della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, non ha dubbi sul fatto che quanto sta accadendo nel Corridoio di Lachin da quasi un mese sia legati alla geopolitica, piuttosto che alle benevole preoccupazioni ambientali.

Ci sono molte spiegazioni sul motivo per cui l’Azerbajgian ha deciso di chiudere il Corridoio e perché ha pensato che il dicembre 2022 fosse il momento migliore per farlo. Molti esperti armeni sono sicuri che l’obiettivo strategico dell’Azerbajgian sia cacciare quanti più Armeni possibile dal Nagorno-Karabakh. Imporre il blocco e innescare una crisi umanitaria è una delle opzioni per inviare un messaggio chiaro agli Armeni che vivono lì, che non hanno futuro nel Nagorno-Karabakh. Altri esperti affermano che l’obiettivo strategico dell’Azerbajgian è costringere l’Armenia a firmare un accordo di pace con l’Azerbajgian alle condizioni di Baku, inclusa la creazione del cosiddetto “Corridoio di Zangezur”. Secondo questa logica, chiudendo il Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha inviato un messaggio all’Armenia: o ci saranno due Corridoi con modalità di funzionamento simili, o non ci sarà alcun Corridoio.

Alcuni nel governo armeno affermano che la Russia è coinvolta nella chiusura del Corridoio di Lachin, e così facendo il Cremlino cerca di costringere l’Armenia ad aderire allo Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia. Il Primo ministro Pashinyan non ha accusato la Russia di aver chiuso il Corridoio di Lachin. Tuttavia, secondo la dichiarazione trilaterale del 10 novembre 2020, ha sostenuto che il controllo del Corridoio di Lachin era responsabilità diretta della Russia. Pertanto, il Primo Ministro ha ripetutamente invitato la Russia ad adempiere ai propri obblighi e a rivolgersi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per fornire un mandato internazionale alle forze di mantenimento della pace russe. Secondo il suo altro suggerimento alla Russia, il Cremlino dovrebbe rivolgersi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per inviare una missione internazionale di mantenimento della pace in Karabakh.

Alcuni esperti russi ritengono che l’obiettivo strategico della chiusura del Corridoio di Lachin non sia affatto il Nagorno-Karabakh. Secondo questa narrazione, il blocco è una provocazione per innescare una risposta russa e istigare scontri tra forze di mantenimento della pace russe e manifestanti azerbajgiani, che inevitabilmente minerebbero le relazioni Russia-Turchia. Pertanto, l’obiettivo principale di questa azione è innescare tensioni tra Mosca e Ankara o addirittura rovinare i collegamenti Russia-Turchia, distruggere l’intesa tra Ankara e Mosca sull’utilizzo del territorio e delle istituzioni finanziarie della Turchia per l’importazione e l’esportazione dalla Russia, la creazione di un hub del gas, e la facilitazione del dialogo Turchia-Siria mediato dalla Russia. Gli esperti russi sostengono che i veri beneficiari di tali sviluppi sarebbero gli Stati Uniti e il Regno Unito, quindi ritengono che la chiusura del Corridoio di Lachin sia una cospirazione geopolitica globale, in cui l’Azerbajgian è una pedina nelle mani dell’Occidente. In questo scenario, la sofferenza degli Armeni del Nagorno Karabakh è un danno collaterale.

Potremmo continuare l’elenco delle spiegazioni su chi ha deciso di chiudere il Corridoio di Lachin e perché e come. Tuttavia, un risultato è già qui, indipendentemente da quali siano i veri motivi dietro le azioni dell’Azerbajgian. Mentre gli Armeni nell’autoproclamata Repubblica di Nagorno Karabakh affrontano la carenza di cibo, benzina, medicine e altri generi di prima necessità e sono costretti a chiudere le scuole materne, le speranze di dialogo e costruzione della fiducia tra Armeni e Azeri stanno rapidamente diminuendo.

La guerra del 2020 ha inferto un duro colpo alle attività di costruzione della fiducia e della pace tra le parti. Tuttavia, principalmente grazie agli sforzi mirati dell’Unione Europea, nel 2021 sono state lanciate diverse iniziative volte a rafforzare la fiducia e a favorire il dialogo. Azioni sulla linea di contatto a marzo e all’inizio di agosto 2022 e l’aggressione su larga scala dell’Azerbajgian contro l’Armenia nel settembre 2022 hanno creato ostacoli significativi a queste attività. Tuttavia, grazie agli sforzi di tutte le parti, il processo non è morto. Tuttavia, i passi evidenti per affamare la popolazione dell’autoproclamata Repubblica di Nagorno Karabakh potrebbero essere l’ultimo chiodo nella bara dei programmi e delle attività di rafforzamento della fiducia e del dialogo. Dalla fine della prima guerra del Karabakh nel maggio 1994, uno dei principali ostacoli alla riuscita risoluzione pacifica del conflitto è stata la mancanza di fiducia tra le parti. La comunità internazionale, in particolare l’Unione Europea, ha compiuto sforzi significativi per superare questo ostacolo avviando progetti per creare un minimo di fiducia tra Armeni e Azeri.

Tuttavia, se una parte del conflitto, indipendentemente dai motivi e dalle spiegazioni, agisce per affamare la popolazione civile dell’altra parte, la fiducia non raggiungerà solo il livello zero; potrebbe andare oltre lo zero. Pertanto, tutti gli attori esterni, che sono stati coinvolti nel complicato compito di creare un po’ di fiducia tra Armeni e Azeri, dovrebbero esprimere chiaramente la loro posizione: il blocco del Corridoio di Lachin dovrebbe essere immediatamente terminato. Allo stesso tempo, i negoziati dovrebbero continuare per affrontare qualsiasi preoccupazione dell’Azerbajgian senza violare la dichiarazione trilaterale del 10 novembre 2020.

[*] Benyamin Poghosyan è il Fondatore-Presidente del Centro per gli studi strategici politici ed economici a Yerevan.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

“L’Armenia e l’Artsakh stanno affrontando una minaccia esistenziale” (Il Foglio 09.01.23)

Per Tigrane Yégavian, esperto di geopolitica, l’Azerbaijan e il suo alleato turco vogliono disintegrare lo stato armeno. Scrive il Figaro (30/12)

Le Figaro – Il blocco da parte degli azeri del corridoio stradale che lega l’Artsakh/Nagorno Karabakh e l’Armenia ha mostrato che il conflitto, congelato dal 2020, non era risolto. Cosa vogliono rispettivamente gli azeri e gli armeni dell’Artsakh?

Tigrane Yégavian – La priorità degli azeri è mettere fine alla presenza armena nell’Artsakh. Il blocco del corridoio di Lachin e l’interruzione provvisoria delle forniture di gas puntano a spingere gli abitanti dell’Artsakh ad abbandonare quelle terre, e, di riflesso, a porre fine alla presenza russa, il cui mandato si giustifica con il mantenimento di una presenza armena su quel territorio. Baku non è soddisfatta della situazione ereditata dal cessate-il-fuoco del novembre 2020, perché i due obiettivi non sono stati raggiunti. L’Artsakh non è ancora stato annientato e l’Armenia si rifiuta di cedere un corridoio extraterritoriale transitante dalla città di Meghri, che porterebbe a compimento la giunzione panturchista tra l’Azerbaijan, la sua enclave del Nakhchivan e per estensione la Turchia. Il Nagorno-Karabakh è stato certamente oggetto di una grande erosione (2900 chilometri quadrati circa), ma si mantiene ancora attorno all’asse Stepanakert-Martakert. Inoltre, la maggior parte delle popolazioni che si sono mosse in Armenia durante la guerra è ritornata nell’Artsakh provocando un boom di costruzioni di nuovi edifici. Esiste ancora un governo del Nagorno-Karabakh dallo statuto incerto, ma di fatto sotto protettorato russo, presenza che gli azeri considerano come una forza di occupazione. Infine gli azeri approfittano del nuovo rapporto di forza che è a loro favorevole e dell’indebolimento della Russia per costringere l’Armenia a cedere questo famoso corridoio nel sud. Dal canto loro, gli armeni dell’Artsakh non hanno rinunciato al loro sogno di essere un giorno riunificati alla madre patria: ma la loro principale battaglia resta quella del diritto all’esistenza su una terra in cui abitano senza discontinuità da tremila anni a questa parte. Con il blocco del corridoio di Lachin, il regime di Aliyev esercita una forma di terrorismo di stato e testa nuovamente la comunità internazionale stabilendo un parallelo con il corridoio di Meghri, come se il Nakhchivan collegato alla Turchia via terra e all’Azerbaijan per via aerea (attraverso lo spazio aereo armeno!) fosse nella stessa situazione dell’Artsakh. Ilham Aliyev non ha paura del ridicolo mandando un contingente di sicari travestiti da attivisti per l’ambiente quando sappiamo che la società azera non ha praticamente più i mezzi per farsi sentire. E che dire dei danni ambientali causati dagli incendi delle foreste del Nagorno-Karabakh causati dai bombardamenti al fosforo bianco nel corso dell’ultima guerra del 2020?

Lei ha detto a più riprese che non è solo l’Artsakh a essere minacciato, ma anche l’Armenia. Non è un po’ esagerato? Pensa veramente che l’Armenia possa “sparire”?

Se tiene conto dei numeri ridotti delle loro popolazioni, l’Armenia e l’Artsakh stanno già affrontando una minaccia esistenziale. Gli eventi avvenuti dal 2020 ad oggi sono lì per ricordare che il genocidio del 1915 continua a fuoco lento, seguendo modus operandi diversi: ingegneria demografica, blocco energetico, atti terroristici, provocazioni quotidiane… l’Azerbaijan e il suo alleato turco fanno di tutto per mettere fine alla presenza armena nell’Artsakh, che alcuni considerano come lo scudo dell’Armenia. La vasta offensiva militare scatenata da Baku lo scorso settembre ha dimostrato che senza il Nagorno-Karabakh, l’Armenia è priva di profondità strategica e incapace di difendere le sue frontiere seghettate, ereditate dalle erosioni avvenute sotto Stalin. La stretta striscia montagnosa del Syunik è troppo vulnerabile e sottomessa a provocazioni quotidiane. La sua popolazione è conosciuta per la sua tenacia e per il suo carattere indomito, non cede al panico, ma si sente abbandonata da tutti. Se i giovani del Syunik se ne andassero, ci sarebbero delle forti probabilità che l’Armenia venga tagliata fuori dall’Iran e totalmente asfissiata.

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Tabriz, riti religiosi nella chiesa di Santa Maria (Ilfarosulmondo 09.01.23)

L’anniversario della nascita di Gesù Cristo è stato celebrato con una cerimonia alla presenza di cristiani iraniani nella chiesa di Santa Maria di Tabriz.

La chiesa di Santa Maria, la chiesa della Santa Madre di Dio o la chiesa di Surp Mariam Asdvadzadzin è una chiesa apostolica armena a Tabriz, nella provincia dell’Azarbaijan orientale, in Iran, completata nel 1785.

È la più grande e antica chiesa cristiana di Tabriz e un importante centro per le cerimonie nazionali e religiose armene tenute dalla comunità armena di Tabriz.

NAGORNO KARABAKH. LA COMUNITÀ ARMENA DI ROMA SCIVE A VON DER LEYEN (Notizie Geopolitiche 09.01.23)

Approfittando della sua visita romana lunedì 9 gennaio, il Consiglio per la comunità armena di Roma ha indirizzato alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, una lettera aperta nella quale viene sottolineata la grave crisi umanitaria in atto nel Nagorno Karabakh (Artsakh).
L’enclave armena dal 12 dicembre scorso è di fatto isolata dall’Armenia e quindi dal resto del mondo a causa del blocco imposto dall’Azerbaigian sull’unica strada di collegamento attraverso il corridoio di Lachin. 120.000 armeni da quasi un mese non ricevono più cibo, medicine e approvvigionamenti.
“Qualche mese fa nel corso della sua visita a Baku, – si legge nel testo della lettera – Lei ha definito l’Azerbaigian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese.
La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione europea stessa.”
Il Consiglio chiede alla presidente von der Leyen la necessaria attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale.

Illustre presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen,
dal momento che oggi si trova in visita a Roma cogliamo l’occasione per scriverle questa lettera aperta.
Come forse Lei saprà, dal 12 dicembre l’Azerbaigian ha isolato l’enclave armena del Nagorno Karabakh (Artsakh) bloccando l’unica strada che collega questa regione all’Armenia.
Lo ha fatto con ridicoli pretesti e in violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020, susseguente alla guerra scatenata dall’Azerbaigian.
Da quasi un mese, 120.000 armeni sono tagliati fuori dal resto del mondo. Cibo e medicine sono in esaurimento, le operazioni chirurgiche sono sospese e solo pochi gravi malati possono essere trasferiti in Armenia con convogli della Croce Rossa Internazionale.
Una crisi umanitaria è in atto nella quasi indifferenza dei più.
Qualche mese fa, nel corso della sua visita a Baku, Lei ha definito l’Azerbaigian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese.
La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione europea stessa.
Ci aspettiamo dunque, presidente Von der Leyen, che vorrà quanto prima dedicare attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale e spendere qualche parola per il popolo armeno del Nagorno Karabakh che ancora una volta si trova ad affrontare giorni difficili causati da un odio etnico che il “partner affidabile” ha eretto a fondamento del proprio regime.
Siamo certi che il compianto presidente David Sassoli avrebbe condiviso il nostro pensiero
.

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Nagorno-Karabakh: la comunità armena di Roma alla presidente von der Leyen, “vittime di odio etnico da ‘partner affidabile’ dell’Ue” (SIR 09.01.23)

Nagorno-Karabakh: gli armeni chiedono la riapertura del corridoio di Lachin (Asianews 09.01.23)

È l’unica arteria di trasporto che riunisce l’Armenia e l’enclave filo-armena in territorio azero. Baku sostiene che il blocco è portato avanti da gruppi ecologisti. Erevan invoca l’intervento delle truppe di pace russe. Gli armeni si rivolgono alla corte internazionale dell’Onu.

Mosca (AsiaNews) – Il primo ministro armeno Nikol Pašinyan ha dichiarato che la prosecuzione del blocco del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian rende indispensabile l’istituzione di una missione internazionale di indagine. Il passaggio è l’unica arteria di trasporto che riunisce l’Armenia e la repubblica non riconosciuta del Nagorno-Karabakh, enclave filo-armena in territorio azero.

Il blocco dura ormai da quasi un mese e da Baku non giunge alcun segnale di allentamento della presa, come ha osservato Pašinyan. Per questo gli armeni si attendono “passi più concreti e specifici” da parte della comunità internazionale, soprattutto dalla Russia, che si è assunta l’impegno di controllare i trasporti lungo il corridoio con proprie forze di pace. Si tratta di uno dei punti dell’accordo trilaterale firmato il 9 novembre 2020 dai leader di Armenia, Russia e Azerbaigian, e confermato l’11 gennaio e il 26 novembre 2021, e ulteriormente precisato nell’incontro quadrilaterale di Praga del 6 ottobre 2022.

A fine dicembre l’Armenia si è addirittura rivolta al tribunale internazionale dell’Onu, per imporre lo sblocco del varco all’Azerbaigian. Nell’appello si sottolinea che in Nagorno-Karabakh vivono circa 120mila persone di etnia armena, ai quali mancano provviste e medicine indispensabili. La richiesta riguarda l’applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, come hanno confermato dallo stesso tribunale.

Secondo la versione ufficiale degli azeri, dal 12 dicembre la strada verso il Nagorno-Karabakh è bloccata per “azioni di protesta degli attivisti ecologici, che intervengono contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali”. Essi chiedono di potersi recare alla miniera d’oro di Gyzylbulag, e a quella di rame e molibdeno di Demirl, dove secondo loro gli armeni compiono estrazioni illegali. Erevan insiste sulla situazione umanitaria sempre più drammatica della popolazione locale, a causa delle azioni organizzate da Baku.

Il 27 dicembre il presidente russo Putin ha discusso a San Pietroburgo della questione di Lachin con Pašinyan, dopo le accuse di mancata osservanza dell’impegno di controllo da parte della Russia. Il Cremlino ha ribadito che le forze di pace possono agire per risolvere la situazione, ma solo nel caso che entrambe le parti siano d’accordo, e comunque Mosca “è seriamente preoccupata” per la piega che ha preso la vicenda.

 

Il ministro russo della Difesa Šojgu conferma di essere in continuo contatto con armeni e azeri sul terreno, cercando di riaprire il passaggio ai mezzi di trasporto, ciò che in realtà si è verificato solo per alcune ambulanze e due-tre camion sulla strada tra Stepanakert e Goris.

Il presidente della Commissione affari esteri dell’Assemblea nazionale del Nagorno-Karabakh, Vagram Balayan, spiega che gli azeri continuano ad avanzare pretese massimaliste, senza concedere alcuna forma di compromesso. Non volendo riconoscere “l’esistenza del Nagorno-Karabakh e del popolo dell’Artsakh”, da Baku giungono continue imposizioni ai rappresentanti della repubblica separatista, ma “noi possiamo discutere con loro soltanto su un piano di pari dignità”, afferma Balayan: “Gli azeri in realtà non vogliono alcuna trattativa, vogliono soltanto farci scomparire dalla storia”. I contatti con l’Azerbaigian, anche se non in maniera ufficiale, sono affidati al segretario del Consiglio di sicurezza di Stepanakert, Vitalij Balasanyan.

Gli armeni del Karabakh insistono che le pretese “ecologiche” sullo sfruttamento delle miniere sono del tutto artificiose, visto che si tratta di imprese private e non di proprietà né degli azeri né degli armeni. Come assicura Balayan, “a bloccare la strada non sono attivisti o studenti, è un’azione organizzata direttamente dalla dirigenza di Baku”, che riaprirà il corridoio che gli azeri chiamano “di Zangezur” soltanto quando tutti gli armeni della zona saranno evacuati o deportati.

L’Azerbaigian considera l’appello all’Onu come “l’ennesima provocazione dell’Armenia contro l’integrità territoriale del nostro Paese”. Da Erevan si chiede però che almeno venga permessa una missione umanitaria sotto l’egida delle Nazioni Unite, in attesa che la questione venga chiarita ai massimi livelli.

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Ventinovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Mancano cibo, medicinali e corrente che va e viene in Artsakh, con le temperature sotto zero (Korazym 09.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento al blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. La bandiera russa continua a sventolare con le forze di mantenimento della pace russe che presidiano le postazioni nel Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.
Ricordiamo, che le uniche merci che arrivano attraverso il blocco, vengono portate con i camion del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa, ovviamente non in quantità necessaria.

PapaFrancesco oggi ai diplomatici: no al totalitarismo ideologico delle organizzazioni internazionali e la necessità di una riforma delle Nazioni Unite.

Come le immagini diffuse dai media statali dell’Azerbajgian dimostrano, le forze armate azere e russe continuano ad affrontarsi al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e la #StradaDellaVita dell’Arsakh rimane chiusa.

Ricordiamo, che fin dall’inizio del blocco azero del Nagorno-Karabakh giunto al 29° giorno, l’esercito e la polizia dell’Azerbajgian sono stati accanto agli “eco-attivisti”, che in pratica sono militari azeri che si travestono da manifestanti civili (con l’aggiunto di dipendenti di ONG, in realtà organizzazione statali azeri che vengo portati con degli autobus da Baku) e cantano “il miglior soldato è quello azero” ai numerosi soldati in uniforme presenti alla “manifestazione” che da 29 giorni blocca il Corridoio di Berdzor (Lachin), intrappolando 120mila persone nel Nagorno-Karabakh.

Ormai è chiaro anche per le pietre, che il blocco azero del Corridoio di Berdzor (Lachin) non è una questione ambientale condotta da civili. Invece è un un’operazione condotta dai militari azeri in un tentativo di pulizia etnica dei 120.000 Armeni dell’Artsakh e impossessarsi delle miniere.

In un rapporto del 2016, basato su documenti trapelati da uno studio legale panamense, si afferma che le figlie del Presidente azero, Ilham Aliyev, detengono una quota significativamente maggiore di quanto precedentemente noto in un consorzio che ha lavorato insieme al governo per sviluppare una redditizia miniera d’oro. Il 3 aprile 2016, una rete internazionale di giornalisti ha pubblicato una serie di servizi basati su documenti relativi a circa 214.000 società offshore create dallo studio legale panamense Mossack Fonseca. In un altro rapporto pubblicato il 4 aprile 2016, l’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project) con sede a Sarajevo afferma che i documenti mostrano che le figlie di Aliyev, Leyla e Arzu, controllano una quota del 56% nel consorzio per sviluppare il giacimento aurifero di Chovdar, che a un certo punto si stimava che detenesse riserve per un valore fino a 2,5 miliardi di dollari. Questo è considerevolmente maggiore della quota dell’11% detenuta dalle due donne che il servizio azero di RFE/RL e l’OCCRP hanno documentato in un’indagine congiunta del 2012. La coautrice di quel rapporto era la giornalista investigativa azera e collaboratrice di RFE/RL Khadija Ismayilova (allora in prigione con l’accusa di appropriazione indebita ed evasione fiscale, ampiamente ritenuta una punizione per i suoi rapporti sulla corruzione che coinvolgono alti funzionari governativi dell’Azerbajgian). Ismayilova è accreditata come coautrice nel rapporto OCCRP del 4 aprile basato sui documenti trapelati dallo studio legale panamense. Gli Aliyev non hanno risposto alle ripetute richieste di commento, afferma l’OCCRP nel rapporto. I critici di Aliyev lo hanno a lungo accusato di aver utilizzato le risorse dello Stato per arricchire se stesso e la sua famiglia, accuse che il Presidente dell’Azerbajgian ha respinto. Ma i documenti panamensi trapelati hanno aggiunto un quadro più ampio dell’accesso della sua famiglia a lucrosi accordi statali. In due decreti del 2007, il governo azero ha assegnato il diritto di sviluppare il giacimento di Chovdar e altri cinque siti a un consorzio denominato Azerbaijan International Mineral Resources Operating Company, Ltd. (AIMROC). L’AIMROC, costituita con decreto presidenziale l’anno precedente, controllava una quota del 70% nelle miniere, mentre il governo ne controllava il 30%. Stabilire le identità dei beneficiari finali di AIMROC si è da tempo dimostrato difficile, data la natura segreta delle società offshore dietro il consorzio. L’indagine del 2012 del servizio azero di RFE/RL e dell’OCCRP ha rilevato che Leyla e Arzu Aliyeva erano elencate come top manager in tre aziende panamensi che possiedono Globex International con sede nel Regno Unito, che detiene una quota dell’11% in AIMROC. Le altre tre società nella joint venture AIMROC sono oscure entità offshore chiamate Londex Resources, SA, Willy and Meyris SA e Fargate Mining Corporation. Fino alla fuga dei documenti dello studio legale panamense, i veri proprietari di queste società erano rimasti un mistero. Ma secondo i registri, le figlie di Aliyev controllano Londex Resources, che detiene una partecipazione del 45% in AIMROC, ha affermato l’OCCRP nel suo rapporto del 4 aprile 2016. Ciò pone il controllo delle due donne sul consorzio al 56%, conclude l’OCCRP.

Il video QUI.

Decine di famiglie sono divisi tra Artsakh e Armenia a causa del #ArtsakhBlockade. Oggi le madri di famiglie separate hanno tenuto una manifestazione davanti all’ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Artsakh a Yerevan, chiedendo alla Croce Rossa di trasferire i bambini bloccati dall’altra parte del blocco, oltre a portare latte artificiale e medicine.

All’aeroporto di Stepanakert, dimostranti davanti al comando delle forze di mantenimento della pace russe chiedono l’apertura della #StradaDellaVita.

Sono necessari sforzi immediati per far funzionare l’aeroporto di Stepanakert per trasportare con un ponte aereo gli aiuti umanitari di emergenza a Stepanakert, ha affermato in una nota il Consiglio di Fondo Hayastan. “Il blocco completo del popolo del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian, iniziato il 12 dicembre 2022, in grave violazione del regime stabilito per il Corridoio di Lachin nella Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020, e chiudendo la strada della vita che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo, rappresenta una seria minaccia esistenziale per circa 120.000 Armeni che vi abitano. In tal modo, l’Azerbajgian sta almeno creando le condizioni per lo sfollamento forzato, conducendo così una chiara politica di pulizia etnica”, ha affermato il Fondo Hayastan. “La popolazione del Nagorno-Karabakh rimane ostaggio nelle mani di un Paese che, nonostante la sua aspirazione ad essere più vicino all’Europa, attraverso tali azioni sta violentemente violando e trascurando i valori universali della civiltà”, ha aggiunto. “Il prolungato blocco del Corridoio di Lachin ha portato a una crescente crisi umanitaria che può trasformarsi in una catastrofe umanitaria. La carenza di beni di prima necessità, cibo e medicinali è diventata tangibile. In effetti, l’intera popolazione del Nagorno-Karabakh è stata privata del diritto alla libertà di movimento; migliaia di persone, compresi i bambini, sono bloccate durante i freddi mesi invernali e molte famiglie sono state divisi, trovandosi su lati opposti del blocco”, si legge nella dichiarazione. “L’Azerbajgian deve interrompere immediatamente il blocco del Corridoio di Lachin e, in linea con i suoi impegni, garantire la libera circolazione dei residenti del Nagorno-Karabakh e mettere in sicurezza il traffico di veicoli e merci lungo questa ancora di salvezza”, ha sottolineato il Fondo Hayastan. Ha esortato tutta l’umanità avanzata e le rispettive organizzazioni internazionali a compiere ogni sforzo per prevenire un potenziale nuovo genocidio e per difendere tutti i diritti fondamentali della popolazione del Nagorno-Karabakh. Il Fondo Hayastan ha anche esortato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, altre organizzazioni internazionali e gli stati interessati a compiere sforzi immediati per gestire l’aeroporto di Stepanakert e mettere in atto garanzie per la fornitura di aiuti umanitari di emergenza alla popolazione del Nagorno-Karabakh per via aerea. “Ribadiamo il continuo impegno del Fondo Hayastan per la sua missione, che è interamente basata su valori universali e principi umanitari”, ha affermato il Consiglio della fondazione.

Secolo diverso, stesso crimine: fame uguale genocidio. Gli Azeri vogliono far morire di fame gli Armeni dell’Artsakh nel 2023, ancora una volta. Le potenze mondiali sono complici, ancora una volta. Guardando con indifferenza (a parte le parole di circostanza), ancora una volta. Come nel 1915.

Dei media statali dell’Azerbajgian hanno pubblicato il filmato di un pastore armeno smarrito, che è stato restituito ieri, 8 dicembre attraverso la mediazione del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa al posto di blocco dell’Azerbaigian. Le autorità della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh riferiscono che il mandriano, Toros Gazaryan, un residente di Chartar con problemi di salute, non era tornato dal pascolo del bestiame il 1° gennaio. Era stato attivato un gruppo di ricerca, ma non è stato possibile trovarlo. Alcuni ipotizzano – riferisce il Nagorno Karabakh Observer – che sia stato rapito e successivamente consegnato al posto di blocco nel Corridoio per scopi di pubbliche relazioni, poiché non vi è stata alcuna spiegazione dalla parte azera su dove è stato da quando è scomparso.

Lettera aperta del Consiglio per la Comunità Armena di Roma al Presidente della Commissione Europea

Approfittando della sua visita romana lunedì 9 gennaio 2022, il Consiglio per la Comunità Armena di Roma ha indirizzato a Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, una Lettera aperta nella quale viene sottolineata la grave crisi umanitaria in atto nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’enclave armena dal 12 dicembre scorso è di fatto isolata dall’Armenia e quindi dal resto del mondo a causa del blocco imposto dall’Azerbajgian sull’unica strada di collegamento attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). 120.000 Armeni da quasi un mese non ricevono più cibo, medicine e approvvigionamenti. «Qualche mese fa nel corso della sua visita a Baku, – si legge nel testo della Lettera aperta – Lei ha definito l’Azerbajgian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese. La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione Europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione Europea stessa». Il Consiglio chiede al Presidente della Commissione Europea la necessaria attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale.

Riportiamo di seguito il testo della Lettera aperta a Ursula von der Leyen:

«Illustre Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, dal momento che oggi si trova in visita a Roma cogliamo l’occasione per scriverle questa Lettera aperta.
Come forse Lei saprà, dal 12 dicembre l’Azerbajgian ha isolato l’enclave armena del Nagorno-Karabakh (Artsakh) bloccando l’unica strada che collega questa regione all’Armenia.
Lo ha fatto con ridicoli pretesti e in violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020, susseguente alla guerra scatenata dall’Azerbajgian.
Da quasi un mese, 120.000 Armeni sono tagliati fuori dal resto del mondo. Cibo e medicine sono in esaurimento, le operazioni chirurgiche sono sospese e solo pochi gravi malati possono essere trasferiti in Armenia con convogli della Croce Rossa Internazionale.
Una crisi umanitaria è in atto nella quasi indifferenza dei più.
Qualche mese fa, nel corso della sua visita a Baku, Lei ha definito l’Azerbajgian dell’autocrate Aliyev un “partner affidabile e degno di fiducia” nonostante le gravissime lacune in tema di rispetto dei diritti umani e della libertà di informazione di quel Paese.
La diversificazione delle scelte energetiche da parte dell’Unione Europea ha ovviamente la sua importanza strategica, tuttavia non crediamo che l’approvvigionamento del gas (azero?) debba far passare in secondo piano la difesa di principi e valori che sono elementi fondamentali dell’Unione Europea stessa.
Ci aspettiamo dunque, Presidente von der Leyen, che vorrà quanto prima dedicare attenzione a quanto sta accadendo nel Caucaso meridionale e spendere qualche parola per il popolo armeno del Nagorno-Karabakh che ancora una volta si trova ad affrontare giorni difficili causati da un odio etnico che il “partner affidabile” ha eretto a fondamento del proprio regime.
Siamo certi che il compianto Presidente David Sassoli avrebbe condiviso il nostro pensiero.
Cordiali saluti
Consiglio per la Comunità Armena di Roma».

Gli Stati Uniti hanno chiesto nuovamente l’immediata riapertura del collegamento terrestre dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia, bloccato dall’Azerbaigian da quasi un mese. “Gli Stati Uniti rimangono preoccupati che il Corridoio di Lachin sia stato bloccato per oltre tre settimane, creando una grave situazione umanitaria”, ha twittato Michael Carpenter, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la sede dell’OSCE a Vienna. “Ringraziamo [il Comitato Internazionale della Croce Rossa] per aver fornito un aiuto fondamentale durante questo periodo, ma chiediamo all’Azerbajgian e alla Russia di ripristinare immediatamente l’accesso”, ha affermato Carpenter. L’Ambasciata degli Stati Uniti a Yerevan ha aggiunto la sua voce oggi. Nei commenti scritti al servizio armeno di RFE/RL, ha ribadito le precedenti dichiarazioni del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti secondo cui il blocco azero “arresta il processo di pace e mina la fiducia internazionale”. Commentando la possibilità di aiuti umanitari statunitensi al Karabakh, l’Ambasciata ha affermato che l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) sta cercando di affrontare “i bisogni degli sfollati in Armenia”. Non ha approfondito. Il Capo dell’USAID, Samantha Power, ha parlato venerdì con il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan. Mirzoyan ha affermato che la comunità internazionale dovrebbe compiere “passi chiari” per riaprire il Corridoio di Lachin e prevenire una “catastrofe umanitaria” in Karabakh. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato la scorsa settimana che il Segretario di Stato, Antony Blinken, ha in programma di telefonare ai Ministri degli Esteri dell’Armenia e dell’Azerbajgian, Mirzoyan e Bayramov, “nei prossimi giorni”.

L’utente Twitter @ilongoni17, condividendo l’articolo de La Stampa del 6 gennaio 2023 “Nagorno Karabakh isolato dall’Azerbaigian: dramma umanitario per 120.000 persone a corto di viveri, medicinali, gas, acqua” (che abbiamo condiviso il 7 gennaio [QUI]), ha pubblicato una serie di post, che riportiamo di seguito:

«Approfitto dell’articolo per dire che la copertura fornita dalla stampa italiana sul blocco contro l’Artsakh è una vergogna assoluta: 120.000 persone, di cui 30.000 bambini, da quasi un mese sono senza rifornimenti di medicinali, viveri e quant’altro.
L’articolo de La Stampa è uno dei pochi che ne parlano e, per fortuna, non è stato pubblicato solo sul sito ma anche sulla pagina Twitter. Purtroppo, però, social che raggiungono più persone, come Facebook, non vengono utilizzati per supportare i diritti degli Armeni.
La Stampa non è l’unico giornale che ha pubblicato un articolo sul blocco dell’Artsakh destinandolo però solo al proprio sito, di norma avente meno impatto rispetto alla pubblicazione sui propri social. Anche L’Osservatore Romano, Avvenire, Il Messaggero e la Repubblica hanno pubblicato un articolo solo sul proprio sito. La domanda sorge spontanea: perché non dedicare un post su piattaforme più social al fine di far conoscere al grande pubblico l’enorme crisi umanitaria e l’ennesimo crimine di cui Aliyev si sta macchiando? Addirittura, tra i giornali sopracitati, solo La Stampa ha ripubblicato l’articolo su Twitter. Facebook invece, che di norma è un grande bacino di utenza per i quotidiani, totalmente ignorato.
Ci sono poi giornali che non si sono degnati neanche di scrivere un articolo per il proprio sito. Tra quelli visionati, Open, Corriere della Sera, Il Manifesto e Libero Quotidiano non hanno neanche un articolo leggibile online. Fatto abbastanza grave, considerando che la crisi va avanti da quasi un mese e che si parla di popolazione civile. E, piccola considerazione personale, non sono particolarmente sorpreso nel vedere il profondo sonno di questi giornali e di alcuni rinomati direttori.
La mia speranza è che il grande silenzio attorno all’Artsakh sia dato dall’ignoranza nostrana verso un territorio considerato lontano e di secondo piano come il Caucaso e che non sia dettato invece dalla vicinanza di Yerevan alla Russia e all’Iran. Perché, deprecabile o meno, per l’Armenia l’alleanza col Cremlino o con Teheran è data dalla mera sopravvivenza, visto che si ritrova circondata da Turchia e Azerbajgian. E tutti noi sappiamo della grande libertà d’azione che godono questi due Stati dinanzi all’Occidente. Basti ricordare il video circolato online intorno ad Ottobre 2022, all’interno del quale prigionieri di guerra armeni, catturati in seguito all’invasione azera dello scorso settembre (già dimenticata dal grande pubblico), vengono trucidati dai soldati di Baku: un chiaro crimine di guerra. E che reazione ha provocato quel video? Qualche sigh reaction su facebook, niente di più. L’Europa intera è fin troppo accomodante con l’Azerbajjan e ignora fin troppo l’Armenia e il suo popolo che, ricordiamo, è il progenitore della storia della cristianità continentale di cui molti partiti europei – e italiani – ad oggi si richiamano».

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Mkhitaryan: “Vi racconto come è nata la passione per Al Bano. Idolo calcistico? Mio padre” (Fcinternews 09.01.23)

E’ Henrikh Mkhitaryan il protagonista dell’ultima puntata di ‘Where are you from?’, il format prodotto da Inter Media House, in cui i giocatori nerazzurri raccontano i loro Paesi d’origine. Ecco le parole del centrocampista nerazzurro:

La tua città.
“Yerevan è una bella città, specialmente d’estate quando fa caldo: è piena di gente. Vorrei ritornarci a fine carriera, per il momento sto bene a Milano”.

I tuoi primi passi nel calcio.
“Ho iniziato in Francia, dove sono cresciuto perché lì ci giocava mio padre: lui è stato il mio idolo, quello che mi ha fatto iniziare. Ho iniziato ad allenarmi più seriamente quando sono tornato in Armenia, da lì è cominciata la mia storia”.

In che ruolo giocava tuo padre?
“Attaccante”.

Il tuo giocatore armeno preferito.
“Mio padre, è stato un idolo. L’ho visto giocare solo in video, non dal vivo, ma mi hanno raccontato che è stato molto bravo e forte”.

Cosa si prova a indossare la maglia dell’Armenia?
“Un onore perché per ogni giocatore di calcio indossare la maglia della propria Nazionale è una cosa indimenticabile. Ho fatto del mio meglio per portare l’Armenia a un Europeo o a un Mondiale, non ci siamo riusciti però ho fatto il massimo. Ora purtroppo mi sono ritirato dalla Nazionale, ma è stata una mia decisione”.

Lo sport preferito dagli armeni. 
“Il calcio è molto seguito a livello di Nazionale, nessuno va a guardare le partite del campionato armeno. Siamo migliori nel wrestling, nella boxe, insomma negli sport individuali perché a livello di squadra non siamo molto forti (ride, ndr)”.

Come è nata la tua passione per Al Bano?
“Quando mi sono sposato a Venezia ho ricevuto un regalo dallo zio di mia moglie, noi non abbiamo saputo niente fino a che è arrivato durante la festa. E’ venuto a cantare, ci ha fatto molto piacere”.

L’armeno che stimi di più.
“Charles Aznavour, è stato l’armeno più conosciuto del mondo. Un ambasciatore che ha fatto conoscere l’Armenia in tutto il mondo”.

Perché l’idea di un percorso universitario?
“So che il calcio non è per tutta la vita, ho pensato di farlo per avere un mestiere dopo il calcio. Non so cosa farò, ma avrò una seconda opzione”.

Atleta armeno preferito?
“Me stesso, ogni tanto mi guardo allo specchio e mi dico: ‘tu sei bravissimo’ (ride, ndr). Sto scherzando, ci sono bravi ragazzi tra wrestler, pugil e calciatori. Non sarebbe giusto dire un nome, ognuno fa del suo meglio per far conoscere l’Armenia nel mondo”.

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La Turchia sta costruendo una base militare a distanza di attacchi diretti da Yerevan (Avia.pro 08.01.23)

a capitale dell’Armenia è sotto la minaccia di attacchi diretti dalla nuova base militare turca.

L’esercito turco ha iniziato a costruire una nuova base militare nell’area del Monte Ararat, che offre un’opportunità per il controllo quasi completo della parte occidentale dell’Armenia e, cosa molto più problematica, crea la minaccia di attacchi diretti a Yerevan. Data la grave crisi delle relazioni tra Azerbaigian, Armenia e Turchia, la comparsa di una base militare turca a soli 40-45 chilometri da Yerevan può chiaramente portare ad un aggravamento della situazione nella regione.

Al momento, è noto che la base militare turca sarà creata su base modulare. Dovrebbe collocare qui apparecchiature di intelligence elettronica, stazioni radar e attrezzature di artiglieria, che a loro volta consentono alla Turchia di colpire il territorio dell’Armenia e persino di attaccare direttamente Yerevan.

Ankara non ha ancora fornito spiegazioni ufficiali in merito allo scopo esatto per cui si sta costruendo una base militare vicino ai confini dell’Armenia, tuttavia quest’ultima rappresenterà sicuramente una minaccia per Yerevan, e anche, probabilmente, per l’esercito russo di stanza in Armenia .
Подробнее на: https://avia-pro.it/news/turciya-stroit-voennuyu-bazu-na-rasstoyanii-pryamyh-udarov-ot-erevana


I residenti armeni hanno organizzato proteste di massa vicino alla base militare russa di Gyumri
Подробнее на: https://avia-pro.it/news/zhiteli-armenii-ustroili-massovye-protesty-vozle-rossiyskoy-voennoy-bazy-v-gyumri