Perché Corbetta sostiene l’Azerbaijan? Di Giacomo Cella (Ticinonotizie 03.12.20)

CORBETTA – In questi ultimi mesi si è riacceso il conflitto tra Armenia e Azerbaijan per il controllo del Nagorno-Karabakh. Stavolta però la sproporzione tra le forze in campo è devastante. Droni, soldati e supporto strategico sono stati forniti agli azeri dalla Turchia di Erdogan. Nulla possono contro le nuove tecnologie i soldati armeni, muniti ancora di vecchie armi e veicoli sovietici.

Ormai solo la fede e la coscienza di essere gli eredi di una delle più antiche comunità cristiane permettono al coraggioso popolo armeno di continuare a lottare. Tutt’attorno si è fatto nuovamente buio, nubi oscure sono riapparse all’orizzonte. Da una parte l’Arzerbaijan dall’altra la Turchia incombono minacciose. Gli incubi del passato sembrano ripresentarsi. Lo sanno bene i tantissimi armeni sparsi in tutto l’Occidente che nel secolo scorso dovettero abbandonare la propria terra natia, in una vera e propria diaspora, per salvarsi dal progetto di rimozione etnica e culturale perpetrato a inizio secolo da Atatürk, erede dell’Impero Ottomano e considerato il padre fondatore dell’odierna Turchia, e poi di nuovo nel corso degli anni 90 dall’Azerbaijan.

 

Adesso, lontani migliaia di chilometri dalla propria terra, gridano affinché coloro che considerano fratelli possano finalmente accorrere in loro aiuto e mettere una volta per tutte la parola fine alla loro triste vicenda. I fratelli di cui implorano l’aiuto siamo proprio noi occidentali. Il più delle volte però la loro voce rimane inascoltata.  Pensiamo infatti a come debbano sentirsi ad apprendere che anche in Italia ci sono comunità che appoggiano coloro che stanno distruggendo chiese e monasteri, simbolo della comune fede cristiana. È il caso dell’amministrazione di Corbetta, provincia di Milano, la quale nell’ultimo consiglio comunale tenutosi il 30 novembre ha approvato una mozione che incredibilmente prende le difese dell’Azerbaijan.

La causa non è del tutto chiara: perché proprio a Corbetta, è stata approvata una mozione del genere che nulla ha a che vedere con i propri abitanti? Questa domanda è legittima e se la stanno facendo tanti in paese. Per questo meriterebbe una risposta. Bisogna dire che la consigliera Elisa Baghin (firmataria della mozione) e il sindaco Marco Ballarini non hanno aiutato affatto a capirne il motivo. Anzi. Al contrario hanno sollevato ancora più dubbi. Hanno infatti sostenuto di esser dalla parte della pace in quell’area del Caucaso per poi però sostenere l’Azerbaijan, che da tempo mira ad annettere una volta per tutte il Nagorno-Karabakh. Il mistero si infittisce se si considera che proprio il sindaco Ballarini nell’ottobre 2019 si è recato personalmente in Azerbaijan, proprio nelle vesti di sindaco del Comune di Corbetta. Cosa spinge a negare la tragica storia armena della quale sono emblema proprio le comunità in diaspora che supplicano aiuto anche qui in Italia?

Infine, se si fosse voluta sostenere veramente la pacificazione dell’area perché non approvare – come proposto dal consigliere della Lega  Riccardo Grittini – una mozione effettivamente equidistante da entrambe le parti in guerra?

Tutto ciò meriterebbe una delucidazione.

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Novecento. Genocidio armeno: ecco le carte che inchiodano i turchi (Avvenire 03.12.20)

Lo storico turco Taner Akçam prova l’autenticità dei telegrammi con i quali Talat Pasha organizzò la sistematica e feroce soppressione del “millet” cristiano

Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, sorvegliati da soldati turchi armati. Kharpert, Impero Ottomano, aprile 1915.

Civili armeni in marcia forzata verso il campo di prigionia di Mezireh, sorvegliati da soldati turchi armati. Kharpert, Impero Ottomano, aprile 1915. – WikiCommons

“Le prove sperdute dello sterminio”, così il New York Times definisce i documenti decifrati e pubblicati da Taner Akçam, storico turco che ha pagato anche con la reclusione le sue ricerche sulla strage dei cristiani tra 1915 e 1922, in Killing Orders. I telegrammi di Talat Pasha e il Genocidio Armeno. La versione italiana, pubblicata da Guerini e Associati (pagine 312, euro 25,00), è curata da Antonia Arslan, della quale pubblichiamo qui la prefazione.

Ho conosciuto Taner parecchi anni fa, a St. Paul, in Minnesota. Avevo sentito parlare di lui come di un uomo coraggioso, uno studioso turco che aveva sfidato il suo governo sul tema del Genocidio Armeno, era stato in prigione ed era riuscito a evadere, e ora insegnava a Minneapolis, la città gemella aldilà del Mississippi. Ero curiosa ed emozionata di poterlo conoscere. Ci incontrammo durante un piccolo convegno sull’Armenia organizzato da una bravissima collega proprio a St. Paul: e subito mi affascinò il suo aspetto di gentiluomo orientale, così somigliante ai miei zii di Aleppo e Damasco, con la stessa aria di bonomia sorridente e perbene, un vestire dignitoso e belle cravatte.

Piccoletto di statura, affabile e garbato, ma con un cuore da leone e un’anima d’acciaio: tempra che ha dimostrato in tutti questi anni, sopportando con serena ironia le continue malevole attenzioni del governo turco e riuscendo a portare a termine quest’ultima opera, che lui stesso ha definito, parlando con me mentre mi scriveva una dedica sul suo libro appena uscito negli Stati Uniti, la pistola fumante degli studi sul Genocidio Armeno.

È questo un lavoro meticoloso e accuratissimo, che ha affrontato e risolto il problema di un gruppo di documenti fra i più discussi nell’immensa mole di materiali fino a oggi pubblicati sulla tragedia del 1915-1922, e cioè i famosi telegrammi di Talat Pasha e di alcuni alti esponenti dell’amministrazione ottomana che il funzionario turco Naim Efendi vendette alla fine della guerra ad Aram Andonian, uno dei pochissimi intellettuali armeni che era sopravvissuto, grazie a una serie di fortunate circostanze. Naim Efendi aveva anche scritto brevi note per accompagnare e spiegare i documenti, che più tardi Andonian – pubblicandoli – avrebbe chiamato “Memorie di Naim Bey”.

Il governo di Turchia, impegnato da subito in un’operazione di negazionismo a tutto campo, riuscì col tempo, con un paziente lavoro di disinformazione, a screditare questi testi particolarmente scottanti, sicché fino a oggi anche gli storici più favorevoli alla causa armena evitavano di occuparsene. Ma – come scrive Akçam con molta ironia – «la verità ha la cattiva abitudine di venir fuori, alla fine»: e questo suo libro è basato sull’eccezionale scoperta di un importantissimo archivio, ricco di prove che convalidano e sostengono l’autenticità dei materiali forniti da Andonian. Si tratta di una massa di documentazione raccolta dal sacerdote cattolico padre Krikor Guerguerian, con l’intenzione di servirsene per un dottorato sul Genocidio Armeno. Egli non arrivò mai a completarlo, ma riuscì a costituire un imponente archivio, che è stato messo a disposizione del professor Akçam dal nipote Edmund Guerguerian nel 2015 (e oggi è tutto online, aperto agli studiosi).

Nei primi due capitoli – costruiti con precisione chirurgica e con un inesorabile acume da detective – Akçam accompagna il lettore, passo dopo passo, nella puntuale dimostrazione dell’assoluta veridicità dei telegrammi, attraverso la verifica accuratissima delle modalità di cifratura e una serie di controlli incrociati sui linguaggi usati, sulle firme dei mittenti e perfino sul tipo di carta impiegata. La sua analisi attenta e completa affronta la complessità di queste preziose carte con intelligente e meticolosa acribia: e a me sembrava di vederlo in azione, con la lente di Sherlock Holmes in mano e la saggia pazienza orientale dello studioso che sta seguendo un complicato filo d’Arianna e deve stare attentissimo a non spezzarlo.

Tutte queste verifiche approdano alla scoperta che – grazie anche ai nuovi materiali che integrano clamorosamente quelli già conosciuti – i telegrammi sono tutti veri: costituiscono appunto la pistola fumante, la prova indiscussa delle intenzioni genocidarie del vertice dei Giovani Turchi, e – in particolare – dell’accanimento organizzato nello sterminio di Talat Pasha e dei collaboratori da lui scelti.

Nel terzo capitolo, gli eventi e i personaggi menzionati da Naim Efendi vengono messi a confronto con documenti ottomani contemporanei, verificandone la veridicità e organizzandoli in un discorso coerente, che il lettore segue con passione e un senso di angoscioso stupore. Infine, le numerose appendici (i testi dei telegrammi e delle note di Naim Efendi e lettere estremamente significative finora sconosciute) portano altra legna al fuoco dell’indignazione e dello sgomento: ma quando arriva alla fine, oltre all’ammirazione per la sovrumana pazienza dello studioso–detective, anche l’onesto lettore si sente quasi un eroe, come se anche lui fosse partecipe di questa tardiva ma scintillante vittoria della verità.

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Nagorno, Putin loda premier armeno: l’accordo una scelta coraggiosa (askanews 02.12.20)

oma, 2 dic. (askanews) – Il presidente russo Vladimir Putin ha espresso apprezzamento oggi per il “coraggio” del primo ministro armeno Nikol Pachinian, criticato nel suo paese per aver accettato un cessate il fuoco che consacra la vittoria dell’Azerbaigian dopo sei settimane di guerra in Nagorno Karabakh.

L’accordo, firmato tra Baku e Yerevan sotto il patrocinio russo il 9 novembre, ha sancito importanti successi territoriali all’Azerbaigian ed è considerato catastrofico da molti armeni, che da allora hanno chiesto le dimissioni di Pashinian.

“Il governo armeno è stato costretto a prendere una decisione molto difficile ma necessaria”, ha detto mercoledì il presidente russo durante una riunione in videoconferenza dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CTSC), di cui la Russia e l’Armenia fanno parte. “Queste decisioni sono state dolorose e hanno richiesto coraggio personale da parte del primo ministro armeno”, ha continuato Putin, assicurando che il compito della Russia “è ora quello di sostenere il primo ministro e la sua squadra per organizzare una vita pacifica” in Nagorno Karabakh.

In base all’accordo del 9 novembre, l’Armenia si è impegnata a cedere tre distretti – Lachin, Kalbajar e Aghdam – che erano sfuggiti al controllo azero nel 1994. Questi distretti facevano parte di una zona cuscinetto attorno al Nagorno Karabakh, una regione montuosa popolata principalmente da armeni che si sono separati dall’Azerbaigian dopo una guerra negli anni ’90.

La firma dell’accordo è stata accolta male in Armenia ed ha scatenato diverse proteste nelle ultime settimane. Una parte dell’opposizione considera Nikol Pachinian un “traditore” e chiede le sue dimissioni. L’accordo ha tuttavia consentito la sopravvivenza del Nagorno Karabakh ed ha visto il dispiegamento di 2.000 peacekeepers russi responsabili in particolare di garantire la sicurezza del corridoio Lachin, che è diventato l’unica via di collegamento del Nagorno Karabakh con l’Armenia.

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L’ambasciatrice armena: “Mkhitaryan un campione e un orgoglio nazionale” (Il Romanista 02.12.20)

tifosi romanisti lo conoscevano, perché è da anni un giocatore di spessore internazionale, ma a vederlo da vicino e soprattutto a vederlo nel pieno della sua forma fisica, Henrikh Mkhitaryan ha letteralmente fatto innamorare Roma. Non ci è voluto molto, poi, per capire quanto il numero 77 giallorosso rappresenti anche al di là del rettangolo verde, perché, soprattutto in patria, Micki è molto più che un calciatore.

Capitano della selezione armena e star indiscussa per i suoi connazionali, Henrikh può essere considerato un giocatore atipico, non solo per la sua leadership in campo, ma anche per tutto quello che rappresenta al di fuori. «Mkhitaryan non solo eccelle nello sport, ma ha anche uno spiccato spessore intellettuale ed è una persona di altissimi valori etici e morali», spiega l’Ambasciatrice armena in ItaliaTsovinar Hambardzumyan, che da maggio 2020, dopo il gradimento espresso dal presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella è operativa nel suo ruolo diplomatico nel nostro Paese.

L’ambasciatrice armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan

«È uno sportivo che parla sei lingue e ora sta imparando anche l’italiano. Basterebbe semplicemente prestare attenzione a Henrikh durante le partite allo stadio e vedere come lui interagisce con i suoi compagni di squadra e con gli avversari per notare subito le sue impeccabili caratteristiche umane e la sua alta preparazione professionale. Mkhitaryan è amato e apprezzato non solo da parte degli armeni che vivono in Armenia e nel mondo, ma anche dai tifosi in Germania, in Inghilterra, in Italia e in tutto il mondo. Come ambasciatore dell’Armenia in Italia, sono naturalmente molto felice che in questo momento Mkhitaryan stia giocando alla Roma. Il nostro Paese, il nostro popolo non possono che essere orgogliosi di avere un esponente come Mkhitaryan».

Ci può descrivere esattamente quello che rappresenta Mkhitaryan per il popolo armeno?
«È un professionista di alto livello ed è un individuo con altissimi valori morali che rappresenta al meglio l’Armenia e il popolo armeno nel mondo. Credo che sia molto importante il fatto che è proprio Mkhitaryan il miglior esempio di successo per i bambini armeni, con la sua saggezza, con le sue capacità professionali e con la sua umiltà. E non è casuale che sia stato nominato Ambasciatore di Buona Volontà dell’Unicef. Per noi è altrettanto importante che ovunque sia stato Henrikh e in qualunque squadra abbia giocato, non è mai diventato arrogante e non si è mai allontanato dalle proprie radici, ma è rimasto sempre legato alla sua patria e al suo popolo. Henrikh è il Capitano della nostra Nazionale. In un certo senso per me era naturale e prevedibile che, nei momenti più difficili per il popolo armeno, Mkhitaryan si sia schierato con il suo popolo. Nei giorni dell’aggressione turco-azera contro il Nagorno Karabakh Mkhitaryan ha più volte fatto degli appelli di pace, richiamando l’attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani fondamentali».

Mkhitaryan si è adattato molto bene in Italia ed ha voluto fortemente rimanerci. Cos’hanno in comune i nostri due popoli?
«Secondo me non è solo Mkhitaryan che ama l’Italia, la città e la squadra giallorossa, credo che anche questo paese e questo popolo lo abbiano accolto molto calorosamente. Noi siamo un popolo caloroso ed emotivo, la freddezza e l’indifferenza non fanno per noi. Quindi penso che sia abbastanza naturale che Mkhitaryan si sia sentito a suo agio in questo paese ospitale. Abbiamo sempre parlato dei legami culturali, religiosi e storici tra i nostri popoli, del reciproco rispetto, della simpatia e dei valori condivisi. Ma devo ammettere che per la prima volta ho sentito questa vicinanza in modo così tangibile durante la guerra di settembre. Ho ricevuto e continuo a ricevere moltissimi messaggi e lettere di solidarietà da parte del popolo italiano. Questa straordinaria solidarietà è il frutto dei rapporti tra i nostri due popoli che sono stati costruiti, passo per passo, nel corso dei secoli e non potranno mai essere distrutti. Non sono come i rapporti o i contratti commerciali che possono essere negoziati e firmati in pochi anni. Sono fiera di lavorare proprio in questo paese, dove il valori morali sono sempre considerati più importanti degli interessi materiali, soprattutto nei momenti così drammatici. I nostri due popoli sono legati da profonda vicinanza culturale e religiosa e hanno una storia di rapporti lunghi e complessi da raccontare. Il patrimonio culturale armeno è presente in tutto il territorio nazionale italiano, dal Nord al Sud. Il primo libro in lingua armena fu pubblicato nel 1512 a Venezia. Il primo Catolicos, il Patriarca della Chiesa Apostolica Armena, San Gregorio Illuminatire, è venerato anche in Italia e le sue reliquie sono custodite presso le Chiese di San Gregorio armeno di Napoli e di Nardò. L’isola di San Lazzaro a Venezia è uno dei centri della rinascita della cultura armena nei tempi moderni e uno dei massimi centri culturali e scientifici, dotato di una biblioteca di straordinaria ricchezza. Sul territorio italiano sono numerose le chiese e i santuari armeni, molti dei Santi della Chiesa armena sono venerati in Italia e sono considerati i protettori di tante città italiane».

Ha avuto modo da quando Mkhitaryan è arrivato a Roma di conoscerlo?
«Ho iniziato la mia missione di Ambasciatore a Roma pochi mesi fa e, purtroppo, per note ragioni ho avuto un’agenda lavorativa molto impegnata, lavorando anche nei weekend. Non ho ancora avuto la possibilità di incontrare Mkhitaryan di persona. Spero che prossimamente le condizioni epidemiologiche migliorino per permettere a tutti i tifosi di Mkhitaryan – e anche a me – di andare allo stadio e a tifare per Mkhitaryan e per il suo club. A dire il vero, l’ultima volta che ho visitato lo Stadio Olimpico è stato 12 anni fa per assistere alla partita Roma-Milan. Ero appena arrivata in Italia per motivi di studio e non conoscevo bene la mentalità del calcio italiano. Non sapevo che non si può vivere a Roma, andare allo Stadio Olimpico e tifare per il Milan (ride, ndr). Naturalmente, Mkhitaryan mi ha fatto cambiare le mie preferenze. Ma, per essere sincera, devo dire che fino ad oggi amo anche il Milan. Quindi, anche se ancora non ho avuto l’opportunità di assistere alle partite di Mkhitaryan a Roma, in Armenia ho assistito diverse volte alle partite della Nazionale armena con la partecipazione di Mkhitaryan».

Com’è la situazione in Armenia in questo momento? Che prospettive ci sono nel breve e nel lungo periodo?
«Come sapete, a partire dal 27 settembre l’Azerbaigian, in alleanza con la Turchia, ha iniziato una guerra su vasta scala contro l’Artsakh (Nagorno-Karabakh) devastando la popolazione armena e il suo secolare patrimonio culturale. È stato possibile raggiungere accordi di cessate il fuoco con la mediazione dei copresidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce, Francia, Russia e Stati Uniti, ma gli accordi non sono stati osservati dall’Azerbaigian. Poi, il 10 novembre, con la dichiarazione congiunta dei leader di Russia, Armenia e Azerbaigian, è stato possibile raggiungere un cessate il fuoco e in Nagorno-Karabakh sono state dispiegate le forze di peacekeeping russe. Ora ci attende non solo la fase della soluzione dei problemi sorti a causa della guerra, ma anche l’inizio della fase dei negoziati per la soluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh. Nei territori passati sotto il controllo dell’Azerbaigian a seguito della guerra, continuano atti di vandalismo nei confronti dei monumenti del patrimonio storico, culturale e religioso armeno. È un problema importante che dev’essere affrontato ed è ancora più importante impedire il proseguimento di simili atti di vandalismo».

In una situazione così difficile come quella attuale quale contributo può dare lo sport attraverso i suoi messaggi?
«Io credo che lo sport renda il mondo un posto migliore. Quando ero piccola, ancora andavo a scuola e nei primi anni da studente, sognavo che nella vita le cose fossero come nello sport, che ci fossero delle gare, degli avversari e degli arbitri che garantissero l’equità dei contendenti e che dopo le gare gli avversari si abbracciassero e se ne andassero serenamente ognuno per la propria strada. Credo che la diplomazia sportiva possa contribuire alla creazione di nuove opportunità attraverso lo sport. Non è un caso che in passato durante i Giochi Olimpici si fermavano tutti i conflitti e tutte le guerre dando la possibilità di guadagnare tempo e di tentare di risolvere i problemi pacificamente. Nel 2008, la cosiddetta “football diplomacy” ha segnato l’inizio di un processo di normalizzazione delle relazioni armeno-turche. Tuttavia, in seguito, a causa della politica della Turchia, questo processo è stato fermato». Quanto è importante lo sport nel vostro paese, a che punto è il livello di crescita?
«In Armenia si dà grande importanza allo sviluppo dello sport, che, senza dubbio, contribuisce alla buona salute del corpo e dell’anima umana. Dopo l’indipendenza, grazie alle tradizioni sportive e al talento sportivo degli armeni coltivato durante gli anni sovietici, gli alteli armeni continuarono ad avere successo nelle gare internazionali. In Armenia, c’è un’attenzione particolare per gli scacchi, che sono una materia obbligatoria nelle scuole pubbliche. Sono molto coltivati gli sport come il sollevamento pesi, il pugilato, la lotta, le arti marziali e in queste categorie sportive l’Armenia ha sempre vinto medaglie importanti nelle gare internazionali. Attualmente si sta lavorando molto anche per lo sviluppo del calcio. Di recente, la Nazionale si è aggiudicata la vittoria nel secondo girone del divisione C dell’Uefa League of Nations. Mi auguro che il calcio armeno registri nuovi successi nel prossimo futuro».

Sono tempi duri in tutto il mondo per la gestione dell’epidemia da Covid-19. Come sta andando la gestione in Armenia?
«Purtroppo l’Armenia in questo caso non fa eccezione e, come tutto il resto del mondo, sta combattendo contro la pandemia da coronavirus. Per noi è un periodo particolarmente difficile, perché dobbiamo lottare su due fronti: contro la pandemia e sul campo di battaglia, in una guerra che è stata scatenata nonostante l’appello globale del Segretario generale delle Nazioni Unite di mettere fine a tutte le ostilità durante la pandemia. Spero che sia possibile superare la diffusione del virus e passare a una vita normale in un prossimo futuro. A questo proposito vorrei ricordare che qualche giorno fa la Bbc ha comunicato la notizia che le sperimentazioni cliniche del vaccino anti-covid sviluppato dalla società “Moderna”, fondata e presieduta da un armeno, Nubar Afeyan, hanno dimostrato un’efficenza del 95%».

Come ha accolto la recente iniziativa benefica della Roma di donare capi di abbigliamento e materiale sportivo all’ambasciata armena per farli recapitare ai tifosi del Roma Armenia Giallorossi Fan Club?
«Ringraziamo la Fondazione Roma Cares dell’AS Roma per la decisione di fare una donazione di capi di abbigliamento sportivo ai tifosi della Roma in Armenia nei primi giorni della guerra. È un gesto di buona volontà che è stato molto apprezzato. Noi consideriamo questa donazione, che è già arrivata in Armenia, come una manifestazione di vicinanza e di reciproca simpatia tra Mkhitatryan e la Roma, ma sappiamo anche che la Roma è da sempre impegnata in iniziative benefiche e sociali».

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++Clamoroso a Corbetta (come al Cibali..), l’Amministrazione Ballarini vota documento pro Azerbaigian (e Turchia) contro l’Armenia. Insorge Grittini (Lega) (Ticinonotizie 02.12.20)

CORBETTA – “Lunedì sera in Consiglio Comunale a Corbetta, la maggioranza e il sindaco Ballarini si sono schierati con l’Azerbaigian, alleato della Turchia e compiacente coi jihadisti arrivati in quei territori dalla Siria. Noi della #Lega sappiamo da che parte stare: viva l’Armenia e il popolo armeno. Giù le mani dal Nagorno-Karabakh”.

Con questo post su Facebook il consigliere comunale d’opposizione della Lega, Riccardo Grittini, ha reso nota l’ennesima (a nostro avviso) scelta balzana avvenuta nel comune di Corbetta, retto dal sindaco Marco Ballarini.

La vicenda cui fa cenno Grittini, e su cui poi torneremo, è sicuramente controversa e frutto di tensioni in atto da secoli. Ma leggere nero su bianco il documento proposto dal consigliere Elisa Baghin, nella sua veste di responsabile delle politiche comunitarie (una sorta di ‘ministro degli Esteri’, in pratica…), sinceramente fa sobbalzare.

Corbetta, come giustamente dice Grittini, è il primo Comune dell’area metropolitana che a noi risulti abbia sostenuto APERTAMENTE l’Azerbaigian nella recente guerra in Nagorno Karabakh contro il popolo armeno. La mozione recita come titolo ‘rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica dell’Azerbaigian’.

 

Repubblica sostenuta apertamente dalla Turchia del presidente Erdogan e da frange dell’islamismo radicale, prima della tregua firmata a novembre con la mediazione della Russia (il conflitto è cominciato il 27 settembre scorso). Repubblica che ha preso di mira simboli cristiani, chiese, monumenti e fedeli, riaprendo la ferita sanguinaria del genocidio armeno ad inizio del Novecento, che la Turchia (e quindi larga parte del mondo islamico mediorientale) ha SEMPRE NEGATO.

La cosa più incredibile, e a tratti farscesa, è che la maggioranza di Marco Ballarini sia sostenuta da un partito che si chiama RIVOLUZIONE CRISTIANA, la quale nulla ha avuto da ridire nell’assistere a un voto in cui si prende APERTAMENTE PARTE di una fazione islamica vicina al radicalismo, nel momento in cui Erdogan e la Turchia stanno attuando una politica di espansionismo neo ottomano sotto gli occhi (spesso chiusi, o strabici) dell’Europa e del mondo.

Che questo sia accaduto a Corbetta, dove da 4 anni governa una sorta di centrodestra (senza Lega e senza Fdi) che in un momento così delicato, dal punto di vista geopolitico, si schiera apertamente con un governo islamico opposto a una minoranza che subisce sulla propria pelle la violenza anti cristiana (e non certo, e purtroppo, solo da oggi).

E’ incredibile. O forse no. Perché a Corbetta (in questi anni) è accaduto questo. E non solo. Al momento, si è schierato con la Lega e il duro intervento pronunciato da Grittini in Consiglio comuale il movimento Una voce nel Silenzio, che supporta da anni le popolazioni cristiane oggetto di violenza e sopraffazione in ragione della propria fede religiosa.

Fabrizio Provera

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“Battaglia per la difesa dei diritti umani” (quinewsvaldicornia.it 02.12.20)

Genocidio del popolo armeno, approvato in Consiglio l’ordine del giorno presentato dalla consigliera con delega alle Pari Opportunità Roberta Casali

SAN VINCENZO — “Piena solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani”. Questo il messaggio espresso dall’ordine del giorno presentato a firma del gruppo San Vincenzo c’è in occasione dell’ultimo Consiglio comunale e illustrato dalla consigliera con delega alle Pari Opportunità Roberta Casali.

Un ordine del giorno approvato con i voti favorevoli di tutti i consiglieri che verrà trasmesso al ‘Consiglio per la comunità armena di Roma’ affinché venga così inviato alla Direzione del Memoriale del genocidio di Yerevan. Il nominativo del Comune di San Vincenzo sarà quindi inserito nella lista dei ‘Giusti’ per la memoria del Metz Yeghern (il Grande Male) insieme a tutti gli altri che hanno adottato simili soluzioni. Così ha spiegato il Comune in una nota.

Con il termine genocidio armeno si intendono infatti le eliminazioni e le deportazioni di armeni perpetrate dall’impero ottomano tra il 1915 e il 1916, che causarono circa 1,5 milioni di morti. Tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla stessa Corte Marziale ottomana nel 1919, dalla Sottocommissione per i diritti umani dell’Onu nel 1973 e nel 1986, dal Parlamento europeo nel 1987, dal Parlamento italiano il 17 novembre 2000 ed è stato ribadito con nuova risoluzione di riconoscimento in data 10 aprile 2019.

Un ordine del giorno, dunque, volto a rendere la cittadinanza partecipe del sentimento di solidarietà e a far sì che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno affinché tali tragedie della storia siano di monito soprattutto alle giovani generazioni. Inoltre Letizia Leonardi, che ha tradotto in italiano Mayrig, opera di Henri Verneuil che rievoca l’infanzia di un piccolo emigrato armeno, regalerà quattro copie dello stesso libro alla biblioteca scolastica dell’Istituto comprensivo Mascagni.

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Chiese orientali: card. Sandri (prefetto), preghiera per l’Armenia e per tutte le vittime del conflitto in Nagorno-Karabakh (SIR 01.12.20)

Una preghiera per l’Armenia e per tutte le vittime del conflitto in Nagorno-Karabakh: ad elevarla, durante la messa celebrata ieri a Roma per la festa di sant’Andrea apostolo e nella novena dell’Immacolata, è stato il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Durante la messa è risuonato il canto del Santo in armeno. “La preghiera – ha detto il prefetto –  ci renda certi che nessun dolore e umiliazione rimangono lontani dal cuore di Dio, che per noi ha donato il Suo Figlio”. Durante la liturgia, a cui erano presenti anche i procuratori dei patriarchi, degli arcivescovi maggiori e dei superiori generali presso la Santa Sede, il card. Sandri ha ricordato anche “i contesti” in Siria, Iraq, Ucraina orientale, Terra Santa, Libano, Etiopia e Eritrea. “Sospinti dallo zelo missionario dell’apostolo Andrea – ha affermato il prefetto – ci facciamo idealmente pellegrini in tutte le terre del mondo da cui si leva un grido che chiede sollievo dal flagello della pandemia, in modo particolare quelle messe a dura prova dal già difficile contesto di povertà o guerra

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Il consiglio comunale vicino al popolo armeno (Valdarnopost)

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