ARMENIA. L’IRAN HA APERTO UN CONSOLATO GENERALE A KAPAN (Notizie Geopolitiche 24.10.22)

di Alberto Galvi –

L’Iran ha aperto un consolato generale a Kapan, nella provincia armena di Syunik, il che sembra essere un messaggio diretto all’Azerbaigian e al suo sostenitore, la Turchia, secondo cui qualsiasi cambiamento dei confini e dei collegamenti l’Armenia non sarà tollerato.
Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian ha ufficialmente inaugurato il 22 ottobre scorso il consolato, rendendo l’Iran il primo paese a stabilire una missione diplomatica nella provincia contesa da Baku e Ankara. Amir Abdollahian ha anche incontrato il primo ministro armeno Nikol Pashinyan a Yerevan, e ha tenuto colloqui con altri importanti politici armeni tra cui il suo omologo Ararat Mirzoyan e Alen Simonyan, presidente dell’Assemblea nazionale.
Baku intende avviare un nuovo collegamento pe ri trasporti che colleghi l’ex enclave azerbaigiana del Nakhchivan con il “corridoio Zangezur”, dove nel 2017 è stata creata una zona di libero scambio per attirare più investimenti ed aumentare le esportazioni verso Iran.
L’Azerbaigian, sostenuto dalla Turchia, richiede un corridoio di transito senza posti di blocco armeni. L’Armenia si oppone, affermando che si tratta di una violazione del cessate-il-fuoco firmato dopo la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, che l’Azerbaigian ha comunque vinto.
Se la rotta verrà stabilita aggirando di fatto i posti di blocco armeni, vi saranno importanti conseguenze a scapito del commercio tra Iran e Armenia, ma si potrebbe interrompere un importante collegamento di transito iraniano verso il Caucaso meridionale. L’Iran sostiene l’Armenia in questa disputa in quanto potrebbe perdere il suo unico confine congiunto con Armenia e Caucaso.

Vai al sito

Armenia, due ragazzi gay postano l’ultimo bacio e si suicidano insieme (Robadadonne 24.10.22)

Due ragazzi armeni, che si chiamavano Tigran e Arsen come si evince dai social media, hanno deciso di suicidarsi insieme e hanno postato le loro ultime foto su Instagram prima di lanciarsi dal ponte Davtashen, a Yerevan, la sera del 20 ottobre.

Lieto fine. Le decisioni sulla condivisione delle foto e sui nostri prossimi passi sono state prese da entrambi“, scrive uno dei due ragazzi sul suo profilo Instagram, in cui ha postato le foto della coppia: in una delle foto, i due si scambiano l’ultimo bacio prima di morire.

Si ritiene che uno dei due ragazzi fosse minorenne.

A condividere la notizia è stato Pink Armenia, un importante gruppo per i diritti LGBTQ con sede a Yerevan, che ha dichiarato in un comunicato che la morte della giovane coppia “dimostra ancora una volta che le persone LGBT in Armenia non sono al sicuro e non sono protette dalla società o dallo Stato“.

In Amenia la comunità LGBTQ affronta una dura opposizione ed è vittima di violenze, sia fisiche che psicologiche, discriminazione ed emarginazione, come riporta Civil Net.

Pink Armenia ha riportato che, purtroppo, la notizia del suicidio di Tigran e Arsen è stata seguita da commenti odiosi e offensivi sui social e sui canali Telegram, che sottolineavano il fatto che i ragazzi erano gay, il che “giustificava” la loro decisione di suicidarsi. Molti commenti addirittura incoraggiavano altri a fare lo stesso.

Pink Armenia ha anche sottolineato che in Armenia esiste uno stigma pesantissimo intorno al tema della salute mentale: nel Paese chiedere aiuto psicologico è visto ancora come un tabù.

La comunità LGBTQ, in particolare, affronta sentimenti di solitudine e rigetto da parte della società e dai famigliari e dagli amici, e spesso questi sentimenti finiscono per sfociare in gravi problemi di salute mentale.

Pink Armenia ha specificato che molti ragazzi queer arrivano al pensiero di suicidarsi a causa dei “sentimenti di colpa, paura, auto-colpevolizzazione e vergogna dovuti all’atteggiamento della società nei confronti del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere“, aggiungendo che è importante garantire a queste persone un supporto psicologico professionale adeguato.

Il gruppo Pink Armenia ha concluso il comunicato inviando le condoglianze alle famiglie di Tigran e Arsen, e invitando chiunque abbia bisogno di sostegno psicologico, legale o sociale a chiedere aiuto: “Ricordate che non siete soli“.

Vai al sito

Comportamento antisportivo dell’atleta turco: tenta di coprire la bandiera armena e non dà la mano (Rainews 23.10.22)

Finisce con una spinta la premiazione di Emre Öztürk che rifiuta di stringere la mano al campione, il sollevatore di pesi armeno Garik Karapetyan

L’ostilità tra Turchia e Armenia si riversa sullo sport. Durante il campionato europeo di sollevamento pesi under 20 in Albania, il due volte campione del mondo giovanile Garik Karapetyan è stato protagonista insieme a Emre Ozturk, l’atleta turco arrivato secondo, di un siparietto poco edificante. In particolare il turco tenta di coprire la bandiera armena con un gesto di stizza, subito restituito dal collega, poi Karapetyan cerca di stringergli la mano – subito dopo l’inno dell’Armenia – ma Ozturk rifiuta. I due si congedano con una spinta: Karapetyan reagisce così e lascia il podio.

Vai al sito

Chiese orientali: Roma, il 28 ottobre apertura dell’inchiesta diocesana sul Servo di Dio card. Gregorio Pietro XV Agagianian (AgenSir 22.10.22)

enerdì 28 ottobre (ore 12), presso la basilica di san Giovanni in Laterano, a Roma, avrà luogo la Sessione di apertura dell’inchiesta diocesana sulla vita, virtù, fama di santità e segni del Servo di Dio card. Gregorio Pietro XV Agagianian, Catholicos patriarca degli armeni cattolici. A presiedere sarà il vicario generale di Papa Francesco per la diocesi di Roma, card. Angelo De Donatis. A dare l’annuncio, in una nota, S.B. Raphael Bedros XXI Minassian, Catholicos patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici.

Tensioni fra Azerbaigian e Iran: grandi esercitazioni militari di Teheran vicino al confine (Scenarieconomici 22.10.22)

Le esercitazioni, denominate “Mighty Iran”, sono iniziate il 17 ottobre. Il luogo esatto non è stato specificato, ma i media iraniani lo hanno collocato tra le province iraniane di Ardabil e dell’Azerbaigian orientale, la parte dell’Iran al di là dell’Aras dalla regione azera di Fuzuli. Un esperto di intelligence open-source, tuttavia, ha analizzato le foto del passaggio su pontoni e lo ha collocato di fronte all’exclave azera di Nakhchivan.

Le esercitazioni arrivano mentre l’Iran ha intensificato i suoi avvertimenti diplomatici a Baku sulle intenzioni dell’Azerbaigian di creare un nuovo collegamento di trasporto che colleghi l’exclave azera di Nakhchivan con la terraferma azera, un percorso che Baku chiama “corridoio Zangezur”. Il percorso passerebbe lungo il confine dell’Armenia con l’Iran, con conseguenze incerte per il commercio tra Armenia e Iran.

L‘Iran non permetterà che venga bloccata la sua via di collegamento con l’Armenia e, per garantire questo obiettivo, la Repubblica islamica dell’Iran ha anche lanciato una guerra in quella regione”, ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian in un’intervista del 19 ottobre all’agenzia di stampa IRNA. Amir-Abdollahian aveva in programma una visita in Armenia il 20 ottobre per inaugurare ufficialmente il nuovo consolato iraniano a Kapan, nella provincia di Syunik, che confina con l’Azerbaigian e l’Iran, come ha riferito il ministero degli Esteri armeno.

I media iraniani hanno descritto le esercitazioni come “massicce”. Le foto ritraggono lunghe file di carri armati e sistemi missilistici a lancio multiplo. I funzionari militari affermano che le forze in esercitazione hanno praticato simulazioni di atterraggi aerei, nonché l’uso di droni suicidi del tipo che la Russia ha recentemente fatto debuttare in Ucraina.

L’elemento più degno di nota dell’esercitazione è stata finora la pratica dell’attraversamento del fiume Aras con ponti di pontoni, che secondo i media iraniani è la prima volta che le forze armate si esercitano su questa tecnica. Il fiume Aras costituisce gran parte del confine tra Iran e Azerbaigian, anche se presumibilmente è stato scelto un raro tratto in cui la sponda settentrionale è territorio iraniano e non azero. Il video dell’esercitazione del 19 ottobre mostra carri armati e camion di rifornimento che passano su un ponte di pontoni.

L’esercitazione indica che “la determinazione delle forze armate ad affrontare qualsiasi regime che voglia tagliare il collegamento terrestre dell’Iran con l’Armenia è seria”, ha twittato l’analista militare iraniano Hossein Daliran.

La notizia giunge mentre le tensioni nella regione stanno crescendo su diversi fronti. Ad agosto, apparentemente in risposta ai regolari avvertimenti dell’Iran sul corridoio Zangezur, i media filogovernativi azeri hanno iniziato ad attaccare l’Iran su una questione profondamente sensibile, incoraggiando la grande minoranza etnica azera del Paese a secedere.

A settembre, l’Azerbaigian ha lanciato un attacco contro un’ampia sezione del confine armeno, sollevando il timore di un’invasione più ampia. La tensione ha continuato a crescere, con un recente aumento delle violazioni del cessate il fuoco. L’Iran, nel frattempo, è stato assediato da proteste antigovernative in tutto il Paese e ha rafforzato la sua alleanza con la Russia attraverso la fornitura di droni.

Dopo le sue minacce di guerra informatica che hanno alimentato il separatismo due mesi prima, Baku è stata notevolmente più tranquilla nei giorni successivi all’inizio di questa esercitazione. Non ci sono stati commenti ufficiali e i media filogovernativi hanno minimizzato la notizia. Alcuni organi di stampa hanno presentato le esercitazioni come se avessero luogo al confine con l’Armenia, mentre altri hanno ipotizzato che il vero obiettivo fosse probabilmente l’Armenia, a causa delle conseguenze disastrose che un attacco all’Azerbaigian avrebbe comportato. (Un articolo del filo-governativo Musavat ha fatto eccezione e non ha minimizzato la questione, definendola “una provocazione e una minaccia molto seria”. Con questo, la parte iraniana sta dimostrando di essere pronta a invadere l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbaigian”).

Ma l’Azerbaigian potrebbe semplicemente aspettare il momento giusto: l’ultima volta che l’Iran ha tenuto esercitazioni militari massicce al confine con l’Azerbaigian, l’anno scorso, Baku ha reagito in modo altrettanto pacato per diversi giorni prima che il presidente Ilham Aliyev rispondesse al fuoco, anche se solo retoricamente.

L’ambasciata iraniana a Baku ha dato messaggi contrastanti sulle esercitazioni. Ha rilasciato una dichiarazione in cui insiste sul fatto che le esercitazioni erano state pianificate in anticipo e che l’Azerbaigian era stato avvisato in anticipo, “tenendo conto delle relazioni amichevoli e fraterne” tra i due Paesi.

Quindi si ripropone un asse Mosca – Erevan -Teheran che, in Medio Oriente, si contrappone all’asse turco Azerbaigian – Turchia. Una tensione crescente in un’area di grande importanza energetica.

Vai al sito

Azerbaigian, il ministero degli Esteri: “Missione Osce di valutazione delle esigenze in Armenia mai discussa in modo collegiale” (Agenzia Nova 21.10.22)

In riferimento all’invio in Armenia di “una missione Osce di valutazione delle esigenze” da parte del segretariato dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), “va notato che la questione dell’invio di tale missione non è mai stata discussa da alcun organo collegiale deliberativo dell’Osce e, di conseguenza, non è stata presa alcuna decisione in merito”. Questo il commento del servizio stampa del ministero degli Affari esteri della Repubblica dell’Azerbaigian sull’invio in Armenia di un gruppo chiamato “missione Osce di valutazione delle esigenze”. “Pertanto – si prosegue nella nota -, qualsiasi gruppo chiamato ‘missione Osce di valutazione delle esigenze in Armenia’, non ha alcun mandato dell’Osce, non può essere associato in alcun modo all’Osce e nessuno dei suoi risultati o rapporti può essere accettato come documento dell’Osce”.

Secondo il servizio stampa della diplomazia azerbaigiana, “questa iniziativa promossa unilateralmente dall’Armenia non è altro che una visita privata di un gruppo di diversi Stati partecipanti e qualsiasi risultato di tale visita sarà valutato di conseguenza”. “Questo passo – si prosegue nella nota – solleva seri interrogativi, dato che, negli ultimi 30 anni, gli sforzi per fermare l’aggressione militare contro l’Azerbaigian ed eliminarne le gravi conseguenze, e persino le altre missioni dell’Osce non legate al già superato conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian, sono stati sempre impediti dall’Osce, con riferimento al principio del consenso”.

Inoltre il ministero degli Esteri di Baku rileva che “nel quadro dell’Osce, ci sono voluti anni per concordare consensualmente le due missioni Osce nei territori allora occupati dell’Azerbaigian, rispettivamente nel 2005 e nel 2010, a causa dell’evidente posizione non costruttiva dell’Armenia”.

Per questo motivo, si sottolinea nella nota, “fino al 2020 l’appello dell’Azerbaigian a inviare un’altra missione del genere, tenendo conto delle innumerevoli attività illegali nei territori occupati dell’Azerbaigian, compresi i fatti di insediamenti illegali in questi territori, non è stato accolto sempre a causa dell’opposizione dell’Armenia”.

“Tale sconsiderata azione unilaterale da parte della presidenza e del segretariato dell’Osce è contraria ai principi di base di qualsiasi mediazione responsabile e credibile e del rafforzamento della fiducia, che richiedono, tra l’altro, il consenso delle parti, l’imparzialità dei mediatori e il rispetto da parte degli Stati degli obblighi di diritto internazionale”, conclude il servizio stampa del ministero.

Vai al sito

Azerbaigian-Turchia sempre più amici: dall’altra parte, Armenia e Iran (Euronews 21.10.22)

Sempre più stretti i rapporti tra il presidente azero Ilham Aliyev e il presidente turco Reçep Tayyip Erdoğan.

L’occasione per rafforzare i rapporti già solidi tra i due Paesi è stata l’inaugurazione del nuovo aeroporto a Zangilan, una città dell’Alto Karabakh che le truppe azere hanno riconquistato durante la guerra del settembre-novembre 2020.

Contributo turco fondamentale

L’assistenza militare della Turchia, in quel conflitto, è stata essenziale per “espellere” la comunità armena da diverse città azere, in cui avevano vissuto per secoli e goduto di un’indipendenza de facto dall’inizio degli anni ’90.

Ma né il cessate il fuoco raggiunto nel novembre 2020, né il dispiegamento di truppe russe per il mantenimento della pace hanno posto fine alla tensione nel Nagorno Karabakh, dove – secondo l’Ong Human Rights Watch – le truppe azere hanno commesso, il mese scorso, crimini di guerra: in particolare, esecuzioni extragiudiziali di prigionieri armeni.

➡️ Sito ufficiale di Human Rights Watch

Turkish Presidency/Turkish Presidency
Incontro tra Erdoğan e Aliyev. (20.10.2022)Turkish Presidency/Turkish Presidency

L’Iran tiene d’occhio il confine

Non lontano, lungo il confine con l’Azerbaigian, l’esercito iraniano sta svolgendo esercitazioni militari.
L’Iran ha un confine di 44 chilometri con l’Armenia, Paese senza sbocco sul mare, e intende conservarlo, ma teme che l’Azerbaigian si impossessi di nuovi territori attraverso la guerra.
I motivi di tensione tra Teheran e Baku sono, del resto, anche altri.

Vai al sito

Baku, “partner affidabile” dell’UE, non da permesso alla Missione di osservazione dell’UE al confine armeno-azero di entrare in Azerbajgian (Korazym 21.10.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.10.2022 – Vik van Brantegem] – Si insediata la Missione di osservazione dell’Unione Europea al confine armeno-azero, composta di massimo 40 unità. Ma è dispiegata solo dal lato armeno, perché gli Azeri non vogliono ficcanasi dal lato loro. Peraltro, il dittatore guerrafondaio Aliyev ancora impedisce agli Armeni di recuperare i corpi dei soldati caduti un mese fa. Inoltre, il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian ha dichiarato che “la missione OCSE inviata in Armenia per valutare la situazione nelle aree di confine non ha il mandato dell’organizzazione” ed è valutata come una “visita privata”. Baku sempre più “partner affidabile” (dixit Ursula von der Leyen) dell’Unione Europea.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso per l’ennesima volta rapporti secondo cui unità delle forze armate armene hanno aperto il fuoco in direzione di postazioni azere e di un veicolo. Il Ministero della Difesa armeno afferma che il rapporto è un’altra disinformazione.

L’Azerbajgian attribuisce continuamente le proprie violazioni del cessate il fuoco all’Armenia, ha affermato il Primo Ministro, Nikol Pashinyan, in un post su Twitter. “Ovviamente, questa è una creazione di un pretesto per una nuova aggressione militare contro l’Armenia”, ha affermato Pashinyan. Ha sottolineato che è necessario un meccanismo internazionale permanente per mantenere il regime di cessate il fuoco e garantire la sicurezza delle frontiere.

La presenza dell’artiglieria in direzione di Vardenis è legata al movimento di ulteriori forze ed equipaggiamenti da parte delle forze armate azere, che ha causato una certa tensione, afferma il Ministero della Difesa armeno. “I passi della parte armena intrapresi dopo il dispiegamento di ulteriori artiglieria azerbajgiana e mezzi antiaerei nella zona specifica, sono esclusivamente di natura difensiva”, ha affermato il Ministero della Difesa armeno in una nota. “Le azioni della parte armena non mirano a mettere ad esasperare la situazione e nel caso in cui la parte azerbajgiana ritiri i mezzi citati dalla direzione specifica, anche la parte armena ritirerà le sue risorse aggiuntive. La parte armena è pronta a negoziare la questione”, ha affermato il Ministero della Difesa armeno.

“Il dispiegamento da parte dell’Unione Europea di un massimo di 40 esperti di monitoraggio lungo il confine internazionale dell’Armenia con l’Azerbajgian mirerà a rafforzare la fiducia in una situazione instabile che sta mettendo a rischio vite umane e mette a repentaglio il processo di risoluzione dei conflitti. Questa è un’altra prova del pieno impegno dell’Unione Europea nel contribuire all’obiettivo finale di raggiungere una pace sostenibile nel Caucaso meridionale”, ha affermato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza della Commissione Europea, Josep Borrell. Al fine di garantire un rapido dispiegamento della capacità di monitoraggio dell’Unione Europea, è stato deciso che gli esperti di monitoraggio saranno temporaneamente inviati dalla missione di monitoraggio dell’Unione Europea in Georgia. L’EUMM Georgia sta adottando misure operative affinché la sua capacità di monitoraggio in Georgia non ne risenta. La missione di monitoraggio in Armenia avrà natura temporanea e in linea di principio non durerà più di due mesi.

Il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha accolto con favore il rapido dispiegamento della capacità di monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia, al confine con l’Azerbajgian. Secondo Michel, la missione contribuirà a creare fiducia e consentirà all’Unione Europea di sostenere meglio le commissioni di frontiera che si riuniranno a breve a Brussel. Il Consiglio Europeo ha deciso di inviare fino a 40 esperti di monitoraggio dell’Unione Europea lungo il lato armeno del confine internazionale con l’Azerbajgian con l’obiettivo di monitorare, analizzare e riferire sulla situazione nella regione. Questa decisione fa seguito all’incontro quadrilatero tra il Presidente azero Aliyev, il Primo Ministro armeno Pashinyan, il Presidente francese Macron e il Presidente del Consiglio Europeo Michel del 6 ottobre scorso, ed è volta a facilitare il ripristino della pace e della sicurezza nell’area, il rafforzamento della fiducia e la delimitazione del confine internazionale tra i due Stati.

Il Presidente del Parlamento armeno, Alen Simonyan, ha ricevuto il Relatore permanente del Parlamento europeo sull’Armenia, Andrey Kovatchev, ha affermato il servizio stampa del Parlamento armeno. Simonyan ha espresso la sua gratitudine al Parlamento europeo per aver adottato risoluzioni e relazioni in materia a favore dell’Armenia. Durante l’incontro sono state discusse le questioni della retorica anti-armena che risuona costantemente da parte della massima leadership dell’Azerbajgian, la distruzione del patrimonio culturale e religioso armeno e il rimpatrio dei prigionieri di guerra e dei civili. Toccando la questione dell’aggressione su larga scala dell’Azerbajgian contro il territorio sovrano dell’Armenia, le parti hanno registrato che la questione della risoluzione del conflitto è stato nuovamente tentato di passare dal tavolo dei negoziati al campo di battaglia, trasformandolo in un’aggressione su larga scala contro il territorio sovrano dell’Armenia. “L’attacco è stato dall’Azerbajgian, naturalmente, non hanno invaso il territorio dell’Armenia dal pianeta Marte”, ha detto Kovatchev. “Siamo stati a lungo e ripetutamente a mettere in guardia i nostri partner internazionali sulla nuova guerra e ci aspettiamo da loro dichiarazioni mirate che condannino le azioni dell’Azerbajgian”, ha osservato Simonyan. Ha sottolineato di apprezzare molto i continui sforzi di mediazione dell’Unione Europea e l’arrivo della Missione di osservazione dell’Unione Europeo al confine armeno-azero. Al termine dell’incontro le parti hanno parlato anche della relazione che sarà pubblicata dal Parlamento europeo nel prossimo futuro.

Vai al sito

Armenia: la povertà spinge il gioco, ma il governo schiaccia il freno (Pressgiochi 21.10.22)

Se non sapete dove si trova l’Armenia, non fatevene un cruccio. Difficile scovarla in pieno Caucaso, incastrata fra Turchia, Georgia, Azerbaigian e Iran, anche perché le sue dimensioni equivalgono niente più che a quelle di Piemonte e Valle d’Aosta messe insieme. Il suo essere apertamente filo-russa e filo-iraniana la rende oltremodo invisa all’Occidente e a Israele; come se non bastasse, l’eterno conflitto con l’Azerbaigian per la regione Nagorno-Karabakh, abitata prevalentemente da armeni, è tornato recentemente in auge dopo che i russi, che si erano posti come mediatori, hanno allentato i presidi a causa della guerra con l’Ucraina. Intanto, qualche passetto avanti si sta facendo per riaprire il dialogo con la Turchia, stroncato ad inizio ‘900 dal famoso genocidio compiuto dagli ottomani.

Al netto di tutto ciò, l’economia nazionale procede da qualche anno sui binari della crescita, che potrebbe essere meglio classificata come una lenta ma graduale uscita dalla povertà. Basterà un solo dato: mentre nel 2017 il PIL procapite era di 3.900 dollari, oggi è salito a quasi 5.700 dollari, con proiezione a 6.200 nel 2023. D’altra parte, secondo le statistiche del governo, oltre un terzo della popolazione vive in povertà e molti armeni sono costretti ad andare all’estero per migliorare le loro condizioni di vita.

Eppure, l’Armenia ha dalla sua un forte talento per la tecnologia e l’innovazione. Un retaggio che si è costruita negli anni, ricordando l’appellativo (esagerato ma indicativo) che le era stato attribuito un quarto di secolo fa di ‘Silicon Valley’ dell’URSS. Sta di fatto che in questo piccolo paese, che non conta più di 3 milioni di abitanti, è diffuso il talento dell’ingegneria; perciò proliferano software house e startup nel settore dell’Information Technology, che da solo produce quasi il 10% del PIL nazionale.

Nella capitale Yerevan risiedono società di sviluppo software applicato al gaming all’avanguardia quali Digitain, Betinspire, Galaxsys, Technamin, BetProduction, IQ SOFT, Smartbet, che nel complesso danno lavoro a migliaia di tecnici e dipendenti delle varie aree operative e sono in grado di competere ad armi pari con le grandi case internazionali. E questo è il riflesso dello spirito di una città che sprizza modernità da tutti i pori, esprimendo potenzialità addirittura sproporzionate rispetto alle attuali condizioni di vita del paese. Inoltre, per quanto si faccia fatica a crederlo, guardandola da qua, la capitale stessa e l’Armenia hanno pure una grande vocazione turistica, ricevendo circa 2 milioni di visitatori all’anno, attratti dagli scenari naturali e dagli incredibili monasteri e templi sparsi nei posti più impensati.

Alla luce di questo contrastante scenario non sorprenderà il fatto che, da queste parti, il gambling ha avuto il suo bello e bravo sviluppo dopo l’uscita dall’URSS. Oggi, le opportunità di gioco d’azzardo sono ovunque (solo nel circondario di Yerevan esistono una decina di casino e un centinaio di sale da gioco) e la dipendenza sta provocando grossi problemi finanziari in molte famiglie. Nel 2020, quando è stata liberalizzata la pubblicità, la raccolta è aumentata di 6 volte rispetto al 2018, con moltissimi giovani che si sono avventurati in maniera smodata nel gambling. Il viceministro delle finanze ha dichiarato in parlamento che, rispetto al Regno Unito, dove un giocatore su sei diventa un giocatore d’azzardo, l’indice del paese è “sei volte più alto”. Secondo uno studio della Commissione delle entrate statali, anche i volumi di scommessa sono ben al di sopra di quelli dei paesi vicini.

Da quanto riferito dal vicepresidente della Commissione parlamentare per gli affari economici Babken Tunyan, nel 2021 gli operatori di gioco hanno negoziato transazioni per 3,2 trilioni di dram (7,9 miliardi €), che sono esattamente il doppio di tutte le entrate erariali (1,6 trilioni di dram); la differenza fra il giocato e il vinto è però minimale: 70 miliardi di dram (175 mln €).

Ecco allora la necessità impellente di fare qualche passo indietro. Nel marzo scorso, il parlamento ha deciso di tornare alle restrizioni preesistenti: la pubblicità da parte di casinò, lotterie, bookmaker o altre organizzazioni sarà consentita solo negli hotel a quattro stelle e superiori, nei posti di blocco alle frontiere, nei siti web delle aziende e nella parte anteriore degli edifici che offrono i giochi. In tal modo, l’Armenia si allinea alle severe normative di paesi quali Georgia, Lettonia, Estonia e Repubblica Ceca.

La riforma permette altresì l’ingiunzione del tribunale di vietare il gioco alle persone che possono causare difficoltà finanziarie alle loro famiglie. Ancora, nei casino, sono previsti programmi di autoesclusione, con restrizioni da 6 mesi a 3 anni, ed è stato introdotto l’obbligo di verificare l’età dei giocatori all’ingresso (in precedenza facoltativa), che deve essere di almeno 21 anni.

Poco dopo, è stato approvato il disegno di legge che vieta le transazioni in denaro contante: tutte le movimentazioni dovranno avvenire tramite carta di credito, e non sarà ammesso l’utilizzo di cryptovalute. Anche questo, secondo gli intendimenti politici, dovrebbe servire a proteggere le persone vulnerabili/dipendenti.

La fiducia dei legislatori, però, si scontra con le perplessità dei sociologi e degli psicologi, secondo i quali le restrizioni all’ingresso nei casino spingeranno i giocatori ad andare altrove per giocare d’azzardo, magari trasformando i tornei all’aperto di backgammon in eventi basati sul denaro o facendo affidamento sulla lotteria statale. E’ il solito trend di chi tenta di sfuggire alla povertà affidandosi alla fortuna. Eppure, un vecchio proverbio armeno diceva: “Non giocare a testa o croce con il destino. Perderai in entrambi i casi”.

 

Nagorno Karabakh: le diramazioni di un conflitto (Osservatorio Balcani e Caucaso 10.10.22)

Rapporti tra Armenia e Azerbaijan, tra Turchia e Armenia, tra secessionisti del Karabakh e Baku, ruolo di Turchia, Ue e Iran. Il conflitto del Nagorno Karabakh è complesso e trovare stabilità per la regione non è semplice

20/10/2022 –  Marilisa Lorusso

Da più di trent’anni il conflitto per e intorno al Nagorno Karabakh è difficile da affrontare. Nella questione sul controllo della piccola repubblica secessionista armena, de jure parte dell’Azerbaijan, de facto controllata dagli armeni karabakhi e sostenuta – ma non riconosciuta – dall’Armenia rientrano infatti varie tensioni regionali: i rapporti fra Baku e i secessionisti, quelli armeno-azeri, quelli armeno-turchi, e gli interessi regionali di Iran, Turchia e Russia.

Nella corrente fase il conflitto del Karabakh periodicamente si riaccende con episodi di violenza che ricordano quanto il cessate il fuoco del 2020 sia precario, e quanto la soluzione militare sia un’opzione che non è stata ancora esclusa. Eppure per chi vuole conservare un po’ di ottimismo la soluzione del conflitto pare avvicinarsi, attraverso un approccio che ha portato a scorporare i vari focolai di tensione, ognuno dei quali viene trattato singolarmente, con un percorso differente e dedicato.

Tre sono i principali tronconi: i rapporti armeno-turchi, la pace armeno-azera, la questione del Karabakh.

Tre diramazioni di un conflitto

rapporti armeno-turchi vengono discussi in un tavolo negoziale bilaterale, senza mediatori, attraverso due rappresentanti speciali. Le questioni storiche e politiche sono lasciate fuori (si era tentato di affrontarle attraverso dei protocolli di una quindicina di anni fa firmati da Yerevan e Ankara ma mai ratificati, che avrebbero dovuto istituire anche una commissione turco-armena sul genocidio armeno). Lo scopo degli attuali negoziati è invece di riaprire i confini e normalizzare i rapporti diplomatici e di vicinato. Il prossimo incontro fra i rappresentanti speciali turco e armeno si dovrebbe tenere non in un paese terzo ma, come misura di confidence building, o in Armenia o in Turchia.

In secondo luogo abbiamo la questione armeno-azera, che è quella allo stato attuale militarmente più esplosiva. Si tratta di delimitare e demarcare i confini, aprire le vie di comunicazione, e sanare i drammi umanitari che le guerre hanno lasciato dietro di sé: prigionieri, mine, salme da rimpatriare, fosse comuni da dissotterrare. Il tutto avviene nella totale assenza di partecipazione delle opinioni pubbliche, il cui odio reciproco è cresciuto a dismisura in 30 anni di reciproco isolamento. Questo rende il percorso ingaggiato da Yerevan e Baku estremamente fragile, a tratti grottesco. Così mentre Aliyev, Pashinyan e Erdoğan vengono fotografati a dialogare informalmente a uno stesso tavolo al summit di Praga  , immagine inedita, il ministero degli Esteri azerbaijano lamenta attacchi alle sue rappresentanze diplomatiche all’estero e ogni giorno si registrano violazioni del cessate il fuoco.

Infine la questione del Nagorno Karabakh, orfana del proprio formato negoziale. Il Gruppo di Minsk che per 30 anni ha provato a mediare fra posizioni inconciliabili è una delle vittime della guerra di Crimea. I tre co-presidenti, russo, americano e francese, hanno oggi funzioni non condivise e perseguono le direttive sul conflitto non del gruppo, ma del proprio governo. Sulla questione dello status della regione secessionista Pashinyan è stato chiaro: nessuno internazionalmente è disponibile a riconoscere il Karabakh, e l’Armenia ne può difendere gli interessi con mezzi limitati. Pashinyan vorrebbe quindi un intervento diretto della comunità internazionale. Per Aliyev il tema del Karabakh non esiste più: una volta firmata la pace con l’Armenia questa riconoscerà il Karabakh come parte integrale del paese, e i karabakhi o accetteranno la sovranità di Baku o, implicitamente, se ne andranno in Armenia. È chiaro quindi che Baku pretende la smobilitazione dell’esercito karabakhi.

La missione europea

Dei 30 anni precedenti sono rimaste, oltre l’odio, appunto le tre co-presidenze. La Russia continua nel tracciato delle dichiarazioni congiunte, liquidando con scetticismo e aggressività verbale le iniziative non russe. Molto pro-attiva la presidenza statunitense non attraverso l’intervento diretto del Presidente Biden ma per via del Dipartimento di Stato. Un cambio di marcia dopo una presidenza, quella di Trump, che sul Karabakh e diramazioni era stata al traino degli altri co-presidenti senza aver mai dato segno di voler investire nella soluzione del conflitto.

La mediazione statunitense lavora in sinergia con quella europea/francese. La Francia non ha infatti rinunciato al proprio ruolo di co-presidente e in queste settimane ha lavorato alacremente e ha raccolto una proposta nata dai partner europei orientali: far partire una missione di monitoraggio europea fra Armenia e Azerbaijan. Pashinyan è volato a parlarne con Macron e l’ha ottenuta. L’Armenia stremata dalla guerra e con un rapporto di forza rivelatosi altamente deficitario verso l’Azerbaijan, tradita nelle proprie aspettative di intervento russo ripete da due anni che è necessaria una forza di interposizione per tutelare la propria integrità territoriale. L’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva ha criticato la richiesta e anche recentemente con la Russia sono volati stracci per questo, in un periodo che è sicuramente al minimo storico dei rapporti armeno-russi.

La missione europea sarà solo civile e avrà come scopo il monitoraggio del confine tra Armenia e Azerbaijan, per quando ancora non delimitato. Anche se si dislocherà solo sul lato armeno – e non sconfinerà nel territorio azero – dovrà necessariamente coordinarsi con la controparte azera. Il dispiegamento è già in fase di implementazione, con un primo contingente che darà le valutazioni del caso e che è già a Yerevan. Va ricordato che lungo il confine si registrano quotidianamente scambi di colpi d’arma da fuoco anche se non sempre confermati dalle parti, e che la questione delle mine è seria e spinosa. È quindi una missione civile che sta nascendo con grosse sfide e rappresenta un compromesso rispetto ad una missione vera e propria di peace-keeping. Del resto quest’ultima si sarebbe affiancata a quella russa presente in Karabakh, con la quale difficilmente si sarebbe potuta coordinare e in generale la presenza di militari europei sarebbe stata difficilmente conciliabile con la consistente presenza militare russa in Armenia. Inoltre contro la presenza di militari europei si è anche espresso l’Iran.

Una complessità e compresenza di fattori che anche in questa forma rende il quadro molto anomalo, un coacervo di forze che fotografa l’unicità regionale del conflitto.

Vai al sito