Senza il monitoraggio del confine armeno-azero e una missione di pace per Artsakh/Nagorno-Karabakh, non ci sono garanzie che l’Azerbajgian non deciderà di lanciare un’offensiva domani (Korazym 13.11.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.11.2022 – Vik van Brantegem] – Sabato 12 novembre 2022, degli agricoltori in Artsakh/Nagorno-Karabakh e delle postazioni armene situate nella parte orientale del confine tra l’Armenia e l’Azerbajgian sono stati sotto il fuoco azero in operazione di provocazione a senso unico. L’Armenia ha proposto di creare una zona demilitarizzata di 3 km al confine tra Armenia e Azerbajgian e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha sottolineato la necessità di un monitoraggio internazionale del confine, perché “non ci sono garanzie che l’Azerbajgian non deciderà di lanciare un’offensiva domani”. Se la minaccia, per la quale le forze di mantenimento della pace russe sono arrivate nel Nagorno-Karabakh, non viene eliminata, in caso di ritiro della Russia, i meccanismi internazionali dovranno trovare il modo di schierare una missione di mantenimento della pace lì, ha affermato Pashinyan.

Il 12 novembre 2022 le Forze Armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco con armi leggere contro il 27enne S. Vanyan e il 45enne A. Hayrapetyan, che stavano svolgendo lavori agricoli con un trattore “T-150” nell’area denominata “100 ettari” del villaggio di Khramort, ha riferito il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, aggiungendo che i funzionari del dipartimento regionale, che si sono recati sul posto hanno scoperto un simile incidente intorno alle ore 16.30 dello stesso giorno. Il dipartimento di polizia regionale di Askeran è stato allertato dell’incidente intorno alle ore 18.00 e si sta occupando del caso. A. Hayrapetyan è stato ferito nel viso da pezzi del parabrezza del trattore rotto con gli spari ed è stato portato all’ospedale. I dettagli del caso sono stati riferiti al contingento di mantenimento della pace russo.

Inoltre, le Forze Armate dell’Azerbajgian tra le ore 18.00 e le 19.00 hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di diverso calibro in direzione delle postazioni armene situate nella parte orientale del confine armeno-azero. La parte armena non ha avuto perdite. A partire dalle ore 20.30, la situazione sul fronte è tornata relativamente stabile, ha informato il Ministero della Difesa dell’Armenia.

In un’intervista alla TV pubblica, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha affermato che l’Armenia ha proposto di creare una zona demilitarizzata di 3 km al confine tra Armenia e Azerbajgian. “Ciò significa che se riconosciamo la frontiera del 1991, le unità militari di entrambe le parti dovrebbero essere ritirate da quella zona di confine e la protezione del confine dovrebbe essere affidata alle guardie di frontiera”, ha affermato Pashinyan. Ha aggiunto che ci sono alcune questioni logistiche e tecniche da risolvere, su come questa zona demilitarizzata dovrebbe essere creata per garantire che la vita normale delle persone al suo interno non venga disturbata e non vengano create minacce alla sicurezza. Ha sottolineato, che dovrebbe esserci un monitoraggio internazionale del confine, perché “non ci sono garanzie che l’Azerbajgian non deciderà di lanciare un’offensiva domani”.

Pashinyan ha riferito, che nella proposta iniziale la parte armena aveva proposto un monitoraggio della situazione dopo il ritiro da parte della Russia. “L’Azerbajgian ha risposto che questo era inaccettabile e ora stiamo proponendo che il monitoraggio sia effettuato dalla Federazione Russa, o dalla CSTO, o dall’OSCE, o dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, o dall’Unione Europea e lasciando la porta aperta per altre opzioni. Ma va da sé che dovrebbe esserci un monitoraggio, altrimenti il meccanismo non funzionerà”, ha affermato Pashinyan.

Pashinyan ha detto inoltre, che ritiene importante che, sebbene la parola “corridoio” sia usata regolarmente dal Presidente dell’Azerbajgian nei suoi discorsi, il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian non solo non parla del corridoio, ma gli incolpa pure di aver ostacolato il processo per stabilire un collegamento di trasporto tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma del Nakhichevan. “Penso che sia molto importante capire il contenuto su cui l’Azerbajgian sta cercando di costruire la sua, per così dire, precondizione per una nuova escalation, e penso che il modo migliore per farlo sia individuare e chiarire gli accordi che l’Azerbajgian sta cercando di accusarci di non adempiere. In generale, voglio registrare che stiamo parlando di accordi scritti”, ha detto Pashinyan e che il suo discorso del giorno precedente è servito a questo scopo, nel senso che c’è stata una risposta dal Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian. “Il governo può prendere quella decisione anche oggi con procedura scritta, vogliono usare le strade dell’Armenia per creare un collegamento con Nakhichevan? Sono i benvenuti. Abbiamo detto che questa rotta può essere aperta in qualsiasi momento. Quanto alla creazione di nuove infrastrutture, ne ho parlato nel dettaglio ieri”, ha detto Pashinyan.

Se l’apertura delle vie di comunicazione per l’Azerbajgian non è un’opportunità di escalation, ma una questione di comunicazione, allora quel problema è risolto ed è necessario procedere con quella soluzione, ha detto Pashinyan. “Non abbiamo obiezioni se, ad esempio, il servizio di guardia di frontiera dalla parte dell’Azerbajgian è effettuata dalla Turchia e dalla nostra parte della Russia. Se questa opzione non è accettabile, gli Azeri dovrebbero controllare il confine dell’Azerbajgian e gli Armeni dovrebbero controllare il confine dell’Armenia. Nel XXI secolo, molte azioni possono essere eseguite utilizzando strumenti elettronici”, ha affermato Pashinyan. Ha ricordato anche l’accordo raggiunto il 14 dicembre 2021 a Brussel, alla presenza del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, secondo il quale i vertici di Armenia e di Azerbajgian avrebbero concordato il ripristino della ferrovia Yeraskh-Ordubad-Meghri-Horadiz. “Lo stesso Presidente dell’Azerbajgian ha rifiutato di firmare il documento di conferma di questo accordo”, ha affermato Pashinyan.

Per quanto riguarda il mandato della missione di mantenimento della pace da parte della Russia in Nagorno-Karabakh, Pashinyan ha detto che è pronto a firmare anche oggi il documento sull’estensione automatica. Ha ricordato che le forze di mantenimento della pace russe sono state dispiegate lungo la linea di contatto del Nagorno-Karabakh e il Corridoio di Lachin sulla base della decisione e del mandato adottati dal Consiglio della Federazione Russa. “È menzionato che le forze di mantenimento della pace russe sono schierate per prevenire le uccisioni di massa della popolazione civile del Nagorno-Karabakh. Teoricamente, anche se la Russia vuole o decide che le sue truppe dovrebbero essere ritirate, dovrebbe creare ulteriori garanzie per quella missione”, ha affermato Pashinyan, aggiungendo che anche in quel caso le garanzie non solo dovrebbero essere create, ma anche garantite. “Quel desiderio della Federazione Russa non può essere illegittimo. Se la minaccia, per la quale le forze di mantenimento della pace russe sono arrivate lì, non viene eliminata, in caso di ritiro della Russia, i meccanismi internazionali dovranno trovare il modo di schierare una missione di mantenimento della pace lì”, ha affermato Pashinyan.

Il deputato al Parlamento Europeo Fabio Massimo Castaldo ha accusato l’Unione Europea di un atteggiamento indifferente nei confronti degli eventi che stanno avvenendo nel Caucaso meridionale e soprattutto in Armenia. “Sono profondamente deluso dal fatto che il Consiglio Europeo non abbia fornito nuove informazioni sul Caucaso meridionale, dove le truppe azere hanno occupato 220 chilometri quadrati del territorio sovrano della Repubblica di Armenia, commettendo anche crimini di guerra, atrocità, torture”, ha affermato Castaldo. L’eurodeputato italiano ha riscontrato delle somiglianze con quanto sta accadendo in Ucraina. Castaldo ha sottolineato che l’Armenia è un paese democratico ed è stato attaccato da uno stato dittatoriale e aggressore. Tuttavia, ha notato che l’Unione Europeo, pur sostenendo Kiev, allo stesso tempo percepisce l’Azerbajgian come un partner affidabile. Non lo ritiene corretto, sottolineando che i doppi standard minano la fiducia in essi. “Dobbiamo sbarazzarci della trappola della dipendenza dal gas, che otteniamo da tutti i regimi autoritari. Le palesi violazioni del diritto internazionale devono essere condannate. Sempre e ovunque sto dalla parte della democrazia, sono dalla parte dell’Armenia”, ha affermato Castaldo.

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Nagorno Karabakh: due anni di insicurezza (Osservatorio Balcani e Caucaso 10.11.22)

A due anni esatti dalla fine del conflitto tra Armenia e Azerbaijan per il controllo del Nagorno Karabakh, si parla sempre più di un accordo di pace che dovrebbe essere firmato entro la fine dell’anno, ma le violazioni del cessate il fuoco sono quotidiane

10/11/2022 –  Marilisa Lorusso

La notte fra il 9 e il 10 novembre 2020 con una dichiarazione congiunta fra Armenia, Azerbaijan e Russia si poneva fine ai combattimenti di quella che è a volte chiamata la seconda guerra del Karabakh o dei 44 giorni. A distanza di 2 anni molte cose sono cambiate nelle dinamiche di questo conflitto che si protrae dalla fine degli anni ’80 e che deve ancora trovare una reale soluzione, ma anche solo una effettiva stabilizzazione.

Si parla di un accordo di pace che dovrebbe essere firmato entro la fine dell’anno, sul cui testo i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaijan starebbero negoziando, ma le parti sostengono che non esista una bozza, e se esiste non è pubblicamente discussa. È chiaro che sarà elemento fondamentale dell’accordo di pace il reciproco riconoscimento dei confini dei due paesi.

Uno degli aspetti del conflitto che si è evoluto più pericolosamente negli ultimi due anni è legato alla delimitazione e demarcazione dei confini armeno e azero. Riconquistate da Baku le regioni della così detta cintura di sicurezza, i due paesi si trovano oggi a condividere un confine molto più esteso, e la strategia che sta prevalendo è di presidiare militarmente i supposti confini, delimitandoli attraverso avamposti armati.

Questo processo ha scarsa validità giuridica e crea continue situazioni esplosive, in cui di fatto l’Azerbaijan tende ad avanzare, e l’Armenia continua a minare il confine: due strategie che portano all’aumento di incidenti e di conseguenza a un peggioramento del quadro della sicurezza. Sono più di 250 in due anni le vittime di mine nei territori riconquistati dall’Azerbaijan, un numero che continua ad aumentare nonostante il conflitto si stia allontanando nel tempo.

L’avanzamento azero, di cui gli scontri di settembre sono l’ultimo tassello, cambia anche la natura del quadro di sicurezza per l’Armenia. Quello che ora è esposto a rischio non è il territorio dell’entità politica del Nagorno Karabakh, non riconosciuta da alcun paese e de jure parte dell’Azerbaijan, ma l’Armenia propria e la sua integrità territoriale come riconosciuta internazionalmente. Dopo gli scontri di settembre l’Armenia ha apertamente chiamato in causa l’Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva, e su sua iniziativa si è tenuta a fine ottobre una riunione di emergenza. Durante la riunione è stato discusso il rapporto della missione di monitoraggio che l’Organizzazione ha mandato dopo gli scontri di settembre, una misura che Yerevan ha considerato del tutto insufficiente per offrire effettive garanzie di tutela della propria integrità territoriale. Anche la riunione è risultata un buco nell’acqua per quanto riguarda la creazione di un meccanismo che scongiuri nuove erosioni territoriali e nuovi scontri. La riunione ha visto Yerevan subire un offensivo monologo del presidente bielorusso Lukashenko che si è abbandonato a uno dei suoi show personali accusando Pashinyan  di combattere una guerra per montagne su cui non pascolerebbero manco le capre.

Il quadro della sicurezza

Non stupisce che il governo Pashinyan si stia rivolgendo altrove, e freneticamente. L’Armenia non solo non ha trovato uno scudo nelle alleanze di cui fa parte, ma nemmeno sarebbero stati rispettati gli accordi sulla fornitura di armi. Yerevan ha aperto nuovi canali di acquisto dall’India, e si muove con inedita agilità alla ricerca di nuove garanzie di sicurezza. Questo è uno dei fattori che ha aperto la porta a un nuovo ruolo protagonista dell’Unione Europea, della Francia, degli Stati Uniti, dell’Iran.

La Russia ritiene invece di essere ancora il mediatore del conflitto e a fine ottobre con una nuova mossa che precede i venturi incontri a Bruxelles e a Washington dei ministeri degli Esteri armeno e azero e dei capi di governo, ha convocato il primo ministro Pashinyan e il presidente Aliyev a Sochi. Un’intera giornata – anche se l’effettivo trilaterale è durato 2 ore, in serata – da cui è scaturita una nuova dichiarazione  . È di fatto la quarta, dopo quella che ha posto fine ai combattimenti e due seguenti nel 2021. Il punto saliente di questa dichiarazione sarebbe un rinnovato impegno al non ricorso della forza.

Va notato che sulla carta, per la soluzione del conflitto, esiste di fatto già tutto. Armenia e Azerbaijan hanno già sottoscritto un trattato con cui riconoscono i reciproci confini stabiliti alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nel 1991 i paesi membri della Comunità degli Stati indipendenti, l’ex URSS, hanno sottoscritto la dichiarazione di Alma Ata (Alma Aty)  che nel quinto paragrafo recita che le parti contraenti riconoscono e rispettano l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei confini esistenti. L’Armenia ha dichiarato di essere in cerca di un originale che dimostrerebbe che aveva posto una deroga per quanto riguarda il Nagorno Karabakh, che non riconoscerebbe parte dell’integrità territoriale azera. È caccia al documento, che comunque non sarebbe riconosciuto come vincolante da Baku.

Per quanto riguarda una soluzione pacifica dei contenziosi, le dichiarazioni precedenti prevedono già un impegno reciproco a non ricorrere all’uso della forza. Fatto sta che alla prova dei fatti l’assenza di un accordo di pace bilaterale che preveda anche dei meccanismi di de-escalation e tutela dei confini oltre agli impegni più o meno orali reciproci sta rendendo la situazione sempre più difficile da gestire sotto il profilo della sicurezza. E anche questo nuovo incontro non ha cambiato il quadro. Dal 25 ottobre ai primi di novembre è sembrato che il cessate il fuoco stesse tenendo, ma il nuovo mese si è aperto con nuove accuse di violazione. Il 3 novembre il ministero della Difesa ha nuovamente diramato il bollettino che negli ultimi 2 anni è divenuto quasi quotidiano. Unità militari armene da Verin Shorzha (in azero Yuxarı Şorca) e Vardenis avrebbero aperto il fuoco contro forze azere  dislocate nel paese di Bezirkhana (Bəzirxana) a Kalbajar. L’area di Kalbajar è quella in cui nei bollettini azeri viene indicata come la più frequente per quanto riguarda le violazioni del cessate il fuoco. Il ministero della Difesa armeno pressoché sistematicamente nega la veridicità di queste informazioni e sostiene che questa campagna di disinformazione crea i presupposti per una nuova operazione militare.

L’episodio del 3 novembre non è rimasto isolato, e si sta tornando al trend precedente al 25 ottobre. Di nuovo il 4 novembre il bollettino azero  ha riportato che a Yellicə e Mollabayramlı in Kalbajar si sia sparato per rispondere al fuoco proveniente da Verin Shorzha, Vardenis, Norabak. Di nuovo il ministero armeno ha negato che ci siano state violazioni del cessate il fuoco e accusa gli omologhi di disinformazione.

A due anni dalla fine del conflitto, sotto il profilo della sicurezza, la situazione non è né normalizzata né stabilizzata, e se la pace pare auspicabile e negoziabile, è altrettanto chiaro che l’opzione militare rimane sul tavolo anche a causa della profonda sfiducia reciproca fra i belligeranti, che paiono saper stare vicini solo se separati da trincee armate e minate.

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9 novembre 2020-2022. Due anni fa terminava la guerra scatenata dall’Azerbajgian contro l’Artsakh, dopo 44 giorni di bombardamenti, combattimenti e distruzioni (Korazym 10.11.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.11.2022 – Vik van Brantegem] – Ieri, 9 novembre 2022, nel secondo anniversario della fine della seconda guerra di aggressione dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, il Presidente della repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha deposto un omaggio floreale in memoria dei caduti armeni al Pantheon Militare di Stepanakert. Onore ai caduti armeni. L’Artsakh non sarà mai Azerbajgian. Harutyunyan era accompagnato dal Capo dell’Ufficio del Presidente, Karen Shahramanyan, dal Ministro della Difesa, Kamo Vardanyan, e dal Ministro degli Interni, Karen Sargsyan.

Il 9 novembre 2020 una dichiarazione trilaterale firmata dal Primo Ministro dell’Armenia, dal Presidente dell’Azerbajgian e dal Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha posto fine alla guerra di 44 giorni scatenata su larga scala dall’Azerbajgian contro l’Artsakh, con il coinvolgimento diretto della Turchia e di mercenari jihadisti siriani.

Le Forze Armate dell’Azerbajgian hanno cominciato la guerra dei 44 giorni contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh alle ore 07.15 di domenica 27 settembre 2020 [QUI], bombardando direttamente la capitale Stepanakert e, soprattutto, mirando a punti strategici e socialmente rilevanti come l’ospedale, dove è andato distrutto il reparto maternità, la centrale elettrica, scuole e asili. L’attacco fu portato avanti con missili, bombe a grappolo e al fosforo, drone israeliano-turche. Per 44 giorni gli allarmi si sono susseguiti quotidianamente. A Stepanakert si viveva praticamente negli scantinati.

La minaccia azero-turca agli Armeni che vivono nell’Artsakh (e non solo, anche nella stessa Armenia) è esistenziale e non solo militare. È in atto un genocidio e non solo culturale. Nessuno difende gli Armeni cristiani dagli Azeri islamici, tanto meno l’Europa e l’Occidente “cristiani”, che non hanno mosso un dito per difendergli. Solo Vladimir Putin con la Federazione Russa pone un ostacolo alle mire espansionistiche azero-turche. Il problema principale degli Armeni dell’Artsakh è che si sentono isolati e traditi dall’Occidente. Oggi l’Artsakh cristiano armeno è il baluardo della civiltà occidentale, accerchiata da un Paese islamico turco-azzero, vittima di una politica di pulizia etnica azero-turca. Come abbiamo documentato, anche dopo la firma dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, gli Azeri hanno continuato a tagliare elettricità, acqua e internet per rendere la vita impossibile agli Armeni di Artsakh, nella speranza che andrebbero via tutti. Ma questa è la loro terra e qui hanno una missione.

Con la guerra dei 44 giorno dell’autunno 2022, a causa dei missili azeri e dei droni turchi e israeliani, in Artsakh più di 7.000 edifici residenziali sono stati colpiti per un danno stimabile in 80-90 milioni di euro. In sei settimane di guerra sono morte circa 6.500 persone, in battaglia sono caduti circa 3.300 soldati, circa 40.000 Armeni hanno dovuto abbandonare la propria casa. L’aggressore azero, con l’aiuto della Turchia, ha occupato tre quarti del territorio, ha sottratti circa 2.000 monumenti, 10 musei statali e due privati, almeno 20 mila opere d’arte. Con la seconda guerra del Nagorno-Karabakh non solo parte del patrimonio armeno e vigneti storici sono passati nelle mani azere, ma anche 108 scuole, 37 tra asili, istituti di musica e arte, istituzioni culturali, 11 laboratori di ingegneria. La civiltà armena è in pericolo.

Occupata Sushi l’8 novembre 2020, le forze armate azere si sono fermate, a 15 km da Stepanakert. Da allora hanno violato costantemente l’accordo trilaterale di cessate il fuoco, con scontri ai confini e la linea di contatto, e l’invasione del territorio sovrano dell’Armenia stessa, provocando 286 morti: il bilancio più pesante dopo l’aggressione azero del 2020 per il controllo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, solo temporaneamente in pausa, ha ripetuto il Presidente Aliyev nei sui discorsi belligeranti.

Contrariamente a quanto viene ripetuto a ogni occasione dal Dittatore azero Aliyev, il conflitto del Nagorno-Karabakh non è finito, perché il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh non è riconosciuto e non è protetto, il regime dittatoriale di Aliyev continua a minacciare la popolazione armena dell’Artsakh e la politica di odio etnico xenofobo dell’Azerbajgian contro tutti gli Armeni esclude ogni possibilità di un futuro comune.

In un discorso tenuto l’8 novembre scorso a Shushi, un giorno prima del secondo anniversario della fine della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, a cui hanno partecipato “il vittorioso Comandante in capo delle forze armate Ilham Aliyev, la sua moglie Mehriban Aliyeva e il loro figlio Heydar Aliyev”, ha riferito l’agenzia di stampa statale dell’Azerbajgian AZERTAC, il Presidente dell’Azerbajgian ha ammesso chiaramente che il suo Paese ha iniziato la guerra, nonostante in precedenza avesse insistito sul contrario. Alla cerimonia in occasione del “Giorno della Vittoria” hanno partecipato le élite del regime dell’Azerbajgian, soprattutto delle Forze Armate azere.

“Non abbiamo paura di nessuno. Se avessimo avuto paura di qualcuno, non avremmo mai iniziato la seconda guerra del Karabakh”, si vantava Aliyev. Questa è la prima volta che il regime azero ha ammesso apertamente di aver iniziato la guerra dei 44 giorni. Allo scoppio della guerra il 27 settembre 2020, l’Azerbajgian ha accusato – come da loro abitudine propagandistica – le forze armate armene di aver infranto il cessate il fuoco.

Nel suo discorso di martedì scorso, Aliyev ha continuato a minacciare l’Armenia per il presunto mancato ritiro delle sue forze armate dalla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. “La nostra pazienza non è illimitata e voglio avvertire ancora una volta che se questo impegno non verrà rispettato, l’Azerbajgian prenderà le misure necessarie”, ha affermato Aliyev.

Aliyev ha anche chiesto ancora una volta l’apertura di un “corridoio Zangezur”. Il cessate il fuoco che pose fine alla guerra includeva la riapertura dei collegamenti di trasporto nella regione, compreso un collegamento tra l’Azerbajgian occidentale e l’enclave di Nakhchivan. “L’Armenia si è assunta la responsabilità del Corridoio Zangezur. Per due anni non abbiamo toccato le auto che andavano dall’Armenia al Karabakh e tornavano sulla strada di Lachin. Forniamo libera circolazione”, ha affermato Aliyev. “L’Armenia si è inoltre impegnata a garantire il collegamento stradale tra le regioni occidentali dell’Azerbaigian e la Repubblica autonoma di Nakhchivan. Sono passati due anni e non c’è studio di fattibilità, nessun trasporto, nessuna ferrovia e nessuna autostrada. Quanto tempo dobbiamo aspettare?!”.

Ieri, 10 novembre 2022, il Presidente della Commissione per le relazioni estere del Parlamento armeno, Eduard Aghajanyan, ha affermato che i commenti di Aliyev sui collegamenti di trasporto non hanno alcuna relazione con i negoziati in corso tra i due Paesi: “Le ultime dichiarazioni distruttive di Ilham Aliyev non devono essere collegate alle trattative condotte a Washington [QUI] o a Sochi [QUI]”, ha detto Aghajanyan. “Il Presidente dell’Azerbajgian non è stato costruttivo nel contesto dell’intero processo negoziale, soprattutto nel dopoguerra”, ha aggiunto Aghajanyan.

Nel suo discorso, Aghajanyan ha anche toccato gli scontri di metà settembre di quest’anno, che secondo Aliyev erano una risposta alle “provocazioni dell’Armenia”. Durante l’aggressione contro il territorio sovrano dell’Armenia, il 13 e 14 settembre scorso, le forze armate dell’Azerbajgian hanno preso il controllo di diverse posizioni all’interno dell’Armenia, occupando le principali alture strategiche sul confine con l’Azerbajgian. “L’Armenia dovrebbe capire cosa significa”, ha detto Aliyev. Nonostante le affermazioni dell’Azerbajgian secondo cui l’Armenia aveva iniziato i combattimenti a settembre, molti Paesi occidentali, inclusi Stati Uniti e Francia, hanno incolpato direttamente l’Azerbajgian, ha dichiarato Aliyev: “Anche quest’anno, l’operazione Farrukh, l’operazione Revenge, gli eventi del 13-14 settembre al confine tra Armenia e Azerbaigian, tutti questi dovrebbero servire come un’altra lezione per l’Armenia. Abbiamo insegnato loro questa lezione e speriamo che finalmente la capiscano, pieghino il collo e affrontino i loro affari interni, non mettano gli occhi sulle nostre terre, non mettano gli occhi sul Karabakh. Il Karabakh è la nostra terra. Le forze di pace russe sono di stanza lì temporaneamente, la dichiarazione del 10 novembre 2020 specifica il loro mandato e, se fanno affidamento su qualcuno, dovranno affrontare un’altra tragedia. Dopo l’operazione del 13-14 settembre, le forze armate dell’Azerbajgian sono di stanza ad alture strategiche chiave in direzione del confine tra Azerbaigian e Armenia. L’Armenia dovrebbe capire cosa significa. Ora possiamo vedere le città di Garakilsa, Gafan, Gorus e Istisu da quelle alture strategiche. Siamo sulle rive del lago Small Goycha. Anche il Lago Big Goycha è alla nostra vista. Tutte queste sono realtà. Abbiamo creato queste realtà dopo la Guerra Patriottica”.

Nel suo ampio discorso, Aliyev ha toccato molti argomenti, tra cui l’affermazione che l’Azerbajgian ha perso la prima guerra del Nagorno-Karabakh a causa della negligenza della leadership politica in quel momento e dei suoi tentativi di salire al potere. “In quel momento, elementi antinazionali presero il potere, combatterono per il potere e per salire al potere. Hanno consegnato l’inespugnabile fortezza di Shushi all’Armenia, agli Armeni, e così sono saliti al potere”, ha affermato Aliyev.

Aliyev ha anche fatto riferimento alle recenti esercitazioni militari condotte dall’Iran al confine con l’Azerbajgian. “Il nostro esercito ha mostrato eroismo, professionalità e altruismo nella [seconda guerra del Nagorno-Karabakh]. Se necessario, lo mostreremo di nuovo. Otterremo ciò che vogliamo, lo sanno tutti, e dovrebbero saperlo anche coloro che conducono l’addestramento militare a sostegno dell’Armenia al nostro confine. Nessuno può spaventarci”, ha detto Aliyev con aria di sfida.

Nel suo discorso, Aliyev, il “partner affidabile dell’Unione Europea” di Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Abbiamo stabilito relazioni di stretta cooperazione con molti Paesi in forma bilaterale sia nella nostra regione che in altri continenti. Nove Stati membri dell’Unione Europa hanno firmato dichiarazioni di partenariato strategico con l’Azerbajgian. Questo è un terzo dei Paesi membri dell’Unione Europea. Ci sono anche altri Paesi. Quindi queste relazioni internazionali e la reputazione internazionale dell’Azerbajgian ci hanno dato l’opportunità di acquisire più amici. Nel complesso, l’atteggiamento internazionale nei confronti della guerra di 44 giorni è stato positivo. È vero che alcuni Paesi filo-armeni e Paesi con stretti rapporti con l’Armenia hanno cercato di fare dei passi politici contro di noi. Ma non sono riusciti a produrre alcun risultato. Perché ci siamo assicurati un forte sostegno internazionale nel corso degli anni”.

Naturalmente, ha osservato Aliyev, “per avere successo nella guerra, dovevamo realizzare progetti molto importanti, e l’abbiamo fatto. Oggi, basterebbe guardare le mappe dell’energia e dei trasporti del mondo e della nostra regione per vedere quanti benefici i progetti realizzati su nostra iniziativa hanno portato al nostro Paese e ai nostri partner. Ci sono dozzine di Paesi che partecipano ai progetti di trasporto ed energia che abbiamo avviato. Questi progetti acquisiranno ancora più slancio nella fase attuale e tutti questi Paesi sono i nostri amici e alleati naturali. Allo stesso tempo, questi progetti hanno generato per noi ulteriori opportunità finanziarie. Prima di tutto, abbiamo incanalato queste opportunità finanziarie per rafforzare il nostro potenziale militare. Se guardiamo alle spese del bilancio statale durante la mia Presidenza, vedremo che le spese militari sono state al primo posto. È in primo luogo. (…) Posso dire che le nostre Forze Armate sono diventate ancora più forti negli ultimi due anni. Sono state condotte riforme strutturali, sono state istituite nuove unità, è stato aumentato il numero delle formazioni esistenti, sono state fornite armi, munizioni e nuovo equipaggiamento al massimo livello possibile. L’attuale esercito dell’Azerbajgian è più forte dell’esercito dell’Azerbajgian due anni fa, e tutti dovrebbero saperlo. L’Armenia e tutti gli altri dovrebbero saperlo! Questo è il motivo per cui la strada per la Vittoria ha attraversato diverse direzioni. Naturalmente, la creazione di forti forze armate era la priorità assoluta, e l’abbiamo fatto”.

La Russia ha un atteggiamento negativo nei confronti di qualsiasi campagna di propaganda, sia nell’ambito dei media che in quella politica, ha affermato il Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, Maria Zakharova, durante un briefing, rispondendo alla domanda sulle critiche al contingente di pace russo, che regolarmente compaiono nei canali Telegram azerbaigiani. “Per quanto riguarda il ruolo delle forze di pace russe e la valutazione delle loro attività, i leader dei tre Paesi (Armenia, Azerbajgian e Russia) hanno affermato al vertice tenutosi a Sochi [QUI] il significativo contributo del contingente militare russo alla fornitura di sicurezza e hanno sottolineato la necessità di sforzi per stabilizzare la situazione nella regione. Qualsiasi iniziativa positiva, costruttiva e creativa crea sempre un’onda negativa. Sfortunatamente, questa è la regola del mondo”, ha concluso Zakharova.

La Federazione Russa ha invitato l’Armenia e l’Azerbajgian ad astenersi da passi carichi di un’escalation di tensione sulla linea di contatto, ha detto il 7 novembre scorso ai giornalisti il Portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov. “La dichiarazione adottata al termine della riunione trilaterale di Sochi ha sottolineato l’intenzione delle parti, Armenia e Azerbajgian, di deliberare esclusivamente con mezzi politico-diplomatici e pacifici. Pertanto, continuiamo a chiedere a entrambe le parti di astenersi da azioni e passi pericolosi che potrebbero portare a un’escalation della tensione sulla linea di contatto”, ha affermato Peskov, commentando la dichiarazione del Ministero della Difesa armeno che le forze armate azere hanno nuovamente sparato contro le postazioni di difesa armene in direzione orientale del confine.

L’Ambasciatore con incarichi speciali dell’Armenia, Edmon Marukyan, ritiene necessario la presenza di garanti da parte dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU (USA, Regno Unito, Russia, Francia e Cina) per la firma di un futuro trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian. “Negli ultimi 2 anni, l’Azerbajgian ha costantemente violato e illuso l’accordo trilaterale di cessate il fuoco. Quali sono le garanzie che l’Azerbajgian non violerà e interpreterà erroneamente il futuro trattato di pace dopo averlo firmato? L’Armenia ha bisogno di garanti del trattato di pace almeno dell’UNSC P5″, ha twittato Marukyan.

Durante una visita di lavoro a Brussel, il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Kristinne Grigoryan, ha tenuto un incontro con il Rappresentante speciale dell’Unione Europea per i diritti umani, Eamon Gilmore, il Vicedirettore generale per l’Europa e l’Asia Centrale del Servizio europeo per l’azione esterna, Luke Devigne, e il Capo dell’Unità Armenia, Azerbajgian, Bielorussia e Partenariato orientale della direzione generale del Vicinato e dei negoziati di allargamento della Commissione Europea, David Cullen. Durante gli incontri, Grigoryan ha fatto riferimento alla politica di armenofobia degli alti funzionari dell’Azerbajgian, alle manifestazioni di incitamento all’odio e ai crimini ispirati dall’odio. Il difensore ha presentato i dettagli delle conseguenze dell’attacco militare azerbaigiano del 13-14 settembre al territorio sovrano della Repubblica di Armenia, i crimini di guerra commessi, compresi i casi di tortura e trattamenti inumani e degradanti. Grigoryan ha presentato agli interlocutori le relazioni ad hoc predisposte dal suo Ufficio.

Durante l’incontro con Eamon Gilmore, Grigoryan ha presentato la situazione della protezione dei diritti umani in Armenia, comprese le sfide nella lotta contro la violenza domestica, l’emancipazione economica delle donne e la lotta alla discriminazione. Durante il suo intervento, Grigoryan ha sottolineato l’importanza dell’applicazione del regime sanzionatorio globale per i diritti umani del 2020 per contrastare l’impunità nella regione. Gilmore si è congratulato con Grigoryan per aver assunto il mandato ed ha espresso la sua disponibilità ad approfondire la cooperazione.

Durante l’incontro con Luke Devigne, gli interlocutori hanno discusso le conseguenze dell’attacco militare azerbajgiano al territorio sovrano dell’Armenia e il suo effetto sulla situazione della protezione dei diritti umani.

Durante l’incontro con David Cullen, Grigoryan ha presentato il processo di attuazione dei programmi finanziati dall’Unione Europea finalizzato alla protezione e alla promozione dei diritti umani e ha evidenziato l’elevato livello di cooperazione sia con la delegazione dell’Unione Europea in Armenia che con i partner internazionali che garantiscono l’attuazione dei programmi. Presentando le priorità dell’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Grigoryan ha evidenziato le principali esigenze, in risposta alle quali i partner dell’Unione Europea hanno riaffermato la loro disponibilità a sostenere l’attuazione di programmi volti a rafforzare l’istituzione e a costruirne le capacità.

“Non dobbiamo difendere, ma attaccare politicamente, da un punto di vista propagandistico”: il Comandante in capo vittorioso Ilham Aliyev che ha creato l’esercito più forte del 21° secolo e ha ottenuto la Grande Vittoria!

Il 2020 è stato un anno indimenticabile per l’Azerbajgian. Il giorno storico che sembrava un sogno a tutti è arrivato! L’esercito azerbajgiano sotto la guida del Comandante in capo ha liberato le nostre città e villaggi uno per uno. Ciò che il Presidente ha detto anni fa si è avverato uno per uno. Un breve sguardo alla storia recente mostra che questa vittoria è un piano strategico ben congegnato del Presidente Ilham Aliyev!

44 giorni … Guerra Patriottica e Grande Vittoria … Questa vittoria è la pagina più luminosa nella storia dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian si è mosso passo dopo passo verso la vittoria del Karabakh, superando una moltitudine di difficoltà e ostacoli. L’esercito azerbajgiano lo ha fatto sotto la guida del Comandante in capo Ilham Aliyev! La storia stessa testimonia la portata del lavoro svolto in quei 44 giorni, pieni di orgoglio e onore.

Fin dal primo giorno della sua elezione, il Presidente dell’Azerbajgian ha posto come priorità la liberazione dell’antico Karabakh. Dal giorno in cui ha prestato giuramento come Presidente, nell’ottobre 2003, ha sottolineato l’importanza della liberazione incondizionata delle nostre terre.

Sebbene la strada per la vittoria nella guerra patriottica abbia richiesto 44 giorni, questa vittoria è stata sostenuta da anni di instancabile, paziente e perseverante lotta del Presidente. Questa era l’essenza dei suoi discorsi in tutti gli incontri e forum internazionali, sia in patria che all’estero. In ogni parola, il Presidente ha mostrato che la sua posizione è rimasta immutata. Le parole e le promesse fatte esattamente 18 anni fa sono rimaste immutate fino alla fine! Il Karabakh deve essere liberato! (AZERTAC).

“L’Azerbajgian non sopporterà mai questa situazione, l’occupazione delle sue terre. Tutti dovrebbero sapere che, nonostante la nostra adesione alla pace, il fatto che non vogliamo che la guerra ricominci e vogliamo risolvere pacificamente questo problema, la nostra pazienza non è inesauribile L’Azerbajgian libererà le sue terre natie ad ogni costo” (Discorso alla cerimonia di giuramento, 31 ottobre 2003).

“Bisogna capire che non accetteremo mai l’indipendenza del Karabakh o la sua annessione all’Armenia” (Intervista al quotidiano francese Le Figaro, 22 gennaio 2004).

“La posizione dell’Azerbajgian è chiara ed è stata più volte ribadita. Se non hai ancora avuto l’opportunità di conoscere queste affermazioni, lascia che vi lo ricordi: il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian non accetterà mai l’indipendenza del Nagorno-Karabakh o l’adesione all’Armenia. Il Nagorno-Karabakh appartiene all’Azerbajgian” (Conferenza stampa al Palazzo d’Europa, Strasburgo, 29 aprile 2004).

“Dichiaro che le spese per l’esercito aumenteranno. Dobbiamo rafforzare ulteriormente la base materiale e tecnica del nostro esercito. Abbiamo l’opportunità di fare tutto questo. A volte si chiede che ci dovrebbe essere un compromesso su questo problema. Non ci possono essere compromessi sulla questione della terra. Prima l’altra parte lo capisce, meglio è” (Incontro con il personale di un’unità militare a Ganja, 18 giugno 2004).

“Tutti sanno che l’attuale Armenia è stata fondata sulle antiche terre dell’Azerbajgian. Il khanato di Iravan e il distretto di Zangazur – tutte queste sono terre dell’Azerbajgian” (Discorso nel distretto di Goranboy, 20 novembre 2009).

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Armenia, ‘proponiamo a Azerbaigian una zona demilitarizzata’ (Ansa 10.11.22)

(ANSA-AFP) – MOSCA, 10 NOV – Il governo di Yerevan ha proposto di creare una zona demilitarizzata lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian e attorno alla regione contesa del Nagorno-Karabakh: lo ha detto il premier armeno Nikol Pashinyan, ripreso dall’Afp.

“Ho presentato una proposta per creare una zona demilitarizzata intorno al Nagorno-Karabakh”, ha affermato Pashinyan durante una riunione del Consiglio dei ministri.    “Stiamo anche proponendo un’iniziativa per creare una zona demilitarizzata di tre chilometri lungo il confine armeno-azero”, ha aggiunto.
La proposta del governo armeno arriva qualche giorno dopo che il presidente azero Ilham Aliyev ha chiesto il ritiro dei soldati armeni dal Karabakh.
Ieri Pashinian ha detto che Putin è atteso a Yerevan il 22 novembre per una visita di due giorni.
Nell’autunno del 2020 ci sono stati sanguinosi combattimenti tra armeni e azeri nel Nagorno-Karabakh, dove si stima che abbiano perso la vita oltre 6.500 persone. Un accordo di cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian è stato siglato nel novembre del 2020 con la mediazione di Mosca. In base al documento, l’Azerbaigian ha mantenuto i territori conquistati e l’Armenia gli ha ceduto anche altre zone del conteso Nagorno-Karabakh e dei territori limitrofi. Sempre sulla base dell’accordo, inoltre, la Russia ha inviato circa 2.000 soldati nel Nagorno-Karabakh, con l’obiettivo ufficiale di far rispettare la tregua.
A metà settembre si sono registrati altri combattimenti alla frontiera, nei quali si stima che siano morte oltre 200 persone e che i due Stati si accusano a vicenda di aver provocato.

Blinken: “Entrambe le nazioni hanno compiuto passi reali e coraggiosi per una pace permanente” (TRT 08.11.22)

I ministri degli Esteri dell’Azerbaigian, Ceyhun Bayramov, e quello dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, hanno avuti un incontro nella capitale statunitense Washington ospitata dal segretario di Stato degli USA, Antony Blinken.

Prima dell’incontro Blinken affermando che il suo Paese è fedele ai negoziati di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian, ha aggiunto:

“Ci siamo riuniti per portare avanti l’incontro iniziato durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York lo scorso mese.

Il dialogo diretto è la via migliore per una pace permanente e siamo molto felici di sostenerlo. Gli Stati Uniti sostengono fortemente la sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia e dell’Azerbaigian.

Il conflitto va avanti da più di 30 anni, in Karabakh ha causato molto perdite umane e materiali lasciando dietro ferite profonde. Ma oggi, quello che stiamo vedendo è che entrambe le nazioni hanno compiuto passi reali e coraggiosi per lasciarsi il passato alle spalle e lavorare per una pace permanente. Entrambi i paesi lavorano con questo obiettivo per un futuro pacifico e paesi pacifici in Transcaucasia e per un futuro più luminoso”.

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La missione dell’UE al confine tra Armenia e Azerbaijan (Osservatorio Balcani e Caucaso 08.11.22)

Si chiama European Monitoring Capacity (EUMCAP) ed è la missione di breve durata dell’UE dispiegata ai confini tra Armenia e Azerbaijan con l’intento di ridurre le tensioni tra i due stati e rafforzarne la fiducia reciproca

08/11/2022 –  Onnik James Krikorian

L’Unione europea ha dispiegato circa 40 osservatori civili disarmati sul lato armeno del confine con l’Azerbaijan dopo la grave escalation militare del 12-13 settembre, che ha visto l’Azerbaijan colpire il territorio armeno, provocando complessivamente quasi 300 morti. Sebbene richiesta a settembre dal ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, la decisione è arrivata solo il 6 ottobre in occasione dell’incontro a Praga tra il primo ministro Nikol Pashinyan, il presidente azero Ilham Aliyev, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e il presidente francese Emmanuel Macron. L’Azerbaijan, tuttavia, non ha acconsentito alla presenza della missione sul suo lato del confine, sebbene abbia accettato di “cooperare con questa missione per quanto di sua competenza”.

Una volta formalmente approvata dagli stati membri dell’UE la missione il 17 ottobre, gli osservatori sono stati dispiegati sul terreno – per soli due mesi – dopo la visita di una missione tecnica dell’UE nei giorni precedenti. Sebbene alcuni in Armenia ausoicassero una presenza più lunga e persino militare – ma l’UE è più nota per le sue missioni civili – il fomrato attuale non è arrivato inaspettato. Infatti, il 29 ottobre, il rappresentante speciale per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia Toivo Klaar ha spiegato che l’unico modo per schierarsi rapidamente sarebbe stato utilizzare alcuni dei suoi 200 osservatori della missione di monitoraggio dell’Unione europea (EUMM) nella vicina Georgia. Inoltre, la missione armena sarà finanziata dal bilancio di EUMM Georgia, attualmente pari a 22,4 milioni di euro all’anno, e non sarà prorogata oltre i due mesi previsti.

L’EUMM, anch’essa una missione di monitoraggio civile, è stata dispiegata in Georgia all’indomani della guerra tra Russia e Georgia dell’agosto 2008 e monitora le linee di confine amministrative (ABL) del paese con altre due regioni separatiste nel Caucaso meridionale: l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale. Klaar, per inciso, è stato il capo dell’EUMM Georgia a Tbilisi nel 2013-14.

Nonostante la sua natura limitata e temporanea, la missione denominata European Monitoring Capacity (EUMCAP) in Armenia  , dovrebbe portare ad una riduzione delle tensioni al confine, contribuendo a misure di rafforzamento della fiducia tra Armenia e Azerbaijan e assistendo il processo in corso di delimitazione dei confini tra i due paesi. Ciò è stato particolarmente evidenziato il 27 settembre in un incontro tra il segretario del Consiglio di sicurezza armeno Armen Grigoryan e il consigliere presidenziale azerbaijano Hikmet Hajiyev, facilitato dal consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan a Washington. Sullivan ha affermato che non solo l’Armenia e l’Azerbaijan si sarebbero impegnati ad “avviare negoziati con tempistiche precise e basati sui testi per completare un accordo di pace entro la fine dell’anno solare”, ma un presunto documento trapelato su Telegram includeva anche un riferimento alla necessità di “completare la delimitazione del confine internazionale Armenia-Azerbaijan parallelamente ai negoziati di pace da effettuarsi entro la fine dell’anno solare”.

Il segretario del Consiglio di sicurezza Grigoryan ha ripetuto parola per parola gran parte del contenuto del documento trapelato in un’intervista pochi giorni dopo, confermandone di fatto l’autenticità. Sebbene alcuni analisti ritengano che questo breve orizzonte temporale potrebbe non essere realistico, altri lo legittimano, pur con cautela e suggerendo un accordo quadro su cui costruire in seguito. Intanto sembrano entrare sempre più in conflitto le due “piattaforme di pace” prese in considerazione da Yerevan e Baku: una facilitata da Bruxelles e supportata da Washington DC, e l’altra guidata da Mosca.

In segno di questo crescente disaccordo, sia la Russia che l’Iran hanno reagito negativamente al breve dispiegamento dell’EUMCAP in Armenia. “E’ l’ennesimo tentativo dell’UE di interferire con qualsiasi mezzo nella normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan, per estromettere gli sforzi di mediazione del nostro paese”, ha accusato la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. A Yerevan, tuttavia, permane la frustrazione per il fatto che l’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva (CSTO), l’organizzazione per la sicurezza guidata da Mosca di cui fa parte anche l’Armenia, non abbia risposto alle richieste di dispiegare una propria missione. Nel frattempo, Mosca è anche scontenta dell’impegno dell’UE nel processo di delimitazione delle frontiere.

Infatti, alla vigilia della riunione delle commissioni di frontiera armena e azerbaijana a Bruxelles all’inizio di novembre, il presidente russo Putin ha ribadito che la Federazione russa è pronta a fornire “le più accurate mappe dello stato maggiore sovietico” per risolvere la questione della delimitazione del confine tra Armenia e Azerbaijan. Durante l’incontro facilitato dall’UE a Praga il 6 ottobre, sia l’Armenia che l’Azerbaijan avevano già confermato il loro impegno nei confronti della dichiarazione di Alma-Ata del 1991 attraverso la quale hanno reciprocamente riconosciuto le rispettive integrità territoriali e la sovranità.

Il 3 novembre, le commissioni di frontiera si sono incontrate per la terza volta a Bruxelles dopo i precedenti incontri al confine armeno con l’exclave azerbaijana di Nakhichevan e a Mosca. Al momento in cui scriviamo, poco si sa di quali dettagli concreti siano stati discussi, ma i resoconti indicano che Bruxelles, Yerevan e Baku erano soddisfatti dell’incontro. “L’Unione europea esorta le parti ad adottare misure per migliorare la sicurezza sul campo e per compiere progressi sulla delimitazione”, ha twittato Stefano Sannino, segretario generale del Servizio per l’azione esterna dell’UE.

All’incontro delle due commissioni, capeggiate dal vice primo ministro armeno Mher Grigoryan e dal suo omologo azero Shahin Mustafayev, era presente anche Toivo Klaar. Il giorno successivo, il 4 novembre, Javier Colomina, vicesegretario generale aggiunto della NATO per gli affari politici e la politica di sicurezza e rappresentante speciale per il Caucaso e l’Asia centrale, ha accolto favorevolmente l’incontro.

“Buone notizie vedere i nostri partner discutere della delimitazione dei confini, indispensabile per aumentare la sicurezza sul campo. La #NATO sostiene la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan e accoglie con favore gli sforzi dell’#UE a tal fine, incluso l’ospitare questi colloqui e il recente lancio di @EUMCAP”, ha twittato Colomina. E il giorno dell’incontro stesso a Bruxelles, il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha annunciato che sarebbe tornato a visitare Washington per incontrare il suo omologo azerbaijano, Jeyhun Bayramov, e il segretario di Stato americano Antony Blinken.

L’Azerbaijan ha detto che vorrebbe un trattato di pace firmato entro la fine dell’anno e l’Armenia ha provvisoriamente accettato, ma ci sono ancora molti ostacoli da superare dopo oltre tre decenni di ostilità. Tuttavia, l’Occidente vede chiaramente l’EUMCAP come uno strumento necessario per contribuire a creare un ambiente più favorevole in cui raggiungere un tale accordo.

“Quello che potete aspettarvi di vedere nelle settimane e nei mesi a venire è il continuo impegno americano, il continuo impegno americano di alto livello”, ha affermato l’11 ottobre il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price. “Non posso promettere un risultato specifico, ma posso promettere che rimarrà una priorità per noi”.

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Armenia – Azerbaigian: la guerra dimenticata dall’Europa cristiana (L’Indro 07.11.22)

“L’Armenia dà fastidio in quella posizione perché l’obbiettivo è la riunione con i popoli turchi quindi siamo da eliminare. Quello che ci addolora è che l’Europa cristiana se ne frega totalmente e non muove un dito mentre c’è un Paese sull’orlo dell’annientamento”. Intervista a S. E. Abrahamyan Vrtanes, Vescovo di Artsakh

Nelle prime ore dello scorso 13 settembre vi è stata una nuovaescalation militare nella regione del Nagorno Karabakh, ormai da moltissimi anni terra di conflitto tra Azerbaijan e Armenia. In Italia la comunità armena è presente praticamente da sempre.

Nella città di Milano avvengono le prime iniziative consociali già dal 1915. Su iniziativa di alcuni ex studenti del collegio ‘Moorat-Raphaël’ di Venezia, residenti a Milano e a Torino, unitamente ad alcuni commercianti armeni che praticano l’import-export di prodotti tessili nell’area milanese, danno vita da prima in modo informale ad una iniziale cellula associativa. Le iniziative armene a Milano porteranno al riconoscimento per legge dell’Ente già nei primi anni ’20.

Ad oggi la comunità armena milanese conta all’incirca un migliaio di persone. Durante l’ultimo periodo si è impegnata per l’accoglienza di circa una sessantina di profughi Ucraini di etnia armena. Un impegno assolutamente importante per una comunità piccola e che non riceve alcun finanziamento pubblico, ma si auto tassa al suo interno per perseguire il proprio mandato.

Grazie all’iniziativa promossa dall’associazione ‘Una Voce nel Silenzio’, abbiamo raccolto la testimonianza diretta del vescovo armeno della diocesi di Artsakh, S. E. Abrahamyan Vrtanes, nelle scorse settimane in visita a Milano.

Eminenza da dove nascono queste nuove ostilità che coinvolgono il Karabakh?

Io prima di diventare vescovo in Artsakh ero un cappellano militare dell’Armata, conosco molto bene cos’è la guerra perché io stesso ho partecipato. Ho girato molti Paesi per studiare e conosco le regole della guerra. Una di queste regole dice che i cappellani possono rimanere con i prigionieri di guerra per continuare l’assistenza spirituale o tornare tra le proprie file (N.d.A. secondo il diritto dei conflitti armati un cappellano non può essere fatto prigioniero). Il conflitto del 2020 non ha seguito nessuna regola, infatti ho perso dei cappellani uccisi dal nemico. Vi è stato proprio l’intento di effettuare barbarie sui soldati e non fare prigionieri, i pochi feriti catturati servivano per poi essere scambiati, o ricattare, ecc. Se osservate la violenza gratuita contro le lapidi potete immaginare contro gli uomini cosa hanno potuto fare. A un certo punto girava la notizia che il nemico fosse drogato, invece da quello che abbiamo potuto vedere non erano drogati, ma era il loro modo di condurre le operazioni, con violenze gratuite. Io ho visto come cappellano tutte le guerre, la prima nel 92/94, la seconda nell’aprile del 2016 e la terza guerra nel 2020, ho potuto vedere che la violenza è sempre andata ad aumentare.

Come sono cambiati gli appoggi internazionali nei conflitti che si sono susseguiti?

Nel primo conflitto, quando l’Unione Sovietica stava per crollare i Russi cercarono di mantenere immutati i confini dell’Unione Sovietica. Con il presidente Boris El’Cin la posizione russa divenne neutrale ovvero vendeva armi a entrambi, sia a noi che agli Azeri e comunque siamo riusciti a vincere. In quei tempi la Turchia non era ancora così forte e non si era introdotta nel Caucaso. In seguito, la Turchia ha iniziato ad addestrare i soldati Azeri con parametri NATO. Per la prima volta nell’aprile 2016 hanno usato droni Bayraktar Turchi e anche droni Israeliani, questo lo abbiamo poi appurato analizzando i frammenti dopo l’abbattimento di alcuni velivoli. All’inizio c’è stato panico tra le nostre truppe perché non li avevamo mai visti ma poi abbiamo trovato il sistema per distruggerli. L’ultima volta lo scenario è stato molto diverso, perché l’esercito Azero godeva dell’appoggio di nazioni come Israele, Ucraina, Pakistan e anche milizie ISIS. Certo che l’Armenia non poteva vincere contro questa coalizione. Gli analisti dichiararono che gli armeni non avrebbero potuto resistere più di 14 giorni, ma abbiamo resistito 44 giorni e se fossimo stati appoggiati da forze esterne avremmo potuto anche vincere. Europa, USA, Francia, Russia, tutti sapevano che non avremmo potuto resistere, ma ne eravamo coscienti anche noi. L’Armenia dà fastidio in quella posizione perché l’obbiettivo è la riunione con i popoli turchi quindi siamo da eliminare. Quello che ci addolora è che l’Europa cristiana se ne frega totalmente e non muove un dito mentre c’è un Paese sull’orlo dell’annientamento.

C’è stata la presenza di mercenari tra le file azere?    

C’erano degli sniper e delle donne Ucraine. C’erano miliziani ISIS sulle tecniche urlanti Allah akbar. Ma la vera differenza l’ha fatta la presenza dei droni, perché da canto nostro avevamo il vantaggio di conoscere profondamente il territorio. Per ben due volte i droni hanno colpito la chiesa di Shushi.

Qual è la condizione dei civili?

I bombardamenti hanno coinvolto molte città, a Shushi fu colpita la cattedrale 2 volte, a Stepanakert l’ospedale pediatrico, fu colpita Hadrut, esponendo tutti i civili. Ne sono morti a centinai tra donne e bambini. Il problema che queste città non avevano rifuggi, i civili potevano rifugiarsi solo nei sotterranei delle chiese o nelle cantine, ma non tutti ne avevano la possibilità. Durante il genocidio armeno nel periodo della Prima Guerra Mondiale le scusanti (N.d.A. delle Potenze europee di non essere intervenuti in soccorso) erano che gli stati non sapevano, che c’era la guerra, che era avvenuto lontano. Ma adesso con i nuovi mezzi di comunicazione tutti sanno le cose che stanno avvenendo.

Che ruolo hanno i soldati Russi arrivati nel Artsakh?  

I soldati Russi che sono in Artsakh, sono una forza neutrale (N.d.A costituiscono un contingente di Peacekeeping). Se non ci fossero state le forze Russe saremmo stati già invasi e annientati. Vorrei dire un’ultima cosa. Come ho già detto questa guerra non ha seguito nessuna regola, e ci sono delle regole anche per la posa di mine che devono essere mappate e segnalate. Nel 1992 abbiamo minato sia noi che loro, si è usato di tutto, sia anticarro che antiuomo. Si facevano anche dei trappolamenti costituiti da una mina anticarro con sopra una antiuomo. Quando entrammo ad Ağdam abbiamo trovato gli alberi di frutta trappolati dagli Azeri, per trent’anni quei territori sono stati minati ma ovviamente non ci sono mappe.

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Aumentano le tensioni tra Azerbaigian e Iran (L’Indro 03.11.22)

Oggi incontro armeno-azero a Washington. Questa notte nuovi attacchi azeri contro posizioni di difesa armene (Korazym 07.11.22)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.11.2022 – Vik van Brantegem] – Oggi si svolge a Washington un incontro dei Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbajgian in un trilaterale su invito del Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken. Nella notte sono avvenuto nuovi attacchi azeri a posizioni di difesa armene, lungo la linea di contatto tra Armenia e Azerbajgian, nonostante la presenza della missione europea di monitoraggio.

Il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, oggi ha avuto a Washington un incontro con il Vicesegretario di Stato aggiunto degli Stati Uniti, Erika Olson e con il Copresidente statunitense del Gruppo di Minsk dell’OSCE e Consigliere principale per i negoziati del Caucaso, Philip Reeker. In seguito si è svolto l’annunciato incontro trilaterale dei Ministri degli Esteri armeno e azero, Ararat Mirzoyan e Jeyhun Bayramo, e del Vicesegretario di Stato aggiunto degli Stati Uniti, Erika Olson. I Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbajgian hanno avuto un primo incontro a Washington il 3 ottobre scorso e si sono poi incontrati a Mosca il 9 ottobre su iniziativa del Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov.
Questa notte, le forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di diverso calibro contro posizioni armene, ha riferito il Ministero della Difesa armeno. L’attacco è avvenuto nella direzione orientale della zona di confine tra Armenia e Azerbajgian. Non si registrano vittime da parte armena. La situazione è ritornata relativamente stabile alle ore 08.00.

La Russia ha invitato l’Armenia e l’Azerbajgian ad astenersi da passi carichi di un’escalation di tensione sulla linea di contatto, ha detto oggi ai giornalisti il Portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov. “La dichiarazione adottata al termine della riunione trilaterale di Sochi ha sottolineato l’intenzione delle parti, Armenia e Azerbajgian, di deliberare esclusivamente con mezzi politico-diplomatici e pacifici. Pertanto, continuiamo a chiedere a entrambe le parti di astenersi da azioni e passi pericolosi che potrebbero portare a un’escalation della tensione sulla linea di contatto”, ha affermato Peskov, commentando la dichiarazione del Ministero della Difesa armeno che le forze armate azere hanno nuovamente sparato contro le postazioni di difesa armene in direzione orientale del confine.

In un briefing oggi al Parlamento armeno, il Governatore di Gegharkunik, Karen Sargsyan, ha dichiarato che gli osservatori dell’Unione Europea nella provincia armena di Gegharkunik hanno accertato che c’è stata un’aggressione contro i confini dell’Armenia da parte dell’Azerbajgian e che ci sono territori armeni occupati dalle forze armate azere. “Le violazioni sono state registrate, ma ovviamente negli ultimi giorni sono diminuite. In ogni caso gli osservatori conducono il loro pattugliamento, che hanno fatto anche effetto, anche questo è un motivo per cui l’avversario ha ridotto gli attacchi”, ha detto Sargsyan oggi ai giornalisti. Ha aggiunto che gli otto osservatori dell’Unione Europea hanno un quartier generale nella provincia e stanno lavorando lungo il confine in 11 insediamenti. Tuttavia, si è rifiutato di dire esattamente dove conducono il servizio di osservazione. “Eseguono il monitoraggio ogni giorno e fanno nuove scoperte ogni giorno. Ho fornito tutte le informazioni disponibili ai nostri partner e hanno assicurato che le presenteranno come rapporto”, ha detto Sargsyan. “Per quanto riguarda le mappe e l’attuale posizione delle truppe azere, gli osservatori hanno accertato che ci sono territori dell’Armenia occupati e sono sicuri che sia stato il risultato dell’aggressione azerbajgiana”, ha affermato Sargsyan.

Nell’incontro del 6 ottobre 2022, in occasione del Primo incontro della Comunità Politica Europea a Praga, su iniziativa del Presidente della Repubblica francese e del Presidente del Consiglio Europeo, tra il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, e il Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Ilham Aliyev, l’Armenia aveva espresso il suo accordo per facilitare la missione di osservazione dell’Unione Europea lungo il confine con l’Azerbajgian e l’Azerbajgian ha accettato di cooperare con la suddetta missione “nella misura in cui sarà interessata”, ma non ammette la presenza di osservatori europee sul suo territorio.

Nel briefing oggi al Parlamento armeno, il Ministro dell’amministrazione territoriale e delle infrastrutture armeno, Gnel Sanosyan, ha affermato che la possibile firma di un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian è la strada giusta per risolvere i problemi. “Ma è stato regolarmente affermato che il trattato di pace presuppone anche il ripristino del nostro territorio sovrano”, ha detto Sanosyan ai giornalisti, aggiungendo che il trattato di pace sarà firmato quando le unità azere si saranno ritirate dal territorio sovrano dell’Armenia.

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Guida di Erevan, viaggio alla scoperta della capitale dell’Armenia (SiViaggia

Capitale dell’Armenia, ex parte dell’Unione Sovietica, la città di Erevan, o Yerevan, ha una storia lunghissima e i suoi palazzi, monumenti e luoghi ne sono la testimonianza.

Situata tra Asia ed Europa, nella regione del Caucaso, la città è diventata raggiungibile per i turisti con voli diretti dall’Italia solo negli ultimi anni, nonostante l’indipendenza dell’Armenia sia avvenuta nel 1991.

Attraversata dal fiume Hrazdam, è una città moderna, ordinata, molto ben curata e dotata di efficienti mezzi pubblici, circondata da giardini, contraddistinta dal colore rosso delle sue pietre.

Molto piacevole è la strada pedonale Hyusisayin Poghota, sulla quale si affacciano negozi, locali di tendenza e lo storico Teatro dell’Opera.

Quando andare ad Erevan: clima e periodo migliore

Il clima è continentale tipico della steppa, con inverni brevi ma freddissimi ed estati con caldo secco vicino ai 40°. Il periodo migliore per visitare la città è la primavera, dunque, quando il clima è mite.

Cosa vedere ad Erevan

Cascata di Erevan: è uno degli antichi edifici sovietici che sono stati trasformati in luoghi di arte e cultura. “La Cascata” oggi è un complesso che oggi ospita spazi espositivi, molto suggestivo però per la sua parte esterna, una maestosa scalinata a terrazze, con giardini bellissimi dalle forme geometriche, fontane e, appunto una cascata. Su entrambi i lati della Cascata vi sono bar e ristoranti e durante la stagione primaverile non è raro assistere a concerti musicali.

Piazza della Repubblica: è il centro della città dai primi del ‘900 e deve la bellezza all’architetto Tamanian. In questa grande piazza si trovano infatti gli edifici più importanti: il Palazzo della Posta, con le sue bellissime vetrate, il Palazzo del Ministero dei trasporti e la sede del Governo, La torre dell’Orologio, il Museo Nazionale di Storia e la Galleria Nazionale d’Arte.

Come arrivare ad Erevan

Il modo più veloce per raggiungere Erevan dall’Italia è con l’aereo. Non ci sono molti voli diretti ma alcune compagnie low cost hanno dei collegamenti diretti in più giorni la settimana.

L’arrivo dei voli internazionali è previsto all’aeroporto Zvartnots, distante poco più di 10 chilometri dal centro città. Oltre a taxi e bus navetta privati, prenotabili online, il bus 108 collega l’aeroporto al centro città o l’Airport Express composto da bus e minibus in servizio.

Come spostarsi ad Erevan

In città esiste una sola linea metropolitana che copre tutta la città ed è piuttosto efficiente. Dall’aeroporto è possibile raggiungere il centro di Erevan con il servizio bus dedicato l’Airport Express.

Dove dormire ad Erevan

La miglior zona dove dormire a Erevan è il centro, intorno a Piazza della Repubblica, anche perché è un’area ricca di ristoranti e bar aperti anche la sera. I costi delle sistemazioni variano secondo la categoria delle strutture. In alternativa all’hotel si possono trovare anche appartamenti e ostelli.

Cosa mangiare ad Erevan

  • Ghapama: dolce a base di zucca con riso, frutta secca e miele
  • Khorovats: spiedini di carne grigliata
  • Zhingyalov: un tipo di focaccia molto sottile, fritta
  • Pastırma: manzo stagionato ed essiccato all’aria, servito come un affettato

Documenti per viaggiare ad Erevan

Per passare i controlli di frontiera ed entrare nel Paese, è necessario essere in possesso di un passaporto con almeno sei mesi di validità oltre la data di rientro dal viaggio. Sarà necessario che abbia spazio libero per il timbro di ingresso. Non è necessario avere il visto.

Erevan informazioni turistiche

  • Valuta: AMD – Dram armeno
  • Lingua: armeno
  • Fuso orario: +2h rispetto all’Italia
  • Corrente elettrica: 220V/50Hz
  • Numeri utili: Ambasciata, 5 Italy Street – Tel: (+374) 12 54 23 35/36/45

 

Scarica il taccuino di Erevan

Porta sempre con te il taccuino di Erevan dove potrai appuntare le tue visite, i luoghi preferiti e il programma di viaggio.

Per stampare correttamente il taccuino spunta l’opzione “Rifletti sul lato corto” nel menu “Stampa fronte-retro”.

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ColornoPhotoLife: domenica 6 novembre alle 18 concerto di musica armena al MUPAC (Emiliaromagnanews24 06.11.22)

Visitabili nel weekend le mostre fotografiche allestite in Aranciaia e in Reggia. E fino al 13 novembre continua il photo contest “#ilsorrisochenonsidimentica2022”

COLORNO (PR) – Proseguono gli eventi post festival del ColornoPhotoLifeDomenica 6 novembre al MUPAC (museo al primo piano dell’Aranciaia) di Colorno alle 18 si terrà un concerto di musica armena con “Ensemble de la Paix” dal titolo “Free Spirtis”, dedicato al ricordo di Alfreda D’Ubaldo. “Un concerto per spiriti liberi – commenta il direttore artistico Flavio Spotti -, per cercatori di verità. Per chi crede in un mondo migliore e per chi vuole risvegliarsi dal torpore di una vita addomesticata.” Insieme a lui che si esibirà accompagnato da con dep, dohl, dayereh e daf, Agide Bandini al contrabbasso, Aldo Boccacci al clarinetto, Marina Mammarella al violino e viola, Alevtina Matveeva al violoncello e Iuri Vallara alla fisarmonica. Attraverso le melodie di Gurdjieff e Komitas, si viaggerà attraverso le montagne del Caucaso, le selvagge steppe dell’Asia e l’Oriente misterioso: tutti luoghi magici e inaccessibili, capaci di riportare con forza al cuore del nostro sé più profondo. Questa la promessa. Come tutti i grandi maestri spirituali, Gurdjieff, si diede l’obiettivo di risvegliare l’essere umano e di aiutarlo a ritrovare in se stesso la via verso questa sorgente interiore. Le musiche che si ascolteranno sono l’emozionante testimonianza di questa ricerca spirituale. Anche per Komitas la musica tradizionale fu il punto di partenza di un percorso spirituale. I brani eseguiti in questo repertorio sono tratti da un’antologia di melodie tradizionali armene che Komitas raccolse ed elaborò nei primi anni del Novecento durante il suo lavoro di ricerca etnoantropologica ed etnomusicologica. Lavoro che intraprese con la volontà di ricucire quell’identità e quell’unità culturale e spirituale che nei secoli, col susseguirsi di violente e vessatorie dominazioni straniere, era stata messa a dura prova. Non resta quindi che darsi appuntamento al MUPAC, per immergersi nel flusso evocativo ed emozionante delle melodie di Gurdjieff e di Komitas: “avvolgenti, ipnotiche, intossicanti” (ingresso gratuito).

Il sabato e la domenica sono inoltre aperte le mostre fotografiche allestite in Aranciaia: al piano terra la collettiva “World Water Day Photo Contest”, “Leaves” di Stefano Sabene e le collettive a tema “L’acqua fonte di vita”; al piano superiore (MUPAC): “Piena di grazia” di Ilaria Sagaria, “Love Givers” di Simone Cerio, “Cosmi” di Alessandro Gattuso, “Alberto Sordi – L’umanità fragile” e “Il Mississippi di William Ferris” (dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30 con ingresso gratuito).

Visitabili anche le mostre in Reggia: “La crisi del lago Ciad” di Marco Gualazzini (aperta fino all’8 gennaio 2023 il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18) e “L’arte di ritrarre gli artisti” di Nino Migliori (fino al 10 aprile 2023 tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 con ingresso a pagamento). Inoltre  in alcuni esercizi commerciali della cittadina sono esposte altre 15 mostre fotografiche e al Municipio di Torrile (sede San Polo) negli orari della sede comunale si può visitare anche la mostra “The Village” di Catalina Isabel Nucera, con ingresso gratuito.

E visto l’enorme successo che sta riscuotendo il photo contest “#ilsorrisochenonsidimentica2022”, è stata posticipata al 13 novembre la data ultima per postare su Instagram la fotografia di un sorriso, mentre la premiazione si terrà al MUPAC sabato 19 novembre (info e regolamento al www.colornophotolife.it e www.sostegnoovale.it).

Per informazioni ulteriori si consiglia di visitare il sito del festival www.colornophotolife.it.

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ENSEMBLE DE LA PAIX

“…Ensemble de la Paix ha aperto alcune delle pagine più alte della cultura armena…”

(Pietro Kuciukian, Console Onorario della Repubblica d’Armenia in Italia)

Ensemble de la Paix è un centro di gravità, un luogo ideale attraverso cui suggestioni ed emozioni raggiungono il cuore del nostro essere.

Un laboratorio creativo che scandaglia le radici dell’essere attraverso la musica e le parole.

Un ponte culturale, sociale e antropologico tra oriente e occidente.

Crossover di culture e di religioni. Ensemble de la Paix è magia.

Progetto ideato, meditato e fortemente voluto da Flavio Spotti si concretizza nel giugno 2013 per eseguire e portare in scena la musica di Georges Ivanovitch Gurdjieff e Thomas de Hartmann con lo spettacolo “Canti e ritmi d’Oriente”.

Negli anni seguenti il repertorio si amplia con le melodie di Komitas, Grigor Narekatsi (San Gregorio di Narek) e altri importanti compositori dell’area caucasica.

Prendono vita così nuovi e interessanti programmi: “Free Spirit” (Gurdjieff e Komitas) e “Il Canto del Pane” dedicato all’omonima e toccante raccolta di poesie del poeta Daniel Varujan.

Dal 2013 Ensemble de la Paix si esibisce in importanti rassegne culturali, prestigiosi teatri e suggestive chiese in tutt’Italia.

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