Inizia “Tones on the Stones”: un pianista armeno apre i concerti nella cava di Oira (Lastampa e altri 22.07.21)

A Grado Jazz serata “Asian Night”, sul palco lontane sonorità dalla Siberia e dall’Armenia (Udine today 23.07.21)

DOVEParco delle Rose a GradoIndirizzo non disponibile
QUANDODal 23/07/2021 al 23/07/202119.30 e 21.30
PREZZOPrezzo non disponibile
ALTRE INFORMAZIONISito web euritmica.it
AGradoJazz 2021 è il momento della “Asian Night”. Stasera, venerdì 23 luglio un evento che si preannuncia ricco di suggestione, con dei protagonisti che vengono da lontano, così come “lontano” porteranno il pubblico gradese, grazie alle loro sonorità ancestrali.

Gli Huun-Huur-Tu, “miracolo musicale”

Alle 19.30, sul palco dell’Arena Parco delle Rose, saliranno gli Huun-Huur-Tu, gruppo proveniente da Tuva, regione della Siberia al confine con la Mongolia, incastonata nel cuore delle steppe dell’Asia Centrale. Questi incredibili musicisti sono stati definiti dal New York Times “un miracolo musicale”; il Newsweek ha descritto il loro cantante Khovalyg “il Pavarotti del canto laringeo”.

Questo quartetto riuscirà a far vivere al pubblico uno straordinario incontro con una tradizione etnica lontana ma estremamente affascinante e di enorme pregio nell’ambito della musica popolare. Gli Huun-Huur-Tu padroneggiano sonorità trasmesse da singolari strumenti a corda e percussivi, ma soprattutto dominano una vocalità misteriosa per i nostri canoni d’ascolto, con canti rituali che sviluppano il suono laringeo, tipico delle antiche tradizioni sciamaniche asiatiche.

Dall’Armenia Tigran Hamasyan

Lo spettacolo che segue, alle 21.30, vede protagonista il pianista armeno Tigran Hamasyan, in trio con il suo nuovo progetto “The Call Within”.

Questo lavoro non è soltanto un album musicale, ma rappresenta un viaggio epico nell’invisibile mondo interiore di Hamasyan, pianista dall’età di 3 anni, che a 18 ha vinto il primo premio al Montreux Jazz Festival e a 21 l’autorevole premio Thelonious Monk a New York, (consegnatogli da Herbie Hancock).

L’artista armeno vive in un mondo interiore onirico, dove il processo creativo è il mezzo per sentirsi cosciente. «Secondi indicibili di desiderio, realizzazione subliminale e per lo più gioia riempiono il corpo quando nasce un’opera d’arte, una poesia o una melodia, perché l’umanità possa scoprire cos’è invisibile: il mistero divino», dichiara Hamasyan. L’album che presenterà sul palco di Grado esplora le sue fonti d’ispirazione: la poesia, il popolo armeno cristiano e precristiano con le sue storie e leggende, l’astrologia, la geometria, l’antica pittura armena e le incisioni rupestri, la cinematografia. Un percorso tra realtà storica e mondo immaginario e probabilmente il progetto più energico e ad alta intensità di Hamasyan che, oltre al pianoforte, userà la voce e i synth. Con lui sul palco Evan Marien al contrabbasso e Arthur Hnatek alla batteria.

Biglietto unico valido per i due concerti online su Vivaticket e Ticketone.La sera del concerto la biglietteria al Parco delle Rose apre alle 18.30. Info&prenotazioni: tickets@euritmica.it – www.euritmica.it


Inizia “Tones on the Stones”: un pianista armeno apre i cconcerti nella cava di Oira (Lastampa 22.07.21)


Tiones on the Stones: il pianista armeno Tigran Hamasyan apre il festival nella cava di Oira 24 newsonline 22.07.21)


 

Caucaso: linee che dividono e lacerano comunità (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.07.21)

Abkhazia, Ossezia del sud, Nagorno Karabakh. Sono numerose nel Caucaso del Sud le dispute territoriali aperte. Quali le conseguenze di confini non riconosciuti da tutte le parti in causa?

21/07/2021 –  Marilisa Lorusso

I tre territori secessionisti del Caucaso hanno condiviso due ondate di guerre, la prima durante lo smembramento dell’Unione Sovietica, la seconda negli anni 2000: in Georgia, Abkhazia e Ossezia del Sud con la guerra del 2008, e il Nagorno Karabakh con la guerra armeno-azera del 2020.

Il risultato di questo ritorno alle armi in tutti i casi ha comportato che una soluzione politica – e quindi concordata – per questi territori non sia mai stata raggiunta. Questo incide sui territori stessi, sul posizionamento dei loro confini – che non essendo concordato, è soggetto a continue dispute, cosa che mina profondamente per le comunità locali la vivibilità delle zone contese.

Ossezia del Sud e Abkhazia

Per la Georgia è una linea di confine amministrativo, per l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, autoproclamatesi repubbliche de facto, è un confine di stato: la linea invisibile che divide i territori amministrati da Tskhinvali e Sukhumi e quello amministrato da Tbilisi diventa sempre più visibile, e si sposta.

Mappa a cura di OBC

Mappa a cura di OBCT

Quest’ultimo processo viene indicato come borderization, cioè demarcazione del confine, e dal 2009 è diventato la principale fonte di tensione in un cessate il fuoco che sta per molti aspetti tenendo. In quell’anno è cominciata da parte delle truppe russe e secessioniste la militarizzazione dell’area di contatto, prima largamente invisibile. In vari punti sono comparsi filo spinato e punti di osservazione. I valichi sono stati sempre più istituzionalizzati e controllati. Il processo si è intensificato nel 2013 e nel 2018 erano già 34 i villaggi nelle aree di confine che si erano trovati tagliati in due. Un fenomeno che non riguarda solo le comunità, sono anche i privati che improvvisamente si possono trovare esclusi dall’accesso ai propri pozzi, agli orti, ai pascoli. La stima  di Amnesty International è che dalle 800 alle 1000 famiglie siano state danneggiate da questo processo.

Altra conseguenza della borderization sono i sempre più frequenti casi di arresti e detenzioni di cittadini georgiani che attraversano la linea di demarcazione con Ossezia del Sud ed Abkhazia. Il mese scorso i familiari di Zaza Gakheladze, fermato per attraversamento nel luglio 2020 e coinvolto in uno scontro a fuoco, condannato a 12 anni di carcere in Ossezia del Sud, hanno manifestato accompagnati da un gruppo di sostenitori per la sua liberazione: nel giorno del 34esimo compleanno del figlio, il padre voleva simbolicamente attraversare a sua volta, ma è stato dissuaso dal farlo  dalle autorità georgiane. In una decina d’anni sono dalle 1200 alle 1800 le persone fermate, alcune di queste poi arrestate e condannate alla detenzione.

I meccanismi che si attivano in questo caso sono quelli creati per ridurre la tensione dopo la guerra russo-georgiana del 2008: interviene la missione dell’Unione Europea e se ne discute nella hotline istituita fra le parti. Se ne parla poi nel Meccanismo di Prevenzione e Risoluzione degli Incidenti (IPRM) concordato nelle Discussioni di Ginevra, e negli incontri di Ginevra stessi.

I più recenti spostamenti delle linee di demarcazione hanno riguardato le aree a ovest di Tsinkhvali, Gugutiantkari nella provincia di Gori, Takhtisdziri, Chorchana e Tsaghvli nella provincia di Khashuri, dove Tbilisi aveva aperto un checkpoint nel proprio territorio, causando l’ira di Tskhinvali e la conseguente borderization dell’area. Qui le autorità dell’Ossezia del Sud si sono spinte di 1.3 km all’interno dell’area controllata da Tbilisi, continuando quel processo di erosione territoriale già osservato nell’ultimo decennio. Stesso scenario lungo la linea che separa l’Abkhazia dalla Georgia, fra Saberio e Pakhulani e poi vicino a Khurcha e Ganmukhuri. Problemi poi anche nell’area strategica di Karapila/Khurvaleti, lungo la rotta autostradale che collega la Georgia da est a ovest e dove passa l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.

Infine l’Abkhazia non ha poi confini pienamente demarcati con la Russia. È attivo un tavolo di negoziazione abkhazo-russo ma il georgiano Democracy Research Institute lamenta  come questa territorialità fluida faciliti una subdola annessione. Recentemente ad esempio il villaggio di Aibgha nel distretto di Gagra è passato dall’essere abkhazo a fare parte della Russia.

Nagorno-Karabakh

Il quadro è ancora più complicato per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh. Come già analizzato su queste pagine la questione dei confini e degli attraversamenti si è estesa all’intero perimetro di contatto armeno-azero – e non solo nell’area del Nagorno Karabakh anche se è per quanto riguarda quest’ultima che vi sono le difficoltà maggiori.

Armenia e Azerbaijan infatti si riconoscono vicendevolmente, anche se hanno interrotto i loro rapporti diplomatici diretti. Sono consapevoli e accettano che esista un confine di stato fra loro, e che vada demarcato. Questo discorso non vale invece per il Nagorno Karabakh.

Per Baku l’exclave territoriale armena non esisterebbe più, l’Azerbaijan ritiene di aver riconquistato tutta l’area e la questione dello status non ha più ragione di essere. Baku prende atto che esiste una comunità armena non integrata nell’Azerbaijan, nell’area concordata con la Russia che coincide con l’area di competenza dei peacekeeper russi, ma ritiene che questa non sia altro che una soluzione provvisoria.

Quest’area corrisponde quindi al posizionamento dei punti di osservazione e check point russi, e vischiosamente ne segue il riposizionamento. È quindi un’area precaria, e Baku ritiene di poter spostare le proprie truppe e attività agilmente nelle aree riconquistate e che lambiscono quelle sotto la responsabilità russa. Per le coordinate il riferimento è il bollettino emesso  dal contingente di peacekeeping.

Per Armenia e le autorità del Nagorno Karabakh invece il Nagorno-Karabakh è temporaneamente quello emerso dal conflitto del 2020, con i confini come erano al momento del cessate il fuoco del 9 novembre, e con lo status politico rimasto da definire. Non si nascondono poi le velleità irredentiste a riguardo della città di Shusha/Shushi, capitolata durante la guerra e oggetto ora di grandi investimenti economici  e culturali da parte di Baku.

L’unico meccanismo che regola i contenziosi che possono emergere in questa area è l’intervento diretto dei peacekeeper russi. Non esistono né hotline, né tavoli di confronto che si svolgono direttamente nel territorio, come gli IPRM georgiani.

Ovviamente dove c’è un confine -che sia de facto o de jure – vi sono degli attraversamenti, più o meno volontari. È così che l’8 giugno il soldato Artur Kartanyan è stato tratto in arresto dagli azeri che trovandolo a Lachin, nel proprio territorio, l’hanno preso per un membro di un commando di sabotatori. In realtà il soldato si era perso nella nebbia, aveva attraversato una linea ancora largamente invisibile e dalla demarcazione ancora labile. In questo caso, per fortuna, chiarito l’equivoco, Artur Kartanyan è stato reso alla parte armena. Incidenti questi che però rischiano di ripetersi sempre più frequentemente, in assenza di una soluzione politica.

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Firmato memorandum di cooperazione tra Russia e Armenia (Sputnik 20.07.21)

I rappresentanti degli Stati maggiori dell’Armenia e della Russia hanno firmato un memorandum di cooperazione.
I rappresentanti degli Stati Maggiori degli eserciti di Armenia e Federazione Russa hanno firmato un memorandum di cooperazione a margine di negoziati a Yerevan, ha riferito il ministero della Difesa armeno.
Si nota che per condurre negoziati tra le forze armate dell’Armenia e della Russia una delegazione guidata dal vice capo di Stato Maggiore dell’esercito russo, il colonnello generale Sergey Istrakov, è arrivata nella capitale armena per una visita ufficiale di 5 giorni.

“La delegazione guidata da Istrakov ha parlato dei risultati dei colloqui, ha delineato ulteriori passi. Il capo di stato maggiore delle forze armate armene, il tenente generale Artak Davtyan ha ringraziato la delegazione russa per la stretta cooperazione. Sono state discusse ulteriori direzioni della cooperazione militare armeno-russa, è stato firmato un memorandum di cooperazione,” – si afferma in un comunicato sul sito web del ministero della Difesa armeno.

L’Armenia fa parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, un’alleanza militare difensiva con Russia, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan.

Papa Francesco rassicura il nunzio in Armenia, «fratello piano piano mi sto riprendendo» (Corriere della Sera e Gazzettino 20.07.21)

Il biglietto del Papa: «A Santa Marta, poco a poco, mi sto riprendendo» (CDS 19.07.21)

di Gian Guido Vecchi

La convalescenza di Francesco dopo l’operazione e la lettera al nunzio in Georgia. Bergoglio scrive anche al Gemelli: «Come in famiglia, mi avete fatto sentire a casa»

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CITTÀ DEL VATICANO «Sono rientrato a Santa Marta e, poco a poco, mi sto riprendendo». Il biglietto scritto a mano da Papa Francesco porta la data di domenica 18 ed è indirizzato all’arcivescovo Joseph Bettencourt, nunzio apostolico in Georgia e Armenia. Una conferma che la convalescenza procede bene, soprattutto la prima volta che Bergoglio parla della propria salute. Per indole, il Papa non ama parlare di sé: anche nell’Angelus dall’ospedale Gemelli, si era limitato a ringraziare i fedeli per le preghiere, elogiando il servizio sanitario «accessibile a tutti e gratuito», mentre ieri, nel primo Angelus dal ritorno in Vaticano, si è soffermato sull’importanza del riposo vero. Non una parola su come si sentisse. Del resto, seppure un po’ smagrito e con la voce talvolta affannata, Francesco si è mostrato tutto sommato in buona forma, per un uomo di 84 anni che ha subìto appena due settimane fa un’operazione al colon di tre ore in anestesia generale. Ora sta passando la convalescenza a Santa Marta, l’albergo vaticano dove vive dal conclave del 2013. L’intervento era stato programmato all’inizio di questo mese perché a luglio Francesco resta sempre in «vacanza» in Vaticano, senza udienze né impegni salvo gli Angelus: tutto il tempo di riprendersi con calma. Ed è quello che scrive nella lettera breve diffusa sui social dalla stessa Nunziatura in Georgia e Armenia: «Caro fratello, grazie tante per la tua mail e i tuoi auguri. Sono rientrato a Santa Marta e, poco a poco, mi sto riprendendo…Che il Signore ti benedica e la Madonna ti custodisca. Fraternamente, Francesco».

Oggi il Papa ha inviato una lettera anche al presidente del Cda della Fondazione Gemelli, Carlo Fratta Pasini, per ringraziare l’ospedale e il personale sanitario: «Come in famiglia ho toccato con mano una accoglienza fraterna e una premura cordiale, che mi hanno fatto sentire a casa. Ho potuto constatare di persona quanto siano essenziali, nella cura della salute, la sensibilità umana e la professionalità scientifica».

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Papa Francesco rassicura il nunzio in Armenia, «fratello piano piano mi sto riprendendo» (Il Gazzettino 20.07.21)

Città del Vaticano – La guarigione procede ma i medici lo hanno detto più volte a Papa Francesco che occorre affrontare il periodo di convalescenza con cautela e tanta pazienza. «Sono rientrato a Santa Marta e, poco a poco, mi sto riprendendo». Il pontefice rassicura così il nunzio in Armenia e Georgia che gli aveva scritto una mail per sostenerlo e incoraggiarlo durante il periodo di ricovero al Gemelli.

In un bigliettino scritto a mano che porta la data di domenica scorsa Bergoglio conferma che il cammino di normalizzazione va avanti. Domenica si è affacciato a San Pietro per l’Angelus per la prima volta e i fedeli presenti sulla piazza hanno potuto scrutare che sul suo volto non ci sono più i segni del dolore. E’ solo un po’ più smagrito e si vede che si muove con maggiore circospezione per non compromettere la cicatrizzazione dei punti di sutura che i chirurghi gli hanno messo asportandogli un pezzo di intestino. E’ anche per questo che fa uso della carrozzina solo per i tragitti più lunghi.

Per avere 84 anni e diversi acciacchi (la sciatica, i problemi respiratori dovuti al fatto che ha mezzo polmone in meno) Francesco sfoggia un invidiabile fibra di ferro. L’intervento al colon era stato programmato all’inizio di questo mese perché a luglio le attività papali sono sospese e di conseguenza garantiscono a Francesco minore carico di lavoro. Il Papa scrive al nunzio Betancour: «Caro fratello, grazie tante per la tua mail e i tuoi auguri. Sono rientrato a Santa Marta e, poco a poco, mi sto riprendendo…Che il Signore ti benedica e la Madonna ti custodisca. Fraternamente, Francesco».

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Turchia leader nel mercato dei droni da guerra (L’Opinione 19.07.21)

Come è noto il ruolo militare della Turchia è stato decisivo almeno su quattro fronti di crisi: quello siriano, quello libico, quello del Mediterraneo orientale e quello del Nagorno Karabakh. Le armi che hanno permesso ad Ankara di determinare la superiorità delle truppe azere su quelle armene in Nagorno Karabakh, come l’esercito di Tripoli su quello di Bengasi, in Libia, sono stati i mercenari ma soprattutto i droni. Infatti la strategia militare turca, negli ultimi anni, si è orientata sullo sviluppo di veicoli senza pilota, aprendo un mercato dei suoi prodotti anche nell’Europa centro-orientale.

Uno dei suoi prodotti militari di punta è il drone da combattimento Anka, costruito dalla compagnia aerospaziale turca, di proprietà statale, che ha dato il suo meglio nelle imprese in Siria, Libia e Nagorno Karabakh. Dopo questi successi i droni turchi vanno a ruba, riscuotendo un clamoroso consenso soprattutto tra i Paesi ex sovietici. I clienti più affezionati sono Ucraina e Azerbaigian. Il presidente polacco Andrzej Duda, a fine maggio, ha stipulato un contratto con Ankara per l’acquisto di dodici droni Bayraktar Tb2, destinati all’esercito polacco desideroso di acquisire “velivoli lenti” tecnologicamente aggiornati. In quella occasione il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che la Turchia è nei primi quattro posti dei produttori mondiali di droni. Ismail Demir, capo della Ssb, l’agenzia governativa che sovrintende all’industria della difesa nazionale, ha aggiunto che “in termini di rapporto qualità-prezzo siamo i migliori”.

Il vice primo ministro lettone e ministro della Difesa, Artis Pabriks, durante un incontro ufficiale ad Ankara, a giugno, visitando i laboratori (visitabili) della società privata Baykar, il cui direttore tecnico è Selçuk Bayraktar, genero del presidente turco Erdogan, ha elogiato l’alto livello di ricerca e sviluppo dell’industria della difesa turca. La Lettonia ha già programmato l’acquisto di droni da combattimento Bayraktar Tb2, manifestando pubblicamente la necessità di una cooperazione militare “costruttiva” con la Turchia, che ricordo è membro della Nato, considerando che la Lettonia è componente dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica.

In meno di un decennio la Turchia è diventata uno dei più importanti produttori di droni del mondo, insieme a colossi tecnologici come Stati Uniti, Israele e Cina. Nel 2020 i suoi Uav (veicoli aerei senza pilota), efficienti ed economici, sono stati determinanti nel rovesciare le sorti di tre conflitti, mettendo fuori uso sistemi di difesa aerea, veicoli blindati, carri armati, depositi di armamenti e munizioni delle forze avversarie in diversi teatri operativi. Inoltre, questi successi hanno rafforzato l’immagine della Turchia sullo scenario geopolitico e strategico.

Nel giugno 2020, in Libia, l’utilizzo dei droni Tb2 e dei droni kamikaze Kargu, prodotti dalla Ostim Technopark, hanno contribuito alla disfatta dell’esercito nazionale libico del maresciallo della CirenaicaKhalifa Haftar, distruggendo le sue speranze di conquistare Tripoli, a beneficio del Governo di unità nazionale della Tripolitania, Faïez Sarraj, supportato da Ankara.

A marzo dello stesso anno a Idlib, il Tb2 distrusse diversi sistemi di difesa aerea Pantsir di matrice russa, nonché armamenti e installazioni dell’esercito siriano fedele a Bashar Al-Assad, che, nonostante il supporto aereo russo, ha dovuto rimandare la riconquista dell’ultima roccaforte della ribellione, nel Nord-Est della Siria. Infine, nell’autunno del 2020, questi stessi Tb2 hanno permesso alle forze azere, supervisionate ed equipaggiate dall’alleato turco, di neutralizzare buona parte della difesa aerea, dell’artiglieria e degli armamenti armeni.

Un altro obiettivo delle strategie turche è quello di importare nel Mediterraneo crisi ad esso esterne, soprattutto dal Golfo Persico e dall’Asia, con nuovi attori finora ufficialmente marginali. Inoltre, le dinamiche politiche e religiose che orbitano attorno al movimento dei Fratelli Musulmani, oggi sostenuti chiaramente dalla Turchia alleata del Qatar, in contrapposizione frontale con l’Egitto alleato degli Emirati Arabi, pongono la Turchia nel ruolo di attore protagonista nel complesso panorama delle contrapposizioni sub confessionali tra wahhabiti salafiti.

Per concludere, le “guerre turche” non si esprimono solo sotto forma diciamo “convenzionale”, come descritto nelle aree di crisi citate, ma soprattutto dal punto di vista strategico, mirate a influire con il mercato, prodotto dalla tecnologia, dei droni in questo caso, sui negoziati internazionali nel quadro delle mai celate aspirazioni “neo-ottomane”.

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Armenia: Corte costituzionale conferma validità risultato elezioni (Agenzia Nova 18.07.21)

Erevan, 18 lug 09:58 – (Agenzia Nova) – La Corte costituzionale dell’Armenia ha respinto i ricorsi presentati da quattro partiti politici per annullare i risultati delle ultime elezioni generali tenutesi a giugno. E’ quanto affermato dal presidente della Corte costituzionale armena, Arman Dilanyan. La Corte costituzionale dell’Armenia ha deciso di sostenere la validità della decisione della commissione elettorale centrale sui risultati delle elezioni del 20 giugno, che hanno visto la vittoria del partito guidato dal premier Nikol Pashinyan. “La decisione della Corte costituzionale è finale ed entra in vigore quando pubblicata”, ha precisato Dilanyan.
(Res)

L’Unione europea al fianco dell’Armenia (Euronews 18.07.21)

Un messaggio potente per confermare il supporto dell’Unione europea all’Armenia. “Siamo al vostro fianco”. Lo ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel durante il suo incontro a Yerevan con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. “L’Unione europea vuole essere un partner leale e attivo per la stabilità e la sicurezza del Paese e conferma ancora una volta il pacchetto finanziario senza precedenti di 2,6 miliardi di euro”.


Aliyev incontra il presidente del Consiglio dell’Unione europea Charles Michel (TRT 19.07.21)


MICHEL “CONQUISTA” IL CAUCASO

Tre giorni nel Caucaso meridionale tra Armenia ed Azerbaigian sono trascorsi abbastanza serenamente per il presidente Charles Michel che proprio nei giorni scorsi ha incontrato i leader di cinque dei sei paesi del partenariato orientale.
Tra il 17 e il 19 luglio, il rappresentante Ue ha dibattuto e rafforzato le relazioni  con queste realtà, dopo il primo summit di dicembre scorso e ribadito “il sostegno dell’UE alla sicurezza, alla stabilità e alla prosperità della regione”, si legge in una nota diffusa da Bruxelles.
Inoltre, in Georgia, è intervenuto esortando “i partiti politici a impegnarsi per la piena attuazione dell’accordo del 19 aprile e ha sottolineato il ruolo centrale che i diritti e le libertà fondamentali svolgono nelle relazioni UE-Georgia”.
Il primo incontro, in Armenia, ha suscitato grande interesse.
Nel meeting con il Primo Ministro Nikol Pashinyan, Michel ha infatti confermato l’impegno preso dall’Ue e concretizzato in un sostegno finanziario dell’UE pari a 2,6 miliardi di euro per progetti riguardanti le infrastrutture, la digitalizzazione, l’azione per il clima, i trasporti nonché le riforme democratiche e la governance.

Carniarmonie, doppio appuntamento a Tolmezzo con la Fvg Orchestra diretta dal maestro armeno Sergey Smbatyan (Nordest24.it 17.07)

TOLMEZZO – Prosegue Carniarmonie, il festival musicale della montagna friulana promosso da Fondazione Bon e diretto da Claudio Mansutti.

Domenica 18 luglio dopo l’avvio di giornataad Ampezzo (Malga Pura, ore 11.00) con in concerto en plen air con di eccellenze friulane – il fisarmonicista Sebastiano Zorza e il sassofonista Alex Sebastianutto, atteso al Teatro Candoni di Tomezzo alle 20.30 un nuovo concerto della FVG Orchestra, diretta da Sergey Smbatyan, nell’ambito di “Accordi Musicali festival”con la star mondiale del violoncello, uno dei due soli violoncellisti viventi a essere presente nella Gramophone Hall of Fame: il britannico Steven Isserlis che si esibirà su grandi opere di Beethoven e di Shor.

Acclamato in tutto il mondo per la sua profonda musicalità e maestria tecnica, Isserlis gode di una carriera unica e variegata come musicista da camera, educatore, e autore di trasmissioni. Come solista di concerto, si esibisce con molte delle principali orchestre e dei direttori del mondo, tra cui la Filarmonica di Berlino, l’Orchestra Sinfonica Nazionale di Washington, la Filarmonica di Londra e le orchestre della Tonhalle di Zurigo. Cosa inusuale, dirige anche orchestre da camera dal violoncello.

Lunedì 19 luglio Carniarmonie prosegue a Preone (ore 20.30 Chiesa di San Giorgio Martire) con il concerto di due giovanissimi talenti, due musiciste che stanno ultimando gli studi accademici ma sono già in grado di affrontare eccellentemente il palcoscenico, Yuxuan Jin alviolino e Vera Cecino al pianoforte. Si torna, invece a Tolmezzo martedì 20 luglio, sempre al Candoni alle 20.30, ancora con la FVG Orchestra e il violoncellista, tedesco di nascita ma di origine Peruviana-Uruguaiana, Claudio Bohorquez uno dei musicisti più ricercati nel suo campo

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Laura racconta il nonno e il padre armeni (QUinewsvaldera.it 17.07.21)

Nel giardino del Sacro Cuore l’attrice-scrittrice-pittrice ha ‘incantato’ con i suoi fatti e avventure, anche al servizio di chi ha più bisogno

 

PONTEDERA — Il vicesindaco Alessando Puccinelli, la saggista e critica letteraria Mariana PraticiAlessandra Landi scrittrice e poetessa, Luigi Cioni e il giornalista Mario Mannucci hanno presenziato all’incontro con Laura Ephirikian, o Efrikian, che nel giardino della chiesa del Sacro Cuore dei Villaggi ha presentato il suo libro su “Una famiglia armena”.

Il padre, Angelo Ephrikian, di origine armena, fu violinista, direttore d’orchestra e compositore, un personaggio che Laura Ephirikian ha riscoperto in un libro che sta facendo il giro nell’Italia con contatti con le varie comunità armene. Comunità che il genocidio degli armeni falcidiati dai turchi ridusse a pochi sopravvissuti.

Nel ’66 Laura sposò Gianni Morandi con cui ebbe i figli Serena (prematura, vissuta 9 ore), Marianna e Marco (che l’hanno resa nonna di cinque nipoti, due di Marianna avuti con Biagio Antonacci e tre di Marco). Il matrimonio col contante durò soltanto fino al ’79.

A Pontedera Laura ha raccontato le sue storie familiari ma anche il suo forte impegno per i bambini africani, alcuni dei quali salvati da Laura. E l’uditorio ha ascoltato con grande tensione il suo dibattito con Alessandra Landi.

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Diana Markosian mette in scena la (sua) storia familiare dal punto di vista della madre ed è poesia (Elle 17.07.21)

L’influenza del piccolo schermo continua a cambiare la vita di generazioni, ma la trama del reale resta più avvincente dei programmi popolari che l’hanno segnata, ispirata e influenzata. Santa Barbara di Diana Markosian nasce così, insieme a nuove prospettive di viaggio e documentario, condensate nelle pagine della monografia di debutto edita da Aperture, un cortometraggio e una mostra omonima esposta al terzo piano del San Francisco Museum of Modern Art (SFMOMA).

Nasce rievocando la storia della sua famiglia, arrivata nella Santa Barbara Californiana, lasciando l’Armenia e le ceneri dell’Unione Sovietica, per inseguire il sogno americano, esportato nelle tv di tutto il mondo dalla celebre Soap Opera statunitense che ne ha ispirato bel più del nome. Usando la finzione per mettere in scena la realtà, scovata in vecchie foto e la parte più profonda di se, Diana Markosian mette in scena la storia familiare dal punto di vista della madre. Guardando per la prima volta Svetlana, non solo come figlia, ma come donna, fotografa, regista e artista, in grado di valutarne da nuove prospettive i sacrifici e dolorose scoperte, Markosian riscrive la trama del viaggio che ha portato sua madre e tutta la sua famiglia a Santa Barbara.

Insieme alla scrittrice della soap Lynda Myles, la fotografa sensibile al cambiamento, documentato per testate come The New YorkerThe New York Times e National Geographic Magazine, riscrive la sceneggiatura della memoria di famiglia e ne dirige il cortometraggio, ripartendo dalle case della sua infanzia con l’accurata ricostruzione scenografica di Freyja Bardell, il guardaroba della costumista Callan Stokes e un selezionato cast di attori. L’attrice Ana Imnadze, con background, spirito e natali perfetti per interpretare al meglio Svetlana, come neanche la fotografa da sola sarebbe riuscita a fare, insieme a sua figlia (Maro Imnadze) scelta per interpretare Diana, aiutano Diana Markosian a colmare le lacune del suo passato e capire le scelte che lo hanno determinato. Tornano nell’Armenia e le sue file per il pane, lasciate per studiare e lavorare a Mosca. La capitale russa dove l’economista con un dottorato di ricerca e due figli, sopravvive al collasso economico e sociale della dissoluzione dell’Unione Sovietica, vendendo al mercato nero vestiti fatti in casa per le bambole Barbie, insieme a quelle matrioska nella Piazza Rossa

La sceneggiatura del cortometraggio che intreccia fotogrammi del serial televisivo a nuovo girato, come le vecchie foto di famiglia e quelle nuove, scattate con una Polaroid degli Anni 80, una Olympus del 1996 e i meccanismi sfuggenti della memoria, amplificati nelle pagine del progetto editoriale che ne moltiplica letture e prospettive, ritornano indietro nel tempo con Svetlana. Rivivono i giorni in cui la prima soap opera americana trasmessa nella tv russa, con la sua saga d’intrighi e amori (interrazziali) tra due potenti famiglie rivali, è tra i pochi confronti della madre di due figli piccoli, mentre il marito Arsen, ingegnere con un dottorato di ricerca, lascia tutti per un’altra donna. Sono i bagliori della tv a rischiarare l’oscurità che ingoia gli attori che interpretano i piccoli Diana e suo fratello David, nel loro minuscolo appartamento a Mosca. Tradita dall’uomo con cui ha sognato un futuro, dal miraggio della Russia post-sovietica e dal destino che continua a perseguitare il popolo Armeno, con i figli a dargli forza e la soap a suggerire barlumi di speranza, Svetlana insegue il suo sogno americano.

Sono una giovane donna di Mosca e vorrei incontrare un uomo gentile che possa mostrarmi l’America“. A rispondere all’annuncio di questa ‘sposa per corrispondenza’ che un’agenzia locale ha tradotto per i giornali americani, tra tanti uomini anche il destino che ha sognato, o meglio l’uomo che vive a Santa Barbara e la invita a raggiungerlo. Nell’ottobre del 1996, Svetlana sveglia i suoi figli nel cuore della notte e si imbarcano in un volo per l’America. Il pensionato in giacca a vento, jeans e New Balance che li accoglie all’aeroporto di Los Angeles, non somiglia al bel cinquantenne della foto che ha spedito a Svetlana. In compenso offre alla donna trentacinquenne e i suoi figli, una casa spaziosa a Santa Barbara, insieme all’orizzonte dorato della California e del sogno americano.

Scatti e fotogrammi di ieri e di oggi, immaginano il risveglio di Svetlana nella sua nuova vita, il suo primo giorno di lavoro e quello successivo al ritorno a scuola dei figli, il velo che svolazza sul nuovo matrimonio e quello che scende su altre solitudini, insieme agli immancabili segreti e incomprensioni. Il valore aggiunto del progetto, Diana Markosian lo raggiunge però lavorando a stretto contatto con sua madre, fino a comprenderne meglio le scelte difficili che sono costrette a fare molte donne, insieme alla storia di migrazione che condividono con moltissime altre famiglie. Santa Barbara affronta le scoperte dolorose di una figlia, nata a Mosca mentre crollava il muro di Berlino, da genitori che avevano già lasciato i natali Armeni e la sua storia negata. Arrivata in California con la madre che, inseguendo il sogno americano di una soap opera, lo ha raggiunto e superato, come fa spesso la realtà. Offrendo a tutti l’occasione di scegliere una vita diversa da quella a cui sembravano destinati e forse a Diana Markosian gli strumenti giusti per coltivare il suo grande talento.

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