Quarantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Per l’Azerbajgian è una questione di ambizione, per l’Artsakh di vita o di morte (Korazym 22.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 42° giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’Azerbajgian non accenna a mollare l’assedio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e la situazione è letteralmente, non solo in senso figurato, congelata. «L’Azerbajgian deve rendersi conto che il blocco del Corridoio di Lachin non solo non porterà al risultato desiderato, ma che in realtà porterà a risultati opposti. E secondo me apriranno il corridoio a causa della pressione internazionale» (Tatevik Hayrapetyan).

Baku ha parzialmente aperto l’unico gasdotto che arriva dall’Armenia all’Artsakh, ma a causa della debole pressione, l’approvvigionamento di gas nella Repubblica di Artsakh verrà ripristinato con alcune restrizioni. «Al fine di garantire il funzionamento ininterrotto delle infrastrutture vitali e dei bisogni minimi della popolazione, una quantità limitata del gas fornito sarà disponibile per gli edifici residenziali a Stepanakert, le stazioni di servizio regionali, nonché alcune strutture strategiche», si legge in un comunicato della sede operativa dell’Artsakh.

In pieno inverno, la popolazione armena sta affrontando condizioni sempre più insopportabili, al buio e al freddo, nella carenza di cibo e medicinali, senza gas e carenza cronica di elettricità. Le infrastrutture civili restano nel mirino del regime dittatoriale di Baku. E la comunità internazionale latita, senza alcuna iniziativa reale sul terreno né tentativi seppur effimeri di obbligare Aliyev di mollare la presa. L’unico intervento occidentale rimane a parole, con dichiarazioni di condanna dell’Azerbajgian a raffica. Ma il Corridoio rimane bloccato e l’aeroporto di Stepanakert non vede l’inizio di un indispensabile ponte aereo, né da parte della Federazione Russa, né da parte dell’Unione Europea, né da parte delle Nazioni Unite. I cittadini dell’Artsakh difesi a parole sono pregato di nutrirsi e di curarsi con le parole. E a Davos viene corteggiato Aliyev per il gas che gli manda Putin per venderlo all’Europa a sovrapprezzo.

Nell’agosto 2021 la Repubblica di Artsakh/Karabakh ha emesso un francobollo dedicato al centenario della nascita di Andrei Sakharov (1921-1989), Premio Nobel per la Pace 1975.

«Per l’Azerbajgian la questione del Karabakh è una questione di ambizione, per gli Armeni del Karabakh è una questione di vita o di morte» (Andrei Sakharov, Premio Nobel per la Pace 1975, 1989).

La vergogna dell’Armenia
di Elena Bonner [*]
The New York Review of Books, 11 ottobre 1990

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Da due anni e mezzo la Transcaucasia brucia e sanguina. Sei milioni di Azeri che vivono in un territorio di 86.000 chilometri quadrati, e tre milioni di Armeni in un territorio di 30.000 chilometri quadrati, hanno dimenticato la pace. Perché è successo? I 157.000 Armeni dei 4.000 metri quadrati del Nagorno-Karabakh hanno manifestato la loro volontà: in una risoluzione durante la sessione del 20 febbraio 1988 del Consiglio regionale hanno chiesto il diritto di essere riuniti con la loro gente in Armenia. Da allora chiamiamo questa guerra un “conflitto” o “le azioni di estremisti, banditi” – tutt’altro che guerra. Una guerra dei forti contro i deboli, un conflitto tra diritto e violenza. Il Karabakh è iniziato con la legge, l’Azerbaigian ha risposto con la violenza.

Esattamente una settimana dopo, dopo la perentoria risposta di Mosca alla risoluzione del Consiglio regionale del Karabakh, è iniziato il pogrom contro gli Armeni nella città azerbajgiana di Sumgait, non lontano da Baku, che si è protratto per tre giorni, 26, 27 e 28 febbraio. Gli Armeni contavano sulla giustizia e sulla glasnost. Quello che hanno ottenuto è stato uno spargimento di sangue all’aeroporto di Zvartnots, alla periferia di Yerevan, in Armenia – dove si dice fosse al comando l’ormai famoso generale Makashov – e un fiume di bugie in televisione e sulla stampa.

A suon di questo clamore è nato il movimento azero, forte di un milione di persone, in difesa del “bosco sacro” di Topkhana (antica città del Nagorno-Karabakh in cui gli Armeni hanno costruito una fabbrica di alluminio). Andrei Dmitrievich [Sakharov] e io eravamo stati lì ed eravamo convinti che non fosse mai esistito un boschetto. Ma non lontano, dietro alte palizzate, si ergono le dacie dell’establishment azero. I pogrom contro gli Armeni a Kirovabad e in altre regioni dell’Azerbajgian sono seguiti alle manifestazioni di Baku, così come un’ondata di rifugiati armeni. Alla fine di novembre 1988 gli Armeni non ce la fecero più e iniziarono a espellere gli Azeri dall’Armenia. La nuova disgrazia stabilì un bilancio: 230.000 profughi armeni e altrettanti profughi azeri.

Poi venne il terremoto del dicembre 1988 e lo stress subito da tutti gli Armeni. Un altro mezzo milione di persone è rimasta senza casa. Le truppe furono portate in Armenia, a Yerevan, dove non c’erano mai state violenze. Gli Azeri hanno distrutto il confine tra Azerbajgian e Iran e le armi hanno iniziato a fluire in Azerbajgian. Poi è arrivato il blocco azero del Karabakh e dell’Armenia. Gli aiuti internazionali diretti all’Armenia sono stati saccheggiati. Ci furono sanguinosi attacchi contro gli Armeni a Baku nel gennaio 1990. L’esercito, che si rifiutava ostinatamente di separare le parti contendenti, iniziò la deportazione forzata degli Armeni dal Karabakh, con il pretesto che non poteva proteggerli. Le unità di autodifesa armena sono state formate in risposta a centinaia di aggressioni, in cui i tubi dell’acqua sono stati conficcati nelle vagine di donne e ragazze e in cui le persone sono state avvolte in tappeti, cosparse di benzina e date alle fiamme. Avendo perso la speranza di ricevere aiuto e protezione da chiunque, gli Armeni ora fanno affidamento solo su se stessi e su una battaglia onesta, in cui ci saranno vittime ma non vittime sottomesse. Si può offrire loro qualcos’altro?

[*] Moglie di Andrei Sacharov.

Tatevik Hayrapetyan.

Tutto ciò che accade oggi ad Artsakh è la continuazione di ciò che è accaduto a Baku e a Sumgait oltre 30 anni fa
di Anna Grigorian
Armenpress, 20 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

La situazione attuale nel Corridoio di Lachin è direttamente collegata a ciò che è accaduto oltre 30 anni fa a Baku e a Sumgait. I metodi dell’Azerbajgian possono cambiare di volta in volta ma il loro obiettivo finale è lo stesso: sbarazzarsi degli Armeni. Quindi, come obiettivo principale, gli Armeni deve mostrare e sensibilizzare il mondo intero sulla continuità della politica dell’Azerbajgian, ha detto ad Armenpress l’esperto di studi azeri ed ex legislatore Tatevik Hayrapetyan.

“In questi giorni ricordiamo il 33° anniversario del pogrom di Baku, e a febbraio ricorderemo il 35° anniversario del pogrom di Sumgait. Il Parlamento Europeo ha ben note risoluzioni e dichiarazioni riguardanti questi eventi, nel 1990, 1991 e 1992. Si tratta di dichiarazioni piuttosto importanti. Commemorare e presentare adeguatamente questi eventi è un’importante azione preventiva.

Tutto ciò che sta accadendo oggi in Artsakh è in una certa misura la sua continuazione. I metodi possono cambiare di volta in volta o adattarsi alla situazione, ma l’obiettivo finale è lo stesso, sbarazzarsi degli armeni. E la parte azera non lo nasconde. Pertanto, il nostro obiettivo principale deve essere quello di mostrare la continuità della politica di quella firma”, ha affermato Hayrapetyan.

La parte azera, come sempre, continua a negare quanto accaduto agli Armeni 33 e 35 anni fa. Hayrapetyan ha affermato che sullo sfondo dell’Azerbajgian che parla degli Azeri che hanno lasciato l’Armenia e presenta cifre, la parte armena ha anche un enorme database di fatti riguardo a tutto questo. “Non abbiamo bisogno di falsificare nulla. Dobbiamo essere in grado di presentare tutto chiaramente e mantenerlo all’ordine del giorno. Se non menzioniamo questi problemi, non registriamo, perdiamo l’opportunità di rivisitare il problema in seguito “, ha detto.

Parlando delle aspirazioni territoriali del Presidente azero, Ilham Aliyev, contro l’Armenia, Hayrapetyan ha affermato che questa è la continuazione della politica dell’Azerbajgian di falsificazione della storia. L’Azerbajgian sta formulando aspirazioni contro l’intera Repubblica di Armenia, sta facendo circolare un racconto sugli Azeri che hanno lasciato l’Armenia, e indica l’attuale territorio dell’Armenia falsamente come “Azerbajgian occidentale”. “Ciò significa che stanno facendo richieste territoriali contro l’intero territorio dell’Armenia. Cos’è questa se non la loro disponibilità a ricorrere a un’eventuale aggressione? E cosa può fare la parte armena – per comunicare accuratamente tutto questo alla comunità internazionale, per dimostrare che il problema non è solo il Nagorno-Karabakh. Il Nagorno-Karabakh è semplicemente un metodo per l’Azerbajgian per continuare le sue azioni in futuro contro il territorio dell’Armenia”, ha detto Hayrapetyan.

Hayrapetyan ha attribuito importanza alla risoluzione del Parlamento Europeo adottata di recente in merito al blocco del Corridoio di Lachin. Ha detto che la risoluzione è molto mirata e chiara. L’ex deputato ha affermato che la risoluzione è molto importante e che il lavoro deve essere continuato. “Il lavoro in questa direzione deve continuare finché la pressione internazionale contro l’Azerbaigian raggiunge un punto in cui l’Azerbajgian capirà che non può più resistere, ci saranno sanzioni, ci sarà un ponte aereo umanitario e non sarà in grado di fare qualcosa. L’Azerbajgian deve rendersi conto che il blocco del Corridoio di Lachin non solo non porterà al risultato desiderato, ma che in realtà porterà a risultati opposti. E secondo me apriranno il corridoio a causa della pressione internazionale”, ha detto Hayrapetyan.

Per gli Armeni del Karabakh è una questione di vita o di morte
di Tigran Mkrtchyan, Ambasciatore di Armenia in Lettonia
Civilnet, 30 settembre 2020

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

«Vedi che il destino sta spingendo la Turchia da ovest a est. Abbiamo lasciato i Balcani, stiamo lasciando anche l’Africa, ma dobbiamo allargarci ad est, dove sono il nostro sangue, la nostra vita e la nostra lingua. Questa è gravità spontanea, i nostri fratelli sono a Baku, Daghestan, Turkestan e Azerbajgian. Abbiamo bisogno di una strada per arrivarci, e voi Armeni ci state ostacolando» (Halil Bey, Ministro degli Esteri dell’Impero Ottomano, maggio 1918, Batumi).

Questa proclamazione del 1918 spiega chiaramente perché gli Armeni furono brutalmente annientati nella loro patria storica nel 1915, perché massacri su scala minore ebbero luogo prima e dopo, perché la Turchia attaccò la neonata Repubblica di Armenia nel 1920 e insieme ai bolscevichi pose fine a la nostra indipendenza un secolo fa. La logica che esprime spiega anche perché l’attuale leader autoritario della Turchia, insieme al dittatore dell’Azerbajgian, sta attualmente facendo tutto ciò che è in suo potere contro l’Armenia. Il conflitto del Karabakh è ed è stato utilizzato dalla Turchia per fare pressione quanto più possibile sull’Armenia.

I media occidentali spesso si impegnano in un’inutile discussione sugli istigatori di questa guerra attuale. La conoscenza del contesto e la logica semplice non lasciano spazio a dubbi. La Repubblica di Artsakh così come la Repubblica di Armenia non avessero alcun movente, nessun obiettivo militare o politico che potesse indurle a iniziare un conflitto contro un Paese il cui bilancio militare è grande quanto l’intero bilancio dell’Armenia. Gli esperti che si occupano della nostra regione conoscono abbastanza bene questa semplice verità.

Per anni l’Azerbajgian ha costantemente violato gli accordi trilaterali del 1994-1995 sull’istituzione del regime di cessate il fuoco, che non ha scadenza. L’Azerbajgian ha anche costantemente respinto le proposte della Co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE che introdurrebbero meccanismi di indagine per le violazioni del cessate il fuoco e rafforzerebbero il monitoraggio del cessate il fuoco, mantenendo così la sua capacità di usare la forza e di istigare un “gioco della colpa”.

Dopo l’aggressione del luglio 2020 contro l’Armenia, si è parlato nuovamente dell’installazione di meccanismi di violazione del cessate il fuoco sulla linea di contatto con il Nagorno-Karabakh e sui confini tra Armenia e Azerbajgian, che ancora una volta sono caduti nel vuoto a Baku. Il fatto che il 25 settembre l’Azerbajgian abbia respinto la richiesta del Rappresentante personale del Presidente in esercizio dell’OSCE di monitorare la linea di contatto ne è un esempio. Rivela chiaramente l’obiettivo principale dell’Azerbajgian: coprire i suoi piani per scatenare una guerra.

Giustificando l’aggressione, il leader dell’Azerbajgian nel suo discorso alla nazione ha sottolineato che “stiamo combattendo sulla nostra terra. Oggi, l’esercito dell’Azerbajgian sta infliggendo colpi devastanti al nemico sul nostro suolo”. Questa giustificazione mi ha ricordato un incidente interessante accaduto alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco nel febbraio 2015. Dopo che il Presidente dell’Azerbajgian aveva accusato gli Armeni di tutti i possibili peccati del mondo, ho provato a fare una domanda, cosa che alla fine sono riuscito a fare afferrando il microfono all’ultimo minuto e di fronte a lui direttamente. La mia domanda ricordava che i Co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE avevano “invitato l’Azerbajgian a rispettare i suoi impegni per la soluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh”. Ho anche detto che i “giochi di colpa” non hanno affrontato la questione più importante: la risoluzione di un conflitto inizia quando le pistole smettono di sparare. Allora gli ho fatto appello dicendo: “Smettila di sparare!” Ha irritato il leader azero e lui ha risposto usando le stesse identiche parole che ha detto qualche giorno fa, vale a dire: sul suolo azero, i soldati azeri possono sparare quanto vogliono e in qualunque direzione desiderino.

È proprio questa percezione (in questo caso – percezione errata) che ha assicurato che l’Azerbajgian perdesse il Karabakh, che gli era stato annesso da Stalin nel 1921. Uccidendo gli Armeni “sul suolo azero” (a Sumgait e Baku), non solo ha assicurato che gli Armeni del Karabakh si difendono e intraprendono il ripristino della giustizia, ha perso l’argomento morale sul diritto dell’Azerbajgian a controllare il Karabakh. Scatenando una guerra contro gli Armeni del Karabakh e usando il bombardamento indiscriminato di aree residenziali nel 1991, l’Azerbajgian ha perso il Karabakh, in realtà non l’ha mai avuto, dal momento che il Karabakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente. Lo stesso si può dire della guerra dell’aprile 2016, le cui prime immagini mostravano i corpi orrendamente mutilati di anziani armeni a Talysh e di soldati decapitati. Lo stesso vale per l’attacco del luglio 2020 ai confini nord-orientali dell’Armenia, quando sono state prese di mira le infrastrutture civili, in palese violazione del diritto internazionale umanitario. Lo stesso vale per questo attuale attacco, durante il quale i bambini sono costretti a nascondersi nelle cantine di tutta Stepanakert, proprio come lo erano nel 1991-94.

Ricordo che due secoli fa nella sua critica al governo britannico che cercava di schiacciare il diritto all’autodeterminazione delle colonie americane, il pensatore politico Edmund Burke disse notoriamente: “Una nazione che deve essere perennemente conquistata non è governata”. È solo quando terremo a mente ciò che ha detto che saremo più vicini a stabilire la pace nell’Artsakh e una soluzione nel migliore interesse delle persone che vivono in quella regione da diversi millenni.

Gli attori esterni possono svolgere un ruolo sia positivo che negativo. La presenza e l’incoraggiamento militare turco è l’aspetto più preoccupante di questa guerra. Ancora una volta, alcuni degli analisti occidentali tentano di equiparare i ruoli turco e russo in questa situazione, una tattica che è artificiale nella migliore delle ipotesi e fuorviante nella peggiore. La Russia è un Co-Presidente del Gruppo di Minsk dell’OSCE, ha legami molto stretti con Yerevan e Baku e ha agito da mediatore. La Turchia non ha relazioni diplomatiche con l’Armenia, tiene chiusi i confini con l’Armenia e sostiene senza tentamenti l’Azerbajgian in tutti i modi possibili. Inoltre, dopo le massicce esercitazioni militari congiunte della Turchia con l’Azerbajgian in agosto, ha lasciato parte del suo equipaggiamento militare e del suo personale in Azerbajgian. Ora gli esperti militari turchi stanno presumibilmente combattendo al fianco degli Azeri, che stanno usando quelle armi turche tra cui droni e aerei da guerra. Secondo fonti attendibili, la Turchia sta reclutando e trasportando combattenti terroristi stranieri in Azerbajgian. Nel frattempo, la Turchia, membro della NATO, fornisce pieno sostegno politico e propagandistico all’Azerbajgian al più alto livello della sua leadership.

La situazione sul campo indica chiaramente che il popolo dell’Artsakh sta combattendo contro l’alleanza turco-azera. La Turchia, degna erede dell’Impero Ottomano che un secolo fa ha fatto di tutto per annientare il popolo armeno nella sua patria storica e giustifica ancora oggi che la criminalità sostiene ora l’Azerbaigian in tutti i modi possibili nel suo tentativo di compiere gli stessi atti di genocidio nel Caucaso meridionale. Questa alleanza genocida turco-azera rappresenta una seria minaccia per i popoli della regione.

Proprio per questo abbiamo bisogno di dichiarazioni e azioni più mirate. Gli appelli a “entrambe le parti” o a “tutte le parti” affinché cessino le ostilità non sono utili. Con aggressori ben visibili sul terreno, tali appelli diminuiscono la responsabilità dell’aggressore e incriminano la vittima. Più e più volte abbiamo assistito ai risultati di tali equazioni fallaci nella storia. Devono essere avviati regimi di sanzioni contro gli istigatori di guerre. La guerra deve essere fermata immediatamente, poiché ogni ora muoiono giovani. L’Artsakh e l’Armenia stanno proteggendo la loro patria. Mercenari e soldati stranieri in Azerbajgian stanno combattendo per le malsane ambizioni dei dittatori di Ankara e Baku!

Come disse il grande difensore dei diritti umani Andrei Sakharov nel novembre 1989: “Per l’Azerbajgian, la questione del Karabakh è una questione di ambizione, per gli Armeni del Karabakh è una questione di vita o di morte”.

Jordi Solé.

Dopo più di 30 anni di stallo, è ora di prendere misure concrete e risolvere la questione del Nagorno-Karabakh, riconoscendo l’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. «È tempo di raggiungere un accordo di pace globale che garantisca i diritti e la sicurezza della popolazione armena del Nagorno-Karabakh e stabilisca il suo status, tenendo conto della volontà del suo popolo. L’Unione Europea dovrebbe intensificare il suo coinvolgimento per raggiungere un tale accordo definitivo» (Jordi Solé – Europarlamentare della Sinistra Repubblicana di Catalogna/ Verdi-Alleanza Libera Europea, 21 gennaio 2023).

Un post su Twitter in turco: «Azerbaycan tarafından ulaşım koridoru kesilen Artsakh (Karabağ) abluka altında. Onbinlerce insan büyük bir insani felaketle karşı karşıya…» [Artsakh (Karabakh), il cui corridoio di trasporto è stato tagliato dall’Azerbajgian, è sotto assedio. Decine di migliaia di persone stanno affrontando una grande catastrofe umanitaria].

I militari del contingente di mantenimento della pace russo, insieme all’organizzazione caritativa internazionale armena Hayer Miatsek, hanno distribuito pacchi alimentari ai bambini di Stepanakert.

Il tennista russo-armeno Karen Khachanov, dopo aver sconfitto l’americano Francis Tiafoe ed essere arrivato agli ottavi di finale del 111° Australian Open di tennis al Melbourne Park (16 gennaio e il 29 gennaio 2023), ha scritto sulla telecamera “Artsakh Stay Strong” (Artsakh resta forte).

La dittatura dell’Azerbaigian, mentre tenta di far morire di fame 120.000 Armeni in Artsakh, prova di mettere a tacere chiunque parli contro il loro genocida #ArtsakhBlockade, hanno chiesto alla Federazione Internazionale Tennis di censurare Karen Khachanov.

In risposta, quando è arrivato ai quarti di finale dell’Australian Open di tennis, ha scritto ancora una volta un messaggio di solidarietà con l’Artsakh sulla telecamera di Channel 9: “Keep believing all the way until the end!! Artsakh stay strong!!!” (Continua a crederci fino alla fine!! Artsakh sii forte!!!).

La resilienza armena è millenaria. Non è possibile mettere a tacere la voce degli Armeni.

Le bandiere dell’Artsakh e dell’Armenia agli Australian Open di tennis: durante la partita di Karen Khachanov con Yoshihito Nishioka, la comunità armena-australiana di Melbourne si è unita a lui per richiamare l’attenzione sugli oltre 40 giorni di #ArtsakhBlockade.

«L’Azerbajgian si è confuso nella sua retorica sul Corridoio di Lachin», ha detto il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan in un’intervista all’agenzia Armenpress. «L’Azerbajgian insiste spesso che il Corridoio non è chiuso, poi dice che il Corridoio è chiuso per motivi ambientali, e quando è stato annunciato che la miniera aveva smesso di funzionare, le persone che si spacciavano per attivisti ambientali hanno chiesto l’ispezione dei veicoli della Croce Rossa e dei rifornimenti umanitari passando per il corridoio. Poi, hanno fatto irruzione in un autobus scortato dalle forze di mantenimento della pace russe, che trasportava minori che tornavano in Nagorno-Karabakh e li hanno terrorizzato. Ora queste azioni sono giustificate dal trasporto fittizio di mine», ha detto Mirzoyan. Ha ribadito che la Repubblica d’Armenia ha posato mine solo sul territorio sovrano della Repubblica di Armenia e lo ha fatto esclusivamente a scopo di autodifesa, in quanto è stata oggetto di aggressione militare da parte dell’Azerbajgian, a maggio e novembre 2021, e settembre 2022. Ha osservato che al momento rimane elevato il pericolo di una nuova aggressione militare contro il territorio sovrano della Repubblica di Armenia da parte dell’Azerbajgian. «Le mine che la parte azera espone a fini propagandistici e sostiene che siano state prodotte nel 2021 e che siano state recentemente trasportate dall’Armenia al Nagorno-Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin, sono infatti finite in Azerbajgian a seguito delle aggressioni azere del 2021-2022 al territorio dell’Armenia», ha affermato Mirzoyan.

L’Armenia ha chiesto al Consiglio Europeo di costringere l’Azerbajgian a conformarsi alle decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in merito al blocco del Corridoio di Lachin. L’Ambasciatore Arman Khachatryan, Rappresentante permanente della Repubblica di Armenia ha annunciato durante la riunione del Comitato dei Ministri, che il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian porta gravi conseguenze umanitarie per l’Artsakh. «L’Armenia invita il Comitato dei Ministri a compiere passi decisivi per garantire l’adempimento delle misure temporanee della CEDU da parte dell’Azerbajgian», si legge nella dichiarazione della Rappresentanza dell’Armenia al Consiglio Europeo pubblicata su Twitter. Il 14 dicembre scorso, l’Armenia ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, chiedendo l’applicazione di misure provvisorie nei confronti dell’Azerbajgian e obbligando quest’ultimo a sbloccare il Corridoio di Lachin. Il 21 dicembre, la Corte Europea ha deciso, sulla base dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di obbligare l’Azerbajgian a prendere tutte le misure necessarie e sufficienti per garantire il movimento di persone gravemente malate bisognose di cure mediche in Armenia attraverso il Corridoio di Lachin, così come coloro che sono rimasti bloccati o bisognosi di mezzi di sussistenza lungo la strada. Quindi, il 16 gennaio, la CEDU ha inviato un avviso urgente al Comitato dei Ministri del Consiglio Europeo per monitorare l’attuazione da parte dell’Azerbajgian della sua decisione del 21 dicembre 2022 di sbloccare il Corridoio di Lachin.

Armenia, 30 mila bambini senza luce, al freddo e con cibi razionati: la devastante crisi in Nagorno-Karabakh per il blocco azero
di Franca Giansoldati
Il Messaggero, 22 gennaio 2023

Scarseggiano i cibi freschi, così come i medicinali per i pazienti dializzati, non c’è elettricità nelle case ormai prive di riscaldamento con temperature che di questa stagione, sul Caucaso, sfiorano i meno 10 gradi. Nel silenzio generale sono letteralmente tagliati fuori dal resto del mondo da più di un mese gli abitanti del Nagorno-Karabakh, l’enclave a maggioranza armena – di fede cristiana – che si è dichiarata indipendente dall’Azerbajgian nel settembre 1991. In tutto 120 mila persone di cui 30 mila bambini. Le immagini che arrivano quotidianamente mostrano ragazzini stremati e imbacuccati che in casa, a lume di candela, fanno i compiti, mangiano quel poco che hanno, o giocano a scacchi perché videogames o altri giochi elettronici non possono più usarli. Genitori che fanno fine interminabili per ricevere le razioni, anziani disperati che cercano di sopravvivere in pieno inverno in condizioni precarie. Molti di loro sono separati dalle loro famiglie che si trovano in Armenia e che non possono raggiungere da quando l’Azerbaigian ha tagliato il passaggio dell’unica arteria che collega il Nagorno-Karabakh con la nazione armena: il famoso Corridoio di Lachin.

Ieri l’altro c’è stata anche una Risoluzione del Parlamento europeo che ha condannato le devastanti condizioni umanitarie del blocco, chiedendo la riapertura del Corridoio di Lachin. Anche Papa Francesco è intervenuto durante un Angelus il mese scorso. Ma con la guerra in Ucraina nel cuore dell’Europa che sta catturando l’attenzione dei media internazionali, questa emergenza gravida di conseguenze finisce per essere quasi accantonata o assorbita da altri scenari di crisi.

È dal 12 dicembre che l’incubo peggiore per gli abitanti armeni del Nagorno-Karabakh si è materializzato quando un gruppo di militanti azeri inviati da Baku hanno impedito il traffico sull’unica strada, chiedendo l’accesso a quelli che descrivono come “siti minerari illegali” nelle zone del Nagorno-Karabakh controllate dagli Armeni. Un pretesto, secondo l’Europa. Forte del successo militare nella guerra dell’autunno 2020, l’Azerbajgian intende esercitare il controllo sull’intera regione, compreso il Nagorno-Karabakh, e non prevede alcuno status speciale per la provincia. «È una situazione che si sta facendo di ora in ora sempre più insopportabile e questa gente è stremata. Ci sono anziani malati che hanno necessità di cure ormai introvabili», denuncia al Messaggero la scrittrice Antonia Arslan. Di fatto lungo il Corridoio di Lachin, il blocco è pressoché totale fatta eccezione per rari veicoli della Croce Rossa che trasportano medicinali e pazienti in gravissime condizioni. Le merci vengono talvolta trasportate anche dalle forze di pace russe ma è chiaro che i rifornimenti sono assolutamente insufficienti, al punto che le autorità della provincia separatista hanno dovuto introdurre un sistema di buoni per razionare i beni di prima necessità oltre che limitare i prelievi dei contanti ai bancomat e i rifornimenti di benzina. Il già debole sistema produttivo è paralizzato.

Che la situazione stia precipitando è sotto gli occhi di tutti. Basta solo dare uno sguardo a quello che si vede sui social. Mancano cibo, frutta e verdura. Non c’è più gasolio, quindi non c’è più agricoltura. Il 13 dicembre il gas è stato tolto, poi però è stato rimesso, ma potrebbe essere tolto di nuovo. «Abbiamo tagli all’elettricità», ha spiegato Grant Safarian, responsabile dell’agricoltura durante una delle ultime videoconferenze organizzata giovedì 12 gennaio da Stepanakert, la capitale.

Ruben Vardanian, ex banchiere russo nato a Yerevan e attualmente a capo del governo del Nagorno-Karabakh, ha lanciato un appello tramite il quotidiano Le Monde, affermando che un ponte aereo, «come quello creato per contrastare il blocco di Berlino Ovest» da parte dei sovietici tra il 1948 e il 1949, dovrebbe essere creato con l’aiuto della comunità internazionale.

Dopo una prima guerra, durante il crollo dell’URSS, per il controllo del Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian e l’Armenia si sono scontrati nuovamente nell’autunno del 2020. Il conflitto si è concluso con una sconfitta per Erevan, che è stata costretta a cedere il territorio a Baku, compresa una parte della provincia separatista. Da allora, nonostante l’accordo per un cessate il fuoco firmato sotto lo sguardo della Russia (alleata dell’Armenia), le braci del conflitto non si sono mai spente. Nel settembre 2022, gli scontri al confine tra i due Paesi hanno causato 286 morti.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armenia, 30 mila bambini senza luce, al freddo e con cibi razionati: la devastante crisi in Nagorno-Karabakh per il blocco azero (Il Messaggero 22.01.23)

Scarseggiano i cibi freschi, così come i medicinali per i pazienti dializzati, non c’è elettricità nelle case ormai prive di riscaldamento con temperature che di questa stagione, sul Caucaso, sfiorano i meno 10 gradi. Nel silenzio generale sono letteralmente tagliati fuori dal resto del mondo da più di un mese gli abitanti del Nagorno-Karabakh, l’enclave a maggioranza armena – di fede cristiana – che si è dichiarata indipendente dall’Azerbaigian nel settembre 1991. In tutto 120 mila persone di cui 30 mila bambini. Le immagini che arrivano quotidianamente mostrano ragazzini stremati e imbacuccati che in casa, a lume di candela, fanno i compiti, mangiano quel poco che hanno, o giocano a scacchi perchè videogames o altri giochi elettronici non possono più usarli. Genitori che fanno fine interminabili per ricevere le razioni, anziani disperati che cercano di sopravvivere in pieno inverno in condizioni precarie. Molti di loro sono separati dalle loro famiglie che si trovano in Armenia e che non possono raggiungere da quando l’Azerbaigian ha tagliato il passaggio dell’unica arteria che collega il Nagorno-Karabakh con la nazione armena: il famoso corridoio di Lachin.

Sos internazionale per il rischio di una crisi umanitaria nel Caucaso, «120 mila armeni in pericolo»

Ieri l’altro c’è stata anche una Risoluzione del Parlamento europeo che ha condannato le devastanti condizioni umanitarie del blocco, chiedendo la riapertura del corridoio di Lachin. Anche Papa Francesco è intervenuto durante un Angelus il mese scorso. Ma con la  guerra in Ucraina nel cuore dell’Europa che sta catturando l’attenzione dei media internazionali, questa emergenza gravida di conseguenze finisce per essere quasi accantonata o assorbita da altri scenari di crisi.

AZERBAJAN

 

E’ dal 12 dicembre che l’incubo peggiore per gli abitanti armeni del Nagorno-Karabakh si è materializzato quando un gruppo di militanti azeri inviati da Baku hanno impedito il traffico sull’unica strada, chiedendo l’accesso a quelli che descrivono come “siti minerari illegali” nelle zone del Nagorno-Karabakh controllate dagli armeni. Un pretesto, secondo l’Europa. Forte del successo militare nella guerra dell’autunno 2020, l’Azerbaigian intende esercitare il controllo sull’intera regione, compreso il Nagorno-Karabakh, e non prevede alcuno status speciale per la provincia. «E’ una situazione che si sta fecendo di ora in ora sempre più insopportabile e questa gente è stremata. Ci sono anziani malati che hanno necessità di cure ormai introvabili» denuncia al Messaggero la scrittrice Antonia Arslan. Di fatto lungo il corridoio di Lachin, il blocco è pressoché totale fatta eccezione per rari veicoli della Croce Rossa che trasportano medicinali e pazienti in gravissime condizioni. Le merci vengono talvolta trasportate anche dalle forze di pace russe ma è chiaro che i rifornimenti sono assolutamente insufficienti, al punto che le autorità della provincia separatista hanno dovuto introdurre un sistema di buoni per razionare i beni di prima necessità oltre che limitare i prelievi dei contanti ai bancomat e i rifornimenti di benzina. Il già debole sistema produttivo è paralizzato.

Che la situazione stia precipitando è sotto gli occhi di tutti. Basta solo dare uno sguardo a quello che si vede sui social. Mancano cibo, frutta e verdura. Non c’è più gasolio, quindi non c’è più agricoltura. Il 13 dicembre il gas è stato tolto, poi però è stato rimesso, ma potrebbe essere tolto di nuovo. «Abbiamo tagli all’elettricità», ha spiegato Grant Safarian, responsabile dell’agricoltura durante una delle ultime videoconferenze organizzata giovedì 12 gennaio da Stepanakert, la capitale.

Ruben Vardanian, ex banchiere russo nato a Yerevan e attualmente a capo del governo del Nagorno-Karabakh, ha lanciato un appello tramite il quotidiano Le Monde, affermando che un ponte aereo,«come quello creato per contrastare il blocco di Berlino Ovest» da parte dei sovietici tra il 1948 e il 1949, dovrebbe essere creato con l’aiuto della comunità internazionale.

RUSSIA

Dopo una prima guerra, durante il crollo dell’URSS, per il controllo del Nagorno-Karabakh, l’Azerbaigian e l’Armenia si sono scontrati nuovamente nell’autunno del 2020. Il conflitto si è concluso con una sconfitta per Erevan, che è stata costretta a cedere il territorio a Baku, compresa una parte della provincia separatista. Da allora, nonostante l’accordo per un cessate il fuoco firmato sotto lo sguardo della Russia (alleata dell’Armenia), le braci del conflitto non si sono mai spente. Nel settembre 2022, gli scontri al confine tra i due Paesi hanno causato 286 morti.

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NAGORNO KHARABAK. Battaglia verbale tra Baku e Erevan sul corridoio di Lachin (AGC 22.01.23)

Baku ha parzialmente aperto l’unico gasdotto che arriva all’Artsakh, cioè il Nagorno Kharabak dell’Armenia, ma a causa della debole pressione, l’approvvigionamento di gas nella repubblica verrà ripristinato con alcune restrizioni. «Al fine di garantire il funzionamento ininterrotto delle infrastrutture vitali e dei bisogni minimi della popolazione, una quantità limitata del gas fornito sarà disponibile per gli edifici residenziali a Stepanakert, le stazioni di servizio regionali, nonché alcune strutture strategiche», si legge in un comunicato della sede operativa dell’Artsakh .

«L’Azerbaigian si è è confuso nella sua retorica sul corridoio Lachin» ha riferito il ministro per gli Affari esteri azero, Ararat Mirzoyan in un’intervista all’agenzia Armenpress. «L’Azerbaigian insiste spesso che il corridoio non è chiuso, poi dice che il corridoio è chiuso per motivi ambientali, e quando è stato annunciato che questa miniera aveva smesso di funzionare, le persone che si spacciavano per attivisti ambientali hanno chiesto l’ispezione dei veicoli della Croce Rossa e dei rifornimenti umanitari, passando per il corridoio, poi, accompagnati dalle forze di pace russe, hanno fatto irruzione in un’auto che trasportava bambini che tornavano in Nagorno-Karabakh e hanno terrorizzato i bambini. Ora queste azioni sono giustificate dal trasferimento fittizio di mine», ha detto Mirzoyan.

Il capo del ministero degli Esteri armeno ha ribadito che la Repubblica d’Armenia ha svolto attività minerarie solo sul territorio sovrano della Repubblica d’Armenia e lo ha fatto esclusivamente a scopo di autodifesa, in quanto è stata oggetto di aggressione militare da parte dell’Azerbaigian a maggio e Novembre 2021 e settembre 2022. Ha osservato che al momento rimane elevato il pericolo di una nuova aggressione militare contro il territorio sovrano della Repubblica di Armenia.

«Le mine che la parte azera espone a fini propagandistici e sostiene che siano state prodotte nel 2021 e che siano state recentemente trasportate dall’Armenia al Nagorno-Karabakh attraverso il corridoio di Lachin, sono infatti finite in Azerbaigian a seguito delle aggressioni del 2021-2022 dal territorio dell’Armenia», ha detto Mirzoyan.

Nel frattempo le farmacie restano senza farmaci, mancano quelli pediatrici e la popolazione vive al freddo.

Maddalena Ingrao

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“Noi e gli armeni”, se ne discute presso la Biblioteca Ricchetti a Bari (Bariseranews 22.01.23)

Si terrà l’incontro dal titolo “Gli Armeni e la Memoria”. In questo periodo di “Memoria”, si parlerà del Genocidio subito dal popolo armeno, del Khachkar, simbolo della presenza armena nella città di Bari, eretto 10 anni fa presso i giardini dell’autorità portuale sul piazzale Cristoforo Colombo.

Della Commemorazione della nascita e della morte , avvenute nel mese di gennaio del poeta armeno-barese Hrand Nazariantz e il villaggio “Nor Arax”.

Saluti di Paola Romano (assessora alle Politiche giovanili e Pubblica Istruzione città di Bari)

Rupen Timurian (Associazione Armeni Apulia)

L’iniziativa è realizzata dall’Associazione Armeni Apulia, interverranno:

prof. Kegham Jamil Boloyan (Università del Salento e Bari)

prof.ssa Angela Maria Rutigliano (docente)

prof. Carlo Coppola (docente)

M. Siranush Quaranta ( dott. in Comunicazione)

Piero Fabris (poeta e scrittore)

Interventi musicali

Tiziano Portoghese (mezzosoprano)

In Armenia la politica di sicurezza delegata alla Russia non è più un tabù (e l’Ue può approfittarne) (L’inkiesta 21.01.23)

Bruxelles potrebbe subentrare a Mosca come mediatrice sul Nagorno-Karabakh. Yerevan ha rifiutato di ospitare le esercitazioni militari dell’Organizzazione per il Trattato della Sicurezza Collettiva di Putin, ma ha ancora profondi legami economici ed energetici con il Cremlino

Il presidente russo Putin con i premier di Armenia e Azerbaigian
Associated Press/LaPresse

L’Armenia non ospiterà le esercitazioni militari dell’Organizzazione per il Trattato della Sicurezza Collettiva, un’organizzazione internazionale equivalente all’Alleanza Atlantica ma guidata dalla Russia, che avrebbero dovuto svolgersi sul suo territorio nel 2023. Il primo ministro armeno Nikol Pashinian ha annunciato di essersi rifiutato di approvare l’addestramento in segno di protesta contro l’atteggiamento mostrato dalla Russia nel Caucaso.

Mosca, secondo Pashinian, «si è voltata dall’altra parte» nei confronti delle provocazioni dell’Azerbaigian nella regione del Nagorno-Karabakh, rivendicata dall’Armenia e oggetto di un conflitto militare tra Yerevan e Baku. Pashinian ha criticato l’organizzazione militare per «non aver condannato le azioni dell’Azerbaigian» e la Russia «per aver smesso di agire come garante della sicurezza dell’Armenia».

L’alleanza tra l’Armenia e la Russia ha radici storiche profonde ed è legata alla precaria posizione geopolitica della nazione caucasica. Il genocidio degli armeni commesso nell’Impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale e la successiva, forte ostilità mostrata da Ankara hanno spinto Yerevan a cercare la protezione della Russia per evitare di essere annessa dalla Turchia.

L’Armenia è stata costretta, insieme alle altre nazioni del Caucaso, a entrare nell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Venti e ci è rimasta fino al suo collasso nel 1991. In seguito, ha firmato un accordo di difesa bilaterale con la Russia, è entrata a far parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva e ha deciso di ospitare basi militari russe, facendo affidamento sui soldati di Mosca per la protezione dei suoi confini nei confronti della Turchia e dell’alleato Azerbaigian.

La sconfitta nella guerra del Nagorno-Karabakh contro l’Azerbaigian, avvenuta nel 2020, ha provocato un deciso raffreddamento nei rapporti tra Armenia e Russia. Il disinteresse mostrato da Mosca nel risolvere la controversia in favore di Yerevan ha spinto l’élite armena a mettere in dubbio la politica di sicurezza legata alla Russia.

Il presidente del Parlamento Alen Simonyan e il presidente del Consiglio di Sicurezza Armen Grigoryan hanno evidenziato come l’Organizzazione per il Trattato della Sicurezza Collettiva non abbia soddisfatto le aspettative armene, mentre i sondaggi hanno fotografato una crescita del sentimento popolare antirusso. La Russia, secondo una rilevazione del 2021, era vista come una nazione amica solamente dal trentacinque per cento degli armeni. Una percentuale in drastico calo rispetto al sessantaquattro per cento riscontrato negli anni precedenti.

Nel novembre 2022 il primo ministro Pashinyan ha rifiutato di firmare una dichiarazione comune, concordata dagli altri Stati membri dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva durante un summit a Yerevan, per l’assenza di una condanna nei confronti dell’aggressione dell’Azerbaigian. Lo sgarbo di Pashinyan ha dato vita ad una rottura all’interno dell’Organizzazione che, di solito, non ha difficoltà ad adottare posizioni comuni.

La mossa del primo ministro ha spinto il presidente russo Vladimir Putin a fissare un bilaterale per provare a ricucire lo strappo. Putin, come riportato dall’agenzia turca Anadolou, ha ricordato che è difficile raggiungere un accordo su tutte le questioni», ma anche che la costante crescita dei rapporti commerciali bilaterali tra Armenia e Russia (più sessantasette per cento nel 2022) indicano che l’alleanza tra i due Paesi è salda.

Nel 2013 l’Armenia aveva annunciato l’ingresso nell’Unione Economica Euroasiatica, un’organizzazione di cooperazione politica ed economica guidata dalla Russia e di cui fanno parte anche Bielorussia, Kirghizistan e Kazakistan, scegliendo di non dare seguito all’accordo di libero scambio già negoziato con l’Unione europea.

Bruxelles aveva dichiarato, in più occasioni, che l’appartenenza all’Unione Economica Euroasiatica «non è compatibile» con un accordo di libero scambio. L’ingresso nell’organizzazione filorussa aveva fatto decadere anche un potenziale accordo di associazione con l’Ue, a cui le parti avevano lavorato, visto come primo passo per una futura integrazione politica nel blocco comunitario.

A partire dal dicembre 2021 l’Unione europea ha assunto iniziative di mediazione tra Armenia e Azerbaigian ed è riuscita a portare i leader dei due Paesi al tavolo negoziale durante l’Eastern Partnership summit. Secondo alcuni osservatori Bruxelles potrebbe subentrare a Mosca, distratta dalla guerra in Ucraina, come mediatrice tra le parti e questo passaggio sarebbe sottolineato dal ruolo giocato da Bruxelles.

Si tratterebbe di un passo in avanti dato che alcuni ritengono che la Russia stia manipolando il conflitto regionale e non sia interessata a una risoluzione. Il compito dell’Unione europea è complesso perché, a differenza della Russia, non ha acceso alla regione e perché Mosca ha sabotato con successo ogni iniziativa comunitaria in grado di minarne l’influenza e il prestigio in loco.

Eleonora Tafuro, analista dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) ed esperta della regione del Caucaso, spiega a Linkiesta che «la presenza di dissapori tra Armenia e Russia non implica che Yerevan potrà sganciarsi, nel breve periodo dall’orbita di Mosca a causa di una dipendenza economica ed energetica molto profonda», ma che, in ogni caso, «la situazione apre spiragli per una maggiore incisività europea».

«Bruxelles potrà trovare più spazio – conclude Tafuro – se la Russia continuerà a essere impegnata, per lungo tempo, in un conflitto ad alta intensità in Ucraina. L’Unione europea si è dimostrata molto flessibile nei confronti dell’Armenia» anche se «non sono mancate accuse di poco equilibrio da parte di Yerevan per gli stretti legami energetici che sussistono tra Bruxelles e Baku».

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La Russia sta perdendo terreno nel Caucaso (Startmag)

Mkhitaryan, 34 candeline! Il ringraziamento del giocatore all’Inter (Inter-news 21.01.23)

Henrikh Mkhitaryan spegne oggi 34 candeline. Il centrocampista armeno ha naturalmente ricevuto gli auguri anche dall’Inter, ai quali ha prontamente risposto.

COMPLEANNO – Tanti auguri a Henrikh Mkhitaryan che compie oggi 34 anni. Arrivato in estate a parametro zero dalla Roma, il centrocampista armeno si è ritagliato il suo spazio nel centrocampo nerazzurro. Proprio l’Inter, attraverso i suoi canali social, si è unita agli auguri per il giocatore. Che ha prontamente risposto: “Molte grazie!“.

Questo il tweet del calciatore nerazzurro.

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#ArtsakhBlockade. L’enigma Vardanyan e la profezia del Molokano (Korazym 21.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.01.2023 – Vik van Brantegem] – In un articolo Un enigma chiamato Ruben Vardanyan su Inside Over del 19 gennaio 2023 [QUI], Emanuel Pietrobon osserva, che la guerra della Russia in Ucraina “ha riacceso tensioni mai sopite nei teatri più caldi del pianeta e portato il vento dell’instabilità nello spazio postsovietico”. In particolare, nel “Caucaso, vecchi rancori ribollono e l’aria si appesantisce. Tra Armenia e Azerbajgian è ancora pace, sebbene di piombo, ma una serie di circostanze va rendendo crescentemente fragile il cessate il fuoco siglato nel novembre 2020″.

Sullo sfondo del blocco del Corridoio di Berdzor (Lacin) e l’assedio imposto dall’Azerbajgian all’Artsakh/Nagorno-Karabakh, oggi entrato nel 41° giorno, Pietrobon prosegue che, mentre “cresce il divario tra Erevan e Mosca e si complica la situazione” per il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, “è emersa dall’ombra un’enigmatica figura rispondente al nome di Ruben Vardanyan (…) all’ombra di Mosca (…) la figura del momento in Armenia (…), che da anni è sotto la lente del giornalismo investigativo e che oggi sta protagonizzando la scena nel Karabakh”.

Pietrobon scrive che “questa oscura figura (…) è un grande detrattore del processo di pace tra Azerbajgian e Armenia, del quale sta portando avanti un’agenda di distruzione dello stesso così come dell’integrazione degli Armeni nella popolazione azerbajgiana”. Osserva che Vardanyan “ha dichiarato che gli Armeni avrebbero tre possibilità: abbandonare il Karabakh, integrarsi con la comunità azerbajgiana o combattere. Lui ha scelto di combattere”.

Rilevando “luci e ombre di un aspirante kingmaker”, Pietrobon scrive che Vardanyan, dal novembre 2022 Ministro di Stato (l’equivalente di un Primo Ministro) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh “è uno dei motivi per cui il lento e difficile processo di normalizzazione armeno-azerbajgiano è rallentato, per poi entrare successivamente in stallo. L’aspirante kingmaker della politica karabakha, al quale si deve peraltro l’internazionalizzazione mediatica” del blocco del Corridoio di Lacin “non è privo di ombre” e che “i dubbi sono molti”.

Pietrobon conclude: “Chi è Vardanyan? Perché è tornato nel Karabakh? Qual è il suo collegamento con il Cremlino? I dubbi, che sono molti, restano”.

Con le sue osservazioni, Pietrobon ha il merito di rilevare una questione seria, inquadrando Vardanyan nel contesto attuale, con lo sguardo al futuro, con un titolo azzeccato.

La domanda dove vuole arrivare Ruben Vardanyan, ovviamente ce lo siamo posti anche noi. Ha solo un esiguo esercito di difesa, senza possibilità di rifornimenti e se Aliyev lo volesse, in un blitz si prenderebbe tutto il resto dell’Artsakh, senza aver paura che Armenia, Russia, o chiunque muovesse un dito, non dico missile o carrarmato.

Mi ricordo quanto scritto da Renato Farina il 18 novembre 2022 (Il Molokano su Tempi – Il formichiere turco nel formicaio. Voi Europei non avete occhi per vedere il piano diabolico in atto contro gli Armeni). Penso che il Molokano-Farina aveva ragione ed è stato pure profetico:

«Perché gli invasori turchi e azeri si sono fermati nel, novembre dei 2020, e non hanno affondato il colpo? Non è stato per obbedire a Putin o per generosità, volendo evitare una strage di civili inermi. Ma per tenere aperta la strada a ben altra conquista. Una sorta di pit-stop per riaccreditarsi come ragionevoli pretendenti. Indi mandare a monte le trattative. Cercare un nuovo casus belli, e partire stavolta alla conquista dell’intera Repubblica d’Armenia. (…)
Ho letteralmente visto, non immaginato, ma contemplato, il piano diabolico in corso d’opera. Ilham Aliyev, dittatore degli Azerbajgiani, e Recep Tayyip Erdoğan, sultano turco, quando nel settembre del 2020 sono partiti con l’offensiva dei 44 giorni per occupare l’Artsakh (la Repubblica indipendente del Nagorno-Karabakh), l’8 novembre, dopo aver conquistato la fortezza di Shushi, la Gerusalemme armena, erano a 15 chilometri dalla capitale Stepanakert, con uno schiocco di dita (e di droni ottomani e israeliani) in un battibaleno avrebbero stretto in pugno tutto il territorio primigenio dell’Armenia (…).
Ed ecco il colpo di mano del 2020. Lasciato a metà. Perché? Intervenne Putin e interpose duemila caschi blu russi per difendere gli Armeni che restavano in Artsakh. Dopo di che, a trattative in corso, non più gestite dai Russi ma dall’Unione Europea, dopo che Ursula von der Leyen e i ministri del Governo Draghi andarono a pietire il gas azero a Baku, Aliyev ruppe gli indugi. Non attaccò in Nagorno-Karabakh, non gli importava più. Ha sfondato i confini dell’Armenia, con i soldati russi rimasti a guardare [come adesso rimangono a guardare mentre Baku metto sotto assedio quello che è rimasto dell’Artsakh in mano armena. V.v.B.]. (…)
Avete lasciato e lasciate, con tanto di salamelecchi, che agli Armeni e ai loro capi sia puntata una pistola alla tempia. Invece di disarmare l’aggressore, gli fornite proiettili di piombo e sorrisi angelici».

Quindi, anche se non si capisce quale gioco faccia un personaggio ambiguo come Vardanyan, con un ruolo determinante nel governo della Repubblica di Artsakh, che è reputato essere amico di Putin e non amico di Pasynyan, che a sua volta non è amico di Putin, comunque questo non deve diventare un alibi per ignorare un nuovo genocidio. Indipendentemente dello scopo di Vardanyan, continuiamo a difendere gli Armeni e riferire uno sviluppo che sta andando verso l’esecuzione di una pulizia etnica e di un nuovo genocidio armeno ad opera azero-turca.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Quarantunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Una diplomazia credibile richiede azione, non vuota retorica (Korazym 21.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 41° giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’Azerbajgian non accenna a mollare l’assedio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e la situazione è letteralmente, non solo in senso figurato, congelata. In pieno inverno, la popolazione armena sta affrontando condizioni sempre più insopportabili, al buio e al freddo, nella carenza di cibo e medicinali, senza gas e carenza cronica di elettricità. Le infrastrutture civili restano nel mirino del regime dittatoriale di Baku. E la comunità internazionale latita, senza alcuna iniziativa reale sul terreno né tentativi seppur effimeri di obbligare Aliyev di mollare la presa. L’unico intervento occidentale rimane a parole, con dichiarazioni di condanna dell’Azerbajgian a raffica. Ma il Corridoio rimane bloccato e l’aeroporto di Stepanakert non vede l’inizio di un indispensabile ponte aereo, né da parte della Federazione Russa, né da parte dell’Unione Europea, né da parte delle Nazioni Unite. I cittadini dell’Artsakh difesi a parole sono pregato di nutrirsi e di curarsi con le parole. E a Davos viene corteggiato Aliyev per il gas che gli manda Putin per venderlo all’Europa a sovrapprezzo.

Le autorità dell’Artsakh riferiscono che nella capitale Stepanakert ci saranno blackout due volte al giorno per tre ore (da originalmente 2, poi 4 a 6 ore al giorno). Il motivo è l’interruzione sul territorio sotto controllo militare azero della linea di alta tensione che porta corrente dall’Armenia.

Bambini al buio in Artsakh sotto l’assedio dell’Azerbajgian.

Gli “eco-attivisti” non avrebbero potuto raggiungere il Corridoio di Lachin senza un permesso speciale delle autorità azere, afferma la Fondazione Tatoyan dopo aver analizzato i fatti.
“A seguito della guerra dei 44 giorni, l’ingresso e l’uscita dei cittadini azeri nei territori passati sotto il controllo dell’Azerbaigian è regolato dalla legislazione azera, quindi il movimento degli “attivisti” che hanno bloccato illegalmente l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia non potrebbe aver luogo senza il permesso delle autorità azere”, afferma la Fondazione, citando il decreto del Presidente dell’Azerbajgian del 29 ottobre 2020.
Secondo la legislazione azera, il Ministero degli Interni concede il permesso di entrare nei territori dell’Artsakh, attualmente sotto il controllo azero, sulla base di una domanda del cittadino (scritta o elettronica).
Gli studi rivelano che i cittadini possono richiedere un permesso solo nell’ambito di visite specifiche organizzate dallo Stato e principalmente quei cittadini (principalmente personaggi statali e culturali, giornalisti) che sono informati in anticipo di essere inclusi nel viaggio dato.
In altre parole, né un funzionario né un cittadino che non sia un personaggio pubblico possono liberamente entrare o muoversi liberamente in tali aree a loro discrezione, afferma la Fondazione.
Il monitoraggio della stampa e dei social network azeri conferma che attualmente esiste una pratica di rilascio selettivo dei permessi in Azerbajgian, e questa politica ha causato insoddisfazione all’interno dello stesso Azerbajgian.
Secondo i media e i social network, molti cittadini dell’Azerbajgian lamentano che solo i partecipanti agli eventi organizzati dal governo possono ricevere il permesso e per le visite private l’accesso è consentito solo agli ambienti vicini al governo.
Ad esempio, nel febbraio 2021, sei residenti della regione di Aghjabad in Azerbajgian hanno cercato di entrare a Fizuli e Hadrut, ma sono stati fermati dalla polizia. Come riporta la sezione azera di BBC News, sono stati informati dal Ministero degli Interni dell’Azerbajgian che era in corso un’indagine per fare una valutazione legale delle azioni di queste persone.
“Ciò dimostra ancora una volta che gli autoproclamati “eco-attivisti” che bloccano il Corridoio di Lachin dal 12 dicembre 2022, sono in realtà agenti del governo azero. Queste persone sono utilizzate come strumenti per la politica di pulizia etnica delle autorità azere.

Sebbene la risposta alla domanda perché il mondo non fa nulla di concreto per aiutare l’Artsakh, possa essere difficile da digerire, la verità triste è perché il mondo ha scelto la via più facile: l’asciare l’Azerbajgian libera a decidere come vuole risolvere il conflitto del Nagorno-Karabakh. Con questo scenario sullo sfondo, con l’articolo per l’American Enterprise Institute [*] che segue, Michael Rubin risponde alla cronaca della litania degli appelli vuote del governo Biden e suggerisce una via da seguire.

Mentre il genocidio incombe contro gli armeni, la credibilità richiede azione, non vuota retorica
di Michele Rubin
American Enterprise Institute, 20 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

È passato ormai più di un mese da quando le forze azere hanno bloccato il Corridoio di Lachin, ancora di salvezza per Artsakh, un’enclave in gran parte armena nel Nagorno-Karabakh. I negozi di alimentari sono vuoti e gli scaffali delle farmacie spogli. Mentre l’Azerbajgian nega la responsabilità e attribuisce il blocco all’azione spontanea di “eco-attivisti”, pochi al di fuori dell’Azerbajgian e della Turchia accettano questa finzione. Non solo l’Azerbajgian non ha una società civile significativa e tanto meno indipendente, ma sembra che una società di pubbliche relazioni assunta dall’Azerbajgian abbia messo insieme lo scenario.

Ciò che la Casa Bianca deve affrontare ora è un disastro umanitario eseguito al rallentatore sotto il suo controllo [dell’Azerbajgian]. La risposta del governo Biden? Ripetute dichiarazioni e appelli. Considera quanto segue:

  • Il 13 dicembre 2022, il Portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha condannato le implicazioni umanitarie del blocco e ha dichiarato: “Chiediamo al governo dell’Azerbajgian di ripristinare la libera circolazione”. Ha ripetuto il suo appello il 3 gennaio 2023.
  • Il 14 dicembre 2022, Michael Carpenter, Ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha twittato: “La chiusura del Corridoio di Lachin è uno sviluppo pericoloso che mette a repentaglio il benessere di molte persone che vivono nel Nagorno-Karabakh, soprattutto alla luce dei rapporti di un taglio del gas alla regione”. Ha ripetuto questo sentimento in un tweet del 6 gennaio 2023. Il 13 gennaio, Carpenter ha affermato che gli Stati Uniti erano “seriamente preoccupati”.
  • Il 15 dicembre 2022, l’Amministratore dell’USAID, Samantha Power, ha twittato: “Il Corridoio di Lachin deve essere riaperto immediatamente: la chiusura ha il potenziale per causare una significativa crisi umanitaria”. Ha ripetuto la sua richiesta il 13 gennaio 2023.
  • Il 16 dicembre 2022, nelle sue telefonate di addio con i funzionari armeni, l’Ambasciatore statunitense uscente in Armenia, Lynne Tracy, avrebbe ribadito la posizione degli Stati Uniti sul ripristino della libera circolazione attraverso il Corridoio di Lachin. Lo stesso giorno, il Vice Portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant, Patel ha affermato che “la chiusura del Corridoio di Lachin ha implicazioni umanitarie potenzialmente gravi e, francamente, ostacola il processo di pace” e ha chiesto “il ripristino della libera circolazione attraverso il Corridoio”.
  • Il 22 dicembre 2022, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, ha chiamato le sue controparti armena e azera per trasmettere la “continua preoccupazione di Washington per l’accesso impedito al Corridoio di Lachin e le crescenti implicazioni umanitarie di questa situazione”.
  • Il 10 gennaio 2023, l’Assistente del Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici, Karen Donfried, ha esortato i Ministri degli Esteri dell’Azerbajgian e dell’Armenia “a trovare una soluzione diplomatica per consentire la circolazione delle merci attraverso il Corridoio di Lachin”.
  • Il 18 gennaio 2023, il Segretario di Stato, Antony Blinken, in una telefonata ha espresso al Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, “profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh, derivante dal blocco del Corridoio Lachin”.

Power aspira a diventare Segretario di Stato in un secondo mandato di Biden o in un futuro governo democratico. È salita alla ribalta per la sua storia della fallita risposta americana al genocidio, ma poiché più di 100.000 civili affrontano la fame, il meglio che lei e i suoi colleghi possono raccogliere è condanna o espressioni di preoccupazione?

Il Presidente Joe Biden direbbe che la diplomazia è tornata, ma i tweet e le dichiarazioni vuote peggiorano la situazione. O le persone moriranno e gli Stati Uniti appariranno insensibili, indifferenti e inefficaci come quando gli Stati Uniti abbandonarono l’Afghanistan ai talebani, oppure la Russia potrebbe fornire una soluzione che darà potere a Vladimir Putin in tutta la regione.

La parte triste è che gli Stati Uniti non devono semplicemente farsi da parte e twittare la loro indignazione. L’Ambasciata americana in Azerbajgian non ha ancora inviato un diplomatico come testimone oculare del blocco del Corridoio di Lachin. Biden direbbe che la diplomazia è tornata, ma perché qualcuno dovrebbe prenderlo sul serio quando gli Stati Uniti finanziano coloro che conducono l’assedio a causa del rifiuto di Blinken di rispettare la legge statunitense, preservando l’assistenza militare all’Azerbajgian? L’equodistanza e la volontà di Blinken di premiare l’aggressore, premia solo i violatori dei diritti umani. Quando gli autocrati sfidano le norme internazionali, i tweet e le dichiarazioni non sostituiscono l’azione.

È tempo di:

  • Imporre sanzioni all’Azerbajgian
  • Stazionare osservatori accreditati nel Corridoio di Lachin
  • Riportare i diplomatici statunitensi che hanno precedentemente hanno visitato Stepanakert, nella capitale del Nagorno-Karabakh, indipendentemente dall’obiezione dell’Azerbajgian
  • Predisporre le forze americane in Armenia per coordinare gli aiuti umanitari per l’Artsakh.

Una diplomazia credibile richiede azione, non vuota retorica.

[*] American Enterprise Institute è un think tank di politica pubblica dedicato alla difesa della dignità umana, all’espansione del potenziale umano e alla costruzione di un mondo più libero e sicuro. Il lavoro dei studiosi e del personale dell’AEI promuove idee radicate nella fede nella democrazia, nella libera impresa, nella forza americana e nella leadership globale, nella solidarietà con coloro che sono alla periferia della società e in una cultura pluralistica e imprenditoriale.

Un cortometraggio che descrive l’incredibile storia di 16 adolescenti armeni dell’Artsakh che dopo aver partecipato al Junior Eurovision Song Contest a Yerevan l’11 dicembre 2023 (Nare è arrivata seconda con la sua canzone Dance!), sono rimasti bloccati in Armenia per più di un mese senza possibilità di ricongiungersi alle loro famiglie a causa del #ArtsakhBlockade da parte dell’Azerbajgian, iniziato il giorno seguente. Sono potuto tornare a casa il 17 gennaio 2023 con le forze di mantenimento della pace russe, come abbiamo raccontato [QUI]. Arrivato al posto di blocco degli “eco-attivisti”, 15 Azeri mascherati in abiti civili si sono avvicinati e hanno fermato il convoglio. Alcuni sono entrati nel primo autobus, hanno filmati illegalmente i minori, violando la loro privacy e integrità psicologica. Hanno molestato i minori, uno dei quali ha perso conoscenza.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme all’organizzazione caritativa internazionale armena Hayer Miatsek, hanno svolto un’azione umanitaria nelle scuole della regione di Askeran (pochi chilometri dalla linea di contatti con le forze armate dell’Azerbajgian), dove 2.426 bambini hanno ricevuto pacchi alimentari!

Confermiamo che gli unici merci che entrano nel territorio dell’Artsakh dall’inizio del blocco della strada Goris-Stepanakert dal 12 dicembre 2022 vengono portati su camion del contingente di mantenimento della pace russo, ora come aiuti umanitari. Nessun veicolo civile è stato notato passare attraverso il posto di blocco dell’Azerbajgian. Oltre ai mezzi russi, solo i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa passano periodicamente attraverso il posto di blocco, alcune volte per portare medicine dall’Armenia, ma soprattutto per evacuare alcuni malati gravi che non possono più partire con i mezzi civili per essere curati in Armenia.

La Turchia potrebbe essere sull’orlo della dittatura
Il Presidente Erdoğan potrebbe portare il suo Paese oltre il limite
The Economist, 19 gennaio 2023

Turchia ha le seconde forze armate della NATO. Svolge un ruolo cruciale in regioni turbolenti, specialmente nella Siria devastata dalla guerra. Esercita un’influenza crescente nei Balcani occidentali, nel Mediterraneo orientale e più recentemente in Africa. Soprattutto, è importante nel Mar Nero e nella guerra della Russia in Ucraina; l’anno scorso ha contribuito a mediare un accordo per consentire la spedizione di più grano ucraino in un mondo affamato.
Quindi il mondo dovrebbe prestare attenzione alle elezioni presidenziali e parlamentari turche, che Recep Tayyip Erdoğan ha indetto questa settimana e che si terranno il 14 maggio 2023. Tanto più che, sotto la sua presidenza il Paese è sull’orlo del disastro. Il comportamento di Erdoğan all’avvicinarsi delle elezioni potrebbe spingere oltre il limite quella che oggi è una democrazia profondamente imperfetta in una dittatura in piena regola.

«L’Azerbajgian ha infranto la fragile pace dell’OSCE nello spazio post-sovietico quando ha scatenato la sua potenza militare contro gli Armeni del Karabakh il 27 settembre 2020. Le armi turche e israeliane erano superiori a quelle russe. L’Ucraina ha ordinato Bayrakhtars. Mosca ha preso nota» (John M Evans).

«La Russia è soddisfatta del #ArtsakhBlockade per 3 motivi:
1. Garantisce l’assoluta dipendenza del Nagorno-Karabakh da Mosca.
2. “Punisce” Yerevan.
3. Aumenta la pressione sull’Armenia affinché accetti l’apertura di un corridoio nel Syunik che sarà sotto il suo controllo» (George Meneshian).

Per Google Earth già non ci sono più Armeni in Artsakh/Nagorno-Karabakh.
«Fino a poco tempo fa, su Google Earth i nomi dei luoghi nei territori precedentemente controllati dal Nagorno-Karabakh trasferiti sotto controllo dell’Azerbajgian dopo la guerra del 2020, erano sia in azero che in armeno. Google Earth ora mostra solo i nomi azeri dei luoghi» (Nagorno Karabakh Observer).
Google Earth è complice della cancellazione criminale di nomi indigeni dei luoghi. Di conseguenza sta normalizzando la violenta colonizzazione da parte dell’Azerbaigian delle terre ancestrale armene. Google Earth con questo sostiene la distruzione di culture/popoli indigeni.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armenia. Il Parlamento europeo condanna il blocco azero. «Von der Leyen prenda atto» (Tempi 20.01.23)

Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime grande soddisfazione per la votazione al Parlamento europeo di una risoluzione che condanna il blocco azero della strada lungo il corridoio di Lachin, unico collegamento tra il Nagorno Karabakh (Artsakh) e l’Armenia.

La criminale politica dell’Azerbaigian che dal 12 dicembre scorso ha isolato la regione armena spingendo sull’orlo di una crisi umanitaria 120.000 persone è stata duramente stigmatizzata dai parlamentari europei che hanno altresì denunciato il taglio delle forniture di gas, elettricità e connessione internet.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” sottolinea l’importanza del voto politico odierno che è un chiaro messaggio a quelle istituzioni europee e internazionali che, per mera opportunità economica, stanno avallando la politica di Aliyev (definito “partner affidabile” dalla presidente Von der Leyen).

Ad avviso del “Consiglio”, la presidente Von der Leyen dovrebbe prendere atto di questa importante votazione e agire di conseguenza sensibilizzando nel merito il “partner” azero, esprimendo pubblica solidarietà alla popolazione armena del Nagorno Karabakh, intervenendo con una urgente missione umanitaria di soccorso.

O, in alternativa, rassegnando le proprie dimissioni.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma invita il governo italiano a prendere in considerazione quanto indicato nella risoluzione e ad agire di conseguenza attivandosi per quanto del caso.

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IL PARLAMENTO EUROPEO CONDANNA IL BLOCCO AZERO AL NAGORNO KARABAKH

Caucaso, l’Europa contro l’Azerbaijan: “Nagorno Karabakh in ostaggio, Baku riapra i confini” (Lastampa 20.01.23)

Oltre centomila armeni da un mese senza rifornimenti di cibo, luce e gas: «Rischio catastrofe umanitaria, l’Onu deve intervenire»

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