Morto Aznavour, un grande della Francia e un padre per l’Armenia (Rassegna 01.10.18)

Il Messaggero

È morto un mito vivente, Charles Aznavour, nome d’arte di Chahnourh Varinagh Aznavourian. Era figlio di sopravvissuti al genocidio armeno, trasferiti in Francia negli anni Trenta. La notizia della sua scomparsa è stata data dal suo addetto stampa. Aznavour aveva 94 anni, ma fino a poco tempo fa continuava a cantare e a fare tournè. L’ultima volta che si è esibito a Roma è stato all’auditorium, l’anno scorso, con un concerto memorabile e pieno di ricordi, salutato da una bandiera armena che qualcuno aveva voluto lasciare sul palcoscenico, accanto al microfono, in segno di omaggio.

Già, perchè Aznavour oltre ad avere dato lustro alla Francia, incidendo più di 300 milioni di dischi nel mondo, e per il quale è stato insignito della Legion d’Onore, è stato anche un grande benefattore per il popolo armeno che non ha mai smesso di appoggiare, anche a distanza, facendosi spesso interprete del bisogno di riconoscimento della verità sul genocidio armeno, battendosi contro il negazionismo turco. Nella città di Gyumri, in Armenia, quasi ai confini con la Georgia, dove un tremendo terremoto nel 1988 rase al suolo case, scuole, ponti, edifici causando oltre 25 mila morti, c’è una grande statua di pietra grigia che lo ricorda.

Per gli armeni Aznavour è un padre della patria, non solo per i continui aiuti che ha elargito al paese dei suoi avi, ma per avere diffuso nel mondo la musica e la cultura del Caucaso. Melodie struggenti trasformate e rese più occidentali nelle celebri canzoni dell’artista. La maggior parte parlano d’amore e di come questo sentimento riesca a muovere le corde più profonde dell’anima.

Aznavour iniziò la sua carriera artistica da ragazzino, già con questo nome d’arte. La sua fortuna si deve a Edith Piaf che nell’immediato dopoguerra lo scoprì e decise di portarlo con sé in tournè all’estero. Pochi anni dopo era già una star. Memorabili i suoi successi a partire da Tu t’laisses aller (1960), il faut savoir (1961), For me formidable (1964) La Boheme (1965), Desormais (1969). In Italia ha partecipato fuori gara a Sanremo, nel 1981 e poi successivamente nel 1989. In quello stesso anno incide Pour Toi Armenie, una canzone per aiutare i bambini armeni colpiti dal terremoto.

Ha collaborato con Ornella Vanoni, Gino Paoli, Domenico Modugno, Mia Martini, Massimo Ranieri, Franco Battiato, Renato Zero, Gigliola Cinquetti.  Durante la visita di Sanbb Giovanni Paolo II in Armenia, nel settembre 2001, Aznavour volle cantare per lui al memoriale del genocidio, intonando l’Ave Maria di Gounot. Papa Wojtyla si commosse fino alle lacrime e lo ringraziò per avergli ravvivato il ricordo di un milione e mezzo di vittime, sterminate dai turchi agli inizi del secolo.


E’ morto Charles Aznavour, ultimo grande chansonnier (ANSA)

Il cantante francese di origini armene aveva 94 anni. Massimo Ranieri all’ANSA: “Era l’ultimo grande vecchio, il nostro papà, il più grande. Non esiste un altro gigante così”.

E’ morto Charles Aznavour. Il cantante francese di origini armene (il suo vero nome è Shahnour Vaghinagh Aznavourian), l’ultimo degli chansonnier aveva 94 anni.
Scoperto da Edith Piaf, che lo portò in tournée in Francia e negli Stati Uniti, si mise in luce nel dopoguerra come cantautore.
Ma il riconoscimento mondiale arrivò nel 1956 all’Olympia di Parigi con la canzone Sur ma vie: uno strepitoso successo che gli permise di entrare nella storia come monumento della canzone francese.

Il fatto che cantasse in sette lingue gli consentì di esibirsi in tutto il mondo divenendo ovunque famosissimo. Come attore si impose all’attenzione della critica e del pubblico a partire dalla sua interpretazione in ‘La tête contre les murs’ (La fossa dei disperati) nel1958. Compose la colonna sonora di diversi film da lui interpretati. Anche Stanley Kubrik utilizzò una canzone di Aznavour (composta con Georges Garvarentz) ‘Old Fashioned Way’ in ‘Eyes wide shut’

Suo il brano ‘She’ utilizzato come colonna sonora (nella versione rifatta da Elvis Costello) del film ‘Notting Hill’

Aznavour è morto nella notte nella sua casa delle Alpilles, nel sud della Francia, e ora l’intero Paese piange il suo ultimo immenso chansonnier, la cui carriera è stata così lunga da sembrare quasi eterna o immortale.

Un record, quello del cantante francese legatissimo alle sue origini armene, che salì per la prima volta su un palco all’età di 9 anni fino all’ultimo concerto, il 19 settembre scorso, a Osaka, In Giappone.

Anche se lui avrebbe voluto cantare fino ai 100 anni. Era previsto per il 26 ottobre a Bruxelles il suo prossimo concerto

“Profondamente francese, legato visceralmente alle sue radici armene, riconosciuto nel mondo intero, Charles Aznavour ha accompagnato gioie e dolori di tre generazioni. I suoi capolavori, il suo timbro di voce, il suo successo unico sopravviveranno a lungo”, scrive il presidente Francese Emmanuel Macron in un tweet, aggiungendo: “Avevo invitato (Aznavour) nella mia missione a Erevan per il summit della francofonia, dove avrebbe dovuto cantare. Condivideremo con il popolo armeno il lutto del popolo francese”.

Massimo Ranieri all’ANSA commenta a caldo la scomparsa del maestro Aznavour: “Era l’ultimo grande vecchio, il nostro papà, il più grande. Non esiste un altro gigante così”.


Charles Aznavour, le canzoni simbolo del re della chanson francese (Sky)

È morto a 94 anni uno dei più grandi chansonnier francesi della storia. I suoi brani d’amore, tradotti in molte lingue, hanno avuto successo in tutto il mondo. Ecco alcuni dei capolavori della sua carriera, lunga 70 anni e portata avanti sui palchi fino all’ultimo

Charles Aznavour, morto a Parigi all’età di 94 anni, è stato uno dei chansonnier francesi più famosi al mondo. Ma il cantante di origini armene è stato anche interprete e attore teatrale. Durante la sua lunghissima carriera, durata ben 70 anni, ha scritto oltre 1300 canzoni, tradotte e cantate in diverse lingue, vendendo 300 milioni di dischi nel mondo, al pari di alcuni dei suoi più importanti colleghi in ambito rock. Aznavour è famoso per le sue canzoni d’amore, ma anche per essere un attivista per il riconoscimento del genoicidio armeno in Turchia, per cui si è battuto fino all’ultimo. Ecco alcuni dei suoi brani più simbolici… continua  a leggere


È morto Charles Aznavour, uno dei più amati e grandi chansonnier francesi (La Repubblica)

Il destino ha voluto che diventasse il più grande chansonnier di Francia, il crooner che incarnava la canzone popolare d’Oltralpe come forse nessun altro aveva saputo fare prima di lui. E questo nonostante Charles Aznavour, morto oggi a 94 anni nella sua casa delle Alpilles, nel sud della Francia, dove si era ritirato dopo avere cancellato i concerti della scorsa estate a causa di una caduta, fosse di origini armene e con le tradizioni del suo paese avesse sempre mantenuto un legame fortissimo. Nonostante poi da bambino gli fosse stata diagnosticata una paralisi che bloccava alcune corde vocali anche se questo, invece di limitarne la crescita artistica gli ha donato il caratteristico, e riconoscibile, timbro roco.

Famoso in Francia Aznavour lo è però diventato soltanto molto più tardi, essendo all’inizio poco accettato un compositore con origini armene. Le sue canzoni restarono al bando alla radio francese dalla fine degli anni Quaranta e per tutti gli anni Cinquanta. Le cose non andarono meglio in America, come egli scoprì durante un viaggio nel 1948. Il fatto è che le sue canzoni d’amore audaci, originali e sincere, abbinate a uno stile di canto limitato ma anche molto espressivo, in quegli anni disorientavano ancora il pubblico.

Shahnour Varenagh Aznavourian, questo il vero nome di Charles Aznavour, nacque a Parigi dove la sua famiglia si era trasferita per sfuggire ai massacri e alle deportazioni di quello che sarebbe stato definito il genocidio armeno perpetrato dai turchi dell’Impero Ottomano ai danni degli armeni tra il 1915 e il 1916. Dal padre cantante (la madre era un’attrice e a tempo perso sarta) Aznavour ereditò la passione per il canto, in un primo tempo ostacolata dal problema alle corde vocali.

Dopo aver mosso i primi passi a teatro a 9 anni, nella piece Un bon petite diable, da adolescente Aznavour ha affiancato nei tour alcune compagnie teatrali cominciando a scrivere i testi per le canzoni musicate da Pierre Roche e pian piano ha cominciato a interpretare da solo i brani scritti in coppia con Roche. Una mano importante, per superare le paure legate al suo handicap fisico, gli arrivò da Edith Piaf per la quale aveva cominciato a lavorare come autista. Ovviamente la Piaf cominciò poi anche a cantare le sue canzoni.

Il successo arrivò nel 1956 a Casablanca, dove la reazione del pubblico al suo ingresso sul palco durante uno spettacolo di arte varia fu così forte che Aznavour diventò l’headliner. Così nel 1958 arrivarono il primo contratto discografico e il debutto in un ruolo drammatico al cinema, oltre alla scrittura di colonne sonore. Quindi i film con Cocteau e Truffaut gli aprirono la strada in America con il primo concerto alla Carnegie Hall e il suo primo disco completamente americano con il titolo The World of Charles Aznavour per l’etichetta fondata da Frank Sinatra, la Reprise Records.

Il suo modo di cantare è stato paragonato a quello di Maurice Chevalier e di Frank Sinatra, anche se lui ha sempre pensato a se stesso più come ad un autore che come ad un interprete e cantante. La verità è che Aznavour è rimasto popolare per almeno quattro decenni, ha sempre cantato l’amore nelle sue diverse forme, come raccontano i brani Apres l’amour, J’ai perdu la tete, J’en deduis que je t’aime e Bon anniversaire. Fino all’amore gay che Aznavour ha voluto cantare con la canzone Comme ils disent.

Aznavour è stato sposato tre volte e ha avuto sei figli ed è sempre rimasto in contatto con le sue radici armene tanto da essere stato nominato ambasciatore armeno in Svizzera, dove risiedeva a Saint-Sulpice. Ha sempre continuato a coltivare la sua passione per la politica e il suo impegno per i diritti umani: “Continuo a cantare e a scrivere canzoni perché per me andare in pensione significherebbe imboccare la porta verso la morte” ci aveva detto in un incontro in occasione di un suo concerto a Roma pochi giorni dopo il suo novantesimo compleanno, “io però non ne ho ancora nessuna voglia”.


Morto il cantante Charles Aznavour, aveva 94 anni (CDS)

Come è triste Venezia, Lei, Io sono un istrione, Quel che non si fa più, Amore, Devi sapere (Il faut savoir)». Charles Aznavourian, morto ieri a Alpilles, nel sud della Francia all’età di 94 anni, è stato il cantautore francese più applaudito nel mondo. Era nato a Parigi il 2 marzo 1924 da una coppia di immigrati armeni. Nella sua carriera ha venduto 300 milioni di dischi incisi in 7 lingue e recitato in oltre 60 film fra cui «Morire d’amore», Leone d’oro a Venezia. Forte il suo legame con l’Italia. Il padre Micha fu salvato da una delle maggiori stragi che vennero inflitte al popolo armeno da una nave italiana. E fu proprio il coraggio del comandante a sottrarre l’uomo agli inseguitori. In omaggio all’Italia la sorella maggiore dell’artista fu chiamata Aida. Questa fu una delle ragioni che portarono Aznavour a pubblicare ed eseguire dal vivo o suoi capolavori nella nostra lingua. Il suo immenso repertorio è dominato da una sottile e struggente melanconia, che raggiunge i massimi livelli in «E io fra di voi», la canzone di un uomo che coglie i segni del tradimento da parte della donna amata che si svolge sotto i suoi occhi. La dirompente sofferenza del tradito è espressa con una intensità che ha pochi eguali. L’altro vertice espressivo viene raggiunto in «Quello che si dice», ovvero la triste esistenza solitaria di un omosessuale, che, smessi i lustrini e i belletti del palco, torna ogni alba a casa a curare la vecchia madre. Diceva: «Credo che questa canzone abbia giovato alla causa degli omosessuali, all’epoca ancora oggetto di scherno e discriminazione».

Cresciuto alla scuola Charles Trenet, adorava cantare le vite sul viale del tramonto, gli amori corrosi dagli anni e dalla noia, il rimpianto per le grandi occasioni perdute. Diceva: «Canto l’amore ma anche il suo contrario. L’amore non è solo quello che va bene, ma anche quello logorato». Le versioni italiane sono state firmate da Bardotti, Mogol, Calabrese, Lorenzo Raggi.. L’altra faccia di Aznavour è quella del combattente per la libertà del popolo armeno. La tragedia di quelle genti, delle quali si sentiva parte, è sempre stata in cima ai suoi pensieri. L’aiuto materiale e morale dato sul quel fronte da Aznavour è immenso e difficile da calcolare.
Nel 1989 chiamò una cinquantina di cantanti italiani per registrare nel grande auditorio della Fonit Cetra di via Meda a Milano il brano «Per te Armenia» a favore del progetto «Fondazione Aznavour per l’Armenia» colpita da un gravissimo terremoto. Vi presero parte fra gli altri Nilla Pizzi Lorella Cuccarini, Enzo Jannacci, Tullio de Piscopo, Sergio Endrigo Dori Ghezzi, Toni Dallara Pierangelo Bertoli, Memo Remigi , Orietta Berti, Gino Paoli e Gigliola Cinquetti, Scialpi, Mino Reitano, Franco Simone. E al coro s’era aggregata anche Maria Pia Fanfani, che vestiva l’alta uniforme della Croce Rossa.

Commovente il testo tradotto da Andrea Lo Vecchio: «Dio lo vedrà, provvederà per te Armenia…La maledetta sorte tua ti ha spazzato via e così sia. Tu Armenia rivivrai e la fiamma che è in te più forte si alzerà e griderà che viva sei». Sorprendente la sua capacità di calcare il palco con successo fino alla della fine. Il segreto? Era riuscito ad adattare il suo spettacolo ai suoi limiti. Così per surrogare una vocalità ormai scarsa, Aznavour sfoderava la classe del grande uomo di palcoscenico, una teatralità e una gestualità che sottolineava ogni parola dei suoi versi, la saggezza disincantata di chi conosce a fondo la vita, le donne, la gioia, il dolore, l’ansia, la noia. Usava le rughe, l’età, i capelli bianchi per caricare d’enfasi drammatica un gran numero di canzoni legate proprio al tema degli anni che passano impietosi, alla difficoltà di invecchiare con dignità, al rimpianto di quella giovinezza fuggita. A un certo punto aveva lasciato la Francia per Stati Uniti. Motivo? «Mi rifiuto di pagare in tasse più del 50% di quanto incasso». Dopo aver ottenuto la Legion d’Onore nel suo paese si era trasferito in Svizzera come ambasciatore ufficiale dell’Armenia. Se ne va dunque un magico poeta insuperabile nel cantare di sogni infranti, amori sterili («Noi non abbiamo bambini»), vite coniugali vissute nell’incomprensione, emozioni di un attimo. Aznavour era molto pessimista sul futuro della canzone d’autore francese: «Morirà con Becaud, Ferrè e il sottoscritto, visto che ai giovani non mi pare interessi troppo».


Addio allʼistrione Charles Aznavour, re degli chansonnier francesi (TGCOM24)

Charles Aznavour, uno dei più amati cantanti francesi, è morto all’età di 94 anni. Era stato scoperto da Edith Piaf nel dopoguerra ed era stato insignito anche della Legione d’Onore. In settant’anni di carriera ha scritto oltre 1.300 canzoni e venduto più di 300 milioni di dischi e il fatto che cantasse in sette lingue gli consentì di esibirsi in tutto il mondo divenendo oNato a Parigi nel 1924 da immigrati di origine armena, prima debuttò a teatro come attore di prosa, e solo nel dopoguerra, grazie a Edith Piaf che lo portò in tournée in Francia e negli Stati Uniti, si mise in luce come cantautore. Lo strepitoso successo nel 1956 all’Olympia di Parigi con la canzone “Sur ma vie” gli permise di entrare nella storia degli chansonnier francesi.

Successivamente si esibì alla Carnegie Hall e nei maggiori teatri del mondo, duettando con star internazionali come Nana Mouskouri, Liza Minnelli, Sumiva Moreno, Compay Segundo, Céline Dion e, in Italia, con Mia Martini e Laura Pausini. Nel nostro Paese per quasi tutte le versioni italiane delle sue canzoni collaborò con il paroliere Giorgio Calabrese.

All’estero le sue canzoni sono state spesso reinterpretate da numerosi artisti come Elton John, Bob Dylan, Sting, Placido Domingo, Céline Dion, Julio Iglesias, Edith Piaf, Liza Minnelli, Sammy Davis Jr, Ray Charles, Elvis Costello e moltissimi altri.

Oltre all’attività di cantante ha portato avanti la carriera di attore, partecipando a oltre 60 film tra cui “Tirate sul pianista” di François Truffaut e “Ararat” (2002), sulla questione armena, per la quale si è sempre battuto grazie a una fitta attività diplomatica, diventando ambasciatore dell’Armenia in Svizzera, dove si esiliò negli anni Settanta per problemi con il fisco.

AVREBBE VOLUTO CANTARE FINO A 100 ANNI – Il suo ultimo concerto è stato il 19 settembre scorso, a Osaka, In Giappone. Il prossimo era previsto per il 26 ottobre a Bruxelles. Quando compì 90 anni dichiarò: “Ho smesso di festeggiare i miei compleanni a cinquant’anni e ho deciso che ricomincerò solo quando ne compirò 100. D’altronde l’aria in Francia è buona e le mie origini caucasiche mi fanno credere che vivrò fino a 120 anni. Al compimento di un secolo smetterò di cantare, ma non di scrivere canzoni”.vunque famosissimo.


Morto Charles Aznavour. Il re della canzone francese, aveva 94 anni (Panorama)

Aveva 94 anni Charles Aznavour. Tra le sue canzoni più famose, La Mère (La mamma), She (Tous les visages de l’amour), l’Istrione. Esordì sul teatro mondiale grazie ad Edith Piaf e nella carriera ha duettato con star come Liza Minnelli, Céline Dion, Mia Martini e Laura Pausini

E’ morto, a 94 anni, Charles Aznavour. Nato a Parigi nel 1924 da immigrati di origine armena, debuttò a teatro come attore di prosa. Nel dopoguerra, grazie a Edith Piaf che lo portò in tournée in Francia e negli Stati Uniti, si mise in luce come cantautore. Il riconoscimento mondiale arrivò nel 1956 all’Olympia di Parigi con la canzone Sur ma vie: un successo che lo catapultò nella storia degli chansonnier francesi. Tra le sue canzoni più famose, La Mère (La mamma), She (Tous les visages de l’amour), La Boheme, L’Istrione.

Grazie alla sua capacità di cantare in 7 lingue, si esibì nei maggiori teatri del mondo, duettando con star internazionali come Liza Minnelli, Compay Segundo, Céline Dion e, in Italia, con Mia Martini e Laura Pausini. In Italia per quasi tutte le versioni italiane delle sue canzoni collaborò con il paroliere Giorgio Calabrese. Le sue canzoni sono state reinterpretate da artisti come Elton John, Bob Dylan, Sting, Placido Domingo, Julio Iglesias, Edith Piaf, Sammy Davis Jr


>>Continua a leggere

La questione armena va riconosciuta. Risposta all’Ambasciatore turco in Italia (Il Messaggero 18.09.18)

 

 

La questione armena va riconosciuta (Il Messaggero 18.09.18)

Nvart Cricorian*

Gentile Direttore, ci pare opportuna un’ ultima replica all’ intervento dell’ ambasciatore di Turchia, Murat Salim Esenli, pubblicata in data 8 settembre scorso. Non possiamo che condividere il senso di gratitudine nei confronti de Il Messaggero per aver ospitato nei mesi passati lo scambio di vedute tra l’ ambasciata turca e la nostra organizzazione e cogliamo anche l’ occasione per ringraziare pubblicamente i tanti lettori che ci hanno espresso vicinanza, stima e solidarietà. Confidavamo invero che l’ occasione fosse propizia per un franco confronto sull’ annosa questione del riconoscimento del genocidio armeno da parte del governo turco e che, proprio dalle colonne di codesto giornale, emergessero segnali di cambiamento rispetto alla politica ufficiale di Ankara. Ma, evidentemente ci siamo sbagliati. Come si evince nell’ ultimo intervento del rappresentante diplomatico, prendiamo amaramente atto che dopo aver negato il genocidio, anche la stessa presenza armena nella regione viene messa in dubbio; come dire, eliminata la causa, eliminato il problema. Quando S.E. vorrà farsi una passeggiata a via dei Fori imperiali potrà notare sulla quarta lastra marmorea che descrive l’ Impero romano ben impressa la parola Armenia a indicare tutta l’ attuale parte orientale del suo Paese. Una storia millenaria non si cancella neppure con il più rigoroso negazionismo. Dalle parole dell’ ambasciatore apprendiamo poi che in Turchia oggi si può parlare liberamente della questione armena, (evidentemente i processi intentati a giornalisti, premi Nobel e professori ai sensi del famigerato art. 301 del c.p. sono sfuggiti al nostro interlocutore), e che il governo turco è fortemente impegnato per la pace nel Caucaso e in Medio oriente. Anche se non riusciamo a far collimare questo concetto con le notizie riportate dalla stampa mondiale. Poiché, dunque, ci sembra inutile abusare della disponibilità di codesto quotidiano per continuare a smentire altre argomentazioni, a dir poco fantasiose, a cui fa cenno il diplomatico di Ankara, (vedi ratifica dei protocolli di Zurigo che giacerebbero da 10 anni all’ o.d.g. dell’ agenda parlamentare) non ci resta che ritenere esaudita la nostra pubblica partecipazione al dibattito e considerare, per quel che ci riguarda, chiuso ogni scambio di opinione.

*Presidente del Consiglio per la comunità armena di Roma.


Anche l’ Armenia apra al dialogo sui fatti del 1915 (Il Messaggero 08.09.18)

Murat Selim Esenli*

Gentile Direttore, le scrivo la presente in risposta alla lettera del Signor Nevart Cricorian, pubblicata il 5 agosto 2018. Sono grato aIl Messaggero per aver fornito una piattaforma dove poter esprimere la posizione della Turchia su un argomento così controverso come gli eventi del 1915. Riteniamo che questa discussione civile sia molto utile per i lettori de Il Messaggero per comprendere il fulcro della questione, spoglio dalla narrativa soggettiva degli armeni assorbita dall’ oppressione intellettuale. Il Signor Cricorian e la diaspora armena dovrebbero capire che questo cupo periodo storico è stato molto traumatico anche per la popolazione turca la quale ha sofferto enormemente a causa delle ostilità perpetrate dalle milizie armene. Diversamente dalla descrizione fornita nella lettera del Signor Cricorian, gli eventi del 1915 non sono un tabù per la Turchia. I libri, i dibattiti televisivi, le colonne dei giornali, le conferenze, che difendono e riportano la versione armena degli eventi e della storia compaiono liberamente in Turchia. In effetti, sarebbe uno sviluppo positivo se l’ Armenia adottasse un atteggiamento simile, lasciando che venga data voce a narrative alternative, in linea con la decisione della CEDU (Perinçek vs Svizzera) ed esponendo il loro materiale in archivio sugli eventi del 1915. In merito alle cifre sulla popolazione armena prima degli eventi del 1915, ritengo sia necessaria un’ ulteriore correzione. Gli armeni non hanno rappresentato una maggioranza in nessuna provincia dell’ Impero Ottomano da ben prima del 1800. Un punto ancora più indicativo, l’ unico modo per conoscere il numero di una popolazione è censirlo e gli ottomani non hanno mai censito la propria popolazione per gruppi etnici o per una qualsiasi altra categoria al di fuori della religione, e nessun’ altro (eccetto il sistema di registrazione della popolazione ottomana) ha mai censito del tutto la popolazione musulmana. Quindi come è possibile trarre la conclusione che gli armeni rappresentavano una maggioranza nell’ Anatolia orientale? La Turchia ha perseguito i suoi sforzi per normalizzare le relazioni con l’ Armenia su diversi livelli da quando l’ Armenia ha proclamato la propria indipendenza nel 1991. In questo contesto, i Protocolli di Zurigo del 2009, il cui obiettivo è quello di normalizzare le relazioni tra la Turchia e l’ Armenia, sono il risultato di negoziazioni facilitate dalla Svizzera. Tuttavia, il ritiro dei Protocolli di Zurigo da parte del Parlamento armeno per poi dichiararli nulli sono segni indicativi della loro volontà di alimentare lo scontro ed inoltre confermano la riluttanza della parte armena a normalizzare le relazioni. È risaputo che la diaspora armena era contraria alla firma dei Protocolli sin dall’ inizio ed ha esercitato pressioni sul Governo armeno al fine di non ratificarli. Questo approccio negativo si evince facilmente dalla lettera del Signor Cricorian in quanto egli rappresenta la diaspora. Nonostante la posizione negativa dell’ Armenia in merito ai detti Protocolli, quest’ ultimi sono ancora nell’ ordine del giorno della Grande Assemblea Nazionale turca e per la loro ratificazione è essenziale che vengano assicurate sia un’ atmosfera politica favorevole che la pace nel Caucaso meridionale. L’ obiettivo primario della Turchia relativo al processo dei Protocolli è quello di normalizzare le relazioni tra la Turchia e l’ Armenia, in modo da garantire pienamente pace e stabilità nel Caucaso meridionale. In tale ottica, è necessario che per la soluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh vengano fatti progressi, basati sull’ integrità territoriale dell’ Azerbaigian alla luce delle relative risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ Onu (per coloro che non fossero familiari con la questione, il venti per cento dei territori dell’ Azerbaigian è ancora sotto occupazione armena). In ogni caso, l’ Armenia deve porre fine alla propria invasione dei territori dell’ Azerbaigian e deve rispondere ad uno dei più gravi crimini contro l’ umanità nella storia recente, il massacro di Khojaly nel 1992.

* Ambasciatore della Repubblica di Turchia

Il Papa ai Mechitaristi: si continui ad illuminare la vita del popolo armeno (Vaticannews.va 17.09.18)

A conclusione delle celebrazioni per i 300 anni dalla Fondazione della Congregazione Armena Mechitarista, Papa Francesco ha inviato una lettera letta ieri al termine della Divina Liturgia celebrata all’Isola di San Lazzaro degli Armeni, Venezia. Presente il cardinale Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Un anniversario che è occasione per ringraziare il Signore per “l’abbondante effusione di grazie e carismi” ricevute nei secoli dalla Congregazione Armena Mechitarista. Lo ha scritto Papa Francesco in una lettera, datata 5 settembre, inviata per il terzo centenario della fondazione a mons. Boghos Levon Boghos Zékiyan, Delegato Pontificio per la Congregazione. La missiva è stata letta ieri al termine della Divina Liturgia celebrata a Venezia presso l’Isola di San Lazzaro degli Armeni e a cui ha assistito il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

Fede vissuta fino al martirio

Francesco, nel testo, ha ricordato i membri della Congregazione che si sono distinti “per una vita religiosa fedelmente vissuta e, non di rado, eroicamente testimoniata, talvolta fino al supremo sacrificio del martirio”. Nel rievocare la figura del venerabile Mechitar, uno dei grandi riformatori della vita monastica nelle Chiese d’Oriente, il Papa ha evidenziato il suo contributo nel costruire “il sensus fidei del popolo armeno, una delle espressioni più fulgide della spiritualità e della cultura del suo popolo”. Pertanto, l’invito alla Congregazione è stato quello di “custodire, approfondire e diffondere per il bene di tutto il popolo armeno”, “il tesoro spirituale e culturale” che da sempre gli appartiene.

Apertura ecumenica

Il Papa ha poi ricordato due elementi di particolare valore: “la tradizione dell’umanesimo teologico armeno incarnato in modo singolare nell’istituzione dei Vardapet” (titolo armeno che esprime l’idea del cultore delle sacre scienze e delle arti). Francesco ha messo in luce l’originale sintesi operata da Mechitar “tra 1’umanesimo ecclesiale dei Vardapet armeni e quello classico occidentale, di cui sono monumenti insigni la produzione teologica, filosofica, storica, lessicografica e filologica della scuola mechitarista”. Il secondo elemento evidenziato dal Papa è quello della “profetica apertura ecumenica insita nella spiritualità mechitariana” sulla scia della tradizione della Chiesa armena incarnata tra gli altri da san Gregorio di Narek e che oggi “si rivela sempre più segno dei tempi” per camminare verso la piena unità.

La Santa Sede vicina nelle prove

Il Pontefice ha ricordato poi “le incomprensioni e le difficoltà” che Mechitar e la Congregazione incontrarono ma che vennero superate e che “sono parte inscindibile del carisma” ancora oggi di grande attualità. “La Santa Sede, che ha sempre nutrito per Mechitar e i suoi figli particolare riguardo e attenzione – ha scritto Francesco –  è stata ed è a fianco della Congregazione in questi delicati passaggi, offrendole ogni possibile aiuto e sostegno”.

San Lazzaro, cuore pulsante della Congregazione

Insieme al Monastero di Vienna – ha sottolineato il Papa – l’isola è un luogo vivo nonostante la generale riduzione dei monaci, chiamati sempre a “mantenere aperti e ampi gli orizzonti della missione e forte il vincolo della comunione”. “L’identità mechitarista consiste nell’essere anzitutto persone interamente consacrate a Dio, una vocazione irrealizzabile senza una comunione reale con i confratelli e senza l’assunzione totale, integra e gioiosa dei voti di povertà, castità e obbedienza, fonte evangelica di vero rinnovamento e garanzia sicura nei travagli dell’oggi”.

Si continui ad illuminare la strada del popolo armeno

“Auspico – ha scritto in conclusione il Papa – che la fiaccola accesa dal Fondatore continui a illuminare la strada spinosa e fiorente del popolo armeno con la fede in Cristo e con la speranza che la sua Parola contemplata, studiata e diffusa perennemente genera”.

Gratitudine per la lettera del Papa

Mons. Boghos Levon Boghos Zékiyan, Delegato Pontificio per la Congregazione Armena Mechitarista, ha avuto parole di ringraziamento per la lettera di Francesco, “segno e pegno di benedizioni divine”. Nel suo intervento ha affermato di vedere “quasi il presagio della beatificazione del Servo di Dio, l’Abbate Mechitar”, confessando di essersi “attardati come figli nel perseguire questo obiettivo”.

Card. Sandri: riscoprire la comunione anche tra noi

Nell’omelia del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’esortazione a pregare per il Papa “perché il Signore attraverso di Lui renda certa la navigazione della Chiesa universale nelle acque tumultuose di questo tempo. Cristo stesso non ci abbandona in nessuna tempesta, è sulla nave con tutti noi”. “Solo nella comunione e nell’armonia – ha aggiunto – c’è la possibilità di potersi esprimere, pena l’irrilevanza e l’incomunicabilità, anzitutto tra noi prima che di fronte al mondo, che tanto attende dalla vostra testimonianza”.

Vai al sito

CONCERTO “Aram Khachaturian” al Teatro dell’Opera di Roma in occasione della Festa Nazionale della Repubblica d’Armenia

ROMA – 29 settembre 2018 – Ordinazione Vescovile presso il Pontificio Collegio Armeno

Sua Beatitudine Krikor Bedros XX

L’Eparchia San Gregorio di Narek di Buenos Aires e l’Esarcato Apostolico armeno per l’America Latina

sono lieti di invitare la S. V. all’Ordinazione Episcopale di Sua Eccellenza

Mons Pablo Levon Hakimian

con la partecipazione dei Vescovi  S.E. Vartan W. Boghossian e S.E. Kevork Assadourian

Sabato 29 settembre 2018 ore 10.30

Chiesa di San Nicola da Tolentino

Salita di San Nicola da Tolentino 17, Roma.

 

 

 

TRICASE- 09 settembre 2018 – Naregatsi Folk Instruments Orchestra in Concerto

Leggi qui il comunicato stampa


Domenica 9 settembre 2018 21:00 – 23:30

Piazza Giuseppe Pisanelli

73039 Tricase

Visualizza Mappa

LA NAREGATSI FOLK INSTRUMENTS ORCHESTRA
direttamente da Yerevan in Armenia chiuderà la 15° edizione del Salento International Film Festival 2018, domenica 9 Settembre in Piazza Pisanelli, il salotto di Tricase.

L’Orchestra Naregatsi si ispira all’antica eredità dell’Armenia attraverso la musica, collegando il passato e il presente per coltivare il futuro, in quanto mira a promuovere la conservazione e lo sviluppo della cultura nazionale armena. Un’orchestra giovanissima che vanta concerti in diverse città del mondo e per la prima volta in Italia… a Tricase.

Evento gratuito – Possibilità di prenotare il posto a sedere a € 5+Tasse 7,65

http://www.salentofilmfestival.com/events.htm

Inaugurazione a Yerevan del Centro per la Conservazione del patrimonio culturale – Comunicato Stampa

Comunicato stampa

INAUGURAZIONE A YEREVAN (ARMENIA) DEL

CENTRO REGIONALE PER LA CONSERVAZIONE, LA GESTIONE E LA VALORIZZAZIONE

DEL PATRIMONIO CULTURALE

Durante la visita di Stato del Presidente Sergio Mattarella nella Repubblica di Armenia, il giorno 31 luglio 2018, è stato inaugurato a Yerevan il Centro regionale per la conservazione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale, frutto di una collaborazione tra Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e il Ministero della Cultura della Repubblica di Armenia, con il fondamentale sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Alla presenza dei due Capi di Stato, del Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, della Ministra della Cultura armena e di una folta rappresentanza istituzionale e politica dei due Paesi, è stata scoperta la targa posta all’ingresso dei locali destinati alle attività del Centro, situati nella prestigiosa e centralissima Piazza della Repubblica, nell’edificio che ospita il Museo di Storia e la Galleria Nazionale.

In rappresentanza dell’Università di Bologna erano presenti i professori Luigi Tomassini delegato del Magnifico Rettore e coordinatore della missione, Mariangela Vandini direttrice scientifica del progetto e Anna Sirinian docente di Cultura e lingua armena.

L’apertura della sede del Centro, realizzata con il prezioso supporto delle Ambasciate dei due Paesi, costituisce il primo passo della realizzazione di un progetto affidato all’Università di Bologna, che vedrà il coinvolgimento di circa 15 docenti, afferenti ai Dipartimenti di Beni Culturali, capofila del progetto, di Architettura, di Storia Culture e Civiltà nonché al Centro di Studi Avanzati sul Turismo.

Si tratta di un progetto cosiddetto di capacity building. L’Ateneo di Bologna, che ha notevoli esperienze e competenze nel settore dei beni culturali, intende metterle a disposizione dell’Armenia, che possiede a sua volta un patrimonio di straordinaria importanza e bellezza che merita di essere valorizzato con strumenti e metodi all’avanguardia.

L’Alma Mater Studiorum di Bologna non prevede, tuttavia, di attuare semplicemente un trasferimento tecnico di competenze o attrezzature o know-how: il Centro che si è inaugurato vuole essere un luogo nel quale studiosi e operatori italiani e armeni collaboreranno per adattare esperienze e modelli italiani ed europei allo specifico contesto, alle specifiche caratteristiche del patrimonio culturale armeno.

Il Centro intende coinvolgere nella ricerca di metodi e procedure relative alla conservazione dei beni culturali altri Paesi della Regione, quali Georgia, Iran, Siria, Libano, al fine di estendere il proprio respiro internazionale.


Album foto

 

 

 

 

 

Il Presidente Mattarella in Armenia (Rassegna 31.07.18)

Terminata la Visita di Stato nella Repubblica d’Armenia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Quirinale.it).

Il Capo dello Stato, accompagnato dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, è giunto a Jerevan il 30 luglio dove è stato accolto, al Palazzo Presidenziale, dal Presidente della Repubblica d’Armenia, Armen Sarkissian: dopo la cerimonia di benvenuto, i due Presidenti hanno avuto un colloquio al termine del quale hanno rilasciato dichiarazioni alla stampa. Nell’occasione sono state firmate intese bilaterali.

Mattarella ha visitato quindi il Museo Matenadaran, prima di partecipare al Pranzo di Stato offerto in suo onore dal Presidente Sarkissian.

Il 31 luglio mattina il Presidente Mattarella e il Presidente Sarkissian hanno deposto una corona al Memoriale di Tsitsernakaberd. Successivamente il Capo dello Stato si è recato all’Assemblea Nazionale dove ha incontrato il Presidente dell’Assemblea, Ara Babloyan. Con il Presidente della Repubblica d’Armenia ha poi inaugurato il Centro Regionale per la Conservazione, la Gestione e la Valorizzazione del Patrimonio Culturale alla Galleria Nazionale.

A colazione si è svolto l’incontro con il Primo Ministro della Repubblica d’Armenia, Nikol Pashinyan.

Nel pomeriggio, dopo il saluto ad una rappresentanza della collettività italiana e al personale dell’Ambasciata d’Italia, il Presidente Mattarella è stato rivevuto da Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, alla Santa Sede di Etchmiadzin.

Prima di far rientro a Roma il Capo dello Stato ha visitato il Museo dei Tesori Sacri.


Mattarella in Armenia evita la parola genocidio, prima visita di Stato di un presidente italiano (Il Messaggero)

Yerevan – La fiamma nel braciere arde perenne a ricordo di un milione e mezzo di armeni, cristiani, vittime del primo genocidio del Novecento, avvenuto 103 anni fa sotto l’Impero Ottomano. Il presidente italiano Sergio Mattarella stamattina ha deposto una corona di fiori a Tsitsernakaberd, la Collina delle Rondini, dove è stato eretto negli anni Sessanta il memoriale del genocidio, tappa obbligata per tutti i capi di Stato che arrivano a Yerevan. E’ la prima visita di Stato in Armenia di un presidente italiano ma nei discorsi di Mattarella si è evitato accuratamente la parola «genocidio», probabilmente per non urtare la Turchia, anche se naturalmente si è parlato di pace e di riconciliazione in un’area del mondo ancora turbolenta e sottoposta a tante pressioni.

Poi Mattarella, nel parco della Memoria, ha piantato anche un albero, esattamente come hanno fatto Giovanni Paolo II e Papa Francesco durante le loro visite (ma facendo menzione dei fatti genocidiari e chiamandoli con il loro nome). In compenso, stavolta, sono stati evocati i legami di amicizia tra i due Paesi che hanno fatto fare un balzo al capitolo del commercio che ammonta a 70,8 millioni di dollari, praticamente un aumento del 42,6% rispetto l’anno scorso. I rapporti vanno a gonfie vele. «Oggi piantando un albero nel parco
 della memoria, abbiamo messo una targa che auspica che dalle
sofferenze del passato emerga insuperabile e forte la spinta
alla pace e alla collaborazione tra i popoli e tra gli stati in
futuro. Mi auguro che queste lezioni della storia vengano sempre
comprese e tenute a mente» ha detto il presidente 
Mattarella, sorvolando sulla dolorosa pagina storica costata la vita a 1 milione e mezzo di persone tra il 1915 e il 1920, attraverso deportazioni in massa nel deserto,  campi di concentramento e gli svuotamenti di intere aree abitate dalla minoranza armena, i cui beni furono poi incamerati con una legge approvata in quegli anni dal parlamento ottomano.

Nel pomeriggio la visita di Stato di Mattarella è proseguita, includendo una tappa ad Etchimiadzin, sede del Catholicos, Karekin II. Anche lì nessun cenno del riconoscimento esplicito del genocidio, né delle comuni radici cristiane. «Armenia e Italia sono legate da un rapporto
particolare, visto che sono due paesi portatori di civiltà 
antiche». Ha parlato solo di civiltà antiche, un implicito riferimento al fatto che l’Armenia è stato il primo paese al mondo ad abbracciare il cristianesimo, ancora prima dell’Editto di Costantino, più di 1700 anni fa. «Questo le rende più capaci di intendere i processi, i
fenomeni e i passaggi della storia e di interpretarla
adeguatamente. Ma ciò comporta anche – ha aggiunto il capo dello
Stato da Yerevan – la responsabilità di trasmettere quella
sensibilità  nella comunità internazionale. E’ insieme un
patrimonio e una responsabilità».

La visita di Mattarella cade in un periodo molto tribolato per la politica interna armena. Dopo la vittoria del premier Pachinian, nel maggio scorso, è iniziato una specie di terremoto che ha dato origine a massicce manifestazioni di piazza – la cosidetta rivoluzione di velluto – e a una sorta di Mani Pulite, visto che il nuovo governo vuole perseguire i vecchi episodi di corruzione. Il Premier Nikol Pachinian, un giornalista di 44 anni, finito in carcere dieci anni fa e tornato ora a fare politica, si vanta di avere già recuperato 36 milioni di euro, attraverso inchieste giudiziare piuttosto rapide. In quest’ondata giustizialista sono finiti in carcere anche politici, tecnocrati e generali mentre il consenso popolare di Pachinian continua a salire.

Uno dei suoi motti preferiti è: «bisogna trovare ciascun centesimo rubato». La predicazione contro le elite gli continua ad assicurare una piattaforma sicura sulla quale poggiare la sua azione. Ma il modo sbrigativo di procedere a liquidare la vecchia guardia sta creando non pochi problemi, anche in politica estera. Qualche giorno fa è stato arrestato il generale armeno Yuri Khachaturov, segretario dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) un’alleanza difensiva tipo la Nato ma controllata dalla russia, composta da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti. Dell’arresto del generale non era stata minimamente informata Mosca e questo ha contribuito a creare malumori e proteste da parte del Cremlino.


Armenia, Mattarella visita il memoriale del genocidio del 1915 (Askanews)

Jerevan, Armenia (askanews) – Seconda giornata della visita di Stato in Armenia di Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha visitato a Jerevan il Memoriale di Tsitsernakaberd che ricorda i massacri di armeni del 1915. Accompagnato dal presidente armeno, Armen Sarkissian, Mattarella ha deposto una corona di fiori all’esterno del monumento. Poi le delegazioni hanno deposto all’interno dei garofani bianchi e hanno sostato in raccoglimento; il Presidente ha piantato anche un albero.

La targa commemorativa, in due lingue armeno e italiano, recita: “Affinché dalle sofferenze del passato nasca un avvenire di pace e di comprensione tra i popoli e gli Stati”.

E proprio in tal senso Mattarella, accompagnato a Jerevan dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha fimato con il presidente Sarkissian alcune intese bilaterali, tra cui l’apertura di una sezione bilingue (armena e italiana) presso la scuola numero 24 della città e il protocollo sulla cooperazione scientifico-tecnologica tra il Comitato scientifico del Ministero dell’Educazione e della Scienza armeno e il Cnr italiano.


Mattarella in Armenia depone una corona al Memoriale di Tsitsernakaberd (Corriere di Siena – Video)


Mattarella incontra il Primo Ministro d’Armenia (Corriere di Siena Video)


Mattarella a memoriale massacro armeni (ANSA)

(ANSA) – EREVAN, 31 LUG – Il presidente Sergio Mattarella ha visitato questa mattina a Erevan il Memoriale di Tsitsernakaberd che ricorda i massacri di armeni del 1915. Accompagnato dal presidente armeno Armen Sarkissian, ha deposto una corona di fiori all’esterno del monumento. Poi le delegazioni hanno deposto all’interno dei garofani bianchi e hanno sostato in raccoglimento. Mattarella ha successivamente piantato un albero.
La targa commemorativa, in due lingue armeno e italiano, recita: “Affinché dalle sofferenze del passato nasca un avvenire di pace e di comprensione tra i popoli e gli Stati”.
Nel parco in passato hanno piantato tra gli altri alberi Vladimir Putin, Francoise Hollande, papa Francesco, papa Giovanni Paolo II, Romano Prodi (come presidente della Commissione europea) e diversi presidenti europei.


Mattarella, ricordare lezioni storia (Lagazzettadelmezzogiorno.it)

EREVAN, 31 LUG – “Oggi, piantando un albero nel parco della memoria, abbiamo messo una targa che auspica che dalle sofferenze del passato emerga insuperabile e forte la spinta alla pace e alla collaborazione tra i popoli e tra gli stati in futuro. Mi auguro che queste lezioni della storia vengano sempre comprese e tenute a mente”. Lo ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella parlando con i giornalisti a Everan nel corso di una visita di Stato in Armenia. Il presidente ha poi spiegato che “Armenia e Italia sono legate da un rapporto particolare, visto che sono due paesi portatori di civiltà antiche”. “Questo le rende più capaci di intendere i processi, i fenomeni e i passaggi della storia e di interpretarla adeguatamente. Ma ciò comporta anche – ha aggiunto il capo dello Stato – la responsabilità di trasmettere quella sensibilità nella comunità internazionale. E’ insieme un patrimonio e una responsabilità”.

Mattarella in Armenia: “Leggere la storia per costruire un futuro di pace” (Rassegna 30.07.18)

Il Presidente Mattarella incontra il Presidente della Repubblica d’Armenia Armen Sarkissian

Iniziata la Visita di Stato nella Repubblica d’Armenia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il Capo dello Stato, accompagnato dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, è giunto a Jerevan dove è stato accolto, al Palazzo Presidenziale, dal Presidente della Repubblica d’Armenia, Armen Sarkissian: dopo la cerimonia di benvenuto, i due Presidenti hanno avuto un colloquio al termine del quale hanno rilasciato dichiarazioni alla stampa. Nell’occasione sono state firmate intese bilaterali.

Mattarella ha visitato quindi il Museo Matenadaran, prima di partecipare al Pranzo di Stato offerto in suo onore dal Presidente Sarkissian.

Il 31 luglio mattina il Presidente Mattarella deporrà una corona al Memoriale di Tsitsernakaberd. Si recherà quindi all’Assemblea Nazionale dove incontrerà il Presidente dell’Assemblea, Ara Babloyan. Con il Presidente della Repubblica d’Armenia, Mattarella inaugurerà il Centro Regionale per la Conservazione, la Gestione e la Valorizzazione del Patrimonio Culturale alla Galleria Nazionale.

A colazione incontrerà il Primo Ministro della Repubblica d’Armenia, Nikol Pashinyan.

Nel pomeriggio, dopo il saluto ad una rappresentanza della collettività italiana e al personale dell’Ambasciata d’Italia, il Presidente Mattarella incontrerà Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, alla Santa Sede di Etchmiadzin.

Sito del Quirinale


“I Paesi di antica civiltà avvertono la necessità di custodire la storia e di leggerne gli insegnamenti per costruire il futuro”. Lo ha detto Sergio Matterella durante la visita a Erevan, capitale dell’Armenia. “Le sofferenze passate – ha continuato il presidente della Repubblica – vanno ricordate per costruire un futuro di pace e di collaborazione”.  (ANSA)


Mattarella in Armenia: “Le sofferenze passate insegnano a costruire un futuro di pace” CondividiTweet 30 luglio 2018″I paesi di antica civiltà avvertono la necessità di custodire la storia e di leggerne gli insegnamenti per costruire il futuro. Le sofferenze passate vanno ricordate per costruire un futuro di pace e di collaborazione”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel colloquio con il presidente armeno. Lo sforzo italiano alla presidenza dell’OSCE punta a trovare una soluzione duratura e condivisa per il Nagorno Karabakh. ha Mattarella nel colloquio con il presidente armeno. Mattarella ha confermato che la posizione italiana è di equidistanza sia con l’Armenia che con Azerbaijan, entrambi “paesi amici”. Anche per questo Mattarella ha sottolineato come ovviamente l’Italia lavori per una soluzione pacifica e non militare, sostenendo dunque l’impegno (RAINEWS)


Roma, 30 lug. – E’ iniziata la visita di Stato nella Repubblica d`Armenia del presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Diarioweb 30.07.18).Il Capo dello Stato, accompagnato dal ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Enzo Moavero Milanesi, è giunto a Jerevan dove è stato accolto, al Palazzo presidenziale, dal presidente della Repubblica d`Armenia, Armen Sarkissian. Dopo la cerimonia di benvenuto, i due presidenti hanno avuto un colloquio al termine del quale rilasceranno dichiarazioni alla stampa. Nell`occasione saranno firmate intese bilaterali.

Mattarella visiterà quindi il Museo Matenadaran, prima di partecipare al pranzo di Stato offerto in suo onore dal Presidente Sarkissian.

Domani mattina Mattarella deporrà una corona al Memoriale di Tsitsernakaberd. Si recherà quindi all`Assemblea Nazionale dove incontrerà il Presidente dell`Assemblea, Ara Babloyan. Con il presidente della Repubblica d`Armenia, Mattarella inaugurerà il Centro regionale per la conservazione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale alla Galleria nazionale.

A colazione incontrerà il primo ministro della Repubblica d`Armenia, Nikol Pashinyan.

Nel pomeriggio, dopo il saluto ad una rappresentanza della collettività italiana e al personale dell`Ambasciata d`Italia, il Presidente Mattarella incontrerà Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, alla Santa Sede di Etchmiadzin.


 Armenia-Italia: presidente Sarkissian riceve Mattarella, focus su cooperazione bilaterale

Erevan, 30 lug 16:36 – (Agenzia Nova) – L’Armenia e l’Italia possono migliorare la cooperazione in diversi ambiti. Lo ha dichiarato il presidente dell’Armenia, Armen Sarkissian, che oggi ha accolto a Erevan l’omologo italiano Sergio Mattarella. “Abbiamo confermato le nostre tendenze nella cooperazione bilaterale, concordando di fare di più per rilanciare le relazioni sia per quanto riguarda i rapporti fra Erevan e Roma che in quelli con i partner europei”, ha spiegato Sarkissian, in seguito all’incontro con Mattarella. “L’Italia, come presidente di turno dell’Osce, farà il possibile per la regolarizzazione del conflitto del Nagorno-Karabakh”, ha affermato il presidente armeno, esprimendo poi la speranza che l’Italia presto ratifichi il trattato Cepa (Eu-Armenia Comprehensive and Enhanced Partnership Agreement). “Nel quadro bilaterale abbiamo messo al centro l’ambito legale delle nostre relazioni, che comprende più di 30 documenti. Dando importanza alla conservazione del patrimonio culturale, inoltre, la nostra collaborazione sarà rafforzata ulteriormente con l’apertura del Centro regionale per la protezione del patrimonio culturale”, ha aggiunto Sarkissian.
Armenia-Italia: Mattarella a Erevan, legati da amicizia “antica e profonda”
Erevan, 30 lug 16:50 – (Agenzia Nova) – L’amicizia fra Armenia e Italia è antica e profonda e proiettata su un futuro interiore: Erevan potrà sempre contare sul sostegno e l’amicizia dell’Italia per rafforzare sempre di più questi rapporti. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al termine dell’incontro con l’omologo Armen Sarkissian, avvenuto oggi a Erevan. Il capo dello Stato ha ricordato nel suo intervento che questa è “la prima visita di un presidente italiano nel paese, in circostanze così significative come la celebrazione del 100mo anniversario della prima repubblica armena”. Parlando dei vari aspetti delle relazioni bilaterali, Mattarella ha menzionato la cultura, che ha descritto come “un’espressione particolarmente avanzata della nostra amicizia”. “Siamo molti contenti del livello di cooperazione raggiunto, favorito dal rapporto millenario che ci lega e dal contributo della diaspora armena in Italia che ha avuto in ogni epoca e ha ancora oggi numerosi rappresentanti”, ha detto Mattarella, ricordando che domani, insieme a Sarkissian, inaugurerà il Centro regionale per la conservazione, la gestione e la valorizzazione del patrimonio. “Siamo molto lieti di potere condividere attraverso questa iniziativa l’esperienza”, ha detto Mattarella, auspicando “che il centro possa essere un punto di riferimento per valorizzare il patrimonio culturale armeno e quello dell’intera regione”.

Il Messaggero: Continua la botta e risposta con l’ambasciatore turco in Italia

Lo scorso 11 luglio 2018, L’Ambasciatore turco in Italia, aveva replicato, sempre sul quotidiano il Messaggero,  all’ultima lettera dell’Ambasciatrice Baghdassarian, ribadendo ancora una volta le tesi negazioniste della Turchia. In data 17 luglio 2018 il Messaggero ha pubblicato la risposta del “Consiglio per la comunità armena di Roma” che ripotiamo di seguito, insieme alla lettera del diplomatico turco in Italia.

——————————————————————

La questione armena controversia senza fine

Nevart Cricorian*

Atteso che il dibattito sul genocidio armeno prosegue con un nuovo intervento dell’ ambasciatore turco Murat Selim Esenli, riteniamo doverosa una nostra ulteriore puntualizzazione sul tema. Come armeni, come cittadini italiani di origine armena, non possiamo che essere avviliti e indignati per il fatto che a oltre un secolo dalla tragedia armena (il Grande male), gli attuali eredi dell’ impero ottomano ancora perseguano una politica armenofoba e negazionista. Qui in discussione, si badi bene, non c’ è tanto o soltanto il termine genocidio: ancora oggi infatti in Turchia lo Stato tende ad escludere o minimizzare le persecuzioni degli armeni, la deportazione e la morte di centinaia di migliaia di nostri compatrioti. Per decenni il governo turco ha perfino negato l’ esistenza stessa degli armeni e di conseguenza della questione armena; poi, a fronte dell’ evidenza dei fatti, la popolazione armena è stata classificata alla stregua di un nemico interno (in piena guerra mondiale) conferendo implicitamente una sorta di legittimità giuridica e morale al suo annientamento. Il rappresentante diplomatico di Ankara tenta di presentare come verità alcune tesi negazioniste e non esita a richiamare a testimonianza uno storico come Bernard Lewis che negli anni novanta fu condannato dalla Corte di appello di Parigi proprio per la sua visione negazionista della storia. Per quanto riguarda gli archivi ottomani ci limitiamo a riportare un dispaccio datato 1° dicembre 1915 del Ministro dell’ Interno Talaat Pasha nel quale viene riportato quanto segue: Senza ascoltare nessuna delle loro ragioni, rimuoverli immediatamente, donne, bambini, chiunque essi siano, anche se sono incapaci di muoversi Perché, invece di misure indirette di sterminio usate in altri luoghi, come severità, furia, difficoltà di viaggio, miseria, possono essere usate misure più dirette da voi, perciò lavorate con entusiasmo… Il luogo di esilio di questa gente sediziosa è l’ annientamento. Ad avallare quanto sopra non possiamo che citare il Console Onorario d’ Italia a Trebisonda dell’ epoca Giacomo Gorrini che denunciò le persecuzioni subiti dagli armeni proprio sulle pagine di questo giornale il 25 agosto 1915 Per quanto riguarda l’ elenco dei Pasha e dei ricchi faccendieri armeni, l’ ambasciatore si è dimenticato di menzionare Krikor Zohrab, deputato armeno, che qualche giorno prima del 24 aprile 1915, data di inizio del genocidio armeno, si era recato dal suo amico Talaat Pasha, per chiedere spiegazioni in merito alle deportazioni e quest’ ultimo lo rassicurò che si trattava di notizie infondate salvo poi ordinare il suo assassinio insieme a tutti i notabili armeni, inclusi i Pasha, i ricchi banchieri ed i mercanti industriali armeni. Su una cosa ci troviamo d’ accordo con l’ ambasciatore turco, dobbiamo evitare di aiutare coloro che ricorrono al fanatismo, al rancore, all’ ostilità, distorcendo e manipolando la storia, anche se ci rendiamo conto che è un dato di fatto e gli interventi del diplomatico turco lo dimostrano chiaramente che nel 2018 la Turchia ha paura di affrontare il proprio passato, gioca intorno ai termini, semina informazioni false e/o distorte sull’ argomento, cita fonti inattendibili, manda in esilio i propri storici controcorrente come il prof Taner Akcam, incrimina giornalisti, scrittori e premi Nobel come lo scrittore Orhan Pamuk e la scrittrice Elif Shafak, mette al bando partiti politici, imbavaglia l’ informazione, licenzia decine di migliaia di funzionari statali e insegnanti in un clima sempre più cupo e drammaticamente sempre più simile a un secolo fa.

*Presidente del Consiglio per la comunità armena di Roma.


Lettera dell’Ambasciatore turco del 11.07.18