ARMENIA: Niente accordo sul nuovo premier, si va a elezioni anticipate (Eastjournal 01.11.2018)

Giovedì 1 novembre l’Assemblea Nazionale armena si è riunita per la seconda volta nell’ultima settimana per individuare il nome del prossimo primo ministro, dopo le dimissioni annunciate lo scorso 16 ottobre da Nikol Pashinyan, nominato premier dopo aver guidato le proteste di piazza che lo scorso aprile portarono alle dimissioni forzate di Serzh Sargsyan.

In seguito alla prima votazione, svoltasi lo scorso 24 ottobre e conclusasi con un nulla di fatto, come era prevedibile anche questa volta l’Assemblea non è riuscita a eleggere un capo del governo. L’unico candidato in lizza era lo stesso Pashinyan, nominato per una questione puramente formale dalla propria coalizione, la neonata alleanza “Il mio passo” (Im kaylǝ), costituita ad agosto in vista delle elezioni del Consiglio comunale di Yerevan (poi stravinte con l’81% delle preferenze).

Trattandosi del secondo tentativo andato a vuoto, secondo quanto previsto dalla Costituzione armena, ora il parlamento sarà sciolto, e il presidente Armen Sargsyan dovrà indire elezioni anticipate, destinate a svolgersi il prossimo 9 dicembre.

Tutto previsto

In realtà, il passo indietro annunciato da Pashinyan, che da qui a dicembre ricoprirà il ruolo di primo ministro ad interim, era già stato preventivato da tempo, in quanto mossa necessaria proprio per portare il paese alle elezioni. Fin dalla sua nomina, avvenuta lo scorso maggio, il leader delle proteste di aprile aveva infatti dichiarato che il suo sarebbe stato un governo provvisorio, mirato a ripulire il paese dalla corruzione e traghettarlo verso elezioni anticipate.

Secondo Pashinyan infatti, l’attuale composizione del parlamento armeno, guidato dal Partito Repubblicano, formazione che è espressione del vecchio regime e che detiene ancora la maggioranza dei seggi (seppur non più assoluta, a causa di una serie di defezioni verificatesi negli ultimi mesi), non rispecchierebbe l’esito della rivoluzione di aprile.

Quello guidato negli ultimi mesi da Pashinyan è stato infatti un governo d’opposizione. Partito con i soli nove seggi in dote all’alleanza Yelk, della quale è stato leader fino ad agosto, in seguito alla creazione della coalizione Il mio passo i seggi in parlamento a disposizione di Pashinyan sono scesi addirittura a cinque, ovvero quelli occupati dal partito Contratto Civile, presieduto dallo stesso premier.

Non potendo governare con una minima manciata di seggi, Pashinyan si è dovuto alleare con il resto dell’opposizione, stringendo un’intesa con il partito Armenia Prospera, formazione guidata da Gagik Tsarukyan, e con la Federazione Rivoluzionaria Armena, che sull’onda delle proteste di aprile ha deciso di abbandonare il Partito Repubblicano, con il quale governava dal 2017.

Un simile governo di larghe intese non era però altro che una soluzione provvisoria, in vista del necessario rinnovo l’Assemblea Nazionale, attuabile unicamente attraverso lo svolgimento di elezioni anticipate (le ultime elezioni parlamentari si sono infatti svolte nel 2017, e le prossime erano previste per il 2022), e quindi tramite le dimissioni dello stesso premier. A dicembre Pashinyan potrà così provare a conquistare quella maggioranza parlamentare che gli consentirebbe di governare il paese senza più impedimenti, portando così avanti quella rivoluzione iniziata la scorsa primavera nelle strade di Yerevan e mai realmente terminata.

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Armenia: rapporto Doing Business, paese scala sei posizioni e si attesta al 41mo posto (Agenzianova 31.10.18)

Erevan, 31 ott 16:40 – (Agenzia Nova) – L’Armenia ha migliorato la propria posizione all’interno della classifica pubblicata annualmente dalla Banca mondiale nell’ambito del rapporto Doing Business. Fra i 190 paesi in esame, riferisce “Armenpress” citando il rapporto pubblicato oggi, l’Armenia si è collocata al 41mo posto, salendo di sei gradini rispetto allo scorso anno. Sylvie Bossoutrot, country manager della Banca mondiale per il paese, ha dichiarato che il miglioramento è da imputare al recente sviluppo della regolamentazione dell’attività imprenditoriale. Stando ai dati contenuti all’interno del rapporto, l’Armenia ha registrato progressi significativi in una varietà di ambiti, come la protezione degli investitori, la semplificazione del processo di tassazione e la realizzazione dei contratti. (Res)

L’Armenia oggi: tra dinamismo e sviluppo economico (internationalwebpost.org 31.10.18)

Terra di reminiscenze bibliche, dal passato glorioso, dal ricco patrimonio culturale e artistico, ma anche terra martoriata dalle guerre e macchiata, nel secolo scorso, da uno dei più infami e crudeli genocidi che la storia dell’umanità abbia mai potuto conoscere. Divenuta Repubblica nel 1918 e federata nel 1920 alle Repubbliche Sovietiche, dopo la crisi del Partito Comunista russo e del sistema politico sovietico riconquista l’indipendenza nel 1991. La Repubblica d’Armenia, oggi, è molto apprezzata per il crescente dinamismo nell’intessere rapporti diplomatici e commerciali con i paesi dell’Unione Europea (ndr, nel 2017 sono stati festeggiati i 25 anni della relazione di amicizia e di condivisione dei valori di pace e rispetto con l’Italia), svolgendo altresì un ruolo determinante nel processo di distensione geo-politica e di sviluppo economico dell’area caucasica.

Ambasciatrice Bagdassarian, ci spiega in poche parole quali sono gli elementi che legano l’Italia all’Armenia?

Gli stretti legami tra i nostri due popoli affondano le radici nel profondo dei secoli, quando l’Armenia e l’Impero Romano erano paesi confinanti. Già nel I secolo avanti Cristo l’Armenia era stata proclamata “amica e alleata del popolo romano”. La solidità dei nostri rapporti millenari è data inoltre dalla condivisione di comuni valori cristiani, indubbiamente pietra angolare dei nostri legami. Oggi la cooperazione italo-armena trova conferma e slancio in una forte e reciproca fiducia. Ciò che ci divide è soltanto la distanza, in realtà sono moltissime le cose che ci uniscono. Abbiamo saldissimi legami che, come fili viventi in continua evoluzione, nutrono e rinvigoriscono giorno dopo giorno la nostra amicizia.

Nel 2017 ci sono stati una serie di incontri bilaterali tra le istituzioni armene e quelle italiane per discutere di cooperazione politica, finanza, scambi commerciali, investimenti e di politica estera: a distanza di 1 anno e con il cambio di governo in Italia, come stanno le cose?

Ha ragione, nel 2017 i rapporti italo-armeni sono stati intensi e fruttuosi, ma anche quest’anno l’agenda degli incontri bilaterali è stata molto ricca, basti ricordare la visita in Italia, all’inizio di aprile, del Presidente della Repubblica d’Armenia e la visita di Stato in Armenia, a fine luglio, del Presidente italiano Sergio Mattarella.

Una visita storica quest’ultima perché per la prima volta in assoluto un Presidente della Repubblica italiana si è recato in Armenia, portando il dialogo politico armeno-italiano e la cooperazione bilaterale a un livello qualitativamente nuovo. Durante la visita del presidente Mattarella è stato inaugurato a Jerevan il Centro Regionale armeno-italiano per la conservazione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio artistico, storico e architettonico in Armenia, con competenza regionale. Inoltre è stato istituito il Comitato della Società Dante Alighieri in Armenia e tra pochi mesi, sempre a Jerevan, verrà inaugurata la scuola Tonino Guerra per l’insegnamento della lingua italiana, un’opportunità eccezionale per la diffusione della lingua e della cultura italiana in Armenia. Abbiamo delle buone basi per dare nuovo vigore anche alle nostre relazioni economico-commerciali. L’anno scorso abbiamo organizzato la Prima Sessione del Comitato intergovernativo italo-armeno per la cooperazione economica che ha segnato un traguardo importante per un’ulteriore promozione dei nostri rapporti economico-commerciali. Devo menzionare che, dopo i cambi di governo avvenuti sia in Armenia che in Italia, anche i nuovi governi si sono impegnati a fare il massimo per rendere le nostre relazioni più calorose, più strette e più vantaggiose per entrambi.

Riguardo alla questione del Nagorno Karabakh: quali sono i punti all’interno dell’agenda di governo?

La soluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh continua a essere un punto nodale nell’agenda della nostra politica estera. Nel processo negoziale per la Repubblica d’Armenia le priorità assolute sono lo status e la sicurezza della Repubblica dell’Artsakh (nome storico del Nagorno Karabakh n.d.r.). L’Armenia e l’Artsakh oggi lavorano alla costruzione di uno Stato basato sul rispetto dei diritti umani, sulla democrazia e sulla legalità, ma soprattutto si impegnano affinché ai 150.000 armeni – che vivono in quelle zone e la cui esistenza è quotidianamente minacciata – venga garantita la sicurezza e un’esistenza normale. Per noi, per l’Armenia e per la Repubblica dell’Artsakh, il conflitto riguarda le persone. Ogni tentativo di risolvere il conflitto per via militare è un attacco diretto alla sicurezza della popolazione dell’Artsakh, alla sicurezza della regione, alla democrazia e ai diritti umani. L’Armenia lavora costruttivamente nei negoziati per una soluzione pacifica del conflitto nel quadro del formato dei Co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE ed è pronta a proseguire negli sforzi per raggiungere l’obiettivo di una soluzione pacifica definitiva.

Nel processo di mediazione: quanto efficace è stata in questi anni l’azione del Gruppo di Minsk?

Siamo risoluti nel nostro impegno a risolvere il conflitto esclusivamente in via pacifica. Il formato dei Co-presidenti del gruppo di Minsk è l’unico formato riconosciuto a livello internazionale, avente mandato a negoziare la soluzione del conflitto. È stato per anni, e rimane tuttora, il formato più efficace e produttivo nell’ambito del quale si svolge il processo negoziale. Gli sforzi dei tre Co-presidenti del gruppo di Minsk – Stati Uniti, Russia e Francia – sono fondamentali, non solo per la presenza nella regione ma anche perché hanno le capacità e la forza per svolgere l’attività di mediazione nel migliore dei modi.

Riguardo alla dramma vissuto dai suoi connazionali: dopo il rifiuto da parte di Erdogan nel ratificare i Protocolli di Zurigo del 2009, ci sono possibilità nel riaprire un tavolo dei negoziati oppure bisogna attendere affiche` la Turchia cambi vertice e direzione politica?

Non abbiamo mai fatto del riconoscimento del Genocidio armeno una precondizione per la normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia. Nel 2009 è stata l’Armenia ad avviare l’iniziativa che il 10 ottobre 2009 ha portato alla firma dei Protocolli di Zurigo e a dichiarare la sua volontà di normalizzare i rapporti con la Turchia “senza precondizioni”. L’accordo prevedeva la normalizzazione dei rapporti diplomatici e commerciali e la riapertura delle frontiere. La Turchia però non solo ha posto delle precondizioni, collegando la normalizzazione dei rapporti armeno-turchi al conflitto del Nagorno Karabakh, ma ha lasciato che i Protocolli prendessero polvere sugli scaffali, violando così la prassi comune ma, soprattutto, ogni impegno preso nei confronti della comunità internazionale. In assenza di progressi effettivi l’Armenia è stata costretta, proprio nella primavera di quest’anno, a dichiarare “vuoti e nulli” i Protocolli e a mettere termine alla procedura della loro sottoscrizione. Tuttavia l’Armenia è ancora convinta dell’importanza di un dialogo tra le parti e del fatto che stati confinanti dovrebbero, in generale, stabilire e intrattenere relazioni stabili per potere discutere degli eventuali punti di disaccordo e cercare soluzioni.

Qual è il potenziale economico del suo paese? Cosa ha da offrire agli investitori stranieri?

Oggi l’Armenia è un paese dove è vantaggioso fare investimenti in libera concorrenza economica traendo beneficio dalle opportunità che derivano dalla sua posizione geografica e dal suo ruolo di ponte tra le diverse organizzazioni internazionali. L’Armenia è il leader tra i Paesi CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) per il livello di libertà economica e dell’applicazione delle norme di economia di mercato. Come membro dell’Unione Economica Euroasiatica, ma allo stesso tempo in virtù del fatto che dal novembre 2017 ha firmato l’Accordo di partenariato globale e rafforzato con l’Unione Europea, l’Armenia offre molteplici nuove opportunità di sviluppo dei rapporti economico-commerciali con gli altri paesi. L’Armenia beneficia anche del sistema GSP+ (Sistema di Preferenze Generalizzate) dell’Unione Europea. Grazie all’appartenenza all’Unione Economica Euroasiatica, gli investitori stranieri che decidono di investire in Armenia possono accedere senza dazi doganali all’enorme mercato euroasiatico, un mercato di circa 180 milioni di consumatori. Inoltre, l’Armenia è l’unico paese membro dell’Unione Economica Euroasiatica ad avere una frontiera terrestre con l’Iran con cui l’Unione Economica Eurasiatica ha firmato, quest’anno, un accordo temporaneo che prevede la creazione di una zona di libero scambio.

A maggio c’è stato il cambio di governo nel su paese: quali sono le priorità del nuovo primo ministro Pashinyan?

Anche in Italia si è parlato molto della “rivoluzione di velluto” e di quel movimento di iniziativa civile che si è trasformato in un movimento democratico a livello nazionale che ha portato l’Armenia a un cambio, e ci tengo a sottolinearlo, assolutamente pacifico del potere e alla formazione di un nuovo governo, le cui priorità sono giustamente ambiziose per un paese che oggi si presenta al mondo con degli imprescindibili valori assoluti: legalità, diritti umani, democrazia.

Il Governo di Pashinyan ha dettato con chiarezza le priorità. Innanzitutto assicurare il principio della legalità e dell’uguaglianza della legge per tutti, la sicurezza interna ed esterna dell’Armenia, il continuo miglioramento del livello di sicurezza dell’Armenia e dell’Artsakh. Altri punti focali dell’agenda di governo sono il rifiuto totale della corruzione, la separazione degli affari dalla politica e la tutela della libera concorrenza economica per creare reali opportunità per lo svolgimento di qualsiasi attività economica, garantire la crescita economica, ridurre la povertà, creare posti di lavoro e attrarre investimenti stranieri. Ovviamente tutto questo non sarebbe possibile se al primo posto il Governo non avesse posto l’obiettivo di garantire la protezione dei diritti umani e la creazione di condizioni favorevoli per la libera espressione della creatività e per una vita felice e dignitosa dei propri cittadini.

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Nash-Marshall e Arslan: tutto sul genocidio armeno e il negazionismo turco (Gazzetta di Mantova 31.10.18)

Nel 1915 il governo dell’Impero ottomano iniziò sistematicamente a strappare gli armeni occidentali dalle terre dove i loro antenati vivevano da tempo immemorabile. Ordinò che gli uomini fossero assassinati e che le donne, i bambini e gli anziani fossero deportati. “Pulire” l’Armenia occidentale degli armeni era solo una parte del progetto ottomano per l’Anatolia: l’obiettivo era quello di trasformare quelle terre nella patria dei turchi.

La Turchia odierna continua a negare, di fatto, che il genocidio iniziato dai turchi ottomani abbia avuto luogo. In I peccati dei padri. Negazionismo turco e genocidio armeno, la scrittrice Siobhan Nash-Marshall mette in rapporto l’assoluto disprezzo dei fatti e delle genti, del territorio e della storia che è caratteristica comune sia del genocidio nel 1915 che dell’attuale negazionismo turco, con la vacua sprezzante indifferenza alla realtà fattuale che si diffonde sempre di più nel mondo moderno.

Il libro verrà presentato oggi pomeriggio, a partire dalle 17, nella sala delle vedute della Biblioteca Teresiana, con ingresso dal numero 13 di via Ardigò.

L’autrice – che ha scritto libri e articoli accademici di filosofia teoretica e si è dedicata negli ultimi anni allo studio dei genocidi e del negazionismo – ne parla con Antonia Arslan, scrittrice di radici armene (autrice de La masseria delle allodole), già titolare della cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, che ha firmato la premessa del volume; introduce Daniela Ferrari, presidente dell’Istituto Mantovano di Storia Contemporanea.

L’incontro è organizzato con il patrocinio del Comune di Mantova ed è aperto a tutti.

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Giacomo Gorrini, un vogherese “giusto” per il popolo armeno (Laprovinciapavese 31.10.18)

Tra le personalità più illustri che riposano al cimitero monumentale di Voghera c’è Giacomo Gorrini, diplomatico che all’inizio del Novecento si battè in difesa della popolazione armena, oggetto del genocidio perpetrato dall’Impero Ottomano.

Nato a Molino dei Torti nel 1859, fu console a Trebisonda (la turca Trabzon) tra il 1911 e il 1915, periodo durante il quale assistette all’inizio dei massacri di cui fu vittima la minoranza cattolica armena. Dopo aver più volte cercato di attirare l’attenzione internazionale sulla questione armena, Gorrini fu costretto a una fuga precipitosa e avventurosa attraverso il Mar Nero (ben descritta in «Voci nel deserto», il libro di Pietro Kuciukian, anima dell’Unione armena d’Italia) quando l’Italia scese ufficialmente in guerra contro gli Imperi Centrali (Germania e Austria Ungheria), alleati del governo di Ankara. Al rientro in patria il suo impegno a favore della popolazione armena continuò: oltre ad aver rilasciato un’intervista al quotidiano «Messaggero», Gorrini si adoperò in prima persona per far espatriare numerosi perseguitati e fu poi ambasciatore italiano nell’effimero stato autonomo armeno, sorto nel 1918 e diventato una repubblica sovietica nel 1920. Considerato il fondatore dell’archivio diplomatico del ministero degli Affari Esteri, l’ex console di Trebisonda è stato insignito post-mortem nel 2001 del titolo di «Giusto degli armeni» in segno di riconoscenza per il suo impegno di denuncia del genocidio (riconosciuto dall’Onu solo nel 1985) e a favore della libertà di quel popolo oppresso. In sua memoria, di fronteal museo storico Beccari di Voghera è stato piantato un albero di ulivo. —

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Torna a Roma La Bastarda di Istanbul (Lagazzettadellospettacolo 30.10.18)

La piece teatrale è tratta da uno romanzi più famosi di Elif Shafak, indiscussa protagonista della letteratura turca, grande conoscitrice del passato e profonda osservatrice del presente del suo Paese. “La bastarda di Istanbul” è campione di vendite in tutto il mondo, tradotto in più di trenta lingue, il cui tema centrale e ancora scottante è quel buco nero nella coscienza della Turchia, cioè la “questione armena”, ovvero l’eccidio degli armeni a opera dei turchi nel 1915.

Protagonista assoluta de La Bastarda di Istanbul l’acclamata Serra Yilmaz e del cast fanno parte anche Valentina Chico, Riccardo Naldini, Monica Bauco, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Diletta Oculisti, con video scenografie firmate da Giuseppe Ragazzini, riduzione e regia di Angelo Savelli. Tutto ruota intorno ad un’affascinante saga familiare multietnica in un universo tutto al femminile tra brucianti storie che passano per la Turchia, l’America e l’Armenia in un confronto tra culture e tradizioni occidentali ed orientali. In queste si inserisce Armanoush, giovane e tranquilla americana che, in cerca delle proprie radici armene, arriva nella famiglia matriarcale del suo patrigno turco Mustafa.

Lì incontrerà Asya la bastarda, sua coetanea, adolescente turca ribelle e nichilista, con una grande e colorata famiglia di donne alle spalle, e un vuoto al posto del padre. Frequentando Asya, la sua famiglia e i suoi amici, Armanoush si rende conto di non odiare affatto i Turchi e riconosce che, malgrado tutti i tentativi di negarsi gli uni agli altri, Turchi e Armeni sono legati, mescolati all’immagine stessa di Istanbul. Un segreto lega la Turchia all’Armenia, i turchi agli armeni, Asya ad Armanousch.

Un segreto che forse non verrà mai svelato. Un segreto che ha l’aspetto di un’antica spilla di rubini a forma di melagrana. Alla prima dello spettacolo al Teatro Umberto erano attesi, tra gli altri, personaggi del mondo dello spettacolo tra i quali Sara Ricci, Daniela Poggi, Simone Colombari, Sandra Collodel, Antonio Flamini, Rita Pivano, Angelo Longoni…

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Ministero esteri: impudente la dichiarazione di Bolton sull’amicizia tra Armenia e Russia (Sputniknews 29.10.18)

Il ministero degli esteri russo ha definito impudente la dichiarazione del consigliere del presidente americano per la sicurezza nazionale, John Bolton, fatta durante la sua visita a Erevan della scorsa settimana, in cui ha invitato l’Armenia a porre fine alla sua amicizia con Mosca.

Il ministero ha paragonato le parole di Bolton con una precedente dichiarazione dell’ambasciatore statunitense in Armenia, Richard Mills, in cui ha parlato del continuo sostegno mirato di Washington a determinati gruppi in Armenia e ha promesso una donazione di 26 milioni di dollari per “rafforzare la società civile e i media”.

“Sembrava che non ci fosse niente di più impudente dell’intervento diretto negli affari interni ma a quanto pare non è così”, si legge in una nota del ministero.

Bolton ha chiesto all’Armenia di abbandonare il “cliché storico” nelle sue relazioni internazionali, riferendosi all’amicizia con la Russia.

“Egli ha anche detto che si aspetta da Pashinyan (il primo ministro armeno, ndr) dei passi concreti verso la risoluzione del conflitto nel Nagorno-Karabakh dopo le elezioni parlamentari. Senza dimenticare di pubblicizzare le armi statunitensi che all’Armenia conviene acquistare al posto di quelle russe”, sottolinea la nota.I

l leader del Partito repubblicano armeno, Vahram Baghdasaryan, commentando la dichiarazione di Bolton, ha detto che Erevan non ha alcun “cliché storico, ma valori nazionali il cui rifiuto è inaccettabile”. Egli ha anche consigliato ai rappresentanti del gruppo di Minsk dell’OSCE di astenersi dal “fomentare l’interesse verso gli armamenti” poiché significa premere verso la guerra.

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Armenia: polizia neutralizza attentatore suicida dinnanzi al palazzo del governo (Agenzianova 28.10.18)

Erevan, 28 ott 09:00 – (Agenzia Nova) – Un cittadino armeno di 43 anni ha tentato ieri sera di entrare nel palazzo del governo armato di una bomba a mano. Secondo quanto riferito dal Servizio di sicurezza nazionale, gli agenti di guardia sono riusciti a neutralizzare l’uomo prima che potesse compiere il gesto. Stando a quanto riportato, il 43enne intendeva penetrare nell’edificio e farsi saltare in aria. Attualmente l’uomo si trova in custodia. Il primo a riportare notizie chiare su quanto avvenuto ieri sera è stato il vice primo ministro Tigran Avinyan che si trovava all’interno dell’edificio quando è avvenuto l’incidente. L’aspirante suicida, prima di tentare questo gesto disperato, aveva chiamato il numero del servizio d’emergenza, comunicando alla polizia le sue intenzioni. (segue) (Res)

Gli USA contrari alla missione umanitaria dell’Armenia in Siria (Lantidiplomatico 27.10.18)

Nonostante voglia impegnarsi solo da un punto di vista umanitario, John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha avvertito l’Armenia a non inviare truppe da combattimento in Siria per aiutare le forze governative siriane e i loro alleati.

Il primo ministro Nikol Pashinian ha annunciato l’imminente lancio di una “missione umanitaria” russo-armena in Siria dopo i suoi colloqui dell’8 settembre scorso a Mosca con il presidente russo Vladimir Putin, rifiutando di fornire dettagli.

Il Vice Ministro della Difesa armeno Gabriel Balayan ha chiarito l’11 settembre scorso che Yerevan sta pianificando di inviare medici ed esperti di sminamento principalmente con l’incarico di aiutare i civili nella città devastata dalla guerra di Aleppo, dovrebbero essere dall’esercito armeno.

Balayan ha dichiarato che lo schieramento sarà fatto “su richiesta del governo siriano”. “Non escludiamo la cooperazione con la Russia in qualche modo, ma il gruppo opererà esclusivamente sotto la bandiera della Repubblica di Armenia”, ha precisato.

Bolton, ieri, ha discusso la questione in una riunione all’inizio della giornata con Pashinian, a cui ha partecipato anche il ministro della difesa armeno Davit Tonoyan.
 
Il primo ministro ha detto che questo non sarebbe stato un aiuto militare, sarebbe stato puramente umanitario”, nel corso in una conferenza stampa. “Penso che sia importante. Al momento sarebbe un errore per chiunque altro essere coinvolto militarmente nel conflitto siriano “.

“Ci sono già … sette o otto diversi lati combattenti. Essere coinvolti con qualcuno di loro per qualsiasi altro paese sarebbe un errore”, ha avvertito.

Bolton ha riferito ai leader armeni che mentre forniscono “ampia assistenza umanitaria” ai siriani, gli Stati Uniti hanno cercato di “evitare di aiutare i terroristi da una parte e il regime dall’altra”.
Washington ritiene che “ogni importante assistenza umanitaria a lungo termine nella ricostruzione dovrebbe dipendere dal progresso verso una risoluzione politica in Siria “, ha aggiunto.

Un alto funzionario militare russo dichiarò nell’agosto 2017 che Armenia e Serbia erano pronte a unirsi in una “coalizione” multinazionale per aiutare Mosca a eliminare le mine.

L’ex governo armeno sembrava riluttante a impegnare truppe per tale missione. Parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2017, il presidente Serzh Sarkisian dichiarò che lo schieramento armeno in Siria richiedeva un mandato delle Nazioni Unite.

Circa 80.000 armeni vivevano in Siria prima dello scoppio della guerra nel 2011. La maggior parte di loro ha lasciato il paese. Migliaia di armeni siriani si sono rifugiati in Armenia.

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Armenia: premier Pashinyan, il primo novembre il parlamento sarà sciolto (Agenzianova 27.10.18)

Erevan, 27 ott 16:40 – (Agenzia Nova) – Pashinyan è entrato in carica dopo le dure proteste svoltesi nel mese di aprile, capeggiate dallo stesso leader del gruppo Yelk. Le proteste hanno portato alle dimissioni del neo eletto premier Serzh Sargsyan, storico leader del Partito repubblicano (Pra) e negli ultimi anni presidente dell’Armenia. Quest’inattesa avanzata di Pashinyan sino alla guida del governo non ha modificato ovviamente l’assetto del parlamento, dove i repubblicani detengono ancora la maggioranza. Per questo motivo Pashinyan ha più volte affermato che la legislatura attuale non rappresenta il popolo e che si dovrebbero svolgere quanto prima delle elezioni anticipate che riflettano l’effettiva volontà dei cittadini armeni. (Res)