I grandi della Terra e il Nagorno Karabakh (AsiaNews 12.09.23)

A margine del G20 Stati Uniti, Europa, Russia e Turchia sono intervenuti sulla situazione sempre più critica per la chiusura del corridoio di Lačin che da mesi isola l’enclave armena. Erdogan contro l’elezione a presidente della regione contesa  di Samvel Šakhramanyan. Il ministro russo Lavrov: “Non si scarichino su Mosca responsabilità che non ci si vuole assumere”.

 

Mosca (AsiaNews) – La questione del conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian, con la situazione sempre più critica nel Nagorno Karabakh per la chiusura del corridoio di Lačin, sta preoccupando sempre più gli establishment politici mondiali, già duramente messi alla prova dalla guerra russa in Ucraina. America, Europa, Russia e Turchia stanno cercando di proporre delle soluzioni per sbloccare la situazione, con interessi in giochi molto diversi e non facili da comporre.

Dagli Stati Uniti è intervenuto in questi giorni il segretario di Stato Anthony Blinken, ricordando i carichi di aiuti umanitari rimasti fermi sulle strade di Lačin e Agdam, e facendo appello per l’apertura immediata di queste vie di transito, per soccorrere tutta la popolazione del Nagorno Karabakh. Egli ha anche aggiunto che “ci rivolgiamo a tutti i leader dei Paesi interessati, affinché non prendano alcuna iniziativa che possa portare a una escalation della tensione, o ad ostacolare il raggiungimento degli scopi desiderati… l’uso della forza per risolvere queste divergenze non è accettabile”.

Gli Stati Uniti intendono favorire in ogni modo gli sforzi per proseguire il dialogo tra l’Armenia e l’Azerbaigian, “difendendo i diritti e la sicurezza degli abitanti del Nagorno Karabakh”, e cercando una modalità di incontro diretto tra Baku e Stepanakert. La condizione fondamentale rimane “il rispetto della reciproca sovranità e integrità territoriale”, conclude Blinken. Anche il ministro degli esteri dell’Unione Europea, Joseph Borrel, ha ribadito dopo un colloquio con il ministro azero Džeikhun Bayramov che “il corridoio di Lačin deve essere riaperto immediatamente, e le altre vie non sono alternative, ma integrative a quella principale”.

La Russia cerca di ricordare la priorità del suo ruolo di mediazione nel Caucaso meridionale, inviando carichi di aiuti umanitari attraverso la strada di Agdam. La Mezzaluna Rossa dell’Azerbaigian ha dato il suo appoggio a questa spedizione, ricordando che essa si realizza “nell’ambito del memorandum di cooperazione con la Croce Rossa di Russia”. Gli aiuti sarebbero arrivati nella città di Barda, in attesa di iniziare la distribuzione in accordo con i rappresentanti ufficiali del Nagorno Karabakh. Altri carichi sono stati fermati precedentemente, e attendono lo sblocco definitivo.

Anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan è intervenuto sulla questione durante il G20 di Delhi, dichiarando di non approvare le azioni dell’Armenia, e di avere intenzione di discuterne telefonicamente appena possibile con il premier di Erevan, Nikol Pašinyan. I turchi in particolare non hanno ritenuto opportune le recenti elezioni dei rappresentanti istituzionali nel Nagorno Karabakh, con la nomina a presidente della regione di Samvel Šakhramanyan, che a loro parere rendono quasi impossibile un dialogo con Baku. Nell’ultimo colloquio del 28 giugno scorso, Erdogan aveva insistito per la creazione di un corridoio di transito garantito anche per i cittadini di altri Stati della regione.

Il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, anch’egli al summit del G20, ha rilasciato a sua volta una dichiarazione piuttosto risentita nei confronti dei politici armeni, che in più occasioni hanno accusato Mosca di avere lasciato in mano all’Azerbaigian il Nagorno Karabakh. “Niente di più scorretto e disonesto delle dichiarazioni di quello là, mi pare il presidente del parlamento armeno”, ha detto con tono di disprezzo Lavrov, ricordando l’importanza di attenersi agli accordi trilaterali firmati a novembre del 2020 tra Aliev e Pašinyan a Mosca, alla presenza di Putin, dove fu deciso che “lo status definitivo del Nagorno Karabakh sarà discusso una volta raggiunte le necessarie condizioni di pace e sicurezza”. Il ministro russo ammonisce tutti a “non scaricare sulla Russia le responsabilità che non ci si vuole assumere”.

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Un convoglio umanitario è arrivato in Nagorno-Karabakh passando dall’Azerbaijan (IlPost 12.09.23)

Martedì le autorità del Nagorno-Karabakh hanno autorizzato l’ingresso di un convoglio umanitario proveniente dal territorio dell’Azerbaijan. Il Nagorno-Karabakh è un territorio separatista dell’Azerbaijan, abitato principalmente da persone di etnia armena. Da quando, a luglio, l’Azerbaijan aveva bloccato l’accesso all’unica strada che lo collega all’Armenia, il corridoio di Lachin, essenziale per i suoi rifornimenti, il territorio sta affrontando una grave carenza di viveri e beni di prima necessità. Il convoglio entrato nella regione martedì proviene dalla Russia e trasporta lenzuoli, sapone e razioni di cibo: non è passato dal corridoio di Lachin ma da una strada interna all’Azerbaijan.

Sabato scorso il governo azero aveva annunciato un accordo con quello armeno per riaprire il corridoio di Lachin, ma non sembra che in quel punto il traffico sia ripreso, e non è chiaro quando i convogli umanitari francesi e armeni fermi alla frontiera potranno entrare in Nagorno-Karabakh.

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275° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Vedere per credere (Korazym 12.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.09.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi alle ore 10.30 entreremo nel decimo mese del #ArtsakhBlockade. Aliyev ha dichiarato che il Corridoio di Lachin è aperto e che gli Armeni si rifiutano di usarlo. L’Azerbajgian blocca da mesi gli aiuti umanitari attraverso il Corridoio di Lachin. Aliyev dichiara che la strada Aghdam-Askeran è aperta e gli Armeni si rifiutano di usarla. Nei giorni scorsi l’Azerbajgian ha bloccato gli aiuti umanitari sulla strada di Akna (Aghdam)-Askeran.

Poi, nelle prime ore del mattino, il camion della Croce Rossa russa è entrato nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh dalla città di Akna (Aghdam) attraversando i posti di blocco dell’Azerbajgian, delle forze di mantenimento della pace russo e dei cittadini dell’Artsakh. Il camion russo, superando la città di Askeran è entrato a Stepanakert.

Si presume che l’Azerbajgian adesso consentirà alle forze di mantenimento della pace russe e al Comitato Internazionale della Croce Rossa di portare anche carichi umanitari attraverso il Corridoio di Lachin.

Quindi un (1) camion è entrato, offrendo una bella occasione per i media statali dell’Azerbajgian di scattare foto e fare video, per far vedere al mondo che non c’è #ArtsakhBlockade e poi chiudere di nuovo. Intanto, sui social i troll azeri esultano: Un’altra vittoria storica dell’Azerbajgian. La strada Aghdam-Khankendi è aperta! L’offerta dell’Azerbajgian di soddisfare le esigenze dei residenti Armeni del Karabakh attraverso la strada Aghdam-Khankendi si è già avverata. Il camion è già arrivato a Khankendi».

Osceno, pretendere di “soddisfare le esigenze dei residenti Armeni del Karabakh”, è come Hitler che pretende di “soddisfare le esigenze dei residente Ebrei del ghetto di Varsavia” dopo averli condannati alla morte per fame.

Poi, da vedere se e quando l’arrivo attraverso il Corridoio di Lachin sarà permesso – e ulteriori forniture dalla Russia attraverso la strada Akna (Aghdam)-Askeran-Stepanakert – che comunque non significa che il Corridoio di Lachin venga aperto al traffico di persone, veicoli e merci senza ostacoli secondo quanto stabiliti dalla dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e ordinato dalla Corte Internazionale di Giustizia. La Repubblica di Artsakh rimane sotto assedio e circondato dalle forze armate dell’Azerbajgian da tutti i lati, mentre il regime autocratico di Baku continuerà a sostenere che non esiste un blocco dell’Artsakh.

Artsakhpress riferisce che gli aiuti umanitari inviati dalla Croce Rossa della Federazione Russa sono arrivati a Stepanakert: «Il camion carica di aiuti umanitari inviati dalla Federazione Russa alla Repubblica di Artsakh è arrivato a Stepanakert attraverso la strada Akna (Aghdam)-Askeran. Il Sindaco di Askeran, Hayk Shamiryan, ha detto ad Artsakhpress che i cittadini preoccupati prima hanno protestato, non hanno permesso al camion di entrare nell’Artsakh, poi hanno raggiunto un accordo e dopo di che è arrivato il camion della Croce Rossa della Federazione Russa nella capitale Stepanakert accompagnato dalla polizia.

Il governo della Federazione Russa ha preso l’iniziativa di fornire aiuti umanitari alla Repubblica di Artsakh. Gli aiuti umanitari consegnati all’Artsakh dalla Croce Rossa russa sono beni vitali, riferisce il Centro di informazionale della Repubblica di Artsakh: «Oggi, 12 settembre 2023, il carico umanitario è entrato nella Repubblica di Artsakh attraverso la città di Askeran con il permesso delle autorità della repubblica attraverso la Croce Rossa russa e i veicoli di tale organizzazione. Gli aiuti contengono beni vitali di fabbricazione russa. I dettagli saranno presentati alla televisione pubblica dell’Artsakh».

Fabio Massimo Castaldo, Eurodeputato M5s primo firmatario di una lettera all’Unione Europea: prevenga catastrofe umanitaria in Nagorno-Karabakh

(ANSA) – STRASBURGO, 11 SET – “Con una lettera a mia prima firma e cofirmata da 51 colleghi del Parlamento Europeo appartenenti a sei gruppi politici diversi, abbiamo chiesto alla Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, all’Alto Rappresentante, Josep Borrell, e al Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, di assumere una posizione chiara e netta rispetto alla situazione umanitaria in Nagorno-Karabakh”. Lo dichiara l’Europarlamentare del M5S, Fabio Massimo Castaldo. “Esprimiamo la nostra forte preoccupazione per le persistenti notizie sul continuo deterioramento delle condizioni della popolazione armena residente nella regione, a causa del prolungato blocco del Corridoio di Lachin imposto illegalmente dalle forze armate azere, contravvenendo all’Accordo Trilaterale siglato tra Armenia, Azerbajgian e Russia del novembre 2020. Da diversi mesi le autorità di Baku hanno schierato personale militare per bloccare l’accesso di cibo, forniture mediche e altri beni essenziali, mettendo a rischio i 120mila abitanti di etnia armena della regione”, prosegue Castaldo. “Si tratta inequivocabilmente di crimini contro l’umanità e crediamo che la nostra Unione dovrebbe assumere una posizione di fortissima condanna al riguardo, considerando anche l’imposizione di un regime sanzionatorio nei confronti di Baku, per evitare una pulizia etnica nella regione e per garantire i presupposti per la conclusione di un accordo di pace duraturo e reciprocamente accettabile tra Armenia e Azerbajgian”, continua la nota. “L’Unione europea deve intervenire con decisione per prevenire una catastrofe umanitaria. Le recenti pseudo-aperture al dialogo da parte di Baku non solo non convincono, ma alla luce dei crescenti movimenti di truppe verso il confine, rendono ancora più urgente più azioni politica di dissuasione per bloccare una postura che nasconde, di fatto, la volontà di occupare l’intero Nagorno-Karabakh e scacciare dalle loro terre ancestrali le popolazioni armene residenti all’interno del territorio azero”, conclude Castaldo. (ANSA).

Gli Stati Uniti d’America sono profondamente preoccupati per il deterioramento della situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh, ha dichiarato il Portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Matthew Miller, nel corso di un briefing. «Ribadiamo l’appello ad aprire contemporaneamente le rotte di Lachin e Aghdam per garantire la consegna di beni umanitari essenziali agli uomini, alle donne e ai bambini del Nagorno-Karabakh. Invitiamo i leader a non intraprendere azioni che aumentino la tensione e distraggano da questo obiettivo. Abbiamo costantemente sottolineato la necessità di aprire le rotte verso il Nagorno-Karabakh e il dialogo tra le parti. Sebbene sia importante che il Nagorno-Karabakh abbia rappresentanti credibili per questo processo, come abbiamo già detto in passato, non riconosciamo il Nagorno-Karabakh come uno Stato indipendente e sovrano. Ecco perché non riconosciamo le cosiddette elezioni presidenziali annunciate nei giorni scorsi», ha affermato Miller. Ha aggiunto che gli Stati Uniti continueranno a sostenere costantemente gli sforzi dell’Armenia e dell’Azerbajgian per risolvere le questioni irrisolte attraverso il dialogo.

Il Dipartimento di Stato continua a non indicare l’Azerbajgian come aggressore e l’Armenia e Artsakh come vittime. Miller non è d’accordo con l’osservazione di un giornalista secondo cui i diritti delle persone vengono sacrificati per il bene dei negoziati di pace. «Stiamo sacrificando i diritti delle persone? Ho appena detto che vogliamo che entrambe le rotte siano aperte per portare gli aiuti umanitari essenziali al Nagorno-Karabakh, e il segretario di Stato Blinken lo ha chiarito ai leader dell’Azerbajgian e dell’Armenia durante il fine settimana», ha sottolineato il Portavoce del Dipartimento di Stato statunitense. Ecco: la sindrome di “ambedue i lati”. Non fa senso chiarire ai leader dell’Armenia che il blocco dell’Artsakh deve terminare, visto che viene imposto ad oggi da 9 mesi dall’Azerbajgian.

L’Ambasciata della Germania in Armenia ha rilasciato una dichiarazione sul conflitto in corso: «La situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh è molto tesa. La Germania fornisce quindi al CICR ulteriori 2 milioni di euro per il suo lavoro di salvataggio nella regione. È importante che gli aiuti arrivino ora, motivo per cui ci impegniamo ad aprire l’accesso umanitario».

«Ogni volta, conferma la storia, quando il popolo non ha il coraggio morale di punire gli autori delle sue sventure, la storia punisce il popolo attraverso quegli stessi autori. Una nazione che non sa punire i suoi furfanti interni non dovrebbe essere in grado di punire i nemici esterni della sua esistenza» (Karekin Nzhdeh).

Dimenticate la politica e i titoli dei giornali. Pensate allo scopo del blocco nell’Artsakh. Sono circa 30.000 i bambini a cui l’Azerbajgian sta cercando di negare un futuro libero ed indipendente. E se questi fossero i vostri figli?

«La pioggia nel Nagorno-Karabakh rende ancora più difficile per migliaia di alunni raggiungere la scuola. A causa del blocco imposto dall’Azerbajgian, non c’è benzina né gas per i trasporti pubblici o privati. Molti bambini devono bisogno di camminare per chilometri per andare a scuola» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

La situazione sanitaria e igienica nell’Artsakh – una volta un Paese conosciuto per la pulizia – è in uno stato estremo. A causa della mancanza di carburante la raccolta dei rifiuti non viene effettuata. I bambini del vicinato non devono uscire di casa oppure giocare vicino ai rifiuti. Ilham Aliyev vuole che gli Armeni dell’Artsakh vivano nella sporcizia, proprio come fanno molti dei suoi stessi cittadini, nel nome dell’integrazione e dei stessi diritti.

Mentre i giovani di tutto il mondo sognano di costruire la propria carriera e perseguire nuovi obiettivi, i giovani dell’Artsakh desiderano semplicemente la pace nella loro terra natale (Foto di copertina).

Gli Armeni dell’Artsakh sono costretti a rinunciare ai loro cani a causa del #ArtsakhBlockade. La verità è che Aliyev sta facendo morire di fame questi animali e gli umani che li possiedono. I crimini di guerra azeri continuano. È in corso crudeltà contro gli animali. I cani stanno morendo di fame nell’Artsakh perché la corrotta autocrazia dell’Azerbajgian non rimuove il #ArtsakhBlockade e non apre il Corridoio di Lachin. Il loro obiettivo è la pulizia etnica (cacciare gli Armeni come dei cani, insieme ai loro cani). Se non ti importa degli esseri umani, potresti preoccuparti dei cani, dei gatti e degli altri animali.

Il Ministero della Difesa dell’Artsakh ha categoricamente respinto le affermazioni infondate e inventate avanzate dal Ministero della Difesa azerbaigiano. L’accusa azera sostiene che l’11 settembre alle ore 08.30, i soldati dell’esercito di difesa hanno apposto un ordigno esplosivo improvvisato al collo di un cane, costringendo l’animale ad attraversare il territorio azerbajgiano per una presunta operazione “terroristica”.
Infatti, notizia “fuori da ogni logica”. Per la prima volta nella storia delle accuse dell’Azerbajgian sono stati coinvolti animali.

Dal punto di vista logistico, la Repubblica di Artsakh non ha alcuna possibilità di difendersi in caso di un’altra incursione azera su larga scala, dato che l’Armenia si è completamente ritirata dal territorio e non rappresenta più una garanzia di sicurezza per la gente del posto. Pertanto, non è logico che le autorità dell’Artsakh effettuino tali attacchi e affrontino ritorsioni da parte dell’esercito azero più di quanto possano gestire. Ciò contribuisce ad aggiungere ulteriore tensione alla situazione già allarmante, con l’esercito azero schierato ora su tutti i fronti.

PS È più logico e probabile che gli Azeri hanno tentato di mandare un cane missile in Artsakh, ma l’animale è tornato, visto che lì c’è la carestia (auto-inflitta, ovviamente).

L’aereo da trasporto munizioni azero e la sua attività negli ultimi giorni (Baku-Ganja, Ganja-Nakhichevan, Baku-Nakhichevan).

Il Ministero degli Esteri azero ha convocato ieri l’Ambasciatore argentino e ha iconsegnato una nota di protesta per le dichiarazioni del Presidente argentino sull’Artsakh

Il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian ha convocato l’Ambasciatore dell’Argentina, Mariangeles Bellush, al Ministero degli Esteri e ha consegnato una nota di protesta in relazione alle dichiarazioni del Presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez, sull’Artsakh. «Mentre l’Europa dell’Est è in guerra, ci sono altri conflitti brutali che attirano meno l’attenzione del pubblico ma sono altrettanto dolorosi. Ad esempio, il Blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, che sta causando una crisi umanitaria», ha dichiarato il Presidente Fernandez all’incontro dei leader degli Stati membri del G20 a Nuova Delhi il 9 settembre scorso. Le autorità di Baku hanno esortato l’Argentina ad «astenersi da dichiarazioni contro l’integrità territoriale e la sovranità dell’Azerbajgian».

Risposta del Portavoce del Ministero degli Esteri alla domanda dell’agenzia di stampa News.am

Domanda: Il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, ha dichiarato nella sua intervista che l’Armenia sta mostrando un approccio non costruttivo per sbloccare le comunicazioni nella regione proponendo nuove condizioni, violando la dichiarazione trilaterale del 2020 e portando il processo a un punto morto. Il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, così come altri funzionari del Paese, continuano a usare il termine “Corridoio di Zangezur” nei loro discorsi pubblici. Come commenterebbe?

Risposta: La risposta alla sua domanda può essere molto breve, è già presente nella domanda stessa: il punto 9 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e la successiva dichiarazione dell’11 gennaio 2021 non prevedono un simile corridoio, nell’ambito dello sblocco delle infrastrutture dei trasporti della regione non esiste alcuna logica di corridoio.
L’Armenia ha dichiarato ripetutamente e a tutti i livelli di non solo essere disposta, ma anche interessata a sbloccare i collegamenti economici e di trasporto nella regione e, dalla firma della dichiarazione trilaterale del 2020, l’Armenia è stata fedele all’approccio stabilito da tale dichiarazione. Lo sblocco dovrebbe avvenire sotto la sovranità e la giurisdizione dei Paesi e sulla base dei principi di uguaglianza e reciprocità.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

#ArtsakhBlockade Holodomor di serie B. Cari senatori, in Artsakh la fame uccide come in Ucraina novant’anni fa (Korazym 12.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.09.2023 – Renato Farina] – Ho fatto un sogno tremendo. Mi sono ritrovato in un’isba ucraina in pieno Holodomor. Non fingete di non sapere che cosa sia. Nel biennio 1932-1933 tre quattro cinque milioni di famiglie contadine morirono per fame (questo etimologicamente significa la parola). Fu una carestia terroristica. Stalin impose la collettivizzazione, non fu una decisione economica: collettivizzò per volontà politica la fame e la morte dei kulaki.

Prima la Camera e poi il Senato il 26 luglio hanno approvato la mozione “90 anni dopo l’Holodomor: riconoscere l’uccisione di massa per fame come genocidio”. Giustissimo. Ma come fanno i senatori italiani a non riconoscere invece il genocidio armeno ad opera dei giovani turchi nel 1915? Sarebbe drammaticamente essenziale per impedire che il genocidio si ripeta contro i miei fratelli Armeni che in 120 mila sono stritolati dall’assedio nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh), circondati da ogni parte da soldati e “attivisti” Azerbajgiani che bloccano l’unica via che li collega alla Repubblica di Armena.

Mi chiedo: perché questo doppio standard? Questa inerzia oscena, in aggiunta alla vendita di aerei militari italiani al regime di Ilham Aliyev, credo che renda attuale quello che in Napoli milionaria di Eduardo De Filippo, Gennarello, tornato dalla guerra e accolto dai parenti e a dagli amici che non vogliono sentir parlare delle stragi con l’invito a tacere, commentò: «Certe cose si pagano».

Il Parlamento ha chiesto che il genocidio dei kulaki sia riconosciuto, ma continua l’inerzia oscena sull’assedio dell’enclave armena, in aggiunta alla vendita di aerei militari al regime azero.

Un’infamia che si ripete

Davvero si vuole accettare che si ripeta – anche se sappiamo tutto, e persino l’ONU lo sa e condanna sterilmente – l’infamia che inesorabilmente di nuovo si affaccia dalle mie parti, a pochi chilometri da dove guizzano le trote come principesse argentee nel lago di Sevan, lungo la via carovaniera del Caucaso meridionale, tra monti che rilucono di bellezza e di fede? (Sì, esistono ancora in certi posti maledetti dalla persecuzione e benedetti dal martirio le testimonianze di santi bambini e madri sante; come martiri furono nel 1915 il milione e mezzo di Armeni sotto il giogo ottomano, e i contadini Ucraini annichiliti dall’inedia dopo aver rosicchiato le icone).

Il sottoscritto Molokano, al tempo in cui militava come Italiano, ma spiritualmente Armeno, nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, propose due emendamenti alla risoluzione che riconosceva l’orrore di quella carestia. Era il 2010, e ne discussi con Sergej Markov, Vicerettore dell’Università di San Pietroburgo e ideologo di Putin, un uomo ragionevole. La versione ufficiale traduceva “kulaki” con “contadini ricchi”: io proposi contadini e basta. Ricchi di che? Quella era la giustificazione ideologica che mosse gli “attivisti” a partecipare all’assassinio, togliendo gli ultimi chicchi di grano dal pugno stretto di madri che vedevano i loro piccini senza più la forza di sbattere le ciglia. Markov fece votare i Russi a favore dell’emendamento. Il termine “carestia terroristica” invece lo ritenne un insulto alla Russia e la sinistra europea, per difendere non la Russia ma l’utopia assassina del comunismo, rise. Allora nessuno potè introdurre il termine genocidio. E neppure nel titolo si parlava di Ucraina, ma di ex URSS.

Per il bene dell’umanità?

Il mio intervento fu una richiesta di perdono agli Ucraini a nome del popolo italiano. Stupii l’assemblea. Il motivo? Lo dissi. Il Console italiano a Kharkiv, Kiev e Odessa, il Triestino Sergio Gradenigo, fascista della prima ora, aveva inviato rapporti terrificanti a Benito Mussolini. Mussolini leggeva ogni corrispondenza dall’URSS. Il Console scrisse di «una carestia organizzata e voluta per dare una lezione al contadino». Mussolini ne approfittò per comprare grano da Mosca, e non protestò per la strage: anzi a settembre volle fosse firmato a Roma il Patto italo-sovietico di «amicizia, non aggressione e neutralità». Deputati Ucraini dalla barba incolta da contadini mi cercarono e si misero in ginocchio a ringraziarmi.

Mi fa spavento che l’Italia abbia firmato simili intese con l’Azerbajgian a Baku, che vanno oltre l’amicizia e contemplano «la modernizzazione delle forze armate». Vasilij Grossman in Tutto scorre dedica pagine di indicibile pena e straziata poesia a descrivere le madri che mangiano i figli morti. La morte per fame è la più dolorosa che esista. E gli attivisti comunisti, come gli attivisti ecologisti e nazionalisti Azeri – ahimè sostenuti dai miei fratelli Italiani al governo e al Senato -, erano convinti di essere nel giusto. «È per fare il bene, il bene dell’umanità che hanno ridotto le madri a quel punto» (pagina 151). E voi Italiani per il gas? Certe cose si pagano.

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre 2023 dell’edizione cartacea del mensile Tempi.

Foto di copertina: il Museo Nazionale del Genocidio dell’Holodomor a Kiev (Foto di Eduard Kryzhanivskyi). Il cibo come arma. L’Holodomor, la carestia artificiale di Mosca che uccise ucciso milioni di ucraini. L’alleato di Mosca nel Caucaso meridionale, Baku, sta usando un’altra volta il cibo come arma, questa volta per annientare il popolo armeno dell’Artsakh in un nuovo genocidio.

Il presidente de facto del Karabakh si dimette, nominato un sostituto (Osservatorio Balcani e Caucaso 12.09.23)

Le dimissioni di Arayik Harutyunyan e il cambio di leadership nel Nagorno Karabakh aprono una nuova fase di incertezza nella regione e per il futuro delle relazioni tra il Karabakh e l’Azerbaijan

12/09/2023 –  Onnik James Krikorian

Arayik Harutyunyan, presidente de facto dell’ex Regione autonoma del Nagorno Karabakh, si è dimesso il primo settembre. Lo sviluppo non è giunto inaspettato e c’erano già state molte critiche nei suoi confronti, visto il fallimento nel risolvere la situazione nella regione separatista assediata da Baku dal 12 dicembre.

“Il mio background e l’atteggiamento dell’Azerbajian stanno […] generando gravi problemi per quanto riguarda i nostri ulteriori passi e [la flessibilità]”, ha scritto Harutyunyan su Facebook  il giorno prima. “Inoltre, la sconfitta nella guerra e le conseguenti difficoltà emerse nel paese hanno ridotto la fiducia nelle autorità e soprattutto nel presidente, il che rappresenta un ostacolo molto serio al futuro buon governo”.

Hanno lasciato l’incarico anche il ministro de facto Gurgen Nersisyan e il suo consigliere, Artak Beglaryan. Samvel Shahramanyan, nominato al posto di Nersisyan, era ampiamente considerato il successore scelto da Harutyunyan. La Costituzione era già stata modificata per consentire fosse il parlamento de facto a scegliere un successore anziché consentire all’elettorato di votarne uno.
Insieme alla fazione politica di Harutyunyan, anche altri tre membri dell’Assemblea nazionale del Karabakh hanno sostenuto la nomina di Shahramanyan, unica voce dissenziente il controverso ex comandante militare Samvel Babayan. La nomina di Babayan è stata respinta perché non soddisfaceva i requisiti di residenza e cittadinanza per candidarsi.

Lo stesso era accaduto nel 2019, prima dell’elezione della presidenza e del parlamento non riconosciuti del 2020, che portarono al potere Arayik Harutyunyan. All’epoca Babayan affermò di essere stato “illegalmente privato” della sua “cittadinanza” nel 2006 senza esserne informato.
Il famigerato uomo forte, un tempo considerato il più potente del Karabakh, era stato incarcerato nel 2000 dopo essere stato accusato di aver ideato un fallito tentativo di omicidio contro l’allora presidente de facto del Karabakh Arkhadi Ghukasyan. Nel 2017, Babayan è stato nuovamente incarcerato con l’accusa di aver tentato di contrabbandare armi, compresi lanciarazzi, dalla Georgia all’Armenia prima delle elezioni parlamentari.
Più recentemente, Babayan ha ulteriormente alimentato ulteriori controversie sostenendo colloqui diretti tra Stepanakert e Baku e la creazione di un mercato comune sulla strada chiusa da decenni Askeran-Aghdam che collega il Karabakh con l’Azerbaijan vero e proprio.  Attualmente, è la questione della strada per Aghdam che continua a mantenere in uno stallo l’accordo sulla strada del corridoio del Lachin.

“Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha proposto un approccio graduale che rifletterebbe un sequenziamento nel funzionamento a pieno titolo del corridoio Lachin e l’apertura della rotta Aghdam”, ha osservato l’Unione europea in una dichiarazione rilasciata lo stesso giorno delle dimissioni di Harutyunyan.
“La sequenza di queste fasi e il tipo di carico che verrebbe consegnato da ciascuna di queste strade, nonché le relative procedure, sono stati al centro delle recenti discussioni, continua la dichiarazione. “Il dialogo tra Baku e i rappresentanti degli armeni che vivono nell’ex Regione autonoma del Nagorno-Karabakh sarà essenziale in merito”.

Nonostante le critiche di Babayan Babayan ha anche organizzato una manifestazione all’aperto durante la votazione, ma non è riuscito a ottenere un sostegno sufficiente.
Shahramanyan si è insediato come presidente de facto del Karabakh il 10 settembre.

L’Unione europea ha criticato il voto, ma ha affermato che, pur “non riconoscendo il quadro costituzionale e giuridico all’interno del quale [le elezioni] si sono svolte”, ritiene tuttavia “importante per gli armeni del Karabakh consolidarsi attorno ad una leadership disposta a impegnarsi in discussioni orientate ai risultati con Baku. L’UE è impegnata a sostenere questo processo”.

Nel frattempo, a Yerevan, i leader dell’opposizione contrari all’accordo di pace con l’Azerbaijan si sono congratulati con Shahramanyan. Tuttavia, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan non ha espresso le consuete felicitazioni. È probabile che, se Pashinyan riconoscesse Shahramanyan come presidente, contraddirebbe le sue precedenti dichiarazioni sul riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbaijan.
Il 11 settembre, Pashinyan in un’intervista alla Public TV dell’Armenia, ha affermato che non ha rilasciato alcuna dichiarazione perché “la situazione è tale che non c’è molto da congratularsi”.

Negli ultimi giorni, un accumulo di forze militari azerbaigiane vicino alla linea di contatto del Karabakh e al confine con l’Armenia ha destato in molti preoccupazione per un nuovo conflitto. L’esito di una nuova guerra di questo tipo si rivelerebbe ancora più prevedibile di quella intrapresa nel 2020. Il blocco parziale dell’autostrada Lachin da parte dell’Azerbaijan aggiunge ulteriori preoccupazioni sul suo futuro, anche a breve termine.

Sono falliti i tentativi di aprire il Corridoio Lachin anche per rifornimenti umanitari in cambio dell’apertura di un percorso supplementare attraverso Aghdam verso l’Azerbaijan vero e proprio. Infatti il 9 settembre, in seguito alla scelta di Shahramanyan da parte del parlamento de facto, la Croce Rossa russa ha dichiarato che avrebbe trasferito l’assistenza umanitaria via Baku.  Un solo camion è però arrivato finora in Karabakh via Baku e Aghdam il mattino del 12 settembre.

Il Karabakh, in particolare, vede l’accettazione delle forniture attraverso Aghdam come equivalente all’accettazione dell’eventuale integrazione nell’Azerbaijan. È per questo motivo che, sebbene abbiano accettato un solo camion dalla Croce Rossa russa, non hanno permesso alla Mezzaluna Rossa azera di entrare nel territorio sotto il controllo delle forze di peacekeeping russe.

Come ha scritto un giornalista per Alia Media  (Yerevan), e dato che Shahramanyan non è stato votato dalla popolazione, Arayik Harutyunyan “di fatto [è diventato] l’ultimo capo eletto del [Nagorno Karabakh]. “[…] Araik Harutyunyan, anche con la sua esperienza fallita e imperfetta, è stata l’ultima incarnazione dello stato [del Karabakh]”, ha affermato Karpis Pashoyan.

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Armenia, mercato italiano al centro dello sviluppo (TTG 12.09.23)

Tourism Committee of Armenia intensifica le attività di promozione sul mercato italiano.

Fra le ultime iniziative, due eventi dedicati al trade in programma all’Nh Collection Roma Palazzo dei Cinquecento mercoledì 27 settembre e all’hotel Nh Collection Milano President giovedì 28 settembre.

I due appuntamenti saranno l’occasione per scoprire la destinazione grazie all’intervento di Sisian Boghossian, direttrice del Tourism Committee of Armenia, e di immergersi nei sapori armeni con  aperitivo e cena a base di vini e altre specialità armene.

Da inizio anno l’Armenia è raggiungibile dall’Italia con voli diretti WizzAir da Milano, Roma e Venezia e di Flyone Armenia da Milano, che si aggiungono ai collegamenti con scalo di altre compagnie aeree.

Nel periodo gennaio – luglio 2023 i visitatori italiani sono stati oltre 6mila, con un incremento di circa il 229% rispetto al corrispondente periodo del 2022. Numeri che confermano la tendenza positiva iniziata con la ripresa dei viaggi nel 2021 e le enormi potenzialità di sviluppo del mercato italiano, che nel 2019 arrivò a sfiorare i 12mila arrivi.

Con l’obiettivo di rilanciare il turismo dall’Italia, lo scorso marzo l’ente del turismo armeno ha partecipato all’evento che si è svolto a Venezia, organizzato dall’Aeroporto Marco Polo di Venezia in collaborazione con WizzAir, durante il quale Sisian Boghossian ha evidenziato i plus della destinazione e dei voli diretti per Yerevan.

Dichiara Sisian Boghossian: “Il Tourism Committtee of Armenia rimane fermo nel suo impegno volto a espandere la presenza dell’Armenia nel panorama turistico globale e i recenti risultati nel mercato italiano indicano che la scelta strategica di coinvolgere trade e stampa va nella giusta direzione”.

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Cosa succede nel Nagorno Karabakh – Intervista a Simone Zoppellaro (Rbe.it 12.09.23)

Uno dei conflitti da sempre lontano dalle prime pagine è quello del Nagorno Karabakh, una regione al centro di tensioni tra armeni e azeri almeno dalla caduta dell’Unione Sovietica.

In questi mesi le notizie che emergono dalla regione non riguardano uno scontro aperto (che appare comunque sempre all’orizzonte), bensì le condizioni degli abitanti di questa regione, ormai quasi completamente isolati dalle forze azere che controllano le vie d’accesso. Si parla già di morti per fame o carenza di farmaci, e circola il termine “genocidio“.

Il giornalista Simone Zoppellaro ci racconta come siamo arrivati a questo punto e come possano pesare sulla zona le tensioni geopolitiche più ampie, come la guerra in Ucraina e l’avvicinamento degli Usa all’Armenia.

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GUERRA E PACE/Nuove scintille tra Armenia e Azerbaigian: sullo sfondo Iran e Turchia (Quotidianosociale 12.09.23)

Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian potrebbe riaccendersi con nuovo vigore e coinvolgere nuovi partecipanti.
Il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche ha lanciato un avvertimento a Erdoğan e Aliyev: l’Iran non permetterà che Turchia e Azerbaigian tentino di modificare con la forza i confini statali dell’Armenia. Immediatamente i media armeni hanno iniziato a diffondere la notizia che l’Iran starebbe radunando urgentemente truppe al confine con l’Azerbaigian e si starebbe preparando al confronto in caso di ostilità. La notizia è stata immediatamente smentita da Teheran.

Dopotutto, la stessa situazione a Erevan è molto contraddittoria. L’Armenia pensa di poter giocare con il fuoco all’infinito, ma non è così. Attualmente, l’Armenia sta già diventando una base e una stazione di intelligence degli Stati Uniti e dell’Occidente contro Teheran. La presenza di rappresentanti dei Paesi dell’UE e della NATO nella regione e il loro dispiegamento lungo il confine iraniano, così come le esercitazioni militari armeno-americane: tutto ciò rappresenta una minaccia diretta per l’Iran.

Certo, ci sono stati alcuni disaccordi tra Baku e Teheran, ma va sottolineato che le relazioni continuano ad essere amichevoli e sulla via dello sviluppo. La recente visita a Baku del Maggiore Generale Mohammad Ahadi, Capo del Dipartimento Relazioni Internazionali e Diplomazia della Difesa dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Repubblica Islamica dell’Iran, e il suo incontro con il Ministro della Difesa azero Zakir Hasanov lo testimoniano.

Non va dimenticato che il 5 settembre l’Armenia ha richiamato il suo post-presidente dalla Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e Nikol Pashinyan ha espresso la sua insoddisfazione per le azioni della Russia nella zona del corridoio di Lachin.

Il Primo Ministro armeno sta chiamando attivamente i leader degli Stati, apparentemente in cerca di alleati. È riuscito a chiamare Francia, Germania e Iran. Il Leader iraniano ha espresso preoccupazione per gli eccessivi contatti del Primo Ministro con i Paesi occidentali. Ieri Nikol Pashinyan ha avuto colloqui con Recep Tayyip Erdoğan. Finora non sono state rilasciate dichiarazioni clamorose.

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Kim Kardashian, appello a Biden per la difesa del popolo armeno (Ladyblitz 11.09.23)

Kim Kardashian ha lanciato un appello al presidente americano, Joe Biden, chiedendogli di tutelare il popolo armeno. In un commento su Rolling Stone, la star e il produttore Eric Esrailian si rivolgono al primo inquilino della Casa Bianca: “Noi siamo armeni. Siamo discendenti di sopravvissuti al genocidio armeno e non vogliamo parlare di un altro genocidio in futuro”.

Kim Kardashian e Esrailian parlano del governo dell’Azerbaijan che secondo loro userebbe la “fame come arma contro la popolazione dell’Armenia”, che “blocca le associazioni che tutelano i diritti umani e usa una retorica che è segno di un intento genocida”. Secondo Kardashian e Esrailian sarebbe necessaria un’azione subito da parte di Biden.

Non è la prima volta che Kardashian fa appello alle istituzioni per tutelare la sua terra d’origine. Già nel 2015 si era rivolta a Barack Obama chiedendogli di usare la parola “genocidio” per descrivere il massacro degli 1,5 milioni di armeni nel 1915. Nel 2020 aveva chiesto a Donald Trump di fare di più per il paese.

Kim Kardashian, il battesimo dei figli in Armenia

“Grazie Armenia per un viaggio così memorabile. Sono grata per essere stata battezzata insieme ai miei bambini presso la Mother See of Holy Etchmiadzin, la cattedrale principale dell’Armenia che a volte viene definita il Vaticano della Chiesa apostolica armena. Questa chiesa fu costruita nel 303 d.C”, aveva detto l’imprenditrice nel 2019, quando aveva deciso di andare in Armenia per battezzare se stessa e i suoi figli.

“Quando mi occupo di qualcosa voglio sempre prendermi il tempo necessario per conoscere la persona che voglio aiutare”, ha raccontato Kim durante un’intervista a Vogue parlando del suo attivismo politico. “A volte, se non si tratta di un caso di emergenza, mi capita di andare in visita in carcere, ma se c’è la minaccia di un’esecuzione, non c’è tempo, bisogna agire”.

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Drone con bandiera del Nagorno-Karabakh interrompe il match a Erevan (La Voce 11.09.23)

La partita di qualificazione per Euro 2024 tra Armenia e Croazia, giocata oggi, lunedì 11 settembre a Erevan, è stata brevemente interrotta al 35′ dopo che un drone con una bandiera è passato sopra lo stadio. Secondo quanto riportato dai media armeni, si trattava della bandiera del Nagorno-Karabakh, una regione che Armenia e Azerbaijan si contendono da anni.

Il drone con la bandiera è passato molto vicino al campo da gioco, seguito dagli applausi degli spettatori. L’arbitro francese Clement Turpin ha interrotto la partita, che è ripresa dopo pochi minuti.