VENEZIA – marzo / maggio – Terzo Seminario sull’arte armena

Mercoledì 8 marzo Francesca Penoni Architettura armena in Turchia. Un percorso nella memoria

Mercoledì 15 marzo Irene Sarcinelli Manodopera armena nell’architettura militare islamica (secoli XI-XIII)

Mercoledì 22 marzo Marta Silvia Filippini Introduzione alla codicologia armena. Analisi di un manoscritto ritrovato

Mercoledì 29 marzo Nazénie Garibian Costantino il Grande nella tradizione storica, liturgica e artistica armena

Martedì 4 aprile Alessandra Gilibert Le sorgenti dei draghi. Arte preistorica monumentale nelle montagne d’Armenia

Mercoledì 12 aprile Marco Ruffilli L’antico regno di Urartu. Storia, lingua, produzione artistica (secoli IX-VI a.C.)

Mercoledì 19 aprile Aldo Ferrari Sulle tracce degli Armeni di Crimea. La chiesa di Santa Hṛipʽsimē a Jalta

Mercoledì 26 aprile Claudio Fanton, Francesco Piovan e Alessandro Piovan Il duduk, voce d’Armenia nel mondo. Dai suoni della tradizione alle sonorità contemporanee

Mercoledì 3 maggio Gaianè Casnati Il sito archeologico di Ereruykʽ e il villaggio di Anipemza. Studio, conservazione, valorizzazione

Palazzo Cosulich Aula Audio 1 Fondamenta Zattere, Dorsoduro 1405 Venezia Ore 15.45-17.15

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Comunicato Stampa: VERGOGNA TURCA! Inaccettabili lezioni di storia e democrazia da una dittatura negazionista

Ci è giunta notizia che il Dr. Murat Salim Esenli, Ambasciatore Turco in Italia, ha spedito una lettera ai presidenti dei Consigli comunali di numerose località italiane che in passato hanno votato documenti di solidarietà al popolo armeno e di riconoscimento del genocidio.

Nella stessa l’Ambasciatore fa riferimento a una sentenza della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo e cerca di far credere ai suoi interlocutori che la stessa abbia classificato il genocidio armeno come un falso storico.

Invero dobbiamo specificare che la sentenza del 15 ottobre del 2015 (n° 27510/08) a cui fa cenno il diplomatico di Ankara riguarda, come riportato nella dichiarazione fatta alla stampa dallo stesso tribunale, “la violazione dell’art 10  (Libertà di espressione) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo”. Pertanto nulla ha a che vedere con i fatti storici e con gli eventi drammatici che gli armeni dovettero subire per mano dell’impero ottomano nel 1915, come la deportazione di massa ed i massacri, che la Corte non esita a sottolineare distinguendo il tema della libertà di espressione da quello storico e ribadendo ancora una volta la incontrovertibilità dei fatti.

L’ambasciatore turco non pago delle immense sofferenze inflitte agli armeni da parte dei suoi avi, non pago della politica negazionista che la Turchia conduce da più di cent’anni mistificando i fatti storici,  prova anche in questo caso a manipolare la realtà storica e giuridica cercando di far credere che la sentenza a cui fa riferimento è un “forte avvertimento giuridico” ed “costituisce un precedente importante per casi simili agli eventi del 1915” mentre come già accennato essa non ha alcun rilievo giuridico per quanto riguarda la “storia” ma si riferisce sic et simpliciter  “alla libertà di espressione”, quella stessa  “libertà” che oggi viene negata e calpestata nel suo paese,  dove migliaia di insegnanti, giornalisti, politici di opposizione e scrittori sono processati e incarcerati, dove vige una politica di persecuzione verso le minoranze etniche, e dove coloro che scappano dalle guerre sanguinose dei paesi limitrofi subiscono ulteriori maltrattamenti e vengono spesso sfruttati come merce di scambio.

Avendo ricevuto evidentemente direttive al riguardo​ da colui che ormai comunemente etichettato come “dittatore” o “sultano” (il presidente Erdogan) ​il rappresentante di Ankara rinnova la tesi negazionista che da oltre un secolo è il filo conduttore della politica del suo Paese. Osa etichettare come “illazioni degli armeni” le verità storiche sul genocidio del 1915, classifica la vasta produzione documentale come “informazioni distorte”.

Dimentica l’Ambasciatore che il primo ad aver condannato in contumacia i diretti responsabili del genocidio armeno fu proprio il tribunale militare turco il cui atto d’accusa del 12 aprile 1919 affermava che “i crimini commessi durante la deportazione degli Armeni, in luoghi e momenti diversi, non erano episodi isolati e locali ma una forza locale e centrale organizzata, che ha premeditato tutto ed ha fatto eseguire gli ordini con istruzioni riservate e verbali” come si evince dalla montagna di documentazione prodotta a riguardo.

Non si poté usare il termine giuridico “genocidio”, anche se la definizione dei fatti è facilmente riconducibile ad esso, solo perché tale termine fu coniato in seguito, ed in chiaro riferimento al genocidio degli armeni, da un giurista ebreo-polacco di nome Raphael Lemkin, che era stato testimone di quanto avvenne agli armeni

Nel suo delirio negazionista l’ambasciatore turco dimentica che fu proprio il  Parlamento Europeo nel 1987 a votare una risoluzione in cui si constatava che  “durante la Prima Guerra Mondiale i massacri perpetrati dalla Turchia costituiscono crimini riconosciuti dall’ONU come genocidio. La Turchia è obbligata a riconoscere tale genocidio e le sue conseguenze“. Risoluzione ribadita anche il 15 aprile del 2015 dove si deplorava “fermamente ogni tentativo di negazionismo”.

Da che pulpito, poi, ci tocca sentir parlare di democrazia!

L’ambasciatore Esenli non manca di condire la sua lunga epistola con la consueta ventilata “minaccia” sulle relazioni diplomatiche ed economiche fra i due Stati, alludendo che “alcuni ambienti”  cercano di politicizzare la storia e trarre inimicizie dal passato per danneggiare la collaborazione italia-turchia, ma lo stesso dimentica che il suo paese, in barba alla politica di buon vicinato imposta dall’Unione Europea, tiene chiusi   unilateralmente i suoi confini con la vicina armen i a ed ha invaso militarmente,  dal 1974,  la parte Nord dell’isola europea di Cipro.

​Finge evidentemente di ignorare che la credibilità delle istituzioni e dei rappresentanti turchi in questo momento storico è pressoché nulla ma vorrebbe dare lezioni ai rappresentanti del popolo italiano sul rispetto delle opinioni commettendo però un grave errore diplomatico nell’interferire nelle “attività” di un paese sovrano.  Un errore che meriterebbe un richiamo ufficiale da parte della Farnesina.

Il  “Consiglio per la comunità armena” nel condannare, ancora una volta e con sempre maggiore forza, il negazionismo di uno Stato che non riesce a far pace con la propria storia, uno Stato che non esita a bombardare villaggi curdi nel nord della Siria e in Irak, uno stato i cui governanti sono una minaccia per la stessa popolazione della Turchia, ringrazia tutti  gli italiani che hanno mostrato vicinanza e solidarietà al popolo armeno e hanno scelto di stare dalla parte della verità e della giustizia.

Consiglio per la comunità armena di Roma


Copia della lettera dell’Ambasciatore Turco

Pagina 1           –             pagina 2

scarica l’allegato alla lettera

Anche il comune di Sasso Marconi (BO) sarà inserito nell’elenco dei Giusti del Medz Yeghern. Approvata mozione di solidarietà con il popolo armeno.

In data 29 marzo 2017 il Consiglio Comunale di Sasso Marconi sulla scia di altri comuni italiani a deliberato una mozione a “Sostegno a progetti di approfondimento storico e di divulgazione del genocidio del popolo armeno” nella quale

RILEVATO

che il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;

RICONOSCIUTA

la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno affinché tali tragedie della storia siano di monito soprattutto alle giovani generazioni;

ESPRIME

piena solidarietà al popolo armeno e

IMPEGNA

la Giunta Comunale a sostenere progetti di approfondimento storico e di divulgazione del genocidio del popolo armeno, oltre che a promuovere ogni possibile azione di riconciliazione fra i popolo armeno ed il popolo turco, partendo dal riconoscimento dei fatti storici e restituendone la memoria attraverso pubblici eventi, studi e qualsivoglia iniziativa di rievocazione.

DISPONE INOLTRE

la diffusione della presente ordine del giorno a mezzo comunicato stampa affinché l’intera cittadinanza sia partecipe del sentimento di solidarietà verso il popolo armeno;

Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime la propria gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito all’approvazione delle delibera dimostrando coraggio e onestà intellettuale e scegliendo la strada della verità e della giustizia.

Comunicato Stampa: I Cosiddetti “Giovani Turchi ” PD e le scuse di Orfini – Un’altra piccola grande nostra vittoria

Comunicato Stampa:  I Cosiddetti “Giovani Turchi ” PD  e le scuse di Orfini

 

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” esprime soddisfazione per la dichiarazione dell’on. Orfini con la quale ha voluto formalmente prendere le distanze dall’utilizzo del termine “Giovani turchi” per indicare la sua area politica di riferimento.

Dallo scorso mese di marzo il “Consiglio per la comunità armena di Roma” aveva intrapreso una nuova campagna di sensibilizzazione rivolta a politici e media denunciando il richiamo frequente al movimento nazionalista turco responsabile della pianificazione e attuazione del genocidio armeno del 1915.

Oltre che una specifica richiesta indirizzata all’interessato, sono state inviate ripetute segnalazioni alle testate giornalistiche che nei loro articoli di politica interna utilizzavano tale nome che suscita ancora oggi negli armeni rabbia per il ricordo dell’orrore di un secolo fa e sdegno per l’uso improprio che ne viene fatto.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” continuerà la campagna di vigilanza monitorando la situazione e segnalando ai media quanto sopra.

Ringraziamo l’on. Orfini, al quale è stata inviata una lettera personale, per la sua dichiarazione, che salutiamo come una importante vittoria nella battaglia che gli armeni italiani conducono per il diritto alla Memoria del Grande Male.

 


COMUNICATO STAMPA

LA COMUNITA’ ARMENA DICE BASTA AI COSIDDETTI “GIOVANI TURCHI”

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” ha lanciato da alcuni giorni una nuova campagna di sensibilizzazione chiedendo che sia bandito l’uso del termine “Giovani Turchi”, oggi associato a una corrente del Partito Democratico.

Gli esponenti, ricordando che i veri Giovani Turchi nel 1915 pianificarono e misero in atto il genocidio di un milione e mezzo di armeni, si appellano alla sensibilità del mondo della politica e dell’informazione affinché non venga più utilizzata tale espressione altamente offensiva, il cui uso denota scarsa conoscenza storica.

Dal 20 marzo vengono inviate mail di sensibilizzazione alle testate giornalistiche, un appello è stato direttamente trasmesso all’on Matteo Orfini, capofila di tale corrente, con la richiesta di una pubblica dichiarazione che prenda definitivamente le distanze dal movimento dei Giovani Turchi e dal contemporaneo uso di tale nome. Abbiamo lanciato una campagna su Change org. e sono allo studio altre iniziative.

Già nel 2013 era stata promossa analoga iniziativa e il Consiglio aveva ricevuto rassicurazioni che il termine GT sarebbe stato progressivamente abbandonato ma ciò non è avvenuto.

Firma la petizione QUI


 

Fac-simile di lettera che viene inviata alle testate giornalistiche

Egregio direttore,

ci sia consentita una doverosa precisazione all’articolo pubblicato in data … sulla Sua testata, dal titolo “…..” nel quale viene ancora una volta utilizzato il termine “Giovani Turchi”.

Non abbiamo alcuna intenzione di entrare nelle dinamiche interne del Partito Democratico ma in passato abbiamo inutilmente cercato di far capire che i Giovani Turchi sono stati un movimento che ha pianificato e messo in pratica il genocidio armeno.

L’uso di tale nome (a dire il vero utilizzato anche negli anni Cinquanta per un breve periodo per etichettare un gruppo di politici sardi capeggiati da Cossiga) provoca negli armeni italiani e in tutti coloro che hanno un minimo di conoscenza storica un sentimento di repulsione e di rabbia. È come se un partito politico decidesse di chiamare (o accettare che venga chiamata) una propria corrente interna con il nome di Hitler Jugen.

Nel 1915 un milione e mezzo di armeni vennero massacrati in quello che è comunemente riconosciuto come il primo genocidio del Novecento; i sopravvissuti dovettero abbandonare la propria terra natale e tutti i beni. Oggi, il “Sultano” Erdogan e la Turchia continuano a perseguire una politica negazionista.

E, ci creda, è davvero penoso continuare a leggere o ascoltare in Italia il termine “Giovani Turchi”; specie con l’approssimarsi della ricorrenza del genocidio (24 aprile).

Le saremmo grati se potesse pubblicare questa precisazione a beneficio dei lettori che ancora non conoscono quella tragica pagina di storia, con l’augurio che i media e i politici interessati abbandonino definitivamente l’uso di tale nefasto nome.

Cordiali saluti e buon lavoro

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA


 

Lettera inviata all’On.le Orfini

Egr. on. Orfini,

continuiamo purtroppo a leggere e ascoltare il termine “Giovani Turchi”utilizzato dai media per etichettare la corrente politica del PD che viene ricondotta a Lei.

Già alcuni anni or sono, nel 2013, avevamo cercato di far capire quanto offensivo l’utilizzo moderno di tale nome che richiama quello dei pianificatori e attuatori del genocidio armeno del 1915. Francamente non comprendiamo per quale motivo – se non per una lacuna storica – venga ancora utilizzata tale espressione.

Da alcuni giorni stiamo rivolgendoci alla stampa per sensibilizzarla sul tema.

Le chiediamo una dichiarazione ufficiale con la quale prenda le distanze, in modo netto, dall’uso di tale termine e inviti il mondo dell’informazione a non utilizzarlo più.

A pochi giorni dall’anniversario del genocidio armeno (24 aprile) sarebbe un’attestazione di solidarietà e sensibilità.

La ringraziamo sin da ora per il riscontro che vorrà darci.

Cordiali saluti

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

 

Il comune di Agnone esprime solidarietà al Popolo Armeno nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.

Il Consiglio Comunale di Agnone, nella seduta del 8 marzo u.s., a seguito di azione proposta dal Presidente dell’Associazione Culturale “Viva la Solidarietà”, ha deliberato una mozione nella quale si esprime  piena solidarietà al popolo armeno vittima del “genocidio” di cui in narrativa, nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.

Scarica il testo della Mozione

 

 

Novità in libreria: Colofoni armeni a confronto. Le sottoscrizioni dei manoscritti in ambito armeno e nelle altre tradizioni scrittorie del mondo mediterraneo

E’ in fase di pubblicazione il volume

“Colofoni armeni a confronto. Le sottoscrizioni dei manoscritti in ambito armeno e nelle altre tradizioni scrittorie del mondo mediterraneo”

curato da

Anna Sirinian, Paola Buzi e Gaga Shurgaia.

Il libro esce come volume 299 della collana “Orientalia Christiana Analecta” del Pontificio Istituto Orientale di Roma

e raccoglie i contributi presentati a un colloquio internazionale organizzato sotto l’egida dell’AIEA e tenutosi a Bologna il 12 e 13 ottobre del 2012.

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Armenia: Intervista a S.E. Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia (Agenparl 22.02.17)

(AGENPARL) – Roma, 22 feb 2017 – Armenia, Intervista a S.E. Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia: la propaganda azera è una strategia mirata, se la tua bugia è grossa e la ripeti a oltranza, tutti ci crederanno

Domanda. Ambasciatrice Bagdassarian, 25 anni fa nella città di Khojaly si verificarono dei tragici eventi su cui ancora oggi ci sono diverse interpretazioni. Può raccontarci il punto di vista armeno?

S.E. Victoria Bagdassarian. Per consentire ai lettori di capire cosa accadde veramente a Khojaly, bisogna innanzitutto dare delle informazioni storiche sul Nagorno-Karabakh. Nel 1921, su iniziativa di Iosif Stalin, questa regione, storicamente armena e a maggioranza armena, veniva annessa come enclave all’allora repubblica socialista sovietica dell’Azerbaijan con tutte le conseguenze in termini di discriminazioni di Baku nei confronti degli armeni nel Nagorno-Karabakh.

E Khojaly, piccola città dell’ex enclave autonoma del Nagorno-Karabakh, è stata interamente popolata da armeni fino al 1935, quando vi arrivò la prima famiglia azera. Nel 1969 l’ultima famiglia armena lasciò Khojaly. Dal 1988 fino al 1990 le autorità dell’allora Repubblica socialista Sovietica dell’Azerbaijan popolarono massivamente Khojaly con i turchi mescheti dalla valle di Fergana dell’Uzbekistan.

Durante la guerra scatenata dall’Azerbaijan contro la pacifica popolazione armena del Nagorno-Karabakh, Khojaly divenne una roccaforte militare, da cui si bombardava Stepanakert – capitale del Nagorno-Karabakh – con i sistemi di lanciarazzi multipli da combattimento “Alazan”, “Kristal” e “Grad”, il cui uso è vietato contro i civili. Dal 1991, per un intero anno la popolazione armena di Stepanakert subì pesanti bombardamenti. In aggiunta a ciò, Khojaly era l’unico luogo provvisto di aeroporto, particolare importante per rompere il blocco del Nagorno-Karabakh imposto dall’Azerbaijan. La regione era stata isolata da ogni possibilità di rifornimento di cibo, acqua, elettricità e combustibili. La situazione era critica, la gente del Nagorno-Karabakh stava affrontando un disastro umanitario e un’operazione militare, per fermare gli attacchi dell’artiglieria azera, e mettere fine al blocco era vitale.

So bene che la propaganda azera usa in maniera distorta quegli eventi, come ha fatto qualche giorno fa l’ambasciatore dell’Azerbaijan in un’intervista alla vostra agenzia. D’altronde, se la tua bugia è grossa e la ripeti a oltranza, tutti ci crederanno. Tornando a Khojaly, voglio ribadire che l’operazione venne effettuata nel pieno rispetto del diritto internazionale umanitario. Due mesi prima del 26 febbraio del 1992, data di inizio dell’operazione militare, i comandanti dell’esercito di autodifesa del Nagorno-Karabakh avevano annunciato pubblicamente, attraverso vari canali, l’esistenza di un corridoio umanitario e l’inizio delle operazioni. Cosa questa confermata da molte organizzazioni internazionali nei loro rapporti, così come da molte altre fonti tra cui anche fonti azere. Più tardi alcuni residenti di Khojaly furono trovati a 12 chilometri di distanza da Khojaly, nella zona vicino alla città di Agdam che fino al 1993 era stata sotto l’effettivo controllo del Fronte nazionale azero. Durante l’operazione militare a Khojaly, le forze di autodifesa del Nagorno-Karabakh liberarono 13 ostaggi armeni, tra cui un bambino e sei donne, e presero come trofei due strutture per il lancio di razzi Grad MM-21, quattro strutture Alazan, un obice da 100 mm, e tre unità di attrezzature corazzate. Il servizio di soccorso della Repubblica del Nagorno-Karabakh recuperò 12 corpi di civili in Khojaly e nella sua periferia. C’erano anche circa 700 abitanti in città perché le autorità azere avevano impedito loro l’evacuazione.

Domanda. Lei ha parlato di fonti. Può farci qualche esempio di fonti e di prove?

S.E. Victoria Bagdassarian. Certamente. È un ulteriore atto di ipocrisia il modo in cui il governo azero abusa dei sentimenti umani con la sua propaganda e le sue bugie. Quando Ambasciatore dell’Azerbaijan parla di Khojaly e delle stragi della sua popolazione, non riesce a ricordare che gli abitanti di Khojaly sono state le vittime predestinate di una politica criminale interna tra le autorità azere e il Fronte Nazionale dell’Azerbaijan, un movimento ultra-nazionalista che all’epoca lottava per prendere il potere. I fatti di Khojaly rientravano nella strategia del Fronte Nazionale dell’Azerbaijan per rovesciare il presidente Ayaz Mutalibov e arrivare così al controllo del paese. Ciò fu confermato dallo stesso Presidente Mutalibov, un mese dopo le sue dimissioni, in un’intervista alla giornalista ceca Dana Mazalova, pubblicata dalla Nezavisimaya Gazeta.

E ci sono altre testimonianze di giornalisti ed ex funzionari. Come quella di Chingiz Mustafaev, un corrispondente che ha riportato una versione dissenziente dalla propaganda azera di regime e che in seguito è stato ucciso in circostanze misteriose. O la testimonianza di Tamerlan Karaev, l’allora presidente del Soviet Supremo della Repubblica azera, che ha dichiarato: “La tragedia fu opera delle autorità azere, in particolare di un alto funzionario” (Mukhalifat, quotidiano azero, 28 aprile 1992). In un’intervista al “Russian Mind” il 3 marzo 1992, l’allora sindaco di Khojaly Elman Mamedov, oggi membro del Parlamento azero, confermò l’esistenza del corridoio umanitario, dichiarando tra l’altro di averlo utilizzato in modo sicuro, assieme ad altri i civili, per fuggire dalla città. Fu lo stesso Heydar Aliev, ex leader e padre dell’attuale presidente azero, ad ammettere che «l’ex dirigenza dell’Azerbaijan è colpevole” per gli eventi Khojaly. Salvo poi, nel mese di aprile del 1992 secondo l’agenzia di stampa Bilik-Dunyasi Agency, esprimere un’idea di un cinismo allarmante: “Trarremo beneficio dallo spargimento di sangue. Non dobbiamo interferire col corso degli eventi “.

Molti sono ancora i fatti che potrebbero essere raccontati – e, per inciso, sto citando solo fonti azere – che vanno in direzione opposta all’attuale sprezzante propaganda azera a cui siamo stati abituati. Naturalmente è impossibile presentare in modo esaustivo tutto il materiale documentario all’interno di questa intervista. E, purtroppo, la propaganda ufficiale azera si adopera con ogni mezzo per incolpare degli eventi la parte armena e instillare così nuovo odio verso gli armeni nelle menti della sua generazione più giovane. Senza dimenticare che la diffusione di queste informazioni mendaci è stata un ulteriore tentativo per distogliere l’attenzione dalle atrocità che hanno perpetrate contro le popolazioni armeni nelle città azere di Baku, Sumgait, Kirovabad e altri luoghi ancora.

Domanda. Come vede la risoluzione del conflitto in Nagorno-Karabakh? Cosa può dirci a proposito?

S.E. Victoria Bagdassarian. Quando si parla del conflitto tra l’Azerbaijan e la Repubblica del Nagorno-Karabakh, in generale, e prima di considerare l’Azerbaijan come una vittima in quel conflitto, si deve ricordare che il Nagorno-Karabakh non ha mai fatto parte dell’Azerbaijan indipendente e che, nel momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica, si sono formati due soggetti indipendenti e legalmente uguali. Alla richiesta, pacifica e legittima, per l’auto-determinazione, l’Azerbaijan avviò pogrom e uccisioni sistematiche della popolazione armena, come ho detto prima, nelle città “tolleranti” di Baku, Kirovabad e Sumgait e scatenò un’offensiva militare contro la popolazione pacifica del Nagorno-Karabakh. Ancora oggi gli armeni del Nagorno-Karabakh stanno lottando per la loro esistenza e per il diritto a vivere liberamente sulla terra dei loro padri. Nel moderno e progredito Azerbaijan uccidere un armeno è una gloria e si viene incoraggiati e promossi ai più alti gradi militari. È stato il caso dell’ufficiale azero Ramil Safarov che decapitò con un’ascia nel sonno il collega armeno Gurgen Margaryan durante i corsi della Nato a Budapest. Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev non solo ha promosso quel criminale al rango di eroe nazionale ma gli anche corrisposto un altissimo premio in denaro.

Anche la guerra del 4 aprile 2016 è stata scatenata dall’Azerbaijan. L’offensiva azera è stata lanciata all’alba, con bombardamenti pesanti di insediamenti civili e villaggi, scuole e asili. Durante i bombardamenti uno studente è stato ucciso e un altro è stato ferito. A seguire c’è stato un attacco sovversivo e un intero plotone è penetrato nel villaggio di confine di Talish. Durante le diverse ore dell’occupazione del villaggio tre anziani, che non erano riusciti a fuggire, sono stati uccisi e i loro corpi mutilati. La fallita guerra lampo dell’Azerbaijan è stata caratterizzata da atrocità in stile ISIS, con decapitazioni e mutilazioni di cadaveri di soldati armeni. E anche questa volta coloro che hanno commesso siffatti crimini di guerra e crimini contro l’umanità sono stati promossi e premiati da Aliyev in persona. Come può quindi la popolazione del Nagorno-Karabakh fidarsi dell’Azerbaijan? È ormai chiaro che non è possibile un “ritorno al futuro”: è fuori da ogni logica presentare la causa del conflitto come una soluzione dello stesso.

Domanda. Secondo l’ambasciatore dell’Azerbaijan ci sono 4 risoluzioni ONU sul conflitto…

S.E. Victoria Bagdassarian. Vorrei ricordare all’ambasciatore Ahmadzada che le 4 risoluzioni ONU sul conflitto tra Azerbaijan e Nagorno-Karabakh sono state adottate in un determinato periodo di tempo e con lo scopo specifico di fermare la violenza. L’esigenza primaria e incondizionata di tutte e quattro le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione del Karabakh del 1993 era infatti la cessazione delle ostilità e delle attività militari. Ma, a causa dell’inadempienza dell’Azerbaijan al requisito principale (cessazione delle ostilità e delle attività militari), l’attuazione delle risoluzioni è stata resa impossibile. Inoltre è doveroso sottolineare che nessuna delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riferisce all’Armenia come parte del conflitto. L’Armenia è chiamata in causa solo “per continuare a esercitare la sua influenza ” sul Nagorno-Karabakh ed è quest’ultimo a essere riconosciuto come parte del conflitto, cosa che l’Azerbaijan continua pervicacemente a ignorare. L’Azerbaijan ha anche respinto un altro requisito delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul ripristino delle relazioni economiche, del sistema dei trasporti e dell’energia nella regione. Come se non bastasse, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU esortavano ad astenersi da qualsiasi azione che potesse ostacolare una soluzione pacifica del conflitto e di esercitare sforzi per risolvere il conflitto nel quadro del gruppo di Minsk. E che cosa ha fatto l’Azerbaijan? Assolutamente il contrario: dopo ogni risoluzione ha lanciato nuove attività militari su larga scala.

È perciò più che mai ridicolo che l’Azerbaijan continui a fare riferimento a quelle risoluzioni, quando è lo stesso governo di Baku a disattenderle.

Parlando alla risoluzione del conflitto, poi, l’ambasciatore azero minaccia di invocare l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, cioè minaccia il ricorso alla guerra, mentre, allo stesso tempo, parla di negoziati di pace nel quadro dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE. Direi che questo è un chiaro esempio della posizione distruttiva e della tattica ricattatoria dell’Azerbaijan. I copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE in una recente dichiarazione del 16 febbraio scorso hanno ancora una volta ribadito che “… non c’è alternativa ad una soluzione pacifica del conflitto e che la guerra non è un’opzione, e ha invitato le parti alla moderazione sul terreno, come pure nelle loro comunicazioni pubbliche e a preparare le loro popolazioni alla pace e non alla guerra. I copresidenti hanno anche sollecitato le parti a rispettare rigorosamente gli accordi di cessate il fuoco del 1994/95 che costituiscono il fondamento della cessazione delle ostilità “.

Io nutro una profonda speranza che il buon senso prevalga un giorno in Azerbaijan, anche se al momento i segnali provenienti da quel paese sono allarmanti e spaventosi.

Anche il nome del comune di Cave sarà inserito nell’elenco dei Giusti per gli Armeni

Solo pochi giorni fa abbiamo ricevuto la delibera del Consiglio Comunale di Cave con la quale, in occasione del centenario del genocidio armeno, si esprimeva all’unanimità solidarietà al popolo armeno.

La proposta di deliberazione era stata messa a votazione il 7 aprile 2016 e protocollata nel mese di maggio dello stesso anno.

Nel testo approvato all’unanimità si legge:

  • vista la richiesta del “Consiglio per la Comunità Armena di Roma” per un atto ufficiale di riconoscimento del genocidio del popolo armeno in occasione delle commemorazioni del centenario di tale tragedia;
  • considerato che tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla Sottocommissione per i diritti umani dell’ONU nel 1973 e 1986, dal Parlamento Europeo nel 1987, dal Parlamento Italiano (da tutti i gruppi parlamentari) in data 17 novembre 2000 e financo dalla stessa Corte Marziale ottomana nel 1919;
  • ricordato che il Tribunale Permanente dei Popoli ha riconosciuto fra l’altro che “lo sterminio delle popolazioni armene con la deportazione e il massacro costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della convenzione del 9/12/1948 per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio
  • tenuto conto che lo stesso Parlamento Europeo il 15 novembre 2000 ha approvato a larga maggioranza una risoluzione sulla relazione periodica 1999 della Commissione Europea sui progressi della Turchia verso l’adesione e che tale risoluzione affronta questioni che riguardano il popolo armeno in paragrafi significativi, invitando al riconoscimento del genocidio ai danni della minoranza armena commesso anteriormente alla nascita della moderna Repubblica Turca;
  • rilevato che il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;
  • riconosciuta la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno affinché tali tragedie della storia siano di monito soprattutto alle giovani generazioni;  “Grande Male”.

  Esprime la propria piena solidarietà al popolo armeno in occasione dell’anniversario del  “Grande Male”.

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Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime la propria gratitudine a tutti i membri del Consiglio comunale

ed a tutti coloro che si sono adoperati affinché la Memoria del genocidio del 1915 rimanga viva.

Grazie di cuore.

 

 

ROMA – 31 gennaio 2017 – “Concerti Specchi del tempo” con il Maestro George Pehlivanian

COMUNICATO STAMPA

Martedì 31 gennaio, alle ore 20.30, l’appuntamento al Costanzi è con la musica sinfonica. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma torna ad essere protagonista nel primo dei cinque “Concerti Specchi del tempo” della Stagione 2016/17. Anche quest’anno la suggestiva collocazione della buca al centro della sala garantisce al pubblico una straordinaria resa acustica e visiva. Per la prima volta salirà sul podio dell’Opera di Roma il Maestro George Pehlivanian, di origini armene, nato a Beirut ma americano di adozione. Ospite d’eccezione, anche lui al debutto al Costanzi, il violinista Nemanja Radulović, giovane talento serbo, classe 1985, che sta entusiasmando il mondo musicale con il suo virtuosismo.

Il programma della serata prevede l’esecuzione di tre brani, scritti da altrettanti compositori di epoche diverse: il Concerto per violino e orchestra Op. 35 di Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893); L’oiseau de feu (seconda suite) di Igor Stravinskij (1882-1971); infine, in prima italiana, la Sinfonia n.3 di Stepan Rostomyan (1956), per ensemble e nastro magnetico scritta nel 1989, che riflette la sintesi tra la tradizione europea e quella orientale, tipica del compositore armeno. Ai suoni degli strumenti si uniscono infatti quelli (registrati) di antichi canti cristiani della Chiesa Armena.

Anche quest’anno, quindi, viene riproposta la serie di concerti “Specchi del tempo”, con una nuova programmazione che andrà da Mozart ai nostri giorni. La formula però rimane la stessa, anche perché è stata accolta con molto successo dal pubblico nella scorsa stagione. Accostare nella stessa serata mondi e linguaggi diversi significa metterli in comunicazione, rivelare i punti di contatto o la discontinuità di una ricerca sul “suono” che si è andata sviluppando dal Settecento al nostro secolo XXI. I programmi di ogni concerto si riflettono in immagini diverse, e allo stesso tempo costituiscono per il pubblico l’occasione di una “riflessione” sulla pluralità del linguaggio musicale.

Ciascun programma sarà introdotto dal filosofo e musicologo Stefano Catucci.

Dopo il primo concerto di martedì 31 gennaio, la programmazione proseguirà fino a giugno 2017: venerdì 17 febbraio (20.30) Brahms / Šostakovič / Ives, direttore il Maestro Ingo Metzmacher, violoncello Narek Hakhnazaryan; domenica 12 marzo (ore 18) Čajkovskij / Haydn / Bowie / Sollima, direttore e violoncello solista Giovanni Sollima; giovedì 4 maggio (ore 20.30) Beethoven / Prokof’ev, direttore il Maestro Daniel Smith, violino Vincenzo Bolognese, voce recitante Toni Servillo; giovedì 1 giugno Mozart / Ravel / Widmann, direttore il Maestro Peter Rundel, clarinetto Jörg Widmann.

Il costo dei biglietti per singolo concerto è di euro 20, per i giovani euro 10. È possibile sottoscrivere un abbonamento ai cinque concerti al costo di euro 90, per i giovani euro 45.

Per informazioni: operaroma.it

La ricerca di nuovi Giusti continua. Di Victoria Baghdassarian (Gariwo 30.01.17)

Pubblichiamo di seguito il discorso di Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia, al convegno “Dalla memoria della Shoah ai Giusti del nostro tempo” tenutosi alla Camera dei deputati il 26 gennaio 2017

Cari amici, sono lieta di essere qui, alla vigilia delle commemorazioni per la Giornata della Memoria, e di condividere con tutti voi l’importanza dei Giusti. Ringrazio la Vice Presidente della Camera Marina Sereni per l’ospitalità. Ringrazio gli organizzatori dell’evento, l’Onorevole Milena Santerini e Gabriele Nissim per Gariwo. Saluto la Presidente Noemi Di Segni dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane e tutti gli altri relatori.

Oggi siamo qui per ricordare e siamo qui per tramandare. Non è facile né l’una né l’altra cosa. Ci affidiamo perciò a quegli uomini di buona volontà che hanno fatto delle scelte “nonostante tutto”, i Giusti, coloro che nel corso della storia, di fronte a genocidi e omicidi di massa hanno difeso la dignità umana e salvato vite a rischio della propria.

Dal 1962, anno in cui fu istituita in Israele la Commissione per il conferimento dell’onorificenza di Giusto tra le Nazioni, sono più di 26.000 i Giusti tra le Nazioni onorati dallo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah.

E questo vuol dire che sono più di 26.000 le storie che dobbiamo preservare e raccontare. Come quella di Giorgio Perlasca che a Budapest si finse un diplomatico spagnolo riuscendo così a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ungheresi di religione ebraica. O quella di Gino Bartali che trasportò, all’interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità. Altre storie possiamo trovare a Gerusalemme: qui, tra gli alberi del Monte della Rimembranza e il Muro d’Onore del Memoriale, ci sono i nomi di quegli armeni che durante l’Olocausto salvarono ebrei, meritando così il titolo di “giusti tra le nazioni”.

Il Parlamento Europeo già nel 2012, con il suo sostegno all’istituzione della Giornata europea in memoria dei Giusti, prendeva l’impegno solenne di ricordare il 6 marzo di ogni anno quanti si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e contro i totalitarismi.

La proposta di legge dell’Onorevole Santerini, dell’Onorevole Fiano e di altri ancora, per l’Istituzione della Giornata in memoria dei Giusti dell’umanità, è il prosieguo dell’impegno europeo. Non è un semplice atto amministrativo ma – come ha scritto Gabriele Nissim in un bellissimo articolo – una libera scelta. Ogni singolo può, attuando una libera scelta, opporsi alla barbarie collettiva.

Abbiamo bisogno dei Giusti per imparare dal loro esempio, dalle loro azioni ad affrontare temi come l’immigrazione, i terrorismi, le guerre, le derive estremiste, i nazionalismi. Abbiamo bisogno dei Giusti per evitare che si ripetano i crimini contro l’umanità.
Credo, e da armena lo credo ancora di più, che questo sia lo scopo di tutti i nostri sforzi.

Della Presidente Di Segni che domenica ha organizzato la RUN FOR MEM – la maratona attraverso i luoghi della memoria; dell’Onorevole Santerini che sostiene lo strumento legislativo come mezzo di sensibilizzazione; di Gabriele Nissim e di Pietro Kuciukian che con Gariwo fanno in modo che nei giardini non crescano solo alberi ma esseri umani coscienti; di Françoise Kankindi che non è mai stanca di raccontare dei tragici fatti del Rwanda.

Dalla sua indipendenza l’Armenia si impegna strenuamente in una politica di prevenzione dei genocidi, di lotta contro i crimini contro l’umanità, promuove mozioni e organizza forum a livello internazionale. Lo ha fatto nel 2013 alla sua prima presidenza del comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, dichiarando tra le sue priorità la lotta al razzismo e alla xenofobia.

È su iniziativa armena che nel Marzo del 2015 a Ginevra il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, ha adottato la risoluzione sulla Prevenzione del genocidio. È grazie a questa risoluzione che la proposta di istituire il 9 dicembre (data dell’adozione della Convenzione della “Prevenzione del crimine del genocidio”) come il giorno della commemorazione delle vittime del genocidio è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Lo fa quotidianamente nelle scuole: come riporta l’UNESCO, l’Armenia è infatti l’unico Paese dell’area in cui i programmi scolastici prevedono l’insegnamento dell’Olocausto.

Lo ha fatto ancora nel 2015 quando l’Armenian Genocide Centennial – che ha coordinato gli eventi commemorativi del centenario del genocidio degli armeni in tutto il mondo – ha sottolineato l’importanza della gratitudine, del riconoscere il profondo valore morale di chi ha salvato una, decine, centinaia o migliaia di vite umane. Perché, voglio ribadirlo con forza, ricordare il bene ricevuto, è un atto di prevenzione.

L’Armenia è grata a tutti i curdi e i turchi che segretamente salvarono i loro vicini armeni. È grata agli arabi e agli ebrei che diedero rifugio a coloro che riuscirono a sopravvivere alle marce della morte verso la Mesopotamia, così come ai russi, agli americani e agli europei che accolsero e si presero cura degli orfani armeni. È grata ai religiosi, ai missionari, ai diplomatici, alle personalità pubbliche e a quelle nazioni che hanno partecipato agli sforzi umanitari. È grata agli studiosi, ai ricercatori, agli intellettuali in genere che hanno impiegato – e proseguono a farlo – le loro forze per fare luce su un crimine commesso più di cento anni fa.

E sulla gratitudine di tutti gli armeni – in patria come in diaspora – si basa anche l’azione dell’Aurora Humanitarian Initiative – l’iniziativa umanitaria nata nel 2015 e ispirata ad Aurora Mardiganian sopravvissuta al genocido armeno – il cui board è costantemente impegnato a condividere le storie dei sopravvissuti e dei salvatori e di celebrare la forza dello spirito umano. Tra le loro attività vorrei ricordare l’Aurora Prize for Awakening Humanity che premia quell’individuo le cui azioni hanno avuto un impatto eccezionale nel preservare la vita umana e nel promuovere cause umanitarie.

Ogni anno viene assegnata – tra centinaia di candidature presentate – una donazione di 100.000 dollari a nome dei sopravvissuti del genocidio armeno. Il premiato ha a sua volta l’opportunità di nominare un’organizzazione che possa beneficiare di un ulteriore premio di 1.000.000 di dollari. Nell’aprile 2016 a Yerevan, alla presenza di George Clooney – che, con i premi nobel Oscar Arias, Shirin Ebadi, Leymah Gbowee, l’ex presidente dell’Irlanda Mary Robinson, l’attivista per i diritti umani Hina Jilani, l’ex primo ministro australiano e presidente emerito dell’International Crisis Group Gareth Evans, l’ex presidente del Messico Ernesto Zedillo, il presidente della Carnegie Corporation of New York Vartan Gregorian e il compianto Elie Wiesel, fa parte del comitato di selezione – c’è stata la prima vera cerimonia ufficiale di assegnazione dell’Aurora Prize a Marguerite Barankitse “per aver salvato migliaia di vite ed essersi presa cura di orfani e rifugiati durante la guerra civile in Burundi”.

Per il 2017 sono state presentate 558 candidature da 66 diverse nazioni.

La ricerca di nuovi salvatori, di nuovi Giusti da ricordare, continua.

Abbiamo bisogno di altri Fridtjof Nansen e Henry Morgenthau come durante il genocidio degli armeni. O di altri Irena Sendler e Raoul Wallenberg come durante la Shoah. O di un nuovo Paul Rusesabagina come durante il genocidio ruandese. O di un nuovo Van Chhuon durante il geocidio cambogiano.

E che dire di un altro Ambasciatore Barbarani – qui presente e che saluto – che tanto fece durante la dittatura in Cile?

Grazie a tutti e buon lavoro.

Analisi di Victoria Bagdassarian – Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia

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