Reggio Calabria, l’editore della Leonida Edizioni incontra l’Ambasciatrice dell’Armenia (Strettoweb 08.12.22)

Si è svolto il 5 dicembre alle ore 11.00 a Roma, presso la sede dell’ambasciata armena, un nuovo incontro tra l’editore della Leonida Edizioni, Domenico Pòlito e l’Ambasciatrice straordinaria e plenitotenziaria della Repubblica d’Armenia presso la Repubblica Italiana S.E. Tsovinar Hambardzumyan.

In tale occasione è stato delineato il nuovo programma culturale da avviare che prevede la compartecipazione alla VIII edizione di Xenia Book Fair, la pubblicazione degli altri due volumi su Yeghishe Charentz ed altri progetti. La casa editrice italiana con sede a Reggio Calabria ha avviato, da una decina di anni, una politica di sviluppo culturale tra la Calabria ed il territorio transcaucasico.

Le affinità di natura storico-culturale tra i due territori favoriscono l’interscambio istruttivo che si esprime nell’apertura elemento connotativo sempre più marcato della politica editoriale della casa editrice italiana con sede a Reggio Calabria.

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Androuët: “Quale sostegno all’Armenia dopo l’aggressione dell’Azerbaigian?” (Sardegnagol 07.12.22)

Lo scorso 18 luglio, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, firmava a Baku un accordo sulla sicurezza energetica, consentendo all’Azerbaigian di fornire più gas all’UE. Qualche mese dopo (il 13 settembre) l’Azerbaigian di Ilham Aliyev attaccava l’Armenia. Scontri, come ricordato dall’eurodeputata del gruppo ID, Mathilde Androuët, che hanno registrato “la morte di centinaia di persone e migliaia di sfollati”, senza contare la diffusione di video nel web riportanti le “crudeltà commesse dai soldati azeri”.

“I vertici del regime – ha aggiunto l’esponente di Identità e Democrazia – non nascondono la volontà di recuperare la regione autonoma a maggioranza armena dell’Artsakh, e di portare avanti, insieme a Recep Tayyip Erdoğan, il loro progetto espansionistico pan-turco, ai danni dell’Armenia, al fine di stabilire una continuità territoriale tra tutti i Paesi di lingua turca della regione”.

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Sul tema, Androuët ha poi menzionato il risultato dell’indagine effettuata dal Consiglio d’Europa secondo la quale ci sarebbe un “forte sospetto” di corruzione tra i rappresentanti eletti dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa da parte dell’Azerbaigian.

Da qui la richiesta dell’eurodeputata alla Commissione europea circa le misure previste a sostegno dell’Armenia.

A nome dell’Esecutivo von der Leyen, l’Alto rappresentante josep Borrell ha confermato che l’UE è il principale donatore di sovvenzioni in Armenia: “Dalla guerra del 2020, l’UE ha fornito 27 milioni di euro di assistenza umanitaria e sisorse per lo sminamento, anche in risposta alle necessità urgenti sorte con i bombardamenti del 2022 settembre, per consentire un rapido ritorno delle popolazioni sfollate”.

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Un programma di assistenza che copre anche altri settori del Paese, come le riforme della giustizia, dell’istruzione e interventi per lo sviluppo delle aree rurali: “Attraverso il Piano economico e di investimento, l’UE sostiene le piccole e medie imprese l’accesso ai finanziamenti, la transizione verde e lo sviluppo socio-economico delle regioni meridionali.
L’UE sostiene anche la società civile armena e continuerà ad impegnarsi per raggiungere una risoluzione globale del conflitto tra Armenia e Azerbaigian, basandosi in particolare sui risultati raggiunti durante gli incontri dei leader facilitati dal Presidente del Consiglio europeo nel corso del 2022. A seguito della riunione quadrilaterale tenutasi a Praga il 6 ottobre 2022, la Capacità di monitoraggio dell’UE (EUMCAP) è stata dispiegata sul lato armeno del confine internazionale con l’Azerbaigian”, ha concluso Borrell.

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Lavoratori armeni e georgiani: la guerra li allontana dalla Russia (Osservatore Balcani e Caucaso 07.12.22)

Quest’anno, rispetto all’anno scorso, 20.000 persone in meno hanno lasciato l’Armenia per lavorare in Russia. Anche il numero di lavoratori migranti che partono per la Russia dalla Georgia è leggermente diminuito. La ragione principale è la guerra

07/12/2022 –  Armine Avetisyan

È il primo anno che non sono partito per il khopan (lavoro stagionale, lavoro all’estero). È insolito, ma non mi lamento, mi mancava la mia famiglia e ora passo più tempo con loro”, racconta Karen Poghosyan, 35 anni, che lavora all’estero dall’età di 16 anni.

Karen vive in uno dei villaggi della regione di Shirak, in Armenia. Racconta che nella sua famiglia c’è una tradizione: non appena l’uomo di casa compie 16 anni, parte per la Russia per lavorare nell’edilizia.

“Anche mio nonno, mio padre e mio fratello hanno lavorato in Russia. La maggior parte della popolazione dei villaggi della nostra regione parte per la Russia, noi costruiamo edifici lì. All’inizio lavoriamo come operai semplici, poi diventiamo esperti e diventiamo mastri. Io sono già un mastro”, sottolinea Karen.

Secondo la tradizione formatasi negli anni, il gruppo di uomini che va a lavorare all’estero parte per la Russia ogni anno alla fine di febbraio, con l’arrivo della primavera, e torna a dicembre.

Karen racconta che sono abituati a lavorare ininterrottamente per 9 mesi all’anno, raccogliere i soldi, poi trascorrere 3 mesi con la famiglia e ripartire.

“Già a gennaio avevo deciso che non sarei partito. Il motivo era il cambiamento legislativo nella Federazione Russa, che non mi piaceva. In quel periodo le relazioni tra Russia e Ucraina erano già tese. Anche se non credevo ci sarebbe stata una guerra”, racconta l’uomo.

All’inizio dell’anno, a causa dell’inasprimento delle norme che regolavano le migrazioni in Russia, in molti come Karen erano indecisi se partire o rimanere in patria. Da allora i migranti diretti in Russia devono sottoporsi alla raccolta di impronte digitali, fotografie, esami medici (test negativi per tossicodipendenza, malattie infettive e HIV). Dopo aver superato le fasi necessarie, i dati devono essere caricati nel database del ministero degli Affari Interni della Russia. I documenti sanitari vengono rilasciati al migrante per un periodo di un anno, mentre il certificato delle impronte digitali viene rilasciato per un periodo di 10 anni. Il migrante ha a disposizione 30 giorni per raccogliere tutta la documentazione e tutto è a spese sue. I risultati degli esami e i dati vengono elaborati, dopodiché viene rilasciato il permesso di lavoro e di soggiorno. In caso di mancato rispetto delle regole, il lavoratore migrante può essere espulso per 5 anni.

Karen aveva deciso che non sarebbe partito per la Russia a causa dei costi elevati di questa documentazione. Aveva calcolato che avrebbe pagato circa 40 mila rubli, circa 700 euro. Si trattava di circa l’80% di un mese di stipendio. Poi si sono aggiunti il forte aumento dei prezzi dei biglietti aerei, la guerra e la svalutazione del rublo. Oggi si dedica all’agricoltura. Non ha ancora molte entrate e non esclude che, se si tornerà ad una situazione di pace, ripenserà al lavoro all’estero.

Un amico di Karen, Hovhannes, residente nella stessa regione, ha invece deciso di rischiare e di partire. Dice di aver calcolato che il numero di lavoratori espatriati sarebbe diminuito e di aver ipotizzato che la domanda di specialisti sarebbe aumentata a causa della riduzione della forza lavoro, con conseguente aumento dei salari. I calcoli, tuttavia, si sono rivelati sbagliati.

“Non c’è stato alcun aumento salariale. Inoltre, il rublo si è svalutato enormemente. Non bastasse, le banche armene hanno aumentato la percentuale di prelievo di contanti in valuta estera. Il denaro che avevo guadagnato non valeva più un centesimo. Sono tornato e ho cercato un lavoro in Armenia, e l’ho trovato rapidamente. Ora in Armenia c’è un boom edilizio. È vero, il mio stipendio è inferiore a quello della Russia, ma se sottraggo le spese accessorie che dovrei fare in Russia, il risultato è esattamente lo stesso, e anche di più”, dice Hovhannes, aggiungendo che nessuno di coloro che ogni anno solitamente andavano all’estero per lavorare con lui è quest’anno partito per la Russia.

“Solo quest’anno, 20.000 persone in meno hanno lasciato l’Armenia per lavorare all’estero rispetto all’anno scorso”, ha annunciato il ministro dell’Economia dell’Armenia Vahan Kerobyan in un incontro recente con i giornalisti, aggiungendo che, a prescindere da ciò, oggi in Armenia c’è richiesta di manodopera, in particolare nel settore delle costruzioni.

Anche molti lavoratori georgiani quest’anno hanno preferito non partire per la Russia. I motivi sono gli stessi dei colleghi armeni.

Kakha, 45 anni, cittadino della Georgia, vive in un villaggio georgiano al confine con l’Armenia. È amico di Karen e Hovhannes. Si sono conosciuti al lavoro in Russia.

“Ho lavorato all’estero per esattamente 20 anni, nell’edilizia. Quando è iniziata la guerra non sono partito neppure io per la Russia. In Georgia non ho ancora trovato un lavoro con uno stipendio equivalente a quello del lavoro in Russia, ma la cosa importante è che sono al sicuro”, dice Kakha, aggiungendo che nella loro regione, Akhalkalaki, sono molti coloro che lavorano in Russia che, come lui, hanno preferito rimanere in Georgia.

L’impossibilità di andare a lavorare all’estero ha causato problemi finanziari alla famiglia di un altro cittadino georgiano, Lasha, 60 anni. Ha lavorato tutta la vita in Russia ed è ora difficile per lui trovare un lavoro in patria. In Russia si occupava di asfaltatura e sta ora cercando di avviare una piccola attività in patria nello stesso settore.

“Faccio lo stesso lavoro da 40 anni. Oggi è dura. Sembra che debba iniziare una nuova vita, ma non ho alternative. Ora vado avanti e indietro dall’Armenia di tanto in tanto, studio il mercato locale. Voglio fare affari con i miei amici armeni. Non sono solo: sono in tanti, come me, ad aver perso il lavoro. Noi, i lavoratori comuni, siamo vittime della guerra. Abbiamo sofferto in tutti i tempi”, dice Lasha, aggiungendo che devono resistere, perché ogni guerra finisce.

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Armeni e georgiani: che relazioni hanno? Qual è la loro storia?

L’Azerbajgian prosegue con le prove generali per completare l’occupazione dell’Artsakh (Korazym 06.12.22)

Come si è notato, nei giorni scorsi siamo stati inattivi. Da ieri abbiamo lentamente ripreso le attività, tentando a recuperare alcune cose. Tra queste, la notizia che il 4 dicembre 2022 gli Azeri hanno bloccato la strada di collegamento fra l’Artsakh e l’Armenia, isolando così 120.000 Armeni.

Il dittatore azero Ilham Aliyev vuole stringere in una morsa mortale il diritto all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’Europa è distratta dal gas.

Dopo negoziati del contingente di mantenimento della pace russo, durate tre ore, la strada è stata riaperta. Forse si è trattata di una prova generale per vedere la reazione. Nei fatti è stato l’ennesimo esempio di violenza e arroganza del regime dell’Azerbajgian.

Nel contempo, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian ha dichiarato che gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno Karabakh avranno gli stessi diritti degli Azeri. Considerato che l’Azerbaigian è in fondo alle graduatorie mondiali sulla libertà, più che una promessa sembra una minaccia.

Un gruppo di Azerbajgiani in abiti civili ha chiuso l’autostrada di Stepanakert-Goris all’intersezione di Shushi-Karintak con un falso pretesto ambientale, ha comunicato il Servizio di Informazione della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh: “È ovvio che con questa mossa, l’Azerbajgian sta ricorrendo alla provocazione per interrompere la connessione terrestre tra Armenia e Artsakh e sottoporre la popolazione civile al terrore psicologico”. Il Comando del contingente di mantenimento della pace russo di stanza in Artsakh fu informato sull’incidente e per risolvere il problema il più rapidamente possibile, gli organi dello Stato autorizzati di Artsakh sono stati in contatto operativo con lo Staff del Comando del contingente di mantenimento della pace russa, che ha condotto negoziati con la parte azerbajgiana per la riapertura dell’autostrada.

Facendo riferimento a questa nuova provocazione da parte dell’Azerbajgian, il Ministro degli Esteri della Repubblica Artsakh/Nagorno-Karabakh, Davit Babyan, ha osservato che non c’è bisogno di essere sorpresi da tali provocazioni azeri: “Tutto si può attendere da loro da loro. Stanno cercando di terrorizzare, stanno provando, per far avanzare costantemente la loro politica anti-armena, per paralizzare l’Artsakh, stanno violando le norme internazionali, questo è un duro colpo per la missione di mantenimento della pace russa, un colpo per tutto”. La comunità internazionale dovrebbe trarre conclusioni molto chiare da tutto ciò e “dovrebbe esercitare pressioni sull’Azerbajgian, non c’è altra opzione. La condanna è assolutamente necessaria. Ma è necessario adottare misure, non è giusto essere limitati solo dalle parole”, ha detto Babayan.

Dopo 3 ore di negoziati gli azeri hanno tolto il blocco l’unica strada di collegamento fra Artsakh e Armenia in ambedue le direzioni per tutti i tipi di veicoli.

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha rilasciato una dichiarazione in merito alla temporanea chiusura dell’autostrada che collega Artsakh all’Armenia da parte di azerbajgani, invitando la comunità internazionale a condannare fortemente la politica anti-armena dell’Azerbajgian:

“Nel pomeriggio del 4 dicembre, l’Azerbajgian ha fatto ricorso a un’altra provocazione, bloccando l’autostrada Stepanakert-Goris nel’intersezione Shushi-Karin Tak, tagliando così la connessione di Artsakh con l’Armenia e la comunicazione con i villaggi della sotto-regione di Berdadzor (Lachin).
Questo atto terroristico dimostra ancora una volta che l’obiettivo principale dell’Azerbajgian è rimasto invariato: espellere gli Armeni di Artsakh, realizzare le pulizie etniche e genocidio lì.
Questa mossa terroristica mina anche l’accordo concordato a livello internazionale sul Corridoio di Lachin e assesta un colpo subdolo alla missione di mantenimento della pace della Federazione Russa garantendo la pace e la stabilità nella regione.
La politica e le azioni genocide dell’Azerbajgian sono una seria sfida per il mondo civile e evidente mancanza di rispetto e ignoranza del diritto internazionale.
Chiediamo alla comunità internazionale di condannare rigorosamente la politica statale armenofobica dell’Azerbajgian e prendere provvedimenti attivi per scoraggiare l’aggressore”.

Un segno di speranza. I 16 partecipanti al Junior Eurovision Song Contest 2022 hanno acceso l’illuminazione del principale albero di Capodanno di Yerevan in piazza della Repubblica. I partecipanti al concorso di quest’anno camminando sul tappeto rosso sono entrati nella Galleria Nazionale di Armenia.

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Salvatore di Cappadocia il santo abruzzese morto per il popolo armeno (AciStampa 05.12.22)

Cappadocia non è soltanto il nome di una regione situata nel cuore della penisola anatolica, a cavallo fra l’Asia minore e la Mesopotamia, ma è anche un borgo abruzzese non troppo distante dai due maggiori centri della Marsica, Avezzano e Tagliacozzo.

Il 19 giugno 1853 nasceva qui il padre francescano missionario in Terrasanta, Salvatore Lilli, che venne martirizzato in Turchia durante il genocidio degli armeni il 22 novembre 1895, il cui anniversario è caduto proprio in questi giorni.

La causa di beatificazione di padre Salvatore e dei suoi compagni armeni che con lui subirono il martirio fu introdotta presso la S. Congregazione dei Riti il 13 febbraio 1959. Successivamente, sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.

Proprio recentemente a fine ottobre il saio del religioso martirizzato ha fatto ritorno al suo paese natale, appunto Cappadocia, come ci informa il maggiore quotidiano abruzzese, il Centro. Accolto nella chiesa di Santa Margherita a Cappadocia con una funzione presieduta dal vescovo della diocesi di Avezzano, monsignor Giovanni Massaro, resta ora affidato alla diocesi di Avezzano. La reliquia era stata donata al ministro della Provincia di San Bonaventura dei frati minori francescani, Luciano De Giusti, dal ministro della Provincia dell’Immacolata Concezione in Spagna, Joaquin Zurera Ribò.

In qualità di depositario della reliquia, mons. Massaro ha disposto che il saio appartenuto al martire venga esposto permanentemente per il culto pubblico e la venerazione dei fedeli nella parrocchia di Cappadocia.

“Una giornata storica e solenne per la nostra comunità- ha commentato il sindaco Lorenzo Lorenzin- il nostro beato Salvatore Lilli è tornato a casa. È stato un onore rappresentare tutta la mia comunità in un momento così toccante e di grandissima spiritualità tra sacralità, devozione e orgoglio”.

Indossato l’abito francescano nel luglio 1870, Salvatore Lilli emise la professione religiosa nell’agosto 1871 e a causa della soppressione degli ordini religiosi, Salvatore da Cappadocia, questo il suo nome da religioso, nel 1873 fu inviato in Palestina, prima a Betlemme e poi a Gerusalemme dove venne ordinato sacerdote il 6 aprile 1878.

Dopo due anni fu trasferito in Armenia Minore dove esercitò il suo apostolato per 15 anni. Nel 1890 si prodigò per aiutare i malati colpiti dall’epidemia di colera e nel 1894 fu nominato parroco e superiore dell’ospizio di Mugiukderesi. Qui, il 22 novembre 1895, allo scoppio delle rivolte politiche e con i turchi protagonisti di terribili massacri, fu arrestato con altri dodici cristiani per essere condotto a Marasc. Durante il viaggio gli fu chiesto di rinnegare la fede e al suo rifiuto venne ucciso. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.

L’Almanacco di Terra Santa dei PP. Francescani di Gerusalemme (pagg. 26-29) ci fa notare come il buon Padre abbia sempre rifiutato di abbandonare il suo gregge per mettersi in salvo. Come abbiamo accennato, quando cominciarono i massacri il futuro martire si trovava a Mugiukderesi, luogo sopra ogni altro pericoloso, tanto che i

religiosi Francescani di Maraasc, temendo per la sua vita, gli fecero vive pressioni affinché andasse a stare con loro. E i religiosi di Jenigekalé mandarono per ben tre volte nello stesso giorno un messaggero a pregarlo di fuggire con loro. Ma il P. Salvatore non ne volle sapere. “Dove sono le pecore ivi deve restare il pastore”, aveva risposto. Anche i suoi parrocchiani quando si accorsero che le truppe stavano per arrivare a Mugiakderesi supplicarono a mani giunte il Missionario affinché montasse il suo cavallo e abbandonasse il villaggio per mettersi in salvo.

Fu irremovibile. Gli pareva cosa indecorosa, indegna di un soldato di Cristo e di un figlio della grande Famiglia Francescana, l’allontanarsi in quei momenti di pericolo. Certo in quei giorni, mentre pressioni e minacce lo premevano da ogni parte, la schiera numerosa dei suoi confratelli Martiri, passò giubilante innanzi al suo sguardo incitandolo al compimento del dovere. Egli certo ripensò alle lotte, al sangue che costò sempre ai Francescani la conservazione di quella Terra fatta sacra dalla vita dell’Uomo-Dio. E perciò non si mosse: e “uomo intrepido e battagliero” volle affrontare il pericolo onde condividere la sorte dei suoi parrocchiani e assisterli fino all’ultimo.

A nulla valsero anche le preghiere dei parenti, dei confratelli e degli amici i quali tentarono con ogni mezzo di convincerlo a rimanere in Italia, l’unica volta in cui vi era tornato per rivedere i suoi cari dopo 16 anni, nel 1886. Volle tornare in Oriente, che per lui aveva un’attrattiva segreta, misteriosa! Pareva che a lui, come a giusto erede, il Serafico Padre avesse trasmesso quell’ardente brama del martirio ch’egli non aveva potuto appagare.

Nell’estate del 2021 era stato organizzato un pellegrinaggio virtuale sulle orme del Beato, e nel 2022 l’evento si è svolto sotto forma di convegno per presentare il suo ricco epistolario alla sorella, suor Maria Pia Lilli, religiosa trinitaria. Si tratta di un lavoro frutto della fattiva collaborazione di più attori: oltre alle suore Trinitarie, che con pazienza e diligenza hanno trascritto tutte le lettere dall’originale, la redazione dell’opera è stata curata da padre Claudio Bottini ofm, dello Studium Biblicum di Gerusalemme, e don Enzo Massotti, sacerdote nativo di Cappadocia, hanno poi provveduto all’introduzione e alle note, per facilitarne la lettura contestualizzando ogni riferimento riportato per ciascuna lettera. Oltre ad essere direttore spirituale al seminario di Chieti, don Massotti è autore di una sintetica biografia del “Beato Salvatore Lilli sacerdote, francescano, martire” uscita in prima edizione nel gennaio 2022.

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Padre Salvatore Lilli da Cappadocia, il beato abruzzese morto per il popolo armeno

Con Antonia Arslan a Venezia con Crédit Agricole (Pordenonelegge 05.12.22)

Con una grande voce della letteratura internazionale, la scrittrice di origine armena Antonia Arslan, raccontata sullo sfondo di una città unica al mondo, Venezia, giunge a conclusione – mercoledì 14 dicembre, alle 11 nell’Isola di San Lazzaro degli Armeni – il progetto “Conoscere, incontrare: uno scrittore, una città“, ideato e promosso in questa sua prima edizione da Crédit Agricole FriulAdria con Fondazione Pordenonelegge, per avvicinare i lettori a rilevanti figure letterarie del nostro tempo e ai luoghi che questi scrittori hanno vissuto e raccontato nelle loro opere. Antonia Arslan si racconta, e racconta la città di Venezia anche nella docu-produzione “L’isola di San Lazzaro e l’eredità armena” che le ha dedicato Fondazione Pordenonelegge, e che sarà proiettata e presentata in occasione dell’incontro. Con l’autrice dialogherà il poeta e scrittore Gian Mario Villalta. L’evento è già sold out.

«Sono italiana, ho studiato e conosco la letteratura italiana e non posso che scrivere in italiano – racconta Antonia Arslan nella video produzione che si presenta a Venezia – La parte armena custodita dentro di me si è sviluppata un po’ alla volta: prima come ricordo e memoria familiare legata anche ai parenti che ci facevano visita, poi come appropriazione vera e propria che mi ha restituito le immagini e i colori della natura orientale e del Paese perduto, l’Anatolia orientale, dove gli Armeni abitavano da migliaia di anni. È avvenuto attraverso racconti, fotografie, immagini di repertorio penetrate a poco a poco. Gli armeni, a differenza degli ebrei, hanno taciuto a lungo la loro tragedia, rimasta silenziata per troppo tempo a causa di ragioni storiche e politiche. Io stessa, con la mia famiglia, non parlavo mai in armeno a casa, tranne in rare situazioni e feste legate sempre alla città di Venezia». E sarà Venezia, appunto, il cuore di questa esplorazione guidata dal dialogo con Antonia Arslan. Di lei racconta l’accademica e scrittrice armena Siobhan Nash-Marshall: «gli armeni stessi la definiscono la loro “voce”: secondo la tradizione armena il popolo ha il suo bardo, e ad Antonia riconoscono questa prerogativa. Lei riesce ad essere insieme antichista e modernista, italiana e armena, concreta e meravigliosamente astratta: un tutt’uno che si fonde sempre in modo armonioso e coerente». E, sempre nel documentario prodotto, aggiunge il ricercatore universitario e scrittore Roberto Carnero: «Antonia Arslan è nata a Padova ma è da sempre molto legata a Venezia, innanzitutto per le robuste memorie familiari: suo nonno, Yerwant Arslanian – che dovette poi contrarre il suo cognome in Arslan – venne a studiare quindicenne a Venezia e si laureò a Padova, diventò un importante chirurgo e professore universitario. La sua storia è simbolica delle storie di tanti popoli d’Oriente che a Venezia hanno trovato la loro patria. Antonia Arslan stessa racconta spesso “l’ospitalità serena dei veneti, che non giudica mai con durezza ma valuta con calma i pro e i contro di ogni situazione. Concede credito allo straniero, ma non illimitato, perché alla fine i conti devono tornare …”. Così, se Padova è, ed è stata la parte più ”italiana” della vita di Antonia Arslan, Venezia è certamente la città legata alla sua componente armena».

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Rosa Linn: “Vivo in un mondo difficile ma ora so dove voglio arrivare” (TgSky24 04.12.22)


Rosa Linn 
sta diventando la prima artista musicale armena al mondo e la prima producer donna dell’Armenia. E’ un paese affascinante ma complicato e Rosa Linn, che è stata anche ospite di X Factor 2022 (GUARDA LO SPECIALE), mi racconta come ha trasformato un sogno in vita vera.

Rosa la prima domanda riguarda la storia di 
Snap: quando la hai scritta e perché hai scelto quel brano per partecipare a Eurovision?

La ho scritta quando avevo 18 anni, quindi 4 anni fa. Ero appena tornata dagli Stati Uniti, dove ho avuto un amore non corrisposto e stavo attraversando tante situazioni contrastanti. Tutto questo mi ha distrutto psicologicamente e ho sentito come se stessi per impazzire. Da qui è nata l’idea per la canzone. Ho presentato Snap, e lo farei di nuovo, per l’Eurovision e la commissione in Armenia la ha scelto.
Nel video la sensazione è di vedere una giovane donna che guarda l’orizzonte in cerca di una strada, in cerca di speranza. Solo nel finale, quando voli sulla città, riesci a sorridere: hai trovato la tua direzione nella vita?
Voglio ovviamente che la mia vita sia con la musica e penso che in modo naturale abbia trovato la direzione giusta. Non credo sarei in grado di fare bene qualcosa d’altro oltre alla musica. Non vuol dire che la direzione sia facile ma almeno so dove sto andando e con cosa ho a che fare.
Quali sono i ricordi che vorresti svanissero e invece ti tengono sveglia alle 4 del mattino?
Sono una sognatrice, amo scappare dalla realtà e vivere nella mia mente la maggior parte del tempo. A volte divento ossessionata e non dormo per giorni. I ricordi di cui parlo nel testo di Snap riguardano la persona di cui ero innamorata mentre stavo scrivendo la canzone. È strano come vorrei poter riportare a galla quei ricordi ora, ed è proprio ciò di cui la canzone parla.
Come sta oggi il tuo cuore?
Il mio cuore è emozionato, grato e pieno d’amore naturalmente. Come creator ho costantemente bisogno delle mie muse: persone, cose, esperienze che mi fanno soffrire o che mi hanno fatto innamorare e disinnamorare. Amo poter incanalare questi sentimenti universali nella musica e far sentire ad altre persone queste emozioni.
In King, nella parte in armeno, dici non sarà facile nel mio mondo per te: è così difficile starti vicino?
Penso di essere un’amica fedele e premurosa con i miei amici più cari. Preferisco avere pochi buoni amici anziché tanti amici che vanno e vengono. Richiede più energie di quelle che attualmente ho ma credo ci voglia molta pazienza e comprensione per essere mio amico.
Nel video di King c’è un momento in cui sei davanti a uno specchio e ti togli il trucco: tu e l’immagine riflessa siete la stessa persona?
La scena, nel mio modo di vedere, serviva per mostrare quanto frustrata e stanca una persona può sentirsi quando prova ad adattarsi o ad appartenere a qualche posto in cui non vorrebbe mai essere. Dico sempre che c’è una Rosa Linn sul palco e una Roza Kostandyan nella vita al di là della musica e le due sono in una perenne lotta.
Nell’inizio di WDIA (would do it again) dici But what about you: sembra che tu sia sempre alla ricerca di qualcosa o qualcuno. Nella vita sei una persona sempre inquieta?
Raramente mi sento totalmente calma e felice. Soffro un po’ di ansia e depressione. Indipendentemente da quanto bene o male la mia vita stia andando, sono sempre un po’ distaccata dalla realtà e ho molti demoni da combattere nella mia mente. Penso che questo sia uno dei motivi per cui sono una brava artista. Incanalo questi sentimenti nella musica che faccio.
If you could go back…se tu potessi tornare indietro c’è una cosa che cambieresti della tua vita?
Come tutte le persone ho dei rimpianti ovviamente, ma non cambierei nulla. Sono dove sono per via di tutte le cose che ho passato, quelle belle e quelle brutte. Nonostante tutto sono abbastanza soddisfatta sul dove sono.
Hai ancora paura degli abissi in cui cadi per amore o li ha esorcizzati?

Ho sempre bisogno di essere innamorata, mi serve per sentirmi viva e ispirata. Ho molto amore dentro di me e che condivido tramite la musica. Mi spavento quando penso di star per innamorarmi di qualcuno con cui non posso stare. Se sento che è un qualcosa di serio inizio a preoccuparmi ma, di nuovo, l’amore è la cosa più bella al mondo, anche se fa male voglio comunque essere innamorata.
Come è nata la tua collaborazione con Alfa? Farete altri progetti insieme?

E’ venuta molto naturale. Andrea mi ha contattato dopo il successo di Snap e abbiamo iniziato a parlare su Instagram. Un giorno mi ha scritto che stava per venire a visitare l’Armenia per due giorni e che voleva incontrami. Ero molto entusiasta di ciò. Il giorno dopo ho prenotato lo studio per noi, per poter scrivere assieme. Abbiamo scritto una canzone in italiano e in inglese e abbiamo avuto l’idea di fare una versione ibrida di Snap. Siamo buoni amici ora e penso che potremmo scrivere assieme di nuovo.
Cosa accadrà nelle prossime settimane della tua vita artistica?
Dicembre sarà un mese molto calmo rispetto ai mesi precedenti. Tornerò a casa in Armenia con la mia famiglia e i miei amici. Sono molto emozionata di essere ospite all’Eurovision Giovani, la Junior Eurovision, che l’Armenia ospita quest’anno. Al di là di quello mi rilasserò semplicemente per poter essere mentalmente e fisicamente pronta per l’anno prossimo.

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Gallico: celebrata Messa di rito armeno-apostolico (Strettoweb 04.12.22)

Gallico Superiore, sabato 3 dicembre, nella cappella del Palazzo Doldo Frisina, sede dell’oratorio parrocchiale “don Bosco”, grazie al permesso concesso da don Nino Russo, si è celebrata una Liturgia in rito Armeno Apostolico nella festa di San Taddeo apostolo, primo Catholicos degli armeni. Un evento straordinario che per la prima volta nella storia moderna ha visto la grande Città Metropolitana della Calabria sede di questo momento di preghiera, comunione e condivisione. A celebrare la Santa Messa in lingua armena è stato Padre Athanas Sargsyan, giovane monaco, 29 anni, consacrato nel 2021 e venuto a Reggio su invito dei coniugi Arconte-Labut e della Comunità Armena Calabra. Padre Athanas da diacono nel 2020 fu cappellano militare durante il conflitto armato tra le forze azere e quelle armene per il controllo della regione caucasica. Da 5 mesi il prete armeno a Roma studia teologia all’Università Pontificia Orientale.

Padre Athanas giunto a Reggio la sera del venerdì è stato ospite del seminario arcivescovile Pio XI e accolto dal rettore don Nino Pangallo come un fratello in Cristo. La chiesa apostolica armena e una delle prime comunità cristiane nel mondo. Ciò avvenne quando il sovrano Arsacide Tiriade III, convertito e battezzato con la sua corte da Gregorio Illuminatore, nel 301 dichiarò il cristianesimo religione di Stato. In Calabria gli armeni sono stati tra il IX e il XII secolo lasciando molte testimonianze culturali e linguistiche nei toponimi. La Comunità Armena-Calabria ringrazia il rettore don Nino Pangallo, don Nino Russo, amministratore parrocchiale di S. Biagio che ha ospitato la Liturgia presso i locali dell’Oratorio a Gallico Superiore, padre Athanas Sargsyan che ha accolto con grande entusiasmo questo nostro invito in Calabria. Hanno preso parte alla liturgia di rito armeno apostolico oltre ad un buon numero di armeni residente nel territorio della Metro City, padre Sergej Tikhonov (sacerdote della chiesa Greco-Ortodossa di Reggio Calabria); Mario Casile (diacono e responsabile diocesano dell’Ufficio Ecumenico Reggio-Bova). Si ringrazia anche la Chiesa Apostolica Armena d’Italia ed il suo Vescovo per aver sostenuto l’iniziativa e tutti coloro che hanno partecipato e con la loro presenza hanno reso ricco questo momento culturale, di comunione e di alta spiritualità Il rito armeno-apostolico è di derivazione del messale di San Giovanni Crisostomo. Per prima volta a Gallico e forse in Calabria si è celebrato la santa messa delle origini e vissuto il cristianesimo delle prime comunità. La serata si è conclusa con la consegna di una pergamena di ringraziamento da parte di Athamina Arshakyan, presidente della comunità Armena Calabria e da un momento conviviale.

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Gerusalemme. Soldati Israeliani Accusati di Aver Sputato su una Processione Armena. (Stilum Curiae 01.12.22)

Soldati della Brigata Givati delle Forze di Difesa Israeliane sono sospettati di aver sputato verso l’arcivescovo armeno e ad altri pellegrini durante una processione all’inizio del mese nella Città Vecchia di Gerusalemme, riporta il Times of Israel, citando Haaretz.

Si tratta dell’ultimo di una serie di episodi di comportamento controverso da parte dei soldati dell’unità di fanteria nell’ultimo mese.

Secondo il rapporto, due soldati sono stati arrestati dalla polizia sul posto e un totale di tre sono stati successivamente indagati dall’IDF.

L’esercito ha deciso che due soldati dovranno affrontare un’azione disciplinare per “essersi comportati in modo irrispettoso”, senza specificare le accuse.

I funzionari della Chiesa hanno dichiarato che il 7 novembre l’arcivescovo Sevan Gharibian, Gran Sacrestano del Patriarcato Apostolico Armeno di Gerusalemme, insieme ad altri alti funzionari, stava guidando una processione che includeva pellegrini dall’estero per celebrare la Festa della Croce.

Il corteo è partito dalla Chiesa del Santo Sepolcro e quando ha raggiunto l’area del souk è passato accanto ad alcuni soldati di Givati, alcuni dei quali avrebbero sputato verso i partecipanti e la croce che portavano.

Il cancelliere del Patriarcato armeno di Gerusalemme, Koryun Baghdasaryan, ha dichiarato ad Haaretz che, sebbene la chiesa abbia incontrato in passato comportamenti simili da parte di ebrei religiosi a Gerusalemme, “questa è la prima volta che i soldati hanno sputato verso di noi, sulla croce e sui sacerdoti che erano lì”.

Gli agenti della Polizia di Israele che scortavano la processione hanno fermato due soldati, uno dei quali è stato rilasciato dopo un interrogatorio. Le indagini della polizia sono ancora in corso.

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Armenia e Ungheria riavviano relazioni bilaterali dopo 10 anni (Ansa 01.12.22)

ANSA) – LODZ, 01 DIC – A 10 anni di distanza dalla rottura delle relazioni bilaterali, l’Armenia e l’Ungheria hanno concordato di ristabilire le relazioni diplomatiche.

La decisione, comunicano le due delegazioni è stata presa a seguito di negoziati nel quadro del ministeriale Osce a Lodz, in Polonia.

“Le parti hanno rilevato i profondi legami storici e culturali tra i popoli armeno e ungherese e la comune eredità cristiana e hanno sottolineato l’importanza di migliorare le relazioni tra Armenia e Ungheria”, hanno fatto sapere in un comunicato congiunto.
Il 31 agosto 2012, l’Armenia interruppe le relazioni con l’Ungheria in seguito all’estradizione di Ramil Safarov, un soldato azero condannato per l’omicidio avvenuto in Ungheria nel 2004 del tenente armeno Gurgen Margaryan. (ANSA).