NAPOLI – 29 nov 2015 – SPETTACOLO TEATRALE – Ricordi del Mussa Dagh

RASSSEGNA TEATRALE
AD EST DEL MONDO
TEATRI E STORIE DA ORIZZONTI VICINI

Primo spettacolo
RICORDI DEL MUSSA DAGH
Liberamente tratto dal romanzo “I quaranta giorni del Mussa Dagh”
di Franz Werfel

Adattamento di Armando Rotondi
con Vincenzo Liguori
Luci e fonica: Enrico Scudiero
Organizzazione: Stefano Russo
Produzione: Associazione I.D.E.A.,
con la collaborazione di “DieciLune – Festival dell’Autore”

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 – ORE 18
TEATRO IL PRIMO, VIALE DEL CAPRICORNO 4, NAPOLI

CON IL PATROCINIO DI
Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia
Consiglio della Comunità Armena (Roma)
Forum Austriaco di Cultura di Roma
Goethe-Institut Napoli

NELL’AMBITO DELLE MANIFESTAZIONI PER
IL CENTENARIO DEL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI
FRANZ WERFEL

Info e contatti:
biglietto intero €12 – ridotto under26/over65 €10
Info e prenotazioni:
Teatro il Primo – Email: segreteria@teatroilprimo.it – Mobile: 342 8306707
Associazione I.D.E.A. – Telefono: 081.1935654 – Mobile: 333 7186802

Flyer mussa dagh DEFINITIVO 5.0-001

Lo spettacolo: RICORDI DEL MUSSA DAGH
Basato sul romanzo capolavoro di Franz Werfel, lo spettacolo illustra il piano turco di deportazione e sterminio della popolazione cristiana armena realizzata da turchi e curdi nel 1915 e di come un gruppo di sette villaggi armeni situati alla base del monte Mussa Dagh, circa 5000 persone, decidessero di opporsi con le armi allo sterminio e di come riuscirono, asserragliati sul monte, a resistere agli assalti turchi per 40 giorni prima di essere salvati da una nave da guerra francese, che, casualmente, transitava per il golfo di
Antiochia.
Vincenzo Liguori darà vita e voce al protagonista Gabriele nella sua presa di coscienza e di ricsoperta delle sue radici, sino al lottare senza tregua per il suo popolo, e a due protagonisti della Storia: Giovanni Lepsius ed Enver Pascià.

L’autore del romanzo: Franz Werfel
Appartenente alla corrente espressionistica fin dagli anni immediatamente antecedenti la prima guerra mondiale, Franz Werfel esordì con dei volumi di liriche, L’amico del mondo del 1911 e Noi siamo del 1913. Allo scoppio del conflitto mondiale, nonostante la sua indole votata al pacifismo, si arruolò nell’esercito austriaco per combattere sul fronte russo e servire in mansioni di ufficio stampa. Successivamente, terminata la guerra, si trasferì a Vienna e quindi, con l’Anschluss, in Francia. Nel timore di una espansione del nazismo, scelse – all’inizio della seconda guerra mondiale – di trasferirsi definitivamente in Stati Uniti, dove visse fino alla morte. Contemporaneo e collega di altri intellettuali ebrei e autori come Franz Kafka, Max Brod e Martin Buber, si sposò nel 1929 con Alma Schindler, vedova del compositore Gustav Mahler, che per lui divorziò dall’architetto Walter Gropius. La fama letteraria gli venne nel 1933 con la pubblicazione de I quaranta giorni del Mussa Dagh, vero e proprio racconto epico della resistenza armena e del genocidio di quel popolo ad opera dei Turchi.

L’adattatore: Armando Rotondi
Armando Rotondi insegna all’Università di Napoli “L’Orientale” e all’Università di Verona. Laureato presso l’Università di Napoli “Federico II” e l’Università di Roma “La Sapienza”, ha conseguito il Ph.D. presso l’University of Strathclyde (Glasgow), dove ha insegnato Italian Studies, Italian Cinema e Aspects of Cinema. Ha insegnato presso la “Federico II” e la Nicolaus Copernicus University di Torun (Polonia) e svolto attività di ricerca presso l’Università di Bucarest e l’Istituto Romeno di Cultura. Perfezionatosi inletteratura, teatro e cinema in Italia, Gran Bretagna, Germania, Romania, Polonia e Svizzera, è stato, fra l’altro, consulente per Can’t pay? Won’t pay! di Dario Fo per la regia di Maggie Hall (Glasgow International Comedy Festival 2009) e traduttore dall’inglese al napoletano di Monaciello di Megan Barker, prodotto da Tron Theatre (Glasgow) per la regia di Andy Arnold e presentato al Napoli Teatro Festival Italia 2009.

L’attore protagonista: Vincenzo Liguori
Vincenzo Liguori è attore, regista e organizzatore teatrale. Si è formato con artisti quali Orlando Cinque (lavorando sul Pellicano di August Strindberg) e altri. Attore versatile, è particolarmente attivo nella scena indipendente e sperimentale.

La rassegna: “Ad Est del Mondo – Teatri e Storie da Orizzonti Vicini”
La rassegna vuole portare in scena, attraverso reading artistici e monologhi, storie dai possibili “Est” del mondo (non solo geografico), focalizzando l’attenzione sul conbflitto tra Occidente e Oriente, memoria e oblia, passato e contemporaneo.

ROMA – 21 nov 2015 – Presentazione ufficiale dell’opera documentale “LA QUESTIONE ARMENA”

PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE

La S.V. è cordialmente invitata alla presentazione ufficiale dell’opera documentale “LA QUESTIONE ARMENA” A cura di Georges-Henri Ruyssen, SJ,
che si terrà sabato 21 novembre 2015 alle ore 16:30 presso il Pontificio Istituto Orientale.

PROGRAMMA

Sabato 21 Novembre 2015, ore 16.30

Presentazione ufficiale dell’opera documentale
“LA QUESTIONE ARMENA”

A cura di
Georges-Henri Ruyssen, SJ
Una coedizione Edizioni Orientalia Christiana & Valore Italiano™ Lilamé™

Indirizzo di saluto del Rettore del Pontificio Istituto Orientale
R. P. David E. Nazar, SJ

Presiede
R. P. Cesare Giraudo, SJ

Intervengono
S. E. R. Mons. Boghos Levon Zekiyan
Arcivescovo di Istanbul degli Armeni

S. E. R. Mons. Cyril Vasil’, SJ
Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali

Prof. Andrea Riccardi
Fondatore della Comunità di Sant’Egidio

S. E. Sign. Mikayel Minasyan
Ambasciatore della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede e lo SMOM

R. P. Georges-Henri Ruyssen, SJ
Curatore dell’opera

Dr. Mario Pirolli
Editore di Valore Italiano™ – Lilamé™

R. P. Dertad Bazikyan
Intermezzo musicale

Seguirà rinfresco

Il curatore dell’opera, Georges-Henri Ruyssen SJ, è un gesuita belga, nato nel 1967, insegna al Pontificio Istituto Orientale (Roma) e al Centre Sèvres, Facultés Jésuites (Parigi).
Ha curato La Questione Armena Vol. I, 1894-1896, Documenti dell’Archivio Segreto Vaticano (ASV); Vol. II, 1894-1896, Documenti dell’Archivio della Congregazione per le Chiese orientali (ACO); Vol. III, 1908-1925, Documenti dell’Archivio della Congregazione per le Chiese orientali (ACO); Vol. IV, V e VI 1908-1925, Documenti dell’Archivio Segreto Vaticano (ASV) & dell’Archivio Storico della Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati (SS.RR.SS. ). Edizioni Orientalia Christiana – Valore Italiano Lilamé,

Uscito in Italia il nuovo cd Tigran Hamasyan “Luys i Luso” musica religiosa armena

http://player.ecmrecords.com/hamasyan-2447

Tigran Hamasyan
Luys i Luso
Yerevan State Chamber Choir

Tigran Hamasyan: piano, prepared piano
Yerevan State Chamber Choir
Harutyan Topikyan: conductor

ECM 2447 CD 06025 473 2383 (5) Release: September 2015

Luys i Luso – “Light from Light” – is Tigran Hamasyan’s first ECM album, a spellbinding exploration of Armenian sacred music, featuring the prodigiously gifted pianist with the Yerevan State Chamber Choir. Repertoire includes Armenian hymns, sharakans and cantos from the 5th to the 20th century, all newly arranged for voices and improvising pianist by Hamasyan himself. The album was recorded in Yerevan last October, and produced by Manfred Eicher.

Tigran Hamasayan has long been deeply interested in Armenian sacred music, increasingly drawn to its “incredibly beautiful melodies… Over the years the idea to do an entire album with Armenian sacred music had been building and growing in my mind. About two and a half years ago I began to work on the first arrangements.” Ideas about repertoire have evolved along the way. “At one point I thought about doing an album devoted to Mesrop Mashtots, the 5th century saint, composer and linguist. But the working process led me to think more broadly about it, and I decided that the album should be of mixed repertoire. So Mashtots is in there, along with Nerses Shnorhali, Grigor Narekatsi, Grigor Pahlavuni, Mkhitar Ayrivanetsi and Komitas.” These are some of the outstanding figures of Armenian music history.

Hamasyan is fascinated by the idea of Armenian sacred music as living tradition: “At its high point, everybody was singing it differently. There are a lot of places in the music open for interpretation. Nerses Shnorhali actually wrote about this in the 12th century. Letters were being exchanged between the Byzantine government and religious patriarchs, talking about the high level of Byzantine and Armenian sacred music, and comparing the different schools. And Shnorhali wrote that singers could sometimes improvise, based on the mode and where they were reaching in the melody. This is phenomenal – it’s evidence that this music had improvisation in it. And for me it’s a direct encouragement for improvisational interpretation.”

The fresh and invigorating arrangements permit a maximum of improvisational freedom for Hamasyan as soloist (“I’m playing completely different things every time we perform this music”), but to be “free” inside the material, he notes, one has to understand its special demands and idiosyncrasies.

“When I thought of the collaboration with choir I was originally looking for singers who didn’t have trained classical voices, and I especially wanted to avoid the operatic conservatory voices. It is really hard to find singers who sing naturally without a vibrato. At the same time I needed disciplined singers who could execute, for instance, quarter-tones and really sing the melodies in the right way – the way the priest might sing them. It was a big challenge and the arrangements got changed and revised in the process of learning and experiencing this material. Working with the rhythms was complicated for the choir. For instance in ‘Ov Zarmanali’ [written by Grigor Pahlavuni] they are singing chords in 13/16 and I’m improvising on it – not only do they have to keep the metre going and be very precise, but they have to accompany a soloist, with everything that’s going on in my solos, as well as all the metric modulation. So it’s challenging.”

In preparation for the project, Hamasyan also travelled to Paris to study with singer/scholar Aram Kerovpyan. Born and raised in Istanbul, Kerovpyan had moved at 25 to France where he devoted his life to Armenian sacred music. “To me, Aram is closer to the roots than many others,” says Tigran. “His singing is closer to the old Armenian ways. In Armenia, after the Soviet Union and almost a hundred years of atheism, a lot of things have been, I don’t want to say forgotten, but haven’t developed greatly. The music was in the shadow. Only a few singers were keeping it authentic, especially after people started going to the conservatory and being influenced by Russian classical music and European music – and this was beginning to happen even in Komitas’s time. I feel that Aram didn’t experience this influence, and has kept alive traditional ways of singing, rather than singing with a classical manner.”

The recording of the album took place in Yerevan’s Argo Studio. Tigran describes it as a “Traditional-Armenia-meets-ECM experience”: “It was very concentrated work, which I think brought out the best in all of us. Then, on the last day of recording, we had a power cut, and all the lights went out for four hours. So we took a little trip to a nearby 16th century church, and some members of the choir sang there. It was like God was telling us, ‘If you are recording sacred music you need to get to a church at least once before the recording is over.’ It was a strong experience. While there we took a few photos of the façade of the church, which was incredible, with its crazy, detailed ornaments. A few of these pictures made it into the CD booklet.”

2015 is, of course, the centenary of the Armenian genocide. Has this played a role in choosing to do the Luys i Luso project now?

“Even if it was not the anniversary, this project was going to happen. I’ve been listening to this music since I was 14 and the preparation for this album just happened to begin a couple of years ago. But it is important for us to be taking this music on a pilgrimage from Zvartnots, and the ruins of the of the 7th century temple there, to Istanbul. We’re going to the Cilician kingdom where Shnorhali lived and created so much music and was the patriarch of all Armenians. We’re going to Narekatsi’s birthplace. Unfortunately, the Narekavank monastery no longer exists, but we will play and sing close by. We are returning this music to its roots, in some cases to places that are like ghost towns, and where the monasteries and the forts where kings once lived are now ruins. With the music we would like to bring life back to the places where it was born. I personally feel it is a matter of saying ‘Thank you’ to those great authors, composers and saints who lived at that time, and I am glad that we are still able to perform their music today.”

Live performances presenting the music of Luys i Luso began in March 2015 with a premiere in Yerevan, continuing with concerts in Georgia, Turkey, Lebanon, France, Belgium, Switzerland, the Czech Republic, England, Ireland, Germany, Luxembourg, Russia and the United States. In total, a hundred concerts. A documentary film of the tour is in preparation.

For more information: http://www.luysiluso.com
*

Tigran Hamasyan was born in Armenia in 1987, before relocating with his family to Los Angeles in 2003. He currently lives in Yerevan, Armenia. He began playing piano at the age of three, and started performing in festivals and competitions when he was 11 years old, winning the Montreux Jazz Festival’s piano competition in 2003. He released his debut album at the age of 18 in 2006. That same year he won the Thelonious Monk International Jazz Piano Competition, and the jazz world took note in earnest. Since then, Tigran’s live performances and albums have received the enthusiastic endorsement of leading jazz musicians including Chick Corea, Herbie Hancock and Brad Mehldau.

Press reactions have also been very positive. As the Daily Telegraph observed, “There are many brilliant and perfectly finished young jazz pianists around but Hamasyan stands out because he has something important and urgent to say.”

In 2016, ECM will issue a further album with improvisations around Armenian themes, on which Tigran Hamsayan appears alongside Arve Henriksen (trumpet), Eivind Aarset (guitars) and Jan Bang (electronics).

SPECIALE sull’Armenia al KILIMANGIARO (RAI3)

Domenica 25 ottobre alle ore 17.00 su Rai 3

all’interno del programma Kilimangiaro è andato in onda

lo Speciale sull’Armenia

curato dalla giornalista Veronica Suriano.

Lo speciale è visibile dal minuto 1:56 al link seguente

www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-cb639a27-dd15-4bd6-9b8a-1d4daf4628a0.html#p=0

Attivazione servizio di rimesse verso l’Armenia

Dalla data del 20 ottobre 2015, presso tutti gli sportelli della Banca Popolare di Sondrio (www.popso.it) è stato attivato un nuovo servizio di rimesse bancarie verso l’Armenia, grazie ad un accordo siglato con Araratbank, primario istituto di credito del Paese.

Il servizio è competitivo rispetto alla concorrenza, rappresentata da soluzioni internazionali di money transfer. Il costo “all inclusive” per il cliente ordinante è compreso tra € 8,00 e € 14,00 a seconda dell’importo trasferito comprendente tutte le commissioni previste per il trasferimento, sia quelle di nostra spettanza, sia quelle della banca estera: in tal modo, il beneficiario riceverà esattamente l’importo inviato, senza alcuna decurtazione.

Per maggiori info CLICCA QUI

Sezione speciale di “La Stampa” dedicato al Genocidio Armeno nell’anno del Centenario

Nell’anno del Centenario del Genocidio  perpetrato a danno della minoranza armena in Anatolia nel 1915 ad opera del Governo Turco di allora il quotidiano “La Stampa” ha dedicato una sezione speciale dove sono state raccolte tutti gli arlticoli pubblicati inerenti la questione armena inclusi quelli dell’archivio storico dove sono state riprodotte articoli pubblicati dal quotidiano nell’anno del genocidio del 1915.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma non può che apprezzare tale gesto esprimendo gratitudine alla redazione di “La Stampa” e a  tutti coloro che direttamente o indirettamente  fanno contribuito alla diffusione della verità storica.

Per accedere alla sezione speciale sul genocidio armeno di “La Stampa” Clicca QUI

Nominato il nuovo Rettore del Pontificio Collegio Armeno

Giovedì 29 ottobre 2015

Sua Beatitudine Gregorio Pietro XX
Catholicos Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici,

 ha nominato
Rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma e Procuratore Patriarcale presso la Santa Sede

Il Rev. P. Nareg Naamo

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Al nuovo Rettore i nostri migliori auguri di proficuo lavoro.

L’Abruzzo riconosce il genocidio (negato dai turchi) degli armeni (Ansa 27.10.15)

(ANSA) – L’AQUILA, 27 OTT – Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità una risoluzione di solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del genocidio del 1915 a opera delle forze ottomane.”Oggi abbiamo scritto una bella pagina nella piccola storia politica della nostra Regione”, ha dichiarato il proponente della risoluzione, il consigliere del Partito democratico Luciano Monticelli. In quell’occasione, più di un milione di uomini, donne, bambini e anziani furono coinvolti in un’operazione di pulizia etnica che portò alla morte centinaia di migliaia di persone, e costituì il primo grande massacro di civili della storia del Novecento. Con questo atto, la Regione Abruzzo si aggiunge ad altre italiane come Toscana, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia che, in occasione del centenario, hanno voluto prendere apertamente posizione su quest’evento. “Raggiungere l’unanimità su una questione così importante e in apparenza così distante dalle nostre preoccupazioni quotidiane è un grande segno di maturità politica da parte di questa assemblea”, ha concluso Monticelli. Continua


 

“Genocidio del popolo armeno”
RISOLUZIONE
IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO
“Genocidio del popolo armeno”

Visto
Che ricorre il centenario del genocidio del popolo armeno;
che la comunità armena di Roma ha richiesto a tutte le istituzioni un atto ufficiale di riconoscimento del genocidio del popolo armeno in occasione delle commemorazioni del centenario di tale tragedia;

Considerato che
È meritevole sensibilizzare la cittadinanza sul genocidio del popolo Armeno avvenuto nel 1915 ad opera del governo Turco dell’epoca. Nel corso di questa autentica operazione di pulizia etnica un milione e mezzo di uomini,donne, bambini ed anziani furono deportati massacrati per il solo fatto di appartenere ad una minoranza di razza, religione e cultura diverse da quella Turca;
Il genocidio armeno fu precursore di quello purtroppo ben più famoso dell’olocausto ebraico ma fu coperto da una immensa coltre di silenzio e di indifferenza da parte delle potenze occidentali. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale il coraggio e la dedizione di alcuni intellettuali di origine Armena hanno permesso di iniziare a far luce su una delle più grandi tragedie del xx secolo;
Ancora oggi il genocidio Armeno viene negato ufficialmente dal governo Turco e rimane uno degli ostacoli principali all’ingresso della Turchia nella UE;
Attestati di solidarietà e mozioni di riconoscimento del genocidio Armeno sono stati approvati in molti comuni e Regioni Italiane;
tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla Commissione per i crimini di guerra dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) nel 1948, dalla Sottocommissione per la promozione e la protezione dei diritti umani dell’ONU (1985 e 1986), dal Parlamento europeo nel 1987 e nel 2000, dal Parlamento italiano (da tutti i gruppi parlamentari) in data 17 novembre 2000 e finanche dalla stessa Corte marziale ottomana nel 1919;

Ricordato che

il Tribunale permanente dei popoli ha riconosciuto, fra l’altro, che “lo sterminio delle popolazioni armene, con la deportazione e il massacro, costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della convenzione del 9/12/1948 per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio”;
Considerato che,
recentemente, il Primo ministro del Governo turco ha offerto le sue condoglianze “ai nipoti degli armeni uccisi nel 1915” ed auspicato che “gli Armeni che hanno perso la vita nelle circostanze dell’inizio del xx secolo riposino in pace”;

Rilevato che
il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini, in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;

Riconosciuta
la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno, affinché tali tragedie della storia siano di monito, soprattutto alle giovani generazioni;

IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO

ESPRIME
la propria piena solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del “Grande Male” e nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.
DISPONE
la più ampia diffusione della presente risoluzione affinché, l’intera cittadinanza abruzzese sia partecipe del sentimento di solidarietà verso il popolo armeno;
di comunicare il presente atto al Consiglio per la comunità armena di Roma, affinché la Direzione del memoriale del genocidio della capitale armena Yerevan inserisca il Consiglio regionale dell’ Abruzzo nella lista dei “Giusti” per la Memoria del Metz Yeghern (il Grande Male), insieme a tutte le altre istituzioni che hanno adottato simili risoluzioni.

L’arte al servizio della Storia. Il GRANDE MALE – recensione

Dai Giovani Turchi dell’Impero Ottomano, anno 1915, alla Repubblica di Weimar, anno 1921; dalla cinica opportunità data dalla Prima Grande Guerra di eliminare un problema politico (l’alleanza tra Armenia e la nemica Russia) all’ultimo barlume di democrazia di un’intera era storica: è un fil rouge contraddittorio, quello che avvolge e caratterizza il Novecento come età di Vita e Morte. Epoca della rivoluzione tecnologica, sanitaria e alimentare, ma anche del dolore e dell’ignavia, nel XIX secolo trovano un accostamento solo apparentemente paradossale l’inaudita esplosione demografica (che portò da uno a quasi cinque miliardi la popolazione mondiale) e la miscela di darwinismo sociale, nazionalismo e totalitarismo dei Genocidi di Stato.

Riferito con ovvietà all’Olocausto degli Ebrei, il termine (Genocidio) non è, purtroppo, di esclusiva competenza del popolo ebraico, non il primo, l’unico o l’ultimo a essere oggetto di sterminio effettuato con metolodogia scientifica, razzista e ideologica. Era il 15 marzo 1921 quando, a Berlino, lo studente armeno Soghomon Tehlirian freddò lucidamente Taalat Pasha, ex Ministro degli Esteri turco, condannato dal Tribunale Rivoluzionario Armeno come responsabile della pulizia su base etnica del popolo armeno (pur nella controversia delle cifre, si contano oltre un milione di vittime): senza voler tornare all’annientamento dei popoli americani da parte di europei latini e anglosassoni e senza alcun forzatura, sarà lo stesso video in scena della dichiarazione di invasione della Polonia del 1939 di Hitler («Chi mai si ricorda oggi dei massacri degli armeni?») a ricordarci come le disperate marce della morte naziste (che, a conflitto ormai segnato, portarono al massacro prigionieri dei campi di concentramento) trovino un diretto antesignano nelle stragi degli armeni, nell’ordine dato dai Giovani Turchi di deportazione di oltre un milione di persone con la conseguente morte di migliaia di essi per malattia, fame o deperimento,

Il rischio di un taglio scontato e banale del tema centrale dello spettacolo, «la ricostruzione documentata di molteplici aneddoti che vanno a formare un chiaro quadro del contesto politico nel quale il progetto genocidiaro venne messo in atto» nei confronti degli armeni a opera dei turchi del 1915, viene complessivamente superato con merito, grazie a un allestimento chiaro nella sua cruda esposizione, a tratti barocco nella restituzione visiva (funzionale per gestire i cambi di scena) e non sempre efficace nel complicare con coerenza drammaturgica l’intreccio narrativo con la ricercata complessità di visione.

La regia e il testo di Sargis Galstyan non deludono, però, le aspettative, teatralizzando in modo lineare e coinvolgente le intricate e drammatiche vicende storiche, il «vortice di informazioni documentate che guidano lo spettatore nel dramma degli avvenimenti di quegli anni», nonostante alcuni personaggi risultino troppo caratterizzati per interpretare i diversi protagonisti della vicenda, come nel caso di Stefano Ambrogi nel doppio ruolo del carnefice (Taalat) e di convinto avvocato difensore di quello stesso Tehlirian che il tribunale tedesco decise clamorosamente di assolvere per onestà morale.

Senza voler approfondire la trama, tratta da una storia vera assolutamente incredibile, Il grande male è, dunque, la rappresentazione di un’etica manichea perché non ipocrita, che non cela dietro alcun buonismo le responsabilità storiche (come quelle della Germania), uno spettacolo che il regista Sargis Galstyan riesce a calibrare, approfondendo – al netto di una recitazione, probabilmente, dall’eccessiva enfasi retorica – i vari aspetti della vicenda attraverso la successione documentata, vivida e reale dei nomi, delle immagini e dei personaggi. Le video-scenografie tecnologiche, contribuendo attivamente alla costruzione della vicenda, assumono un interessante protagonismo, dando a Il grande male lo spessore di un’opera profondamente tragica nel e con la quale dar voce alle vittime e giusta consistenza al passato, affinché quest’ultimo possa, per il presente, costituire l’urgente e indispensabile monito a interrogarsi sulle responsabili di azioni che, ancora oggi (e a venire), chiedono giustizia. Continua…

Novità in Libreria : “Sansur: censura, giornalismo in Turchia”

La Turchia ci viene presentata come un paese democratico, modello per l’intera area mediorientale, e da anni se ne discute l’ingresso nell’Unione Europea. Nessuno rac¬conta che è uno dei paesi al mondo col più alto numero di giornalisti in carcere, colpevoli di svelare verità scomode della storia e dell’attualità politica turche.
Un filo invisibile lega le vite raccontate in questo libro. Si tratta di giornalisti, uomini e donne appassionati del proprio mestiere, impegnati a raccontare con professionalità la verità dei fatti e per tal motivo indagati e imprigionati, alcuni addirittura uccisi, in passato. Tutto questo accade in Turchia, paese del Mediterraneo, paese democratico, paese di cui da anni si discute il possibile ingresso nell’Unione Europea.
Marco Cesario ha vissuto a Istanbul, ne ha subito il fascino, i mercati di spezie, i gabbiani in volo sul Bosforo, e ne ha conosciuto le difficoltà e i timori di svolgervi un’inchiesta. Ha incontrato quei giornalisti, i loro colleghi, i loro familiari e attraverso quelle conversazioni, a volte a forti tinte intimiste, riavvolge quel filo narrandoci le loro vite distrutte dalle censure e dagli abusi di potere subiti. Così quel filo diviene testimone del passato e del presente della Turchia, ne svela le atmosfere e le contraddizioni, la cultura e le zone d’ombra. La volontà di svelarle per contribuire alla coscienza civile del proprio paese può condurre un giornalista in carcere, all’esilio o alla morte?
Questo è accaduto ad Ahmet Şık, in carcere per oltre un anno per aver scritto un libro confiscato ancor prima di esser stampato (e di cui qui pubblichiamo alcuni stralci inediti), a Dogan Özgüden, costretto alla fuga clandestina quarant’anni fa e tuttora oggetto di minacce ed intimidazioni nel suo esilio a Bruxelles, a Zeynep Kuray, imprigionata per aver raccontato la guerra di cui è vittima la minoranza curda, a Hrant Dink, ucciso per aver affrontato il tema del genocidio degli armeni, e a molti altri ancora.  Continua