Nagorno-Karabakh: fonti stampa, prossima settimana summit fra Armenia e Azerbaigian a Ginevra (Agenzianova 13.10.17)

Erevan, 13 ott 08:44 – (Agenzia Nova) – I presidenti di Armenia e Azerbaigian si incontreranno a Ginevra la prossima settimana per un nuovo round di colloqui sul conflitto nel Nagorno-Karabakh, l’area contesa fra i due paesi. È quanto annunciato del capogruppo parlamentare del Partito repubblica armeno (Rpa), Armen Ashotyan, citato dalla stampa locale. Secondo Ashotyan a promuovere l’iniziativa sono stati i copresidenti del Gruppo di Minsk (Francia, Russia e Stati Uniti; monitora il cessate il fuoco). Secondo Ashotyan, la posizione dell’Armenia sul Nagorno-Karabakh è nota e il presidente armeno, Serzh Sargsyan, l’ha espressa di recente anche dinnanzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Secondo il capogruppo parlamentare “è ovvio” che i principi adottati nei summit di Vienna e San Pietroburgo restano sul tavolo dei negoziati. Nei giorni scorsi il presidente azero, Ilham Aliyev, ha dichiarato che nonostante vari tentativi l’Armenia non è riuscita a far fallire i negoziati sul Nagorno-Karabakh. La posizione di Baku, secondo il capo dello stato azero, resta invariata: “L’integrità territoriale nazionale non è oggetto di negoziati”. Il presidente ha confermato che l’Azerbaigian non consentirà la creazione di una seconda nazione armena nel suo territorio. (segue) (Res)

Giornata FAI d’Autunno, un ricco programma in Città vecchia (Corriereditaranto.it 13.10.17)

Torna la Giornata FAI d’Autunnno e per Taranto è un’altra bella occasione per mettere in mostra i suoi tesori, in Città vecchia. Infatti, è proprio l’isola protagonista della domenica del FAI, quest’anno dedicata al tema del recupero dell’identità tarantina: le aperture, infatti, tendono a sottolineare gli sforzi, pubblici e privati, che stanno interessando alcune zone della Città vecchia. Le aperture hanno come epicentro Piazza Monteoliveto: tale zona sta vivendo in questi anni un grande recupero e un particolare fermento culturale.
Questi i luoghi visitabili: Ipogei di Palazzo Gallo; la Chiesa di Sant’Andrea degli Armeni e l’ex sacrestia; l’Osservatorio Meteorologico e Geofisico “L. Ferrajolo”. Le aperture seguiranno i seguenti orari: la mattina dalle 10.00 alle 13.00 (ultimo ingresso previsto h 12.30) e nel pomeriggio dalle 15.30 alle 18.00 (ultimo ingresso previsto h 17.30).
Ingresso gratuito. All’ingresso di ogni luogo si potrà lasciare un contributo facoltativo a sostegno dell’attività della Fondazione. Sarà inoltre possibile iscriversi al FAI in loco con uno sconto di 10 euro. Per informazioni: www.giornatefai.it; www.fondoambiente.it; pagina FB: Fai Giovani – Taranto, Instagram (faigiovanitaranto).
Ipogei di Palazzo Gallo (Piazza Monteoliveto): esempio di residenza nobiliare tarantina del XVIII secolo, Palazzo Gallo presenta in facciata elementi architettonici tipici del Rococò. Il Palazzo, che si sviluppa intorno ad una piccola corte centrale, possiede vasti ambienti ipogei direttamente scavati nel banco roccioso.
Chiesa di Sant’Andrea degli Armeni e l’ex sacrestia (Piazza Monteoliveto): il primo nucleo della chiesa di S. Andrea risale al XIV secolo, quale punto di riferimento della comunità armena stanziata nel cuore della città di Taranto. Sul finire del XIV secolo la chiesa venne distrutta durante l’assedio della città comandato da Ladislao di Durazzo. Nel 1573 l’abate Scipione di Aricia decise di ricostruire una nuova chiesa che si attenesse ai canoni dell’epoca. La facciata presenta semplicemente quattro lesene che giungono sino al timpano il quale, a sua volta, come unico elemento decorativo, mostra lo stemma della famiglia dei Capitignano titolari del patronato sulla chiesa almeno sino al XVI secolo. Il timpano è sormontato da due statue laterali raffiguranti una figura femminile e una maschile di difficile interpretazione. L’interno, ad aula unica e longitudinale, termina con un presbiterio rialzato al quale si accede da un arco trionfale decorato con motivi rinascimentali. La volta è lunettata e le murature laterali sono realizzate ad opus incertum.
Osservatorio Meteorologico e Geofisico “L. Ferrajolo” (Via Duomo): fondato dal prof. Luigi Ferrajolo nel 1892, con il concorso del Regio Ufficio Centrale di Meteorologia, l’osservatorio “Ferrajolo” risulta essere uno dei più antichi di Italia. Nel 1908, su invito dell’Associazione Sismologica Internazionale, fu fondata anche la stazione sismica. L’Osservatorio, con la sua serie storica di dati completi e ininterrotti dal 1892 ad oggi, costituisce un patrimonio scientifico per lo studio della climatologia. La struttura è dotata di un piccolo museo di strumentazioni scientifiche e di una ricca biblioteca.
In contemporanea, il Comune ha deciso di approfittare per aprire gli ipogei di via Cava e Palazzo Pantaleo. Lo rende noto un comunicato di Palazzo di città.

Ipogeo di via Cava

“Dopo il boom di visitatori in Città Vecchia per l’iniziativa delle scorsa domenica, vorremmo replicare l’esperienza e, con l’assessore alla cultura, Franco Sebastio – spiega l’assessore al patrimonio, Francesca Viggiano – abbiamo deciso che anche domenica prossima, 15 ottobre , in concomitanza con la giornata nazionale FAI, gli ipogei comunali di via Cava e Palazzo Pantaleo resteranno aperti al pubblico dalle ore 9 alle 13 e dalle ore 16 alle 20, prevedendo per quest’ultimo importante palazzo storico anche visite guidate gratuite. E’ una occasione che non volevamo perdere per valorizzare e per far conoscere i tesori del nostro patrimonio culturale. Ogni volta che abbiamo la possibilità di parlare di Taranto e di svelare i suoi tesori… noi ci siamo, perchè dalla narrazione, convinta ed entusiasta della nostra città, della sua storia e delle suo patrimonio architettonico e paesaggistico si deve partire per favorire un cambiamento di rotta e una nuova immagine per questa città”.

 

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Speciale difesa: Armenia-Azerbaigian, ministero di Erevan annuncia uccisione militare al confine (Agenzianova 11.10.17)

Erevan, 11 ott 15:30 – (Agenzia Nova) – Un militare armeno di 19 anni di stanza nei pressi del confine è stato ucciso ieri da un colpo a fuoco proveniente dal lato dell’Azerbaigian. È quanto riferisce il ministero della Difesa di Erevan, secondo cui il militare ucciso si chiamava Chaplin Margaryan ed è morto mentre era impiegato in delle attività di sorveglianza nell’area nord orientale del paese. Il ministero ha comunicato l’avvio di un’indagine per accertare le cause della morte e ha esteso le condoglianze alla famiglia del militare ucciso. Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per l’area contesa del Nagorno-Karabakh è iniziato nel febbraio 1988, quando la regione autonoma del Nagorno-Karabakh ha chiesto il trasferimento dalla Repubblica sovietica dell’Azerbaigian a quella armena. Nel settembre 1991, a Stepanakert – autoproclamata capitale – è stata annunciata la costituzione della Repubblica del Nagorno-Karabakh.

Nel corso del conflitto sorto in seguito alla dichiarazione unilaterale di indipendenza, l’Azerbaigian ha perso de facto il controllo della regione: Stepanakert, infatti, conta poco più di 50 mila abitanti, tutti di origine armena, dato che quelli di origine azera sono stati costretti a lasciare la città in seguito al conflitto. Dal 1992 proseguono i negoziati per la soluzione pacifica del conflitto all’interno del Gruppo di Minsk, formato che opera sotto l’egida dell’Osce. L’Azerbaigian insiste sul mantenimento della sua integrità territoriale, mentre l’Armenia protegge gli interessi della repubblica separatista, dal momento che la Repubblica del Nagorno-Karabakh, in quanto non riconosciuta come entità statale, non fa parte dei negoziati. (Res)

Armenia, una piccola Chiesa globale e in diaspora affronta la sfida della comunicazione (Acistampa 10.10.17)

Come comunicare una Chiesa in diaspora? Se lo è chiesto Adrienne Suvada, ricercatrice della Università di Zurigo per le Ricerche Applicate con un passato di studi alla Pontificia Università della Santa Croce. Che ha dedicato alla piccola Chiesa cattolica armena uno studio lungo sette anni, sfociato nel libro “Comunicazione ed Organizzazione della Chiesa Armeno-Cattolica” (Edizioni Il Cerchio).

Un libro che l’arcivescovo Raphael Minassian, a capo dell’Ordinariato armeno dell’Europa orientale, non esita a definire “un capolavoro”, perché risponde al bisogno di “questa piccola comunità, questa piccola Chiesa che è rimasta sempre fedele alla Chiesa di Cristo” di mostrare il suo lavoro i cui “frutti si trovano dappertutto”.

Per comprendere l’importanza della Chiesa armena, si deve andare indietro in una storia che, si dice in Armenia, le altre nazioni misurano in secoli, ma l’Armenia misura in millenni. È la prima nazione cristiana, ha fondato la sua cristianità su 36 soldati che sono poi le lettere dell’alfabeto che diede alla nazione il geniale Mashtoz, traducendo la Bibbia e facendo del Cristianesimo una parte costitutiva di questa terra.

“Essere cristiani è il DNA di tutti gli armeni. Il 92 per cento della popolazine si dichiara cristiano”, dice, conversando con ACI Stampa, Adrienne Suvada. Che poi spiega come la cosa più importante per la Chiesa armena sia proprio “il rito, rimasto praticamente intatto nei secoli, suggestivo e profondo, che è l’arma più importante che la Chiesa armena ha per la comunicazione”.

Suvada ha studiato la comunicazione di aziende importanti ed ha lavorato nelle multinazionali. Ma la sua analisi della comunicazione istituzionale della Chiesa armena parte da una considerazione fondamentale: “I comunicati stampa devono essere ben fatti, le foto devono essere professionali, si deve essere moderni nel comunicare. Ma questo non deve andare a discapito dell’identità. L’identità deve essere preservata”.

Anche perché si tratta di una identità fortemente connaturata con la storia. Paradossalmente, è stata la diaspora che ha permesso alla Chiesa armeno cattolica di mantenere la propria identità, ma anche le ferite vive come quella del “Grande Male”, il genocidio armeno che resta una data viva nella memoria. Ma le sfide di oggi sono l’arrivo della secolarizzazione e anche un rapporto con la Chiesa Apostolica che resta complicato.

L’arcivescovo Minassian sottolinea che, dopo il viaggio del Papa, resta il grande ricordo della visita, che viene ancora celebrata come una festa, ma che sui rapporti con la Chiesa Apostolica “si sta lavorando per rafforzarli”. Eppure è ottimista quando spiega che “la Chiesa armena, sia apostolica che cattolica, con tutte le diversità e malgrado le separazioni che permangono, rimane l’unica Chiesa fedele alla confessione delle fede universale: restano i sacramenti identici, resta il rito identico. Guardare alla Chiesa armeno significa guardare al passo più breve per la riconciliazione”.

Ma allora perché si sa così poco della Chiesa armena? Perché – risponde ad ACI Stampa Suvada – manca la comunicazione. “Non stanno comunicando per bene, non stanno utilizzando in modo professionale i nuovi mezzi di comunicazione”. Poi ci sono altri problemi: c’è “una situazione politica che sta avendo effetti drammatici sulla vita dei Cristiani in Medioriente”, e anche la crescente secolarizzazione, che si rispecchia nella “diminuzione del numero dei praticanti in alcune comunità in diaspora del mondo occidentale”.

Eppure, si tratta di una Chiesa – aggiunge Suvada – “ottima, perché piccola ma in grado di agire globalmente, diffusa in tutto il mondo”.

Una Chiesa grandemente apprezza anche dal Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazone delle Chiese Orientali, che recentemente ha preso parte ai festeggiamenti per i 25 anni di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Armenia.

“Credo – dice il Cardinale ad ACI Stampa – che sia la Chiesa apostolica che la Chiesa cattolica in armena sono eredi di una grande tradizione che le ha avvicinate a Cristo. Una tradizione di spiritualità, di liturgia, di grandi dottori e padri della Chiesa, tra i quali San Gregorio di Narek. E il mio augurio è che la Chiesa apostolica e la Chiesa cattolica siano sempre testimoni di Cristo e aiutino non solo i fedeli a crescere nella speranza”. E sottolinea come proprio “la comunicazione ben pensata diventa uno degli strumenti a servizio della comunione, nutre l’evangelizzazione, fornisce materiali e fa condividere esperienze e pratiche virtuose nella pastorale e più in generale della vita della Chiesa”.

Fede, identità, storia: sono queste alla fine le pietre miliari della comunicazione di una comunità in diaspora come quella armena. Cui va aggiunta anche la professionalità. Una professionalità, però, che non è chiamata ad andare oltre alla storia, ma piuttosto a rafforzare l’identità.

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Iran-Armenia: premier Karapetyan, grandi opportunità di cooperazione con Teheran (Agenzianova 10.10.17)

Teheran, 10 ott 12:33 – (Agenzia Nova) – L’Armenia e l’Iran hanno un grande potenziale di cooperazione economica e ci sono diverse opportunità bilaterali. Lo ha detto il premier armeno, Karen Karapetyan, in visita a Teheran. Il capo del governo di Erevan ha sottolineato anche gli importanti vantaggi offerti dalla cooperazione trilaterale fra Armenia, Iran e Turkmenistan. “Sono convinto che la cooperazione trilaterale proseguirà a lungo e consentirà un incremento degli scambi commerciali. Inoltre abbiamo concordato con i nostri partner iraniani di rilanciare le nostre relazioni bilaterale e di proseguire gli sforzi congiunti nell’ottica di sviluppare le nostre capacità di raggiungere risultati positivi”, ha detto il premier al termine della visita all’Ararat Sports and Cultural Complex, dove ha incontrato la comunità armena residente in Iran. (segue) (Irt)

Convivenza possibile fra fedi diverse?/ Il caso del Santo Sepolcro, conteso da cattolici, ortodossi, armeni… (Ilsussidiario.it 10.10.17)

La convivenza tra religioni diverse è possibile? La risposta potrebbe arrivare dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, considerato la chiave della pace. Chi vi si reca in pellegrinaggio nota due cose: due porte, di cui una murata, e una scala a pioli che poggia sulla balaustra al primo piano della facciata bizantina. È lì da oltre un secolo: era stata appoggiata per la riparazione di un vetro rotto, ma l’operazione venne interrotta per un motivo strano. Non era chiaro chi dovesse farlo. Questa basilica è, infatti, condivisa da diversi cleri: armeno, greco ortodosso, siriano, copto ed etiope. Ognuno di essi ha una propria giurisdizione sullo stesso edificio. Una bella dimostrazione di convivenza tra fedi diverse direbbe qualcuno, ma invece non sono mancate le liti, motivo per il quale nel 1852 le chiavi dell’unica porta vennero affidate ad un musulmano, da trasmettere di padre in figlio. L’ultima rissa – come racconta Il Giornale – risale al 2008, quando fu necessario l’intervento della polizia israeliana per sedare la lite. Ci sono regole precise, e scoppia il putiferio se non vengono rispettate. Pensate, ad esempio, alle pressioni sotto Pasqua, quando si arriva a programmare tempi e percorsi, perché il minimo sforamento provoca risse.

SIMBOLI DI CONVIVENZA O OCCASIONI SPRECATE?

Il Santo Sepolcro di Gerusalemme potrebbe essere la risposta a chi è convinto che chi professa religioni diverse non possa convivere pacificamente. Ma rischia di essere un’occasione sprecata, perché qui i rappresentanti delle diverse confessioni si parlano a stento. Ma ci sono anche casi nei quali le stesse regole di convivenza sono state messe in discussione: nel 1970, ad esempio, alcuni monaci copti si allontanarono per la veglia di Pasqua, così entrarono alcun monaci tipi che cambiarono le serrature e rivendicarono il monastero come loro. Il bilancio di quella rissa fu di 11 monaci in ospedale. Così si può comprendere quanto sia difficile la manutenzione di questo luogo sacro, visto che ci sono diverse comunità a dover decidere gli interventi. Il Santo Sepolcro di Gerusalemme non è però l’unico simbolo di convivenza tra religioni diverse. Prendete, ad esempio, la basilica della Natività di Betlemme, dove l’apertura della porta spetta ai greco-ortodossi. La Grotta, però, è in comproprietà con i frati francescani, mentre le altre confessioni hanno solo diritto d’uso. I cattolici, ad esempio, possono dire messa solo sull’altare dei Magi e incensarne la Stella. Eppure nel 2011, come ricorda Il Giornale, in occasione della pulizia di Natale scoppiò tra armeni e greco-ortodossi una lite così violenta che intervenne la polizia di Abu Mazen per sedarla. Ecco, forse bisognerebbe partire dalla convivenza in questi luoghi sacri per insegnare al resto del mondo che è possibile davvero una convivenza pacifica.

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Armenia: parlamento vota contro uscita da Commissione economica eurasiatica (Agenzianova 04.10.17)

Erevan, 04 ott 11:34 – (Agenzia Nova) – Il parlamento armeno ha declinato l’iniziativa del partito di opposizione Yelq (Via d’uscita) di formare una commissione temporanea per valutare la possibilità di un’uscita di Erevan dalla Commissione economica eurasiatica (Eaeu). Sono stati 79 i parlamentari che si sono espressi contro la creazione della commissione, mentre solo dieci si sono detti a favore. “Non dobbiamo attribuire i passi falsi del nostro governo nelle questioni nazionali e internazionali all’Eaeu”, ha detto il vicepresidente del parlamento, Michael Melkumyan. Armen Rustamyan, capogruppo in parlamento della Federazione rivoluzionaria armena (Arf), ha affermato che all’aula non è stata fornita un’analisi approfondita delle conseguenze di quest’uscita dalla Commissione per l’economia nazionale. Secondo il partito Yelq, l’adesione all’Eaeu è stata dannosa per gli indici socioeconomici dell’Armenia e ha ostacolato i suoi contatti con paesi non appartenenti all’Unione economica eurasiatica, tra cui la Georgia e l’Iran. L’Unione economica eurasiatica mira a promuovere la cooperazione economica tra gli Stati membri: Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Russia. (Res)

Armenia, la misteriosa (Repubblica/Donna 03.10.17)

Cos’è questo paese? È la domanda a cui sono stati chiamati a rispondere creatori da tutto il mondo. Per il debutto della Triennale d’Arte Contemporanea fra Yerevan, Gyumri e il lago Sevandi Alessandra Mammì

Armenia, la misteriosa
Jia Zhangke, Black Breakfast, 2008

«Mi chiamo Mikayel Ohanjanyan, scultore, nato nel 1976 a Yerevan, durante gli anni dell’Armenia sovietica. Dopo l’indipendenza del 1991, ho studiato in Europa. Ora vivo a Firenze. Finché non ho incontrato Adelina Cu?beryan von Fu?rstenberg non mi sono posto domande sulla mia identità». Adelina, curatore sui generis, non mette insieme opere, ma artisti, cui lancia sfide, compiti, viaggi, letture, temi; perché una mostra non sia un collage di lavori, bensì un’esperienza, per loro e i visitatori. Così fu per Mikayel quando, nel 2015, si trovò accanto a connazionali a lavorare sul tema Armenity nell’isola di San Lazzaro, per la Biennale di Venezia; il padiglione vinse a sorpresa il Leone d’oro. Ora Adelina lo ha richiamato per la prima Triennale d’arte contemporanea d’Armenia.

Una missione che, per gli artisti convocati, comincia con l’obbligatoria lettura di un libro, Il monte analogo, scritto nel 1944 dall’eclettico surrealista René Daumal e rimasto incompiuto a causa della sua morte prematura. Un testo simbolico, esoterico, simile a una formula stregonesca: ispirerà i teosofi naturisti che in Svizzera, ai primi del 1900, ribattezzarono Monte Verità quello di Ascona, e l’immaginifico regista Alejandro Jodorowsky per il suo film di culto La montagna sacra. Fino a diventare testo di riferimento per Harald Szeemann, grande storico dell’arte e curatore degli anni ’70. Anche l’Ararat, magico e mitologico, è un luogo che esiste e non esiste. Per la Genesi, fu la prima terra emersa dal diluvio e dette asilo all’Arca. Per questo tormentato Paese, è un simbolo, riprodotto perfino nei cioccolatini dei duty free degli aeroporti. È un massiccio totem, coperto da ghiacci perenni che, con i suoi 5.137 metri, domina la capitale e l’immaginario di tutti gli armeni, anche quelli sparsi nel mondo per la diaspora. Eppure, sebbene dal suo nome venga quello dello Stato, l’Ararat è loro inaccessibile, al di là di una frontiera che lo ha deportato in terra turca.

Armenia, la misteriosa
Aleksey Manukyan, Urban Stamp, 2017.

Questa Triennale è iniziata così: con un libro e un viaggio che in aprile ha riunito artisti greci, francesi, russi, italiani, palestinesi, israeliani e iraniani, più naturalmente armeni, in un’esplorazione del territorio, e soprattutto in un’esperienza comunitaria. Fra cene e discussioni notturne, nel giardino anni ’20 di un hotel de charme, Villa Kars a Gyumri, l’Armenia si è ricomposta come un puzzle: le pietre di tufo rosse e nere; gli orizzonti spalancati dell’altopiano; il genocidio; la diaspora; l’architettura sovietica; la letteratura; l’eleganza grafica della scrittura; i terribili terremoti che scuotono la faglia su cui poggia l’intero Paese; gli anni ’90, con l’indipendenza e l’apertura al mondo; l’agricoltura e il bestiame, tuttora la più grande ricchezza; i cinesi che stanno costruendo la grande autostrada da Yerevan a Gyumri. Seconda città del Paese, sebbene distrutta dal sisma del 1988, conserva un centro antico integro, a differenza della capitale, stravolta dalla grandeur dell’urbanistica sovietica. Ed è a Gyumri (dove nacque Georges Gurdjieff, filosofo mistico esoterico e guru di Daumal) che ha sede la collettiva, nel decadente e affascinante Museo dell’architettura e della vita urbana.

Che cos’è l’Armenia? «Un paesaggio violento, forte, una vibrazione del territorio», risponde Mikayel che, per simboleggiarla, è ricorso a un mito. La sua è una potente scultura di rocce, imprigionate e incise, che narrano di un dio costretto a restare nascosto proprio in una roccia perché la terra non avrebbe potuto sopportare il suo peso fino al giorno in cui non fosse finalmente diventata giusta. Il Paese per Benji Boyadjian, israeliano di padre armeno, è invece «terra di conflitti come la mia; un viaggio nel tempo che attraversa dominazioni, imperi, massacri e ci trascina indietro fino all’età della pietra». E accanto a un misteriosa installazione, a metà tra macchina ottica e arma arcaica, mostra il suo diario di viaggio, con delicati disegni a matita: la finestra di un caseggiato popolare, il cibo venduto sul ciglio della strada, le poche e secche pietre di un rudere vittima di una guerra o di una scossa della terra. «Viaggio molto e sono un solitario.

Armenia, la misteriosa
Ayreen Anastas & Rene Gabri, And You, What Do You Seek?, 2017

Per me sono state una scoperta sia l’Armenia, sia l’esperienza collettiva», dice Francesco Arena, esploratore di luoghi impervi da cui nascono installazioni fra natura, storia, scienza, archeologia. «Con un collega armeno ho attraversato il territorio, ho parlato con gli abitanti, ho raggiunto gli archivi». Nella testa il libro di Daumal, negli occhi l’altopiano e le sue cave di ossidiana dalle pietre specchianti. Il monte, per Arena, si declina in una sinfonia di frammenti sapientemente ricomposti su tavoli da lavoro, come una stanza delle meraviglie. Ayreen Anastas & Rene Gabri sono una coppia. Palestinese lei, iraniano lui. Entrambi altissimi, magrissimi, silenziosi, misteriosi. Passi felpati, lunghi capelli, volti ossuti e intensi. Per mesi hanno camminato fra villaggi, città e fattorie, raccolto storie e testimonianze per il loro delicato film. «Ci siamo chiesti e abbiamo chiesto: ha senso lottare perché un genocidio sia riconosciuto? Dimostra forza o debolezza? Fino a che punto l’orrore può ricostruire identità?». Ecco che entra prepotente un tema rimosso: il genocidio del 1915, perpetrato dall’impero ottomano in decadenza. Il massacro di un milione e mezzo di persone, soprattutto anziani, donne e bambini, costretti a marciare nel deserto e morti di fame, sete e torture. Uno sterminio che i turchi ancora non vogliono ammettere, e che aleggia come un fantasma nei racconti e nelle opere della Triennale.

Si intravede anche nella performance dell’italiana Marta dell’Angelo e dell’armeno Aleksey Manukyan, un’iniziazione che riprende l’antichissimo monosandalismo greco e li vede scalare l’Ararat con un solo piede nudo. «Che cos’è l’Armenia?» chiediamo, infine, a chi ha voluto cercarla nella scrittura, ritmata da 38 caratteri obliqui simili a note su un pentagramma. Giuseppe Caccavale, napoletano di stanza a Parigi, ne ha fatto un affresco. Ha preparato un intonaco denso come burro per incidere sulle pareti del museo di Gyumri i versi, trasformati in disegno, di Osip Mandel’stam, poeta ebreo perseguitato da Stalin: «Armenia, minaccioso toro a sei ali, qui appare il lavoro agli uomini e gonfie di sangue venoso fioriscono rose autunnali. E amo la tua lingua di presagi sinistri, le tue giovani tombe, dove ogni lettera è tenaglia, ogni parola uncino».

Armenia, la misteriosa
Benji Boyadjian, Sedimentary Derivations, 2017

ISTRUZIONI PER L’USO
Termina oggi a Yerevan la prima parte della Triennale d’arte armena, con la mostra del grande fotografo modernista Gaspar Gasparian, armeno brasiliano scomparso nel 1966, e l’intensa installazione ispirata a Mozart di Ilya & Emilia Kabakov all’Hay-Art Cultural Center. A Gyumri, oltre alla collettiva nel Museo dell’architettura e della vita urbana, da non perdere i video di vari registi, da Jafar Panahi a Idrissa Ouédraogo, allestiti nella casa-museo delle sorelle Aslamazyan, bizzarre autrici di inquieti dipinti, ceramiche, disegni. Nella seconda parte (14/9-31/12), oltre all’installazione dello svizzero Felice Varini nella stazione centrale di Yerevan, la Triennale si sposta al Writer’s Resort sul lago Sevan: confronto fra progettisti armeni ed europei a cura dello storico dell’architettura Ruben Arevshatyan.

Russia: al via esercitazione militare congiunta con paesi CSTO (IlVelino 03.10.17)

L’esercitazione militare dell’Organizzazione del trattato sulla sicurezza collettiva (CSTO) denominata Combat Brotherhood-2017 prende il via oggi nel distretto militare sud della Russia per continuare fino al 20 ottobre nei territori di Armenia, Kazakistan, Russia e Tagikistan. Secondo la nota del CSTO, le manovre sono finalizzate al miglioramento del sistema congiunto della gestione delle forze armate CSTO, al coordinamento della preparazione delle operazioni congiunte e all’addestramento di varie attività di manovra congiunta. Il capo dello stato maggiore di CSTO, colonnello generale Anatoly Sidorov ha affermato che circa 12.000 uomini, 1.500 mezzi e circa 90 aeromobili sarebbero coinvolti nelle esercitazioni

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Ue-Armenia: commissario Hahn ricevuto da ministro Esteri Nalbandian a Erevan (Agenzianova 02.10.17)

Bruxelles, 02 ott 13:43 – (Agenzia Nova) – Il commissario Ue per l’Allargamento e la politica europea di vicinato, Johannes Hahn, è stato ricevuto oggi a Erevan dal ministro degli Esteri dell’Armenia, Edward Nalbandian. Lo rende noto Hahn sul suo accont Twitter, descrivendo quella con Nalbandian come una “buona discussione”, con un focus sulle relazioni tra l’Ue e l’Armenia. Nel corso dell’incontro si è parlato del nuovo quadro per l’accordo di partenariato globale e rafforzato (Cepa) e delle priorità del Partenariato orientale (Armenia, Azerbaigian, Moldova, Ucraina, Georgia e Bielorussia). Tra i temi sul tavolo anche il vertice del Partenariato orientale, che si terrà il prossimo novembre a Bruxelles. Secondo quanto riferisce Hahn, con Nalbandian si è discusso anche di come assicurarsi che i cittadini armeni possano beneficiare dei “deliverables”, ossia risultati desiderati per i paesi del Partenariato, da realizzare entro il 2020 secondo l’agenda del summit. (Beb)