Le forze armate azere hanno aperto il fuoco sul territorio dell’Armenia (Avia 09.10.22)

Nonostante gli accordi tra Yerevan e Baku, un nuovo conflitto divampa al confine tra Azerbaigian e Armenia.

La notte prima, unità azerbaigiane schierate al confine con l’Armenia hanno aperto il fuoco inaspettato sulle posizioni dell’esercito armeno. Il fuoco è stato sparato da armi leggere di vario calibro, comprese quelle grandi. A seguito dell’apertura del fuoco di risposta, le posizioni del personale militare delle forze armate azere sono state soppresse. Secondo i dati preliminari, non ci sarebbero state vittime.

“La sera dell’8 ottobre, unità delle forze armate azere hanno aperto il fuoco con armi leggere di vario calibro in direzione delle postazioni armene situate nella parte orientale del confine armeno-azero. Le unità delle Forze armate armene hanno soppresso il fuoco nemico con azioni di rappresaglia”, – riferisce il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia.

Al momento la situazione al confine tra Azerbaigian e Armenia si è stabilizzata, ma il rischio di nuovi scontri è molto alto.
Подробнее на: https://avia-pro.it/news/podrazdeleniya-vs-azerbaydzhana-otkryli-ogon-po-territorii-armenii

L’arte della tessitura (Osservatorio Balcani e Caucaso 07.10.22)

La tessitura è stata per centinaia di anni un’arte molto apprezzata in Armenia e in tutto il Caucaso. Un mestiere che però ora, dopo essere sopravvissuto a imperi e cambiamenti culturali, si trova ad affrontare una minaccia esistenziale, in parte dovuta alla diminuzione del numero di tessitori, in parte alla domanda limitata di tappeti tradizionali.

@ Karin Manukyan

L’arte della tessitura di tappeti è legata a doppio filo alle culture della regione. Nell’antica Armenia i tappeti erano pezzi d’arredamento costosi e non tutti ne possedevano uno. “Chi possedeva un tappeto era considerato dotato di grandi risorse”, afferma l’etnografo Ashkhunj Poghosyan. “Nel Medioevo, soprattutto sotto il Califfato arabo, era considerato un onore parlare con qualcuno che possedeva un tappeto armeno”.

In epoca sovietica su territorio armeno e anche altrove vennero istituite scuole per insegnare la tessitura. Si imparava il mestiere anche lavorando al fianco di produttori esperti nelle fabbriche.

Varvara Yavryan, 65 anni, lavora da vent’anni come tessitrice presso la fabbrica Megeryan Carpet, a Yerevan. Ha imparato a tessere tappeti da sua madre.

“Il lavoro è duro, ma non ci stanchiamo. Non ci si stanca di tessere quando lo si ama veramente”, racconta Varvara. La figlia, però, non l’ha seguita su questa strada. Il numero ridotto di tessitori è un problema reale, osserva un dirigente di Megeryan Carpet.

“Il numero di tessitori di tappeti sta diminuendo. È così in tutto il mondo ed è legato al cambiamento delle abitudini”, afferma. “Le persone scelgono di lavorare in banca o in aziende informatiche, o in lavori facili e ben pagati”.

Per ispirare una nuova generazione di tessitori, studi come la Scuola di arti popolari organizzano corsi di tessitura di tappeti nella capitale armena Yerevan e in altre parti del paese.

Hasmik Markaryan, 46 anni, dopo aver completato un corso presso la Scuola di arti popolari ha aperto un proprio centro di formazione. Hasmik, che ha imparato a tessere da bambina da sua madre e sua nonna, dice che tutti coloro che iniziano a tessere “se ne innamorano”. Lei e altre due tessitrici stanno insegnando questo mestiere a Ijevan, in Armenia, dove hanno aperto il centro culturale Telik.

Shahane Serobyan, 24 anni, ha iniziato a insegnare la tessitura in un centro comunitario ad Aragats, nella provincia occidentale armena di Aragatsotn, dopo aver ricevuto anche lei una formazione presso la Scuola di arti popolari.

Diana Hovhannisyan, organizzatrice del programma culturale del la Scuola di arti popolari, sottolinea come stipendi bassi e instabili, così come i problemi di salute cronici che affliggono i tessitori – mal di schiena, dolore ai gomiti, problemi di vista – scoraggiano le persone dal tessere tappeti a livello professionale. Per chi ama la tessitura, Shahane dice, è indispensabile trovare clienti regolari.

Vai al sito

L’impatto economico dell’esodo russo in Armenia e Georgia (Osservatorio Balcani e Caucaso 07.10.22)

Iniezione di nuovi capitali nei tessuti economici locali, inflazione del mercato immobiliare, case in affitto introvabili: i russi in fuga hanno influenzato l’economia armena e georgiana

07/10/2022 –  Armine Avetisyan

Decine di migliaia di persone si sono trasferite dalla Russia verso Armenia e Georgia negli ultimi mesi, con un’accentuazione del flusso negli ultimi 10 giorni. Vi è già un impatto economico misurabile sui due paesi.

Armenia

Negli ultimi giorni, l’aeroporto internazionale di Yerevan Zvartnots ha gestito un sovraccarico nella programmazione dei voli. Dopo la mobilitazione annunciata dalla Russia, centinaia di russi si sono infatti affrettati a trasferirsi in Armenia.

“La mia famiglia è già in Armenia da diversi mesi, ho sempre rimandato la partenza, ma non avevo più altre opzioni”, racconta Pyotr, arrivato a Yerevan pochi giorni fa.

Il primo flusso anomalo di cittadini russi in Armenia è stato registrato nel marzo di quest’anno, spinti dall’inizio del conflitto russo-ucraino. Secondo i dati forniti dal Servizio migrazioni armeno, nel periodo gennaio-giugno sono arrivati in Armenia 372.086 cittadini russi. Per un confronto, nello stesso periodo del 2021, erano stati 159.466. Non tutti arrivano per rimanere ma, da un anno all’altro, è incrementato notevolmente anche il numero di chi è poi rimasto

Al momento le autorità armene forniscono i dati elaborati solo del primo semestre 2022 ma è ormai evidente che il secondo semestre segnerà un ulteriore incremento.

Inflazione

Nel 2022, se paragonato con il 2021, i prezzi degli appartamenti in vendita in Armenia sono cresciuti significativamente. Nel corso di un anno, il prezzo al metro quadro degli appartamenti nel centro della capitale è cresciuto di 109 mila drams di media (circa 273 euro).

Anche i prezzi degli affitti sono aumentati. Nel distretto amministrativo di Kentron, quello del centro della capitale, se lo scorso anno un appartamento bilocale arredato poteva essere affittato per circa 500 euro, ora il prezzo è cresciuto di almeno il 50%.

Secondo le stime dell’economista Samson Grigoryan, è stata la guerra russa-ucraina ad aver portato un notevole impatto sul mercato immobiliare dell’Armenia.

“Ogni flusso umano contribuisce alle fluttuazioni dei prezzi. Ha anche il suo lato positivo – contribuisce allo sviluppo delle regioni – perché Yerevan non può ospitare tutti, quindi altri andranno anche in altre regioni del paese”, ha scritto Grigoryan.

Dopo la capitale, la città preferita dai russi è Gyumri, nella regione Shirak. È la seconda città più grande dell’Armenia con circa 100 mila residenti. Come a Yerevan, anche qui l’inflazione ha già colpito il mercato immobiliare.

“Di solito vivevo in un bilocale nella periferia della città e pagavo 100 euro. Era una cifra normale per Gyumri. Oggi, non si trova più nessuna casa a quel prezzo, o addirittura non si trovano proprio case libere”, racconta Karen Sahakyan, che è in cerca di un appartamento a Gyumri da un mese.

Karen si era trasferita da poco dall’appartamento precedente a causa dell’aumento del prezzo d’affitto. Un mese fa, il proprietario ha intimato alla ragazza di pagare il doppio o di lasciare la casa.

“Il proprietario di casa è venuto e mi ha detto che dovrei essergli grata per non aver aumentato il prezzo dallo scorso marzo, come molti hanno fatto. Non potevo pagare in quel momento, per questo ho lasciato la casa. Ma questo nuovo flusso di russi prova che non troverò un appartamento accessibile per tanto altro tempo”.

“L’inflazione del mercato immobiliare è, certamente, negativa, ma questo flusso di persone ha anche i suoi effetti positivi’, afferma Liza Gasparyan, specialista di turismo di Gyumri.

Secondo Gasparyan, gli ospiti della città hanno incrementato le attività di Gyumri. Osserva che se Gyumri era affollata durante i giorni festivi, oggi i bar della città sono pieni tutti giorni.

“Gyumri è una città turistica, ma qui è il turismo interno ad essere sviluppato. Tuttavia, l’immagine della città è cambiata negli ultimi mesi. Ci sono ospiti dalla Russia, Bielorussia e Ucraina. Amiamo tutti la pace. Daremo il benvenuto a chiunque, affinché regni la pace’.

Georgia

L’immagine che arriva della Georgia è simile a quella armena. Sono arrivati un gran numero di cittadini della Federazione Russa e si è registrata una rilevante inflazione nel mercato immobiliare.

Secondo l’ong georgiana IDFI  , dall’inizio della guerra in Ucraina fino a giugno sono stati 49.505 i cittadini russi a stabilirsi in Georgia: hanno affittato appartamenti principalmente nelle grandi città tra cui ovviamente la capitale Tbilisi e poi Batumi, Kutaisi e Rustavi.

In queste città sono presenti la quasi totalità delle università della Georgia.

Lika proviene dalla regione Imereti e ha iniziato gli studi quest’anno, ma non riesce a trovare un appartamento in cui vivere con i suoi amici.

“Quest’anno sono stata ammessa all’Università di Business e Tecnologia, ma non riesco a trovare un appartamento. Molti studenti hanno questo problema. Qualche proprietario di casa afferma di non voler studenti. Considerato l’aumento dei prezzi, abbiamo deciso di metterci assieme, in 4, ma alcune persone non vogliono affittare a così tante persone. Stiamo cercando da un mese e non abbiamo trovato niente. Non perdo ancora la speranza, ma ho pensato addirittura di prendermi un ‘anno sabbatico’ e continuare i miei studi più tardi”, afferma Lika.

L’aumento dei prezzi d’affitto è confermato dai dati dell’Istituto nazionale di statistica della Georgia, secondo il quale, in agosto, paragonato con lo stesso periodo dell’anno precedente, le entrate statali dalle tasse sugli affitti sono aumentate del 22.5%.

Quale sarà l’effetto sui prezzi nei prossimi mesi del recente nuovo afflusso? Come e quanto cambierà la disponibilità abitativa? Per ora gli esperti non azzardano previsioni.

Vai al sito

Armenia, Azerbaijan e Turchia attorno a un tavolo per discutere di pace (Euronews e altri 07.10.22)

Il vertice della comunità politica europea a Praga giovedì ha visto una scena storica nell’incontro informale tra il presidente turco Tayyip Erdogan con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il leader azero Ilham Aliyev. I recenti scontri tra l’Armenia e l’Azerbaigian, alleato di Ankara, avevevano fatto pensare che potesse essere un incontro impossibile.

A gennaio Turchia e Armenia, che non intrattengono relazioni diplomatiche o commerciali dagli anni ’90, hanno avuto il loro primo ciclo di contatti.

Così Recep Tayyip Erdogan, Presidente della Turchia:  “Non abbiamo alcun pregiudizio , abbiamo solo detto: ‘Assicuriamoci che le relazioni con l’Azerbaigian raggiungano un certo livello di maturità e concludiamo un accordo di pace. Non appena lo faremo, non ci saranno intoppi fra noi . Se le porte devono essere aperte, apriremo le porte e apriremo la strada a tutti i tipi di rapporti via aria, terra, e su rotaia”.

Per aiutare a stemperare la tensione fra i due vicini l’Unione europea invierà una “missione civile” in Armenia, lungo il confine con l’Azerbaigian, per “costruire la fiducia” tra le due nazioni e contribuire alla delimitazione dei confini. L’annuncio è nelle prime ore di questo venerdì.

Vai al sito


Nagorno-Karabakh, pace più vicina tra Azerbaigian e Armenia con la mediazione di Erdogan (Il Giornale d’Italia)

ARMENIA. Artak Beglaryan: Armenia e Artsakh un’unica integrità. India sovvenziona Yerevan (Agcnews 07.10.22)

Gli interessi dell’Armenia e dell’Artsakh dovrebbero essere considerati in un’unica integrità ha detto il Ministro di Stato dell’Artsakh, Artak Beglaryan, che ha rilasciato alcune importanti citazioni dalla dichiarazione del 3 ottobre del Consiglio di Sicurezza allargato dell’Artsakh.

«Sottolineiamo» ha detto «che qualsiasi documento che possa ignorare l’esistenza del conflitto in Karabakh, mettere a repentaglio le prospettive di una giusta soluzione e limitare le possibilità di riconoscimento internazionale del diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh e dei risultati della realizzazione di tale diritto, anche attraverso un falso programma di subordinazione al principio dell’integrità territoriale, è per noi inaccettabile. I valori e gli interessi nazionali condivisi implicano che, a prescindere da tutto, la Madre Armenia deve sempre essere al fianco dell’Artsakh in tutte le direzioni, soprattutto nel garantire la sicurezza del popolo dell’Artsakh e il riconoscimento internazionale del suo diritto all’autodeterminazione. Finché la Repubblica dell’Artsakh non sarà coinvolta nel processo di risoluzione del conflitto su una base completa e al più alto livello internazionale, la Repubblica d’Armenia è obbligata e autorizzata a rappresentare e proteggere i diritti e gli interessi del popolo dell’Artsakh nell’arena internazionale».

E poi ha chiosato Beglaryan: «Siamo pronti a negoziare con l’Azerbaigian sulla risoluzione del conflitto solo se verrà ripristinato il formato completo dei negoziati in cui la Repubblica di Artsakh sarà riconosciuta come parte a pieno titolo. È innegabile che il beneficiario del futuro dell’Artsakh sia l’intero popolo armeno e che gli interessi dell’Armenia e dell’Artsakh debbano essere considerati come un tutt’uno».

Prima di volare a Praga il sei ottobre, Nikol Pashinyan ha terminato incontro con i membri della fazione dei contratti civili. All’incontro, durato circa due ore, sono stati affrontati temi legati all’attuale situazione in Armenia, ai rapporti con l’Azerbaigian, al ritorno dei prigionieri, nonché agli incontri Pashinyan-Aliyev-Makron-Michel e Pashinyan-Erdogan previst a Praga. Non sono emerse indiscrezioni in merito.

Nel frattempo l’Armenia mette in cassaforte sovvenzioni a fondo perduto. L’accordo con l’India siglato il sei ottobre è un buon punto di partenza. L’India fornirà una sovvenzione di 478 milioni di dram (1,1 milioni di dollari) all’Armenia. Questo è quanto è stato stabilito nella riunione del 6 ottobre quando il governo armeno ha approvato un memorandum d’intesa tra i governi dell’Armenia e dell’India sul sostegno a fondo perduto che l’India fornirà per l’attuazione di programmi di sviluppo comunitario ad alto impatto. Il memorandum è stato firmato il 4 luglio 2022. È previsto un sostegno a fondo perduto di 478,2723 milioni di AMD per l’attuazione di programmi ad alto impatto volti allo sviluppo delle comunità armene.

Anche gli Stati Uniti intendono sostenere l’Armenia: l’ambasciatore statunitense e il procuratore generale armeno discutono della cooperazione tra le forze dell’ordine dei due Paesi, l’incontro svoltosi il sei ottobre aveva anche lo scopo di esplorare l’ulteriore assistenza degli Stati Uniti all’Armenia nella lotta alla corruzione e nel rafforzamento dello Stato di diritto.

Vai al sito

Missione europea per definire i confini tra Armenia e Azerbaigian (Cdt 07.10.22)

L’Unione Europea invierà una «missione civile» in Armenia per aiutare a definire le frontiere con l’Azerbaigian. L’obiettivo è «costruire un rapporto di fiducia» tra i due Paesi. È quanto dichiarato al termine di un incontro a Praga a cui hanno partecipato il primo ministro armeno Nikol Pachinian, il presidente azero Ilham Aliyev, il capo di Stato francese Emmanuel Macron e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. La missione inizierà ad ottobre ed avrà una durata massima di due mesi.


Armenia-Azerbaigian: l’Ue invierà una missione civile al confine fra i due Paesi (AgenziaNova 07.10.22)

Missione Ue al confine tra Armenia e Azerbaijan (Osservatorio Balcani e Cuacaso)

Conflitto nel Caucaso: sì alla missione dell’UE lungo il confine armeno (Sardegnagol)

ART DILOMAZIA 2022 MAD in Armenia per la pace (FattoLatina 06.10.22)

MAD Museo d’Arte Diffusa partecipa al simposio internazionale degli artisti che si tiene a Ejmiatsin (Vagharshapat  che è una città di circa 57.500 abitanti della provincia di Armavir in Armenia. Echmiadzin è la città più sacra dell’Armenia, sede del Catholicos, il capo della Chiesa apostolica armena e si trova a circa 20 chilometri a ovest di Erevan). Gli italiani di MAD sono stati invitati per il terzo anno alla settima edizione della rassegna ART DIPLOMATIA dalla galleria russa (dell’oblast’ di Mosca) ArtBaza, quest’anno in collaborazione con il comune armeno nell’ambito delle celebrazioni dei 2707 anni della nascita della città ex antica capitale. Confermata la presenza di Fabrizio Gargano (sketchcrawl e fumetto) e Alessandra Chicarella (pittura) alle en plein air; i due pontini ormai compongono un gruppo affiatato con MAD e ben integrata al gruppo degli artisti che ogni anno s’incontrano all’estero per il progetto che è dedicato all’amicizia tra i popoli attraverso la cultura e l’arte. 

Gargano e Chicarella partecipano come outsider nella categoria delle estemporanee, non essendo esplicitamente dei pittori paesaggisti confermano la vocazione di MAD che propone progetti collaterali attenti a particolari dinamiche artistiche che strizzano l’occhio alle molteplici varianti della contemporaneità. Ne sono esplicito esempio l’urban sketching di Fabrizio che attraverso disegno, fumetto e narrativa si affianca ad una interazione letteraria tra arte e graphic novel (su carte pregiate e non) e la pittura informale di Alessandra con le sue ampie pennellate, segni e graffiti (su tela e anche materiali di ogni genere).

LatinaSergiev Posad e Ejmiatsin sono tre importanti comuni capoluogo nei pressi delle tre capitali RomaMosca e Erevan delle rispettive nazioni e insieme ogni anno lanciano un messaggio di distensione attraverso lo spirito culturale e turistico dell’arte. Dal 1al 7 ottobre sono tre le en plein eir nei luoghi simbolici della città più sacra dell’Armenia che culmineranno in un’esposizione delle opere grafico-pittoriche degli artisti il 7 ottobre nel municipio.

Diversi sono i progetti di cui si parla tra gli organizzatori per il prossimo anno che vedrà ospiti anche nuovi artisti italiani in Armenia dalle en plein eir alla rigenerazione urbana con l’arte.

Il manifesto di Art Diplomazia 2022 in Armenia

Vai al sito

Il mondo di ieri: fra i fuoriusciti russi in Armenia (Ilcaffegeopolitico 05.10.22)

In breve

  • Un incontro con alcuni russi scappati dalla guerra in Armenia: sono soprattutto giovani, studenti, professionisti che non approvano l’aggressione russa in Ucraina, ma non hanno il coraggio di protestare.
  • Dopo le proteste della metà degli anni Novanta, in Russia gli studenti non sono più scesi in piazza.
  • Il sistema scolastico e universitario russo punta alla riproduzione del sapere e non alla formazione di un pensiero critico. A questo si aggiungono le difficoltà economiche in cui la maggior parte degli studenti vive.
  • Due anni di pandemia e di vita online hanno fatto dei giovani russi – e non solo – degli individui non più in grado di ritrovarsi fisicamente e di organizzarsi politicamente in una qualsiasi forma di collettività.

Analisi – Sono molti i giovani russi che già nei mesi scorsi si sono recati in Armenia per sfuggire alla guerra in Ucraina. L’accoglienza locale nei loro confronti è spesso ostile, mentre l’esilio forzato non fa che rimarcare il loro isolamento e la loro incapacità di influenzare la politica del proprio Paese.

 

RUSSI A DILIJAN

Dilijan è una città del nord dell’Armenia, a pochi chilometri dal confine con l’Azerbaijan e non lontana dal lago Sevan, il più grande specchio d’acqua del Caucaso. Dilijan si estende lungo la valle scavata dal fiume Aghstev, ed è circondata da montagne coperte di boschi. L’aria pulita, i sentieri dai panorami mozzafiato e la tranquillità del luogo, fanno di Dilijan un centro turistico estivo molto frequentato dai cittadini di Yerevan. Fra le strade del centro si vedono sempre più turisti russi; gente che è scappata dal proprio Paese dopo l’aggressione all’Ucraina e che adesso vive soprattutto a Yerevan e sceglie Dilijan per trascorrere le vacanze e i fine settimana. L’Armenia dipende politicamente e economicamente da Mosca e per questo il Governo non ha condannato l’invasione russa in Ucraina ma, allo stesso tempo, accoglie i russi che fuggono dal proprio Paese. A Dilijan, però, non tutti sembrano essere soddisfatti del comportamente dei nuovi venuti. L’impiegata di una farmacia del centro città, infatti, non nasconde le proprie lamentele: “In Armenia parliamo tutti russo, siamo bilingui, ma in ogni caso la lingua principale è l’armeno. Questi russi pensano di essere a casa loro: vivono qui da mesi e non hanno imparato neppure a dire “Buongiorno” e “Grazie” in armeno. Questo è un segno di arroganza, credono di trovarsi ancora nell’URSS. Per non parlare poi del fatto che il loro Presidente, Putin, ha praticamente venduto il Nagorno-Karabakh all’Azerbaijan e alla Turchia”. Sono in molti a condividere il pensiero della farmacista. Karen, un tassista dal volto magro e scavato, siede alla guida della sua vecchia “Lada”e aspetta i clienti vicino alla  stazione degli autobus. Dice amareggiato: “Guardate cosa ci hanno fatto i russi. Guardate quel pederasta di Putin che ci ha voltato le spalle e ha dato il via libera all’attacco dell’esercito azero e non ci ha difesi dai nemici. In Armenia non ci sono più giovani, sono tutti morti, ammazzati dagli azeri. Speriamo che i russi non vincano in Ucraina, speriamo che Zelensky annienti questi schifosi traditori!”. Nell’estate del 2020, l’Azerbaijan è ritornato in possesso dei territori contesi del Nagorno-Karabakh, conquistati dall’Armenia negli anni Novanta. La guerra non è mai finita e, nonostante il cessate il fuoco firmato nel 2020, Baku continua a bombardare i territori non solo del Karabakh, ma anche dell’Armenia, in particolare le zone vicino al lago di Sevan. Alla fine di settembre, l’ennesimo attacco azero si è esteso anche alle zone settentrionali dell’Armenia e il rimbombo delle granate si è sentito persino sui monti vicino a Dilijan.

Fig. 1 – La città di Dilijan | Foto: Christian Eccher

INNA, VLADIMIR E GLI UCRAINI

In una giornata di fine agosto, Inna e Vladimir tornano da una passeggiata fra i monti che chiudono e proteggono la conca lungo la quale si estende Dilijan. Inna trema, piange e sembra non riuscire a calmarsi, nonostante Vladimir la stringa a sé e cerchi di rincuorarla e farle coraggio. Sulle alture di Dilijan ci sono dei poligoni di tiro e spesso l’esercito armeno prova le armi che verranno poi usate per la difesa del territorio al confine con l’Azerbaijan: si tratta soprattutto di granate. Il rombo cupo degli spari e il fumo delle esplosioni hanno raggiunto anche l’arcipelago dell’inconscio della ragazza e le hanno ricordato le immagini della guerra in Ucraina viste alla televisione, un trauma di cui non era forse neppure consapevole. I due entrano nel caffè centrale di Dilijan e si siedono a un tavolino. Originari di una piccola città siberiana, Inna e Vladimir si sono conosciuti ai tempi del Liceo e si sono fidanzati molto presto, come d’abitudine in Russia. Insieme si sono trasferiti a Novosibirsk per completare gli studi universitari, poi Inna è andata a Mosca per gli studi specialistici e Vladimir, che nel frattempo si è laureato, l’ha seguita. Allo scoppio della guerra, la ragazza ha convinto il fidanzato a lasciare la Russia per la paura che il Cremlino ordinasse una mobilitazione improvvisa. Da allora, la vita della coppia è stata completamente stravolta: “Sono rimasta a Mosca per tre mesi da sola, fino alla fine del semestre. A giugno ho raggiunto Vladimir a Yerevan. A febbraio c’era un clima strano nella capitale, io sono scappata in Siberia, dove raramente succede qualcosa. Vladimir ha raggiunto Yerevan e adesso lavoriamo online, da qui, per una ditta di Mosca”. Alla mia domanda se avessero mai pensato di rimanere a Mosca e di protestare, Inna risponde piangendo e, improvvisamente, il suo sguardo mite e triste assume un’espressione inaspettata di odio e di disperazione: “Ma che ne sai tu di quello che accade in Russia? Tu che ti diverti a fare il reporter, vieni dall’Italia e per un giornale serbo vai in Ucraina a scrivere stupidi reportage? Stai una settimana sotto le bombe, senti l’adrenalina e poi te ne torni a casa. Per te la guerra è un gioco, che ne sai di come ci sentiamo noi? La settimana scorsa Vladimir e io siamo stati a Tbilisi, in un ristorante non ci hanno serviti perché siamo russi. Che ne sai tu di che cosa si provi a stare dalla parte sbagliata? Il mio mondo è completamente crollato, mai avrei pensato che la mia gente avrebbe attaccato un popolo fratello. Tutto in quello in cui credevo, la patria, il rispetto reciproco, la fratellanza fra i popoli, tutto questo non esiste più. Presto dovrò tornare in Russia per finire gli studi di laurea specialistica, e non ne ho voglia, ho paura, non dormo più la notte“. Dal tavolo vicino, una donna sulla quarantina, magra, dagli occhi verdi e fulgenti, si rivolge inaspettatamente ad Inna: “Volete venire da noi, a Mikolaiv, da dove siamo dovuti scappare? Non vi servono nei ristoranti, poverini! Da noi bombardano i palazzi, abbiamo dovuto lasciare la città e l’Ucraina. Le nostre case, la nostra gente, e adesso siamo profughi. Chi sta peggio? Noi o voi? Voi russi siete in grado solo di scappare, perché non scendete in piazza? Se per le strade di Mosca si riversasse un milione di persone, cosa potrebbe fare Putin? Spedire tutti in Siberia? Svegliatevi, fermate questa carneficina! Codardi!”. Alla mia proposta di sedersi con noi, la donna ucraina e il suo compagno si alzano, mi ringraziano e lasciano il locale. Nel caffè subentra un silenzio surreale. Anche gli altri avventori, armeni, hanno sentito il dialogo e guardano sottecchi Inna e Vladimir, mentre fingono di continuare a bere il caffè. I due ragazzi si alzano, chiedono il conto e se ne vanno.

Fig. 2 – Palazzi di epoca sovietica a Dilijan | Foto: Christian Eccher

LA PROFESSORESSA DI TOMSK E LA FINE DI OGNI PROTESTA

A quel punto, mi si avvicina una donna, alta, dinoccolata, sulla cinquantina. Chiede se si può sedere: è una professoressa del Politecnico di Tomsk, in Armenia in vacanza, ha sentito il drammatico dialogo fra i russi e gli ucraini e vuole parlare con me. Lei non è scappata perché non saprebbe dove andare: “Noi in Siberia, almeno noi della vecchia generazione, siamo sempre stati contro. Siamo abituati a essere contro il potere centrale di Mosca. Adesso abbiamo paura, è vero, ma quei due ragazzi vanno capiti”. Le ultime proteste da parte dei giovani, sostiene la professoressa, risalgono a metà anni ’90, quando nelle Università delle principali città della Federazione si venne a creare un movimento spontaneo che chiedeva a gran voce programmi sociali che garantissero borse di studio, case dello studente e riduzione delle tasse universitarie: “A poco a poco, le autorità hanno comprato e corrotto i rappresentanti degli studenti dando loro privilegi e denaro. Sono così riusciti a smorzare le proteste”. Continua la professoressa: “Le borse di studio sono miserrime, circa 80 euro al mese, e vengono date in base ai risultati e non al reddito. Ovvio che i figli delle famiglie più ricche, che possono permettersi di pagare ripetizioni e hanno un maggiore accesso alla cultura, ottengono risultati migliori e quindi camere nei dormitori e l’esenzione dalle tasse. In ogni caso, uno studente fuori sede che viva in una grande città della Federazione, se non ha genitori più che benestanti, per mantenersi agli studi deve trovare un lavoro”. È quello che è accaduto anche ad Inna: nonostante abbia una borsa di studio, deve lavorare per sopravvivere. “In una simile situazione – aggiunge la professoressa – gli studenti hanno poco tempo per informarsi, per leggere un giornale. Vivono in maniera meccanica. Fra lavoro e studio. A Tomsk, le lezioni della laurea specialistica sono tutte concentrate la sera: si sottintende che, dopo il bachelor, quasi tutti gli studenti lavorino. Se a questo aggiungete i programmi scolastici e universitari vecchi che impongono di riprodurre il sapere e non di sviluppare un pensiero proprio, il lavaggio del cervello da parte delle tv e dei mezzi di informazioni, la politica di promozione dei valori familiari che spinge i giovani a sposarsi e ad avere figli molto presto, avete un quadro completo della situazione in Russia: i giovani vivono in una bolla di stress e di impegni frenetici, che non permette loro di porsi criticamente davanti alla realtà. Chi dovrebbe protestare in Russia, se non loro, e in particolare gli studenti? Non sono in grado, non sono capaci né di capire cosa stia succedendo né di organizzarsi anche perché, dopo due anni di pandemia e di vita online, non hanno neppure contatti con i propri compagni e commilitoni. Essere giovani è sempre stato difficile, ma mai come oggi in Russia”, conclude la professoressa.

IL MONDO DI IERI

Amareggiato, saluto la professoressa e lascio il locale; il mio pensiero va a Inna e Vladimir, che adesso passeggiano soli, chissà dove, per Dilijan. Sono “Schöngeist”, anime belle, come diceva Hegel, che fuggono dalle difficoltà con l’unico, egoistico scopo di vivere bene o sono vittime del sistema? Su una panchina, un ragazzo, probabilmente un turista straniero, legge un libro in tedesco. Riesco a malapena a sbirciare il titolo: è “Il mondo di ieri”, il romanzo di memorie che Stefan Zweig scrisse dopo essere fuggito dalla Germania nazista e poco prima di suicidarsi, insieme alla moglie, in una sperduta città del Brasile.

Vai al sito

Scontro all’europarlamento sull’Armenia: “Vale di più il gas azero o il sangue armeno?” (Ilprimatonazionale 05.10.22)

oma, 5 ott – Prosegue il conflitto tra Armenia e Azerbaigian e, se negli ultimi giorni si è attenuato sul piano bellico, lo stesso continua a scatenare non poche polemiche e attriti sul piano politico. Nelle ultime ore l’eurodeputato francese del Rassemblement National, ex Front National, Jordan Bardella, ha fortemente criticato il vicepresidente della Commissione europea e l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell. Per il deputato francese, il motivo che ha fatto scaturire la polemica è stato l’aver “sacrificato l’amicizia europea con il popolo armeno”. La dura polemica sollevata da Bardella nasce in seguito alla firma dell’accordo energetico dell’UE con l’Azerbaigian, proprio mentre quest’ultimo sta attaccando l’Armenia.

Conta di più il gas azero o il sangue armeno?

“Cosa conta di più per l’UE, il gas azero o il sangue armeno?”. Questa è la domanda accusatoria che Bardella ha sollevato a Borrell durante una discussione al Parlamento europeo, a proposito dell’attacco azero contro l’Armenia. Una frase dura, secca, che non lascia spazio a dubbi e che sembra provenire da altri tempi; epoche in cui il sangue dei popoli valeva ancora più dell’oro di tiranni e mercanti. “La mia domanda è molto chiara e diretta: cosa conta di più per te, il gas azero o il sangue armeno? Penso di conoscere già la risposta perché la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha firmato un accordo per raddoppiare le forniture di gas dall’Azerbaigian, senza mai proteggere con una dichiarazione ufficiale gli armeni, che sono stati attaccati sulla loro stessa terra“, ha detto ancora Bardella.

La nostra civiltà sta bruciando, mentre l’Europa guarda altrove

Il giovane eurodeputato del Rassemblement National ha poi affermato che sono emersi filmati autenticati che mostrano l’esecuzione di prigionieri di guerra armeni da parte delle truppe azere. “Che cosa state aspettando? Cosa aspetti a puntare il dito su questa sporca guerra scatenata da Baku? L’UE è diventata incapace di esprimere posizioni nelle relazioni globali senza le strutture americane? Forse questo è per paura di esporre la Turchia, che è un membro della NATO e sostiene direttamente le aspirazioni dell’Azerbaigian“, ha tuonato ancora Jordan Bardella. Il politico nazionalista francese ha infine sottolineato di non accusare l’UE delle sue azioni volte a ridurre la dipendenza energetica da un’unica fonte. “Vi accusiamo di imprevedibilità e cecità ideologica, e anche di fare tutto questo in fretta e di sacrificare l’amicizia europea con il popolo armeno. La nostra civiltà sta bruciando, mentre l’Europa guarda altrove”. Al termine del duro discorso di Bardella, l’alto rappresentante della Ue, Josep Borrell, presente in aula, si è rifiutato di rispondere.

Andrea Bonazza

Vai al sito

Aliyev “risolve” il futuro degli Armeni dell’Artsakh con la forza delle armi all’interno dell’Azerbajgian (Korazym 05.10.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.10.2022 – Vik van Brantegem] – Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha dichiarato che non discuterà con alcuno del problema degli Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh perché il loro destino per l’Azerbajgian è una questione esclusivamente interna azera. Ha anche sparato a zero sull’OSCE. All’Unione Europea va bene così? Tutti proni davanti a un dittatore?

“Per quanto riguarda la popolazione armena che vive ancora nella regione del Karabakh di Azerbajgian, sono nostri cittadini e non discuteremo di come andiamo ora a organizzare la loro vita sul nostro territorio con nessun attore internazionale. Il Karabakh è Azerbajgian. La seconda guerra del Karabakh [la guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian con l’Artsakh] lo ha dimostrato sul campo», ha detto Aliyev rivolgendosi al Primo Forum Urbano Nazionale dell’Azerbajgian (foto di copertina) nella città di Aghdam, occupata dal 20 novembre 2020 [*].

Inoltre, Aliyev ha confermato che l’Azerbajgian non risolve i conflitti con il dialogo e gli accordi diplomatici, ma con la forza delle armi: “Ora, quando lo stesso Azerbajgian ha ripristinato il diritto internazionale, applicato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, utilizzato la Carta dell’ONU, in particolare il paragrafo che parla dell’autodifesa, e ripristinato la nostra dignità nazionale, non abbiamo bisogno di nessun’altra mediazione. Abbiamo fatto una proposta subito dopo la fine della seconda guerra del Karabakh. Nonostante tutto quello che si vede ad Aghdam e quello che chiunque può vedere nel territorio di oltre 10.000 kmq totalmente distrutto dagli Armeni, nonostante le sofferenze umane del nostro popolo, abbiamo proposto la pace all’Armenia. Abbiamo annunciato pubblicamente cinque principi fondamentali del diritto internazionale che dovrebbero essere la base per un accordo di pace, in particolare il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale dei Paesi, astenersi da rivendicazioni territoriali in futuro, astenersi dall’uso della forza o dalla minaccia dell’uso della forza, delimitazione dello stato frontiera e apertura delle comunicazioni. Tutti questi sono in realtà i principi base del diritto internazionale, e penso che gli accordi di pace o qualsiasi tipo di accordo tra Paesi che cercano di normalizzare le loro relazioni debbano basarsi su questo”.

[*] Aghdam, città del Nagorno-Karabakh a pochi chilometri dal confine con l’Azerbaigian, fu conquistata dall’Esercito di difesa del Nagorno Karabakh il 24 luglio 1993. La città, anche per la sua vicinanza con Stepanakert, rappresentava un obiettivo strategico giacché da lì erano partite tutte le offensive azere ed erano stati sparati centinaia di razzi. Gli Armeni approfittarono della lotta di potere in Azerbajgian (che indusse il Colonnello azero Surat Huseynov a ritirarsi dal Nagorno-Karabakh ed a marciare verso Baku). Gli assalti cominciarono il 12 giugno e videro schierati circa seimila soldati per parte. Aghdam fu sottoposta ad un incessante bombardamento al termine del quale le truppe armene entrarono in una città ormai deserta, completamente abbandonata dalla popolazione residente e dalle truppe di difesa. Nel periodo successivo ai combattimenti, le forze armene hanno deciso di distruggere gran parte della città per prevenire la sua riconquista da parte dell’Azerbajgian. La città di fatto non esisteva più e rimaneva quasi intatta solo la Moschea del Venerdì e qualche scheletro di edificio diroccato. L’Organizzazione per la lotta contro le accuse infondate degli armeni (ASIMDER) di Iğdır in Turkia, in luglio 2010 ha inviato a Papa Benedetto XVI una lettera accusando gli Armeni di aver trasformato la moschea in una stalla per mucche e un porcile. Ciononostante, gli Armeni hanno restaurato la moschea nel novembre 2010, anche se solo parzialmente. Come parte dell’accordo di cessate il fuoco trilaterale, che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni nell’Artsakh del 2020, la città di Aghdam e il distretto circostante (che Azerbajgian considera territorio suo, insieme a tutto il resto del Nagorno-Karabakh e parte dell’Armenia, incluso la capitale armena Erevan) sono tornati sotto occupazione militare azera entro la data concordata del 20 novembre 2020.

Oggi, tra le ore 19.40 e le ore 20.00, le forze armate dell’Azerbaigian hanno nuovamente violato gli accordi di cessate il fuoco. Hanno sparato con mortai e armi di grosso calibro verso le postazioni dell’Armenia nelle parte orientale del confine Armenia-Azerbajgian. In questo momento, il fuoco nemico è stato silenziato ha comunicato il Ministero della Difesa armeno.

Il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, ha confermato che l’Azerbajgian ha consegnato all’Armenia i punti della proposta di trattato di pace tra i due Paesi sulla base dei cinque principi precedentemente presentati. Durante una sessione di domande e risposte in Parlamento a Yerevan, uno dei legislatori ha osservato che dopo l’incontro di Ginevra con il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, la parte azerbajgiana ha rilasciato una dichiarazione secondo cui gli elementi del trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian sono stati consegnati alla parte armena, basata sui cinque principi precedentemente comunicati. Alla domanda su quali sono questi elementi e se ci sono progressi in questo senso, Mirzoyan ha risposto: “Hai ragione, c’è stata una tale affermazione e in effetti un tale documento ci è stato consegnato. Sai che quei famosi cinque principi che sono stati presentati dall’Azerbajgian a metà marzo sono stati pubblicati, e infatti sia il nostro pubblico che la comunità internazionale sono ben consapevoli di questi principi, e abbiamo affermato pubblicamente che non c’è nulla di inaccettabile per noi. Le proposte presentate questa volta dall’Azerbajgian, infatti, sono costruite sulla base di questi principi. Naturalmente, ci sono alcune cose che analizzeremo e a cui continueremo a rispondere. Ci saranno cose che di nuovo saranno accettabili per noi e ci saranno cose che non saranno accettabili per noi. Ci saranno da noi proposte che proporremo di includere. In altre parole, proseguirà un normale processo negoziale”. Il parlamentare ha anche ricordato la dichiarazione di Mirzoyan in merito alla creazione di un meccanismo di discussione tra Stepanakert e Baku. Alla domanda se l’Azerbajgian abbia una posizione su questo argomento, Mirzoyan ha risposto: “Devo fare nuovamente riferimento alla storia relativa a quei cinque principi. Se ricordate, quella volta abbiamo detto che non c’è nulla di inaccettabile in quei cinque principi, ma non rispecchiano l’intera agenda. E abbiamo condiviso la nostra visione. E la maggior parte della visione relativa al Nagorno-Karabakh e l’affrontare questo problema ora fa anche parte dei negoziati. Ora c’è un’opinione sulla creazione di un meccanismo di dialogo internazionale Baku-Stepanakert o Nagorno Karabakh-Azerbajgian. Sono in corso discussioni in merito. Naturalmente, abbiamo una posizione e l’Azerbajgian ne ha un’altra. Quando arriveremo a qualsiasi posizione, opinione o meccanismo reciprocamente accettabile, lo informeremo sicuramente”.

Esiste un formato chiaro per la risoluzione del conflitto Azerbaigian-Karabakh approvato durante il vertice dell’OSCE a Budapest nel 1994, ha affermato il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, David Babayan, in un’intervista ad Armenpress, sottolineando che il formato, in cui Artsakh è riconosciuto come parte di entrambi i negoziati e il conflitto, devono essere mantenuti. “Naturalmente siamo pronti per colloqui diretti con l’Azerbajgian, ma è necessaria una soluzione globale del conflitto con il coinvolgimento in tale processo dei co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, dell’Azerbajgian, dell’Artsakh e dell’Armenia. Possiamo percepire i negoziati diretti in modo diverso, ma quando parliamo di una questione politica, l’Azerbajgian deve accettare la nostra esistenza e riconoscere l’Artsakh come parte a pieno titolo del conflitto, solo allora possiamo negoziare come pari a pari”, ha affermato Babayan. Ha aggiunto che è comprensibile che l’Azerbajgian farà di tutto per evitare di incontrare i rappresentanti dell’Artsakh, per non discutere la soluzione del conflitto Azerbajgian-Karabakh. Pertanto, ha affermato Babayan, è necessario cercare il ripristino del formato completo. “Ci sono contatti che sono necessari. Ad esempio, se un pastore è entrato nella loro zona, allora sono necessari alcuni contatti, ovviamente, insieme alle forze di pace russe, per il suo ritorno, per la ricerca delle spoglie dei nostri soldati caduti. In altre parole, i contatti non potevano essere evitati, che però non possono essere definiti negoziati su questioni politiche esterne”, ha affermato. Interrogato sui passi prioritari nel contesto dell’ultimo attacco dell’Azerbajgian all’Armenia e quali questioni sono all’ordine del giorno sul fronte diplomatico, date le sfide alla sicurezza, secondo Babayan, dovrebbe essere condotta una politica estera molto corretta e saggia, con la percezione che è impossibile garantire la sicurezza dell’Artsakh, il futuro affidabile e dignitoso del suo popolo senza di essa.

Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, David Babayan, ha presentato i dettagli della sua recente visita negli Stati Uniti in nell’intervista di Armenpress. “Rafforzare i legami Patria-Diaspora come componente chiave, l’idea è sulla base della costruzione dello Stato, della nostra politica estera. Da questo punto di vista attribuiamo particolare attenzione all’espansione, all’approfondimento dei legami con gli Armeni della Diaspora e a garantire che queste relazioni rimangano ad un livello elevato. Siamo obbligati a mantenere sempre saldi i nostri legami con la Diaspora. Gli Armeni degli Stati Uniti hanno sempre svolto un ruolo attivo nello sviluppo e nel rafforzamento della Patria. Gli Armeni della Diaspora hanno partecipato a quasi tutti i programmi dell’Artsakh attraverso l’Hayastan All Armenian Fund e altri canali. Inoltre, i nostri compatrioti che vivono negli Stati Uniti hanno attuato numerose iniziative politiche volte al riconoscimento della Repubblica di Artsakh da parte di diversi stati, città e altri organi di autogoverno locale degli Stati Uniti. Grazie a queste iniziative, diverse risoluzioni filo-armeno sono state adottate dal Congresso e dal Senato degli Stati Uniti. In altre parole, è stato fatto un lavoro importante”, ha affermato Babayan. Ha detto che l’Artsakh ora dovrebbe diventare l’idea più importante per gli Armeni e che l’attenzione per l’Artsakh dovrebbe essere il pilastro della Diaspora. “Quello che dico non significa affatto che dovremmo rifiutare altri obiettivi fondamentali nazionali, come il riconoscimento del genocidio, ecc., ma in questo caso particolare l’attenzione sull’Artsakh è una priorità. Artsakh deve essere salvato perché non ci saranno Armenia e Diaspora senza Artsakh. A questo proposito, abbiamo avuto importanti incontri con i circoli pubblici, politici e analitici statunitensi. Abbiamo presentato la situazione ai nostri amici tradizionali che continuano a sostenere gli interessi di Artsakh e degli Armeni. Pertanto, è anche molto importante vedere quali approcci hanno gli Stati Uniti. Dobbiamo essere molto realistici. L’ingenuità, inoltre, l’avventurismo, costa e costerà molto in geopolitica. Dobbiamo capire molto bene gli interessi dei diversi Paesi, il nostro ruolo e il nostro ruolo in questo per poter fare i passi giusti. Vorrei sottolineare che gli Stati Uniti sono l’unico Paese che potrebbe ancora frenare le aspirazioni espansionistiche della Turchia. Ma c’è poco tempo rimasto a questo riguardo perché la Turchia sarà un attore geopolitico totalmente autonomo tra diversi anni. Non vorrei ripetere l’esempio della Germania negli anni ’30, quando diversi poli sostenevano i nazisti allo stesso modo per usarli contro l’Unione Sovietica, o viceversa, l’Unione Sovietica ha cercato di fare lo stesso contro l’Occidente, e nel fine tutti hanno sofferto. Il presente è molto simile a quella situazione. La visita negli Stati Uniti non significa in alcun modo che stiamo cambiando alcuni vettori geopolitici. Artsakh ha sempre avuto i suoi approcci, in primo luogo guidato da interessi panarmeni e legami tradizionali con la Diaspora. Vale la pena notare che, in effetti, la Russia è l’unico Paese che garantisce davvero la sicurezza degli Armeni di Artsakh, cosa impossibile senza le forze di pace russe. D’altra parte, gli Stati Uniti sono l’unico Paese che può ancora frenare la Turchia con mezzi politici. Questa è la situazione. In generale, la visita è stata ampiamente seguita e penso sia stata utile”, ha affermato Babayan. Alla domanda su quali risultati ci si potesse aspettare in pratica dagli incontri tenuti negli Stati Uniti, Babayan ha affermato: “La nostra visita ha coinciso con diverse iniziative negli Stati Uniti come l’adozione ufficiale del 24 aprile come Giornata della memoria del genocidio armeno in California. Oltre a diverse risoluzioni, sono stati presentati progetti che condannano l’aggressione azerbajgiana, invitano gli Stati Uniti a fermare gli aiuti all’Azerbajgian, ecc. Ciò significa che dovremmo lavorare con i nostri amici, con le persone di buona volontà per frenare le aspirazioni espansionistiche di Turchia e Azerbaigian. È un processo lungo, ma è anche un cammino importante”. Babayan ha affermato che il punteggio di Artsakh è senza precedenti nella Diaspora. “Artsakh è veramente sacro per la Diaspora, questo è molto buono. Se riusciremo a trasformare l’Artsakh-centricità in una base di unità nazionale, avremo maggiori opportunità di salvare la Patria. Quello che è successo con l’Artsakh, e in generale quello che sta succedendo a seguito della politica aggressiva dell’Azerbajgian e della Turchia, ha causato un dolore molto grande anche lì. Ma non ho visto apatia, ma una grande voglia di rivivere”, ha detto Babayan.

Il Vicepresidente della Commissione Europea e Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha chiaramente registrato nel suo discorso del 4 ottobre al Parlamento Europeo il fatto che l’Azerbajgian a settembre ha attaccato il territorio sovrano armeno e ora ne sta occupando parti. “L’Azerbajgian ha bombardato esplicitamente il territorio armeno, ha usato artiglieria e droni. Non stiamo parlando di azioni militari avvenute in territorio conteso, stiamo parlando di azioni avvenute nel territorio dell’Armenia. Entrambi i Paesi si accusano a vicenda di aver violato il cessate il fuoco, ma il fatto è che l’Azerbajgian ha bombardato il territorio dell’Armenia”, ha detto Borrell, aggiungendo che l’esercito dell’Azerbajgian sta occupando alcune parti del territorio dell’Armenia. Ha affermato che l’Unione Europea sta lavorando intensamente per ridurre l’escalation della situazione. Sono stati organizzati incontri tra l’alta dirigenza dei due Paesi e l’Unione Europea ha chiesto la ripresa dei contatti diretti. “Cos’altro possiamo fare? Non possiamo fare di più di quello che stiamo facendo. Abbiamo solo determinate capacità, sarò felice se condividete le vostre idee su cos’altro possiamo fare”, ha detto ai Borrell al Parlamento Europeo. Ha affermato che l’Unione Europea si è offerta di schierare una missione di mediazione al confine armeno-azero. “L’Armenia ha accettato questa offerta, ma l’Azerbajgian no. Cosa possiamo fare di più? Non possiamo schierare truppe dell’Unione Europea senza il consenso di entrambe le parti”, ha affermato Borrell. Parlando del coinvolgimento attivo della Turchia nei processi regionali, ha affermato: “È chiaro che la Turchia continua a sostenere l’Azerbajgian”. Borrell ha accolto con favore la disponibilità della Turchia a iniziare a lavorare per la normalizzazione con l’Armenia, aggiungendo: “È importante che i confini tra Armenia e Turchia vengano aperti, perché aiuterà a ridurre la situazione”. Ha chiesto un’indagine sul video che mostra la raccapricciante esecuzione di prigionieri di guerra armeni da parte delle truppe azere. Parlando dell’accordo di fornitura di gas dell’Unione Europeo firmato in precedenza con l’Azerbajgian, Borrell ha affermato che “l’accordo sull’energia non funzionerà a scapito dei diritti umani”.

Il deputato francese al Parlamento Europeo, Jordan Bardella, ha fortemente criticato il Vicepresidente della Commissione Europea e Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, per aver “sacrificato l’amicizia europea con il popolo armeno” per la firma dell’accordo energetico dell’Unione Europea con l’Azerbajgian, mentre quest’ultimo sta attaccando l’Armenia. “Cosa conta di più per l’Unione Europea, il gas azero o il sangue armeno?”, ha detto Bardella durante una discussione al Parlamento Europeo sull’attacco azero contro l’Armenia, rivolgendosi a Borrell: “La mia domanda è molto chiara e diretta: cosa conta di più per te, il gas azero o il sangue armeno? Penso di conoscere già la risposta perché la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha firmato un accordo per raddoppiare le forniture di gas dall’Azerbajgian, senza mai diffendere con una dichiarazione ufficiale gli Armeni, che sono stati attaccati sulla loro stessa terra”, ha detto Bardella. Ha affermato che sono emersi filmati autenticati che mostrano l’esecuzione di prigionieri di guerra armeni da parte delle truppe azere. “Che cosa state aspettando? Cosa aspetti a puntare il dito su questa sporca guerra scatenata da Baku? L’Unione Europea è diventata incapace di esprimere posizioni nelle relazioni globali senza le strutture americane? Forse questo è per paura di esporre la Turchia, che è un membro della NATO e sostiene direttamente le aspirazioni dell’Azerbajgian”, ha affermato Bardella. Ha sottolineato che non accusa l’Unione Europea per le sue azioni volte a ridurre la dipendenza energetica da un’unica fonte. “Vi accusiamo di imprevedibilità e cecità ideologica, e anche di fare tutto questo in fretta e di sacrificare l’amicizia europea con il popolo armeno. La nostra civiltà sta bruciando, mentre l’Europa guarda altrove”, ha avvertito Bardella. Borrell, che era in aula, ha rifiutato di rispondere alle osservazioni di Bardella.

Domani, 6 ottobre 2022, Capi di Stato o di Governo dei Paesi dell’Unione Europea prenderanno parte al primo vertice della Comunità Politica Europea, prima del vertice dei Capi di Stato o di governo dell’Unione Europea, prevista per il 7 ottobre a Praga, dove la Repubblica Ceca detiene attualmente la presidenza di turno al Consiglio dell’Unione Europea.
La formazione di una Comunità Politica Europea è stata proposta il 9 maggio scorso dal Presidente francese Emmanuel Macron e fondato in giugno mentre la Francia ha ricoperto la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, basandosi su un’idea di una nuova organizzazione paneuropea vagheggiata dall’ex Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta.
Questa nuovo formazione politica a livello europeo mira a riunire i 27 Stati membri dell’Unione Europea e fino a 17 Paesi non dell’Unione Europea invitati al vertice di questa settimana, vale a dire Regno Unito, Turchia, Macedonia del Nord, Montenegro, Albania, Serbia, Kosovo, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Ucraina, Moldavia, Norvegia, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Armenia e Azerbajgian. Anche Israele dovrebbe partecipare all’incontro di Praga.
A margine del primo vertice della Comunità Politica Europea a Praga si terrà un incontro tra il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, il Presidente azero Ilham Aliyev, il Presidente francese Emmanuel Macron e il Presidente del Consiglio dell’Unione Europea Charles Michel.
Intervenendo a una sessione di domande e risposte all’Assemblea Nazionale, Pashinyan ha affermato che incontrerà anche il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Pashinyan lascerà poi Praga per San Pietroburgo, dove parteciperà al vertice informale della Comunità degli Stati Indipendenti.
Il 23 settembre scorso avevamo riferito dalla possibilità di un incontro tra Erdoğan e Pashinyan a Praga: il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, Vahan Hunanyan, aveva dichiarato che non era escluso la possibilità di un incontro tra il Primo Ministro Nikol Pashinyan e il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan a Praga, in occasione del primo incontro informale della Comunità Politica Europea. Allo stesso tempo, Hunayan aveva aggiunto che nessun incontro del genere era stato confermato: «Informeremo l’opinione pubblica a tempo debito nel caso in cui tale incontro fosse confermato».
In precedenza Erdoğan aveva detto, che poteva esserci l’opportunità di un incontro con Pashinyan a Praga: «Sto pensando di partecipare all’incontro della Comunità Politica Europea a Praga, e se si deciderà di recarsi in Repubblica Ceca, allora presumibilmente lì sarà presente anche il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, e potrebbe aver luogo un incontro. È possibile che avremo la possibilità di discutere di tutte le questioni lì».

Un gran numero di video condivisi incessantemente dagli utenti azerbajgiani sui social media documenta i crimini di guerra commessi dalle forze armate azerbajgiane: esecuzioni extragiudiziali di prigionieri di guerra armeni, torture di militari armeni tra cui donne, profanazione di cadaveri. Nella dichiarazione del 2 ottobre 2022 il Ministero degli Affari Esteri dell’Armenia ha richiesto una chiara valutazione degli atroci crimini di guerra commessi dalle forze armate azerbajgiane in questo e nei periodi precedenti. La parte armena s’impegna a sollevare costantemente la questione presso le piattaforme e nei tribunali internazionali competenti per assicurare alla giustizia gli autori e gli organizzatori dei suddetti crimini, anche attraverso l’applicazione di sanzioni internazionali. In questo contesto una debita indagine internazionale è d’obbligo. Allo stesso tempo è d’obbligo per la comunità internazionale aumentare la pressione sull’Azerbajgian affinché siano immediatamente rimpatriati tutti i prigionieri di guerra armeni e i civili detenuti illegalmente in Azerbajgian e venga fatta chiarezza sui casi di sparizioni forzate e sul destino delle persone scomparse.
L’Ufficio stampa e comunicazione dell’Ambasciata di Armenia presso la Santa Sede ha diffuso oggi una raccolta (aggiornata al 4 ottobre scorso) della risposta internazionale, incluse anche le voci di giornalisti stranieri, ai crimini di guerra commessi dalla parte azerbajgiana. Purtroppo, salta agli occhi alla lettura che si tratta di un elenco molto incompleto.

Vai al sito