Eurovision 2018: Sevak Khanagyan con “Qami” è la scelta dell’Armenia (Eurovisionfestivalnews.com 25.02.18)
A quattro anni dal quarto posto di Aram Mp3, è tempo per l’Armenia di tornare a puntare su un solista uomo.
È Sevak Khanagyan il vincitore di Depi Evratesil, la rinnovata selezione del paese caucasico per l’Eurovision Song Contest 2018.
Un cantante con una solida esperienza nei talent alle spalle. Dopo aver partecipato alla versione armena di X Factor, nel 2016 ha vinto lo stesso format in Ucraina.
La fama conquistata in Est Europa gli ha permesso di prendere parte a The Voice of Armenia, lo scorso anno, in qualità di giudice.
Sevak nasce 31 anni fa nel villaggio armeno di Metsavan ma a sette anni si sposta con la famiglia a Mosca, in Russia, dove vive tutt’ora con sua moglie e suo figlio.
Al percorso educativo tradizionale, affianca fin da bambino lo studio della musica, in particolare della fisarmonica, oltre che del canto. Da adolescente inizia a esibirsi con una band in club ed eventi nuziali, prima di iniziare a scrivere i suoi brani, sia in russo che in armeno.
“Qami” (Vento), è il brano che canterà all’Eurovision 2018. Scritto da lui stesso con Anna Danielyan e Viktorya Maloyan, è la prima canzone (salvo cambiamenti successivi) totalmente in armeno ad arrivare sul palco eurovisivo.
Le entry selezionate dall’Armenia tra il 2007 e il 2009 – “Anytime you need” di Hayko, “Qélé Qélé” di Sirusho e “Jan Jan” di Inga & Anush – comprendevano infatti sia parti in inglese che in armeno.
Sevak ha conquistato sia le giurie professionali che il televoto, ottenendo il primo posto in entrambe le graduatorie. Al secondo posto si è classificata la band Nemra con “I’m a liar“, terza “Waiting for the sun” di Amaliya Margaryan.
Nulla da fare per la drag queen Kamil Show. Il televoto l’ha premiata, piazzandola al secondo posto, mentre la giuria ha prevedibilmente penalizzato la sopra le righe “Puerto Rico“, penultima con due punti. Chiude al quarto posto generale.
Eurovision 2018: Sevak Khanagyan rappresenterà l’Armenai con “Qami” (Periodicodaily.com 26.02.18)
Lungi dall’essere tranquilli, i postumi della sbronza del “super sabato” eurovisivo ci hanno con nuovi rappresentanti per la prossima edizione dell’Eurovision Song Contest 2018, come nel caso dell’Armenia, la cui finale nazionale si è tenuta questa domenica 25 febbraio.
Ieri si è disputato il “DEPI Evratesil” (Verso Eurovision) che è il nome della selezione organizzata dalla televisione pubblica armena, AMPTV, che si è conclusa ieri dopo una settimana a suon di note con due semifinali ed il Gran Galà finale dove è stato selezionato chi rappresenterà il proprio paese a Lisbona il prossimo maggio.
Venti proposte finali che si sono scontrate ed hanno cercato di convincere il pubblico e una giuria professionale con l’obiettivo di essere il candidato giusto da proporre a Lisbona. Il prossimo 10 maggio, nell’Arena Altice della capitale portoghese, l’Armenia cercherà il passaggio per la serata finale della competizione quando si esibirà nella seconda metà della seconda semifinale.
Sevak Khanagyan , con il tema “Qami” (vento, in italiano), si è rivelato il vincitore e pertanto meritevole di accaparrarsi il biglietto con destinazione Lisbona dopo aver ricevuto il punteggio più alto , dodici punti, sia dalla giuria di professionisti che dal pubblico. Al secondo posto si è classficata Amaliya Margaryan Nemra , mentre uno dei grandi favoriti della vigilia ovvero il camaleontico Kamil Show con la canzone “Porto Rico” si è dovuto accontentare del quarto posto.
L’Armenia all’Eurovision
L’Armenia ha debuttato all’Eurovision Song Contest nel 2006 . Da allora, è stato sempre presente nella serata finale della competizione con l’eccezione degli anni 2011, quando era nelle semifinali con Emmy e la sua “Boom Boom” e nell’edizione 2012 in cui non presero parte in quanto la manifestazione si svolse in Azerbaigian, paese vicino con cui mantiene una serie di controversie politiche per il territorio del Nagorno-Karabakh.
Due quarti posti nel 2008 con Sirusho e “Qélé” e nel 2014 con Aram MP3 e l’emozionante “Not Alone”, sono i migliori risultati di una nazione che desidera ardentemente vincere la manifestazione, dopo che per diverse volte ha trionfato nella versione dello Junior Eurovision.
Armenia: export cresciuto del 50 per cento dopo adesione a Unione economica eurasiatica (Agenzianova 24.02.18)
Erevan, 24 feb 18:54 – (Agenzia Nova) – Le esportazioni dell’Armenia sono cresciute di circa il 50 per cento da quando il paese ha aderito all’Unione economica eurasiatica (Uee). È quanto riferisce un rapporto dell’Eurasian espert club, un istituto di ricerca secondo cui fra le priorità di Erevan c’è il raggiungimento di un rapporto del 30 per cento fra il Pil e l’export. “Nel 2017 le esportazioni armene hanno superato i 2 miliardi di dollari per la prima volta, raggiungendo i 2,2 miliardi di dollari. Anche la diversificazione dell’export è un’altra priorità. È necessario sfruttare tutte le opportunità offerte dall’Uee per aumentare l’export a 3 miliardi”, riferisce la ricerca. Si registra una crescita delle esportazioni nei settori chimico e farmaceutico, nella lavorazione del legno, nella produzione tessile e nei prodotti alimentari finiti. Il rapporto mette in evidenza che nel 2017 l’export verso la Russia è cresciuto del 44,6 per cento. (Res)
Sabina Broetto e Silvano Monchi a Manfredonia (Manfredonianews.it 24.02.18)
Nella serata di ieri 23 febbraio si è svolto un incontro con Sabina Broetto e Silvano Monchi presso il LUC dal circolo Manfredonia Fotografica e dal suo presidente Pasquale Amoruso.
Durante la serata, i due fotoreporter hanno mostrato e commentato le foto dei viaggi del 2015, 2016 e 2017, tutti resi possibili grazie ad alcuni studenti, poi divenuti funzionari di rilievo dei loro paesi, che hanno studiato presso lo studentato internazionale Rondine, situato nei pressi di Arezzo, in Toscana.
Nel 2016 sono andati nel Nagorno Karabakh, una terra di nessuno, in quanto questo territorio non è riconosciuto a livello internazionale da nessuno stato: qui Sabina e Silvano hanno fotografato momenti di vita quotidiana della popolazione fatta di molti giovani. In questo Paese(uso volutamente la “p” maiuscola, per dare pari dignità a questo territorio nel quadro internazionale), la popolazione abita in case costruite dall’allora Unione Sovietica, essi si dedicano all’agricoltura e all’allevamento, i bambini giocano con ciò che conoscono, ossia con le armi(pistole in prevalenza). Ciò che colpisce di questo popolo è la loro ricchezza in fatto di tradizioni ed usi, ma agghiacciante è la povertà. Il Nagorno Karabakh si è distaccato dall’Azerbaigian e per questo motivo è in guerra con la Russia dal 1993. Nelle strade si vedono camion abbondonati, cisterne in disuso eccetera.
Il secondo viaggio è stato effettuato nel 2015 in Armenia: questo paese ha una ricchezza basata sul commercio di pelli e tappeti, ma la fonte principale di sostentamento è l’intarsio di croci su pietra, affidato alle abili mani di artigiani locali. In questo paese vi sono molti mercati, ma dato il clima continentale del Caucaso (si passa dai +40°C dell’estate ai -40°C in inverno), la maggior parte dei mercati si sviluppa in luoghi chiusi o coperti; solo in anni recenti si sono sviluppati piccoli negozi di generi alimentari.
In Armenia, il primo Paese a portare aiuti è stato l’Italia, che ha costruito un vero e proprio villaggio con dei container per ospitare la popolazione locale: in questo centro vive un italiano, il Dott. Antonio Montalto, siciliano e console onorario dell’Italia in Armenia. Egli ha fatto costruire scuole di ceramica per le ragazzine e scuole edili per i ragazzi. L’Italia è presente in Armenia dal 1989.
Gli armeni vivono di allevamento e di agricoltura, infatti le loro case si riconoscono subito poiché sono circondate da terreni coltivati tutt’intorno.
Sono una popolazione molto accogliente, infatti qui vivono pacificamente e alcune minoranze etniche possono usare le proprie tradizioni : qui vive la minoranza russa dei Molokani (=bevitori di latte in russo), cacciata dalla Russia in epoca zarista poiché ritenuti eretici, in quanto bevono il latte, loro fonte di sostentamento, quando la religione ortodossa lo vieta.
In Armenia vivono anche i Curdi, perseguitati dai Turchi, che qui possono vivere secondo le loro usanze e parlare la propria lingua(per tale motivo in Turchia si è incarcerati).
Molto toccante il momento in cui i reporter ci hanno mostrato il monumento costruito per ricordare il genocidio armeno perpetuato dall’allora Impero Turco Ottomano tra il 1915 ed il 1918 e mai riconosciuto come tale dalla Turchia. Particolare per la forma architettonica e la collocazione, il mausoleo è posto in un luogo isolato ed è costruito in modo tale che le musiche udibili all’interno non siano percepite all’esterno. Nel mausoleo si sente una musica molto toccante che i fotografi ci hanno fatto ascoltare.
In questo territorio molto forte è la componente religiosa, essi sono cristiani dal 427 d.C. quando la hanno adottata come religione di Stato. Riconoscono l’autorità di Papa Francesco, ma hanno un loro leader religioso. Qui le messe durano due ore e mezzo, durante le quali i preti celebrano dietro una balaustra e i fedeli assistono stando in piedi tutto il tempo. Molto presente è la cultura del canto lirico, infatti molti cantanti lirici parlano italiano, lingua di molte opere.
In conclusione, Sabina e Silvano hanno illustrato il loro viaggio tra Georgia ed Abkhazia, tra i due stati è in corso una guerra civile e il loro confine è rappresentato da un ponte sul quale è posto un checkpoint simile a quelli presenti durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo popolo parla una propria lingua, l’abcaso.
La loro capitale è Sukhumi o nella lingua abcasa Akua (Suchum). È famosa poiché possiede molte ville di oligarchi russi, tra cui anche quella appartenuta a Stalin, nato in Georgia.
Tale territorio è molto importante per i Russi poiché avrebbe costituito il loro unico sbocco a mare, in questo caso il Mar Nero, prima che fosse intrapresa la guerra per la Crimea.
L’incontro è stato molto emozionante e seguito da un pubblico interessato, per me è stata l’occasione per conoscere posti non presenti su alcuna carta geografica.
Un ringraziamento a Sabina Broetto e Silvano Monchi per essere venuti a Manfredonia a tenere quest’incontro ricco di molti spunti per future ricerche per chi lo vorrà.
Michele Carpato
Parlamento Olanda riconosce a larga maggioranza genocidio armeno (Rassegna 23.02.18)
Olanda ha riconosciuto il Genocidio Armeno, ferri corti con la Turchia (Il Messaggero 23.02.18)
Tensione Olanda-Turchia l’Aia approva una mozione sul genocidio armeno (Lumsanews 23.02.18)
Si inaspriscono i rapporti diplomatici tra Turchia e Olanda, dopo l’approvazione al parlamento dell’Aia di una mozione che definisce come “genocidio” il massacro perpetrato dall’Impero ottomano, predecessore dell’attuale Stato turco, contro gli armeni durante la prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1916. Le fonti storiche indicano in oltre un milione il numero delle vittime, ma Ankara ha sempre contestato questo bilancio, negando altresì che si sia trattato di un genocidio nel pieno senso del termine, sostenendo piuttosto che gli armeni furono vittime di un conflitto civile e non di un olocausto pianificato.
In un comunicato, diffuso dal proprio ministero degli Esteri, la Turchia ha quindi condannato “con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. La mozione approvata dai Paesi Bassi è stata definita come “infondata” e “non legalmente vincolante”.
Dal canto suo, il governo olandese ha comunque fatto sapere che non intende dare seguito alla mozione approvata dal Parlamento, spiegando che il riconoscimento di un genocidio da parte dell’Aia avviene solo a seguito di una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza dell’Onu, oppure dopo la una sentenza di un tribunale internazionale.
Non è la prima volta che la Turchia arriva ai ferri corti con un Paese occidentale proprio in merito a questo tema. Quando nel 2016 il Bundestag tedesco approvò una mozione analoga, Erdogan – furente – richiamò il suo ambasciatore da Berlino. Va osservato anche come le relazioni diplomatiche tra Turchia e Olanda fossero già incrinate, a causa dei comizi elettorali negati dalle autorità olandesi a due ministri turchi, in occasione del referendum costituzionale turco di un anno fa. Come se non bastasse, all’inizio di febbraio, l’Aia ha anche annunciato il ritiro formale del suo ambasciatore, che già non si trovava nella capitale turca da quasi un anno
Il Parlamento olandese ha approvato a larga maggioranza una risoluzione che riconosce il genocidio armeno. Il governo olandese, da parte sua, ha reso noto che continuerà ad analizzare “la questione del genocidio armeno” ma non ha in programma un riconoscimento formale. Il ministro degli Esteri, Sigrid Kaag, ha annunciato la presenza di un rappresentante ufficiale per la cerimonia di commemorazione che il prossimo 24 aprile si svolgerà a Erevan. Tale atto però non costituirà un riconoscimento formale. Il voto del Parlamento rischia di creare tensione con la Turchia, che respinge l’uso del termine genocidio in relazione al massacro di 1,5 milioni di armeni. La Turchia, erede dell’impero ottomano, riconosce l’assassinio di tale quantità di persone tra il 1915 e il 1917 ma rifiuta categoricamente il termine genocidio. Il ministero degli Esteri turco ha immediatamente convocato l’incaricato d’affari dell’Olanda ad Ankara dopo che ieri il Parlamento olandese ha approvato a larga maggioranza la risoluzione. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu, dopo le “condanne” arrivate dal ministero degli Esteri e dal ministro per gli Affari europei. A inizio febbraio l’Olanda ha ritirato l’ambasciatore dalla Turchia.
L’Olanda riconosce il genocidio armeno. La Turchia attacca: “Decisione infondata” (Eunews.it 23.02.18)
Il Ministero degli esteri turco: “Condanniamo con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”
Bruxelles – L’Olanda ha riconosciuto il genocidio armeno, sotto proposta dei deputati di maggioranza del partito di Unione cristiana, scatenando la reazione del governo della Turchia, che “condanna con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. A dirlo è il ministero degli Esteri di Ankara, Mevlüt Cavusoglu, ritenendo la mozione approvata ieri sera all’Aja come “infondata” e “non legalmente vincolante”.
Sono molti gli storici a definire l’uccisione di più di un milione di armeni da parte dell’esercito ottomano durante la prima guerra mondiale ‘genocidio’. L’esecutivo di Instanbul ha da sempre sostenuto che non si è mai trattato di pulizia etnica ma di una “regolare repressione” dell’insurrezione armena, che “causò una guerra civile”. Nessun “genocidio pianificato” per Ankara, la cui relazione con il governo olandese va sempre più deteriorandosi.
I rapporti diplomatici tra L’Aia e Instanbul hanno iniziato a peggiorare lo scorso marzo, quando l’esecutivo olandese ha vietato i comizi elettorali dei ministri turchi in supporto del referendum presidenzialista di Recep Tayyip Erdogan. Il governo dell’Aja era arrivato addirittura a impedire alla ministra della Famiglia, Fatma Betül Sayan Kaya di entrare nel consolato turco di Rotterdam. L’11 marzo l’Aja aveva vietato l’ingresso al ministro degli Esteri turco Mevlüt Cavusoglu. A quel punto Erdogan aveva definito gli olandesi residui ‘nazisti e fascisti’. L’Olanda in risposta ritirò l’ambasciatore olandese dalla Turchia.
“Come già detto dal presidente Juncker, con la Turchia abbiamo relazioni molto importanti ma bisogna essere in due per il tango”, ha fatto sapere il portavoce del presidente della Commissione europea Jean Claude Junker. “Il Paese si sta muovendo in una diversa direzione rispetto all’adesione all’Ue. Vediamo cosa ci riserverà il futuro”.
Olanda riconosce genocidio armeno (ANSA 23.02.18)
(ANSA) – ISTANBUL, 23 FEB – La Turchia “condanna con forza la decisione della Camera dei rappresentanti dell’Olanda di riconoscere gli eventi del 1915 come un genocidio”. Lo scrive in una nota il ministero degli Esteri di Ankara, definendo la mozione approvata ieri sera all’Aja come “infondata” e “non legalmente vincolante”. Secondo molti storici furono oltre un milione gli armeni uccisi durante la prima guerra mondiale sotto l’impero ottomano, ma Ankara contesta il bilancio di morti e sostiene che non si sia stato un “genocidio” pianificato ma l’effetto di un conflitto civile. Il governo olandese ha comunque fatto sapere che non intende dare seguito alla mozione approvata dal Parlamento, spiegando che il riconoscimento di un genocidio da parte dell’Aja avviene solo se c’è una risoluzione vincolante del Consiglio di sicurezza dell’Onu o una sentenza di un tribunale internazionale. In casi analoghi avvenuti in passato, come nel 2016 in Germania, Ankara aveva richiamato il suo ambasciatore.
Genocidio armeno, via libera del parlamento olandese al riconoscimento. Turchia furiosa: convocato l’ambasciatore ad Ankara (31mag.nl 23.02.18)
Di recente, il riconoscimento tedesco e la presa di posizione del Vaticano, che ha parlato per la prima volta di “genocidio”, hanno provocato il raffreddamento delle relazioni con Ankara
La maggioranza alla Tweede Kamer, la camera bassa del parlamento olandese, ha approvato giovedì due mozioni riguardanti il genocidio armeno del 1915. Una afferma che la Tweede Kamer “riconosce il genocidio armeno”, l’altra che un ministro olandese o un sottosegretario di Stato dovrebbero assistere alla commemorazione in Armenia ad aprile.
La Turchia ha convocato un rappresentante dell’ambasciata ad Ankara per chiedere spiegazioni. Da marzo 2017 non è più presente ambasciatore olandese, dopo che il paese della mezza luna ha ritirato le credenziali di Kees van Rij impedendogli di tornare nel Paese. Il caso verrà quindi seguito dai funzionari di grado inferiore ancora presente in Turchia.
Entrambe le mozioni sono state presentate dal parlamentare ChristenUnie Joel Voordewind. Tutti e quattro i partiti della coalizione hanno dato il via libera a sostenerle.
Centinaia di migliaia di armeni furono assassinati nel 1915, quando il territorio era ancora parte dell’impero ottomano. I turchi hanno sempre sostenuto si fosse trattato di “omicidi in tempo di guerra” e non di una pulizia etnica programmata. I turchi sostengono, inoltre, che gli armeni erano un pericolo perché stavano combattendo dalla parte del nemico russo. Per Ankara la questione è da sempre un nervo scoperto e l’annuncio del riconoscimento del genocidio da parte di paesi esteri ha sempre provocato reazioni furiose da parte dei governi turchi.
Di recente, il riconoscimento tedesco e la presa di posizione del Vaticano, che ha parlato per la prima volta di “genocidio”, hanno provocato il raffreddamento delle relazioni con Ankara.
Finora i Paesi Bassi non hanno mai riconosciuto ufficialmente il genocidio, parlando di “questione del genocidio armeno”. Ma una maggioranza in parlamento crede sia ora di cambiare. “Non possiamo negare la storia per timore di sanzioni, dopotutto il nostro paese ospita la capitale del diritto internazionale, quindi non dobbiamo avere paura di fare la cosa giusta anche qui”, ha dichiarato Voordewind al Trouw.
Speciale difesa: Armenia-Ue, ministro Sargsyan incontra rappresentante Ue Klaar su conflitto Nagorno-Karabakh (Agenzianova 23.02.18)
Erevan, 23 feb 15:00 – (Agenzia Nova) – Il ministro della Difesa armeno, Vigen Sargsyan, ha ricevuto una delegazione ufficiale guidata dal rappresentante speciale Ue per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia, Tojvo Klaar. Come riferito dall’agenzia di stampa “Armenpress”, Sargsyan ha espresso apprezzamento per la posizione equilibrata dell’Ue in merito al conflitto del Nagorno-Karabakh e per il relativo sostegno politico fornito dai copresidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce. “Intendiamo risolvere la crisi nell’area solo tramite negoziati, e trovando una soluzione pacifica”, ha dichiarato Klaar in risposta. Il ministro armeno ha quindi informato il rappresentante speciale Ue sulla situazione presso la linea di contatto e ha sottolineato che l’Azerbaigian, nella sua opinione, non starebbe contribuendo alla risoluzione del conflitto. Le parti hanno infine discusso delle relazioni bilaterali tra Erevan e Bruxelles. (Res)
Il Catholicosato di Echmiadzin interviene sulla crisi del Patriarcato armeno di Costantinopoli (Agenzia Fides 23.02.18)
Erevan (Agenzia Fides) – La crisi che da tempo tormenta il Patriarcato armeno apostolico di Costantinopoli è dovuta soprattutto alle divisioni interne che hanno aperto la porta alle interferenze di poteri e gruppi esterni. Gli alti prelati che hanno posti di responsabilità in quella compagine ecclesiale devono mettere da parte interessi e contrasti personali, e il governo turco deve consentire al Patriarcato di riavviare il processo – ora interrotto – per l’elezione di un nuovo Patriarca. Sono queste le considerazioni e le richieste espresse dall’Assemblea del Consiglio spirituale supremo del Catholicosato di Echmiadzin, retto dal Patriarca Karekin II, che ha dedicato l’ultima riunione (20-22 febbraio) agli incresciosi, recenti sviluppi che hanno portato alla interruzione del processo avviato per l’elezione di un nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli, in sostituzione del Patriarca Mesrob II Mutafyan, colpito nell’ormai lontano 2008 da una malattia neurologica invalidante.
All’inizio di febbraio, l’ufficio del governatore di Istanbul aveva di fatto azzerato il processo elettorale iniziato nel 2016. Le autorità turche avevano sentenziato che «non ci sono le condizioni necessarie» per far avanzare il processo elettorale, in quanto Mutafyan è ancora vivo e le disposizioni giuridiche turche prevedono che si possa eleggere e insediare un nuovo Patriarca armeno solo quando la carica rimane vacante con la morte del predecessore. La mossa delle autorità turche ha provocato reazioni accese in seno alla locale comunità armena. Il settimanale bilingue turco-armeno Agos ha scritto in un editoriale che la scelta messa in atto dal governatorato di Istanbul è destinata a segnare la storia delle relazioni tra la comunità armena e lo Stato turco, aggiungendo che il governo guidato dall’AKP di Erdogan ha compiuto un grave atto di interferenza «nelle tradizioni della Chiesa armena». E tutto questo era accaduto dopo che il Patriarcato armeno di Costantinopoli, come altre realtà ecclesiali presenti in Turchia, aveva esplicitamente espresso il proprio augurio di un rapido successo dell’operazione «Ramoscello d’ulivo», l’offensiva militare turca in territorio siriano contro i curdi, chiamando i propri fedeli a «pregare per la fine delle attività terroristiche».
Adesso il Consiglio spirituale supremo del Catholicosato di Echmiadzin, nell’appello diffuso alla fine della sua assemblea, riconosce che l’atteggiamento sconsiderato di individui e gruppi ecclesiali in seno al patriarcato armeno di Costantinopoli ha aperto la strada alle “interferenze esterne”, comprese quelle degli apparati politici turchi. La sede patriarcale armena di Echmiadzin fa appello in particolare ai personaggi più in vista della gerarchia del Patriarcato armeno di Costantinopoli affinché riconoscano che gli interessi del Patriacato valgono di più delle loro aspirazioni individuali e dei loro rapporti deteriorati, in modo da rivedere e correggere il processo elettorale, partito evidentemente con il piede sbagliato. L’appello proveniente dal Catholicosato di Echmiadzin chiede anche alle autorità turche di accogliere la richiesta della locale comunità armena di far ripartire il processo per l’elezione di un nuovo Patriarca.
Come documentato da Fides (vedi Fides 27/1/2017), dopo l’elezione – il 15 agosto 2016 – dell’Arcivescovo Karekin Bekdjian come nuovo “locum tenens” del Patriarcato, in sostituzione dell’Arcivescovo Aram Ateshyan, e dopo la costituzione del gruppo di lavoro incaricato di far avanzare il processo elettorale, le lettere ufficiali inviate dal Patriarcato armeno alle autorità turche per sollecitare il riavvio delle procedure per l’elezione del Patriarca non hanno avuto alcuna risposta. Da agosto (vedi Fides 15/9/2017 e 17/10/2017) diversi indizi avevano fatto emergere l’avversione degli apparati turchi nei confronti dell’attuale locum tenens del Patriarcato. Un’avversione che si connette anche a divisioni e antagonismi presenti all’interno del Patriarcato armeno, soprattutto da parte di esponenti legati all’ex locum tenens, Arcivescovo Aram Ateshyan. (GV)
Armenia-Libano: presidente Sargsyan riceve omologo Aoun, focus su cooperazione (Agenzianova 22.02.18)
Erevan, 22 feb 12:21 – (Agenzia Nova) – Il presidente libanese, Michel Aoun, è stato ricevuto ufficialmente oggi dall’omologo armeno, Serzh Sargsyan, durante una cerimonia presso il palazzo presidenziale di Erevan. E’ seguito un incontro in formato ristretto tra i due capi di Stato. “La mia visita in Libano nel 2012 ha aperto la strada ad una nuova fase di sviluppo delle relazioni bilaterali. Spero che così accadrà anche con questa nuova visita. Sebbene i nostri paesi intrattengano rapporti diplomatici solo da 25 anni, l’amicizia tra i due popoli è secolare. Vi ringraziamo per aver riconosciuto il genocidio armeno”, ha dichiarato Sarsgyan rivolgendosi all’omologo. Quest’ultimo ha sottolineato che Erevan ha sostenuto Beirut in ambito internazionale e che la comunità armena in Libano ha contribuito allo sviluppo del paese, riuscendo ad essere attiva in molti settori economici, culturali e sociali ma al contempo mantenendo la propria identità. (segue) (Res)
Erevan, 22 feb 19:11 – (Agenzia Nova) – Il presidente libanese, Michel Aoun, ha incontrato il presidente del parlamento armeno, Ara Babloyan, il suo vice, Edward Sharmazanov, e i rappresentanti di diversi gruppi parlamentari, nel corso di una visita presso l’Assemblea di Erevan. Come riferito dall’agenzia di stampa “Armenpress”, durante i colloqui è stato hanno sottolineato il livello soddisfacente raggiunto nelle relazioni bilaterali. Oggi il presidente Aoun è stato ricevuto ufficialmente dall’omologo armeno, Serzh Sargsyan, durante una cerimonia presso il palazzo presidenziale di Erevan. E’ seguito un incontro in formato ristretto tra i due capi di Stato. “La mia visita in Libano nel 2012 ha aperto la strada ad una nuova fase di sviluppo delle relazioni bilaterali. Spero che così accadrà anche con questa nuova visita. Sebbene i nostri paesi intrattengano rapporti diplomatici solo da 25 anni, l’amicizia tra i due popoli è secolare. Vi ringraziamo per aver riconosciuto il genocidio armeno”, ha dichiarato Sarsgyan rivolgendosi all’omologo. Quest’ultimo ha sottolineato che Erevan ha sostenuto Beirut in ambito internazionale e che la comunità armena in Libano ha contribuito allo sviluppo del paese, riuscendo ad essere attiva in molti settori economici, culturali e sociali ma al contempo mantenendo la propria identità. (segue) (Res)
Aborti selettivi in Armenia: eliminate 1.400 bambine ogni anno (Avvenire 22.02.18)
Quando si parla di aborti selettivi per sesso del nascituro in genere si pensa alla Cina e all’India. Ma c’è un altro Paese in cui questa tragica pratica è molto diffusa, illegale solo dal 2016. Si tratta dell’Armenia, dove ogni anno vengono abortiti circa 1.400 bambine prima della nascita. Lo denuncia il quotidiano britannico Guardian. Con una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti, l’ex Repubblica sovietica ha il terzo più alto tasso di aborti di feti femminili nel mondo, dietro Cina e Azerbaigian. I dati raccolti dall’Unfpa (il Fondo Onu per la popolazione) parlano di uno squilibrio di 115-120 bimbi nati ogni 100 bimbe.
Tra le cause che spingono alla selezione del bambino in base al sesso prima della nascita c’è la volontà di assicurare la discendenza familiare e la convinzione che i ragazzi aiuteranno i genitori nella vecchiaia più di quanto potranno fare le ragazze, che si sposano e si trasferiscono con la famiglia del marito. I ragazzi sono considerati «un investimento», le ragazze «una perdita». Alla base di tutto questo c’è lo sviluppo tecnologico applicato alla diagnostica prenatale, che ha permesso ai genitori di conoscere il sesso del bambino prima della nascita e, di conseguenza, la scelta di un eventuale aborto.
>>> Leggi l’articolo pubblicato da The Guardian <<<
Nel 2011 l’Unfpa ha iniziato il suo lavoro per arginare la selezione del sesso e nel 2017 ha lanciato un programma globale per prevenire i cosiddetti “aborti di genere”. Nel 2014, il rapporto era di 114 maschi per 100 femmine, l’anno scorso, la cifra era scesa a 110 su 100.
Perché gli armeni non vogliono le figlie femmine (Panorama 22.02.18)
In Armenia ci sono donne che non vedremo mai perché non nasceranno mai. Inizia così la denuncia riportata sul Guardian che si ispira al saggio di Amartya Sen “donne scomparse” il cui tema trattato è appunto la selezione prenatale del sesso nell’ex Repubblica sovietica.
I dati
La maggior parte degli armeni conosce il problema. Qui gli aborti selettivi, illegali dal 2016, fanno raggiungere il numero spaventoso di 1.400 bambine mai nate all’anno. Dati che sconcertano sopratutto pensando che, se le tendenze non saranno invertite, l’Armenia avrà perso quasi 93mila donne entro il 2060.
Pensare a questo tema fa venire in mente Cina e India. Invece nella regione orientale del Gavar il numero delle bambine abortite è tra i più elevati. Alcune donne arrivano all’interruzione della gravidanza anche 9/10 volte. Con una popolazione di poco meno di 3 milioni di abitanti, l’Armenia ha il terzo più alto tasso di aborti di femmine nel mondo. Prima resta la Cina, secondo si attesta tristemente l’Azerbaigian.
Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), che dal 2010 raccoglie dati in tal senso, ogni 115-120 ragazzi nati vengono alla luce solo 100 ragazze.
Le cause
Tra le cause della selezione del sesso in Armenia c’è quella di assicurare la discendenza familiare: i maschi sono considerati un investimento, anche quando si sposano restano vicini ai genitori, al contrario delle ragazze che, secondo alcune credenze, lascerebbero la casa d’origine per trasferirsi in quella del marito mancando quindi di un aiuto concreto a tempo indeterminato.
Inoltre lo sviluppo tecnologico, applicato alla diagnostica prenatale precoce, ha fatto sì che i genitori vengano a conoscenza del sesso del bambino prima della sua nascita “facilitando” così la scelta al maschile.
Grazie alla campagna del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione il governo armeno ha iniziato a sostenere le donne prevedendo la loro partecipazione a una sessione di consulenza con il proprio medico per poi attendere tre giorni prima di abortire. Un disincentivo che, unito al fatto di aver reso illegale l’aborto, ha portato nel 2014 a stabilire che il rapporto tra tutti i nati era di 114 ragazzi per 100 ragazze, mentre nel 2017 i numeri sono passati a 110 bambini per ogni 100 bambine.
Gravere ospita una famiglia di richiedenti asilo armeni e cristiani (lagendanews.it 21.02.18)
GRAVERE – Da martedì 19 febbraio Gravere ospita cinque nuovi abitanti. Si tratta di una famiglia di 5 persone di richiedenti asilo sulla base del protocollo di accoglienza sottoscritto con la Prefettura di Torino che il Comune ospita in Borgata Grande Essimonte. La famiglia è seguita dagli operatori specializzati della Cooperativa Sociale Piergiorgio Frassati.
Di questa categoria fanno parte coloro che, lasciato il proprio Paese d’origine e avendo inoltrato una richiesta di asilo, sono ancora ora attesa di una decisione da parte delle autorità nazionali e riguardo al riconoscimento dello status di rifugiato.
“Auguriamo questa famiglia la migliore integrazione nel nostro territorio” ha detto il Sindaco di Gravere Piero Nurisso cui abbiamo chiesto qualche informazione in più su questi ospiti.
“Quello che so – ci ha detto il sindaco – è che si tratta di armeni e di religione cristiana che sono arrivati da Yerevan, che è la capitale dell’Armenia. Ma sulla loro vicenda personale non so di più perché su questo la procedura di eseame della richiesta prevede molta riservatezza. Il padre è un 41enne che ci ha detto che faceva l’autista e il falegname, mentre sua moglie di un paio di anni più giovane è infermiera e si occupava di assistenza ai minori. Con loro due figlie di 17 e 14 anni e un terzo, un bambino di 9. Finché resteranno qui – in attesa che la loro pratica di accoglianza venga valutata – cercheremo di aiutarli anche a inserirsi attivamente nella nostra piccola comunità. Mi sembrano persone molto rispettose e disponibili”.
Difficile capire da dove provengano realmente e quale storia abbiano alle spalle. Basti ricordare che una minoranza cristiana ed armena in Siria, nelle zone di Kessab, ai confini con la Turchia – che storicamente peraltro è responsabile del genocidio di oltre un milione di armeni – e di Aleppo hanno subito un doppio assedio con relativi veri e propri massacri sia da parte dei tagliagole dell’Isis, che dagli islamisti di Al Nusra. Il Grande Male, come gli armeni chiamano il genocidio subito da parte dei Giovani Turchi circa 100 anni fa per loro è sempre in agguato.
