Gli armeni a Trieste: pillole di storia (Triestecaffe 08.01.23)

Pubblichiamo da Sergio Lorenzutti

 

A Venezia, sede base degli armeni, nel 1772 scoppia una scissione tra la comunità armena ( Isola degli Armeni, bellissima ed interessantissima da visitare, museo incluso, è un must!)
Ne consegue che 2 monaci Babic e Gasparenz arrivarono a Trieste nel 1773 per la cura dei mercanti armeni già presenti in città. M.T. concederà loro un Diploma nel 1755 ( 30 marzo ) per l’uso della Chiesa di S.Lucia ovvero dei Santi Martiri.
In cattedrale di S.Giusto c’è a terra una lapide funeraria dedicata ad un Vescovo Armeno di nome Martino Carabzth, l’iscrizione si legge male, morto nel 1756 con la seguente dicitura: vescovus ritus armen necto 1756..

 

1755 – Maria Teresa concede la Patente e Statuto ai Padri Mehitaristi e cede loro l’uso della chiesa di S. Lucia detta anche dei SS. Martiri. Cede solo l’uso o la proprietà della sudetta chiesa ? La cosa non è chiara ancor oggi.
1769 – Il Consigliere dell’Intendenza P. de Ricci concede un sussidio a Padre Mehitarish o ad un Padre mechitarista? Non si legge bene il nome.
1773 – Comperano una casa che diventerà il loro Convento detto dei SS Martiri.

 

1778 – comperano il casino e la campagna di Belpoggio e S. Giacomo.
1775- maggio 30 – Vienna: sotto il nome di Armeni dovevano raccogliersi altre Nazioni orientali di culto cattolico ma non assurse mai alla potenza dei Greci o degli Ebrei. In tale data la Patente Imperiale li equipara a tutte le altre Nazioni straniere residenti a Trieste anche per l’attività import/export del Portofranco.
Il centro di questa Nazione doveva essere il Vescovo Mehitarista  che risiedeva nel Monastero dei Padri Mehitaristi. Funzionava una tipografia per lingue d’Oriente e di Occidente. Ma la Nazione di Trieste si identificò con quella di Costantinopoli ma mal gliene incolse a causa dei debiti di quest’ultima che provocò la  chiusura del Monastero di Trieste nel 1810 al tempo napoleonico, in conseguenza di escussioni forzose.

 

La Congregazione Mehitarista venne considerata da M.T. parte dell’Ordine di S.Antonio Abbate.” La Nazione Armena si stabilirà in Trieste sotto la Nostra Dominazione” recitava il diploma imperiale. M.T. accoglie le suppliche e le rispettosissime istanze dei Sigg.i Religiosi: P.Zaccaria d’Alexan, P.Minas Gasparian, P.Lucas Simon, P. David Ucixsardas, P.Deodato Babick, P. Gomidas Garabiet e dalle famiglie Babick e Saraff rappresentanti della Nazione Armena.
Il Diploma Imperiale proseguiva: “Concediamo, il presente graziosissimo privilegi alli Religiosi Armeni ed alle famiglie ed ai religiosi Greci, Maroniti e di altre Nazioni Orientali di Religione Cattolica che si uniranno alla Congregazione Mehitarista e al Capo della Nazione Armena, quanto segue”.
Seguono 53 punti i primi 17 riguardano i Greci che hanno a loro favore altrettanti punti nella Patente imperiale del 14 luglio 1775 ed altri 14 nella Risoluzione del 1 gennaio 1777.

 

Dei rimanenti 36 punti i più importanti sono:
– chi vorrà espatriare verso altri territori dell’Impero e poi ritornare a Trieste riceverà  un passaporto personale.

 

– potranno comperare e vendere liberamente mobili ed immobili.
– libertà di erigere una stamperia a caratteri armeni e romani.
-non saranno obbligati a prestare servizio militare se non ci sarà una chiamate generale alle armi.

 

– sono,liberi di commerciare per mare e per terra.
– potranno navigare con le insegne e patenti imperiali
– potranno far parte del Corpo Mercantile di Borsa

 

– potranno professare la medicina purchè sappiano l’idioma locale.
– qualora questa Nazione si incrementasse numericamente diamo loro possibilità sotto l’egida dell’ Intendenza Commerciale, di darsi un Governatore o Capo secolare e 2 Assistenti o Deputati vincolati alle regole che la Comunità si vorrà dare.
– i greci, maroniti ed altri orientali di religione cattolica potranno aggregarsi ma saranno considerati come Armeni a tutti gli effetti.

 

La riapertura del Tempio con l’arrivo di altri armeni ebbe inizio nel 1817 e durò fino al 1910.
Nel 1859 avevano aperto un Ginnasio Reale Commerciale nel Colleggio dei Mehitaristi che fu il primo ad insegnare in italiano.
Vediamo alcuni cognomi conosciuti ancor oggi: Ananian, Aidinian, Zingirian, Hermet, Giustinelli, Anmahian, Tumanshvili, Hovhanessian.

 

— “Ad Isfahan ne ho conosciuto un erede dei profughi di Giulfra distrutta nel 1604 con 90.000 morti ma gli artigiani vennero salvati e deportati ad Isfahan dal Signore della Persia Sha Abbas Aveva bottega proprio in piazza grande dove si giocava il polo a cavallo e mi ha sempre trattato bene, gentilmente con prezzi barattati all’osso ma vendeva roba eccezionale. Siamo diventati amici.—“
Nel 1859 aprirono un Ginnasio Reale Commerciale nel Collegio dei Mehitaristi che guarda un po’ era il primo Ginnasio in italiano a Trieste.
La Chiesa di V. Giustinelli “Beata Vergine delle Grazie” è oggi gestita dalla comunità cattolica di lingua tedesca. Nell’800 era la chiesa degli Armeni. L’edificio ed il terreno attorno è opera del Giustinelli che era molto ricco e nel 1846 la fece costruire per la sua comunità armena. All’interno c’era un bellissimo organo Rieger in legno di quercia donato da Julius Kugy. I padri mechitaristi di Venezia, ora proprietari dell’ edificio dopo un primo intervento conservativo di un campanile pericolante hanno deciso di non investire ulteriori capitali. Anzi hanno venduto del terreno per farne un posteggio. Una famiglia armena si fermò a Trieste ed aprì una pasticceria che divenne famosa per i suoi dolci tipici armeni, erano gli Hovehanessian sfuggiti all’olocausto degli armeni in Turchia degli ultimi anni della prima guerra mondiale e in quelli successivi. Si stima in possibili 2 milioni di morti per fame, marce estenuanti senza acqua, fucilazioni, pestaggi, torture, ecc. ( la nostra guida turca, colta e di mentalità aperta, progressista e anche femminista ricordo che scattò come una molla quando le chiedemmo il suo parere su questo argomento. Disse che assolutamente è tutta una montatura e che mai la Turchia avrebbe potuto fare una cosa simile, che da loro è proibito parlarne e non appare in nessun libro di storia ). Una vera e propria damnatio memoriae.

 

Gli armeni quando girano il mondo amano incontrarsi tra di loro per ricostruire pezzi di storia per farne un patch work della memoria condivisa perché appunto manca una biografia, una storia scritta con i dettagli. Son spariti quasi tutti nell’oblio voluto dai  turchi che han rimosso in toto l’avvenimento perché si vergognavano come i nazisti di ciò che avevano commesso.
1814 – Gregorio Ananian nato a Istanbul laureato medico ginecologo a Padova dopo qualche anno di attività a Parigi divenne medico di corte dell’ Harem di Selim III a Costantinopoli. Si spiaggiò a Trieste, non lavorerà ma lascerà una Fondazione per i bisognosi.
Oggi vivono da noi solo 5 o 6 famiglie armene ma nel 700-800 c’era il rione armeno tra V.Tigor e V. Cereria con botteghe di artigiani e negozi alimentari e l’immancabile pasticceria.

 

Giorgio Aldinian faceva erigere quei bei palazzi fortezza che si vedono ancora e gli Hermet dominavano la vita culturale, politica e sociale della città, i Zingirian aprivano il primo gabinetto ottico scientifico. Nel 1923 arrivarono i fatidici pasticceri Hovenhanessian seguiti da Garabed Bahshian fuggito da Costantinopoli dalle persecuzioni turche. Costui entrò a lavorare nella Manifattura Tabacchi ma pochi anni dopo pensò bene di mettersi in concorrenza come pasticcere in V.Mazzini 5 aprendo la Fabbrica di dolci orientali dove si poteva gustare un ottimo caffè alla turca, appunto. Gli affari prosperavano tanto che chiamò 2 fratelli a dargli una mano con i rahat lokum ed il paklavà oltreché per i loro famosi yoghurt in vasetti di terracotta. Erano Kevor con la moglie e Onnig Ohanessian.
Ebrei, greci ed armeni lo prediligevano.

 

Esiste una lapide funeraria del XII secolo.
1840 ca. – era operatore di Borsa il negoziante turco Haggi Mohamed Seragi.
1842 – Il Piccolo Cimitero, così chiamato per le sue dimensioni, venne aperto nel 1842 su iniziativa del Comune, era dedicato ai Turchi. Ci sono ancora visibili alcuni nomi di turchi, turchi/greci e greci/turchi e molti di questi erano ebrei di Salonicco o di Smirne. Scappavano dai Balcani in lotta contro l’occupazione ottomana che insisteva con le persecuzioni religiose ed economiche.

 

Sono i Camondos, i Bessos ed i Modianos.
Abbiamo avuto – forse per un paio di mesi  a fine ‘700/inizio ‘800 – così ho letto da qualche parte ma non son sicuro della fonte – un sindaco egiziano, certo Cassius Faraone la cui storia è curiosa, assai curiosa. Nativo della Siria, di religione siriaco/cristiana. Segretario del vice re dell’ Egitto che doveva essere un tipo che dormiva della grossa perchè il nostro Cassius gli aveva fregato il patrimonio o buona parte di esso e anche la moglie e/o la prima concubina. Era il Sovrintendente Generale del dazio di Alessandria. Non aveva sopra di lui nessun controllore. Scappa in tempo a Venezia con la famiglia. Il Kedivè si sveglia dal profondo torpore e capisce il fattaccio. Emana una condanna a morte per il Cassius Faraone valevole in tutto il mondo. Era morte certa per lui. Una versione spacciata per ufficiale dice che ebbe un crac finanziario e allora lasciò Alessanria. Ma la domanda che sorge spontanea è: come mai se era spiantato aveva tanto capitale con se da fare affari  immobiliari astronomici per l’epoca? A Venezia il Dandolo che ha la repubblica oramai oltre i travi, siamo alla vigilia della fine della repubblica marinara di Venezia. Napoleone è alle porte, il Doge lo manda via, non lo vuole, gli bastano le batoste ricevute dagli ottomani nell’ Egeo. L’impavido morituro si barcamena in giro per l’Adriatico ed in terra ferma ma sempre senza fortuna. Approderà a Trieste dove trova la guarentigia imperiale di M.T. che condonava ogni colpa se il colpevole andava a Trieste a lavorare per il bene proprio e della patria. Questo editto fu dettato dalla necessità di avere mano d’opera a Trieste perchè il lavoro abbondava per i traffici marittimi in costante aumento. Da questa liberalità noi ci portiamo dietro il brutto vezzo di dire: triestin mezzo ladro e mezzo assassin.
Ovviamente il Cassius Faraone fece fortuna, aprì un casino letterario in villa Necker, una società di import/export ed entrò nel Consiglio di Amm. delle Generali. Diverrà un latifondista molto fortunato con le sue compravendite a strozza degli amici. Ma soldi no spuza, dicevano i romani. Attualmente la famiglia vive ad Aquileia in casa padronale con gli eredi di Ritter von Zahony primo Pres. delle Ass. Generali.

 

Come dir che bori el gaveva ma el ga savù come farli render ben inveze de magnarseli come che fa tanti.
1849 –  il Console Generale della Sublime Porta prende sede a Trieste
1854/8 – si costruisce la moschea in zona cimiteriale poi usata come luogo di sosta per i musulmani morti in attesa della traslazione del corpo in terra santa ( musulmana, perchè noi eravamo e siamo infedeli e la terra degli infedeli non può esser santa e bloccava quindi la loro salita al cielo).

 

Ventottesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Cade la neve, -10º C (Korazym 08.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.01.2023 – Vik van Brantegem] – È sempre attivo il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia (e il resto del mondo) rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere e il contingente di mantenimento della pace russo che presiede il Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.

Stepanakert, coperta dalla neve, nel 28° giorno del #ArtsakhBlockade (Foto di Mariam Avetisian).

«Nonostante la neve e la sospensione della fornitura dei beni di prima necessità a causa del blocco, queste donne indistruttibili continuano a mantenere vivo lo spirito del mercato un tempo colorato e ricco #ArtsakhBlockade day28» (Siranush Sargsyan @SiranushSargsy1, giornalista armena bloccata a Stepanakert).

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sono i numeri di giorni che la dittatura dell’Azerbajgian sta isolando la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo. 120.000 Armeni Cristiani sono tenuti sotto assedio, con poco cibo e medicine rimasti.

Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha preannunciato decisioni in riferimento alla questione del razionamento dei generi alimentari, con l’introduzione della distribuzione con tagliandi, per garantire alla popolazione una quantità sufficiente di cibo per il minimo fabbisogno quotidiano.

La Commissione statale per la regolamentazione dei servizi pubblici e della concorrenza economica dell’Artsakh ha pubblicato un avviso agli operatori economici «che, a causa della situazione nella Repubblica di Artsakh, sarà fissato un supplemento fino al 15% per tutti i prodotti ricevuti dalla riserva statale. Quegli uomini d’affari che applicheranno prezzi più alti per la vendita di beni saranno privati della fornitura di beni in futuro».

Il Servizio di sicurezza nazionale della Repubblica di Artsakh, perseguendo l’attuazione delle funzioni e dei poteri assegnatigli dalla legislazione in materia di sicurezza informatica, attraverso il monitoraggio dei domini Internet e altre misure, ha rivelato molteplici casi di tentativi da parte dei servizi speciali dell’Azerbajgian di raccogliere informazioni sulle conseguenze del blocco della Repubblica di Artsakh. Usando falsi account Facebook a nome di cittadini dell’Artsakh, i servizi speciali azeri stanno cercando di raccogliere informazioni su cibo, prodotti di prima necessità mancanti e aiuti umanitari nella Repubblica di Artsakh, inviando varie domande o postando nei gruppi di Facebook. Il Servizio di sicurezza nazionale della Repubblica di Artsakh chiede ed esorta gli utenti ad astenersi da discussioni pubbliche e fornire informazioni su questioni relative alla sicurezza interna ed esterna della Repubblica di Artsakh.

Nessun cambiamento al #ArtsakhBlockade al momento in cui scriviamo, la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane isolata dal 12 dicembre 2022, anche se meno “eco-attivisti” dell’Azerbajgian vengono schierati a causa delle nevicate. La bandiera russa continua a sventolare con le forze di mantenimento della pace russe che presidiano le postazioni.

I media statali dell’Azerbajgian pubblicano nuovi filmati dell’area vicino al posto di blocco nel Corrdidoio di Berdzor (Lachin), con meno “eco-attivisti” schierati lì poiché le temperature attualmente si aggirano intorno ai -10º C con neve fresca. L’esercito azero si è schierate dalla parte sotto controllo dell’Azerbajgian lungo la recinzione che fiancheggia l’autostrada interstatale Goris-Stepanakert bloccata.

Oggi, nel 28° giorno del #ArtsakhBlockade, il partito Polo National-Democratico ha organizzato un raduno per cercare di chiudere la strada che porta alla 102ª base militare della Federazione Russa in Armenia a Gyumri, vicino al Complesso commemorativo della Madre Armenia. Gyumri è la seconda città più popolosa, capoluogo della provincia di Shirak, nella parte nord-occidentale dell’Armenia, confinante con la Turchia a ovest e con la Georgia a nord, a 120 km dalla capitale Erevan.

La polizia ha disperso il raduno e ha arrestato più di 70 persone. Gli iniziatori hanno affermato che lo scopo del raduno “Blocco per il bene dello sblocco”, circondando la militare russa, era chiedere che le forze di mantenimento della pace russe in Artsakh, che si sono assunte la responsabilità di assicurare il trasporto di persone, mezzi e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), adempiano loro obblighi.

Gli agenti di polizia dell’Armenia, avevano precedentemente bloccato la strada che porta alla base militare russa dall’autostrada di Kars.

Quando i partecipanti al raduno hanno marciato dal Complesso commemorativo della Madre Armenia a Gyumru verso l’area che porta al base, gli agenti di polizia hanno arrestato i manifestanti, per lo più uomini, con l’accusa di aver violato la legge e disobbedito alle legittime richieste della polizia.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha fatto riferimento alla riapertura ad Aliabad, alla periferia della città di Nakhichevan, di una base di servizi di manutenzione per materiale militare (artiglieria, comunicazioni, veicoli blindati, ecc.) importate dalla Turchia. Il Nagorno Karabakh Observer riferisce che la base riaperta è una vecchia base di servizio di manutenzione da almeno 10 anni, con altri lavori di ristrutturazione nel corso degli anni, ora ristrutturata, tinteggiata e rimodellata in alcune zone. Continua a servire allo stesso scopo. La sua capacità è stata ampliata per servire più materiale militare.

Il video.

Azeri che celebrano la fame per 120.000 Armeni in Artsakh. Gli “attivisti ambientalisti” azeri sostenuti dal governo dell’Azerbajgian salutano le forze militari azeri con il quale tengono bloccato già da 27 giorni il Corridoio di Lachin, che è l’unico canale di rifornimento dal mondo alla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Disgustoso.

L’Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania, Nasimi Aghayev ieri ha scritto in un post su Twitter, rispondendo alle preoccupazioni del Dipartimento di Stato degli USA per il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin): «Perché non abbiamo visto tweet così “preoccupati” quando l’Armenia stava abusando della Strada di Lachin per consegnare armi, soldati e gruppi di sabotaggio in Karabakh, piantare mine terrestri contro i cittadini azeri e rubare risorse naturali dell’Azerbajgian? A proposito, la strada è aperta all’uso civile/umanitario».

Ogni singolo giorno continua a ripetere questa menzogna sapendo di mentire, che l’autostrada interstatale Goris-Stepanakert non è bloccata, a cui assolutamente nessuno crede. Nessuno ci credeva 27 giorni fa, nessuno ci crede oggi, come può vedere chiaramente, e nessuno ci crederà in futuro. Perché c’è una differenza tra verità e bugie, come tutte le affermazioni di Aghayev sono prive di fondamento. L’unico traffico che fanno passare attraverso il blocco sono dei veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa che trasportano pazienti in pericolo di vita e camion delle forze di mantenimento della pace russe, che non riescono a trasportare quanto necessario per la sopravvivenza a lungo termine della popolazione dell’Artsakh. Certamente, la strada è aperta, ecco perché ogni scaffale nei negozi in Artsakh è vuoto. Risulta difficile a sostenere che Aghayev crede alle bugie che scrive.

Poi, risulta difficile credere che uno dei punti di discussione quotidiana azeri sia ancora che “gli Armeni stanno piantando mine nelle aree occupate dalle truppe azere”. È sconcertante che Baku possa persino convincere la propria gente di questo, figuriamoci tentare di convincere il mondo.

Aghayev farebbe bene di smetterlo di diffondere le menzogne della centrale di fake news dell’Aliyevistan, perché sostenere che 120.000 Armeni dell’Artsakh destinati alla morte per fame vogliono attaccare 90 milioni di Turchi e Azeri è esilarante.

Ormai, non è un mistero per nessuno che la finta amicizia e la menzogna sono i due pilastri principali del regime dittatoriale di Baku. E non è un mistero in primo luogo per i politici e giornalisti destinatari dai fondi riciclati dalla lavatrice a gettoni di Aliyev.

Un membro del Consiglio comunale di Glendale non ha potuto visitare l’Artsakh a causa della chiusura del Corridoio di Lachin

Elen Asatryan, membro del Consiglio comunale di Glendale, ritiene inaccettabile che gli Stati Uniti forniscano aiuti finanziari alla Turchia e all’Azerbajgian nel settore della sicurezza. Asatryan osserva con rammarico che gli Stati Uniti reagiscono rapidamente e aiutano l’Ucraina, ma l’Armenia e l’Artsakh, che si trovano quasi nella stessa situazione, sono quasi trascurate.

Asatryan è un membro del Comitato Centrale del Partito Democratico dello Stato della California, attraverso i cui sforzi è stata approvata la risoluzione che chiede al Congresso degli Stati Uniti e al Governo Biden di prendere provvedimenti per il ritorno dei prigionieri armeni e la richiesta di imporre sanzioni all’Azerbajgian e alla Turchia, che è una delle 13 priorità del Partito Democratico. La risoluzione condanna la Turchia e l’Azerbajgian per i crimini di guerra che hanno commesso durante la guerra di 44 giorni dopo l’attacco del 27 settembre 2020 all’Artsakh.

In questi giorni Asatryan è venuto in Armenia e ha incontrato le autorità municipali delle città gemellate di Glendale, Kapan e Gyumri, al fine di ripristinare e approfondire la cooperazione.

Ellen Asatryan sperava che durante la sua visita in Armenia sarebbe stato aperto il Corridoio di Lachin e avrebbe potuto visitare la città di Martuni in Artsakh, che è anche una città gemella di Glendale. Asatryan ha dichiarato che sarebbe stata in Armenia fino al 3 gennaio, ma se il Corridoio sarebbe stato aperto prima, avrebbe rimandato il suo ritorno negli Stati Uniti e avrebbe visitato anche l’Artsakh. Il corridoio, però, è rimasto chiuso.
Armenpress ha parlato con Elen Asatryan del programma e dei risultati della sua visita in Armenia [QUI]. Riportiamo di seguito il testo dell’intervista nella nostra traduzione italiana dall’armeno.

Signora Asatryan, parliamo prima di questa visita in Armenia. In generale, visiti l’Armenia abbastanza spesso. Come distinguerai questa visita, qual è il suo scopo?
Prima di tutto, un mese fa ho incontrato i rappresentanti della Los Angeles Opera per stabilire rapporti di partnership con Glendale. Ho anche colto l’occasione per parlare del Teatro Accademico Nazionale dell’Opera e del Balletto intitolato ad Alexander Spendiaryan, al fine di creare una cooperazione tra di loro. I rappresentanti della Los Angeles Opera accettarono con gioia la mia offerta. Naturalmente, in quel periodo ero anche in contatto con il Teatro dell’Opera di Yerevan e di conseguenza ho potuto organizzare il primo incontro dei rappresentanti dei due teatri dell’opera. Di conseguenza, la Los Angeles Opera presenterà le sue produzioni in Armenia e l’Armenian Opera a Los Angeles. A questo proposito, considero importante lo scambio di esperienze, perché l’Opera di Los Angeles è considerata una delle migliori opere del mondo.
Ho visitato l’Armenia per partecipare all’evento di capodanno del Teatro dell’Opera di Yerevan, ma durante ogni visita sottolineo il lavoro comunitario. Come membro del Consiglio comunale di Glendale, sono in Armenia per la prima volta, ecco perché è stato molto importante per me visitare le città gemelle di Glendale, Gyumri e Kapan e in Artsakh Martuni. Spero che si apra il Corridoio di Lachin e potrò recarmi nella città di Martuni.
Gyumri e Glendale erano città gemellate dal 2015, ma finora non è stato fatto alcun lavoro al riguardo, sono stati firmati solo memorandum simbolici. Kapan e Glendale sono città gemellate da circa 20 anni. All’inizio le due città collaboravano molto strettamente, ma dalla fine degli anni 2000 quel legame si è perso.
Lo scopo della visita è dare nuova vita alla cooperazione, per spostarla dalla carta al campo pratico. Posso dire che entrambe le visite sono state magnifiche e contribuiranno davvero all’approfondimento della cooperazione.

Quali discussioni hai avuto con le autorità comunitarie di Kapan e Gyumri?
Attualmente la situazione a Kapan [la città più popolosa della provincia di Syunik e dell’intera regione dell’Armenia meridionale, ad un chilometro dal confine con il territorio della Repubblica di Artsakh, attualmente occupato dall’Azerbajgian] è diversa, non si può parlare solo di miglioramento della città quando ci sono problemi di sicurezza. La prima discussione ha riguardato lo stesso settore della sicurezza, per collegare i vari organismi della città di Glendale con Kapan allo scopo di condividere esperienze. Il comune di Kapan presenterà anche un elenco di necessità a Glendale in modo che possiamo utilizzare le nostre connessioni per risolvere i problemi.
Durante l’incontro con le autorità di Gyumri [la seconda città più popolosa, capoluogo della provincia di Shirak, nella parte nord-occidentale dell’Armenia, confinante con la Turchia a ovest e con la Georgia a nord, a 120 km dalla capitale Erevan], l’ambito della discussione è stato diverso. Abbiamo parlato con loro di più sull’energia verde e sui programmi culturali. Abbiamo anche chiesto ai rappresentanti del Comune di Gyumri di presentare un elenco di bisogni in modo da poterli aiutare in futuro. Vorrei informarvi che il comune di Glendale ha ufficialmente invitato i partner a fare una visita comune a Glendale. Dopo il ritorno, inizieremo il lavoro in questa direzione.

Cosa puoi dire della collaborazione con la città di Martuni in Artsakh?
Circa due mesi fa, una delegazione è venuta dall’Artsakh a Glendale ed è stato firmato un memorandum. Al momento è già stato creato un comitato per Martuni per elaborare un progetto e svolgere un lavoro pratico.

Nel luglio 2022 sei stata eletta membro del Consiglio comunale di Glendale, diventando la prima immigrata della città, la prima Armena e la donna più giovane ad essere eletta membro del Consiglio. Che tipo di responsabilità è stata questa per te?
Mi sono sempre preso questa responsabilità su di me. Ho sempre considerato di primaria importanza le cose relative ai diritti delle donne. Spero che il mio successo ispiri le donne, perché considero importante il loro coinvolgimento in politica.

Sei un membro del Comitato Centrale del Partito Democratico dello Stato della California e hai ripetutamente criticato le azioni della parte azera contro l’Armenia e l’Artsakh, suggerendo che la leadership statunitense imponga sanzioni sia all’Azerbajgian che alla Turchia, che lo sostiene. Ritiene sufficiente la reazione delle autorità statunitensi in merito?
Ovviamente no. La risposta e l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti degli eventi che si svolgono intorno all’Armenia e all’Artsakh sono per me inaccettabili. Essendo un Paese democratico, dichiarando che siamo con gli Armeni, ma allo stesso tempo dando molti soldi alle forze armate dell’Azerbajgian e della Turchia, è sangue sulle loro mani perché dai soldi e non prendi misure per fermare la guerra. La mia risoluzione presentata al Partito Democratico dello Stato della California è stata storica, perché una risoluzione di tale contenuto non è mai stata adottata dal Partito. Ho combattuto molto affinché la terminologia e il contenuto della dichiarazione non cambiassero. Quella risoluzione è importante perché diventa la piattaforma del Partito.

Nel 2023, cosa augurerai al popolo armeno?
Prima di tutto, desidero sicurezza. Non puoi parlare di nient’altro quando sia l’Armenia che l’Artsakh sono in questo stato. Ho visitato Syunik, sono già stato ad Artsakh e posso dire con sicurezza che non c’è paura negli occhi del popolo armeno, quindi auguro loro di non perdere la volontà e la forza.

Due dittatori, che si chiamano fratelli, hanno distrutto entrambi i loro Paesi. Hanno saccheggiato le ricchezze nazionali e fatto morire di fame la gente. I manifestanti nei loro Paesi sono stati perseguiti e gettati in prigione. Milioni di persone sono state costrette a fuggire. Mentre i loro crimini continuano, sono intenti a distruggere anche l’Armenia e l’Artsakh, per poi proseguire sulla strada della Pan-Turchia.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Ventisettesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Gran Bretagna e Russia uniti per impedire la condanna dell’Azerbajgian nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU (Korazym 07.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.01.2023 – Vik van Brantegem] – È sempre attivo il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Nessun segno apparente di negoziati o dei loro risultati da parte delle parti coinvolte. Tutto il traffico (di persone e merce) tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia (e il resto del mondo) rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere e il contingente di mantenimento della pace russo che presiede il Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.

Lo storico e sociologo turco Altuğ Taner Akçam ha espresso la sua preoccupazione per la chiusura dell’unica strada che collega l’Artsakh al mondo e la conseguente crisi umanitaria. Akçam ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Gli Armeni festeggiano il Natale. Mi congratulo con tutti gli amici armeni il giorno di Natale. Possa questa festa portarci tutti felicità, pace e bei giorni. Voglio aggiungere che i nostri cuori e sentimenti sono con gli Armeni in Karabakh (Artsakh) nei loro giorni molto difficili. Più di 120.000 persone sono sotto assedio azero, con il loro futuro incerto. E il mondo, sfortunatamente, chiude un occhio su ciò che sta accadendo proprio davanti ai nostri occhi”.

Akçam è stato uno dei primi accademici turchi a riconoscere e a discutere apertamente il genocidio armeno compiuto dal governo turco nel 1915. Nel 1976 fu arrestato e condannato a dieci anni di prigionia per aver discusso pubblicamente del genocidio armeno, ma l’anno successivo fuggì di prigione e riparò nella Repubblica Federale di Germania, dove gli venne riconosciuto asilo politico. Attualmente Visiting Associate Professor di Storia presso la University of Minnesota, USA.

L’Eurodeputato, membro del Partito Popolare Europeo, Peter van Dalen, ha condiviso su Twitter un articolo della BBC sulla crisi umanitaria in Artsakh dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, e ha commentato: “I brutali risultati del blocco azero del Nagorno-Karabakh; negozi vuoti e gente disperata. Perché l’Unione Europea è così silenziosa?! Non capisco! Josep Borrell deve agire ora!”

«Donne dell’Artsakh: forti, resilienti, umili. Anche durante il #ArtsakhBlockade, quando 120.000 persone stanno subendo un’altra aggressione azerbajgiana e stanno affrontando il progetto di pulizia etnica azero, le donne armene danno ancora la forza di vivere e costruire nella nostra patria» (Edgar Harutyunyan).

Nuove immagini dal posto di blocco azero del Corridoio di Berdzor (Lachin) mostrano “eco-attivisti” e picchetti organizzati dallo Stato dell’Azerbajgian che cantano l’inno nazionale. In gran parte hanno le facce coperte, per impedire il riconoscimento, che ha reso possibile in passato rintracciare militari dei servizi speciali azeri tra i dimostranti. Il #ArtsakhBlockade sta procedendo secondo tattiche chiaramente pianificate dallo Stato dell’Azerbaigian. C’è un gruppo di propaganda operativa livello statale, che si trova nella sede principale e accetta nuovi gruppi.

Un altro degli “eco-activisti” azeri che bloccano il Corridoio di Berdzor (Lachin). Sulla giacca a vento in versione borghese porta il logo della Fondazione per i Giovani dell’Azerbajgian, sotto il Ministero della Gioventù e dello Sport.

Altri veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa, 4 questa volta, ripresi dalla parte dell’Azerbaijan che attraversavano il posto di blocco.

Dal 12 dicembre 2022, l’Azerbajgian permette il passaggio solo ai veicoli della Croce Rossa e del contingente di mantenimento della pace russo. Qualunque cibo e beni essenziali trasportati attraverso il posto di blocco azero verso il Nagorno-Karabakh, passano esclusivamente con i camion del contingente di mantenimento della pace russo. Non sono ammessi veicoli civili.

A causa del blocco azero dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia, gli interventi chirurgici programmati continuano ad essere sospesi nelle strutture mediche che operano sotto il Ministero della Salute dell’Artsakh. 13 bambini sono nelle unità di terapia intensiva e neonatale dell’unità medica “Arevik”. Al “Centro Medico Repubblicano”, 13 pazienti sono ricoverati nel reparto di terapia intensiva, 6 dei quali sono in condizioni critiche. I medici stanno facendo del loro meglio per stabilizzare le condizioni dei pazienti.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha trasportato altri 3 pazienti da Stepanakert a Yerevan, tra cui un bambino di 2 mesi con sindrome di Down e un adulto con leucemia acuta. Fino ad oggi, un totale di 13 pazienti, due dei quali bambini di 4 e 2 mesi, sono stati trasferiti dall’Artsakh in Armenia con la mediazione e l’accompagnamento del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Il Ministero della Salute della Repubblica dell’Artsakh sta adottando tutte le misure possibili per superare adeguatamente la situazione creatasi a causa del blocco azero, si legge in un comunicato.

Sembra che la leadership di Baku stia ora costringendo le forze di pace russe oltre le loro capacità, a svolgere un importante compito umanitario. Dal 12 dicembre 2022 le vite degli Armeni dell’Artsakh dipendono sostanzialmente dalle forze di pace russe. Sebbene nell’Artsakh non siano state segnalate ancora episodi significativi di fame, ulteriori interruzioni da parte dell’Azerbaijan dei trasporti russi possono provocarli. Le scorte di antibiotici per bambini si esauriscono pericolosamente, paracetamolo e ibuprofene sono difficili da trovare.

Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, ha rilasciato interviste ai media internazionali, presentando la situazione creata dal blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

In un’intervista rilasciata alla Radio Nazionale Svedese, rispondendo alle motivazioni ambientali della chiusura del Corridoio di Lachin, presentate dalla parte azera e alla domanda sulla violazione della dichiarazione tripartita del 9 novembre del 2020, Ruben Vardanyan ha risposto che le affermazioni dell’Azerbajgian non suonano credibili a nessuno, perché il mondo intero sa che in un Paese autoritario non accade nulla sotto la “responsabilità degli ambientalisti”. “Ricordi quante proteste ambientali hanno avuto luogo in Azerbajgian negli ultimi 10 anni? Non abbiamo meccanismi in Artsakh per fare pressione su un Paese che ha firmato un documento che conferma il diritto di utilizzare liberamente il corridoio, e oggi lo sta violando. Chiediamo che alla comunità internazionale a fornirci un corridoio aereo umanitario in modo da poter portare cibo e generi di prima necessità. Tuttavia, l’Azerbajgian non consente neanche questo. Pertanto, la percepiamo come una politica statale, una posizione del governo, che mostra chiaramente che vogliono portarci tutti fuori di qui e portare avanti la pulizia etnica per avere l’Artsakh senza Armeni”.

In un’intervista al periodico britannico Byline Times (che di seguito riportiamo integralmente nella nostra traduzione italiana dall’inglese), Ruben Vardanyan ha descritto la situazione creatasi a seguito del blocco azero nell’Artsakh. Presentando alla comunità internazionale l’appello del Ministro di Stato dell’Artsakh a imporre sanzioni contro l’Azerbajgian se il blocco continua, il giornalista nota che la situazione in Ucraina ha “gettato l’Occidente tra le braccia dell’Azerbajgian, spinto dalla disperata ricerca di sicurezza energetica”.

“Bloccando il Corridoio di Lachin, Aliyev segnala ancora una volta che si sta muovendo verso il controllo completo di un’area che gli Armeni considerano parte della loro eredità, religione, cultura e identità storica”, scrive il giornalista.

Presentando alla comunità internazionale l’appello del Ministro di Stato dell’Artsakh a imporre sanzioni contro l’Azerbajgian se il blocco continua, il giornalista nota che la situazione in Ucraina ha “gettato l’Occidente tra le braccia dell’Azerbajgian, spinto dalla disperata ricerca di sicurezza energetica”. “Bloccando il Corridoio di Lachin, Aliyev segnala ancora una volta che sta cercando il controllo completo su un’area che gli armeni considerano parte della loro eredità, religione, cultura e identità storica”, conclude il giornalista.

Registriamo nuove provocazioni azere.

Mentre dei dipendenti statali azeri travestiti da “attivisti per l’ambiente” ancora bloccano il Corridoio di Berdzor (Lachin) isolando da 26 giorni l’Artsakh, i soldati dell’Azerbajgian bruciano l’erba secca destinati alle mandrie, vicino al villaggio di Verishen, nei territori del Sud dell’Armenia occupati dall’esercito del dittatore azero, Ilham Aliyev.

La polizia dell’Artsakh riferisce che un contadino armeno del villaggio di Hatsi è stato preso di mira da postazioni militari dell’Azerbajgian mentre lavorava nei campi con il suo trattore. Non solo il blocco del Corridoio di Lachin per affamare l’Arsakh, ma impedire anche i contadini di lavorare nei campi e produrre generi alimentari.

Mentre nega cibo, carburanti e forniture mediche alla popolazione dell’Artsakh dal 12 dicembre scorso, dal 27 febbraio 2022 l’Azerbajgian invia aiuti umanitari all’Ucraina: medicinali, forniture mediche, dispositivi e attrezzature da utilizzare durante i soccorsi medici nei casi improrogabili e di emergenza, nonché cibo e prodotti alimentari per la popolazione. Inoltre, si ricorda anche che tutte le stazioni di servizio della Compagnia petrolifera statale dell’Azerbaigian (Socar) in Ucraina forniscono gratuitamente carburante a tutte le ambulanze.

Inoltre, mentre l’Azerbajgian con fatti e parole dimostra che ha nessuna intenzione di risolvere i conflitti con l’Armenia e l’Arsakh in forma pacifica per via diplomatica, a marzo 2022, Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian e Capo del dipartimento per gli affari esteri dell’amministrazione presidenziale, a margine di un forum diplomatico svoltasi ad Antalya in Turchia, ha affermato che se ci fosse una proposta, l’Azerbajgian sarebbe pronto a ospitare un incontro tra i rappresentanti di Russia e Ucraina. “C’era una tale proposta da parte ucraina. In caso sia confermata questa intenzione, siamo pronti a ospitare un incontro del genere. In precedenza, Baku ha accolto gli incontri tra le delegazioni militari della Russia e degli Stati Uniti, così come i negoziati tra la Russia e la NATO. L’Azerbajgian non è né un membro della NATO, né un membro della CSTO, presiede il Movimento dei non allineati, ha una sorta di status di non allineato”, ha detto Hajiyev. “Sulla base di questo, crediamo che entrambe le parti possano sentirsi a proprio agio. Se vi fosse una tale proposta, l’Azerbajgian sarebbe pronto a sostenerla e a dare il suo contributo”, ha sottolineato.

L’Accademia nazionale delle scienze dell’Azerbajgian avvia un nuovo dipartimento chiamato “Storia dell’Azerbajgian Occidentale”.

Si può ridere di questa assurdità, ma il dittatore azero Ilham Aliyev vuole legittimare i suoi sforzi occupazionali del territorio armeno con una storia completamente falsa. Questa assurdità inventata chiamata “Azerbajgian Occidentale” significa Armenia. Guardate le mappe antiche: dove troverete l’Azerbajgian? Da nessuna parte, inesistente.

La Turchia sta costruendo una base militare modulare sul monte Ararat al confine con l’Armenia, a 2.100 m.s.l.m., che sarà dotata di moderni sistemi di telecamere per la visione notturna e droni. I media turchi, che ne parlano, riferiscono che viene costruita “per combattere il terrorismo”.

Il cinico patto tra Russia e Regno Unito
Sull’aggressione dell’Azerbajgian nei confronti dell’Armenia
La Gran Bretagna si è unita alla Russia nel bloccare una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna il blocco azero del Nagorno-Karabakh
di Pietro Oborne
Byline Times, 6 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le relazioni tra Gran Bretagna e Russia sono state congelate da quando Vladimir Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina nel febbraio dello scorso anno. Ma a Natale, le due potenze ostili – non riportate dai media britannici – si sono unite per una causa comune.

Il Ministro degli Esteri britannico, James Cleverley, e il suo omologo russo, Sergey Lavrov, hanno lavorato su percorsi paralleli presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per proteggere l’ex Stato sovietico dell’Azerbajgian dalle critiche per la sua brutale condotta nei confronti della popolazione armena del Nagorno-Karabakh.

Non stiamo parlando di riconciliazione – o qualcosa del genere – tra Londra e Mosca. Ma la Gran Bretagna e la Russia hanno un interesse comune a mantenere al potere Ilham Aliyev, il notoriamente corrotto e insensibile Presidente dell’Azerbajgian.

In parole povere, la Gran Bretagna ha bisogno di petrolio e gas azeri. Per quanto riguarda un Vladimir Putin sempre più combattuto, Aliyev è un alleato vitale sul confine inquieto e pericoloso tra l’Europa orientale e l’Asia centrale, un’area in cui la Russia ha un profondo interesse strategico.

La crisi che ha unito Russia e Gran Bretagna è stata la decisione del Presidente Aliyev del mese scorso di bloccare il collegamento – noto come Corridoio di Lachin – tra Armenia e Nagorno-Karabakh.

Il Nagorno-Karabakh (noto agli Armeni come Artsakh) è stato conteso tra l’Azerbajgian e l’Armenia in una serie di sanguinosi conflitti dal crollo dell’Unione Sovietica trent’anni fa.

Bloccando il Corridoio di Lachin, Aliyev segnala ancora una volta che si sta muovendo verso il controllo completo di un’area che gli Armeni considerano parte della loro eredità, religione, cultura e identità storica.

La reazione della comunità internazionale è stata immediata e – in un primo momento – forte. La Francia – Presidente di turno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – ha convocato una riunione il 20 dicembre durante la quale una nazione dopo l’altra ha chiesto la fine del blocco. Tra loro c’era la Gran Bretagna, il cui Ambasciatore ONU, James Kariuki, ha chiesto “l’immediata riapertura del Corridoio”.

Ha detto che “il Corridoio di Lachin è l’unico mezzo con cui le necessità quotidiane possono essere consegnate alla regione. La chiusura del Corridoio per oltre una settimana aumenta il rischio di gravi conseguenze umanitarie, soprattutto in inverno”.

Sulla scia di questa riunione frettolosamente convocata, la Francia iniziò a redigere una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condannava il blocco.

Sia le fonti armene che quelle azere concordano su ciò che seguì. L’Azerbajgian si è messo al lavoro per assicurarsi che la condanna del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non vedesse mai la luce del giorno. Le pressioni sono andate avanti per tutto il periodo natalizio e Gran Bretagna e Russia (che sono state forze di pace in Karabakh sin dalla fine della guerra dei 44 giorni di due anni fa) erano entrambe ansiose di ascoltare la versione azera della storia. Funziona così: il Corridoio di Lachin non è bloccato dallo Stato dell’Azerbaigian. I responsabili sono degli eco-manifestanti, irritati dalle operazioni minerarie. È inconcepibile che Gran Bretagna e Russia credano a questa assurda storia di copertura. Ma potrebbe essere stato conveniente a loro farlo.

Entro il 30 dicembre ogni prospettiva di una denuncia del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro l’Azerbajgian era crollata. Ciò è diventato pubblico quando un sito di notizie armeno, Factor TV, ha riferito che la Russia ha introdotto una serie di modifiche alla bozza dell’ultimo minuto “sapendo molto bene che non sarebbero state accettate dagli altri membri, cosa che in effetti è avvenuta”.

Il giorno seguente un esultante Ambasciatore dell’Azerbajgian a Brussel, Vaqif Sadiqov, confermò il racconto armeno. In un tweet pavoneggiando, pubblicato alla vigilia di Capodanno, Sadiqov si è vantato: “Oggi la Francia ha perso un’altra battaglia contro l’Azerbajgian nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel tentativo fallito di spingere una dichiarazione di parte filo-armena del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Lachin, che ha scatenato una dura reazione da parte di altri membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Il suo tweet concludeva: “Parole di gratitudine vanno ad Albania, Russia, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito! Un ottimo lavoro dei diplomatici dell’Azerbajgian!”

L’Albania e gli Emirati Arabi Uniti sono membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Gran Bretagna e Russia sono membri permanenti.

Questa squallida storia di tradimento è vecchia quanto la stessa diplomazia. Gran Bretagna e Russia, sebbene acerrime nemiche, si unirono in una causa spregevole per perseguire vantaggi privati.

Come sempre in tali circostanze ci sono dei perdenti. In questo caso, i 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh. Oggi normalmente celebrerebbero il Natale armeno. Secondo la tradizione, gli Armeni si riuniscono alla vigilia di Natale con un piatto chiamato Khetum, il loro equivalente del nostro tacchino, salsa di pane e patate arrosto.

Quest’anno gli ingredienti – riso, pesce e verdure – sono irraggiungibili. Si parla di fame imminente se il blocco continua. Le scorte mediche sono già finite. Gli scaffali di molti negozi sono vuoti. Molti membri delle famiglie sono separati, impediti dal blocco a compiere il viaggio dall’Armenia all’Artsakh.

Ieri ho parlato via Zoom con Ruben Vardanyan, il Ministro dello Stato dell’Arksakh, nel suo ufficio a Stepanakert, la città più grande della regione. Come tutti i Ministri in quel luogo disperato e combattuto, indossa l’abbigliamento casual ma robusto preferito dal Presidente Volodymyr Zelensky in Ucraina: una razza di leader politici pronti a correre al riparo o prendere una mitragliatrice in un attimo.

“Da ventiquattro giorni siamo in questo blocco”, ha detto. “Riceviamo un po’ di cibo dalla Croce Rossa e dalle forze di pace russe. Ma in realtà non abbiamo generi alimentari di base. Niente frutta, niente verdura. Abbiamo un po’ di grano e carne e un po’ di latte. Altre cose non esistono più”. “Niente sigarette”, aggiunse in modo significativo.

Mi ha detto tristemente che era tra i 5.000 residenti dell’Artsakh che sono separati dalle loro famiglie questo Natale. “Mia moglie e quattro figli hanno pianificato il nostro Natale molti mesi fa”. A causa del blocco dell’Azerbajgian sono separati: “Per la prima volta nella mia vita, sono separato dalla mia famiglia a Natale. Fondamentalmente, siamo ostaggi dell’Azerbajgian mentre la strada”. Ha invitato la comunità internazionale a imporre sanzioni se l’Azerbajgian persistesse con il blocco.

Ci sono poche possibilità. Per una perversa ironia, l’invasione russa dell’Ucraina ha gettato l’Occidente, tra le braccia dell’Azerbajgian, spinto da una disperata ricerca di sicurezza energetica. Il Presidente europeo Ursula von der Leyen lo ha reso esplicito quando ha affermato a luglio che “l’Europa si sta rivolgendo a fornitori di energia affidabili. L’Azerbajgian è uno di questi”.

C’è un brutto paradosso qui. Putin è un mostro, ma lo è anche il Presidente Aliyev dell’Azerbajgian, un leader dinastico il cui regime ha precedenti di corruzione, repressione, torture e omicidi mentre reprime ogni parvenza di opposizione politica.

Insistiamo sul fatto che stiamo combattendo per i diritti umani in Ucraina. Ma sul Nagorno-Karabakh abbiamo stretto un’alleanza grottesca, insieme alla Russia di Putin, con uno dei peggiori tiranni del mondo. Le vittime di questo cinico patto sono gli Armeni dimenticati.

Ieri presto ho contattato il Ministero degli Esteri britannico e ho chiesto la loro risposta al messaggio di ringraziamento dell’Ambasciatore azero a Brussel. Ho chiesto se la Gran Bretagna fosse d’accordo sul fatto che aveva contribuito a far fallire la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro l’Azerbajgian. Ho chiesto se fosse d’accordo con l’Ambasciatore dell’Azerbajgian che la Gran Bretagna e la Russia si trovassero dalla stessa parte su questo problema. Un funzionario del Ministero degli Esteri ha promesso una risposta entro il pomeriggio. Ieri sera ho inviato un messaggio di follow up. Questa mattina ne ho inviato un altro. Quando questo articolo è andato in stampa, non c’era ancora alcuna risposta dal Ministero degli Esteri britannico.

Caucaso, il Nagorno Karabakh sotto assedio
L’appello degli armeni: “È pulizia etnica, il mondo fermi l’Azerbaigian”
di Roberto Travan
La Stampa, 6 gennaio 2023

Non c’è pace per gli armeni del Caucaso. L’autoproclamata Repubblica del Nagorno Karabakh è isolata, sull’orlo di una grave crisi umanitaria. Dal 12 dicembre l’Azerbaigian ha chiuso il corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia (e al mondo), strada su cui transitavano tutte le forniture di beni essenziali, 400 tonnellate di merci al giorno. Baku, la capitale azera, ha inoltre tagliato l’erogazione del gas e dell’acqua potabile. Per i 120.000 abitanti del Karabakh – dal 2017 ribattezzato Artsakh – superare l’inverno sarà difficile, forse servirà un miracolo. Perché il cibo inizia a scarseggiare, gli ospedali sono a corto di medicine, le scuole e gli uffici pubblici chiusi, privi di riscaldamento. Impossibile fuggire perché i civili – quasi la metà sono anziani e bambini – sono letteralmente bloccati, in trappola. Quello che si sta consumando è solamente l’ultimo atto del conflitto scatenato oltre trent’anni fa dall’Azerbaigian per il possesso di una terra le cui radici armene e cristiane sono autentiche, profonde, inestirpabili. Nel 2020 uno degli scontri più duri di sempre, la Guerra dei 44 giorni: gli azeri fiancheggiati dalla Turchia – Ankara fornì droni e mercenari jihadisti arruolati in Siria – non lasciarono scampo alle deboli e impreparate difese del Nagorno Karabakh. Furono oltre settemila i morti e centomila gli sfollati, vittime che allungarono la drammatica contabilità del conflitto portandola a quasi quarantamila caduti e più di un milione di profughi. L’accordo di cessate il fuoco firmato il 9 novembre 2020 da Russia, Armenia e Azerbaigian prevedeva, oltre a nuove e dolorose concessioni territoriali a Baku, il dispiegamento di un contingente russo a protezione del Karabakh, oramai ridotto a un terzo dei suoi precedenti confini. Da quasi un mese l’Azerbaigian, infrangendo quel patto, sta tenendo in ostaggio la pacifica enclave armena per completarne, secondo molti osservatori, l’occupazione.

RISCHIO PULIZIA ETNICA. «Gli azeri stanno violando tutte le leggi internazionali nate per proteggere i civili nelle zone di guerra» denunciano i Difensori dei Diritti umani di Armenia e Karabakh. Secondo le informazioni raccolte nel loro ultimo rapporto, le proteste ambientaliste che da settimane stanno impedendo il transito a Lachin sarebbero in realtà «inscenate da attivisti appartenenti ad organizzazioni finanziate dal governo dell’Azerbaigian o direttamente riconducibili a fondazioni della famiglia del presidente Aliyev». Provocatori, insomma, tra cui «numerosi appartenenti ai servizi speciali di sicurezza azeri e simpatizzanti dei Lupi grigi, formazione terroristica dell’estrema destra turca». E non si tratterebbe di un fatto isolato, ma «di una vera e propria strategia per provocare la fuga della popolazione armena e lo spopolamento del Paese». Il dossier documenta «gli attacchi alle infrastrutture civili, l’interruzione sistematica di gasdotti e acquedotti, le incursioni nei villaggi pacifici per mettere in ginocchio l’agricoltura e l’economia, le campagne di propaganda e disinformazione per terrorizzare gli abitanti». Infine il drammatico allarme: «È in corso un’autentica pulizia etnica, il mondo deve intervenire».

LE AMBIGUITÀ DELLA RUSSIA. Neppure la forza di interposizione russa è riuscita fino ad ora a rompere l’isolamento dell’enclave armena. «Non ha fatto nulla per impedire il blocco, è stata complice degli azeri e dei turchi» accusa con fermezza Karen Ohanjanyan, attivista e fondatore del locale Comitato Helsinki 92, organizzazione non governativa per i diritti umani. «Mosca si è voltata dall’altra parte tradendo perfino il Trattato di sicurezza con Yerevan e alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica: perché non è intervenuta quando l’Azerbaigian ha più volte attaccato l’Armenia negli ultimi due anni?» domanda Ohanjanyan dal suo ufficio a Stepanakert, la capitale della Repubblica de facto. Spera di ottenere maggiori attenzioni da Putin il nuovo premier del Nagorno Karabakh Ruben Vardanyan, noto filantropo e oligarca russo (con cittadinanza armena) di cui sono altrettanto noti gli ottimi rapporti con l’entourage del Cremlino. «L’Azerbaigian non è interessato ad offrire alcuna protezione al nostro popolo» ha dichiarato senza troppi giri di parole. Laconica la risposta incassata dal portavoce russo Dmitry Peskov: «Sono preoccupato per l’interruzione dell’unica strada tra il Karabakh separatista e l’Armenia. E spero i colloqui tra le due parti proseguano». Un legame certamente opaco quello tra Mosca e Yerevan. Perché la Russia – dal 1995 in Armenia con un consistente presidio militare – è da sempre uno dei principali fornitori di armi dell’Azerbaigian, il nemico insomma. E fino a marzo 2023 fornirà a Baku pure un miliardo di metri cubi di gas, risorsa che in Azerbaigian abbonda essendo la sua principale fonte di ricchezza. Ma di cui ora ha grande bisogno per esaudire le maggiori forniture promesse all’Europa, con buona pace delle sanzioni a Mosca per aver invaso l’Ucraina.

L’APPELLO AL MONDO. L’Armenia ha le mani legate dopo la sconfitta del 2020. E il suo premier Nikol Pashinyan sa perfettamente di essere in un vicolo cieco. È immobilizzato in primis dall’ingombrante alleato russo che, impantanato militarmente sul suolo ucraino, certo non lo soccorrerà per evitare un nuovo fronte nel Caucaso; intimorito dalla Turchia armenofoba di Erdogan intenzionata a portare a termine il genocidio iniziato un secolo fa dall’Impero Ottomano, ecatombe che inghiottì un milione e mezzo di armeni; attaccato sul campo dall’Azerbaigian di Aliyev, famiglia al potere da oltre trent’anni, intoccabile per i suoi grassi affari con l’Europa affamata di gas; indebolito dalle proteste popolari in cui serpeggia il malessere della débâcle bellica e diplomatica, certo, ma non meno il peso della crisi sociale ed economica in cui da tempo è precipitato il Paese. I ministri degli Esteri di Armenia e Nagorno Karabakh hanno ammonito con chiarezza la comunità internazionale: «L’assenza di una reazione adeguata all’aggressione azera potrebbe causare nuovi tragici sviluppi». Ne ha discusso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 20 dicembre. E l’indomani – dopo il decesso di uomo rimasto senza cure a causa dei confini bloccati – la Corte europea dei Diritti umani ha intimato all’Azerbaigian di consentire l’evacuazione dei pazienti più gravi, permettendo alla Croce Rossa Internazionale di mettere in salvo un neonato e consegnare un convoglio di aiuti umanitari. Ma il giorno di Natale è stato l’intero Karabakh a scendere in piazza per appellarsi al mondo. Erano quasi ottantamila, hanno marciato pacificamente a Stepanakert chiedendo la rimozione dell’assedio che giorno dopo giorno li sta inesorabilmente soffocando. «Siamo le nostre montagne!» hanno gridato scandendo il nome del monumento all’ingresso della capitale diventato il simbolo di questo popolo fiero e coraggioso. Montagne aspre, intrise di storia, memoria e dolore: il Caucaso degli armeni che ancora una volta implorano aiuto.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

FOCUS CAUCASO La situazione nel corridoio di Lachin – (ACIStampa 07.01.23)

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La situazione nel corridoio di Lachin

Aveva colpito la menzione di Papa Francesco alla situazione nel corridoio di Lachin durante l’Angelus del 18 dicembre. Il corridoio è l’unico contatto tra l’Artaskh, l’antico nome armeno del Nagorno Karabakh, e la capitale armena Yerevan. Cinque chilometri di strada, che ormai dal 12 dicembre restano bloccati da eco-attivisti azerbaijani supportati dall’esercito di Baku che si è unito a loro.

Garen Nazarian, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, ha sottolineato che il corridoio di Lachin “secondo la Dichiarazione Trilaterale è sotto il controllo del contingente di pace russo, ed è usato solo per il passaggio di persone e beni destinati alla popolazione civile del Nagorno Karabakh”.

Il blocco dunque denuncia l’ambasciatore, costituisce il blocco dell’unico canale di rifornimento per 120 mila cittadini in Nagorno Karabakh, mentre il contingente russo è impossibilitato a restaurare la situazione, mentre “almeno 1100 civili, tra cui donne e anziani, 270 bambini sono rimasti bloccati sulla strada bloccata, in condizioni di rigido inverno, e impossibilitati a tornare nelle loro case”, nota l’ambasciatore Nazarian.

Le conseguenze umanitaria possono essere “irreversibili e catastrofiche”, considerando che “attualmente, rifornimento di cibo, medicine ed energia sono bloccati”, e persino le forniture di gas sono state bloccate “per tre giorni consecutivi in dure condizioni invernali”, cosicché a mancanza del riscaldamento ha bloccato anche le lezioni scolastiche, privando i bambini del loro fondamentale diritto all’educazione”.

Non solo. L’ambasciatore nota che il blocco ha provocato anche “una dura crisi per il sistema sanitario del Nagorno Karabakh”, e persino “il trasferimento di pazienti negli ospedali armeni per cure urgenti è diventato impossibile, e ciò ha già causato la morte di un paziente gravemente malato”.

Una situazione che è in contrasto con la IV Convenzione di Ginevra, che si occupa della Protezione dei Civili in tempo di guerra. Perciò, denuncia Nazarian, “il blocco del corridoio di Lachin costituisce una manifesta rottura della convenzione”.

Nazarian sottolinea che il blocco, con il suo carattere coordinato, si configura come “una operazione pre-pianificata”, implementata delle autorità dell’Azerbaijan, e che dunque “le dichiarazioni che l’Azerbaijan non avrebbe messo alcuna resrizione sul corridoio di Lachin sono false”, e sono un tentativo di “negare la responsabilità di Baku per le gravi violazioni degli obblighi internazionali esisttenti”.

Per questo, l’ambasciatore Nazarian chiede la comunità internazionale “prenda urgentemente e unanimemente una posizione non ambigua e determini azioni destinate a condannare, punire e prevenire l’Azerbaijan dal continuare ad agire con un senso di assoluta impunità”, con lo scopo finale di “risolvere il conflitto in Nagorno Karabakh con l’uso della forza e con la distruzione del popolo in Nagorno Karabakh”.

A questo proposito, Nazarian ricorda che “una discussione cruciale si è tenuta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, laddove “diverse nazioni e organizzazioni internazionali hanno definito la situazione in maniera chiara, chiedendo all’Azerbaijan di sbloccare il corridoio”. L’ambasciatore chiede a questo punto che si invii una missione ONU ed OSCE nel corridoio Lachin.

L’Armenia si aspetta infine che il Consiglio di Sicurezza ONU “chieda di rispettare la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, invii una missione di accertamento dei fatti in Nagorno Karabakh e nel corridoio di Lachin, e assicuri accesso umanitario alle agenzie ONU in Nagorno Karabakh.

Conclude l’ambasciatore: “L’attuale blocco del corridoio Lachin non è un caso isolato, ma un’altra dimostrazione delle sistematiche violenze ideate delle autorità azerbaijane per una pulizia etnica del Nagorno Karabakh”.

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Ventiseiesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il Corridoio di Lachin: la via più breve tra propaganda azera e realtà genocida… (Korazym 06.01.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.01.2023 – Vik van Brantegem] – … e voi, che leggete e state in silenzio, non venitemi a dire, quando sarà troppo tardi: “Wir haben es nicht gewußt” (non lo sapevamo), come era la difesa stereotipata usata dai Tedeschi nel tentativo di deviare le accuse di non aver fatto abbastanza per fermare i crimini nazisti contro l’umanità durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare la Shoah.

È sempre attivo il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin). Tutto il traffico (di persone e merce) tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia (e il resto del mondo) rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere e il contingente di mantenimento della pace russo che presiede il Corridoio… il blocco. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh sotto assedio vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità.

Շնորհավոր Սուրբ Ծնունդ. Buon Natale. Fede e speranza aiutino il popolo dell’Artsakh. Oggi, venerdì 6 gennaio 2023 è il Natale armeno, a cui abbiamo dedicato la foto di copertina: «Natale sotto assedio #ArtsakhBlockade» (Foto di Siranush Sargsyan @SiranushSargsy1, giornalista di Armenian Weekly, bloccata dal 12 dicembre 2022 a Stepanakert).

Una festa di Natale sotto cupi presagi per l’Artsakh. Per quanto tempo resisterà la popolazione? Fino a quando ci sarà ancora cibo? Il tempo di Natale avrebbero dovuto essere un momento di gioia e di pace, ma per gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ogni giorno che passa è una lotta disperata per la sopravvivenza. L’Occidente è complice nel crimine contro l’umanità che sta commettendo l’Azerbajgian con il sostegno attivo della Turchia nel Caucaso meridionale. Non solo l’incapacità di ritenere responsabile l’Azerbajgian darebbe il via libera a un genocidio di logoramento contro gli Armeni Cristiani dell’Artsakh, ma segnalerebbe la volontà dell’Occidente di abbandonare le comunità a rischio ai capricci degli autocrati quando è opportuno per il proprio tornaconto.

Oggi, a Stepanakert il Vescovo Vrtanes Abrahamyan, Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena ha officiato una Santa Liturgia in occasione del Natale.

Hanno partecipato il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, il secondo Presidente, Arkady Ghukasyan, e il terzo Presidente, Bako Sahakyan, , nonché rappresentanti degli organi legislativo ed esecutivo, tra cui il Ministro di Stato, Ruben Vardanyan.

«Quest’anno festeggiamo il Natale sotto un blocco. Tuttavia, lo spirito del nostro popolo ha resistito e nulla può spezzare la nostra volontà di vivere nella nostra patria. Buon Natale! Քրիստոս ծնաւ եւ յայտնեցաւ [Cristo è nato ed è apparso]!», ha scritto Vardanyan in un post su Twitter.

Sulla sua pagina Facebook ufficiale Vardanyan ha scritto: «Quest’anno festeggiamo il Natale in Artsakh in condizioni estremamente insolite. Ma la nostra gente non può essere sopraffatta dalle difficoltà. Nessun blocco, nessuna pressione, nessuna minaccia può spezzare lo spirito, la volontà e la determinazione del popolo dell’Artsakh a vivere nella propria terra natale. Abbiamo avuto fasi molto più difficili nella nostra storia. Coloro che vogliono conquistare la nostra patria sono andati e venuti, ma noi abbiamo vissuto in questa terra santa per migliaia di anni e continueremo a vivere. Ogni periodo difficile è temporaneo, i nostri valori, la nostra eredità, la nostra fede sono permanenti. Caro popolo dell’Artsakh, Buon Natale! Քրիստոս ծնավ և հայտնեցավ [Cristo è nato e si è rivelato]».

The HALO Trust è seriamente preoccupato per il blocco in corso del Corridoio di Lachin, l’unica via che collega il Nagorno-Karabakh al mondo esterno, si legge nel comunicato pubblicato sull’account Twitter della missione di HALO impegnata nelle opere di sminamento in Nagorno-Karabakh [QUI]: “Durante quasi un mese di blocco, ne stiamo monitorando da vicino le conseguenze umanitarie. HALO ha circa 100 dipendenti locali in Karabakh e stiamo monitorando la disponibilità di cibo e altri rifornimenti per loro e le loro comunità”. HALO esprime la speranza per una rapida risoluzione della situazione e anche la sua disponibilità ad aiutare: “Siamo in costante contatto con i nostri partner regionali e altre organizzazioni umanitarie per coordinare gli aiuti umanitari, se necessario”.

The HALO Trust è un ente di beneficenza britannico apolitico e non religioso registrato e un’organizzazione americana senza scopo di lucro, il più grande ente di beneficenza umanitario al mondo per lo sminamento antiuomo. Con oltre 10.000 dipendenti in tutto il mondo, HALO opera in 28 Paesi. È l’unica ONG internazionale che rimuove i pericoli esplosivi nel Nagorno-Karabakh, trasformando le comunità e salvando vite umane.

Alcune interessanti scoperte open-source sul blocco stradale organizzato dallo Stato dell’Azerbaigian nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Alcuni manifestanti azeri sono stati identificati come militari attraverso i loro post sui social media, si trovano al posto di blocco come “eco-attivisti”.

“Abbiamo fratelli in Karabakh, siamo venuti in loro soccorso”.

Il Presidente turco Erdoğan ha menzionato il Nagorno-Karabakh durante l’incontro parlamentare del suo partito, affermando che la Turchia è venuti in soccorso dell’Azerbaigian lì [nel guerra dei 44 giorni dal 27 settembre al 9 novembre 2020] proprio come hanno fatto in Libia, ha affermato.
Al riguardo è significativo ricordare i dettagli sulla guerra dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nel 2020, che sono stati rivelati in una conversazione telefonica privata da un colonello azero, che furono pubblicati il 21 ottobre 2022 da Meydan TV, emittente azero indipendente non statale, con sede fuori dall’Azerbajgian.

Meydan TV – Poco prima della morte di Babek Samidli: sulle illegalità nell’esercito – REGISTRAZIONE SONORA – 21 ottobre 2022.
Anche il Colonnello Babak Samidli, Vice Comandante del 1° Corpo d’armata, partecipò alla seconda guerra del Karabakh, che durò 44 giorni. Pochi giorni dopo la fine della guerra, il 23 novembre, si dice che sia finito su una mina nel territorio dell’insediamento di Sugovushan. Dopo la sua morte, è stato insignito delle medaglie “Per la patria”, “Per la liberazione di Sugovusha” e dell’ordine “Vittoria”.
Meydan TV ha ottenuto la registrazione audio della conversazione che Babak Samidli ebbe poco dopo la guerra e pochi giorni prima della sua morte.
Non si conosce l’identità dell’interlocutore di Babek Samidli.

Il Colonello Babak Samidli era il Vice Comandante del 1° Corpo d’armata dell’Azerbajgian durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sul fronte Terter-Martakert. La conversazione è avvenuta pochi giorni prima che fosse ucciso da una mina terrestre due settimane dopo il cessate il fuoco, parlando con un interlocutore sconosciuto.

Secondo Samidli, il Vice Capo di Stato Maggiore dell’esercito dell’Azerbajgian aveva cercato di assicurare agli ufficiali che le forze dell’avversario [dell’Armenia e dell’Artsakh] erano inferiori e che le forze azere avevano un vantaggio. A quanto pare alcuni comandanti lo hanno confutato, dicendo che le loro forze erano uguali, “Io non posso andare contro 140 carri armati con 140 miei, me ne servono almeno 250 [per andare contro 140]. Il superiore di Samidli, il Comandante del 1° Corpo d’armata è andato oltre, affermando che aveva bisogno di un vantaggio di 3 a 1 per evitare grosse perdite, affermando che non si può andare contro 9 battaglioni con solo 6, ha affermato. “L’avversario ha avuto 30 anni per costruire un sistema di difesa”, ha continuato Samidli.

Parlando della guerra dei 44 giorni, Samidli ha menzionato la Turchia e Erdoğan che sono venuti in aiuto dell’Azerbaigian: “Se i Bayraktars non fossero arrivati, non saremmo stati in grado di mantenere un vantaggio, avremmo avuto molti fallimenti nei nostri attacchi”.

Il Bayraktar TB2 è un aeromobile a pilotaggio remoto (drone) sviluppato dalla turca Baykar Technologies, utilizzato da parte delle Forze armate turche per la sorveglianza a lunga autonomia e a medie altitudini. Durante la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sono stati usati dall’Azerbajgian contro le forze armate dell’Armenia e l’esercito di difesa dell’Artsakh in modo decisivo per l’esito della guerra. L’Azerbaigian ha utilizzato i Bayraktar TB2 per distruggere l’artiglieria armena, le postazioni di fanteria e vari mezzi militari.

Nella conversazione telefonica, Samidli afferma di aver ricevuto coscritti che avevano terminato il servizio militare obbligatorio intorno al 2005. Molti avevano dimenticato tutto e non erano in forma fisica. Ha detto che praticamente li ha “ricevuti, vestiti e armati”, e con solo 5 giorni per addestrarli. Se gli fossero stati concessi almeno 15 giorni, dice, la guerra non sarebbe durata 44 ma 20 giorni. Ogni giorno di guerra significa miliardi [in termini di denaro], osserva, e se la guerra fosse continuata, avrebbe avuto gravi conseguenze per l’economia.

L’avversario aveva l’artiglieria bielorussa D-20 con un raggio di 30 km, noi, dice Samidli, avevamo D-30 e D-44, con un raggio di 15 km. Era preparata solo la fanteria, incapace di combattere in montagna, per questo sono necessarie forze speciali. Samidli afferma anche di aver avuto solo 1 battaglione di ricognizione contro i 2 che l’Artsakh aveva di fronte a lui.

Dopo la guerra di aprile 2016, Samidli aveva cercato di trasformare le sue truppe motorizzate in truppe di montagna, ma è stato ignorato dai funzionari governativi. All’inizio della guerra del 2020, le sue truppe avevano proiettili di artiglieria per 2 settimane, il 62% aveva giubbotti antiproiettile, il 51% aveva dispositivi di comunicazione. Tre giorni prima della guerra, i carri armati T-55 arrivati, sprovvisti di dispositivi di comunicazione per comunicare con altri carri armati. Secondo Samidli, il suo 1° Corpo d’armata di 20.000 soldati aveva 7 dispositivi GPS Garmin, mentre ne avevano bisogno di almeno 100.

Riguardo alle perdite, Samidli afferma che il loro unico obiettivo era vincere la guerra a tutti i costi anche se perdendo battaglioni o brigate. “Non abbiamo considerato le perdite”, l’ordine del Presidente Aliyev doveva essere eseguito e completato il compito assegnato.

È chiaro che senza l’aiuto decisivo della Turchia, difficilmente l’Azerbajgian avrebbe potuto vincere la guerra del 2020 (e ottenere gran parte del territorio dell’Artsakh non conquistato, con l’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020). Infatti, come abbiamo già riferito più volte, da allora c’è stato una profonda riorganizzazione delle forze armate azere e eseguito una massiccio programma di addestramento speciale e di armamento.

Il Dipartimento di Stato può impedire un massacro. Perché non lo farà?
di Michael Rubin
1945, 5 gennaio 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il blocco azero del Nagorno-Karabakh controllato dagli Armeni sta ora entrando nella sua quarta settimana. Gli scaffali dei negozi di alimentari e delle farmacie nella capitale Stepanakert ora sono spogli.

I diplomatici azeri inizialmente hanno negato qualsiasi blocco. La narrazione di Baku si riduce all’affermazione che l’intero Nagorno-Karabakh è azero, quindi i residenti armeni devono partire o dipendere dalla generosità azera. Gli Armeni sostengono sia di avere il diritto all’autodeterminazione nel Nagorno-Karabakh, sia che la retorica genocida dell’Azerbajgian rende suicida qualsiasi dipendenza dalla buona volontà di Baku. La gestione di questa controversia è stata la base del decennale processo del Gruppo di Minsk dell’OSCE, che è crollato negli ultimi mesi del governo Trump. Indipendentemente dalla prospettiva, il fatto che l’Azerbajgian usi la fame come punizione collettiva per promuovere i propri interessi è innegabile.

La storia non sarà gentile con il governo Biden se permetterà che la situazione continui. Certamente, il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, ha il potere e ha la responsabilità ultima. Tuttavia, il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il Segretario di Stato, Antony Blinken, non possono negare la responsabilità. Dopotutto, anche dopo che l’Azerbajgian ha lanciato il suo attacco militare contro le comunità armene nel Nagorno-Karabakh, Blinken ha dato il via libera a continuare l’aiuto militare all’Azerbajgian, sfidando il Congresso e la legge statunitense.

Biden afferma come un mantra che “la diplomazia è tornata”, ma quando segnala che non ci sono conseguenze quando viene sfidato, la diplomazia perde ogni significato. Né Biden né Blinken sembrano preoccuparsi molto della diplomazia nella regione. Nel suo primo briefing dell’anno, il Portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, si è sottratto alla responsabilità. “Non sta a noi prescrivere quale sia una soluzione globale a questo conflitto”, ha affermato. “Questo è il duro lavoro che dovranno fare le parti stesse”.

Né l’entrambidismo è una scusa. Nel settembre 2022, la Cornell University ha pubblicato uno studio utilizzando immagini satellitari che mostravano “la cancellazione quasi totale dei siti del patrimonio armeno” nell’exclave azera di Nakhchivan. In un’audizione al Senato due mesi dopo, l’Ambasciatore Philip Reeker, Consigliere anziano del Dipartimento di Stato per i negoziati sul Caucaso, ha ammesso durante l’interrogatorio di aver visto numerosi video delle forze azere che giustiziavano sommariamente prigionieri armeni. Né Reeker né Karen Donfried, Vice Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, potrebbero spiegare perché, secondo le parole del Senatore Bob Menendez, gli Stati Uniti “non abbiano fatto nulla per verificare i video e le prove delle munizioni a grappolo, del fosforo bianco, che sono illegale”.

Una tale performance richiama il fallimento sia di Franklin Delano Roosevelt che dell’incapacità dei suoi assistenti anziani di spiegare perché non hanno bombardato le linee ferroviarie di Auschwitz, anche quando sapevano delle atrocità condotte lì. Gli apologeti potrebbero dire che sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, altri obiettivi avevano la precedenza. Nel Caucaso ora, tuttavia, nessuna argomentazione del genere potrebbe reggere, data la differenza di potere tra gli Stati Uniti da un lato e l’Azerbajgian e la Turchia dall’altro. Blinken ha molti strumenti a sua disposizione. La fine della rinuncia alla Sezione 907 del Freedom Support Act è solo la prima di queste.

La carenza morale dell’attuale politica di Biden si estende a Samantha Power. L’Amministratore di USAID ha basato la sua carriera sulla critica, nel suo libro vincitore del Premio Pulitzer A Problem from Hell, della riluttanza degli Stati Uniti a prevenire il genocidio. Si è occupata ampiamente dell’eredità di Raphael Lemkin – un avvocato polacco che ha coniato il termine genocidio e padre fondatore della Convenzione sul genocidio – e ha abbracciato pienamente il suo lavoro. Descrive dettagliatamente come tra le maggiori influenze di Lemkin ci sia stato il genocidio armeno dell’inizio del XX secolo. Sedersi in disparte, rimanere in silenzio e rifiutarsi di assistere la popolazione armena quando affronta la fame, macchierà permanentemente la sua eredità e bloccherà la sua ambizione di diventare un giorno lei stessa Segretario di Stato.

I funzionari statunitensi possono eludere la responsabilità sostenendo che il Nagorno-Karabakh è lontano e che Washington non ha la capacità di aiutare. Questo è falso. Non solo gli Stati Uniti hanno una leva finanziaria sull’Azerbajgian, ma gli Stati Uniti potrebbero anche fornire un aiuto immediato fornendo cibo e altri rifornimenti dalla base aerea di Incirlik vicino ad Adana, in Turchia.

I guerrieri dei think tank a Pennsylvania Avenue possono negare l’esistenza di qualsiasi blocco, ma perché il Dipartimento di Stato non dovrebbe inviare diplomatici a [Corridoio di] Lachin per osservare di persona? Il genocidio prospera nell’oscurità. Non procede così agevolmente quando viene illuminata da una luce. Biden e Blinken devono smetterla di estinguere i simili.

[*] Dr. Michael Rubin è Senior Fellow presso l’American Enterprise Institute (AEI). È autore, coautore e coeditore di diversi libri che esplorano la diplomazia, la storia iraniana, la cultura araba, gli studi curdi e la politica sciita, tra cui Seven Pillars: What Really Causes Instability in the Middle East? (Sette pilastri: cosa causa realmente l’instabilità in Medio Oriente?) (AEI Press 2019), Kurdistan Rising (L’ascesa del Kurdistan) (AEI Press 2016), Dancing with the Devil: The Perils of Engaging Rogue Regimes (Ballando con il diavolo: i pericoli di compiacere regimi corrotti) (Encounter Books 2014) e Eternal Iran: Continuity and Chaos (L’eterno Iran: continuità e caos) (Palgrave, 2005).

Il Corridoio di Lachin, bloccato dall’Azerbaigian da dicembre: la via più breve tra propaganda e realtà
di Sophie Flamand
Causeur, 4 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dal francese)

Certo, il potere azero sta annaffiando copiosamente politici e giornalisti, in Europa e altrove, per acquistare rispettabilità grazie alla sua “lavatrice”, il famoso scandalo “Laundromat” [*], denunciato da Le Monde e da altre dieci redazioni europee, tra cui l’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) [QUI]. Ma le lavatrici non sono tutte potenti e faticano a nascondere del tutto i fatti, peraltro di una chiarezza rara.

Il Nagorno-Karabakh è un territorio popolato da Armeni fin dal XVIII secolo a.C., dove l’Azerbajgian conduce una politica nazionale di odio e conquista, puntualmente segnalata dalle organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d’Europa [QUI]. Ma c’è di peggio; dalla guerra del 2020, l’Azerbajgian ha preso il 75% del territorio del Nagorno-Karabakh, e lo ha svuotato della sua popolazione armena. Oggi, il Nagorno-Karabakh è limitato a un piccolo territorio intorno alla capitale, Stepanakert, completamente senza sbocco sul mare in Azerbajgian. Ma ovviamente è ancora troppo per alcuni!

Va notato, tuttavia, che secondo il diritto internazionale il Nagorno-Karabakh fa parte dell’Azerbajgian e che gli accordi dell’Armenia basati sul diritto all’autodeterminazione non sono stati accettati dagli organismi internazionali. Così anche l’Armenia non ha riconosciuto ufficialmente l’autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Se il distretto di Lachin (e i suoi villaggi) fa parte de jure e de facto dell’Azerbajgian, è solo dalla fine dello scorso agosto e in seguito all’accordo tripartito firmato dai Presidenti armeno, azero e russo, nel novembre 2020, per porre fine la seconda guerra del Karabakh.

Se ne parliamo oggi è perché con il blocco dell’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, non è solo il Nagorno-Karabakh ad essere minacciato, ma l’Armenia nel suo insieme.

Il Presidente azero ha dichiarato in diverse occasioni e ancora molto recentemente che diverse regioni dell’Armenia sono territori azeri che intende annettere [QUI], compresa la capitale Yerevan [QUI]. L’Azerbajgian non fa mistero della sua fedeltà alla Turchia, che a sua volta non nasconde più il suo desiderio di ricreare un impero ottomano. Ricorda che la Turchia e il suo vassallo Azerbajgian sono stati negazionisti, agli occhi dei quali il genocidio del 1915 fu un’escursione in qualche modo sportiva. Le autorità turche arrivano al punto di glorificare regolarmente gli autori di questo quando non chiamano per finire il lavoro! Durante la celebrazione della sua vittoria a Baku il 10 dicembre, Recep Tayyip Erdogan, non ha forse invocato, con le stelle (o le mezzelune?) negli occhi, Enver Pasha, cioè uno dei principali artefici del genocidio del 1915, così come l’esercito islamico del Caucaso, che ha proseguito nella regione l’epurazione compiuta in Turchia?

Certo, le riunioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si svolgono regolarmente sull’argomento e la Corte Internazionale di Giustizia è stata investita della questione. Ha persino ordinato misure provvisorie contro l’Azerbajgian [QUI]. Per non parlare del fatto che le associazioni di specialisti del genocidio lanciano regolarmente l’allarme [QUI]. Ma l’Unione Europea tace e distoglie lo sguardo compiaciuto, dimenticando il suo passato non così lontano. Gli Europei potranno, ancora una volta, lamentarsi che “non sapevano”?

[*] La “laundramat” (lavanderia a gettoni) azera è un complesso schema di riciclaggio di denaro organizzato dall’Azerbajgian, che è stato rivelato dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) nel settembre 2017. Le indagini hanno rivelato che durante due anni tra il 2012 e il 2014 circa 2,9 miliardi di dollari sono stati dirottati attraverso società e banche europee. Il denaro è stato utilizzato per pagare politici e giornalisti europei nel tentativo di ripulire la reputazione dell’Azerbajgian all’estero.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Mahsa Amini: Chiesa armena cancella i festeggiamenti per Natale e Capodanno (Asianews 05.01.22)

La cattedrale di Vank non ha posizionato le tradizionali luminarie, banditi i fuochi d’artificio. La versione ufficiale parla di “restauri” per l’ingresso fra i siti Unesco, ma per i fedeli – nel mirino della polizia – è un “sostegno implicito” alle manifestazioni. Da Khamanei toni conciliatori verso le donne che non indossano correttamente il velo.

Teheran (AsiaNews) – Una delle più importanti chiese armene in Iran, la cattedrale di Vank a Isfahan, ha cancellato le annuali celebrazioni per il Natale – che gli armeni festeggiano il 6 gennaio – e il Nuovo Anno. Un gesto che molti considerano un “segno di solidarietà” con le manifestazioni pro-democrazia, iniziate a settembre dopo la morte della 22enne curda Mahsa Amini per mano della polizia della morale per non aver indossato correttamente il velo islamico e represse nel sangue. Nel frattempo il leader supremo Ali Khamenei usa toni conciliatori sull’hijab, nel tentativo di arginare l’ondata di protesta ormai estesa a tutto il Paese.

Le decorazioni natalizie e i fuochi d’artificio a Capodanno sono una tradizione alla Vank Church di Isfahan, e attirano folle di fedeli e curiosi. Tuttavia, quest’anno la chiesa non è stata decorata con le tradizionali luci e, al loro posto, vi era uno striscione appeso nei giorni precedenti la vigilia di Capodanno in cui si annunciava la cancellazione delle celebrazioni. La versione ufficiale è che il sito è in fase di restauro per registrare la chiesa come patrimonio Unesco, ma molti leggono anche un “sostegno seppure implicito” alle manifestazioni.

In ogni caso la mossa dei leader cristiani – approvata dalla maggioranza dei fedeli – non è passata inosservata fra i vertici governativi locali e la polizia. Il primo giorno dell’anno, infatti, un gruppo di agenti è intervenuto ordinando ai fedeli che si stavano riunendo all’esterno del luogo di culto di “andarsene”, presidiando (nella foto) l’area nelle ore successive.

Nelle settimane precedenti le feste, reparti dell’intelligence avevano fatto pressione sui vertici della Chiesa assiro-caldea e armena perché non pubblicassero dichiarazioni critiche o di sostegno alla protesta. Ciononostante, decine di cristiani hanno registrato e diffuso messaggi di vicinanza e solidarietà, mentre almeno 50 giovani assiri hanno ricevuto minacce e intimidazioni per alcuni post diffusi sui social. A fine novembre la 38enne cristiana Bianka Zaia è stata arrestata per “coinvolgimento” nelle manifestazioni di piazza e per “propaganda contro lo Stato”.

Nel frattempo è tornata libera l’attrice iraniana Taraneh Alidousti, imprigionata il mese scorso e rinchiusa nel carcere di Evin per aver partecipato alle proteste contro il regime. La donna ha ottenuto il rilascio dietro pagamento di una cauzione di quasi 225mila euro, dopo aver trascorso diverse settimane nella sezione in cui si trovano i detenuti politici. La prima immagine all’uscita dalla cella la ritrae mentre saluta e senza indossare l’hijab.

Sul velo islamico è intervenuto anche l’ayatollah Ali Khamenei, sottolineando che anche le donne che non lo indossano correttamente sono “nostre figlie” e non vanno emarginate. Durante un incontro tenuto ieri con femministe filo-governative, la guida suprema ha ribadito che “l’hijab è una necessità religiosa e inviolabile. Tuttavia, questa necessità inviolabile – ha proseguito – non significa che se una lo indossa in modo imperfetto [magari mostrando una ciocca di capelli, come nel caso di Mahsa Amini] debba essere accusata di atti contrari alla religione o alla Rivoluzione [islamica]”. Khamenei ha anche coniato un termine che potrebbe diventare presto di uso comune nei media iraniani, descrivendo il velo che non copre per intero i capelli come “hijab debole”. Esso, ha aggiunto, non è “una buona cosa, ma non dovrebbe far sì che la persona sia vista al di fuori della religione e della rivoluzione, tutti noi abbiamo difetti da correggere”.

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Ventiquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. La crisi umanitaria si aggrava, andando verso un disastro (Korazym 04.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.01.2023 – Vik van Brantegem] – Come aggiornamento, non sono stati segnalati cambiamenti per quanto riguarda il blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian. Tutto il traffico (di persone e merce) tra l’Artsakh/Nagorno-Karabakh e l’Armenia (e il resto del mondo) rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. Ciò significa che i 120.000 cittadini Armeni Cristiani (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) dell’Artsakh vengono tenuti in ostaggi, con mancanza di cibo, carburante e medicine. La crisi umanitaria si aggrava, andando verso un disastro.

Questa foto di “eco-attivisti” dell’RIIB, che ascoltano il loro dittatore, Ilham Aliyev, mentre intrappolano 120.000 Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh è piuttosto inquietante. La RIIB-“Regional İnkişaf” İctimai Birliyi (Unione pubblica “Sviluppo regionale”) è un’organizzazione governativa azerbajgiana nell’ambito della Fondazione Heydar Aliyev (presieduta dalla moglie del Presidente dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva, Primo Vice Presidente). Quindi, gli “eco-attivisti” della RIIB lavorano per il governo dell’Azerbajgian. Lo scopo principale della RIIB è «partecipare attivamente alla vita socio-economica, pubblica e culturale del Paese, alla costruzione della società civile, sostenere le misure attuate dallo Stato per lo sviluppo delle regioni, è implementare il controllo pubblico, esaminare i ricorsi e le proposte dei cittadini e dialogare con le istituzioni competenti e lavorare nella direzione della risoluzione di progetti in vari campi in cooperazione».

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia in una nota ha richiamato l’attenzione dei partner internazionali e di tutta l’umanità progressista sul fatto che per più di tre settimane l’Azerbajgian tiene sotto assedio il Nagorno-Karabakh, violando in modo grossolano il regime del Corridoio di Lachin stabilito dalla dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, bloccando la strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia e al mondo intero.
È già il 23° giorno che l’Azerbajgian costringe la popolazione del Nagorno-Karabakh alla deportazione davanti agli occhi di tutto il mondo, continuando la sua politica di pulizia etnica, ha affermato il Ministero.
“La crisi umanitaria in Nagorno-Karabakh peggiora di giorno in giorno. La mancanza di beni di prima necessità, cibo e medicine sta diventando sempre più significativa. Il pericolo della malnutrizione diventa palpabile. Centinaia di famiglie rimangono separate, trovandosi su lati opposti del blocco azero. 120.000 persone sono de facto detenute”, si legge nella nota.
“Le affermazioni della parte azera secondo cui il Corridoio di Lachin sarebbe effettivamente aperto sono del tutto infondate, come dimostra almeno il fatto che solo i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa sono autorizzati a trasportare un numero limitato di pazienti nella Repubblica dell’Armenia in caso di pericolo di vita”, ha sottolineato il Ministero degli Esteri armeno.
“Nella situazione attuale, sottolineiamo l’importanza della riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 20 dicembre 2022, convocata in risposta alla richiesta della parte armena, al fine di discutere la chiusura del Corridoio di Lachin e le conseguenze umanitarie per la popolazione del Nagorno-Karabakh. Apprezziamo molto gli appelli espressi pubblicamente e chiari dalla stragrande maggioranza dei membri del Consiglio di Sicurezza a revocare il blocco del corridoio da parte dell’Azerbajgian e a fornire l’accesso al Nagorno Karabakh da parte delle organizzazioni internazionali. Accogliamo inoltre con favore gli sforzi della Francia nei dieci giorni successivi alla suddetta sessione del Consiglio di Sicurezza per un comunicato che deve essere adottato dal Presidente del Consiglio di Sicurezza sulla situazione”, ha affermato il Ministero.
Il Ministero degli Esteri armeno ha sottolineato inoltre, che “l’Armenia continuerà a compiere passi mirati in tutti i formati possibili, anche nell’ambito del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e delle strutture internazionali e regionali, al fine di garantire una risposta decisiva e azioni derivanti dal mandato e dalle funzioni di queste strutture, a revocare il blocco del Corridoio di Lachin e eliminare la conseguente crisi umanitaria in cui versano le 120.000 persone del Nagorno Karabakh.
“Riteniamo inoltre necessario inviare una missione conoscitiva internazionale in Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per valutare la situazione umanitaria sul campo, nonché per garantire un accesso umanitario senza ostacoli al Nagorno-Karabakh per gli organismi delle Nazioni Unite competenti”, ha continuato il Ministero degli Esteri armeno.
“L’Azerbajgian è obbligato a riaprire immediatamente il Corridoio di Lachin in conformità con i principi sanciti dal punto 6 della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, secondo la quale l’Azerbajgian garantisce la sicurezza del movimento di cittadini, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin, e il Corridoio Lachin è sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace russo di stanza nel Nagorno-Karabakh. Poiché le disposizioni della dichiarazione tripartita sono state violate a causa delle azioni illegali dell’Azerbajgian, ci aspettiamo anche che la Russia compia chiari sforzi per eliminare questa grave violazione senza alcuna precondizione”, ha concluso il Ministero degli Estere dell’Armenia.

L’uso della fame da parte dello Stato corrotto dell’Azerbaigian come metodo di guerra contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh è illegale ai sensi del diritto umanitario internazionale (regola 53), dello Statuto di Roma (articolo 8.2.b.xxv) e viola il codice penale dell’Azerbajgian.

Elenchiamo di seguito le violazioni da parte dell’Azerbajgian dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998:
Art. 8 Crimini di guerra
2. Agli effetti dello Statuto, si intende per «crimini di guerra»:
a) Gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 19495, vale a dire uno qualsiasi dei seguenti atti posti in essere contro persone o beni protetti dalle norme delle Convenzioni di Ginevra:
ii) tortura o trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici;
iii) cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all’integrità fisica o alla salute;
vi) privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo;
viii) cattura di ostaggi.
b) Altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno qualsiasi dei seguenti atti:
i) dirigere intenzionalmente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non partecipino direttamente alle ostilità;
ii) dirigere intenzionalmente attacchi contro beni di carattere civile, e cioè beni che non siano obiettivi militari;
iii) dirigere intenzionalmente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell’ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili previste dal diritto internazionale dei conflitti armati;
iv) lanciare intenzionalmente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti;
v) attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi, e che non costituiscano obiettivi militari;
vi) uccidere o ferire combattenti che, avendo deposto le armi o non avendo ulteriori mezzi di difesa, si siano arresi senza condizioni;
viii) il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione e il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio;
ix) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all’educazione, all’arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano obiettivi militari;
x) assoggettare coloro che si trovano in potere del nemico a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici, dentari o ospedalieri delle persone coinvolte né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone e ne danneggiano gravemente la salute;
xi) uccidere o ferire a tradimento individui appartenenti alla nazione o all’esercito nemico;
xii) dichiarare che nessuno avrà salva la vita;
xiii) distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra;
xviii) utilizzare gas asfissianti, gas tossici o gas simili nonché tutti i liquidi, le materie o i procedimenti analoghi;
xxi) violare la dignità della persona, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti;
xxv) affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, compreso il fatto di impedire volontariamente l’invio dei soccorsi previsti dalle Convenzioni di Ginevra.

Durante l’anno 2022, l’Artsakh/Nagorno-Karabakh ha segnalato 62 violazioni del cessate il fuoco, l’Azerbajgian 47, la Forza di mantenimento della pace russa 11 (10 da parte dell’Azerbajgian, 1 da parte dell’Artsakh). Durante l’anno 2021, l’Artsakh/Nagorno-Karabakh ha segnalato circa 12 violazioni del cessate il fuoco, l’Azerbajgian 14. Il rapporto non include le violazioni del cessate il fuoco segnalate dall’Armenia, né dall’Azerbaigian lungo il confine con l’Armenia, solo quelle lungo la linea di contatto tra l’Azerbajgian e l’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

In tutto questo non va dimenticato il fatto fondamentale: la guerra è iniziata dall’Azerbajgian contro gli Armeni dell’Armenia e contro gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. La comunità globale deve essere consapevole che si tratta di salvare il popolo armeno di Artsakh/Nagorno-Karabakh e di Armenia dall’aggressore Azerbajgian.

Rassegna dell’Anno 2022 dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione di Genocidio

Armenia e Artsakh/Nagorno-Karabakh
Nel 2022 la piccola Repubblica di Armenia ha affrontato crescenti minacce alla sua integrità territoriale dal vicino Azerbajgian e dal suo alleato, la Turchia. Il 13 settembre, in violazione dell’accordo tripartito di cessate il fuoco del 2020 che ha posto fine alla guerra in Nagorno-Karabakh, l’esercito azero ha lanciato un attacco contro diverse città dell’Armenia orientale, commettendo orribili atrocità contro i soldati armeni che sono state filmate e condivise ampiamente sui social media azeri. Queste atrocità e la loro diffusione hanno seguito gli schemi della guerra del 2020, quando l’Azerbajgian ha cercato di impossessarsi dell’enclave etnica armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Sebbene il mondo esterno abbia agito rapidamente per porre fine all’aggressione dell’Azerbajgian a settembre, l’Azerbajgian occupa ancora 140 km2 di territorio sovrano armeno e parti importanti dell’Artsakh, inclusa la città di Shushi. Dal 12 dicembre ha anche bloccato l’unica strada che collega l’Artsakh al mondo esterno, provocando una crisi umanitaria che potrebbe rapidamente trasformarsi in una catastrofe. Il regime del Presidente azero, Ilham Aliyev, promuove apertamente una violenta politica anti-armeno in patria, celebrando i crimini di guerra mentre si presenta al mondo esterno come un bastione di tolleranza. La guerra di aggressione della Russia in Ucraina ha incoraggiato la Turchia e l’Azerbajgian a spingere in modo aggressivo per un corridoio terrestre (il cosiddetto “Corridoio di Zangezur”) che colleghi i due Paesi attraverso la provincia armena di Syunik. Minacciano apertamente lo Stato armeno di guerra, occupazione e genocidio. Mentre diverse organizzazioni, tra cui l’Istituto Lemkin, hanno richiamato l’attenzione sulla minaccia di genocidio dall’Azerbajgian e dalla Turchia, Stati potenti così come l’Unione Europea, e la NATO come altri organismi, continuano a offrire un sostegno esplicito a questi regimi.

Azerbajgian
Dalla firma dell’accordo tripartito di cessate il fuoco del novembre 2020 che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni, l’Azerbajgian ha sistematicamente violato i suoi obblighi di cessate il fuoco. In violazione del diritto internazionale e dell’accordo di cessate il fuoco, ha rifiutato di restituire i prigionieri di guerra armeni. A luglio 2022 il regime di Baku deteneva ancora in cattività 3 civili e 35 prigionieri di guerra armeni e li sottoponeva a processi penali accelerati e illegali. Quasi quotidianamente l’Azerbajgian ha aperto il fuoco contro le postazioni armene sia in Armenia che in Artsakh, creando una situazione di costante terrore e incertezza a causa della minaccia immanente di un’escalation del conflitto, avvenuta infine il 13 settembre 2022. La crisi umanitaria nella regione ha raggiunto un altro livello di preoccupazione quando degli Azeri affermando di essere ambientalisti hanno bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega i 120.000 Armeni dell’Artsakh all’Armenia vera e propria. Il primo blocco è avvenuto il 3 dicembre ed è durato poche ore. Il secondo blocco è iniziato il 12 dicembre e ha aggravato la crisi umanitaria nell’Artsakh isolando l’intera popolazione armena della regione e bloccando completamente l’accesso a cibo, medicine e bisogni umani di base. Sebbene l’Azerbajgian abbia ripristinato la fornitura di gas ad Artsakh pochi giorni dopo il blocco del 12 dicembre, la strada Stepanakert-Goris rimane ancora chiusa al momento della pubblicazione di questo rapporto. L’Azerbajgian è classificato da Freedom House come uno dei Paesi meno liberi al mondo. Negli ultimi anni ha intensificato la persecuzione di giornalisti, operatori dei diritti umani, minoranze etniche e società civile, utilizzando la repressione interna e transnazionale per reprimere il dissenso.

Davit Babayan, il Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Come sarà il 2023 dal punto di vista geopolitico? Questa è una domanda che interessa sia la gente comune che, ovviamente, politici, analisti e scienziati. In generale, ci sono anni relativamente stabili, pacifici, inerti. Ci sono periodi tesi e tragici. Ma ci sono anche tempi di svolta. Tali sono stati gli anni per noi, ad esempio 1985, 1988, 1991, 1992, 1993, 1994, 2016, 2018, 2020, sì, è troppo, sia per un popolo che per una generazione. Ma tale è il nostro destino, la nostra croce, che dobbiamo portare.
Tra i periodi critici ci sono anche quelli che possono essere qualificati come periodi doppiamente fatali, in cui si verificano cambiamenti geopolitici fondamentali sia a livello globale che regionale. Per noi, tali periodi possono essere considerati, ad esempio, 1914-1923 e 1985-1991.
Nel 2022 si è registrata una spaccatura geopolitica globale, che si ripercuote anche sui processi regionali. Pertanto, l’anno 2023 può diventare un periodo molto importante sia nel mondo che nella nostra regione. Ma qui va ricordato che la rottura geopolitica non si manifesta necessariamente con i disastri, può anche essere un periodo di prevenzione dei disastri. Dobbiamo anche capire che i periodi di doppi sconvolgimenti geopolitici sono carichi non solo di pericoli e sfide, ma anche di opportunità per risolvere una serie di problemi complessi. Devi solo resistere, lavorare sodo e non perdere mai la fede e l’autocontrollo”.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI].

Artsakh Blockade. L’Armenia Chiede l’Intervento della Corte Internazionale di Giustizia. (Stilum Curiae 04.01.23)

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il blocco del corridoio di Lachin è arrivato al 24mo giorno, e l’Armenia si è rivolta alla Corte Internazionale di giustizia per chiedere che l’Azerbaijan ponga fine a questa azione, che intrappola oltre cento ventimila persone nell’Artsakh e che sta ponendo le premesse per un disastro umanitario nel Caucaso. Stilum Curiae si è occupato della questione qui e anche qui. Buona lettura, e condivisione.

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L’Armenia si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia chiedendo al tribunale delle Nazioni Unite di intervenire per porre fine al blocco del corridoio di Lachin, giunto al 19° giorno.

L’Armenia ha dichiarato alla Corte che “il 12 dicembre 2022, l’Azerbaigian ha orchestrato un blocco dell’unica strada che collega i 120.000 abitanti di etnia armena del Nagorno-Karabakh con il mondo esterno, impedendo così a chiunque e a qualsiasi cosa di entrare o uscire”, ha affermato la Corte, che ha sede all’Aia, in un comunicato.

 

 

“Il blocco è in corso dalla data della richiesta e non ci sono segnali che indichino che sarà revocato a breve”, ha dichiarato l’Armenia nella sua richiesta.

“L’Azerbaigian deve cessare di orchestrare e sostenere le presunte ‘proteste’ che bloccano la libera circolazione ininterrotta lungo il corridoio di Lachin in entrambe le direzioni. L’Azerbaigian deve garantire la libera circolazione ininterrotta di tutte le persone, i veicoli e le merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”, ha dichiarato l’Armenia, chiedendo alla Corte che le sue misure provvisorie “abbiano la priorità su tutti gli altri casi”.

In un’altra mossa, l’Armenia sta cercando di ratificare il trattato istitutivo dei tribunali penali internazionali, per fornire un’altra via legale internazionale per agire contro l’Azerbaigian.

Sebbene l’Armenia abbia firmato il cosiddetto Statuto di Roma nel 1998, il Parlamento armeno non ha ancora ratificato lo statuto del tribunale. Nel 2004 la Corte Costituzionale ha ritenuto che il trattato fosse in contrasto con la Costituzione armena, che prevede la sovranità nazionale sugli affari giudiziari.

Giovedì il governo armeno ha chiesto alla Corte Costituzionale di verificare se gli emendamenti alla Costituzione siano ora conformi alle disposizioni dello Statuto di Roma.

Il ministro della Giustizia armeno Grigor Minasyan ha dichiarato che la ratifica parlamentare del trattato consentirebbe a Erevan di appellarsi alla Corte penale internazionale per gli attacchi militari dell’Azerbaigian al territorio armeno, lanciati dal maggio 2021.

“Le conseguenze di quell’aggressione sono ancora presenti perché le truppe azere sono ancora dispiegate in varie parti del territorio sovrano dell’Armenia”, ha affermato Minasyan, aggiungendo che il tribunale dell’Aia può occuparsi del caso anche se Baku non accetta la sua giurisdizione, secondo quanto riportato da Azatutyun.am.

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Pure le Ong politicamente corrette danno una mano a strozzare lʼArmenia (Tempi 04.01.23)

La tattica è cambiata. L’Azerbaigian, spalleggiato dalla Turchia, non intende più, almeno per ora, sgozzare come un capretto l’Armenia partendo dal Nagorno-Karabakh. Preferisce strozzarla, impiccarla come un cane, evitando il sangue che fa sempre un brutto effetto. La strategia resta invariata: genocidio, non proprio ammazzandoci tutti come provarono a fare i turchi nel 1915, ma liquidando la nostra sovranità, succhiando l’anima della nostra identità unica di cristiani caucasici. La tecnica è quella dello stop and go, all’interno del disegno di instaurare un nuovo impero ottomano, nel cui ambito l’Armenia sia una riserva indiana, e gli armeni una curiosità folkloristica in via di sparizione. Si illudono però di riuscire in questo disegno, dovranno passarci tutti a filo di drone, non ci arrenderemo, non partiremo con un fagotto in una nuova diaspora.

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Cristiani iraniani celebrano serenamente il nuovo anno (Iqna.ir 04.01.23)

Iqna – Come ogni anno, i cristiani armeni a Teheran visitano la chiesa di Saint Sarkis in un quartiere del centro per osservare la festa con le preghiere. La maggior parte dei cristiani iraniani sono armeni e seguono il ramo orientale del cristianesimo ortodosso

Il capodanno cristiano è iniziato e sono in corso celebrazioni in tutto il mondo e l’Iran non fa eccezione. Come ogni anno, i cristiani armeni Teheran visitano la chiesa di Saint Sarkis in un quartiere del centro per osservare la festa con le preghiere. La maggior parte dei cristiani iraniani sono armeni e seguono il ramo orientale del cristianesimo ortodosso. Come molti altri cristiani, celebrano il nuovo anno con riunioni di famiglia, tra le altre tradizioni.

Cristiani iraniani praticano liberamente il loro culto

Come altre comunità cristiane, gli armeni iraniani celebrano il nuovo anno il primo gennaio, ma osservano il Natale il 6 gennaio, anziché il 25 dicembre. Tuttavia, iniziano le celebrazioni insieme ai loro compagni cristiani in tutto il mondo. I cristiani rappresentano meno dell’uno per cento della popolazione iraniana, ma quando si tratta del capodanno cristiano, l’umore festoso si fa sentire in ogni angolo dell’Iran. I cristiani iraniani, principalmente armeni e assiri, eseguono tranquillamente i riti religiosi nelle 300 chiese sparse in tutto il Paese, alcune delle quali site nelle province orientali e occidentali dell’Azerbaijan.

Cristiani e seguaci di altre religioni come l’ebraismo sono riconosciuti come minoranze religiose ufficiali in Iran, che è una nazione prevalentemente musulmana. Le minoranze religiose hanno i loro rappresentanti nel parlamento iraniano per proteggere i loro diritti civili e religiosi.

A differenza dell’ipocrisia occidentale, in Iran le minoranze religiose vengono realmente tutelate. La costituzione iraniana non distingue tra fedeli di religioni diverse e considera tutte le religioni in modo uguale. L’alto funzionario iraniano ha fatto queste dichiarazioni nel corso di un incontro con i parlamentari armeni, assiri e cristiani svoltosi a Teheran. In Iran i seguaci delle diverse fedi vivono pacificamente gli uni accanto agli altri, nonostante gli sforzi dell’Occidente per costruire un’immagine totalmente falsa sul rispetto delle minoranze e dei diritti umani in Iran.


di Yahya Sorbello