In un’intervista il premier armeno sui nodi che restano aperti dopo l’incontro di Washington tra i ministri degli Esteri di Erevan e Baku. “Il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale deve comprendere anche i diritti degli armeni dell’Artsakh. Ridurre le distanze tra le posizioni non basta per arrivare a un’intesa”.
Erevan (AsiaNews) – Il primo ministro armeno Nikol Pašinyan ha rilasciato un’intervista a Radio Azatutyun, durante la sua visita a Praga nei giorni scorsi, cercando di spiegare quali siano veramente le difficoltà da superare nel negoziato, che sono state al centro delle trattative a Washington tra i ministri degli esteri di Armenia e Azerbaigian, con la mediazione americana.
A Praga, e precedentemente a Soči, era stato fissato il principio che i due Paesi in conflitto riconoscono l’integrità territoriale l’uno dell’altro, ma questo non riesce a tradursi in un trattato di pace definitivo. Pašinyan chiede che “l’Azerbaigian riconosca 29.800 chilometri quadrati del nostro territorio, compreso il Nagorno Karabakh”, rispettando i diritti della popolazione armena che vi risiede.
Il premier di Erevan osserva che “qualunque accordo, anche quello stilato in modo ineccepibile, conosce diverse letture dalle parti: come arrivare a una lettura unitaria?”. Per osservare le condizioni della pace serve un’attenta elaborazione dei meccanismi locali e internazionali, soprattutto riguardo al ritiro e alle posizioni delle armate sul campo, con la delimitazione condivisa di una “zona de-militarizzata”. “Se la distanza tra le parti prima era di un chilometro e ora è di 990 metri, questo è già un progresso, ma non cambia veramente lo stato delle cose”.
L’Armenia sta cercando di sostenere la discussione sulla sicurezza e i diritti degli armeni dell’Artsakh, come essi chiamano la regione, in un confronto diretto tra Baku e Stepanakert, la capitale del Karabakh con una propria rappresentanza politica, non riconosciuta dagli azeri. Senza questo dialogo risultano vani gli sforzi delle forze di pace della Russia, e anche l’invocazione di una protezione da parte della Francia o degli Stati Uniti. Su questo si è discusso a Washington, e Pašinyan auspica che la trattativa possa proseguire a Mosca, negando che vi siano progetti occidentali contrapposti a quelli dei russi. “A volte leggo sui giornali delle notizie o delle interviste che mi fanno pensare che qualcosa mi sfugga, pur essendo il primo ministro”, ha commentato.
Nelle discussioni in effetti risuonano “approcci diversi”, ma bisogna poi valutare quanto viene messo per iscritto, come la proposta presentata dai russi nell’agosto 2022 e rifiutata dall’Azerbaigian: “Non abbiamo visto altre proposte sul tavolo, da parte di Mosca, neanche all’incontro di Soči”. Baku ha invece rivolto all’Onu la richiesta che l’Armenia restituisca “gli otto villaggi ancora occupati”, ma Erevan risponde che “l’Azerbaigian ha occupato a sua volta altri villaggi armeni”, e alla fine bisognerebbe giungere a una reciproca restituzione di questi centri abitati.
Come spiega Pašinyan, “i paesi non sono soltanto i palazzi delle amministrazioni locali, sono persone e famiglie che vivono a Berkaber, Vazašen, Ajgeovit, Paravakar. Se gli azeri ce li ridanno, anche noi siamo pronti, ma non a scomparire; bisognerà fissare le zone dove dislocare le forze di controllo, insomma, bisogna tracciare le frontiere”. Prima si conclude l’accordo di pace, poi cominceranno gli spostamenti e le nuove delimitazioni, ma “Aliev non sembra disposto a dare al Nagorno Karabakh una vera autonomia, come ripeteva durante la guerra dei 44 giorni”.
Durante la campagna elettorale delle ultime elezioni che hanno riconfermato Pašinyan alla guida dell’Armenia lo scorso anno, il suo partito dell’Accordo Civile affermava in realtà che l’obiettivo era la “de-occupazione di Šuša e Gadruta, e l’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh”. Ora il premier ricorda che “noi parliamo di indipendenza e autodeterminazione da 30 anni, ma spesso non riusciamo a capire fino in fondo come arrivare a questo scopo: bisogna fare i conti con la realtà fino in fondo”. Egli ammette che sono stati fatti diversi errori, e “questo non perché gli errori siano legati alla carica che si riveste, ma perché siamo uomini: se il primo ministro dell’Armenia fosse un dio, tutti i problemi si risolverebbero in un istante”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-08 16:37:482023-05-09 16:39:05Pasinyan: gli ostacoli sulla strada della pace in Nagorno Karabakh (Asianews 08.05.23)
’Associazione Culturale Anassilaos – scrive il Presidente Stefano Iorfida – è particolarmente lieta e onorata di prendere parte all’importante convegno promosso dal Comune e dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, curato dalla Prof.ssa Teresa Pensabene, Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Reggio Calabria, in ricordo del Medz Yeghern, il genocidio del popolo armeno, che si terrà martedì 9 maggio alle ore 17,00 presso la Sala Italo Falcomatà di Palazzo San Giorgio con la partecipazione di Autorità, dei Responsabili della Comunità Armena di Calabria, del Presidente della Pro-loco di Brancaleone, dello storico Prof. Antonino Romeo e dell’editore Domenico Polito al quale si deve in questi ultimi anni lo sviluppo e l’intensificarsi dei rapporti con la nazione armena grazie ad un intensa attività editoriale culminata, lo scorso anno, con la pubblicazione, in traduzione italiana e testo a fronte in armeno, della prima parte dell’opera poetica del grande poeta Yeghishe Charents, vittima delle “purghe” di Stalin e, nell’anno in corso, con la prossima pubblicazione del poeta e scrittore armeno Hovhannes Tumanyan. Polito non è nuovo a queste iniziative che si propongono di stringere e/o ribadire legami culturali con paesi quali l’Armenia vicini all’Italia, più di quanto possa suggerire la distanza geografica, sul piano della storia, della religione, della cultura e della letteratura nell’idea che la cultura unisca contro ogni logica di separatezza, e di ciò lo ringraziamo così come gli siamo grati per aver voluto sempre coinvolgere l’Associazione Anassilaos in tali importanti iniziative alle quali saremo sempre vicini. Così nel 2022 abbiamo potuto incontrare la Dott.ssa Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatrice Straordinaria e Plenipotenziaria della Repubblica d’Armenia in Italia alla quale è stato conferito un riconoscimento per la pace e la Cooperazione tra i popoli e nel 2023 l’editore Mkrtich Matevosyan e il prof. Grigor Ghazaryan, docente di italianistica presso l’Università di Yerevan. In occasione del convegno gli amici di Anassilaos Marilù Laface e Giacomo Marcianò leggeranno versi di Yeghishe Charents.
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.05.2023 – Vik van Brantegem] – Artsakh non è in Ucraina. E questo spiega l’inazione del mondo. È un territorio armeno, insieme ai suoi valori storici e culturali armeni. In questo preciso momento, l’aggressione azera vuole distruggere questi valori insieme al popolo armeno. Aprite gli occhi, l’Artsakh va salvato. Non solo per gli Armeni, ma nel nostro proprio interesse #RestiamoLiberi
La situazione nella miniera d’oro di Sotk
«Solo una piccola parte della cava è rimasta sotto il controllo di Armenia. Il resto è controllato dall’Azerbajgian.
Dal 14 aprile le forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato contro le attrezzature quando i dipendenti tentano di iniziare a lavorare (9-10 tentativi) e le attrezzature non possono essere rimosse dalla cava. La più vicina posizione azera è a diverse decine di metri dal luogo di lavoro.
La maggior parte dei dipendenti è stata mandata in congedo retribuito per un mese. Nessuno sa cosa succederà dopo. La maggior parte dei dipendenti (95%) sono residenti nei villaggi vicini (comunità di Vardenis) che hanno perso campi e pascoli a causa dell’aggressione dell’Azerbajgian nel 2021-2022. La mappa del Ministero della Difesa armeno mostra che una parte della comunità dei Vardenis è sotto l’occupazione dell’Azerbajgian.
In assenza di altri lavori, l’interruzione del normale funzionamento della miniera può stimolare il deflusso della popolazione dai villaggi di confine nella regione di Gegharkunik in Armenia. Ad esempio, nel villaggio di Kut è rimasto meno del 30% del bestiame: alcuni sono stati svenduti e circa 80 sono stati portati via dai soldati azeri dal 2021» (David Galstyan).
«In occasione del 100° anniversario della nascita di Haydar Aliyev, sono molto felice di visitare Nakhchivan con i miei colleghi del corpo diplomatico» (Ambasciatore di Francia in Azerbajgian, Anna Bouillon – Twitter, 6 maggio 2023).
«Nessuna vergogna o imbarazzo, Signora Ambasciatrice, nel partecipare al culto della personalità di Heydar Aliyev, potentato comunista della peggior specie (KGB), culto mantenuto dal figlio Ilham, lui stesso dittatore a capo di un Paese che cerca di distruggere le persone vicine – gli Armeni?» (Vice Direttore Le Figaro Magazine, Jean-Christophe Buisson – Twitter, 7 maggio 2023).
Secondo quanto riferito dai media turchi, invece di riconoscere finalmente il genocidio del popolo armeno nel 1915, il Ministro degli Esteri turco, Mevlut Çavuşoğlu, ha chiesto al Governo armeno la rimozione del monumento in onore dell’Operazione Nemesis a Yerevan. Ha avvertito di potenziali nuove misure contro l’Armenia se la richiesta non sarà soddisfatta. Çavuşoğlu ha sostenuto che la decisione degli Armeni di erigere il monumento mostra la loro insincerità e ha sottolineato che la Turchia non accetta l’installazione del monumento, che secondo lui glorifica i responsabili dell’uccisione dei pascià ottomani e dei fratelli azeri.
Come abbiamo riferito [QUI], il monumento agli eroi dell’operazione Nemesis è stato eretto nel parco Circolare in via Alek Manukyan nel distretto Kentron di Yerevan, il 28 aprile scorso.
L’Operazione Nemesis è stata condotta dalla Federazione Rivoluzionaria Armena. L’operazione ha preso di mira figure chiave responsabili del genocidio armeno, molti dei quali vivevano in esilio in Europa. L’operazione ha provocato la morte di diversi funzionari di alto rango, tra cui Talaat Pasha, Jemal Pasha e Djemal Azmi, tra gli altri. I nomi di Soghomon Tehlirian, Aram Yerkanyan, Arshavir Shirakyan, Petros Ter-Poghosyan, Artashes Gevorkyan, Misak Torlakyan, Stepan Tsaghikyan, Hakob Melkumov, Yervand Fundukyan, Armen Garo, Grigor Merdzhanov, Avetik Isahakyan, Arshak Yezdanyan, Ara Sargsyan, Hrach Papazyan e Shahan Natali sono scritti sul monumento.
Il 3 maggio scorso, Çavuşoğlu aveva rilasciato una dichiarazione al canale NTV, rilevando che la Turchia ha chiuso il suo spazio aereo agli aerei delle compagnie aeree armene che volano verso paesi terzi. Çavuşoğlu ha detto che la Turchia non permetterà agli aerei di linea e ai jet privati armeni di sorvolare lo spazio aereo turco fintanto che l’Armenia continuerà “le sue provocazioni contro la Turchia e l’Azerbajgian”. Ha inoltre affermato che “se l’Armenia non ferma queste provocazioni, la Turchia adotterà ulteriori misure”. Çavuşoğlu ha anche espresso la sua forte disapprovazione per l’erezione del monumento in onore dell’Operazione Nemesis a Yerevan, affermando che per lui è inaccettabile. Ha attribuito la chiusura dello spazio aereo turco agli aerei armeni come risposta alla costruzione di questo monumento. Inoltre, Çavuşoğlu ha affermato che solo il Presidente del Parlamento dell’Armenia sarebbe stato autorizzato a venire in Turchia per via aerea, ma solo in modo eccezionale. Ha concluso avvertendo che se l’Armenia continua le sue azioni, la Turchia intraprenderà nuovi passi.
Oggi 8 maggio 2023, il portavoce presidenziale turco, Ibrahim Kalın, ha annunciato in un’intervista al canale Haber Türk che gli Stati Uniti vogliono che la Turchia accetti tutte le condizioni avanzate dall’Armenia contro di essa.
Agshin Babirov, uno dei due sabotatori azeri entrati illegalmente nel territorio dell’Armenia, di cui abbiamo riferio [QUI e QUI] è stato condannato dal Tribunale di giurisdizione generale della regione di Syunik. “Secondo la sentenza del tribunale del 4 maggio 2023, Babirov è stato condannato alla reclusione per un periodo di 11 anni, 6 mesi e 15 giorni”, ha riferito il Dipartimento delle pubbliche relazioni dell’Ufficio del Procuratore generale. Il militare azero è stato ritenuto colpevole di aver attraversato illegalmente il confine il 10 aprile scorso, trasportando illegalmente armi da fuoco e munizioni attraverso il confine di stato. Ha accettato l’accusa contro di lui.
Nel frattempo, le indagini sul caso del secondo sabotatore, Husein Akhundov, sono ancora in corso. È accusato anche di aver ucciso la guardia dello Zangezur Copper and Molybdenum Combine.
L’agenzia di stampa statale dell’Azerbajgian, APA, fa notare «che i soldati del Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbajgian – Babirov Agshin Gabil (nato nel 2004) e Akhundov Huseyn Ahliman (nato nel 2003), scomparsi a causa della visibilità limitata per le cattive condizioni meteorologiche nella zona di confine di Shahbuz, distretto della Repubblica Autonoma di Nakhchivan, con l’Armenia sono stati catturati dall’Armenia il mese scorso». APA riferisce inoltre: «Condanniamo fermamente il “processo giudiziario” dell’Armenia contro Babirov Agshin Gabil e Akhundov Huseyn Ahliman, soldati dell’Esercito dell’Azerbajgian scomparsi e catturati dall’Armenia nella zona di confine del distretto di Shahbuz della Repubblica Autonoma di Nakhchivan con l’Armenia nell’aprile del 2023, e la cosiddetta “decisione” relativa all’arresto di Aghshin Babirov, ha riferito il Ministero degli Esteri [azero] all’APA. È stato affermato che l’Armenia, che ha sottoposto i soldati azeri a brutali torture fisiche, li ha anche sottoposti a torture morali e psicologiche attraverso un “processo giudiziario” così organizzato: “Con un comportamento così irresponsabile, l’Armenia dimostra ancora una volta di ignorare la sua responsabilità legale secondo il diritto umanitario internazionale, gli appelli della comunità internazionale per il rilascio degli ostaggi e i principi dell’umanesimo”. Il fatto che la parte armena non abbia risposto alle misure di rafforzamento della fiducia per l’immediato ritorno senza alcuna riserva di oltre 10 soldati che hanno attraversato il confine, dimostra che l’Armenia non è interessata alla riconciliazione e alla costruzione di misure di fiducia nella regione. La responsabilità di minare gli sforzi di rafforzamento della fiducia con questo comportamento ricade interamente sulla parte armena. L’Armenia deve porre fine a questa attività provocatoria, che costituisce una grave violazione del diritto internazionale umanitario, e rilasciare immediatamente i soldati presi in ostaggio. Chiediamo all’intera comunità internazionale, alle organizzazioni internazionali competenti e alle organizzazioni non governative di esercitare una seria influenza e pressione sull’Armenia per il rapido rilascio dei nostri soldati in ostaggio e il loro ricongiungimento con i loro familiari».
Il classico bue che dice cornuto l’asino.
Il posto di blocco dell’Azerbaigian recentemente istituito presso il ponte Hakari, all’inizio del Corridoio di Lachin, volto a rafforzare l’isolamento dell’Artsakh dal mondo esterno. Il Centro per la Legalità e la Giustizia Fondazione Tatoyan Foundation e l’Istituto Lemkin per la Prevenzione di Genocidio hanno effettuato una speciale missione conoscitiva nella provincia armena di Syunik (Horizon Armenian News).Il posto di blocco dell’Azerbajgian recentemente istituito presso il ponte Hakari, all’inizio del Corridoio di Lachin (Foto di Tofik Babaye/AFP).
Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, si reca oggi in visita di lavoro a Mosca su invito del Presidente russo, Vladimir Putin, ha comunicato il Dipartimento di informazione e pubbliche relazioni dell’Ufficio del Primo Ministro. Pashinyan parteciperà agli eventi dedicati alla vittoria nella Grande Guerra Patriottica che si terranno domani 9 maggio a Mosca.
Secondo Henry Foy sul Financial Times online questa mattina, citando come fonte dei funzionari dell’Unione Europea, i leader dell’Azerbajgian e dell’Armenia riprenderanno i colloqui di pace a Brussel questo fine settimana, “mentre gli alleati occidentali stanno intensificando gli sforzi di mediazione tra i vicini devastati dal conflitto a seguito di un recente aumento dei combattimenti per il confine conteso”. Tre funzionari dell’Unione Europea a conoscenza dei preparativi hanno riferito al Financial Times che il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ospiterà domenica un incontro tra il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, Sarà la prima volta che i due leader si incontreranno di persona dai colloqui di München dello scorso febbraio e arriva dopo che i Ministri degli Esteri dei due Paesi hanno tenuto ampie discussioni a Washington la scorsa settimana. Il Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, ha affermato che quei colloqui “hanno fatto progressi tangibili su un accordo di pace duraturo” e che credeva “un accordo [è] in vista, a portata di mano”. L’incontro di Brussel è un “importante segno di progresso”, ha detto uno dei tre funzionari al Financial Times a condizione di anonimato in quanto non è ancora pubblico, aggiungendo che gli sforzi di Unione Europea e USA si stanno “rafforzando a vicenda” e “processi complementari a doppio binario”. Ci sono anche piani per i tre leader di tenere un altro incontro il 1° giugno con il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il Presidente francese, Emmanuel Macron, a margine del vertice della Comunità politica europea in Moldavia, hanno detto due dei funzionari al Financial Times. I portavoce di Michel e Aliyev hanno rifiutato di commentare e un portavoce di Pashinyan non ha risposto a una richiesta di commento da parte del Financial Times.
“L’Azerbajgian si sente abbastanza a suo agio con la missione di Charles Michel perché l’Unione Europea non ha un’agenda nascosta”, ha detto Hikmet Hajiyev, Consigliere per la politica estera di Aliyev. Ha aggiunto che il processo dell’Unione Europea ha sviluppato “concetti chiave” per i negoziati e la loro struttura.
È probabile che i colloqui si concentrino sulla recente decisione dell’Azerbaigian di installare un posto di blocco sul Corridoio Lachin e che conterranno anche discussioni sulla demarcazione dei confini, scambi di prigionieri e sforzi per rimuovere migliaia di mine che infestano l’enclave, ha osservato il Financial Times.
I disegni perduti del Nagorno-Karabakh: sulle tracce di una famiglia armena in esilio – Indagine – Nell’autunno del 2020, pochi giorni dopo la fine della guerra persa dell’Armenia contro l’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh, il reporter di La Croix Pierre Sautreuil ha trovato quattro ritratti a carboncino in un villaggio abbandonato in questa regione montuosa del Caucaso. Con l’aiuto di Thomas Guichard, corrispondente di La Croix nella regione, ha indagato per scoprire la storia dietro questi volti – Testi: Pierre Sautreuil e Thomas Guichard – Foto: Thomas Guichard – La Croix L’Hebdo, 4 maggio 2023.
Una storia poetica e bella
Grazie a Pierre Sautreuil per aver salvato i disegni e le tracce di una storia individuale di una famiglia, che fa parte della storia collettiva del popolo dell’Artsakh.
«Nel 2020 ho trovato quattro ritratti a carboncino in un villaggio del Nagorno-Karabakh i cui abitanti erano fuggiti dalla guerra. Due anni dopo, ho indagato per scoprire cosa ne fosse stato di questi bambini.
Questi disegni, li ho ritrovati il 14 novembre 2020 in un villaggio chiamato Charektar, quattro giorni dopo la fine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, persa dall’Armenia contro l’Azerbajgian dopo 44 giorni di terribili combattimenti.
L’Armenia e l’Azerbjigian si combattono da decenni per il Nagorno-Karabakh. Ufficialmente, questa zona montuosa ricade sotto la sovranità dell’Azerbajgian. In effetti, la regione è stata autogestita dagli Armeni sin dagli anni ’90.
Con la sconfitta armena nel 2020, gran parte del Nagorno-Karabakh viene restituita all’Azerbajgian. Temendo per la propria vita, migliaia di Armeni del Nagorno-Karabakh fuggono dalla regione, diretti in Armenia. Molti bruciano le loro case per non lasciare nulla al nemico.
Gli abitanti di Charektar erano già partiti [*] quando sono arrivato lì il 14 novembre. Una casa stava bruciando. Mobili rotti coprivano il pavimento. I disegni giacevano in una custodia trasparente con alcuni documenti amministrativi, su un davanzale rotto.
Mi chiedevo come una famiglia, o dei parenti, potessero aver lasciato dietro di sé simili ricordi. Così ho messo la custodia nella mia borsa, e l’ho riportata con me in Francia, dicendomi: un giorno scoprirò la storia dietro questi volti.
Ma la cosa si è trascinato. Nel 2022, l’invasione dell’Ucraina è stata al centro della scena. Ci sono voluti nuovi scontri tra l’Azerbajgian e l’Armenia nel settembre 2022 perché tirassi fuori i disegni dal cassetto in cui li avevo conservati e li guardassi finalmente seriamente.
I 4 disegni portano 3 firme diverse. Solo uno è leggibile: Karapet Haji-Aslanyan. Per fortuna corrisponde a un nome su Facebook. Gli scrivo un messaggio. Mi risponde in 20 minuti. Questi sono i suoi disegni. Un altro colpo di fortuna: Karapet è in Francia.
Karapet ha 23 anni quando lo incontro nella sua casa di Marsiglia nel dicembre 2022. È un giovane artista armeno di Yerevan, con un francese esitante. Sono passati solo tre mesi da quando è arrivato in Francia per studiare alla Beaux-Arts di Marsiglia.
Ricorda perfettamente l’epoca in cui ha realizzato questi disegni. È stato durante il servizio militare, che ha svolto in Nagorno-Karabakh come molti armeni. Non aveva alcun legame con Charektar. La sua macchina si era rotta lì, un giorno di maggio 2018, mentre era in viaggio con altri due soldati a un concorso di belle arti organizzato a Yerevan. Una famiglia di Charektar li ha aiutati a riparare l’auto. Per ringraziarli, Karapet e i suoi compagni hanno disegnato i ritratti dei loro figli. Poi si sono rimessi in viaggio.
Karapet non ha mantenuto i contatti con questa famiglia, né con i suoi compagni di viaggio. Peggio ancora, non ricorda alcun nome. Impossibile quindi scavare oltre. Fortunatamente, i documenti amministrativi che erano nella custodia con i disegni offrono un’altra pista. Diplomi scolastici e documenti militari, in armeno. I nomi che ci sono, sono sicuramente legati ai disegni. Ricontatto il traduttore con cui avevo lavorato nel 2020 e gli chiedo aiuto. Trova rapidamente il numero dell’ex sindaco di Charektar. Pochi giorni dopo, un messaggio audio: “Il sindaco mi ha dato il contatto del ragazzo indicato sui documenti militari. L’ho chiamato. Ha riconosciuto tutti sui disegni. Sono della stessa famiglia. Ora sono in Armenia. Penso saranno d’accordo per incontrarti”.
Per ragioni pratiche, non potevo recarmi in Armenia in quel momento. Fortunatamente, Thomas Guichard, il nostro corrispondente nella regione, ha accettato di continuare le indagini sul posto, fino a trovare i figli dei disegni in una piccola città nel nord dell’Armenia, dove vivono con la madre Zoya. Per un giorno gli hanno raccontato della loro fuga, del loro esilio e del modo in cui cercano di ricostruirsi una vita lontano da casa.
Oggi sono molto felice e commosso di vedere apparire in La Croix Hebdo il racconto che Thomas ed io abbiamo dedicato all’esilio dei “figli dei disegni”. Un modo anche per continuare a parlare di Nagorno-Karabakh mentre il suo blocco da parte dell’Azerbajgian continua da quasi 5 mesi» (Pierre Sautreuil – Twitter, 5 maggio 2023- Nostra traduzione italiana dal francese).
Charektar (Foto di Greta Harutunyan).
[*] Di Charektar abbiamo già riportato una storia tragica, lo scorso 28 marzo [QUI]. Quando il 10 novembre 2020 il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato il cessate il fuoco mediato da Mosca e la gente ha preso d’assalto il Parlamento per protesta, ai residenti di Charektar è stato detto che il loro villaggio faceva parte dei territori da trasferire all’Azerbajgian. Molte persone erano già fuggite dalla regione per l’Armenia e, secondo quanto riferito, la notizia dell’imminente trasferimento ha indotto coloro che erano rimasti a Charektar e nei villaggi vicini a dare fuoco alle loro case, cosa che è stata ampiamente coperta da molti media occidentali.
Ma poi, pochi giorni dopo, agli abitanti di Charektar è stato detto che il loro villaggio sarebbe rimasto sotto il controllo armeno, a poche centinaia di metri dai posti di blocco militari e dal nuovo confine con l’Azerbajgian. La mancanza di informazioni affidabili e di messaggi chiari da parte delle autorità significava che i residenti di Charektar avevano tragicamente appiccato il fuoco al proprio villaggio.
Foto di copertina: Khnapat, Artsakh. I bambini si godono l’infanzia nonostante tutte le difficoltà causate dal blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, che è entrato nel suo 148° giorno (CivilNetTV/Foto di Ani Balayan).
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-08 16:31:222023-05-09 16:31:56148° giorno del #ArtsakhBlockade. I bambini dell’Artsakh si godono l’infanzia nonostante tutte le difficoltà causate dall’Azerbajgian (Korazym 08.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.05.2023 – Vik van Brantegem] – Promemoria quotidiano del sadico #ArtsakhBlockade del regime autocratico guerrafondaio e genocida della dinastia Aliyev in Azerbajgian: pulizia etnica in corso della popolazione autoctona armena, fame e soffocamento di 120.000 abitanti Armeni, disastro ecologico dovuto al taglio delle forniture di elettricità e gas dall’Armenia.
Il Comando delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh, guidato dal Colonnello Generale Alexander Lentsov, ha visitato Baku questa settimana e ha discusso la situazione in Artsakh con la parte azera. Le discussioni hanno avuto nessun cambiamento positivo nella situazione. Non è stato possibile raggiungere un accordo sul ripristino delle condizioni previste dalla Dichiarazione tripartito del 9 novembre 2020. Lo ha comunicato il Ministro dello Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan sulla sua pagina Facebook, aggiungendo che è previsto un nuovo incontro a breve. Vi pare strano che non siamo sorpresi?
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan, ieri ha rilasciato una dichiarazione sul terrorismo energetico, economico, umanitario ed ecologico dell’Azerbajgian in relazione al bacino idrico di Sarsang, chiedendo alla comunità internazionale di prendere provvedimenti immediati dal momento che le riserve di Sarsang hanno raggiunto il limite critico.
«Nelle condizioni del blocco di 146 giorni della Repubblica di Artsakh, dal 9 gennaio 2023 e da 117 giorni, l‘Azerbajgian ha interrotto la fornitura di elettricità dall’Armenia all’Artsakh attraverso l’unica linea di trasmissione ad alta tensione, creando terrorismo economico, umanitario ed ecologico e causando ulteriori difficoltà e sofferenze alla popolazione dell’Artsakh.
Sia prima che durante il blocco, l’Azerbajgian ha interrotto regolarmente e dal 22 marzo ha interrotto completamente la fornitura di gas attraverso l’unico gasdotto Armenia-Artsakh, che ha portato anche a gravi problemi umanitari ed economici, nonché a un aumento forzato delle produzione di energia elettrica e sovraccarico delle reti di approvvigionamento energetico.
In tali condizioni, la Repubblica di Artsakh è costretta a utilizzare solo l’infrastruttura di generazione elettrica domestica, costituita da 6 centrali idroelettriche, di cui solo la centrale elettrica del bacino di Sarsang rappresenta circa il 70% della capacità totale. Poiché prima dell’interruzione della fornitura di energia elettrica da parte dell’Azerbajgian, la produzione interna soddisfaceva circa il 30 per cento della domanda, dal 9 gennaio, per soddisfare il fabbisogno energetico minimo della popolazione, il governo dell’Artsakh ha dovuto introdurre una serie di ulteriori misure, tra cui la sospensione del lavoro di tutte le principali imprese commerciali, blackout continui giornalieri, il funzionamento alla massima capacità di tutte le centrali elettriche esistenti, ecc.
Di conseguenza, sono emerse non solo una serie di difficoltà umanitarie e domestiche, ma anche gravi sfide ambientali associate al rapido esaurimento delle risorse del bacino idrico di Sarsang.
Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dal 9 gennaio di quest’anno ad oggi, dal bacino idrico di Sarsang è stata rilasciata quasi tre volte più acqua e quest’anno l’afflusso di acqua è stato quasi due volte inferiore a causa del clima secco. Attualmente, le risorse idriche di Sarsang hanno raggiunto un limite critico di circa 88 milioni di m³ (circa il 15% della capacità totale), avvicinandosi al volume morto (inutilizzabile) di circa 70 milioni di m³.
Questa situazione non solo mette a rischio la prospettiva dell’approvvigionamento elettrico per la popolazione dell’Artsakh e ne aggrava le sofferenze quotidiane, ma ha anche provocato un notevole impatto negativo sull’ambiente, tra cui il prosciugamento delle sorgenti, il deterioramento del microclima, il declino della flora e fauna, ecc. Se questa situazione non viene affrontata immediatamente e la normale alimentazione elettrica dell’Artsakh non viene ripristinata, ciò comporterà inevitabilmente un netto aggravamento dei suddetti problemi energetici, economici, umanitari e ambientali e, in ultima analisi, a una catastrofe umanitaria.
Vale la pena notare che durante tutto il periodo dell’indipendenza, contrariamente all’epoca sovietica, l’acqua del bacino di Sarsang è stata utilizzata per irrigare anche i terreni agricoli (circa 96.000 ettari) dell’Azerbajgian, poiché ha sempre mantenuto il canale che irriga le terre dell’Artsakh chiuso.
Tuttavia, interrompendo deliberatamente e criminalmente la fornitura di energia elettrica dall’Armenia all’Artsakh, provocando una crisi energetica artificiale e costringendo le autorità dell’Artsakh a utilizzare attivamente le limitatissime risorse idriche del bacino di Sarsang, Azerbajgian, di fatto, oltre a esporre la popolazione dell’Artsakh al terrorismo energetico, economico ed ecologico, priva la propria popolazione dell’opportunità di ricevere sufficiente acqua per l’irrigazione dal bacino di Sarsang durante i caldi mesi estivi. Infatti, è proprio per questi stessi scopi criminali che gli agenti in borghese del governo azero o “eco-terroristi” hanno agito così diligentemente, tenendo sotto assedio la popolazione dell’Artsakh.
Di fronte alla minaccia di esaurimento delle risorse idriche di Sarsang e del potenziale interno della produzione energetica dell’Artsakh, nonché al rischio imminente di una catastrofe umanitaria, chiediamo ancora una volta all’intera comunità internazionale, alle strutture internazionali competenti, ai governi dei Paesi e a tutti quelli, sinceramente preoccupati per i diritti e la sicurezza del popolo dell’Artsakh, di non chiudere un occhio di fronte a questa catastrofica situazione energetica, umanitaria, ambientale ed economica e di intraprendere misure immediate per far sì che l’Azerbajgian abbandoni tale comportamento medievale, terroristico e crudele nei confronti sia del le persone e l’ambiente.
In allegato sono riportate le immagini satellitari del bacino idrico di Sarsang al 1° gennaio e al 28 aprile 2023, con elevazioni della superficie rispettivamente di 705,8 e 671,5 metri sul livello del mare».
Il personale militare del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme all’organizzazione non governativa multinazionale “Siamo Uniti”, ha consegnato 30 tonnellate di aiuti umanitari all’Artsakh. Questo carico sotto forma di pacchi alimentari è stato distribuito nei villaggi remoti dell’Artsakh.
Si è tenuto ieri 6 maggio 2023 nel Palazzo della Cultura e della Gioventù della capitale Stepanakert della Repubblica di Artsakh un concerto dedicato al 35° anniversario del Movimento di Liberazione dell’Artsakh. L’ensemble di cantanti “Valenza” ha eseguito canzoni patriottiche, «che sono state scelte con il messaggio che l’Artsakh è in piedi, che l’Artsakh vive e che l’Artsakh vivrà per sempre», ha detto il membro dell’ensemble Marta Baghdasaryan, aggiungendo che hanno tenuto un concerto per la prima volta dalla guerra dei 44 giorni del 2020. Durante la serata è stata eseguita anche la prima dell’opera “Rinascita” di Vilen Mikayelyan, il direttore artistico dell’ensemble. «L’opera è nata dopo la guerra dei 44 giorni. Durante la guerra, la nostra gente ha provato un grande dolore, ma non è stata spezzata. Credo che il meglio debba ancora venire», ha detto Mikaelyan.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-07 16:30:422023-05-09 16:31:11147° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian ha provocato un disastro ecologico con il taglio delle forniture di elettricità e gas dall’Armenia (Korazym 07.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.05.2023 – Vik van Brantegem] – Nelle ultime due settimane, quattro comunità del distretto di Berdzorg nella regione di Shushi – Yeghtsahogh, Hin Shen, Mets Shen e Lisagor – sono state tagliate fuori dai rifornimenti essenziali a causa del checkpoint illegale installato il 23 aprile scorso dall’Azerbajgian all’ingresso dall’Armenia al Corridoio di Berdzor (Lachin). Le quattro comunità sono state private di ogni possibilità di comunicazione con il resto dell’Artsakh e dell’Armenia. Anche la fornitura di aiuti umanitari agli abitanti di questi villaggi era stata interrotta e negli ultimi giorni si è verificata un’acuta crisi umanitaria, poiché non sono disponibili forniture essenziali. Un residente di Yeghtsahogh ha riferito che gli Azeri hanno interrotto anche l’approvvigionamento di acqua potabile proveniente dalle montagne. Di conseguenza, i residenti sono ora senza accesso ad acqua, cibo o cure mediche.
Gurgen Nersisyan, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, ha riferito che ieri 5 maggio 2023 un camion che trasportava cibo, medicine e altri beni di prima necessità ha finalmente raggiunto i residenti degli insediamenti specificati, con il contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa. Tuttavia, l’Azerbajgian sta ancora continuando il suo blocco completo dell’Artsakh, utilizzando i posti di blocco illegali sul confine tra l’Artsakh e l’Armenia e vicino a Shushi. Il contingente per il mantenimento della pace russe sta effettuando rifornimenti umanitari limitati nell’Artsakh e ulteriori sforzi sono stati compiuti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa per ripristinare i trasporti, ha osservato Nersisyan.
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Gurgen Nersisyan, ha accusato l’Azerbajgian di terrorismo energetico, economico, umanitario ed ecologico contro il bacino idrico di Sarsang. A causa del blocco di 146 giorni dell’Artsakh, l’Azerbajgian ha interrotto le forniture di elettricità e gas, causando difficoltà alla popolazione. Di conseguenza, le risorse idriche del bacino idrico di Sarsang hanno raggiunto un limite critico, mettendo a rischio l’approvvigionamento elettrico e idrico per la popolazione dell’Artsakh, portando a una crisi ambientale. La comunità internazionale è invitata ad agire immediatamente per affrontare questa situazione. Le immagini satellitari riportate sopra servono come prova del disastro.
La macchina della propaganda azera fa false affermazioni sull’assenza di comunicazione con Nakhijevan attraverso l’Armenia presentando questo come “blocco” paragonandolo al #ArtsakhBlockade. Ignorano che Nakhijevan ha un confine comune con Turchia e Iran, e comunicazioni aeree con Azerbajgian.
Quando si osserva l’attività della macchina della propaganda e dei troll dell’Azerbajgian sui social media, viene confermato una pratica comune tra gli autocrati e dittatori: accusare loro oppositori di fare esattamente ciò che loro stessi stanno facendo.
Il Ministero dell’Interno della Repubblica di Artsakh ha riferito che ieri 5 maggio 2023 alle ore 10.55, un contadino del villaggio di Vardadzor nella regione di Askeran è stato preso di mira da armi leggere dalle postazioni dell’Azerbajgian mentre stava svolgendo lavori agrigoli alla guida del suo trattore nel suo frutteto di melograni. Il terrore “agricolo” azero continua, perché resta impunito e non condannato.
La coppia autocratica della dinastia Aliyev al potere dell’Azerbajgian ha visitato ieri 5 maggio 2023 la città occupata di Hadrut dell’Artsakh e ha posato nel luogo esatto in cui due anni e mezzo fa sono stati commessi crimini di guerra dalle forze armate azere. Esattamente questo sito ad Hadrut era il luogo in cui degli Armeni disarmati furono catturati e uccisi.
3 maggio – Movimento «NO alla pulizia etnica della Repubblica di Artsakh». Giorno tre. Chiediamo di fermare la pulizia etnica e la politica di genocidio degli Armeni in Artsakh condotta dall’Azerbajgian e garantire l’attuazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 (David Ghahramanyan, fotoreporter a Stepanakert – Email – Telefono: +37497363738).
4 maggio. Un dibattito pubblico è stato organizzato oggi dal movimento “NO alla pulizia etnica dell’Artsakh”, durante il quale si è discusso dell’importanza del movimento dell’Artsakh del 1988 e degli eroi che ne sono stati le origini (David Ghahramanyan, fotoreporter a Stepanakert – Email – Telefono: +37497363738).
5 maggio – Non solo un gruppo di giovani di Artsakh si è unito al nostro movimento, ma ha anche cotto pane con jengyal per i partecipanti al movimento. Siamo fiduciosi che insieme supereremo tutte le difficoltà (David Ghahramanyan, fotoreporter a Stepanakert – Email – Telefono: +37497363738).
Gli organizzatori del movimento “NO alla pulizia etnica della Repubblica di Artsakh” hanno programmato una manifestazione il 9 maggio 2023 alle ore 12.00 nella piazza della Rinascita a Stepanakert.
Lodo arbitrale del Presidente degli Stati Uniti d’America Woodrow Wilson
Rapporto completo del Comitato sull’arbitrato del confine tra Turchia e Armenia – Washington, 22 novembre 1920
Preparato con un’introduzione di Ara Papian
Pubblicato a Yerevan nel 2011
(File in formato PDF[QUI])
L’articolo è uno studio complesso della storia del coinvolgimento di Woodrow Wilson (il 28° Presidente degli Stati Uniti, 1913-1921), nel destino del popolo armeno dopo la Prima Guerra Mondiale e la Repubblica di Armenia (1918-1920), in particolare nel determinare il confine tra Armenia e Turchia.
L’articolo presenta un’analisi del lodo arbitrale di Wilson secondo il diritto internazionale e la metodologia ufficiale della Società delle Nazioni.
L’articolo si sofferma sul contesto storico, sugli aspetti giuridici e sulle implicazioni politiche del lodo arbitrale di Wilson (22 novembre 1920), intitolato ufficialmente: “Decisione del Presidente degli Stati Uniti d’America rispetto alla frontiera tra Turchia e Armenia, accesso per l’Armenia al Mare e la smilitarizzazione del territorio turco adiacente alla frontiera armena”.
Il significato dell’arbitrato va oltre le relazioni armeno-turche e armeno-statunitensi. I conflitti di confine sono ancora questioni rilevanti nell’agenda regionale e internazionale. Il coinvolgimento americano in Medio Oriente è una delle componenti chiave dell’attuale politica estera degli Stati Uniti. Una comprensione accurata e ampia delle sfumature della situazione giuridica estremamente complessa nella regione e delle basi del comportamento degli attori può essere vitale per la sicurezza, gli interessi politici ed economici della regione. Inoltre, grazie alla partecipazione attiva degli Stati Uniti nelle relazioni armeno-turche attraverso l’arbitrato di Wilson, il lodo arbitrale diventa un punto di partenza logico per una più forte comprensione storica, politica e giuridica della regione soggetta a conflitti.
L’articolo contribuisce anche a una migliore comprensione della politica del Presidente Wilson nei confronti del Medio Oriente durante il drammatico periodo 1917-1921 e delle sue possibili conseguenze per i rapporti critici nella regione odierna.
Riferendosi al monumento “Nemesis” a Yerevan e ai conseguenti problemi nelle relazioni armeno-turche, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha dichiarato: «Registriamo quanto segue, che il governo non ha preso quella decisione e uno dei difetti della democrazia è quando il governo o il capo del governo non controlla tutto e tutti. E se vuoi sapere la mia opinione, considero che è stata presa una decisione sbagliata e anche l’attuazione di quella decisione è stata sbagliata». Pashinyan ha aggiunto che è successo in un contesto emotivo e in una situazione in cui molti in Armenia considerano gli altri traditori e molti minacciano di sparare ad altri sotto le mura per tradimento.
Ieri 5 maggio 2023, Pashinyan, ha cercato di svergognare un uomo che vive nella Repubblica Ceca che era stato sfollato dopo la guerra dei 44 giorni del 2020 in Artsakh, chiedendogli perché invece non vive in Artsakh. Pashinyan, dalla fine della guerra, quante volte è stato in Artsakh?
“Vuoi dire che dovrei accettare di essere processato e fucilato?” Dopo il 2020, sono uscito di fronte alla gente e ho detto che se pensi che dovrei essere fucilato, allora starò obbediente sotto quel muro di sparatorie… Se vuoi sparare, non c’è problema, sono d’accordo» (Nikol Pashinyan, Primo Ministro dell’Armenia).
I predecessori di Pashinyan condividono la responsabilità della sconfitta della guerra del 2020? L’ex Ministro dell’Istruzione dell’Armenia e membro del Partito Repubblicano, Armen Ashotyan, si è seduto con Civilnet [QUI], per riflettere sul quinto anniversario della Rivoluzione di Velluto del 2018, che ha catapultato Nikol Pashinyan al potere. Ashotyan ha discusso della quota di responsabilità dei predecessori di Pashinyan per la sconfitta dell’Armenia nella guerra dei 44 giorni del Nagorno-Karabakh del 2020, se la rivoluzione è stata davvero non violenta e perché i sondaggi d’opinione continuano a mostrare che il Contratto Civile di Pashinyan ha un ampio vantaggio su tutti gli altri partiti politici nel Paese.
Restano “enormi differenze” tra Yerevan e Baku nonostante i “progressi” nei colloqui con gli Stati Uniti
Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha riconosciuto ieri 5 maggio 2023, che rimane un ampio divario tra le posizioni dell’Armenia e dell’Azerbajgian nei colloqui di pace, pur riconoscendo che sono stati compiuti alcuni (timidi) progressi nei negoziati questa settimana negli Stati Uniti. «Mentre prima la differenza tra le parti era di 1 chilometro, ora è di 990 metri. È un progresso, ma c’è ancora un’enorme differenza», ha detto Pashinyan a Radio Azatutyun, il servizio armeno di Radio Free Europe/Radio Liberty.
I commenti del Primo Ministro armeno sono arrivati a conclusione dei quattro giorni di colloqui a Washington tra i Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbajgian, conclusi solo con una dichiarazione congiunta in cui si sottolineava che gli incontri “hanno favorito la comprensione reciproca” nonostante “le posizioni su alcune questioni chiave rimangano divergenti”. Secondo Pashinyan, permangono notevoli divergenze sull’affrontare i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh, la questione al centro del conflitto decennale tra due Paesi. I colloqui a Washington non “ci hanno dato fiducia che l’Azerbajgian riconosca” i confini dell’era sovietica dell’Armenia, ha aggiunto Pashinyan.
Gli 120.000 Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh sono entrati oggi nel 146° giorno di assedio da parte dell’Azerbajgian, meno di due settimane dopo che le forze armate azere si sono mosse per installare due posto di blocco, sui due lati del Corridoio di Berdzor (Lachin), rispettivamente sul ponte Hakiri e vicino a Shushi, lungo l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia, aumentando drammaticamente le tensioni nel Caucaso meridionale. Prima di allora, sedicenti “attivisti ambientalisti” azeri, molti dei quali che si sono rivelati essere legati al governo azero, avevano istituito un posto di blocco nel Corridoio di Lachin vicino a Shushi. Il blocco ha portato a gravi carenze di energia (oltre all’interruzione della fornitura di elettricità per 117 giorni, l’Azerbajgian ha interrotto anche la fornitura di gas per 80 giorni), cibo, medicine e altri beni di prima necessità in tutto l’Artsakh e provocato un’emergenza ambientale, con il prosciugamento del bacino di Sarsang (per la produzione di energie elettrica) e taglio di alberi (per fornire legno da ardere in sostituzione del gas).
Le osservazioni di Pashinyan contrastano nettamente con i commenti ottimisti rilasciati il 4 maggio 2023 dal Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, che si era unito ai team negoziali nelle sessioni di apertura e chiusura dei colloqui e ha accolto con favore “progressi significativi ” dopo negoziati “intensi e costruttivi”. “Con ulteriore buona volontà, flessibilità e compromesso, un accordo è a portata di mano”, ha affermato Blinken in una nota.
Comunque, un’integrazione forzata dell’Artsakh democratico nell’autocrazia dell’Azerbajgian sarebbe un atto criminale di pulizia etnica/genocida.
Decenni di colloqui mediati a livello internazionale guidati dal Gruppo di Minsk dell’OSCE, un organismo copresieduto da Francia, Russia e Stati Uniti, non sono riusciti a raggiungere una soluzione diplomatica al conflitto tra Armenia e Azerbajgian. Dalla fine della guerra del 2020 nell’Artsakh, l’Unione Europea, la Russia e gli Stati Uniti sono emersi come principali mediatori, mentre il lavoro del Gruppo di Minsk dell’OSCE è stato in gran parte congelato dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia lo scorso anno.
Pashinyan ha detto a Radio Azatutyun che le affermazioni su bozze di trattati di pace “occidentali” e “russe” in competizione sono prive di fondamento.
Pashinyan si recherà a Mosca la prossima settimana. Il Portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto ai giornalisti ieri 5 maggio 2023, che sono in corso preparazioni per un incontro tra il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Presidente russo, Vladimir Putin.
I parlamentari armeni hanno sollevato in Turchia la questione della minaccia di genocidio nell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian
Alla sessione dell’Assemblea parlamentare della Cooperazione Economica del Mar Nero, i membri della delegazione armena hanno sollevato la questione del blocco del Corridoio di Lachin e hanno sottolineato il pericolo del genocidio degli Armeni del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian.
«In primo luogo, ho parlato del blocco del Corridoio di Lachin e ho invitato l’Azerbajgian a rispettare la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, alla quale, ovviamente, hanno reagito con furia», ha detto Babken Tunyan, Capo della delegazione parlamentare armena.
Il deputato Gevorg Papoyan ha sottolineato che l’Azerbajgian ha illegalmente bloccato l’Artsakh e gli Armeni dell’Artsakh: «Ho sottolineato che queste persone stanno ora affrontando molti problemi sociali, c’è carenza di medicine e cibo. E lì, infatti, c’è il pericolo di genocidio. E, naturalmente, l’Azerbajgian è il primo ad incolpare e responsabile di questo».
I membri della delegazione parlamentare dell’Armenia hanno anche inviato un’ammonizione al Segretario Generale, l’azero Asaf Hajiyev, che, essendo un funzionario internazionale, ha violato il principio di neutralità politica. Babken Tunyan ha informato che recentemente, utilizzando le piattaforme di social network dell’organizzazione. Parlando come funzionario in un’intervista con i media turchi, Haliyev ha fatto osservazioni inammissibili contro l’Armenia e diversi altri Paesi, minacciando di usare la forza. «Abbiamo dato l’ultimo avvertimento. Lo abbiamo invitato non solo a rimuovere queste pubblicazioni, ma anche a non usare mai più tali espressioni in futuro», ha detto Tunyan.
Harutyunyan: lo status del Nagorno-Karabakh rimane irrisolto a livello internazionale e questo dovrebbe essere preso in considerazione Armenpress, 5 maggio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha affermato che non vi è alcun accordo all’interno della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 per chiudere la questione dello status internazionale dell’Artsakh. In un’intervista ad Armenpress, ha affermato che nessuno dovrebbe dimenticare che il conflitto è emerso a seguito della disputa sullo status dell’Artsakh, che è stato riconosciuto dal mondo civile sin dall’inizio.
Signor Presidente, qual è la sua posizione sull’istituzione di un posto di blocco da parte dell’Azerbajgian nel Corridoio di Lachin? Prima di tutto, è importante notare che ci sono già due posti di blocco azeri illegali sull’autostrada Artsakh-Armenia. Uno è stato installato nei pressi del ponte Hakari il 23 aprile, e l’altro nei pressi di Shushi, dove, il 28 aprile, la polizia azera ha sostituito i sostituti in borghese del governo azero o “ecoterroristi” che avevano bloccato la strada dal 12 dicembre 2022. Pertanto, indipendentemente dal fatto che la parte azera finga di condurre un “controllo di frontiera” al posto di blocco illegale vicino al ponte Hakari, non solo il blocco dell’Artsakh continua, ma i rischi per la sicurezza e i problemi umanitari si stanno acuendo nel tempo a causa di Il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian.
La mia posizione si è riflessa nella dichiarazione del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh del 23 aprile, in cui abbiamo chiamato il blocco del Corridoio di Lachin (Kashatagh) riconosciuto a livello internazionale sotto la responsabilità delle forze di mantenimento della pace russe e l’installazione del checkpoint assolutamente inaccettabile. Con ciò, l’Azerbajgian alla fine ha preso in ostaggio il popolo dell’Artsakh, con un rischio crescente di pulizia etnica e ha seriamente messo a repentaglio il proseguimento del funzionamento della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Abbiamo anche fatto appello alle parti della Dichiarazione trilaterale e in particolare alla Federazione Russa, con la richiesta di avviare immediatamente discussioni volte a revocare il blocco dell’Artsakh, rimuovere il checkpoint azero e fornire garanzie reali per la sicurezza del popolo dell’Artsakh.
È inaccettabile e deplorevole che l’Azerbajgian non solo violi in modo flagrante le disposizioni della Dichiarazione trilaterale, ma non rispetti neanche le decisioni vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Pertanto, ci aspettiamo ragionevolmente che tutti gli attori responsabili della comunità internazionale esercitino la dovuta pressione sull’Azerbajgian per l’immediata e piena attuazione dei suddetti obblighi.
Recentemente, in un’intervista alla televisione azera, Ilham Aliyev ha presentato ancora una volta un ultimatum agli Armeni dell’Artsakh, affermando che “gli armeni che vivono in Karabakh devono accettare la cittadinanza azera o trovare un altro luogo di residenza”.Parlare in un linguaggio di ultimatum di per sé testimonia chiaramente il sistema di valori incivile professato dalla leadership di questo Paese, ma, sorprendentemente, d’altra parte, rivela una grave contraddizione nella retorica del leader di un paese vicino. Il punto è che dopo la guerra dei 44 giorni, Aliyev ha costantemente sostenuto che il conflitto del Nagorno-Karabakh era stato risolto. Forse la sua aggressività e i suoi ultimatum sono dovuti al fatto che nessuno al mondo tranne lui fa tali affermazioni e il conflitto non è stato risolto affatto. Altrimenti, se è stato risolto, perché è così nervoso? In primo luogo, per quanto riguarda l’integrazione in generale, l’integrazione della leadership politica dell’Azerbajgian nel mondo civilizzato, nella cultura politica, nei diritti umani e nel sistema di valori democratici è molto più richiesta e preferibile. Penso che questo risolverebbe molti problemi nelle relazioni dell’Azerbajgian con gli Stati vicini.
Per quanto riguarda il conflitto Azerbajgian-Artsakh, per il terzo anno il Presidente dell’Azerbajgian ha cercato di convincere il mondo che la questione del Nagorno-Karabakh è stata risolta e che la nozione di “Nagorno-Karabakh” non esiste più. Ma, sì, il problema è che non ha il consenso della più ampia comunità internazionale a tutto questo. A livello internazionale rimane irrisolta la questione dello status del Nagorno-Karabakh, di cui occorre tener conto.
A volte è utile esaminare la storia di un conflitto per rispondere alle domande. I motivi legali per la formazione delle repubbliche sovietiche e la loro divisione territoriale sono scomparsi con l’abolizione della costituzione sovietica. I nuovi stati furono proclamati sulla base del diritto all’autodeterminazione dei singoli popoli titolari residenti in quei territori. In pratica, l’ex SSR di Armenia, il Nagorno-Karabakh e l’SSR di Azerbajgian hanno dichiarato simultaneamente la loro indipendenza in conformità con il diritto internazionale e la legislazione sovietica. L’autodeterminato Nagorno-Karabakh non ha partecipato alla formazione della costituzione della Repubblica di Azerbajgian. Tuttavia, la neonata Repubblica di Azerbajgian ha avanzato rivendicazioni infondate nei confronti del Nagorno-Karabakh.
Allo stesso tempo, la comunità internazionale fin dall’inizio ha riconosciuto il fatto dei disaccordi sullo status del Nagorno-Karabakh. C’è una circostanza estremamente importante qui. Il 30 gennaio 1992 l’Azerbajgian, riconosciuto solo da pochi Stati, è entrato a far parte della CSCE nello stesso giorno dell’Armenia. La sovranità di questi due stati è stata riconosciuta dalla CSCE a condizione che essi, a loro volta, riconoscessero il fatto di disaccordi sulla proprietà del Nagorno-Karabakh e concordassero che il futuro status del Nagorno-Karabakh sarebbe stato determinato in una conferenza di pace ai sensi gli auspici della CSCE. Entrambi gli Stati hanno dato tale consenso, accettando così lo status internazionale del Nagorno-Karabakh come territorio conteso e impegnandosi a risolvere pacificamente la controversia.
Tuttavia, dopo l’adesione alla CSCE, l’Azerbajgian ha immediatamente violato i suoi impegni internazionali. Trasformando gli insediamenti azeri nel Nagorno-Karabakh in basi militari, l’Azerbajgian ha scatenato un’aggressione militare su larga scala contro il Nagorno-Karabakh. Il popolo del Nagorno-Karabakh, a sua volta, ha esercitato il proprio diritto all’autodifesa. L’aggressione dell’Azerbajgian si è conclusa con una sconfitta militare per se stessa. La Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è stata istituita de facto a seguito della vittoria nella prima guerra del Karabakh nel 1992-1994. La linea di contatto tra le forze armate del Nagorno-Karabakh e dell’Azerbajgian ha ricevuto il riconoscimento internazionale. Nel quadro dei negoziati internazionali, non c’è ancora accordo né sullo status del Nagorno-Karabakh né sulla linea di demarcazione tra il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian. Allo stesso modo, nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 non è stato raggiunto alcun accordo sullo status del Nagorno-Karabakh, il che significa che continua ad avere lo status internazionale di territorio conflittuale o conteso, ma mai parte dell’Azerbajgian.
Inoltre, va ricordato che con la dichiarazione del 1991 “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbajgian” e l’Atto costituzionale del 1991 “Sul ripristino dell’indipendenza statale dell’Azerbajgian”, l’Azerbajgian rinunciò alla successione dell’Azerbajgian sovietico e si dichiarò successore della Repubblica Democratica di Azerbajgian, che esisteva nel 1918-1920. In quel periodo pre-sovietico, il Nagorno-Karabakh era considerato anche a livello internazionale un territorio conteso, ufficialmente riconosciuto come tale dalla Società delle Nazioni. Vale la pena notare che a quel tempo il Nagorno-Karabakh aveva un territorio molto più vasto e nei primi anni della sua esistenza come parte dell’Unione Sovietica aveva persino un confine comune con l’SSR di Armenia. Da questi fatti, sorge una questione molto importante se lo status e i territori contesi del Nagorno-Karabakh non fossero riconosciuti dai documenti fondanti che dichiaravano l’indipendenza dell’Azerbajgian.
Violando ancora una volta i suoi obblighi internazionali sul non uso della forza, nel 2020 l’Azerbaigian ha ripreso le sue azioni offensive contro la Repubblica dell’Artsakh, ma ha comunque accettato di firmare la Dichiarazione trilaterale sul cessate il fuoco a determinate condizioni. In particolare, per quanto doloroso e inaccettabile fosse per noi, tuttavia, in cambio del trasferimento di alcuni territori, l’Azerbaigian si è impegnato di fatto a garantire un corridoio di terra sicuro tra l’Artsakh e l’Armenia, nonché a fermare le proprie truppe dove si trovavano il momento del cessate il fuoco. L’Azerbaijan ha cominciato subito a ignorare non solo gli obblighi che si era assunto, ma anche le circostanze in cui questi erano stati assunti, cercando di inquadrare il tutto nel quadro di una presunta manifestazione di buona volontà da parte dell’Azerbaigian. Nel frattempo, c’erano accordi specifici, giusto? Certamente. L’Azerbajgian ha dimenticato troppo presto di essersi assunto l’obbligo di garantire la sicurezza di persone, veicoli e merci che si muovono lungo il Corridoio di Lachin riconosciuto a livello internazionale in entrambe le direzioni. L’Azerbajgian sta anche cercando di ignorare il fatto che si è impegnato a mantenere la linea di contatto in Artsakh. Anche altre misure importanti non sono state attuate, tra cui il rilascio di prigionieri di guerra, ostaggi e altri detenuti e il ritorno degli sfollati interni alle loro case.
Sì, l’Azerbajgian ha assunto questi obblighi in cambio della cessazione delle ostilità, salvando la vita di migliaia di suoi soldati e i territori catturati senza un solo colpo.
Non c’era accordo all’interno di quel documento per chiudere la questione dello status internazionale dell’Artsakh. Non va dimenticato che il conflitto è emerso a seguito della disputa sullo status dell’Artsakh, riconosciuto fin dall’inizio dall’intero mondo civilizzato. A livello internazionale, tale status non è ancora stato determinato.
Sia all’inizio del conflitto che durante le ostilità attive, il processo di negoziazione e nel dopoguerra, l’Azerbajgian ha costantemente distorto non solo l’essenza del conflitto, ma anche i documenti relativi alla risoluzione del conflitto. Come esempio più recente, la parte azera continua a compiere sforzi per distorcere la disposizione della Dichiarazione trilaterale del 2020, in cui si afferma che “le forze di mantenimento della pace della Federazione Russa sono dispiegate parallelamente al ritiro delle forze armate armene” e la presenta come una richiesta del ritiro delle forze armate armene, compreso l’Esercito di difesa dell’Artsakh, dall’intero territorio del Nagorno-Karabakh. Con le loro richieste illegali e azioni aggressive, la parte azera sta cercando di distruggere il fragile sistema di sicurezza esistente della Repubblica di Artsakh e del suo popolo. Le richieste di disarmare l’Esercito di difesa dell’Artsakh, così come le false ragioni utilizzate per ostacolarne la logistica, sono progettate proprio per questo. È chiaro che i veri obiettivi dell’Azerbajgian sono completamente diversi, ovvero privare il popolo dell’Artsakh di ogni garanzia di sicurezza e costringerlo a lasciare la propria terra natale, dando così a Baku l’opportunità di occupare l’Artsakh senza guerra.
L’interpretazione azerbajgiana della Dichiarazione trilaterale viene confutata dal paragrafo 4 del documento, che definisce chiaramente la geografia dello schieramento delle truppe di mantenimento della pace russe, e quindi anche del ritiro delle forze armene. La linea di contatto e il Corridoio di Lachin sono indicati come aree per il dispiegamento delle forze di mantenimento della pace russe.
In altre parole, il paragrafo 4 della Dichiarazione trilaterale è un accordo sul ritiro delle nostre forze armate non da tutto il Nagorno-Karabakh, come Baku sta cercando di presentare, ma dalle aree di spiegamento delle forze di mantenimento della pace russe. Poiché le forze di mantenimento della pace non sono dispiegate lungo l’intera linea di contatto e non hanno un mandato e un’autorità internazionali o la capacità di usare la forza, le unità dell’Esercito di difesa dell’Artsakh hanno il diritto e l’obbligo di svolgere compiti di combattimento sulla linea di contatto.
Non c’è nulla nella Dichiarazione trilaterale che possa essere interpretato come un impegno a smilitarizzare la Repubblica di Artsakh e a ritirare le proprie forze armate dalla Repubblica. Nel frattempo, oltre alla mancata attuazione degli obblighi previsti dalla Dichiarazione trilaterale, l’Azerbajgian ha continuato le sue azioni aggressive, compresa la militarizzazione sfrenata dei territori occupati e restituiti e creando le condizioni per ulteriori azioni offensive contro l’Artsakh e l’Armenia. A proposito, vale la pena ricordare che in quasi tutti i pacchetti di risoluzione dei conflitti la comunità internazionale ha previsto la smilitarizzazione dei territori che circondano il Nagorno-Karabakh, ma l’Azerbajgian sta facendo esattamente il contrario. Pertanto, dato che l’unica fonte di minacce nella regione è Baku, la comunità internazionale deve essere coerente nel prevenire nuove azioni aggressive da parte dell’Azerbajgian, anche attraverso la smilitarizzazione di questi territori sotto il loro controllo.
Essendo pienamente consapevoli dei limiti delle forze di mantenimento della pace, devono tuttavia contribuire a creare le condizioni per una vita sicura e dignitosa per i cittadini dell’Artsakh, anche rispettando il nostro diritto all’autodifesa. Le persone a rischio di pulizia etnica devono o essere protette in accordo con la norma internazionale della “Responsabilità di Proteggere”, o fornite dei mezzi e delle opportunità per l’autodifesa. Non importa quanto forte e minacciosa sia la pressione dell’Azerbajgian, l’Artsakh ha il diritto all’autodifesa e la comunità internazionale ha la responsabilità di proteggere. Indipendentemente dai mezzi e dalle opportunità a disposizione del popolo dell’Artsakh, ha l’obbligo e il diritto di difendersi per la propria sopravvivenza. La comunità internazionale deve anche decidere come proteggere il popolo dell’Artsakh, sia attraverso mezzi politici e diplomatici sia fornendo i mezzi necessari per l’autodifesa.
Vorremmo toccare un’altra tesi della macchina della propaganda azera, che è un altro tentativo di distorcere le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 2020. In particolare, le autorità azere affermano che il corridoio Lachin è destinato esclusivamente al trasporto di merci umanitarie. Qual è il tuo commento su questo? In effetti, da molto tempo Baku sostiene che il Corridoio di Lachin è destinato solo al trasporto di merci umanitarie e che l’uso del corridoio per lo sviluppo economico o la sicurezza dell’Artsakh è presumibilmente vietato dalla Dichiarazione trilaterale. L’Azerbajgian ha anche espresso regolarmente insoddisfazione per l’ingresso di cittadini di altri Paesi nell’Artsakh. Inoltre, Baku cerca di stabilire un proprio controllo passaporti e doganali nel Corridoio di Lachin, per il quale negli ultimi giorni sono state intraprese ulteriori azioni aggressive e illegali.
Infatti, il paragrafo 6 della Dichiarazione trilaterale prevede l’istituzione del Corridoio di Lachin, che collegherà il Nagorno-Karabakh con l’Armenia e rimarrà sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe. È noto che nel comunicato del 9 novembre 2020 e in altri documenti trilaterali adottati successivamente, non si fa menzione di restrizioni all’ingresso e all’uscita delle persone, alle importazioni e alle esportazioni, nonché alle tipologie di veicoli utilizzati. In ogni caso, anche in questo caso, siamo sempre stati disponibili ad adottare ulteriori misure per aumentare il livello di trasparenza del trasporto merci lungo il Corridoio di Lachin. A tal fine, abbiamo ripetutamente proposto alle forze di pace russe di installare i mezzi tecnici necessari per migliorare le loro funzioni di controllo.
E nel contesto del continuo comportamento aggressivo dell’Azerbajgian, è almeno incomprensibile che l’attenzione e la narrazione di alcuni attori siano focalizzate su questioni puramente umanitarie e su un controllo aggiuntivo sul trasporto merci. Ciò significa che ignorano l’elefante nella stanza, che è l’unica fonte di minaccia nell’intera regione.
Per quanto riguarda l’impegno dell’Azerbajgian a garantire la sicurezza del movimento bidirezionale di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin, stipulato nel paragrafo 6 della Dichiarazione trilaterale, è chiaro che tale obbligo non implica la loro presenza fisica lì, ma l’astensione dalla creazione di problemi di sicurezza come principale fonte di minaccia. È chiaro che il regime del Corridoio di Lachin di 5 chilometri, che rimarrà sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe, esclude già qualsiasi presenza e intervento dell’Azerbajgian.
I tentativi di rivedere unilateralmente le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 2020 e di trasformare il Corridoio di Lachin riconosciuto a livello internazionale in una strada controllata dall’Azerbajgian e utilizzata esclusivamente per il trasporto di merci umanitarie non sono legittimi e pertanto devono essere respinti.
Allora, qual è la via d’uscita?
La via d’uscita è la nostra lotta determinata e a lungo termine, attraverso il consolidamento e l’effettiva realizzazione di tutte le nostre capacità nazionali. Alla fine deve vincere il diritto naturale e indiscutibile del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione, sulla cui strada è imperativo il sostegno incondizionato e incrollabile della Repubblica di Armenia e dell’intero popolo armeno.
Se riusciremo a dimostrare la volontà e la capacità necessarie in questa lotta, per evitare concessioni e perdite irreversibili a scapito dei nostri interessi vitali, almeno in questa fase, allora questo ci permetterà di condurre una lunga lotta per la difesa e la libertà di nostra patria, e gradualmente riceveremo la dovuta attenzione e il sostegno internazionale. Alla fine della giornata, solo le nazioni in lotta hanno successo, e i diritti in questo ordine mondiale non sono solo dati in questo modo, devono essere guadagnati e mantenuti attraverso una lotta costante.
Rassegna stampa
Segnaliamo la lodevole iniziativa della Rassegna Stampa curata dall’Iniziativa italiana per l’Artsakh [QUI]
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-06 19:07:332023-05-07 19:08:15146° giorno del #ArtsakhBlockade. Lo status del Nagorno-Karabakh rimane irrisolto e restano enormi differenze tra Yerevan e Baku (Korazym 06.05.23)
Gli Stati Uniti provano a giocare un ruolo di mediatore diplomatico nel conflitto del Nagorno-Karabakh che vede contrapposti Armenia e Azerbaijian. Nei giorni scorsi, colloqui tra i ministri degli Esteri dei due Paesi sono stati intrapresi a Washington per mediare una normalizzazione dei rapporti.
Le tensioni Armenia e Azerbaijian sono nuovamente salite sul finire di aprile quando l’Azerbaigian ha annunciato di aver istituito un checkpoint sul corridoio di Lachin, l’unico collegamento terrestre tra Armenia e Nagorno-Karabakh. Le due parti sono entrate in guerra due volte, nel 1990 e nel 2020, con continue schermaglie, nella regione a maggioranza armena all’interno dell’Azerbaijian. L’Armenia ha percepito la mossa azera come una violazione del cessate il fuoco negoziato tra le due parti.
Washington ha invitato il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, e il Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, accolti dal Segretario di Stato Antony Blinken, per quattro giorni di colloqui con lo scopo di arrivare, quantomeno, alla normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. “Gli Stati Uniti sono lieti di ospitare il ministro degli Esteri Mirzoyan dell’Armenia e il ministro degli Esteri Bayramov dell’Azerbaijian per facilitare i negoziati questa settimana, mentre lavorano insieme per perseguire un futuro pacifico per la regione del Caucaso meridionale”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant Patel. Secondo una dichiarazione del Dipartimento di Stato, domenica scorsa, Blinken ha anche parlato telefonicamente con il presidente dell’Azerbaijian, Ilham Aliyev, esprimendo preoccupazione per l’istituzione del checkpoint, che non fa altro che minare “gli sforzi per stabilire la fiducia nel processo di pace”.
Nel 2020, il cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaijian era stato negoziato grazie alla diplomazia russa, con truppe russe lungo il corridoio di Lachin come garanzia del rispetto dell’accordo. Con la Russia impegnata in Ucraina, e visti gli ultimi smacchi diplomatici avvenuti per mano cinese in Medio Oriente, l’Occidente, soprattutto gli Stati Uniti, tenta di mettere a segno un colpo diplomatico di risposta, cercando di acquisire maggiore influenza nell’area asiatica.
Tant’è che anche la Francia si è mossa, con il ministro degli Esteri, Catherine Colonna, che ha visitato i due Paesi la scorsa settimana con l’obiettivo di raffreddare le tensioni sul checkpoint di frontiera. Colonna ha iniziato visitando l’Azerbaijian, le cui relazioni con la Francia sono tese. Ha avuto un incontro con il Presidente Ilham Aliev in cui ha affermato: “Impegnarsi con determinazione sulla via della pace richiede la rinuncia all’uso della forza o alla minaccia della forza”. Successivamente, Colonna si è recata in Armenia, storico alleato di Parigi, per incontrare il Primo Ministro, Nikol Pachinian, ed in cui ha espresso sostegno al popolo e allo stato armeno.
La Russia non ha gradito l’intervento francese e l’azione statunitense, accusando i due Paesi di ostacolare il processo di pace tra Armenia e Azerbaijian su cui si è impegnata da tempo. Insomma, l’Occidente vede la possibilità di imprimere uno smacco diplomatico a quello che percepisce come blocco avversario, quello sino-russo, dopo una lunga serie di fallimenti nelle politiche che avrebbero dovuto far crollare la Russia e quelle che avrebbero dovuto contenere la Cina.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-06 19:04:382023-05-07 19:06:58Gli Stati Uniti provano la mediazione tra Armenia e Azerbaijian (Indipendente 06.05.23)
on è che sono indignato, ne ho avuto, a essere sinceri, la tentazione, ma non appartiene all’educazione armena né il lasciarsi cadere le braccia e neppure lo sbraitare per l’offesa ricevuta da un popolo come quello italiano che so amico, anche se tende per inerzia secolare alla furbizia e ai cambi di alleanza opportunistici. Ma nessuno è perfetto. Dunque assumo un tono pacato e sereno, anche se il sangue ribolle: non bisogna sprecare i sentimenti. Resta così poco a noi molokani d’Armenia nella cambusa delle energie spirituali che non vale la pena consumarle, lacerandosi l’anima, per qualche albero in gloria di chi ci vuole morti.
Spiego la questione degli alberi. Un gesto simbolico. Ma i simboli sono reali, muovono la storia. Ecco quanto è accaduto lo scorso 20 aprile. Trascrivo dall’Adnkronos:
«In occasione del centesimo anniversario della nascita del “Leader nazionale” dell’Azerbaigian Heydar Aliyev, sono stati piantati alcuni alberi a Villa Borghese, rende noto l’ambascia…
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-06 18:58:112023-05-07 18:58:52Ecco chi è l’“eccezionale statista” azero celebrato nel parco più bello di Roma (Tempi 06.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.05.2023 – Vik van Brantegem] – «Dopo la guerra di 44 giorni, Aliyev insiste costantemente che la questione del Nagorno-Karabakh è stata risolta. Forse la sua aggressività e il suo stile da ultimatum sono motivati dal fatto che nessuno al mondo tranne lui fa affermazioni del genere e che il problema non è stato affatto risolto. Altrimenti, se è risolto, perché è così nervoso?», ha detto il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, in un’intervista con Armenpress.
«Stepanakert sbocciato e assediato #ArtsakhBlockade giorno145» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
Il bacino di Sarsang dell’Artsakh si è prosciugato a causa della “lotta ambientale degli ecoattivisti” dell’Azerbajgian. Per essere più precisi, a causa del genocida #ArtsakhBlockade da parte del regime autocratico di Aliyev, in violazione dell’ordine della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e contrariamente agli appelli dei grandi attori internazionali.
Prima…… e dopo.
Il bacino di Sarsang è stata la principale fonte di elettricità per il Nagorno-Karabakh assediato. La linea di alta tensione che fornice energia elettrica dall’Armenia e che passa nel territorio occupato dalle forze armate dell’Azerbajgian dopo l’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, è danneggiata da mesi. Baku impedisce la sua riparazione. Perciò, l’acqua del bacino di Sarsang si sta esaurendo per la necessità di produrre più elettricità locale e in Artsakh si profila un collasso energetico e agricolo per la mancanza di acqua per l’irrigazione dei campi.
A questo si aggiunge la deforestazione per il riscaldamento, a causa dell’interruzione del gasdotto dall’Armenia che passa sul territorio dell’Artsakh occupato dall’esercito azero.
La regione di Askeran, Artsakh.
«Non sono sicuro di poter ancora avere il mio titolo di “Eco-attivismo” perché gli “eco-attivisti” ora se ne sono andati e sono stati soppiantati dall’esercito e dalla polizia dell’Azerbajgian. Penso che dovrebbe piuttosto intitolarsi “Pulizia etnica azera degli Armeni”. Il titolo sarebbe più appropriato, ma la pulizia etnica era ciò che l’Azerbajgian aveva in mente non solo dall’inizio del blocco, ma piuttosto dopo la sua sconfitta nella prima guerra dell’Artsakh. Immagino che ora possa essere visto come un blocco da parte della comunità internazionale; tuttavia, come ho detto prima, ciò non farà differenza per l’Artsakh.
Indipendentemente dal titolo, il motivo dell’Azerbajgian è e rimarrà lo stesso. Come si può scoraggiare atti così eclatanti? Ecco un paio di cose che l’Armenia ha tentato finora.
In primo luogo, l’Armenia ha già tentato di cercare sostegno internazionale attraverso diversi mezzi. Tutti questi tentativi non sono ancora riusciti a portare alcun cambiamento. Anche la più alta Corte delle Nazioni Unite, la Corte Internazionale di Giustizia, mesi prima aveva ordinato all’Azerbajgian di consentire il movimento senza ostacoli attraverso il Corridoio di Berdzor. L’Azerbajgian ha respinto qualsiasi azione della comunità internazionale e continua il suo terrore.
In secondo luogo, l’Artsakh ha razionato le sue scorte di cibo e gas per soddisfare l’intera popolazione. Quanto potrebbe durare questo razionamento? Ad un certo punto, le riserve raggiungeranno livelli estremamente bassi e non saranno sufficienti per fornire all’Artsakh cibo e gas a sufficienza.
Credo che ci siano solo tre possibili soluzioni al problema:
La prima possibile soluzione sarà quella di rendere l’Artsakh completamente autosufficiente e in grado di rifornirsi con le risorse locali. Devono iniziare a investire nell’agricoltura essenziale, nella produzione di energia per creare un’economia autosufficiente.
La seconda potenziale soluzione sarà quella di condurre negoziati diplomatici con l’Azerbajgian per aprire il blocco. Tuttavia, l’Azerbajgian ha già stabilito i suoi termini per i negoziati e non sembra intenzionato a cambiare posizione. Negoziando, l’Armenia e l’Artsakh non usciranno in una situazione favorevole e l’Artsakh potrebbe essere completamente perso.
L’ultima potenziale soluzione sarebbe quella di ricorrere alla guerra e all’azione militare. Se l’Artsakh dovesse essere spinto in circostanze estreme, non avrebbe altra scelta che intraprendere un’azione militare. Ricorrerebbero alla lotta per il loro diritto di esistere in Artsakh. Anche questa non è una soluzione favorevole poiché l’Armenia si sta appena riprendendo dalla guerra nel 2020 e un’altra guerra potrebbe essere catastrofica per l’Armenia. Tuttavia, potrebbe essere l’unica soluzione rimasta poiché essere circondati da dittatori affamati di territorio, lo Stato dell’Armenia nel suo insieme sarebbe minacciato. Pertanto questa guerra sarebbe una lotta per la statualità armena e per il diritto degli Armeni non solo a vivere in Artsakh ma anche in Armenia» (Varak Ghazarian – Medium, 4 maggio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Questo è un articolo di giornale che ho scritto un anno dopo l’inizio della guerra in Artsakh, il 27 settembre 2021:
La vita è bella. Anche in una giornata così orribile, vedo la bellezza in essa. Una generazione di anime perse apparentemente senza motivo. Ma la ragione era che noi vivessimo su questa terra. Trovare un vero apprezzamento per la terra e andare avanti in modo positivo e più forte. Per non lasciare che la loro morte sia vana. Per assicurarsi che i loro nomi siano ricordati e rispettati per sempre. Dobbiamo rendercene conto ora, perché è già troppo tardi. Doveva essere ieri, ma siccome abbiamo perso l’occasione, deve essere oggi per garantire un po’ di bene a questo Paese. Un Paese che ha resistito alla prova del tempo proprio come le sue montagne e continuerà a farlo. Dobbiamo aprire gli occhi. Dobbiamo essere più attenti a ciò che sta accadendo intorno a noi e assumere un ruolo attivo per imparare dal passato e migliorare ciò che era. Non abbiamo più il lusso di stare seduti ad aspettare. Perché il domani non è certo e quello che una volta pensavamo di essere, non lo siamo più. È tempo di fare una rivoluzione dentro di noi per avere una rivoluzione intorno a noi per un bene superiore. Svegliati. Agire. Fai la tua parte. Ognuno ha un ruolo da svolgere nella creazione di una nazione più forte e migliore» (Varak Ghazarian – Medium, 5 maggio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
La grande maggioranza degli Armeni non vede motivo per ridere.Chi prende le decisioni non è presente… e neanche chi dovrà subirle.
Il Segretario di Stato statunitense, Anthony Blinken, ha affermato che l’Armenia e l’Azerbaigian hanno compiuto progressi tangibili nel raggiungimento di una pace sostenibile ed equo, per cui si è impegnato: «Soddisfatto dei progressi compiuti e ottimista, un accordo è a portata di mano».
Certo è che si è impegnato ad aumentare il caos nel Caucaso occidentale, come fa ovunque, nel voler costringere l’Armenia a firmare un accordo, che porterà al contrario di una pace sostenibile ed equo. Quando si sarebbe impegnato a far terminare l’assedio di 120.000 Armeni che da quasi cinque mesi sono sotto il #ArtsakhBlockade organizzato da Aliyev e il suo regime autocratico guerrafondaio e genocida? In cosa si sarebbe impegnato? Sì, nell’ipocrisia. Incredibile come la comunità internazionale sia ancora in silenzio, mentre è in corso la pulizia etnica del XXI secolo di una nazione da parte di un’altra nazione. E questi parlano pure di religione e della loro fede in Dio, ma permettono la continuazione del genocidio armeno iniziato più di un secolo fa, oggi con la forza panturca attraverso l’Azerbajgian, per la “soluzione finale”.
La negazione o il non riconoscimento del genocidio armeno rende possibili (la negazione di) altri genocidi.
Una domande alla Corte Internazionale di Giustizia e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: quale risultato ha ottenuto l’Armenia dal punto di visto legale e a livello pratico, nonostante le tonnellate di prove dei crimini di guerra dell’autocrate azero Aliyev, l’armenofobia e le violazioni di tutte le possibili leggi umanitarie nel mondo?
Blinken non è preso sul serio dall’Azerbajgian. Un attacco di droni potrebbe cambiarlo
di Michael Rubin 1945, 5 maggio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Questa settimana, il Segretario di Stato, Antony Blinken, ha ospitato i Ministri degli Esteri dell’Azerbajgian e dell’Armenia a Washington, nel tentativo di ottenere la pace nel Nagorno-Karabakh. Mentre i diplomatici si preparavano a sedersi, Blinken ha chiamato il Presidente azero, Ilham Aliyev. Secondo la lettura del Dipartimento di Stato, Blinken “ha espresso la profonda preoccupazione degli Stati Uniti per il fatto che l’istituzione di un posto di blocco da parte dell’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin mina gli sforzi per stabilire la fiducia nel processo di pace e ha sottolineato l’importanza di riaprire il Corridoio di Lachin ai veicoli commerciali e privati appena possibile”.
Il giorno dopo ho visitato l’area del posto di blocco, osservandola dall’alto di una montagna vicina. L’Azerbajgian non mostra alcuna intenzione di chiuderlo, anche se sarebbe facile farlo: è una tenda che è stata eretta in poche ore e potrebbe essere smantellata ancora più velocemente. Gli Armeni sottolineano giustamente che le ripetute dichiarazioni di “profonda preoccupazione” non hanno senso; possono effettivamente fare del male se Aliyev conclude – come apparentemente ha fatto – che non affronta altro che agitare le dita e può ignorare Blinken a suo piacimento. Tali atteggiamenti rendono la pace meno probabile: gli Armeni riconoscono che gli accordi azeri sono privi di significato mentre gli Azeri vedono una mancanza di conseguenze come motivo per diventare ancora più aggressivi.
In effetti, ho viaggiato lungo il confine tra Armenia e Azerbajgian abbastanza vicino da vedere le forze azere e prendere il servizio di telefonia cellulare azero. Mentre il Dipartimento di Stato rinuncia – e lo farà anche quest’anno – alla Sezione 907 del Freedom Support Act per fornire assistenza militare all’Azerbajgian, ho visto posizioni azere recentemente fortificate con radar avanzati, lanciamissili e piattaforme di atterraggio per elicotteri. Non lontano, l’Azerbajgian sta costruendo aeroporti in aree prive di necessità civili. In sostanza, il governo degli Stati Uniti oggi finanzia un potenziamento militare azero volto a sradicare la più antica comunità cristiana della regione.
Forse è giunto il momento per Blinken di prendere una pagina dal libro di marcia di Ronald Reagan per ripristinare la fiducia nella diplomazia e nella forza d’animo americane. Nel luglio 1987, Reagan ha ribattezzato le petroliere kuwaitiane per rafforzare la libertà di navigazione nel Golfo Persico. Dopo che una nave di scorta statunitense colpì una mina iraniana nell’aprile successivo, Reagan decise di reagire contro una piattaforma petrolifera iraniana. Come da procedura, la Marina ha prima trasmesso avvertimenti agli Iraniani di evacuare e ha dato loro il tempo di farlo. Quando divenne evidente che gli Iraniani cercavano invece di rafforzare la piattaforma, ne seguì una battaglia e l’Iran perse effettivamente la sua marina.
L’Azerbajgian non è l’Iran. Se gli Stati Uniti dovessero pubblicizzare il posto di blocco illegale e chiedere agli Azeri di abbandonare il posto entro dieci minuti, seguito da un attacco di droni per eliminare il posto di blocco illegale, potrebbe essere una scarica di adrenalina per la diplomazia e facilitare ironicamente gli sforzi per la pace. Aliyev continua a spingere finché qualcuno non respinge. L’Armenia no. La Russia non può. Se gli Stati Uniti agissero, Blinken potrebbe scoprire che, in un istante, la parola degli Stati Uniti nel Caucaso meridionale sarebbe tornata importante.
Trentadue politici e personaggi pubblici belgi e francesi hanno adottato una dichiarazione in cui condannano l’installazione da parte dell’Azerbajgian di un posto di blocco illegale e il doppio blocco della popolazione dell’Artsakh, si apprende da un comunicato diffuso dall’ufficio dell’ARF, rispondendo all’iniziativa: «Condanniamo l’installazione da parte dell’Azerbajgian di un checkpoint nel Corridoio di Lachin, che aggrava la crisi umanitaria nell’Artsakh e peggiora la fragile sicurezza della regione. Con la presente chiediamo al governo dell’Azerbajgian di adempiere ai propri obblighi, aprire immediatamente il Corridoio di Lachin, rimuovere il checkpoint, fermare la politica ostile contro la popolazione armena nativa dell’Artsakh e agire come membro responsabile della comunità internazionale».
La dichiarazione afferma, che i firmatari sono per lo più membri del gruppo di amicizia con Artsakh nei parlamenti fiammingo e vallone del Belgio, con i quali il Comitato ARF Europa Dat Armeno ha un rapporto dinamico lungo e continuo: «Apprezzo molto iniziative simili di personaggi politici e pubblici che sono rispettati negli ambienti politici e pubblici in Belgio e in Francia. Si tratta di uno strumento civile che obbliga i Paesi europei e l’esecutivo UE a mantenere questo tema all’ordine del giorno ea compiere passi concreti in questa direzione. Noi, da parte nostra, continueremo il nostro lavoro attivo quotidiano con vari circoli politici e sociali, in modo che vengano prese decisioni e azioni filo-armene e favorevoli riguardo alla questione dell’Artsakh», ha dichiarato Gaspar Karapetyan, Presidente del Comitato nazionale armeno di ARF Europa.
Rassegna stampa
Segnaliamo la lodevole iniziativa della Rassegna Stampa curata dall’Iniziativa italiana per l’Artsakh [QUI]
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-05 18:58:592023-05-07 18:59:34145° giorno del #ArtsakhBlockade. La pulizia etnica degli Armeni rimane lo scopo dell’Azerbajgian (Korazym 05.05.23)
AGENPARL) – ROMA, 5 Maggio 2023 – – Ilham Aliyev dice che si aspetta che l’Armenia dica pubblicamente che il Karabakh fa parte dell’Azerbaigian.
Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha affermato che i colloqui diretti tra il suo paese e l’Armenia sono il modo migliore per raggiungere un accordo di pace.
“Credo che i negoziati diretti tra i due Paesi saranno più utili e necessari. Penso che dovremmo continuare a muoverci in questa direzione se, ovviamente, anche l’Armenia è pronta per questo”, ha detto, intervenendo a una conferenza internazionale nel città di Shusha mercoledì.
Aliyev ha affermato che l’Armenia ora più apertamente di alcuni dei suoi amici in Occidente riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbaigian e ha solo bisogno di esprimere che il Karabakh è parte dell’Azerbaigian come ha già fatto sulla carta.
“La Dichiarazione di Alma-Ata ha effettivamente delineato e riconosciuto come amministrativi e ufficiali i confini delle ex repubbliche dell’URSS. Ciò significa che loro (gli armeni) hanno già concordato che il Karabakh è l’Azerbaigian. E di recente ho detto che devono solo dire il ultima parola. Hanno detto “A.” Ora avrebbero dovuto dire “B.” Dovrebbero dire quello che ho detto, che il Karabakh è l’Azerbaigian. Lo sto aspettando. Spero che quel momento venga “, ha detto.
Aliyev ha ammesso che ci sono alcune questioni delicate nei rapporti con gli Stati Uniti riguardanti l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, ma per il resto “l’agenda bilaterale è molto ampia”.
Passando alla cooperazione energetica con i paesi stranieri, ha detto che ci sono negoziati per aumentare il volume delle forniture di petrolio kazako attraverso l’Azerbaigian, che ha la capacità per questo.
Il presidente ha osservato che le forniture di petrolio attraverso l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan possono portare a problemi con la qualità del carburante, poiché il petrolio kazako differisce dal greggio leggero azero, osservando che in alternativa, l’oleodotto Baku-Supsa può essere utilizzato per questi scopi .
Aliyev ha anche affermato che l’Azerbaigian sta lavorando per aumentare le forniture di gas all’Europa e, se le infrastrutture necessarie saranno costruite in tempo, le forniture potrebbero iniziare quest’anno.
Si aspetta inoltre una più profonda integrazione con l’Asia centrale in futuro, non solo nei progetti energetici, ma anche in altri settori.
Aliyev ha elogiato la cooperazione con gli stati dell’Asia centrale all’interno dell’Organizzazione degli Stati turchi, esortando a trasformarla in un attore globale, che sarà vantaggioso per tutti i suoi partecipanti.
– Rapporti con l’Iran
Parlando delle relazioni con l’Iran, Aliyev ha affermato che l’Azerbaigian non vuole problemi con nessun paese, in particolare con i suoi vicini.
Tuttavia, quando le videocamere sono state installate sulla strada Lachin-Khankendi, hanno individuato il movimento di camion iraniani verso le regioni del Karabakh, il che è illegale perché l’Iran riconosce la sovranità dell’Azerbaigian sul Karabakh, ha detto.
Il presidente ha detto che l’Azerbaigian si aspetta dall’Iran lo stesso atteggiamento che Türkiye, Arabia Saudita e Pakistan mostrano.
“Questi tre paesi in realtà non avevano relazioni diplomatiche con l’Armenia a causa dell’occupazione. Pertanto, la gente pensava che sarebbe stato naturale che l’Iran fosse tra questi tre paesi e dimostrasse solidarietà”, ha detto.
Un’altra vicenda che mette in ombra i rapporti tra Baku e Teheran è l’uccisione di un impiegato dell’ambasciata azerbaigiana nella capitale iraniana, ha detto Aliyev.
“Per 40 minuti (dell’attacco), non c’erano poliziotti, nessun impiegato del servizio di sicurezza locale, nessuno”, ha sottolineato.
Il presidente ha affermato di aver preso personalmente la decisione di chiudere l’ambasciata azera a Teheran perché per lui la vita e la sicurezza delle persone sono della massima importanza.
Ora le relazioni tra l’Azerbaigian e l’Iran sono al livello più basso ed è molto difficile prevedere se rimarranno a questo livello, si deterioreranno ulteriormente o miglioreranno, ha affermato.
Secondo Aliyev, se Teheran propone la normalizzazione, Baku sarà pronta a fare questo passo solo quando le sue richieste saranno soddisfatte.
“Se no, allora no. Ancora una volta, non è stata una nostra scelta. Ma tutti in Iran, tutti i segmenti dell’establishment, dovrebbero finalmente capire che il linguaggio delle minacce e del terrore non funziona con l’Azerbaigian”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-05 18:56:152023-05-07 18:58:10Il presidente dell’Azerbaigian dice che i colloqui diretti con l’Armenia sono il modo migliore per raggiungere un accordo di pace (Agenparl 05.05.23)
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ieri era il 144mo giorno di blocco dell’Artaskh/Nagorno Karabagh da parte dell’Azerbaijan; non più gli pseudo ambientalisti, ma da qualche giorno un vero e proprio posto di blocco azero. Che filtra gli ingressi nel cosiddetto corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Armenia all’Artsakh. Rilanciamo qui sotto l’articolo pubblicato da Korazym.org, che ringraziamo per la cortesia. Impossibile a questo punto non rilevare il ruolo negativo che in questa crisi è rappresentato dal Primo ministro armeno, Kikol Pashinyan, che in dichiarazioni estremamente controverse sembra aver rafforzato le pretese di Baku sull’Artaskh, da una parte, e dall’altra aver messo in crisi i rapporti con Mosca, la storica protettrice dell’Armenia sin dai tempi del Genocidio. Pashinyan sembra aver dato orecchio alle sirene sorosian-americane, che però non hanno portato a nessun risultato concreto nella crisi; e ha peggiorato la situazione facendo votare la condanna della Russia all’ONU, un inedito storico per l’Armenia. Le prospettive per i 120mila armeni dell’Artsakh non sembrano decisamente rosee, grazie anche al fuoco amico di Yerevan. Buona lettura e diffusione.
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