Synth e conflitto/II, suoni underground a Yerevan (31mag.nl)

di Mara Noto e Viola Santini

Una sanguinosa disputa territoriale lunga (oltre) trent’anni, due Paesi che si contendono un territorio più piccolo del Molise e una soluzione -temporanea o permanente, nessuno può dirlo- trovata il 10 novembre 2020 con un’accordo di pace, mediato e fortemente voluto dalla Russia.

Quella del Nagorno Karabakh è una storia complessa e controversa, segnata da distanze culturali, religiose e politiche. Allo scoppio dell’ennesima ripresa del conflitto, avevamo raccolto le testimonianze di due donne: una armena, l’altra azera, entrambe originarie del Nagorno Karabakh, o Repubblica di Artsakh spinti dalla necessità di capire meglio una storia poco raccontata dai media mainstream e lontana dall’attenzione generale dell’opinione pubblica occidentale.

Per aggiungere un altro tassello al mosaico e magari capire altro, abbiamo pensato di guardare il conflitto, oltre il conflitto, chiedendo a delle musiciste di parlarci della loro formazione culturale, per capire meglio come siano nate le loro passioni e quanto siano state influenzate dal dramma del conflitto.

La realizzazione di quest’articolo ha richiesto uno sforzo enorme tanto alle nostre interlocutrici, quanto a noi: lo sforzo di chi, nel mezzo del conflitto, con familiari e conoscenti al fronte, ha comunque trovato la forza di condividere con noi i suoi pensieri mentre altri, semplicemente non se la sono sentita.

Lara Sarkissian è un’artista di origine armena, residente negli USA. La sua pratica artistica spazia dalla sperimentazione dei suoni alla produzione cinematografica.

  1. Come e in quali circostanze ti sei appassionata di musica?

Ho iniziato a produrre musica e a lavorare come DJ nel 2015. Prima mi occupavo di produrre cortometraggi sperimentali. Nel 2013, durante un corso di Design del suono nel cinema all’Università di Copenaghen, ho iniziato ad avvicinarmi alla produzione musicale. Nel 2015, insieme a 8ULENTINA ho dato vita a una casa discografica, la CLUB CHAI, che si occupa di promuovere eventi dance. La collaborazione è alla base della mia esperienza artistica: permette di svilupparsi e scoprire nuove prospettive. Anche se a volte ciò avviene inconsciamente, nessun prodotto artistico è frutto del lavoro di un solo individuo. È molto importante per me, in quanto “figlia” della diaspora armena, creare delle connessioni sia con artisti che vivono nella mia comunità (San Francisco e Oakland), sia con producers e djs armeni. Solo in questo modo, tenendomi in contatto con luoghi e persone diverse ma che fanno ugualmente parte della mia storia, riesco a sentirmi realmente “intera”. È proprio per questo che il mio progetto, Club Chai, cerca di ottenere sound comunitari, frutto di un lavoro collettivo.

  2. Cosa ci racconti della scena elettronica a Yerevan? Come si è sviluppata?

A ottobre del 2019 ho fatto il mio primo DJ set a Yerevan, in uno dei club più recenti, il Poligraf. Nello stesso anno ho lavorato anche per una radio locale online, radio Bohemnots. A Yerevan si sta sviluppando, ormai da un po’ di anni, una scena elettronica underground. Stanno aprendo molti nuovi spazi e realtà che si occupano di sound e performance elettroniche – ma non solo – e danno visibilità agli artisti locali. I più famosi sono il Poligraf, la Mirzoyan Library e il Basement.

3. Puoi parlarci dei tuoi suoni e delle influenze (sia musicali che culturali) che hai avuto?

La mia musica elettronica si basa sull’uso di strumenti armeni, uniti al genere elettronico sperimentale, all’ambient e a quello techno. Ho prodotto anche alcune incisioni per film e installazioni sperimentali, una fusione tra le arti visive e la musica. Ho sempre voluto prendere i suoni armeni, sintetizzarli e spingerli nel nuovo mondo della musica sperimentale. Creare nuovi linguaggi con quei suoni “antichi”, per raccontare la mia storia di Armena della diaspora che è cresciuta negli Stati Uniti. È molto importante per me capire come posso connettermi con altre culture attraverso il mio legame musicale con l’Armenia: questo mi permette di creare conversazioni nuove e del tutto inaspettate. Inoltre, la cultura armena è molto variegata: varia in base al paese in cui i figli della diaspora sono nati e cresciuti. Conoscere e collaborare con questi artisti armeni da tutto il mondo, che, come me, sperimentano e “rischiano” in modo non tradizionale, è indispensabile per la mia produzione artistica e per la mia crescita personale.

4. In che modo è stata influenzata la produzione artistica / musicale in tempi di guerra come quello in cui vivi?

Quando ho parlato con artisti attivi nella scena Armena e dell’Artsakh (musicisti, DJ, registi…) – tutti mi hanno raccontato di essere stati fortemente segnati dal fatto che loro coetanei e amici sono stati costretti a combattere per difendere la loro madrepatria, e molti hanno perso la vita in questa guerra. Nessuno di loro aveva scelto di fare il soldato: erano giovani come me, persone che avresti potuto incontrare in un club. Tuttavia, non hanno potuto fare altro se non difendere la propria terra da atrocità come la pulizia etnica, il colonialismo e il genocidio perpetrate dagli Azeri e dai Turchi. Abbiamo perso tantissimi DJ, artisti e musicisti della comunità di Erevan.

5. Come stai affrontando personalmente, e quindi anche artisticamente, il conflitto?

Quando penso alle difficoltà che l’Armenia ha storicamente incontrato, mi ricordo anche di quanto la musica sia stata uno strumento indispensabile per il mio popolo, per affrontare le persecuzioni e le migrazioni forzate. La musica è resilienza. Anche nei momenti più difficili, è un modo di narrare storie, riunire persone e formare una comunità. Dall’altro canto è capace di portare gioia ed aiuta a sopravvivere. La musica e l’arte possono essere viste come una “via di fuga”, e non solo: possono portare auto coscienza, e ci danno un modo di dare forma alla nostra auto narrazione. Quindi, artisticamente parlando, il conflitto mi ha dato più forza per andare avanti nella mia produzione musicale e culturale. È stato molto difficile, ma ora ho le idee più chiare che mai.

 6. Cosa ne pensi dell’esito del conflitto? 

Non so cosa succederà nel lungo periodo. Potrebbe ripetersi tutto da capo, perché il vero fine di questa guerra non è l’Artsakh. La cosa più importante adesso è aiutare i 120 000 e più armeni dell’Artsakh, che si sono trovati senza casa, e ricostruire il frammento di Artsakh, distrutto dalla guerra, che è rimasto agli Armeni. ArmeniaFund.org e ParosFoundation.org sono due iniziative umanitarie che stanno facendo proprio questo.

Vai al sito


Armenia: nuove proteste contro premier Pashinyan, bloccata strada che collega ad aeroporto di Erevan (Agenzianova 13.12.20)

Erevan, 13 dic 16:47 – (Agenzia Nova) – Gli oppositori del primo ministro armeno Nikol Pashinyan, scesi nuovamente in strada oggi per chiederne le dimissioni, hanno bloccato l’incrocio della strada che porta all’aeroporto internazionale Zvartnots di Erevan. È quanto riferisce la stampa armena, secondo cui i manifestanti hanno chiesto alla polizia di concedere loro cinque minuti per tenere la manifestazione, dopodiché hanno lasciato l’autostrada e il traffico è ripreso. Le proteste sono in corso in Armenia dallo scorso 10 novembre, quando Pashinyan ha firmato un accordo trilaterale con l’Azerbaigian e la Russia per porre fine alle sei settimane di ostilità nell’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh. Pashinyan ha accettato un cessate il fuoco concedendo tutte le regioni cuscinetto azerbaigiane che circondano il Nagorno-Karabakh e vaste aree del territorio. Molti armeni considerano le concessioni una sconfitta e un tradimento e decine di partiti di opposizione si sono uniti dietro le richieste di dimissioni di Pashinyan. (Rum)

Incontro ministri della Difesa di Armenia e Russia: discussa la situazione in Nagorno-Karabakh (Sputniknews 13.12.20)

Il ministro della Difesa armeno Vagharshak Harutyunyan ha incontrato il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu per discutere gli ultimi sviluppi in Nagorno-Karabakh, ha detto domenica il ministero della Difesa armeno in un comunicato stampa.

“Harutyunyan, che è in visita di lavoro in Russia, ha discusso la questione con il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu”, si legge nel comunicato.

L’incontro è avvenuto dopo il primo scontro armato in Nagorno-Karabakh dalla dichiarazione di cessate il fuoco un mese fa.

Sabato, il ministero della Difesa armeno ha detto che l’esercito azero aveva attaccato i villaggi di Hin Tagher e Khtsaberd. Il ministero della Difesa azero ha descritto l’avanzata come una “operazione antiterrorismo”, aggiungendo che il cessate il fuoco, in cui le parti hanno concordato di fermare l’azione militare all’interno delle posizioni effettivamente occupate, sarebbe stato altrimenti rispettato.

I villaggi in questione appartengono alla regione meridionale di Hadrut nel Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian ha ottenuto il controllo della regione durante la caduta del conflitto armato, ma questi due villaggi sono rimasti controllati dalle forze armene.

Il comando delle forze di pace russe, schierate in Nagorno-Karabakh per monitorare la tregua, ha detto di aver informato sia Yerevan che Baku dell’inammissibilità delle violazioni del cessate il fuoco.

Vai al sito

Nagorno-Karabakh: Centemero-Capitanio (Lega), preoccupati da parole Erdogan-Aliyev. Governo italiano prenda posizione (Agenziastampaitalia.it 12.12.20)

ASI) Roma . – “Le dichiarazioni di Erdogan e del Presidente Aliyev, pronunciate durante la parata militare tenutasi a Baku, ci lasciano esterrefatti e molto preoccupati. E’ inammissibile che sia stato apertamente confermato l’appoggio militare e diplomatico della Turchia all’Azerbaijan sin dalle prime ore della guerra.

Da fonti diplomatiche si apprende anche che uno dei generali azerbaijani durante la parata avrebbe fatto il tipico saluto dei Lupi Grigi, gesto che indica l’appartenenza al movimento di cui faceva parte l’uomo che cercò di uccidere Giovanni Paolo II. Un attacco inammissibile nei confronti di tutti i cristiani e dei principi nei quali lo Stato italiano si è sempre identificato. Inoltre durante la parata Aliyev avrebbe rivendicato anche parti del territorio della Repubblica d’Armenia internazionalmente riconosciuta. Se tutto ciò fosse confermato, auspichiamo una presa di posizione da parte del governo italiano. Simili dichiarazioni sono inammissibili per i valori della nostra Repubblica e per rispetto di chi si è battuto per far valere i principi umanitari contro le mire espansionistiche neo ottomane di Erdogan, in spregio ai diritti civili anche dei suoi stessi cittadini”.

Lo dichiarano i deputati della Lega Giulio Centemero, Presidente della sezione Bilaterale di Amicizia Italia-Armenia e Massimiliano Capitanio, Presidente dell’Intergruppo di Amicizia Italia Armenia presso la Camera. 

Vai al sito

BINETTI: PROTEGGERE NAGORNO KARABAKH DALLE MIRE DI TURCHIA E AZERBAIJAN (DIRE 12.12.20)

Roma, 12 dic. – “Il 10 dicembre e’ l’anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo ed e’ ormai tradizione che in tutti i Paesi in cui si tutelano con crescente consapevolezza i diritti umani si svolgano varie celebrazioni per far crescere a livello personale e sociale la responsabilita’ con cui ognuno deve farsi testimone e custode di questa battaglia di pace. Proprio in occasione dell’ultimo anniversario della Dichiarazione, solo due giorni fa, si e’ tenuta a Baku, in Azerbaijan, la parata militare dedicata alla vittoria dell’Azerbaijan contro il Nagorno Karabakh nella guerra contro il popolo armeno che vive nel Nagorno Karabakh. Durante la parata militare, presieduta dai due Presidenti turco e azerbaijano, Erdogan ha apertamente confermato l’appoggio militare e diplomatico della Turchia all’Azerbaijan, facendo dichiarazioni minacciose nei confronti dell’Armenia e del popolo armeno. Aliyev, dal canto suo ha sottolineato come grazie all’appoggio della Turchia e’ stato possibile dimostrare che esiste una soluzione militare al conflitto e si e’ riferito all’Armenia, parlando dell’odiato nemico: La liberazione delle terre azere non significa la fine della lotta. La lotta in ambito politico e militare continuera’ su fronti molto diversi. Sull’altipiano caucasico, in altri termini, la pace appare sempre piu’ a rischio e il clima sociale sempre piu’ compromesso. L’Armenia sempre piu’ soffocata dalla alleanza turco-azera.” Lo sottolinea la senatrice Paola BINETTI, UDC, vicepresidente della Commissione speciale per i Diritti Umani del Senato. (SEGUE) (Com/Tar/ Dire) 10:39 12-12-20
-2- (DIRE) Roma, 12 dic. – “La Dichiarazione universale dei Diritti umani- continua- impone a tutti i Paesi che l’hanno sottoscritta una particolare attenzione nella tutela della Pace nel mondo intero, soprattutto in quelle zone calde in cui il rischio che i conflitti si riaccendano e’ sempre imminente. La pace e’ prerequisito essenziale perche’ ci sia un autentico sviluppo prima di tutto sul piano umano e poi su quello economico e tecnico-scientifico. Non c’e’ dubbio che corra davvero molti rischi il Nagorno Karabakh, enclave armena in una terra che gli azeri considerano loro, e la soluzione piu’ pacifica potrebbe essere solo quella di riconoscere una loro autonomia, come un piccolo Stato a statuto speciale e posto sotto la protezione dell’ONU. Soluzione gia’ presente negli accordi di Madrid, accettata dall’Armenia, ma mai rispettata dagli Azeri. Eppure questo e’ proprio il terreno essenziale in cui vanno fatti rispettare i diritti umani, per tutelare le persone dalla aggressivita’ insita nella legge del piu’ forte e in una logica darwiniana della politica. Per questo auspichiamo ancora una volta l’autonomia del Nagorno Karabakh e il rispetto dei trattati internazionali, a supporto dei paesi piu’ deboli”, conclude. (Com/Tar/ Dire) 10:39 12-12-20 NNNN

Nagorno-Karabakh: Preoccupati da parole Erdogan-Aliyev (La Presse 12.12.20)

Nagorno-Karabakh: Preoccupati da parole Erdogan-Aliyev pronunciate durante la parata militare tenutasi a Baku, ci lasciano esterrefatti e molto preoccupati. E’ inammissibile che sia stato apertamente confermato l’appoggio militare e diplomatico della Turchia all’Azerbaijan sin dalle prime ore della guerra. Da fonti diplomatiche si apprende anche che uno dei generali azerbaijani durante la parata avrebbe fatto il tipico saluto dei Lupi Grigi, gesto che indica l’appartenenza al movimento di cui faceva parte l’uomo che cercò di uccidere Giovanni Paolo II. Un attacco inammissibile nei confronti di tutti i cristiani e dei principi nei quali lo Stato italiano si è sempre identificato. Inoltre durante la parata Aliyev avrebbe rivendicato anche parti del territorio della Repubblica d’Armenia internazionalmente riconosciuta. Se tutto ciò fosse confermato, auspichiamo una presa di posizione da parte del governo italiano. Simili dichiarazioni sono inammissibili per i valori della nostra Repubblica e per rispetto di chi si è battuto per far valere i principi umanitari contro le mire espansionistiche neo ottomane di Erdogan, in spregio ai diritti civili anche dei suoi stessi cittadini”. Lo dichiarano i deputati della Lega Giulio CENTEMERO, Presidente della sezione Bilaterale di Amicizia Italia-Armenia e Massimiliano Capitanio, Presidente dell’Intergruppo di Amicizia Italia Armenia presso la Camera. POL NG01 acp 121649 DIC 20


Nagorno-Karabakh:Centemero-Capitanio,Governo si schieri ZCZC9591/SXA
XPP20347000976_SXA_QBXB
R POL S0A QBXB
Nagorno-Karabakh:CENTEMERO-Capitanio,Governo si schieri
(ANSA) – ROMA, 12 DIC – “Le dichiarazioni di Erdogan e del
Presidente Aliyev, pronunciate durante la parata militare
tenutasi a Baku, ci lasciano esterrefatti e molto preoccupati.
E’ inammissibile che sia stato apertamente confermato l’appoggio
militare e diplomatico della Turchia all’Azerbaijan sin dalle
prime ore della guerra. Da fonti diplomatiche si apprende anche
che uno dei generali azerbaijani durante la parata avrebbe fatto
il tipico saluto dei Lupi Grigi, gesto che indica l’appartenenza
al movimento di cui faceva parte l’uomo che cerco’ di uccidere
Giovanni Paolo II. Un attacco inammissibile nei confronti di
tutti i cristiani e dei principi nei quali lo Stato italiano si
e’ sempre identificato. Inoltre durante la parata Aliyev avrebbe
rivendicato anche parti del territorio della Repubblica
d’Armenia internazionalmente riconosciuta. Se tutto cio’ fosse
confermato, auspichiamo una presa di posizione da parte del
governo italiano. Simili dichiarazioni sono inammissibili per i
valori della nostra Repubblica e per rispetto di chi si e’
battuto per far valere i principi umanitari contro le mire
espansionistiche neo ottomane di Erdogan, in spregio ai diritti
civili anche dei suoi stessi cittadini”.
Lo dichiarano i deputati della Lega Giulio CENTEMERO,
Presidente della sezione Bilaterale di Amicizia Italia-Armenia e
Massimiliano Capitanio, Presidente dell’Intergruppo di Amicizia
Italia Armenia presso la Camera. (ANSA).

Fino a quando Nato e Ue ignoreranno la radicalizzazione della Turchia? (Haffingtonpost 12.12.20)

Lasciamo perdere il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha altro a cui pensare, ma fino a quanto la comunità internazionale, le istituzioni europee e la Nato potranno continuare a ignorare il problema? Il problema è la crescente radicalizzazione religiosa della Turchia di Erdogan, la sua dichiarata vocazione imperiale, la sua minaccia di un nuovo genocidio nei confronti degli armeni. Ne abbiamo avuto ulteriore prova lo scorso 10 dicembre, quando, a Baku, il presidente turco e il suo omologo Azero hanno celebrato non l’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ma la loro vittoria contro il popolo armeno del Nagorno-Karabakh.

Ecco alcuni passaggi del discorso pronunciato da Erdogan: “Il popolo armeno dovrà capire che è impossibile ottenere qualunque cosa su istigazione degli imperialisti occidentali”, che poi saremmo noi, “Yerevan è azera”, “Turchia e Azerbaijan, con il permesso di Allah, supereranno le difficoltà e otterranno un successo ancora maggiore. Che Allah ci aiuti!”, “oggi è il giorno in cui si rallegrano le anime di Enver Pasha e i coraggiosi soldati dell’Esercito Islamico del Caucaso. … Oggi è un giorno di vittoria e orgoglio per tutti noi, per l’intero mondo turco”. Per la cronaca, Enver Pasha è stato uno dei principali artefici del genocidio degli armeni, popolo cristiano, realizzato dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916.

Vai al sito

La Russia chiede ad armeni e azeri di rispettare il cessate il fuoco nel Karabakh (Sputniknews 12.12.20)

Mosca ha chiesto alle parti in conflitto nel Nagorno-Karabakh di rispettare rigorosamente la tregua, ha detto ai giornalisti il portavoce del quartier generale delle forze di pace russe nella regione contesa.

Il giorno prima sono stati registrati scontri a fuoco nella zona di Hadrut. L’episodio è stato il primo caso di violazione del cessate il fuoco dal 10 novembre, quando è iniziata l’operazione di mantenimento della pace nel Karabakh.

In precedenza il ministero della Difesa armeno aveva sostenuto che Baku ha ripreso le operazioni militari in direzione dei centri di Khin Taglar e Khtsaberd.

Questi villaggi sono delle enclavi a controllo delle forze filo-armene, il resto della zona di Hadrut è ora sotto il controllo delle forze armate dell’Azerbaigian.

A sua volta le autorità azere hanno accusato Yerevan di provocazioni, sottolineando che l’Azerbaigian doveva prendere “misure adeguate” in risposta al fuoco. Allo stesso tempo, come affermato nel ministero della Difesa azero, “attualmente” si osserva il cessate il fuoco nella regione.

Come notato in precedenza nel bollettino del dicastero militare russo, le forze di pace nel Karabakh stanno monitorando la situazione 24 ore su 24 e controllano il rispetto del cessate il fuoco in 23 punti di osservazione. Nella regione prosegue il ritorno degli sfollati.

Tregua nel Nagorno-Karabakh

All’inizio di questo mese Yerevan e Baku hanno concordato la tregua nel Nagorno-Karabakh, ponendo fine alla guerra di sei settimane nella regione contesa. L’accordo ha comportato la perdita della maggior parte dei territori controllati dalle forze filo-armene del Karabakh e prevede il dispiegamento di un contingente militare di pace russo di 1.960 soldati.

Il ministero della Difesa russo aveva comunicato a novembre che più di 1.200 sfollati avevano fatto ritorno nel Nagorno-Karabakh dal territorio dell’Armenia sotto il vigile controllo dei soldati russi del contingente di pace.

Vai al sito

GEVORKYAN E IL PROGETTO GIOVANI: L’ACCADEMIA PRENDE FORMA (Sienaclubfedelissimi 11.12.20)

Prendono concretezza i progetti di Roman Gevorkyan, presidente del Siena e tra gli uomini chiave della holding che controlla, oltre i bianconeri, anche i lettoni della Dinamo Riga e gli armeni del Noah. Vi raccontavano dell’idea di Gevorkyan di dar vita a un’accademia per la crescita dei giovani calciatori armeni, un settore giovanile all’avanguardia che possa competere con quelli europei. Un’idea certamente ambiziosa che dovrebbe veder coinvolto anche il Siena: i migliori prospetti potranno vivere infatti un’esperienza proprio tra i club controllati dalla holding, incluse dunque anche Noah e Dinamo Riga, dando così continuità al lavoro fatto in accademia in una realtà professionistica.

Il tutto si è reso possibile grazie all’accordo quinquennale, con la possibilità di estendere la durata, tra il Noah e l’accademia calcistica Vagharshapat, un patto siglato col benestare della federazione calcistica armena. L’accordo è stato firmato tra il segretario generale della federazione armena Artur Azaryan e il direttore esecutivo del Noah Artur Sahakyan.

Secondo i patti, il Noah attuerà il proprio programma di investimenti nel giro di cinque anni. Nello specifico verrà implementato l’impianto di illuminazione dello stadio Vagharshapat Academy,  costruita una nuova tribuna con 1000 posti e installati due moderni tabelloni. Il Noah ha inoltre in programma di trasferire prossimamente la sede dei propri match interni alla Vagharshapat Academy.

“Aspettavamo questo momento da molto tempo. Fin dal primo giorno dalla sua fondazione, il Noah non si è prefisso solo di diventare il miglior club e sostenere lo sviluppo del calcio in Armenia, ma anche di aiutare migliaia di giovani talenti armeni nel diventare giocatori di livello mondiale”, ha detto dopo la stipula dell’accordo Artur Sahakyan, direttore esecutivo del Noah.

(Giacomo Principato)

Vai al sito

Diario del genocidio armeno (Ilgiornale.it 11.12.20)

Tra il 1915 e il 1916 ebbero luogo le deportazioni e le eliminazioni compiute dall’impero Ottomano, più note come il genocidio degli armeni.

Al pari di tutti i crimini contro l’umanità, anche questo Olocausto ha i suoi negazionisti. La questione è ancora d’attualità, ove si pensi che il governo turco di Erdogan non ammette che vi sia stato il genocidio, mentre in Francia è reato negarne l’esistenza. Sappiamo però per certo che esso costò al popolo armeno un milione e mezzo di morti e fu scatenato dall’ascesa al potere nell’impero ottomano dei «giovani turchi», i quali temevano un’alleanza armena coi nemici russi. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, i turchi compirono i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli. Continuarono nei giorni successivi: in un mese oltre mille intellettuali, tra giornalisti, scrittori, poeti, furono deportati nell’interno dell’Anatolia e massacrati. Il Maggiore Generale dell’impero Ottomano Friedrich Bronsart von Schellendorf, tedesco, è considerato l’iniziatore delle deportazioni. Le sue sinistre «marce della morte» sono la prova generale delle marce della morte naziste.

Esce in questi giorni Mia nonna d’Armenia di Anny Romand, con prefazione di Dacia Maraini e alcune struggenti foto d’epoca (La lepre, pagg. 128, euro 16; trad. Daniele Petruccioli). Riordinando le cose di famiglia, Anny Romand attrice, scrittrice e fotografa ha rinvenuto un diario di settanta pagine, scritto in armeno, francese e greco dalla nonna materna. In esso è descritto il viaggio terribile di un gruppo di donne e bambini armeni, costeggiando l’Eufrate, lungo le strade dell’Anatolia. Una «marcia della morte» raccontata da una vittima sopravvissuta. In quelle scarne paginette, Anny riconosce il racconto della nonna Serpouhi, ascoltato tante volte da piccola, contro il volere della madre. «Mia madre era molto contrariata quando ci trovava in lacrime, una nelle braccia dell’altra: la farai impazzire, questa bambina!».

Nessuno ascolta la nonna, quando racconta. Solo Anny. L’anziana donna nasce in una famiglia armena borghese di Samsun, sul Mar Nero e segue il padre in Palestina, ingegnere. Tornata in patria alla sua morte, è maritata a 15 anni a un turco di Trebisonda. Che si rivela un buon marito e a cui darà quattro figli. Due di questi sono vivi nell’aprile 1915, all’inizio del genocidio. Durante il quale vengono uccisi, prima il marito, poi la figlioletta di quattro mesi. Serpouhi è spinta a forza col figlio di quattro anni in una delle carovane della morte dirette a Sud. Le atrocità cui assiste sono inenarrabili: vede scaraventare nell’Eufrate due carretti pieni di bambini piccoli. Di fronte ai corpicini dei piccoli che annegano e ai carnefici che li guardano con sorrisi sarcastici, scrive in armeno: «Oh Dio mio, ti scongiuro lasciami vivere per vedere quegli infelici vendicati». Decide allora di lasciare suo figlio a una famiglia di sconosciuti contadini, per offrirgli una possibilità di sopravvivenza. Poi, scappa due volte, arriva sul Mar Nero, se ne sta nascosta due anni; va a Costantinopoli. Fa di tutto per ritrovare il figlio. Lo ritrova in un orfanotrofio nell’attuale Georgia.

Vai al sito