Davos: l’Armenia tenta la seconda rivoluzione (Euronews 25.01.19)

“Dobbiamo trasformare la nostra rivoluzione politica in una rivoluzione economica”. Questo il messaggio che il Primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha portato al Forum economico di Davos.

“Semplificheremo le normative per rendere più facile qualsiasi attività commerciale in Armenia e l’altra è la riforma fiscale – spiega Pashinyan ai microfoni di Euronews – Ridurremo il livello delle imposte sul reddito e sui profitti per rendere l’Armenia più attraente per le imprese e gli investimenti”.

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La tenera vicenda armena dell’orfanella di Lugano (Corriere del Ticino 24.01.19)

«Un marinaio italiano l’aveva raccolta da terra e portata con sé. Sulla nave non poteva tenerla, e l’aveva ceduta a uno svizzero, che l’aveva a sua volta affidata a un orfanotrofio di Lugano. Ma lei aveva tante paure nel cuore, non sopportava né mura né disciplina: e allora aveva seguito, d’istinto, lo spazzacamino bambino – di poco più grande di lei, ma già esperto della durezza del mondo – che le aveva sorriso». C’è incanto natalizio e profumo ticinese nel racconto «L’orfanella di Lugano» che Antonia Arslan ha inserito nel suo ultimo lavoro, «La bellezza sia con te» (Rizzoli). Ci sono disperazioni e speranze, smarrimenti, ritrovamenti, sconforti, amori. Tutto il volume, del resto, propone storie piccole, minime, di donne e uomini magari insignificanti nel quadro universale ma grandi, resistenti, resilienti nella loro quotidianità. Oltre le pagine, s’intravede il volto sorridente della scrittrice che al tavolo di lavoro della sua antica casa porticata ricerca, ricorda, immagina, inventa, scrive impegnata – da anni, da sempre – a pedinare le memorie e le tradizioni, a scavare le radici armene sue e del suo popolo, a farne rivivere le nostalgie, a illuminarne la diaspora. Come nella tenera vicenda di Lena, «un’orfana, l’unica sopravvissuta di una famiglia armena di Smirne. Durante l’incendio della città, nella confusione della gente in fuga, intrappolata tra le fiamme ed il mare, aveva perso la mano di sua madre ed era stata trascinata via dalla folla». Di mano in mano, di persona in persona, la piccola arriva dunque in Svizzera. E si collocano appropriatamente la sua traversia, il suo viaggio, in quella sezione del libro chiamata «Destini di donne». La nuova opera, raccolta di materiali anche non completamente inediti, consente al lettore di riassaporare intatte le caratteristiche che hanno reso amabile e godibile la scrittura della Arslan. Il suo romanzo «La masseria delle allodole» è diventato un successo proposto in venti lingue e un film dei fratelli Taviani. Si può fare affidamento, dunque, sulle parole piane, sulle proposizioni chiare, sull’incedere tranquillo e placido e sereno pure nei contenuti drammatici, nei momenti tragici, nei passaggi difficili della narrazione. Quanto alle trame, è ormai costante che sgomitolando intrecci e relazioni riescano a divertire e a fare riflettere, a stupire e a dare modo di meditare, a intrattenere e a realizzare funzione educativa: insomma a veicolare, con il gusto per la conoscenza e per la lettura, il pensiero che esistano sempre ragioni di fiducia anche all’interno dei disastri individuali e collettivi, nei periodi bui personali e sociali; che vi sia una qualche utilità in dolori, addii, strazi, dispersioni, esili. Serve però il crederci, la forza spirituale di scommetterci, la robustezza cardiaca di perseverarci. «Nel cuore dell’uomo la speranza è come una fiammella» scrive Antonia Arslan. «Uno dei più grandi peccati contro lo spirito avviene proprio quando viene cancellata o spenta. Ci vuole molto coraggio per cercare sempre di vedere – come si dice – il bicchiere mezzo pieno, per osare la ricerca del cane che salva l’uomo e non di quello che lo azzanna. Eppure quante fiammelle esistono nel mondo, vibrando e oscillando in angoli che sembrano oscuri, cacciando le ragnatele dai cuori più gelidi, illuminando tenebre e oscurità!». Così l’Armenia, patria perduta, diventa terra promessa.

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Cina-Armenia: do you speak English? (Osservatorio Balcani E Caucaso 23.01.19)

Opportunità di lavoro e salari mensili dieci volte più alti che in Armenia. La nuova frontiera per gli insegnanti di inglese armeni sembra essere la Cina

23/01/2019 –  Armine Avetisyan

La disoccupazione è un problema in Armenia: i dati ufficiali relativi al 2016 la mettono al 18.3%, percentuale che si innalza in modo preoccupante tra i più giovani, raggiungendo il 38,6%.

Mentre le generazioni più anziane hanno sempre guardato alla Russia come mercato per trovare lavoro stagionale, i giovani guardano ora alla Cina, per insegnare inglese.

Alina Antonyan, 31 anni, è una di queste.

“Intermediari cinesi sono andati ‘a caccia’ di insegnanti di inglese in Armenia. Ho amici che sono già partiti e confermano che la domanda di insegnanti è alta in Cina. Tra l’altro non serve una padronanza perfetta della lingua, ma basta anche una conoscenza intermedia”, racconta Alina che si è laureata in inglese presso la Facoltà di lingue straniere dell’Università statale di Gyumri.

Alina ha atteso invano di iniziare a lavorare come insegnante nella sua città natale. Nel frattempo ha lavorato per aziende private.

“È difficile trovare un lavoro a Gyumri. Non vi sono fabbriche ed anche il terziario è debole. La paga giornaliera è di circa due dollari anche se a volte sono riuscita anche a guadagnarne il doppio, portando a casa a fine mese circa 100 dollari. Una somma mediocre, ma non ci sono alternative. Per molti mesi sono rimasta poi senza lavoro. L’ultimo posto dove lavoravo ha chiuso, però poi non ho cercato altro e mi sono invece preparata per trasferirmi in Cina. Lì il salario medio è di 1000 dollari oltre all’alloggio gratis”, racconta Alina.

“In parallelo alla mia ricerca di lavoro ho anche analizzato il mercato del lavoro dal punto di vista finanziario arrivando alla conclusione che insegnare inglese in Cina è una delle opzioni migliori per chi conosce bene la lingua. Si può risparmiare il 30% del proprio salario, anche non conducendo una vita troppo parsimoniosa. Così avrò l’opportunità di lavorare vari anni, risparmiare e poi aprire qualcosa di mio rientrando in Armenia”.

Vi sono due modi per trovare lavoro in Cina: internet e tramite agenzie in Armenia.

Gli intermediari cinesi possono essere contattati su appositi siti web. Il salario mensile va dagli 800 ai 2000 dollari. Agli insegnanti viene solitamente dato alloggio gratuito e a loro carico sono solo luce e gas. Vengono firmati contratti di un anno.

I rappresentanti delle agenzie armene non vogliono parlare della questione con noi giornalisti. Secondo Alina questo avviene perché loro non fanno nulla di particolare se non riferirsi agli stessi portali web che si possono contattare privatamente facendo l’iscrizione in nome del candidato. Una procedura tra l’altro relativamente semplice. Non tentano nemmeno di mediare o negoziare un salario più alto di quello proposto.

Anche gli intermediari cinesi non concedono interviste. Nonostante la loro disponibilità ad aiutare chi è desideroso di partire per la Cina e a rispondere alle domande dei possibili candidati rifiutano di parlare con giornalisti. Questo forse dipende da alcuni illeciti che avvengono nell’intero processo. Ad esempio gli insegnanti di inglese armeni vengono presentati come madrelingua. La domanda di madrelingua è più alta in Cina perché le scuole dove insegnano vengono ritenute più prestigiose e le famiglie degli studenti sono pronte a pagare rette più alte.

Astghik Mnatsakanyan ha ventotto anni e l’anno scorso ha lavorato in Cina. Racconta di aver deciso di partire dopo aver saputo che vi era l’opportunità di insegnare inglese con dei buoni salari.

“Vi sono state alcune difficoltà. Ho dovuto prepararmi psicologicamente alla partenza e i miei genitori hanno dovuto abituarsi alla mia assenza. Ho avviato le pratiche tramite un’agenzia, che mi ha fatto un colloquio, che ho passato. Poi hanno iniziato a chiedermi di scegliere tra varie opzioni sull’alloggio o sulla città che preferivo… ma poi parlando con altri sono venuta a sapere che vi era anche la possibilità di guadagnare più di quanto mi veniva offerto. Alla fine ho scelto un’opzione, mi è stato fatto un colloquio via Skype ed ho ottenuto il visto ed i biglietti per il viaggio. Ma non sono rimasta a lungo, non mi sono mai abituata a stare lì ed ho avuto problemi con il visto” racconta Astghik, che insegnava presso un asilo.

Astghik racconta che si insegna sia presso scuole che presso asili e che l’età degli scolari va dai 4 agli 11 anni. Il primo contatto con i bambini è in inglese. Vengono insegnate le lettere dell’alfabeto e parole molto semplici.

Agli armeni che hanno un aspetto “più europeo” viene offerto anche lavoro extra, come tutori privati dei bambini a casa. Di questo vi è molta richiesta. Chi non ha problemi con il visto tende ad estenderlo, sicuri che non sarebbero in  grado di trovare un lavoro simile in Armenia.

L’ambasciata cinese in Armenia ha fatto sapere di non avere nulla a che fare con questo programma. Se una persona desidera lavorare in Cina deve arrangiarsi a trovare il lavoro desiderato e poi richiedere il visto all’ambasciata. Che solo a quel punto viene coinvolta.

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Russia-Armenia: Cremlino, incontro di venerdì tra Putin e premier Pashinyan ancora da confermare (Agenzianova 23.01.19)

Mosca, 23 gen 11:18 – (Agenzia Nova) – L’incontro che si dovrebbe tenere nella giornata di venerdì tra il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, non è stato ancora confermato. Lo ha dichiarato questa mattina il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. “Da quello che so, il colloquio non è stato ancora confermato, ma è anche vero che il presidente e il primo ministro Pashinyan si sentono spesso al telefono, oltre ad incontrarsi frequentemente. La giornata di dopodomani, in ogni caso, sarà abbastanza impegnativa per il presidente”, ha detto Peskov ad un briefing con la stampa. La visita di Pashinyan a Mosca era stata annunciata nella giornata di ieri da una fonte diplomatica ripresa dall’agenzia “Tass”. “Ci aspettiamo che il premier tenga un discorso ai quartier generali della Commissione economica eurasiatica, a fronte dell’imminente trasferimento della presidenza di turno dell’Unione economica eurasiatica (Uee) dalla Russia all’Armenia. I preparativi in merito all’agenda della visita, in ogni caso, sono ancora in fase di elaborazione”, ha detto la fonte. (Rum)

Speciale difesa: Armenia, 2.500 militari russi prendono parte a esercitazioni a sorpresa (Agenzianova 22.01.19)

Mosca, 22 gen 15:30 – (Agenzia Nova) – Alle esercitazioni militari a sorpresa organizzate oggi in Armenia, nel quadro delle quali sono stati impiegati anche alcuni sistemi di difesa missilistica e una serie di reparti dell’aviazione militare, hanno preso parte più di 2.500 soldati della Federazione Russa dispiegati nel paese. Lo ha riferito oggi il servizio stampa del Distretto militare meridionale. “Più di 2.500 militari russi dispiegati in una base in territorio armeno hanno preso parte alle manovre. Dopo aver ricevuto un segnale d’allarme, i soldati hanno svolto una serie di operazioni nel quadro di un ritiro d’emergenza”, si legge nel messaggio diffuso dal servizio stampa del Distretto meridionale, all’interno del quale viene anche specificato che nel quadro delle esercitazioni sono stati impiegati più di 500 pezzi d’equipaggiamento. Stando alle informazioni diffuse dall’agenzia di stampa “Tass”, i militari sarebbero stati redistribuiti tra svariate zone “inospitali”. (Rum)

Bielorussia-Armenia: presidente Lukashenko, Erevan da sempre partner affidabile (Agenzianova 21.01.19)

Minsk, 21 gen 11:03 – (Agenzia Nova) – Il nuovo ambasciatore armeno in Bielorussia, Armen Ghevondyan, ha presentato oggi le sue credenziali al capo dello Stato, Aleksander Lukashenko. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”. “L’Armenia è sempre stata, e continua ad essere, un partner affidabile per la Bielorussia, con cui abbiamo sempre portato avanti una cooperazione efficace anche nel quadro dell’Unione economica eurasiatica (Uee) e dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto)”, ha detto il presidente bielorusso, sottolineando la necessità di rafforzare la cooperazione bilaterale in ambito commerciale e di avviare qualsiasi progetto o iniziativa economica congiunta anche in territorio armeno. (Res)

Il complotto di stato per assassinare Hrant Dink (Articolo21 20.01.2019)

Fu una cellula della rete ultranazionalista Ergenekon ad assassinare il giornalista turco-armeno. 11 anni dopo l’inchiesta è stata insabbiata
Invece di favorire il processo
di democratizzazione in Turchia,
le risoluzioni che riconoscono
il genocidio armeno
hanno reso questo processo
ancora più difficile
e rafforzato i nazionalisti turchi.
(Hrant Dink, 15 Aprile 2005)
Ricordo precisamente la mattina del 19 gennaio 2012. Ero ad Istanbul ed una folla immensa invadeva le strade del centro per commemorare l’anniversario della morte del giornalista Hrant Dink, ucciso davanti alla redazione di Agos, settimanale bilingue turco-armeno da lui fondato nel 1996. Un corteo quasi funebre, in cui spiccavano centinaia di cartelli con le scritte «Siamo tutti Hrant Dink» o «Siamo tutti armeni» s’era mosso come un gigantesco serpente dalla piazza Taksim e si dirigeva verso il luogo dell’omicidio. Migliaia di persone si muovevano agitando striscioni neri in segno di lutto per un assassinio, che, dopo cinque anni, ancora attendeva giustizia. Oggi, 11 anni dopo l’assassinio, niente è cambiato.Quell’omicidio di stato non è stato mai veramente elucidato anzi è stato sapientemente insabbiato. Un antefatto per capire: Il 6 febbraio 2004 Agos pubblicò il racconto di Hripsime Gazalyan, proveniente da Gaziantep (Turchia sudorientale), che raccontò che la prima donna pilota di Turchia, Sabiha Gökcen, la stessa cui venne intitolato il secondo aeroporto di İstanbul, non era turca, bensì un’orfana armena adottata da una famiglia turca durante il genocidio del 1915. Dopo la pubblicazione di quest’articolo, Hrant Dink, in qualità di redattore capo di Agos, venne convocato nell’ufficio del governatore d’İstanbul e secondo alcune testimonianze ricevette minacce da parte di due persone in presenza del vicegovernatore. Il giorno seguente lo stesso Dink venne formalmente accusato di offendere l’identità turca e incriminato ai sensi dell’articolo 301 del Codice Penale Turco per un altro suo articolo pubblicato su Agos. Il 26 febbraio 2004, un gruppo di Lupi Grigi, gli Ülkü Ocaklary, si riunirono davanti alla redazione di Agos gridando minacce di morte al giornalista e mostrando cartelli con scritto «Stai attento» e «Ti spezzeremo le mani». Il seguito lo conosco tutti.
Nel 2012 il giudice della XIV Corte d’Assise d’İstanbul ha condannato all’ergastolo Yasin Hayal, scagionando, al tempo stesso, altre 17 persone, implicate, secondo l’accusa, a diversi livelli nell’assassinio, e designando, dunque, Hayal unico complice dell’assassino Ogün Samast, condannato nel luglio 2011 a 22 anni e 10 mesi di prigione. Tale sentenza negava la tesi secondo cui l’assassinio del giornalista rientrasse in un complotto ultranazionalista e sconfessava le dichiarazioni rilasciate soltanto un anno prima dal procuratore Hikmet Usta, il quale sosteneva che l’omicidio fosse stato commesso dalla cellula di Ergenekon di stanza a Trabzon, sul mar Nero, da dove proveniva lo stesso Ogün Samast.
Le prove dell’esistenza della cellula di Ergenekon
Già poco più di un mese dopo l’assassinio, Fethiye Çetin, avvocatessa della famiglia Dink, aveva mostrato alla stampa una copia di un’informativa trasmessa dalla polizia di Trabzon a quella d’İstanbul in cui s’avvertiva quest’ultima dell’esistenza di un progetto per assassinare Hrant Dink. Secondo Çetin, la polizia di Trabzon aveva avvertito quella d’İstanbul ben 17 volte dell’esistenza di una concreta minaccia nei confronti del giornalista turco-armeno. Eppure alcuna misura cautelativa era stata presa. Il sostituto capo del dipartimento dell’intelligence della polizia di İstanbul Ali Fuat Yılmazer, in un rapporto messo agli atti nel processo per l’omicidio del giornalista, dichiarò che nessuna informazione era stata ricevuta dalla polizia d’İstanbul «in merito a minacce nei confronti di Hrant Dink nei giorni precedenti il suo assassinio». Anche il capo della Brigata Antiterrorista (TEM) Selim Kutka rilasciò una dichiarazione simile.
Incriminati i giornalisti che fecero inchieste indipendenti sull’assassinio
Non era però dello stesso avviso il giornalista di Milliyet Nedim Şener. Già nel 2009 ne L’omicidio di Hrant Dink e le bugie dell’intelligence, cui sarebbe seguito, nel 2011, Il Venerdì Rosso, Şener aveva puntato il dito contro le negligenze di alcuni esponenti delle forze dell’ordine tra cui quelle dell’allora capo dell’intelligence della polizia di Trabzon Ramazan Akyürek. Quest’ultimo per tutta risposta aveva denunciato Şener, in seguito incriminato «per aver pubblicato informazioni coperte da segreto ufficiale, per aver tentato d’influire il giusto corso di un processo e per aver indicato nel suo libro responsabili dell’antiterrorismo trasformandoli automaticamente in possibili obbiettivi». Şener era stato inoltre denunciato dal responsabile dell’intelligence della polizia Muhittin Zenit, dal direttore del ramo dell’intelligence di Trabzon Fatih Sarı e dal sostituto capo del dipartimento d’intelligence della polizia d’İstanbul Ali Fuat Yılmazer. Per questo processo il giornalista Nedim Şener rischiava 28 anni di prigione, cioè cinque in più di quelli richiesti per l’assassino di Dink! E per aggiungere paradosso a paradosso l’ormai ex-capo dell’intelligence della polizia di Trabzon Ramazan Akyürek aveva trascinato in tribunale anche il giornalista di Vatan Kemal Göktaş per le sue affermazioni riguardo l’informatore della polizia Erhan Tuncel, affermazioni contenute nel suo libro Omicidio Hrant Dink: Media, Magistratura, Stato. Secondo Göktaş, Erhan Tuncel, pur avendo informazioni di prima mano riguardo un progetto per assassinare Dink, non aveva intrapreso nessuna iniziativa affinché ciò non avvenisse. Ad ogni modo, nel suo libro Şener aveva inserito un prezioso documento che avallava la sua tesi secondo cui i servizi d’intelligence della polizia e la Brigata Antiterrorista avevano spudoratamente mentito riguardo la conoscenza di una concreta minaccia che incombeva su Dink. Nel documento in questione, firmato in data 2 marzo 2004 dal sostituto capo della polizia Hakan Aydın Türkeli, si affermava che Hrant Dink aveva ricevuto minacce di morte da parte dei Lupi Grigi e da altri individui isolati. Nel documento, Türkeli concludeva disponendo che si prendessero alcune misure di sicurezza per garantire l’incolumità del giornalista, in special modo davanti alla sua abitazione e davanti alla redazione di Agos.
Il complotto di stato per assassinare Dink
Durante un’udienza del processo contro il giornalista Nedim Şener l’attuale capo dell’intelligence Sabri Uzun dichiarò di non aver avuto accesso ai rapporti stilati da suoi agenti ed ormai archiviati. «Gli ispettori mi dissero dell’esistenza di un rapporto» dichiarò in tribunale Uzun «che includeva l’informazione che uno sconcertante piano era stato messo a punto per assassinare Hrant Dink. Io fui sorpreso quando lessi il rapporto integrale perché non menzionava solo il piano, ma forniva informazioni dettagliate su come uccidere Dink, sulle armi e sul denaro previsto per portare a termine l’operazione. Il 4 dicembre 2009 firmai una dichiarazione in cui affermavo di non aver potuto visionare il rapporto del 17 febbraio 2006 all’epoca in cui ero capo del dipartimento dell’intelligence. Il rapporto mi era stato infatti oscurato dal direttore del ramo C dell’intelligence» . Il direttore del ramo C dell’intelligence non era altri che Ali Fuat Yılmazer, colui che aveva dichiarato che nessuna informazione era stata ricevuta dalla polizia d’İstanbul «in merito a minacce nei confronti di Hrant Dink nei giorni precedenti il suo assassinio». La deposizione di Uzun aveva così confortato la tesi di Nedim Şener: Ramazan Akyürek ed Ali Fuat Yılmazer avevano deliberatamente nascosto le informazioni concernenti un piano per assassinare Dink. Ed ecco l’ennesimo paradosso di questa vicenda, colui che aveva svelato l’informazione, il giornalista di Milliyet Nedim Şener, era rinchiuso in prigione, mentre il sostituto capo dell’intelligence della polizia d’İstanbul Ali Fuat Yılmazer non aveva subito nemmeno un’ammonizione, anzi, qualche tempo dopo, avrebbe ricevuto la promozione a direttore di polizia di prima classe con voto unanime dell’apposita commissione interna della polizia turca. Ramazan Akyürek, invece, sarebbe stato addirittura nominato capo del medesimo dipartimento . Due alti ufficiali della polizia e dell’intelligence erano quindi direttamente implicati nell’assassinio del caporedattore di Agos, perché col loro operato, invece di impedire o tentare di impedire l’omicidio, avevano finito col favorirlo, ed ora, a processo concluso, ne uscivano puliti, anzi, addirittura glorificati. Ulteriore fango veniva così gettato su Hrant Dink, come se l’aver dato la vita nel nome della libera informazione non fosse già un prezzo eccessivo da pagare.
(* testo tratta dal libro di Marco Cesario “Sansür: Cesura. Giornalismo in Turchia”, Bianca&Volta edizioni 2012)

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Armenia: presidente Sarkissian firma decreto nomina ministri, undici riconfermati (Agenzianova 19.01.19)

Erevan, 19 gen 13:04 – (Agenzia Nova) – Il presidente armeno Armen Sarkissian ha firmato oggi i decreti di nomina per dodici ministri del nuovo esecutivo di Erevan. Undici dei membri del governo hanno mantenuto l’incarico nel gabinetto guidato da Nikol Pashinyan. L’unico nuovo volto fra i ministri è quello di Zaruhi Batoyan, che si occuperà di Lavoro e affari sociali, come riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”. Restano in carica come in precedenza il ministro degli Esteri Zohrab Mnatsakanyan, quello della Difesa David Tonoyan, quello per le Emergenze Feliks Tsolakyan, quello dello Sviluppo economico Tigran Khachatryan, per la Tutela ambientale Erik Grigoryan, per i Trasporti e le comunicazioni Hakob Arshakyan. Al dicastero delle Finanze resta Atom Janjughazyan, alla Sanità Arsen Torosyan, alla Giustizia Artak Zeynalyan, allo Sviluppo territoriale Suren Papikyan e all’Istruzione e ricerca Arayik Harutyunyan. (segue) (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

La violinista italo-armena Sonig Tchakerian apre la III Stagione di Musikamera (Ilnordestquotidiano.it 18.01.19)

enerdì 18 e sabato 19 gennaio (ore 20.00) le Sale Apollinee del Teatro La Fenice di Venezia ospitano la violinista italo-armena Sonig Tchakerian che sarà la protagonista del concerto inaugurale della stagione 2019 di Musikamera.

Il programma della serata si apre con la “Sonata Monologo” di Aram Khachaturiam (1903 – 1978), conosciuto nel mondo per la “Danza delle spade”. E’ la sua penultima composizione e riecheggia le melodie e i ritmi tipici del folclore dell’Est Europa, con un senso mistico che rimanda ai trovatori medievali armeni, gli Ashug.

A seguire, un tributo al padre della musica armena, Padre Komitas Vardapet (1869-1935), compositore, etnomusicologo e uomo religioso armeno, il quale all’inizio del ‘900 soggiornò tra i pastori del Caucaso, raccogliendone gli antichi canti della tradizione orale, che poi trascrisse armonizzandoli per diverse formazioni musicali. Sonig ha scelto di eseguire “Andunì” e “Krunk”.

Dall’opera più famosa di Niccolò Paganini (1782-1840), l’Op. 1, i 24 Capricci per violino solo, Tchakerian eseguirà i numeri 2, 13, 20 e 16. Composti tra il 1805 e il 1817 e pubblicati nel 1820, i Capricci sono stati a lungo considerati ineseguibili per la loro tecnica virtuosistica sbalorditiva e per le inimmaginabili innovazioni strumentali.

Non poteva mancare una delle Partite per violino solo di J. S. Bach (1685-1750), la numero 2 in Re minore, BWV 1004. E’ formata da cinque danze, Allemanda, Corrente, Sarabanda, Giga e Ciaccona. Quest’ultima, conosciutissima, è strutturata in 32 variazioni su un tema solenne in una entusiasmante progressione ritmica. Le sei Partite e Sonate furono composte da Bach nel periodo di Kothen (1717-1723).

Sonig Tchakerian, violinista di origine armena, vive l’infanzia ad Aleppo, dove inizia a suonare il violino con il padre, appassionato musicista. Trasferitasi in Italia, studia con grandi maestri diversissimi tra loro come Giovanni Guglielmo, Salvatore Accardo, Franco Gulli e Nathan Mironovic Milstein. Tiene recital per importanti società di concerti e, come solista, ha suonato con la Royal Philharmonic di Londra, la Bayerischer Rundfunk di Monaco, la Verdi di Milano, le orchestre del San Carlo di Napoli e dell’Arena di Verona, i Solisti Veneti, l’Orchestra di Padova e del Veneto. Ha collaborato con direttori quali Piero Bellugi, Daniele Gatti, Antonio Janigro, Daniel Oren, Claudio Scimone, Emil Tchakarov.

Alle Settimane Musicali al Teatro Olimpico di Vicenza, è responsabile del progetto artistico della musica da camera e crea esperienze intense e coraggiose con musica “classica”, danza, elettronica, jazz, poesia, prosa, testi sacri e prime esecuzioni. Hanno composto per lei Claudio Ambrosini, Carlo Boccadoro, Nicola Campogrande, Michele Dall’Ongaro, Luca Mosca, Filippo Perocco, Giovanni Sollima. Il compositore argentino Luis Bacalov, scomparso il 15 novembre 2017, le aveva dedicato una sua versione per violino e archi delle Stagioni di Piazzolla, “Les cuatro Estaciones Portenas”(2014).

Docente di violino nell’ambito dei corsi di Alto Perfezionamento dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, da sempre si dedica con passione e affetto all’insegnamento del violino.

Suona un magnifico violino Gennaro Gagliano (Napoli 1760).

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La più antica scarpa del mondo è in pelle, è armena ed è in perfette condizioni: risale a 5.500 anni fa (Laconceria.it 16.01.19)

La scarpa più antica del mondo è realizzata in pelle e ha più di 5.500 anni. È stata scoperta nel 2008 all’interno di una grotta nella provincia di Vayotz Dzor, in Armenia, ed è conservata nel Museo Nazionale di Storia di Erevan, la capitale. Le condizioni stabili, fresche e asciutte della grotta hanno permesso alla scarpa di conservarsi in maniera perfetta, proprio come gli altri oggetti – in gran parte contenitori – rinvenuti nel sito archeologico. Secondo gli studi al radiocarbone eseguiti in California e a Oxford, in Inghilterra, la scarpa è stata realizzata 3.500 anni prima di Cristo, nel Calcolitico, l’età del rame, alcune centinaia di anni prima delle calzature indossate da Ötzi, la mummia dell’uomo del Similaun ritrovato il 19 settembre 1991 sulle Alpi Venoste, fra l’Italia e l’Austria. Le dimensioni della scarpa corrisponderebbero a un 37, misura ritenuta grande per l’epoca e per questo potrebbe essere appartenuta a un uomo. All’interno della scarpa è stata trovata dell’erba, che secondo gli studiosi potrebbe essere servita o a mantenere la forma del piede per le successive calzate oppure a trattenere il calore per proteggere il piede dal freddo.

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