Dopo quasi trent’anni riapre il Museo armeno di Gerusalemme (TerraSanta.net 31.10.22)

Rinnovato, dopo essere stato chiuso dal 1995, il 23 ottobre è stato inaugurato il Museo «Edward e Helen Mardigian» nel quartiere armeno della città vecchia di Gerusalemme. La struttura dovrebbe aprire al pubblico nel mese di novembre.


Domenica 23 ottobre è stata solennemente celebrata la riapertura del Museo d’Arte e Storia intitolato a Edward e Helen Mardigian, all’interno del Convento armeno nella città vecchia di Gerusalemme. L’evento si è svolto alla presenza del Patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian, che in un discorso ha sottolineato «l’importanza di ridar vita al Museo armeno in un centro come Gerusalemme». Lo riferisce la testata indipendente armena Orer, che spiega che il museo è destinato a diventare un «centro importante per lo studio della storia ecclesiastica e secolare armena e dell’arte armena», insieme alla biblioteca Gulbenkian.

Per il Patriarcato latino di Gerusalemme, che ha preso parte all’evento, la cerimonia ha segnato «l’inizio di un nuovo capitolo della presenza armena nella Città Santa». Queste sono state anche le parole di padre Arakel Aljalian, parroco armeno-statunitense della Chiesa armena di San Giacomo a Watertown (Massachusetts). Quest’ultimo offrì la sua mediazione ai figli dei signori Mardigian, storici mecenati del museo, perché proseguissero l’opera dei genitori. Il museo, fondato alla fine degli anni Sessanta, era stato chiuso nel 1995 e dovrebbe aprire le sue porte ai visitatori in novembre.

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Ristrutturato sotto la guida dell’architetto armeno franco-libanese Harutiun Bezdjian, il museo mette in luce la storia e il patrimonio del popolo armeno in Terra Santa. «Per un popolo la cui esistenza è stata messa in discussione e minacciata, un museo non è solo una collezione di manufatti e oggetti preziosi. È anche un modo per preservare e trasmettere la conoscenza della nostra storia”, ha sottolineato padre Arakel Aljalian.

Uno scrigno per la Gerusalemme armena

Il museo custodisce oggetti preziosi (croci, calici, cibori, ostensori, pastorali, ecc.), lettere e documenti ufficiali, oltre a una ventina di manoscritti provenienti dalla collezione di manoscritti del Patriarcato armeno, la seconda più grande del mondo. L’edificio espone anche arazzi, tendaggi d’altare, paramenti sacerdotali di antichi patriarchi e diademi ricamati con fili d’argento e oro oltre, naturalmente, a ceramiche.

La riapertura del Museo armeno alla presenza del Patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manugian. (foto Patriarcato armeno di Gerusalemme).

Tutto questo patrimonio racconta la ricca storia della presenza armena a Gerusalemme, dalla conquista della Palestina da parte del re armeno Tigrane II nel 95 a.C., fino al periodo ottomano, attraverso la prima forte emigrazione di armeni a Gerusalemme nel IV secolo, dopo che l’Armenia divenne il primo Stato cristiano. Una parte importante dell’esposizione è dedicata anche al genocidio armeno, che nell’Impero ottomano culminò negli anni 1915-1917, e agli orfani che trovarono rifugio nel Patriarcato armeno.

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Cuore dell’esposizione, sotto una maestosa vetrata al centro del museo, è un gigantesco mosaico del VI secolo, scoperto nel 1894 nell’attuale quartiere di Musrara a Gerusalemme, a nord-ovest della Porta di Damasco. Rappresenta una moltitudine di uccelli in mezzo a grappoli d’uva e foglie di vite, tutti simboli che indicano la vita dopo la morte. Misura 6,5 x 4 metri e ornava un tempo la cappella funeraria di San Polieucto, ufficiale della XXII legione romana e soldato-martire del III secolo. Alla base c’è un’iscrizione in armeno che recita: «Alla memoria e per la salvezza delle anime di tutti gli armeni i cui nomi sono conosciuti solo da Dio».

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Sochi, Putin riceve i leader di Armenia e Azerbagian e invita alla pace (Rassegna Stampa 31.10.22)

Il capo del Cremlino cerca la mediazione al vertice sul conflitto in Nagorno-Karabakh Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che la leadership armena ha la volontà politica di risolvere il conflitto con l’Azerbaigian e ha espresso la speranza che ci possano essere progressi su questo tema durante gli incontri al vertice di Sochi, in Russia. Il capo del Cremlino nella località sul Mar Nero ha avuto colloqui con il presidente azero Ilham Aliyev e con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, prima del vertice a tre sulla crisi in Nagorno-Karabakh. (LAPRESSE)


Putin media la pace tra Azerbaigian e Armenia: “No violenze e rispetto reciproco della sovranità” (Globalist 31.10.22)

Accordo sul Caucaso con Putin,’nessuno userà la forza’ (L’Adige)

Vladimir Putin con i leader armeno e azero a Sochi: “Nel Caucaso nessuno userà la forza” (Rainews)

La mediazione di Putin per la pace nel Nagorno-Karabakh (Euronews 01.11.22)

Putin organizza vertice a Sochi tra Armenia e Azerbaijan per fermare la guerra (Il Messaggero 01.11.22)

Armenia e Azerbaigian concordano di non usare la forza per risolvere la questione Karabakh (AgenziaNova)

La Russia vuole essere l’unico arbitro nel Nagorno-Karabakh (Euronews 31.10.22)

 

IL CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA ADERISCE ALLA MANIFESTAZIONE PER LA PACE DEL 5 NOVEMBRE (Politicamentecorretto.it 31.10.22)

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha deliberato di aderire formalmente alla manifestazione per la pace in programma a Roma il prossimo 5 novembre.

La motivazione di tale decisione risiede nell’auspicio che anche l’Armenia e il Nagorno Karabakh (Artsakh), ripetutamente colpiti da azioni di guerra provocate dal Paese confinante, possano avere un futuro senza guerre, distruzioni e pulizie etniche come purtroppo la cronaca anche di questi ultimi mesi ci ha raccontato.

Il Consiglio ritiene che le istituzioni e l’opinione pubblica europee debbano lanciare un messaggio chiaro affinché violenza, prepotenza, minaccia e guerra non rappresentino lo strumento per dirimere le questioni internazionali e vengano immediatamente condannate senza alcuna giustificazione di natura politica o economica di convenienza.

Anche con l’auspicio che il tutto il popolo armeno (incluso quello dell’Artsakh) possa finalmente ottenere pace, libertà e autodeterminazione, il “Consiglio per la comunità armena di Roma” condivide gli scopi della manifestazione.

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

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L’ombra della guerra atomica si stende sul mondo. Il 5 novembre a Roma la manifestazione nazionale per la pace (Korazym)

ARMENIA. LA POLITICA ESTERA, TRA MINACCE TERRITORIALI E DI STABILITÀ REGIONALE: INTERVISTA AL VICEMINISTRO HOVHANNISYAN (Notizie geopolitiche 31.10.22)

EREVAN. Il 30 ottobre 2022 si è tenuta a Sepanakert, nell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh, una mobilitazione di massa che ha visto la partecipazione di oltre 50.000 persone. I manifestanti hanno chiesto a gran voce il diritto all’autodeterminazione e hanno fatto appello al governo di Yerevan affinché l’Artsakh non passi sotto il controllo dell’Azerbaijan.
L’attacco da parte delle forze azerbaigiane nel settembre 2022, non più diretto contro i territori contesi del Nagorno-Karabakh ma contro il territorio sovrano armeno, ha messo in allerta non solo la popolazione locale, ma l’intera comunità internazionale.
I manifestanti scesi in piazza a Stepanakert hanno anche fatto appello alla Russia. Come stabilito dagli accordi del 9 novembre 2020, infatti, nei territori dell’Artsakh c’è un ingente dispiegamento di peacekeeper russi. Inoltre, oggi, 31 ottobre 2022, si terranno a Soci i colloqui trilaterali tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente azerbaigiano Ilham Aliyev, su invito di Mosca.
Per discutere degli eventi di settembre e delle conseguenti tensioni nel Caucaso, abbiamo incontrato Paruyr Hovhannisyan, viceministro degli Affari esteri della Repubblica di Armenia.

– Qual è la situazione nel paese dopo l’ultimo attacco azerbaigiano del settembre 2022?
”L’Azerbaigian ritiene che la sicurezza del paese si stia deteriorando a causa della guerra in Ucraina e della distrazione russa. È una situazione pericolosa e la possibilità di escalation è molto alta. Iran e Turchia stanno spostando le loro forze lungo i confini. L’Iran ha aperto un consolato nell’Armenia meridionale e la Turchia ne ha aperto uno a Shushi, precedentemente sotto il controllo armeno, oggi passata sotto il governo di Baku.
L’Armenia si è impegnata in tutte le direzioni, con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la Russia, gli Stati Uniti e la Georgia, per perseguire i processi di pace. Stiamo anche proseguendo con la normalizzazione delle relazioni con la Turchia.
L’attacco di settembre si è avvicinato a città armene densamente popolate in tre diverse province. Sono iniziati a circolare video con le scene più crudeli di torture ai danni dei prigionieri presi, come si sono viste solo con lo Stato islamico. Tuttavia gli sforzi di negoziazione sono in corso.
La situazione dipende anche dall’Ucraina. Ogni volta che l’Azerbaigian vede una escalation nel conflitto ucraino, conduce un altro attacco, utilizzando anche il gas e l’energia come strumenti per esercitare pressione sulla comunità locale ed internazionale”
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– Negli ultimi decenni l’aiuto della Russia è stato fondamentale per l’Armenia. Attualmente, Erevan è delusa dall’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) e dalla Russia per il mancato intervento nel corso dell’ultima aggressione proveniente dall’Azerbaigian. La Russia svolgerà ancora un ruolo di primo piano nel Caucaso e garantirà la sicurezza dell’Armenia nel prossimo futuro?
La commissione di esperti CSTO ha presentato una relazione e durante l’aggressione ci sono stati diversi cessate-il-fuoco. Certo, ci aspettavamo di più. Tuttavia Mosca ha legami tradizionali con i paesi di questa regione. Non si può immaginare di farla scomparire come qualcuno vorrebbe, perché la Russia è ancora una presenza significativa. Nel Nagorno-Karabakh ci sono 2mila peacekeeper russi. La loro presenza è l’unica garanzia all’esistenza fisica degli armeni nella regione. Inoltre, c’è una base russa sul nostro confine con la Turchia. Se normalizzeremo le relazioni con Ankara, anche questa presenza sarà importante.
Infine l’influenza economica russa, il gas e gli investimenti regionali di Mosca sono notevoli, quindi pensiamo che il Cremlino possa avere un ruolo costruttivo nella regione”
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– Considerando che l’ultima aggressione azerbaigiana non è stata rivolta al Nagorno-Karabakh ma al territorio sovrano dell’Armenia, c’è la possibilità che i paesi occidentali sostengano militarmente Erevan o che vengano imposte sanzioni all’Azerbajian?
Non dovrebbe esistere la politica dei doppi standard. Se il Nagorno-Karabakh era territorio conteso, questa volta Baku ha attaccato un paese sovrano. Non era un villaggio di confine, sono state evacuate città ad alta densità abitativa.
La condanna più forte è arrivata dall’Iran, che ha ribadito che non tollererà cambiamenti nei confini o all’integrità territoriale dell’Armenia. L’apertura del consolato iraniano a Kapan ha dimostrato la serietà delle loro affermazioni.
La reazione degli Stati Uniti è stata più forte rispetto al passato, ma continuiamo a pensare che non sia sufficiente e che questo abbia incoraggiato l’Azerbaijan a essere più aggressivo”
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– Il 18 giugno 2023 in Turchia si terranno le elezioni presidenziali. Se il presidente turco Recep Tayyip Erdogan perdesse il potere, è plausibile che il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, perda il supporto turco e si indebolisca la sua posizione?
Dipende da chi verrà dopo, l’alternativa ad oggi non è chiara. Sicuramente le elezioni che si avvicinano non aiutano il processo di normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia. Erdogan, infatti, è divenuto più nazionalista e assertivo. Di conseguenza le posizioni verso il Caucaso meridionale sono diventate più radicali e aggressive.
Abbiamo avuto il primo incontro tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a Praga e, almeno formalmente, hanno confermato che continueranno il processo di normalizzazione. Tuttavia, il ministro degli esteri turco ha dichiarato che Ankara acconsentirà ai termini degli accordi stipulati solo se anche l’Azerbaigian sarà d’accordo, quindi qualunque cosa si stabilisca, non ha valore se Baku disapprova.
Sappiamo di avere un vicino molto imprevedibile, ma continueremo a impegnare tutti i nostri sforzi nel processo di normalizzazione e pace”
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– Nel 2022 la CSTO ha aiutato il Kazakistan durante la presidenza armena. Nel settembre 2022 l’Armenia non ha ricevuto lo stesso sostegno. È ipotizzabile che la CSTO non si adatti più all’attuale scenario geopolitico?
I punti sollevati sono validi. Yerevan non ha bloccato l’intervento della CSTO in Kazakistan per un solo motivo, perché pensavamo che se fosse successo all’Armenia, tutti avrebbero fatto lo stesso per noi. Poi abbiamo avuto gli attacchi di settembre 2022. Non capiamo molto bene cosa stia succedendo con la CSTO. Va sottolineato che l’organizzazione non è comunque in buona forma. Il Kirghizistan ha sospeso la sua membership nell’organizzazione a causa di problemi di confine con il Tagikistan. Il Kazakistan ha dichiarato pubblicamente che non invierà mai nulla in Armenia a causa della sua cooperazione con l’Azerbaijan nella regione del Caspio, della sua appartenenza al Consiglio turco e perché entrambi sono stati islamici.
Alcuni sostengono che dovremmo lasciare immediatamente l’organizzazione, ma che prospettiva abbiamo ora di entrare in un’altra struttura di sicurezza? E cosa guadagneremmo? Questi paesi diventeranno più amichevoli? Sicuramente l’attività della CSTO attualmente è anche limitata dal fatto che non si possono più acquistare armi visto che sono state reindirizzate in Ucraina”
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– L’Iran ha dichiarato fermamente che non tollererà un cambiamento nei confini con l’Armenia. È stato discusso un eventuale intervento militare iraniano in caso di un altro attacco?
”L’apertura del loro consolato nel sud dell’Armenia è un passo che dimostra che sono seri quando dicono che cambiare i confini armeno-iraniani è per loro una linea rossa. Sono state fatte dichiarazioni a tutti i livelli, incluso un messaggio diretto in fronte a Putin ed Erdogan, e non era mai successo prima. Per l’Iran, la perdita della parte meridionale dell’Armenia sarebbe inaccettabile, quindi mi aspetterei ogni possibile reazione.
Inoltre gli iraniani non sono contenti delle provocatorie affermazioni dell’Azerbaijan nei confronti della minoranza azera che vive nel nord del paese. Baku ha più volte avanzato rivendicazioni territoriali e sul patrimonio culturale persiano/iraniano”
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– Nell’aprile 2021 gli Stati Uniti hanno riconosciuto il genocidio armeno. Il mese scorso Nancy Pelosi ha visitato l’Armenia e qui a Yerevan, Washington ha la sua più grande ambasciata nella regione. Alcuni analisti hanno sottolineato che l’improvviso interesse degli Stati Uniti per l’Armenia potrebbe essere un tentativo di riempire il vuoto lasciato dalla Russia e contrastare Mosca. Cosa ne pensa? L’impegno degli Stati Uniti sta influenzando le relazioni armene con la Russia?
Si potrebbe pensare che sia così. Tuttavia noi non abbiamo bisogno di spingere in favore di una parte o dall’altra. Quello che vogliamo è un maggiore coinvolgimento internazionale. Ecco perché per noi era l’ideale quando c’era il gruppo di Minsk che vedeva coinvolti gli Stati Uniti, la Russia e la Francia. Non abbiamo mai voluto che la scena fosse dominata da un unico attore. Vogliamo l’internazionalizzazione, quindi gli Stati Uniti sono importanti da questo punto di vista. Ad esempio, il rilascio di 70 prigionieri dopo l’attacco del settembre 2022 è un risultato ottenuto grazie agli sforzi di Washington. Quale forma e dimensione avrà il loro impegno nella regione certo è un problema.
La cooperazione con gli Stati Uniti non è iniziata con l’Ucraina. Non metterei le nostre relazioni solo nel contesto dei recenti sviluppi sul piano internazionale. Il gruppo di Minsk è stata un’occasione in cui Russia e USA hanno cooperato efficacemente senza disaccordi. Non vorremmo mai essere visti alla luce del confronto tra le due potenze, né essere spinti a scegliere tra di loro; non vogliamo scegliere.
La Russia è stata importante militarmente e strategicamente come gli Stati Uniti nell’assistenza e nello sviluppo della democrazia. Vogliamo continuare a collaborare con partner specifici, poiché crediamo che una pace duratura possa essere raggiunta solo con la garanzia delle grandi potenze”
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– Diversi analisti hanno evidenziato un divario tra gli armamenti armeni e quelli azerbaigiani. Come risolvete queste differenze?
La superiorità a volte viene dagli alleati. Le differenze non sono necessariamente tra noi e l’Azerbaigian, ma forse tra noi e l’Azerbaigian più la Turchia. Il livello di cooperazione tra loro sta raggiungendo i connotati di una confederazione, più dell’unione fra Russia e Bielorussia. Anche il coinvolgimento del Pakistan è molto pericoloso. Cerchiamo di recuperare il gap militare con forniture dall’India e portiamo avanti gli sforzi diplomatici. Il nostro approccio è che per una pace duratura non ci siano soluzioni militari”.

– Come sono i rapporti tra Italia e Armenia?
È un rapporto molto speciale, non solo storico, con l’Impero Romano e i diversi stati italiani, ma anche caratterizzato con progetti comuni, ad esempio con Renco e Finmeccanica.
È difficile competere con l’Azerbaigian, perché Baku vuole fare dell’Italia la sua Francia in Europa. Sicuramente sono riusciti a rafforzare il legame con Roma utilizzando lo strumento economico, ma non sono mai riusciti a trasformare l’Italia in uno stato anti-armeno. Forse a volte avremmo voluto sentire voci più forti dall’Italia; questo è stato il caso quando l’Azerbaigian ha condiviso gli orribili video con le torture ai danni dei prigionieri armeni”
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A Sochi incontro Russia-Armenia-Azerbajgian. La Repubblica armena di Artsakh mai potrà essere assoggettata alla dittatura azera (Korazym 30.10.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.10.2022 – Vik van Brantegem] – Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha incontrato ieri, 29 ottobre 2022 (foto sotto), i rappresentanti dei partiti presenti nel Parlamento, che oggi si è riunito in sessione straordinaria per discutere il futuro della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh alla luce delle ultime sviluppi politici e ha adottato una Dichiarazione che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana.

Qualsiasi tentativo di annettere con la forza l’Artsakh all’Azerbajgian sarebbe una grave violazione del diritto internazionale e una licenza a commettere un altro genocidio contro il popolo armeno, quindi qualsiasi documento con un tale contenuto è inaccettabile per l’Artsakh.

«Point n’est besoin d’espérer pour entreprendre ni de réussir pour persévérer» (Guglielmo il Taciturno, Principe di Orange-Nassau).

Qualsiasi tentativo dell’Azerbajgian dittatoriale di annettere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Kararakh democratica è inaccettabile. Non devieremo dal nostro percorso. L’Artsakh non farà mai parte dell’Azerbajgian. Lo ha dichiarato il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, David Babayan, in un post su Facebook oggi [QUI]. “Riteniamo inaccettabile qualsiasi tentativo da parte dell’Azerbajgian dittatoriale di annettere l’Artsakh democratica e respingiamo qualsiasi proposta del genere. Consideriamo questo come una grave violazione dei valori umani universali e del diritto internazionale, una violazione delle norme morali”, ha affermato Babayan. “Ognuno di voi ora ha una scelta, o passare alla storia come una generazione indegna, codarda e antipatriottica, che non è riuscita a difendere la sua santa Patria, o passare alla storia come una generazione di principi, coraggiosa, patriottica e saggia che ha adempiuto alla sua missione biblica e, nonostante tutte le difficoltà, ha dimostrato che è impossibile spezzare, insultare, calpestare l’onore, la storia e i valori dell’Artsakh e del popolo armeno”, ha detto oggi Babayan, condividendo le foto del raduno nella piazza centrale della capitale di Artsakh, Stepanakert. “Sono sicuro che sarà così. Sono sicuro, perché abbiamo Yerablur, abbiamo Tsitsernakaberd, abbiamo Shushi, siamo responsabili verso le generazioni future e gli eroi immortali, e alla fine dobbiamo rispondere a Dio”, ha detto Babayan.

La manifestazione in piazza della Rinascita a Stepanakert è stata convocata in parallelo con una seduta straordinaria dell’Assemblea nazionale, durante la quale i parlamentari hanno adottato una dichiarazione. Al raduno hanno partecipato circa 40.000 persone, tra cui anche il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, e gli ex Presidenti Arkady Ghukasyan e Bako Sahakyan.

Domani, 31 ottobre 2022, il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan partirà per la Federazione Russa in visita di lavoro. Pashinyan avrà un incontro con il Presidente russo, Vladimir Putin, a Sochi. È previsto anche un incontro tripartito dei leader di Armenia, Russia e Azerbajgian, ha confermato il Cremlino. In precedenza Putin, intervenendo a un vertice dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), aveva detto che Mosca sta facendo tutto il possibile per favorire una normalizzazione completa delle relazioni tra l’Armenia e l’Azerbajgian. La Federazione Russa ha fatto da mediatore per il cessate il fuoco che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni di Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nell’autunno del 2020 e ha schierato 2.000 suoi soldati in un’operazione di peacekeeping, ma rimangono frequenti gli incidenti di frontiera.

Quando Vladimir Putin, Ilham Aliyev e Nikol Pashinyan si incontreranno a Sochi, sono invitati a guardare le foto delle manifestazione per la propria libertà e il proprio futuro del popolo armeno della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, che mai potrà essere assoggettato alla dittatura azera. Autodeterminazione, mai nell’Azerbajgian, governata da una dittatura criminale e guerrafondaia.

Il palazzo del Parlamento della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nella capitale Stepanakert.

Artsakh non è mai stato e non farà mai parte dell’Azerbajgian indipendente. Questa stessa idea dovrebbe essere la base per la risoluzione del conflitto azerbaigiano-karabakh, ha affermato l’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh in una dichiarazione adottata all’unanimità da tutte le fazioni oggi. Di seguito il testo integrale della dichiarazione.

I parlamentari hanno affermato che “qualsiasi tentativo di annettere con la forza l’Artsakh all’Azerbajgian sarebbe una grave violazione del diritto internazionale e una licenza ufficiale per commettere un altro genocidio contro il popolo armeno, quindi qualsiasi documento con un tale contenuto è inaccettabile per la Repubblica dell’Artsakh”.

Dichiarazione del Parlamento della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh

Gli sviluppi degli ultimi mesi, le dichiarazioni e le posizioni di vari centri di potere e organizzazioni internazionali relative alle prospettive di risoluzione del conflitto azerbaigiano-karabakh e al futuro dell’Artsakh hanno destato grave preoccupazione nell’Artsakh e nell’intera comunità armena.

L’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh, esprimendo la volontà collettiva del popolo dell’Artsakh, ritiene necessario fissare e documentare quanto segue per il mondo in questo periodo cruciale.

  • L’Artsakh non è mai stato e non farà mai parte dell’Azerbajgian indipendente. Proprio questa idea dovrebbe essere la base per la risoluzione del conflitto azerbaigiano-karabakh.
  • Qualsiasi tentativo di annettere con la forza l’Artsakh all’Azerbajgian sarebbe una grave violazione del diritto internazionale e una licenza ufficiale per commettere un altro genocidio contro il popolo armeno, quindi qualsiasi documento con un tale contenuto è inaccettabile per la Repubblica di Artsakh.

Riaffermando che la trinità Armenia-Artsakh-Diaspora è tra le basi chiave di tutti i nostri successi e conquiste, così come del processo di costruzione dello Stato, l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh ha affermato quanto segue:

  • Nessuna autorità nella Repubblica di Armenia ha il diritto di rifiutare la missione per garantire la sicurezza del popolo dell’Artsakh o di accettare qualsiasi documento che metta in dubbio l’esistenza della Repubblica sovrana di Artsakh. Esortiamo le autorità della Repubblica di Armenia a difendere gli interessi comuni delle due Repubbliche armene su piattaforme internazionali, sulla base dei documenti fondamentali esistenti, in particolare, la Dichiarazione di Indipendenza della Repubblica di Armenia e la storica decisione del Consiglio Supremo dell’8 luglio 1992.
  • Chiediamo agli Armeni di tutto il mondo di continuare a sostenere l’Artsakh, proteggere i diritti e gli interessi dell’Artsakh in vari Paesi e istanze internazionali e contribuire con ogni mezzo al processo di riconoscimento della Repubblica di Artsakh.
  • La Repubblica di Artsakh è un sostenitore della pace stabile e, di conseguenza, dei passi volti alla firma di un accordo di pace, ma le autorità della Repubblica di Armenia dovrebbero affrontare la questione del riconoscimento dell’integrità territoriale della Repubblica dell’Azerbajgian con riserve, considerando il fatto che il conflitto azerbaigiano-karabakh non sia ancora risolto.
  • Qualsiasi documento o proposta che metta in dubbio la sovranità della Repubblica di Artsakh, il nostro diritto all’autodeterminazione e il fatto della sua realizzazione è per noi inaccettabile, poiché non riflette le realtà storiche e legali. La comunità internazionale deve rispettare la richiesta degli Armeni dell’Artsakh, poiché rispetta i principi e le norme fondamentali del diritto internazionale.
  • Tenendo conto del ruolo storico della Russia nell’assicurare pace e stabilità nella nostra regione e, in particolare, della partecipazione diretta e attiva del Presidente Vladimir Putin nell’arrestare la guerra di 44 giorni impostaci nel 2020 dall’aggressore-Azerbajgian, facciamo appello alla Federazione Russa e chiedere di continuare il suo impegno per garantire la sicurezza del popolo di Artsakh. Per rafforzarlo, proponiamo di introdurre ulteriori meccanismi politici e militari, tenendo conto dei reali pericoli esistenziali che minacciano gli Armeni di Artsakh.
  • La nostra lotta è continua e la nostra posizione è immutata; esprime la volontà collettiva degli Armeni di tutto il mondo e deriva pienamente dai principi delineati nella dichiarazione del 14 aprile 2022 dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh.

Per stabilire la pace è necessario attuare tutte le disposizioni delle dichiarazioni trilaterali del 9 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021, e portare la questione del Nagorno-Karabakh in un porto certo, ha affermato il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, alla VI Convenzione del Partito Contratto Civile. “Tutti dicono che l’attuazione inequivocabile della dichiarazione del 9 novembre è una condizione necessaria. Armenia, Azerbajgian, Russia e la comunità internazionale dicono lo stesso”, ha affermato, aggiungendo che è importante escludere interpretazioni errate del testo della dichiarazione. “Abbiamo detto che escludiamo qualsiasi corridoio nel territorio della Repubblica di Armenia e non forniremo alcun corridoio a nessuno. Questa è una posizione di principio e irrevocabile, basata sulla dichiarazione del 9 novembre”, ha affermato Pashinyan. “Il punto 9 della dichiarazione trilaterale riguarda lo sblocco e l’apertura di tutte le comunicazioni regionali. C’è una disposizione secondo cui la Repubblica di Armenia dovrebbe garantire un collegamento tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e Nakhchivan. In secondo luogo, dice quando/se le parti sono d’accordo, è possibile costruire nuove strade per garantire tale comunicazione”, ha osservato Pashinyan. Ha detto che una bozza di decisione sulla fornitura di un collegamento tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma Nakhchivan è stata fatta circolare e può essere adottata entro poche ore, ma l’Azerbajgian rifiuta l’opzione, insistendo su nuove infrastrutture, che saranno separate e non saranno controllate dalla Repubblica di Armenia. “Non siamo d’accordo e non può essere reale. Siamo pronti per la costruzione di nuove strade. Fa parte del nostro programma Crocevia Armena. Ma dovrebbe avvenire nel quadro della nostra legislazione”, ha affermato Pashinyan.

La Federazione Russa sostiene l’idea di concludere un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, mentre non imporrà nulla all’Armenia. La scelta di una soluzione è affare del popolo e della leadership armena. Lo ha affermato il Presidente russo, Vladimir Putin, il 27 ottobre 2022 nella plenaria conclusiva dell’incontro del XIX Incontro annuale del Valdai International Discussion Club a Mosca. “La nostra posizione è che questo trattato di pace è, ovviamente, necessario e sosteniamo una soluzione pacifica, così come la delimitazione del confine e la completa risoluzione della questione del confine”, ha affermato il Presidente russo. “La domanda è: quale opzione scegliere? Spetta all’Armenia, al popolo armeno e alla leadership armena decidere. In ogni caso, qualunque opzione si scelga, se porta alla pace, noi siamo favorevoli. Ma non imporremo nulla. Non possiamo e non abbiamo intenzione di dettare nulla all’Armenia”, ha assicurato Putin.

Gli Armeni vogliono la pace.
L’Azerbajgian e la Turchia
vogliono l’Artsakh e l’Armenia.

Postscriptum

Nell’attacco azero all’Armenia di metà settembre 2022, sono morti 240 soldati e civili armeni. Lo ha dichiarato oggi il Presidente del Parlamento armeno, Alen Simonyan.

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Il Cremlino conferma il vertice Putin-Aliyev-Pashinyan a Sochi (Bluwinch)


ARMENIA – AZERBAIGIAN. Russia: stop alle pretese armene (Agcnews)

Armenia pronta a trovare un accordo sul Nagorno-Karabakh (RTMNews 30.10.22)

Le relazioni tra le ex repubbliche sovietiche di Armenia e Azerbaigian sono tese dal 1991, quando l’esercito armeno occupò illegalmente il Nagorno-Karabakh, un territorio riconosciuto internazionalmente come parte dell’Azerbaigian, e sette regioni adiacenti . All’inizio dello scorso di settembre, l’Armenia ha accettato di lavorare sulla base dei principi e dei parametri principali per stabilire relazioni interstatali tra Yerevan e Baku. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato ieri la sua volontà di firmare un documento domani 31 ottobre per estendere la presenza delle forze di pace russe nel Nagorno-Karabakh per altri 10 o 15 anni. La notizia arriva quando è stato confermato l’incontro tra i presidenti di Russia e Azerbaigian, Vladimir Putin e Ilham Aliyev, rispettivamente, con il primo ministro armeno, nella città russa di Sochi, e dove le parti intendono affrontare il conflitto tra Yerevan e Baku. I negoziati si svolgeranno su iniziativa della parte russa, ha affermato il Cremlino in una nota. L’obiettivo dei colloqui è attuare gli accordi raggiunti dai tre Paesi nel 2020 e nel 2021 nel tentativo di “rafforzare stabilità e sicurezza” nella regione. L’ultimo incontro tra Putin, Aliyev e Pashinian è avvenuto a Sochi il 26 novembre 2021. Questa settimana,  l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’alleanza militare post-sovietica guidata dalla Russia, ha organizzato un vertice straordinario per trovare una via d’uscita politico-diplomatica al conflitto tra Armenia e Azerbaigian. I vertici dell’alleanza, composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan, hanno espresso la ferma convinzione che “le contraddizioni e le controversie esistenti debbano essere risolte con mezzi politici e diplomatici”, secondo gli accordi raggiunti tra i leader di Armenia e Azerbaigian nel 2020 e 2021, mediata da Mosca. A metà settembre sono stati segnalati violenti scontri armati in varie aree del confine armeno-azero, che hanno provocato oltre 200 morti e centinaia di feriti da entrambe le parti. Nella sua esortazione, il premier armeno ha dichiarato: “Dichiaro ufficialmente di essere pronto a firmare un documento a Sochi affinché la rappresentanza delle forze di pace russe in Nagorno-Karabakh si svolga senza condizioni per 10, 15 o 20 anni”.

Il ministero della Difesa armeno ha rifiutato di commentare l’acquisto di droni kamikaze iraniani, citando segreti di stato (Avia 30.10.22)

Il ministero della Difesa armeno non ha confermato né smentito le informazioni sull’acquisto di droni kamikaze iraniani.

L’informazione che l’Armenia sta acquistando un centinaio di droni kamikaze iraniani è apparsa circa un mese fa. Nonostante siano stati visti aerei cargo in partenza dall’Iran verso l’Armenia, il ministero della Difesa armeno non ha confermato né smentito questi dati, riferendosi al fatto che la questione dell’acquisto di armi è un segreto di Stato.

Secondo fonti, l’Iran ha venduto un grosso lotto di droni Shahed-131 e Shahed-136 all’Armenia. Questi ultimi, come notato, sono molto efficaci, soprattutto quando si effettuano incursioni massicce su obiettivi nemici. Se le informazioni sull’acquisto di armi iraniane saranno confermate, ciò potrebbe servire come pretesto per una nuova escalation tra Yerevan e Baku, poiché in precedenza l’Azerbaigian aveva avvertito l’Armenia delle possibili conseguenze in caso di acquisizione di armi iraniane. Inoltre, l’acquisto di droni iraniani viola la risoluzione 231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ciò può anche portare a una grave complicazione delle relazioni con i paesi occidentali, in relazione alla quale Yerevan probabilmente non commenta le informazioni attuali.


Подробнее на: https://avia-pro.it/news/minoborony-armenii-otkazalos-kommentirovat-zakupku-iranskih-dronov-kamikadze-soslavshis-na

Eurovision, “Snap” di Rosa Linn prima non italiana nella Top 10 Fimi (Eurofestivalnews 29.10.22)

Continua la scia di record per “Snap”, la canzone con cui Rosa Linn ha rappresentato l’Armenia all’Eurovision 2022 sul palco di Torino.

Settimana trionfale, con una serie di primati. Intanto: raggiunge la top 10 nella chart italiana ufficiale – quella Fimi – esattamente al decimo posto: è in assoluto il primo brano non italiano della storia dell’Eurovision a riuscirci ed anche il primo armeno in assoluto della storia della musica, che era già entrato nelle scorse settimane in Top 15 ed aveva già conquistato il disco d’oro in Italia e Svezia.

Il risultato è ancora maggiore perché stiamo parlando non della versione bilingue con Alfa bensì proprio del brano presentato in concorso all’Eurovision.

Nel dettaglio sono 7 le canzoni entrate nella chart italiana FIMI dal 2001 in poi:

  • The worrying kind(The Ark– Svezia 2007, 18° posto) – Posizione massima 34, 3 settimane in classifica
  • Euphoria(Loreen– Svezia 2012, vincitrice) – Posizione massima 27, 20 settimane in classifica
  • Only teardrops(Emmelie de Forest– Danimarca 2013, vincitrice) – Posizione massima 81, 2 settimane in classifica
  • Rise like a phoenix(Conchita Wurst– Austria 2014, vincitrice) – Posizione massima 26, 2 settimane in classifica
  • Heroes(Måns Zelmerlöw– Svezia 2015, vincitrice) – Posizione massima 87, 4 settimane in classifica
  • Stefania(Kalush Orchestra– Ucraina 2022, vincitrice) – Posizione massima 53, 1 settimana in classifica
  • Snap(Rosa Linn– Armenia 2022, 20° posto) – Posizione massima 10, 16 settimane in classifica (al momento)

Dunque, con questo risultato supera  dunque gli ABBA, la cui “Waterloo”, prima nel 1974 era la canzone eurovisiva internazionale ed in lingua originale meglio classificata della storia, avendo toccato per l’appunto il quindicesimo posto in quello stesso anno, stabilendo il record assoluto per un brano non italiano nelle classifiche Fimi, ora superato dalla cantante armena.

Ma “Snap” batte anche il record assoluto Fimi, considerando anche i piazzamenti migliori degli ABBA che avevano avuto le versioni nella nostra lingua dei successi eurovisivi.

Il record era detenuto da “La danza delle note”, versione italiana “Puppet on a string” di Sandie Shaw (vincitrice nel 1967), atterrata in posizione 12; seguita da   “Io si, tu no”, versione italiana di “Poupée de cire, poupée de son”, di France Gall, vincitrice dell’edizione di Napoli 1965 dell’Eurovision, che toccò il tredicesimo posto. Ora però Rosa Linn si è lasciata tutti alle spalle.

Meglio di Rosa Linn ha fatto in assoluto solo “Rise like a phoenix” di Conchita Wurst, ma il quarto posto raggiunto in Italia si riferiva esclusivamente ai downloads su iTunes, anche se resta tuttora il piazzamento più alto di un brano eurovisivo non italiano nelle nostre classifiche in generale.

Le certificazioni aumentano

Ma non è finita. Perché oltre ai due citati dischi d’oro ne sono arrivati altri tre, rispettivamente in Spagna (30.000) fra copie e streaming, Svizzera (10.000) e Portogallo (5.000), ai quali si aggiunge il disco d’argento nel Regno Unito che non soltanto da solo vale molto più di tutti gli altri (200.000 fra copie e streaming), ma è anche il primo armeno in assoluto in UK, dove storicamente i brani eurovisivi non britannici non permeano.

Vale ricordare che l’unica certificazione nel Regno Unito, la stessa di Rosa Linn, l’ha presa Sam Ryder e che i Måneskin avevano preso anch’essi soltanto un disco d’argento.

Sale anche nella chart europea

Settimana proficua anche nella chart europea dei brani più scaricati in Europa: la classifica di riferimento APC Chart questa settimana la vede salire al sesto posto, quindi guadagnare una posizione.

Anche a livello radiofonico, sale ancora: Eurotop 44, la classifica europea più accurata, nostro riferimento, la vede sempre al terzo posto, mentre su Radiomonitor, che riunisce le emittenti europee associate al servizio, la vede salire dalla numero 3 alla 2.

L’artista armena, prodotta da Tamar Kaprelian, la cantautrice statunitense figlia di esuli armeni che fu parte del supergruppo Genealogy all’Eurovision 2015, con “Face the shadow” sarà  anche protagonista a Giugno, come opening act di alcune tappe del tour Usa di Ed Sheeran.29

Diplomazia pontificia, la pace in Armenia, Gallagher in Algeria (AciStampa 29.10.22)

Per i 30 anni di relazioni diplomatiche, il Cardinale Parolin celebra una messa per la pace in Armenia. L’arcivescovo Gallagher in Algeria per i 50 anni di relazioni diplomatiche

Mentre c’è una statua della Madonna di Fatima nel Caucaso che ha toccato anche l’Azerbaijan, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, celebra una Messa per l’Armenia. L’occasione, significativa, sono i 30 anni di relazioni diplomatiche, ma in realtà è una Messa importante perché dimostra ancora una volta la vicinanza della Santa Sede all’Armenia, specialmente riguardo la questione del Nagorno Karabakh. Dopo una pace dolorosa, una risoluzione europea che chiede di proteggere i luoghi cristiani nella regione e una dell’UNESCO che chiede di preservarli, l’Armenia si trova ancora una volta sotto attacco.

Altre informazioni: l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati, è stato in Algeria per i cinquanta anni di relazioni diplomatiche. Viene dalla Segreteria di Stato il nuovo nunzio a El Salvador.

FOCUS PAROLIN

Il Cardinale Parolin dice una Messa per la pace in Armenia

Il 26 ottobre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha presieduto una celebrazione eucaristica nella Basilica di Santa Maria Maggiore in occasione del 30esimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Armenia.

La Messa era intesa anche come una speciale preghiera per la pace nella regione del Caucaso, perché l’Armenia continua a subire attacchi dall’Azerbaijan nonostante abbia siglato una pace “dolorosa” nel 2021. La regione contesa dall’Azerbaijan non è più solo il Nagorno Karabakh, Artsakh nella tradizione armena, ma anche un corridoio per raggiungere la regione che taglierebbe in due il territorio armeno.

Nella sua omelia, il Cardinale Parolin ha delineato come “segno importante” la decisione di aprire una nunziatura a Yerevan, ha ricordato le ottime relazioni di dialogo ecumenico tra Chiesa Cattolica e Chiesa Apostolica Armena, cementato dai diversi incontri tra Papa Francesco e il Catholicos Karekin II, ha messo in luce il legame con la Chiesa cattolica armena delineato nella comunione ecclesiastica concessa dal Papa al nuovo Catholicos di Cilicia Raphael Bedros Minassian.

Il Cardinale ha affidato la pace al “dottore della pace” San Gregorio di Narek, ma anche alla Vergine Maria, ricordando che proprio in questi giorni la statua della Madonna di Fatima sta viaggiando nel Caucaso, e ha toccato sia territorio armeno che territorio azerbaijano.

Il Segretario di Stato vaticano ha notato che gli “armeni sono un popolo di profonda fede”, la cui spiritualità è “fondata su una solida base di pietra, sul khatchkar”.

“Questo grande Paese – ha detto il cardinale Parolin – si è sempre distinto come la prima nazione ad abbracciare la fede cristiana. Nel corso dei secoli, la fede cristiana ha sostenuto questo grande popolo, soprattutto nei momenti difficili della sua storia”.

Alla celebrazione era presente anche Ararat Mirzoyan, ministro degli Affari Esteri armeno.

Mirzoyan e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stai, ebbero una scambio di lettere lo scorso 23 maggio, in occasione del 30esimo anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Armenia e la Santat Sede.

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Il clan Erdogan e gli affari milionari con Baku nel Nagorno-Karabakh (Asianews 28.10.22)

Progetto comune da 100 milioni di euro affidato a uomini di fiducia del presidente turco e del suo omologo azero. La visita dei due leader al parco agricolo da 500 posti di lavoro e 10mila capi di bestiame. Investimenti anche nelle infrastrutture e nelle miniere di oro e rame. Le gare di appalto assegnate alla “Banda dei cinque”.

Istanbul (AsiaNews) – Ankara e Baku in nome della “fratellanza” islamica e degli interessi comuni rafforzano le relazioni lanciando un progetto comune da 100 milioni di euro, affidato a familiari e uomini di fiducia dei presidenti dei due Paesi. Una unità di intenti che è andata crescendo dalla vittoria dell’Azerbaigian sull’Armenia nella guerra del 2020, durante la quale la Turchia ha fornito all’alleato consistenti aiuti militari e che oggi passa all’incasso: aziende vicine a Recep Tayyip Erdogan hanno ricevuto almeno centinaia di milioni in contratti, in particolare nella ricostruzione di territori del Nagorno-Karabakh che gli azeri hanno ripreso durante la guerra.

In alcuni casi le relazioni vanno oltre affari e politica: nella regione di Zangilan membri della famiglia Erdogan sono parte attiva di un complesso affare con parenti dell’omologo azero Ilham Aliyev. I due leader si erano spesi in prima persona nella nascita del parco agricolo di Dost (“amici”) nell’ottobre 2021, un progetto da 100 milioni e 500 posti di lavoro, per un totale di 10mila capi di bestiame; entrambi hanno rivisitato l’area (e il progetto) il 20 ottobre scorso durante una tappa comune nel Nagorno-Karabakh, in cui hanno inaugurato un nuovo aeroporto al confine con Armenia e Iran.

Ad accompagnare Erdogan nel tour vi era Abdulkadir Karagöz, proprietario di Dost Ziraat, principale investitore turco nel parco agricolo, ma soprattutto marito della nipote del presidente, figlia del fratello Mustafa. Poco dopo il matrimonio celebrato nel 2016, l’uomo ha iniziato a collezionare contratti governativi e un volume di affari sempre crescente, uno dei quali è proprio il progetto agricolo nel Karabakh e inserendo nella compagnia altri membri della famiglia Erdogan. In alcuni documenti commerciali analizzati da Eurasianet emergono i nomi di altri due nipoti: Üsame, figlio di Mustafa, e Ahmet Enes İlgen, figlio della sorella del leader Vesile İlgen (oggi fuoriusciti).

Per quanto riguarda il lato azero, il referente più importante è Pasha Investments, parte della Pasha Holding, che unisce una serie di aziende e attività riconducibili alla moglie di Aliyev e primo vice presidente, Mehriban Aliyeva. Tuttavia, la gestione di parco agricolo è appannaggio di un altro alleato di Erdogan, Mehmet Zeki Tuğrul, un tempo membro dell’ala giovanile del partito di governo Akp. Il piano è di espanderlo ulteriormente sfruttando il territorio di Lachin, anch’esso conquistato nella guerra del 2020 contro Erevan.

Karagöz non è il solo uomo d’affari turco del clan Erdogan. Fra gli altri troviamo: Cemal Kalyoncu, presidente di Kalyon Holding; Mehmet Cengiz, presidente di Cengiz Holding; Yıldırım Demirören, presidente di Demirören Holding. Il trio è da sempre un alleato chiave e ne ha accompagnato l’ascesa politica, oltre a essere parte della cricca di aziende nota come “Banda dei cinque”, che si è vista assegnare la maggior parte delle grandi gare di appalto per affari miliardari, oggi concentrati su infrastrutture e miniere (oro e rame).

Un’altra compagnia della Banda dei cinque, la Kolin İnşaat, ha ricevuto anch’essa un sostanzioso appalto per la realizzazione di strade nel Nagorno-Karabakh, finalizzato alla costruzione della “Victory Road” in direzione Shusha, con il partner azero Azvirt. Kolin ha inoltre un ruolo attivo nella creazione di un mercato (situato lungo la “Via dell’amicizia turco-azera”) nel villaggio di Agali, dove si sono trasferiti i primi azeri reinsediati nel territorio conteso. Vi sono circa 30 aziende turche che operano sul territorio, secondo l’ambasciata di Ankara a Baku. “Queste imprese – ha spiegato Yakup Sefer, capo consulente commerciale della Turchia a Baku – hanno già investito oltre un miliardo di euro e le risorse sono destinate a crescere” in futuro.

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