Diocesi: Venezia, patriarca Moraglia a celebrazioni in rito armeno per 300 anni Abbazia mechitarista (Agensir.it 08.09.17)

Domani e domenica, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia partecipa alle celebrazioni in rito armeno, a S. Marco e nell’isola di S. Lazzaro, per i 300 anni dell’Abbazia mechitarista. Mons. Moraglia parteciperà alle 18 di domani, sabato 9 settembre, nella basilica cattedrale di San Marco a Venezia, al canto dei Vespri solenni – celebrati in rito armeno – in occasione delle celebrazioni per il Tricentenario del Monastero Abbaziale di San Lazzaro a Venezia. Domenica 10 settembre, alle 11 nella chiesa di San Lazzaro in isola a Venezia, il patriarca Moraglia assisterà alla celebrazione eucaristica solenne – in rito armeno – che sarà presieduta da mons. Levon Boghos Zekiyan, attuale arcieparca di Costantinopoli per gli armeni cattolici e presidente della Conferenza episcopale della Turchia nonché delegato pontificio per la Congregazione mechitarista.

Cultura e sport nel weekend di Figline e Incisa (met.provinia.fi.it 07.09.17)

Al via le visite alla mostra sul Comune unico al Pretorio. L’8 settembre incontro a tema Armenia a Perlamora, il 10 Grand Prix Podistico
Il prossimo weekend sarà all’insegna della cultura e dello sport a Figline e Incisa. Si parte già da venerdì 8 settembre, quando al Perlamora Festival si terrà un incontro a tema Armenia. L’appuntamento è fissato alle 21,30 al centro Perlamora, in via Golfonaia-Figline, dove la presentazione del libro “Il bambino e i venti d’Armenia” di Arthur Alexanian (che interverrà durante l’incontro) sarà un’occasione per parlare anche del contesto culturale e storico di quel paese.
Si tratta di un romanzo incentrato sulla storia di un bambino che, a piccoli passi, recupera la memoria sul suo passato, restituendo al lettore immagini vivide di ciò che ricorda. Attorno a lui ruotano anche le storie degli altri protagonisti, divisi tra Oriente (terra d’origine) e Occidente (luogo di fuga per la sopravvivenza).
Oltre all’autore, saranno presenti anche Sivia Huober (giornalista), Alessandra Olivieri (casa editrice Ibiskos), Andrea Ulivi (fotografo e direttore di Meridiana) e l’assessore alle Attività Produttive del Comune di Figline e Incisa Valdarno, Sauro Testi.
Sabato 9 e domenica 10 settembre sarà il primo fine settimana di visite a ingresso libero alla mostra “Il Comune unico e la sua Comunità”, inaugurata a Palazzo Pretorio lo scorso 2 settembre. L’esposizione è promossa dalla Presidenza del consiglio comunale con la finalità di mostrare i momenti più esemplari della storia di entrambi i capoluoghi della città, che passa attraverso una serie di scatti fotografici di luoghi, amministratori e cittadini, immortalati principalmente durante la partecipazione a eventi o manifestazioni collettivi. La mostra sarà visitabile solo il sabato e la domenica, fino al 24 settembre, la mattina dalle 10 alle 13 e il pomeriggio dalle 16 alle 19.
Infine, domenica 10 settembre, si terrà la prima edizione del Trofeo Girasole, organizzato dall’Atletica Futura in collaborazione con ECV Group. Si tratta di una doppia corsa campestre (10,5 km gara competitiva e 4,5 km gara non-competitiva), che si terrà a partire dalle 9 presso le strade sterrate del Camping Girasole a Figline (via Di Norcenni, 7). L’incasso sarà devoluto all’Ospedale pediatrico Meyer e al Calcit Valdarno Fiorentino.
Per iscrizioni e informazioni contattare i numeri 347.2374927 e 335.1006164 oppure scrivere a segreteria@atleticafutura.it.
Per ulteriori informazioni su questi e altri eventi e per i dettagli sulle modifiche alla viabilità cittadina in occasione delle varie iniziative si rimanda al sito www.fiv-eventi.it.

07/09/2017 12.11
Comune di Figline e Incisa Valdarno

Il Veneto incontra l’Armenia. Oggi alla Mostra del Cinema Film su conflitto in Nagorno Karabakh (Regione.veneto.it 07.09.17)

Oggi pomeriggio nello spazio della Regione del Veneto al Lido di Venezia, nell’ambito della 74 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, era in programma la presentazione del film “The Last Inhabitant” sulla cultura armena e sul conflitto in Nagorno Karabakh. In mattinata, l’assessore regionale alle attività culturali e di spettacolo del Veneto si è incontrato a Palazzo Balbi a Venezia con l’Ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia Victoria Bagdassarian, che era accompagnata tra gli altri dal regista del film Jivan Avetisyan.
L’assessore ha sottolineato il rapporto storico esistente tra il  Veneto e il popolo armeno e il significato di questa e altre iniziative per consolidare la collaborazione presente e futura. La vetrina offerta dalla Mostra del Cinema di Venezia a cui guarda tutto il mondo – ha aggiunto – sarà un’importante occasione per sottolineare la vicinanza al popolo armeno e la necessità, in un momento internazionale così difficile, di difendere valori fondamentali come la pace e il dialogo consapevole.
Anche l’ambasciatrice ha fatto riferimento agli storici legami con il Veneto ed esprimendo apprezzamento per l’ospitalità offerta al film ha detto che parla della sopravvivenza del popolo armeno nel Nagorno Karabakh. E’ il racconto di un conflitto, ha detto il regista, ma rivolto all’obiettivo finale che è quello della pace.

Sotto lo sguardo dell’Ararat: l’Armenia in mostra alla casa dello studente (Diario di Pordenone 04.09.17)

PORDENONE – La nuova stagione di Casa Zanussi si apre nel segno dell’arte e della fotografia: fino al 17 settembre nello Spazio foto del Centro Culturale Casa Zanussi di Pordenone è visitabile la mostra ‘L’armenia nelle fotografie di Udo Koehler’, che sarà presentata dall’autore lunedì 4 settembre, alle 17.30 a Casa Zanussi. La mostra si focalizza in due settori principali: l’espressione dall’Armenia nel suo paesaggio che contiene tutti gli elementi della sua classicità e della sua sacralità e un aspetto fortemente legato all’attualità, per far conoscere ai visitatori gli elementi dell’Armenia di oggi con tutte le sue contraddizioni, ma anche con il suo fascino improntato alla semplicità. I paesaggi sono presentati in fotografie singole per focalizzare il connubio straordinario fra senso paesaggistico ed architettura creata dall’uomo, specie quella religiosa che è tipicamente armena e perciò non si trova da nessun’altra parte del mondo. E poi l’Armenia delle persone, delle storie nella Storia, l’Armenia dei mestieri. Il secondo settore trattato da Koehler con la consueta maestria, è composto di pannelli dove convivono più fotografie, ad esprimere il complesso connubio di sentimenti che muovono la vita. Un escamotage artistico per stimolare una coscienza ragionata verso i molti elementi straordinari incarnate dall’Armenia, in chiave positiva ma anche in negativo e tragico, come il genocidio. La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì in orario 9-19 e sabato 9-18, con accesso libero. Info: www.centroculturapordenone.it

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Vino di Sicilia il più antico del mondo. Scoperti due diversi siti di produzione vinaria già 6000 anni fa (Ilgazzettinodisicilia.it 03.09.17)

Il ritrovamento in Sicilia è datato nello stesso periodo di quello finora ritenuto il più antico sito di produzione enologica del mondo, nei dintorni del villaggio di Arani nel sud dell’Armenia

La cultura del vino di Sicilia ha almeno 6000 anni. È merito dell’archeologo Davide Tanasi, un ricercatore siciliano che lavora per l’Università della South Florida (Tampa, USA), la scoperta scientifica che nell’Isola si produceva vino intorno al 4000 a. C., molto prima della colonizzazione greca.
In precedenza altre ricerché avevano provato la coltivazione dell’uva, attraverso la datazione dei semi, ma non la vinificazione. I reperti sui quali ora sono state accertate le tracce di vino provengono da due distinte località della Sicilia, dagli scavi delle grotte di Monte Kronio, nella Riserva naturale orientata Monte S. Calogero (Kronio), vicino Sciacca in provincia di Agrigento, e dal sito archeologico di Sant’Ippolito nel comune di Caltagirone, in provincia di Catania.

Enrico Greco, ricercatore e chimico dell’Università di Catania, attualmente visiting l’Università della South Florida, che fa parte dello staff diretto da Davide Tanasi, ha esaminato i resti delle anfore di 6000 anni fa, tra la fine dell’età del Rame e l’inizio dell’età del Ferro. In esse è stato rinvenuto acido tartarico in grande quantità, che può provenire unicamente dal processo di vinificazione. Le indagini degli studiosi dell’Università della South Florida sono state possibili grazie al supporto del Cnr IMC di Roma, dell’Ateneo di Catania, della Soprintendenza ai Beni culturali di Agrigento.

Di recente in Sardegna, nella zona di Monte Zara, non lontano dalla città di Monastir, a pochi chilometri da Cagliari, era stato accertato che un torchio del IX secolo avanti Cristo veniva utilizzato per spremere l’uva. I francesi ne avevano rinvenuto un altro, provandone scientificamente l’uso per produzione vinaria, ma risalente solo al V secolo a. C.
Il primato italiano, già accertato nel confronto diretto con la cultura vinicola della Francia, viene ora confermato a livello mondiale.

Il ritrovamento in Sicilia è datato nello stesso periodo di quello finora ritenuto il più antico sito di produzione enologica del mondo, nei dintorni del villaggio di Arani nel sud dell’Armenia, non lontano dal confine con l’Iran, in cui sono stati rinvenuti utensili utilizzati nella tarda età del Rame, all’incirca nel 4.000 a.C. Si è però ipotizzato che la malvidina di cui si sono trovate tracce, il pigmento che in natura è responsabile del colore rosso del vino, possa derivare non dalla spremitura d’uva ma del melograno, molto comune in Armenia ma del tutto assente nella Sicilia di 6000 anni fa.

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Vino, gli italiani lo fanno da 6000 anni (FOCUS)

In una grotta della Sicilia le tracce di consumo e produzione risalenti a quattro millenni prima di Cristo: sono tra le più antiche al mondo, e l’arte è nota da prima dell’arrivo dei Greci.

Una delle eccellenze dello Stivale è ancora più scolpita nella nostra storia di quanto credessimo: residui di vino risalenti a 6000 anni fa sono stati scoperti in recipienti di terracotta in una grotta sul Monte Kronio, vicino al porto di Sciacca (Sicilia sudoccidentale).

Si tratta di una delle più antiche testimonianze di consumo di vino al mondo, e retrodata la produzione di questa bevanda nella regione e in Italia di quasi 3000 anni: prima d’ora si pensava che la vinificazione nella Penisola fosse iniziata nel 1200 a.C., introdotta con la colonizzazione della Sicilia da parte dei Greci.

Novità. Il ritrovamento delle Università della Florida meridionale e di quella di Catania, illustrato sul Microchemical Journal, è reso ancora più importante dal fatto che le scoperte precedenti includevano per lo più da resti di viti ma non di vino fermentato; testimoniavano dunque un’attività di viticoltura ma non, direttamente, di produzione del vino.

 

Le giare in cui sono state trovate le tracce di vino. | Davide Tanasi

Le prove. Questa volta invece le analisi chimiche hanno evidenziato cinque tracce organiche di cremor tartaro (o bitartrato di potassio: il principale componente acido dell’uva, che si sviluppa naturalmente durante la fermentazione del vino), in giare della tarda età del rame rinvenute nella grotta nel 2012. Le analisi chimiche hanno permesso di datarle al quarto millennio prima di Cristo.

Tutto nacque qui… Non solo si tratta della più antica testimonianza preistorica della produzione di vino in Italia; potrebbe essere tra una delle prime al mondo. Benché alcuni studiosi sostengano che la vinificazione sia iniziata 10 mila anni fa, finora le tracce più remote di vino sono venute alla luce in Armenia (vicino al villaggio di Areni, nel 2011), e sono più o meno contemporanee a quelle siciliane.

In quel caso però c’è il sospetto che la malvidina ritrovata, cioè un pigmento naturale responsabile del colore rosso del vino, possa derivare non dall’uva ma dal melograno, un frutto molto comune in Armenia, ma assente in Sicilia 6000 anni fa.

Speciale difesa: Nagorno-Karabakh, scambio d’accuse fra Armenia e Azerbaigian durante missione monitoraggio Osce (Agenzia Nova 01.09.17)

Erevan, 01 set 15:15 – (Agenzia Nova) – Nuove schermaglie fra Armenia e Azerbaigian durante le attività di monitoraggio dell’Osce che si sono svolte ieri lungo il confine fra i due paesi. Secondo le autorità di Erevan, le Forze armate azerbaigiane “hanno aperto il fuoco in direzione dei rappresentanti della missione dell’Osce che ieri si trovavano nei pressi del villaggio di Chinari nella provincia armena di Tavush”. Il portavoce del ministero della Difesa armeno, Artsrun Hovhannisyan, ha riferito che la missione dell’Osce non sarebbe stata in grado di condurre le proprie attività a causa degli atti di sabotaggio azeri. “L’ambasciatore Andrzej Kasprzyk, rappresentante personale del presidente in carica (il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz), ha lasciato la zona”, ha dichiarato il Hovhannisyan, aggiungendo che, nonostante gli ostacoli posti dal lato azerbaigiano, la missione ha completato le sue attività di monitoraggio. (Res)

Le tre Comunità cristiane: Greca, Latina e Armena e lo statu quo (Primonumero.it 30.08.17)

Diario Da Gerusalemme. La Terra santa è una terra affascinante e misteriosa, ricca di tradizioni e storie. Fin dai tempi più remoti popoli e civiltà si sono incontrate fondendosi in memorie e tradizioni, qui religioni e culti sembrano avere un fascino unico come in nessuna parte del mondo può essere sperimentato.
Le tre grandi religioni monoteiste (ebraica, cristiana, musulmana) qui si incontrano e si scontrano così mentre i cristiani, ad esempio, compiono i loro riti non è difficile che una voce dal minareto inviti alla preghiera per lodare Allah o che un gruppo di ebrei osservanti corra al muro del pianto per la preghiera rituale.
Se da una pare abbiamo queste tre grandi fedi, dall’altra, quella cristiana è divisa in tante chiese, grandi e piccole. In questo mosaico di chiese con denominazioni diverse si arriva a contarne circa una ventina per 200mila fedeli cristiani disseminati in un’area di circa 27mila Km2.
In questo lembo di terra si incontrano chiese e riti diversi e comuni. La chiesa siriaca, bizantina, greca, armena, copta, etiopica, apostolica, gregoriana, giacobita, maronita, melkita e così via. In questo labirinto di culti e riti non è facile, a volte, orientarsi.

Il distintivo di ogni chiesa è dato da due fattori fondamentali: la dottrina cristiana e la costituzione ecclesiale. Quanto alla dottrina i problemi con le altre chiese sono sempre meno quelli riguardanti Dio (processione dello Spirito santo) o il Cristo (unità uomo-Dio), le verità mariane, i sacramenti o l’escatologia (purgatorio in modo particolare) in questo senso vi è stato un reciproco cammino di chiarificazione che ha eliminato incomprensioni.
La questione spinosa è la costituzione ecclesiale elemento distintivo di tutte le chiese orientali, ortodosse e cattoliche e la considerazione del ruolo del vescovo di Roma.
Se Gerusalemme è stata considerata la madre di tutte le chiese, essa, in qualche modo, è diventata l’immagine della divisione delle chiese. Elementi storici, politici, teologici, culturali hanno determinato una profonda spaccatura in questa parte del medio Oriente tale da “produrre” una ventina di chiese cristiane.
Le comunità maggiori presenti in Terra santa sono tre: Greca-ortodossa, Latinae Armena, queste tre comunità sono le protagoniste riconosciute dello statu quo che determinano e caratterizzano la vita liturgica nelle chiese del santo sepolcro a Gerusalemme, della natività a Betlemme.
Conoscere queste chiese aiuta molto ad allontanare pregiudizi ed incomprensioni, anzi facilita rapporti di amicizia e di reciproca convivenza.

La Chiesa ortodossa (dal greco orthé doxa ossia retta, giusta, autentica, fede) appartiene al gruppo delle Chiese che hanno accettato il concilio ecumenico di Calcedonia (451) nelle sue formulazioni dommatiche e dottrinali e nei suoi canoni disciplinari.
Molta importanza è data al monachesimo (in genere si segue la regola di S.Basilio) quale espressione di vita religiosa contemplativa.
Nelle chiese bizantine l’eucarestia non è necessariamente celebrata ogni giorno. C’è un unico altare, la tradizione ritiene che non è lecito celebrare una seconda eucarestia sullo stesso altare, né dal medesimo sacerdote né da un altro. La concelebrazione non è mai andata in disuso ad oggi è praticata. Il matrimonio è considerato indissolubile, ma l’interpretazione della clausola del vangelo di Matteo (cf. Mt 5,32 e 19,9) ha fatto sì che l’autorità ecclesiastica per motivi pastorali di oikonomìa (disposizione accondiscendente, indulgente) possa concedere la separazione dei coniugi e anche il divorzio in casi gravissimi (adulterio, apostasia, attentato alla vita, morte civile per condanna, malattie inguaribili, dispersione etc…). è possibile un secondo matrimonio che dalla Chiesa è tollerato come un rito di carattere penitenziale. Il sacramento dell’ordine è conferito solo agli uomini che possono sposarsi prima del presbiterato. I vescovi vengono scelti tra i sacerdoti non sposati, quasi sempre monaci.

I frati minori: sono i custodi dei luoghi santi. La loro presenza in Terra santa risale a 800 anni fa. I minori in Terra santa vengono chiamati ifrati della corda per la cintura bianca che portano sopra il saio marrone. I frati sono storicamente i custodi dei luoghi santi. Il termine custode deriva dall’organizzazione interna dell’ordine francescano. Quando ancora era in vita S.Francesco, l’ordine venne suddiviso in province, ognuna con a capo un ministro (da minusin latino) provinciale. A loro volta, le province più estese era suddivise in “custodie”, con a capo un custode. La provincia-madre della Custodia di Terra santa, quella d’Oltremare, ha cessato di esistere nel 1571 con la caduta di Cipro per mano degli ottomani, da allora, la Custodia di Terra santa dipende direttamente dal ministro generale dell’ordine francescano.
Nel 1336, con il sostegno del re di Napoli Roberto d’Angiò che nel 1333 ottenne dal sultano d’Egitto il diritto di acquisto, protezione e custodia dei luoghi santi cristiani, un manipolo di dodici frati si stabilì a Gerusalemme presso il cenacolo al monte Sion e presso il Santo Sepolcro, con diritto di celebrazione. Pochi anni dopo, nel 1342 papa Clemente VI ratificò la loro posizione giuridica e si venne a definire ufficialmente e giuridicamente la Custodia di Terra santa.
All’epoca, il custode francescano di Gerusalemme era anche il massimo rappresentante della Chiesa latina. Il titolo del custode di Terra santa è: Guardiano del Santo Monte Sion e del Santissimo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo.
Attualmente la Custodia di Terra santa conta circa 280 frati da 37 nazioni. Sono distribuiti in 28 conventi tra Israele e Palestina; più o meno altrettanti conventi nei paesi confinanti (Cipro, Giordania, Libano e Syria e Rodi).
Nel 1847 papa Pio IX ripristinò il patriarcato latino di Gerusalemme, allo scopo di non lasciare sola la comunità locale dei cristiani latino in terra santa. Nel 1842, infatti, l’impero britannico (chiesa anglicana) e il regno di Prussia (luterano) si erano accordati per l’istituzione a Gerusalemme di un episcopato condiviso. Probabilmente furono anche motivi politici a giocare un ruolo importante in questa decisione. La Francia si aspettava di rafforzare il proprio ascendente sulla Chiesa cattolica in Terra santa, controbilanciando l’autorità dei francescani di matrice spagnola. Nel 1987, con la nomina di Michel Sabbah, originario di Nazareth, per la prima volta un cristiano del luogo è divenuto patriarca latino di Gerusalemme. I cattolici romani sono circa 77mila suddivisi in 70 parrocchie: 15 nei territori palestinesi, 15 in Israele il restante suddiviso tra Giordania e Cipro. Nella diocesi di Gerusalemme sono presenti circa una trentina di ordini e congregazioni religiose maschili e una settantina femminili per un totale di circa 550 religiosi e 1100 religiose. Il patriarca risiede presso la sua sede vicino a porta di Jaffa dove sorge una imponente chiesa neogotica che funge da concattedrale. La cattedrale vera e propria è la basilica del Santo Sepolcro.

La chiesa Armena. Il popolo armeno si può gloriare di essere stato il primo popolo e la prima nazione ad abbracciare il cristianesimo nell’anno 301 ad opera del re Tiridate III in seguito alla predicazione del grande missionario S.Gregorio l’Illuminatore. Da lui la chiesa armena prende anche il nome di chiesa gregoriana.
Gli armeni considerano loro antenato Noè, chiamano l’Armenia con il nome originario diHayastan, da Hayk, discendente di Noè. Il patriarca armeno è il padre della patria ed è chiamato Katholicòs. Il popolo armeno ha attraversato molte vicissitudine dolorose segnandolo indelebilmente. La croce detta “armena” ha un ruolo centrale nella spiritualità ed è facilmente riconoscibile perché agli angoli dei quattro bracci vi è il trifoglio simbolo della Trinità. Il popolo armeno ama incidere la croce “croce di pietra” in armeno Khatchar, nella cappella di S.Elena al Santo Sepolcro ci sono migliaia di queste croci incise nelle roccia.
Gli armeni ammettono i sette sacramenti i tre dell’iniziazione (battesimo-cresima ed eucarestia) sono amministrati in un unico rito. La presenza reale di Cristo nell’eucarestia è fermamente creduta. Il matrimonio è indissolubile e si concede lo scioglimento solo in caso di adulterio basandosi sull’interpretazione della clausola matteana (Mt 5,31; 19,6). La chiesa armena permette le seconde nozze, che vengono celebrate in forma privata. Il sacerdozio è dato solo agli uomini che si possono sposare prima. C’è nella chiesa armena anche il diaconato delle donne.
La liturgia, celebrata in lingua armena antica, conferisce particolare onore all’evangeliario che non viene mai toccato a mani nude, ma sempre con un velo ricamato. Gli armeni ripetono con gli antichi padri: “il vangelo è nostro padre e la chiesa nostra madre”.
Dal 1923 la Chiesa armena ha adottato il calendario gregoriano, eccetto che nella chiesa di Gerusalemme e Betlemme ove la festa di Natale-Epifania è celebrata il 19 gennaio.
Molta importanza per gli armeni è data al sacro crisma, composto da olio e da molte essenze profumate. La consacrazione dell’olio è riservata ai due patriarchi che compiono il rito ogni sette anni e provvedono poi alla distribuzione. Per significare la continuità della successione apostolica e persino il nesso con l’olio di Aronne, ogni nuovo crisma viene consacrato con la commistione di un rimasuglio del vecchio.

Lo Statu quo: Le varie Chiese (greco-ortodossa, Latina e armena), in diversa misura, dopo le separazioni e divisioni hanno cercato di insediarsi e di appropriarsi dei numerosi luoghi santi. La questione è stata per secoli oggetto di contese e di controversie tra le comunità ecclesiali. La temporanea soluzione conclusasi con il decreto(firmàn) del sultano turco nel 1757, confermato (con leggere variazioni) da un altro firmàn del 1852, congelò la questione nella situazione e nella modalità in cui si trovavano allora i luoghi santi. Tale firmano è conosciuto come status quo, perché stabilisce il mantenimento delle condizioni di fatto nel modo in cui si trovavano (status quo ante) alla data dell’emanazione del decreto.
Lo statu quo vige dove sono presenti le tre comunità: Gerusalemme (santo sepolcro), Betlemme (Basilica della Natività), la tomba della Madonna presso la valle del Cedron, l’oratorio dell’Ascensione (sul monte degli ulivi).
Dopo la caduta dell’impero turco (1917) e durante tutto il mandatobritannico sulla Palestina, il governatore di Gerusalemme era l’arbitro nelle liti a lui sottoposte, ma se la decisione non piaceva ad una comunità (greca, armena e latina) questa presentava una protesta ufficiale. La medesima prassi fu conservata durante il governo hascemenitagiordano (1948-1967). Dopo la guerra detta dei sei giorni (1967) e l’annessione da parte dello stato di Israele della città vecchia di Gerusalemme, lo Statu quo viene oggi garantito e fatto osservare da Israele.

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Russia, Putin: Congratulazioni a Serzh Sargsyan sul ventesimo anniversario del trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza russo-armena (Agenparl.it 29.08.17)

AGENPARL) – Mosca, 29 ago 2017 – Vladimir Putin ha inviato un messaggio di congratulazioni al presidente dell’Armenia Serzh Sargsyan sul 20 ° anniversario del trattato russo-armeno di amicizia, cooperazione e reciproca assistenza.

Il presidente della Russia ha notato nel suo messaggio sulla lunga e ricca storia delle relazioni russo-armeni, che si sono sempre basate sui legami stretti di amicizia e rispetto reciproco tra il popolo russo e quello armeno.

“Il trattato del 1997 ha segnato un nuovo periodo nelle relazioni interstatali tra Russia e Armenia. La firma di questo documento cruciale ha creato le condizioni per promuovere il dialogo politico e per sviluppare la cooperazione bilaterale nel commercio, nell’economia, nella scienza, nella tecnologia, nella cultura e in altre aree “, ha scritto Vladimir Putin nel suo messaggio.

Putin ha elogiato lo sviluppo delle relazioni russo-armeno, che hanno raggiunto la fase delle relazioni alleate negli ultimi due decenni. Mosca e Yerevan stanno collaborando nell’ambito dei processi di integrazione eurasiatica e stanno coordinando i loro sforzi verso la creazione di sicurezza regionale e stabilità.

Il presidente della Russia ha ribadito la disponibilità della Russia a continuare a lavorare per costruire l’intero pacchetto di legami russo-armeno nell’interesse dei due popoli fraterni.

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Speciale difesa: Armenia, ministro Esteri Nalbandian riceve segretario generale del Csto (Agenzianova.com 29.08.17)

Erevan, 29 ago 15:15 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian ha ricevuto il segretario generale dell’Organizzazione del trattato sulla sicurezza collettiva (Csto) Juri Khachaturov. Lo riferisce l’ufficio stampa del ministero di Erevan. I due interlocutori hanno discusso dell’attuazione delle decisioni prese in occasione della riunione dei capi di stato del Csto a Bishkek, in Kirghizistan. Il segretario generale ha informato il ministro Nalbandian sulle attività in corso dell’organizzazione e sull’organizzazione delle prossime sessioni del Csto. L’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva è un’alleanza difensiva creata il 15 maggio 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli stati indipendenti (Csi): Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan. (Res)

La nuova scuola in Armenia ricorda Verona e «L’Arena» (L’Arena 28.08.17)

«Scuola Verona-L’Arena, ottobre 1989». La storia continua, sull’asse Verona-Armenia. I sogni, come le idee, camminano sulle gambe degli uomini. E Garen Kökciyan, 57 anni, ingegnere armeno nato a Istanbul, in Turchia, residente dal 1978 ad Avigliana (Torino), ne dà la prova. Il suo grande sogno, alimentato e sostenuto da numerosi amici e benefattori, si è realizzato.

Così venerdì, 1 settembre, nel nord ovest dell’Armenia, nel villaggio rurale di Krasar, a duemila metri di altitudine, con 550 abitanti, s’inaugura una nuova scuola in pietra, per cento allievi. Fatta costruire per iniziativa di Kökciyan sul luogo di quella distrutta dal terremoto del 7 dicembre 1988, che colpì l’Armenia causando oltre 25mila morti e 700mila senzatetto. Su una popolazione, allora – quando l’Armenia era ancora Stato dell’Unione Sovietica; è indipendente dal 1991 – di circa tre milioni e mezzo di persone.

Verona e la sua gente sono pure protagonisti, a distanza, di questo sogno diventato realtà. Già, perché a Krasar c’è dall’ottobre 1989 una scuola in cartongesso, appunto la «Scuola Verona», un prefabbricato, finanziata e fatta costruire dal nostro giornale. L’Arena promosse infatti una raccolta di fondi per sostenere la popolazione colpita dal violento sisma e scelse di aiutare Krasar, dov’era crollato l’edificio scolastico.

ALL’EPOCA tra l’altro operava nello Stato caucasico monsignor Claudio Gugerotti, prete veronese del Don Mazza, allora responsabile del settore armeno della Congregazione delle Chiese orientali e poi per dieci anni nunzio apostolico in Armenia, Georgia e Azerbaigian. Un rappresentante della Santa Sede, dunque, ora nunzio in Ucraina, a Kiev, dopo esserlo Stato in Bielorussia. Fu anche lui a facilitare numerosi contatti tra Verona e l’Armenia. Gugerotti fu promotore della costruzione dell’ospedale Redemptoris Mater, ad Ashotsk, a 2.200 metri, poco distante da Krasar e dalla Georgia, donato da papa Giovanni Paolo II utilizzando fondi della Caritas italiana.

GRAZIE alla sottoscrizione de L’Arena per la scuola furono raccolti trecento milioni di lire, con offerte di varia entità. Da qualche milione provenienti da istituti e grandi donatori, fino alle cinquemila lire degli alunni di scuole elementari. I primi a rispondere all’appello, per dare un aiuto ai loro coetanei rimasti senza scuola.

Il nostro giornale, con vari reportage nel 1989, e poi nel 1995 e anche nel 2005, raccontò della scuoletta – in cui in quasi trent’anni hanno studiato duemila ragazzi – da qualche anno in parte inagibile a causa di infiltrazioni d’acqua e per problemi al riscaldamento. Essendo essa in un luogo in cui d’inverno si arriva anche a 30-40 gradi sotto zero. Ed è proprio leggendo cinque anni fa un nostro reportage su L’Arena, da Krasar, che l’ingegnere Garen Kökciyan venne a conoscenza della storia e valutò di costruire una nuova scuola, in muratura.

«DA ALLORA visitai più volte Krasar, ponendo rimedio a problemi strutturali, con alcuni interventi tampone alla scuola in prefabbricato», dice Kökciyan, «e poi mi attivai per costruire una nuova scuola in pietra». L’ingegnere così sottopose la proposta alla Banca mondiale, a Yerevan, la capitale dell’Armenia, e all’Armenian Territorial Development Fund, un fondo per lo sviluppo del territorio armeno. Il progetto prese corpo e venne firmato l’accordo con i benefattori. Il tutto approvato dal governo armeno.

L’opera, costata 360mila euro, di cui il 75 per cento finanziati dalla Banca mondiale e per il resto da vari donatori, sia armeni che italiani ed europei, ora è diventata una realtà. Come anticipato in un articolo pubblicato da L’Arena il 3 gennaio 2016 – il promotore giunse a Verona per illustrare il progetto al nostro giornale insieme al professore universitario Barik Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni d’Italia – la targa «Scuola Verona, L’Arena, ottobre 1989» verrà collocata all’ingresso della nuova scuola. Che è a un centinaio di metri da quella in cartongesso.

«IN QUESTO modo il popolo armeno ricorderà per sempre L’Arena e i cittadini veronesi, che hanno permesso di mantenere l’istruzione per quasi trent’anni in quello sperduto villaggio e anche per ragazzi abitanti nei paesi vicini», spiega ancora Kökciyan. La scuola in cartongesso, che fu costruita dall’azienda Ofma, di Udine, non verrà però smontata, ma continuerà a servire la comunità, come sala per incontri.

SAREMO PRESENTI, per L’Arena, invitati dal promotore, all’inaugurazione di venerdì, a Krasar. Dove ci saranno gli alunni, anche di villaggi vicini, le famiglie, i promotori e le autorità locali. Ci sarà anche Bruno Panziera, ex giornalista de L’Arena, che seguì nel 1989 la sottoscrizione e le varie fasi del progetto della scuola in prefabbricato. Raccontando poi, con il fotografo Maurizio Brenzoni, le varie fasi dell’impresa. Ma la storia di solidarietà del nostro giornale continua. Venerdì verrà consegnata ai dirigenti scolastici una somma di denaro, messa a disposizione dalla Società Athesis, editrice de L’Arena, per finanziare l’acquisto di libri e quaderni per gli studenti della “Nuova Scuola Verona”. Un edificio a un piano, in pietra, con 12 aule per classi più una palestra, costruito con criteri antisismici. Ai ragazzi verrà consegnato anche un opuscolo con tutti gli articoli dal 1989 a oggi, sulle imprese a Krasar e ad Ashotsk. Verrà letto anche un saluto del sindaco di Verona, Federico Sboarina.

DALLA RACCOLTA FONDI, alla scuola in cartongesso, al sogno, fino a oggi, alla nuova scuola. Per gli armeni di oggi e di domani. «Per me è un cerchio che si chiude», ammette Kökciyan, emozionato in vista dell’inaugurazione. È un dono alla sua terra madre, segnata nel corso della lunga sua storia dal martirio – il genocidio di un milione e mezzo di armeni, compiuto un secolo fa dai turchi, seguito dalla diaspora – e dalle sofferenze del terremoto. Ma i sogni e il cuore, sostenuti da mani e gambe, aiutano a colmare il vuoto. E a rinascere.

Enrico Giardini