Sezione speciale di “La Stampa” dedicato al Genocidio Armeno nell’anno del Centenario

Nell’anno del Centenario del Genocidio  perpetrato a danno della minoranza armena in Anatolia nel 1915 ad opera del Governo Turco di allora il quotidiano “La Stampa” ha dedicato una sezione speciale dove sono state raccolte tutti gli arlticoli pubblicati inerenti la questione armena inclusi quelli dell’archivio storico dove sono state riprodotte articoli pubblicati dal quotidiano nell’anno del genocidio del 1915.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma non può che apprezzare tale gesto esprimendo gratitudine alla redazione di “La Stampa” e a  tutti coloro che direttamente o indirettamente  fanno contribuito alla diffusione della verità storica.

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Nominato il nuovo Rettore del Pontificio Collegio Armeno

Giovedì 29 ottobre 2015

Sua Beatitudine Gregorio Pietro XX
Catholicos Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici,

 ha nominato
Rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma e Procuratore Patriarcale presso la Santa Sede

Il Rev. P. Nareg Naamo

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Al nuovo Rettore i nostri migliori auguri di proficuo lavoro.

L’Abruzzo riconosce il genocidio (negato dai turchi) degli armeni (Ansa 27.10.15)

(ANSA) – L’AQUILA, 27 OTT – Il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità una risoluzione di solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del genocidio del 1915 a opera delle forze ottomane.”Oggi abbiamo scritto una bella pagina nella piccola storia politica della nostra Regione”, ha dichiarato il proponente della risoluzione, il consigliere del Partito democratico Luciano Monticelli. In quell’occasione, più di un milione di uomini, donne, bambini e anziani furono coinvolti in un’operazione di pulizia etnica che portò alla morte centinaia di migliaia di persone, e costituì il primo grande massacro di civili della storia del Novecento. Con questo atto, la Regione Abruzzo si aggiunge ad altre italiane come Toscana, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia che, in occasione del centenario, hanno voluto prendere apertamente posizione su quest’evento. “Raggiungere l’unanimità su una questione così importante e in apparenza così distante dalle nostre preoccupazioni quotidiane è un grande segno di maturità politica da parte di questa assemblea”, ha concluso Monticelli. Continua


 

“Genocidio del popolo armeno”
RISOLUZIONE
IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO
“Genocidio del popolo armeno”

Visto
Che ricorre il centenario del genocidio del popolo armeno;
che la comunità armena di Roma ha richiesto a tutte le istituzioni un atto ufficiale di riconoscimento del genocidio del popolo armeno in occasione delle commemorazioni del centenario di tale tragedia;

Considerato che
È meritevole sensibilizzare la cittadinanza sul genocidio del popolo Armeno avvenuto nel 1915 ad opera del governo Turco dell’epoca. Nel corso di questa autentica operazione di pulizia etnica un milione e mezzo di uomini,donne, bambini ed anziani furono deportati massacrati per il solo fatto di appartenere ad una minoranza di razza, religione e cultura diverse da quella Turca;
Il genocidio armeno fu precursore di quello purtroppo ben più famoso dell’olocausto ebraico ma fu coperto da una immensa coltre di silenzio e di indifferenza da parte delle potenze occidentali. Solo dopo la fine della seconda guerra mondiale il coraggio e la dedizione di alcuni intellettuali di origine Armena hanno permesso di iniziare a far luce su una delle più grandi tragedie del xx secolo;
Ancora oggi il genocidio Armeno viene negato ufficialmente dal governo Turco e rimane uno degli ostacoli principali all’ingresso della Turchia nella UE;
Attestati di solidarietà e mozioni di riconoscimento del genocidio Armeno sono stati approvati in molti comuni e Regioni Italiane;
tale dramma storico è stato riconosciuto come genocidio dalla Commissione per i crimini di guerra dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) nel 1948, dalla Sottocommissione per la promozione e la protezione dei diritti umani dell’ONU (1985 e 1986), dal Parlamento europeo nel 1987 e nel 2000, dal Parlamento italiano (da tutti i gruppi parlamentari) in data 17 novembre 2000 e finanche dalla stessa Corte marziale ottomana nel 1919;

Ricordato che

il Tribunale permanente dei popoli ha riconosciuto, fra l’altro, che “lo sterminio delle popolazioni armene, con la deportazione e il massacro, costituisce un crimine imprescrittibile di genocidio ai sensi della convenzione del 9/12/1948 per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio”;
Considerato che,
recentemente, il Primo ministro del Governo turco ha offerto le sue condoglianze “ai nipoti degli armeni uccisi nel 1915” ed auspicato che “gli Armeni che hanno perso la vita nelle circostanze dell’inizio del xx secolo riposino in pace”;

Rilevato che
il genocidio è il più feroce e disumano fra i crimini, in quanto tende all’eliminazione di tutto un popolo, della sua identità, della sua cultura, della sua storia e della sua religione;

Riconosciuta
la necessità che l’opinione pubblica approfondisca il dramma del popolo armeno, affinché tali tragedie della storia siano di monito, soprattutto alle giovani generazioni;

IL CONSIGLIO REGIONALE DELL’ABRUZZO

ESPRIME
la propria piena solidarietà al popolo armeno in occasione del centenario del “Grande Male” e nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.
DISPONE
la più ampia diffusione della presente risoluzione affinché, l’intera cittadinanza abruzzese sia partecipe del sentimento di solidarietà verso il popolo armeno;
di comunicare il presente atto al Consiglio per la comunità armena di Roma, affinché la Direzione del memoriale del genocidio della capitale armena Yerevan inserisca il Consiglio regionale dell’ Abruzzo nella lista dei “Giusti” per la Memoria del Metz Yeghern (il Grande Male), insieme a tutte le altre istituzioni che hanno adottato simili risoluzioni.

L’arte al servizio della Storia. Il GRANDE MALE – recensione

Dai Giovani Turchi dell’Impero Ottomano, anno 1915, alla Repubblica di Weimar, anno 1921; dalla cinica opportunità data dalla Prima Grande Guerra di eliminare un problema politico (l’alleanza tra Armenia e la nemica Russia) all’ultimo barlume di democrazia di un’intera era storica: è un fil rouge contraddittorio, quello che avvolge e caratterizza il Novecento come età di Vita e Morte. Epoca della rivoluzione tecnologica, sanitaria e alimentare, ma anche del dolore e dell’ignavia, nel XIX secolo trovano un accostamento solo apparentemente paradossale l’inaudita esplosione demografica (che portò da uno a quasi cinque miliardi la popolazione mondiale) e la miscela di darwinismo sociale, nazionalismo e totalitarismo dei Genocidi di Stato.

Riferito con ovvietà all’Olocausto degli Ebrei, il termine (Genocidio) non è, purtroppo, di esclusiva competenza del popolo ebraico, non il primo, l’unico o l’ultimo a essere oggetto di sterminio effettuato con metolodogia scientifica, razzista e ideologica. Era il 15 marzo 1921 quando, a Berlino, lo studente armeno Soghomon Tehlirian freddò lucidamente Taalat Pasha, ex Ministro degli Esteri turco, condannato dal Tribunale Rivoluzionario Armeno come responsabile della pulizia su base etnica del popolo armeno (pur nella controversia delle cifre, si contano oltre un milione di vittime): senza voler tornare all’annientamento dei popoli americani da parte di europei latini e anglosassoni e senza alcun forzatura, sarà lo stesso video in scena della dichiarazione di invasione della Polonia del 1939 di Hitler («Chi mai si ricorda oggi dei massacri degli armeni?») a ricordarci come le disperate marce della morte naziste (che, a conflitto ormai segnato, portarono al massacro prigionieri dei campi di concentramento) trovino un diretto antesignano nelle stragi degli armeni, nell’ordine dato dai Giovani Turchi di deportazione di oltre un milione di persone con la conseguente morte di migliaia di essi per malattia, fame o deperimento,

Il rischio di un taglio scontato e banale del tema centrale dello spettacolo, «la ricostruzione documentata di molteplici aneddoti che vanno a formare un chiaro quadro del contesto politico nel quale il progetto genocidiaro venne messo in atto» nei confronti degli armeni a opera dei turchi del 1915, viene complessivamente superato con merito, grazie a un allestimento chiaro nella sua cruda esposizione, a tratti barocco nella restituzione visiva (funzionale per gestire i cambi di scena) e non sempre efficace nel complicare con coerenza drammaturgica l’intreccio narrativo con la ricercata complessità di visione.

La regia e il testo di Sargis Galstyan non deludono, però, le aspettative, teatralizzando in modo lineare e coinvolgente le intricate e drammatiche vicende storiche, il «vortice di informazioni documentate che guidano lo spettatore nel dramma degli avvenimenti di quegli anni», nonostante alcuni personaggi risultino troppo caratterizzati per interpretare i diversi protagonisti della vicenda, come nel caso di Stefano Ambrogi nel doppio ruolo del carnefice (Taalat) e di convinto avvocato difensore di quello stesso Tehlirian che il tribunale tedesco decise clamorosamente di assolvere per onestà morale.

Senza voler approfondire la trama, tratta da una storia vera assolutamente incredibile, Il grande male è, dunque, la rappresentazione di un’etica manichea perché non ipocrita, che non cela dietro alcun buonismo le responsabilità storiche (come quelle della Germania), uno spettacolo che il regista Sargis Galstyan riesce a calibrare, approfondendo – al netto di una recitazione, probabilmente, dall’eccessiva enfasi retorica – i vari aspetti della vicenda attraverso la successione documentata, vivida e reale dei nomi, delle immagini e dei personaggi. Le video-scenografie tecnologiche, contribuendo attivamente alla costruzione della vicenda, assumono un interessante protagonismo, dando a Il grande male lo spessore di un’opera profondamente tragica nel e con la quale dar voce alle vittime e giusta consistenza al passato, affinché quest’ultimo possa, per il presente, costituire l’urgente e indispensabile monito a interrogarsi sulle responsabili di azioni che, ancora oggi (e a venire), chiedono giustizia. Continua…

Novità in Libreria : “Sansur: censura, giornalismo in Turchia”

La Turchia ci viene presentata come un paese democratico, modello per l’intera area mediorientale, e da anni se ne discute l’ingresso nell’Unione Europea. Nessuno rac¬conta che è uno dei paesi al mondo col più alto numero di giornalisti in carcere, colpevoli di svelare verità scomode della storia e dell’attualità politica turche.
Un filo invisibile lega le vite raccontate in questo libro. Si tratta di giornalisti, uomini e donne appassionati del proprio mestiere, impegnati a raccontare con professionalità la verità dei fatti e per tal motivo indagati e imprigionati, alcuni addirittura uccisi, in passato. Tutto questo accade in Turchia, paese del Mediterraneo, paese democratico, paese di cui da anni si discute il possibile ingresso nell’Unione Europea.
Marco Cesario ha vissuto a Istanbul, ne ha subito il fascino, i mercati di spezie, i gabbiani in volo sul Bosforo, e ne ha conosciuto le difficoltà e i timori di svolgervi un’inchiesta. Ha incontrato quei giornalisti, i loro colleghi, i loro familiari e attraverso quelle conversazioni, a volte a forti tinte intimiste, riavvolge quel filo narrandoci le loro vite distrutte dalle censure e dagli abusi di potere subiti. Così quel filo diviene testimone del passato e del presente della Turchia, ne svela le atmosfere e le contraddizioni, la cultura e le zone d’ombra. La volontà di svelarle per contribuire alla coscienza civile del proprio paese può condurre un giornalista in carcere, all’esilio o alla morte?
Questo è accaduto ad Ahmet Şık, in carcere per oltre un anno per aver scritto un libro confiscato ancor prima di esser stampato (e di cui qui pubblichiamo alcuni stralci inediti), a Dogan Özgüden, costretto alla fuga clandestina quarant’anni fa e tuttora oggetto di minacce ed intimidazioni nel suo esilio a Bruxelles, a Zeynep Kuray, imprigionata per aver raccontato la guerra di cui è vittima la minoranza curda, a Hrant Dink, ucciso per aver affrontato il tema del genocidio degli armeni, e a molti altri ancora.  Continua

JUNIOR EUROVISION 2015, Armenia: Mika e la sua “Love” con Aram Mp3 guest star (eurofestivalnews.com)

Manca sempre meno allo Junior Eurovision Song Contest 2015: ieri vi abbiamo fatto ascoltare i brani di Georgia e Macedonia, oggi è il turno dell’Armenia.

Il paese caucasico salirà sul palco della Armeec Arena di Sofia in Bulgaria con Mika (ebbene sì, proprio come il collega giudice di X Factor!), al secolo Michael Varosyan, 12enne non sconosciuto in patria. Ha infatti già preso parte alle selezioni nazionali per lo Junior Eurovision sin dal 2012.

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Il brano che canterà si intitola Love, un pezzo trascinante e retrò, sospeso fra pop e funky-soul, che si farà di certo notare nel baby contest europeo aperto a ragazzi dai 10 ai 15 anni.

Nel video di Love una guest star: Aram Mp3, personaggio di fama nazionale, quarto classificato per l’Armenia all’Eurovision Song Contest 2014 con Not alone.

La clip ruota attorno alla fantasiosa Cupid Incorporated, azienda guidata da Mika con un grande obiettivo, spargere amore e felicità nel mondo. Il protagonista è naturalmente il giovane cantante che, assieme ai suoi colorati colleghi, lavora duramente ogni giorno per assicurare che tutti siano felici.

http://eurofestivalnews.com/2015/10/10/junior-eurovision-2015-armenia-mika-e-la-sua-love-con-aram-mp3-guest-star/

ROMA – 19, 20 e 21 ottobre – La Pièce teatrale “IL GRANDE MALE” al Teatro India.

 

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ROMA – 19, 20 e 21 ottobre – La Pièce teatrale “Il Grande Male” al Teatro India.

I biglietti dello spettacolo tanto atteso saranno online tra 2 giorni, pubblicheremo il sito dove comprarli al più presto.
Potranno essere acquistati sia online che direttamente al teatro, intanto vi anticipiamo i prezzi.
intero 18 euro | ridotto 1 (under 35 e over 65) – 16 euro |ridotto 2 (cral e convenzionati) – 14 euro – Orario spettacoli ore 21,00

 

 

http://teatrodiroma.net/doc/3711/il-grande-male/

 

Sinossi
Berlino, 1921. Lo studente armeno Soghomon Tehlirian è sotto processo per aver uc- ciso con un colpo di pistola Talaat Pasha, uno degli organizzatori del genocidio, rifu- giato nel 1919 in Germania sotto falso nome, per sfuggire ad una condanna a morte per “crimine di lesa umanità” a danno delle popolazione armene residenti nell’Impero Ottomano.
Dopo due giorni di processo è Talaat – del quale vengono ricostruite le atroci gesta e attraverso le drammatiche rivelazioni dei sopravvissuti chiamati a deporre – ad essere condannato moralmente: le prove a suo carico sono talmente terrificanti che Tehlirian viene assolto per l’omicidio da lui compiuto.
Gli atti processuali, dai quali nasce l’ispirazione e la scrittura dello spettacolo ”Il gran- de male”, sono una preziosa chiave per comprendere quell’immane tragedia che fu il genocidio armeno nel 1915: attraverso i dialoghi riportati fedelmente dalle testimo- nianze scritte e le immagini dell’epoca proiettate in scena si va a formare un vortice di
informazioni documentate che guidano lo spettatore nel dramma degli avvenimenti di quegli anni, nel sistema della giustizia e portano luce su un capitolo dimenticato della storia dell’uomo. Attraverso la coralità di diciotto personaggi che intervengono nel processo avviene la ricostruzione documentata di molteplici aneddoti che vanno a formare un chiaro quadro del contesto politico nel quale il progetto genocidiaro venne messo in atto.
In ”Il grande male” vediamo i testimoni chiamati a deporre, una pluralità di voci che aiutano lo spettatore nella comprensione dei fatti storici: figure di anonimi turchi e curdi buoni, che vennero in soccorso ai deportati; Johannes Lepsius, responsabile della Deutsche Orient-Mission, che vuole dimostrare la precisa volontà genocidaria dei Giovani Turchi; il generale Otto Liman von Sanders, al cui comando erano le truppe tedesche inviate in Anatolia durante la Prima Guerra Mondiale, che invece cerca al- meno in parte di scagionare il Governo ottomano.
Tutte queste testimonianze scorrono in un contesto, quello di Berlino nell’anno 1921, in cui gli orientali vengono giudicati tendenzialmente inclini all’illegalità e scarsa- mente consapevoli del valore della vita umana

UN APPELLO ALL’ITALIA DEL CALCIO: NON DIMENTICHI I DIRITTI UMANI

Il prossimo 10 ottobre la nazionale italiana di calcio si recherà in Azerbaigian per disputare un incontro valido per la qualificazione alla fase finale dei Campionati Europei.
Per quanto consapevoli che sport e politica debbano necessariamente percorrere strade diverse, siamo altresì fermamente convinti che non è possibile astrarsi completamente da talune realtà che interessano la nostra coscienza di cittadini europei.
È bene che i nostri sportivi, le istituzioni e i media non dimentichino che la Nazionale si sta per recare in un Paese che “Reporter Senza Frontiere” colloca agli ultimissimi posti nella classifica mondiale sulla libertà di Informazione; un Paese dove i giornalisti e gli oppositori politici vengono accusati, incarcerati e condannati nel silenzio forzato dell’opinione pubblica; un Paese tra i più corrotti e corruttori del pianeta, dove il rispetto dei diritti umani viene progressivamente meno anno dopo anno; un Paese che mentre ospitava nel giugno scorso i Giochi olimpici Europei, incarcerava oppositori politici, impediva l’accesso a reporter stranieri e chiudeva la “scomoda” sede locale dell’Osce accusata di guardare troppo alla questione dei diritti umani. Un Paese che vanta il primato mondiale di riarmo e che bombarda quasi quotidianamente i villaggi di confine dell’Armenia e del Nagorno Karabakh rischiando di scatenare una guerra dalle conseguenze devastanti per tutta l’Europa.
Chiediamo ai nostri sportivi e alle nostre istituzioni di non lasciarsi distrarre dal luccichio dei petrodollari ma di guardare con spirito critico questa nazione che recentemente ha promesso di arrestare il calciatore armeno Mkhitaryan (Borussia Dortmund) in occasione della prossima trasferta a Baku della sua squadra.
Chiediamo ai giornalisti di non dimenticare i loro colleghi condannati ad anni di prigione per il solo motivo di non aver voluto allinearsi al regime di Aliyev.
Azerbaigian-Italia non può essere solo una partita di calcio ma una nuova importante occasione per chiedere all’Azerbaigian il rispetto dei diritti umani e la fine della sua armenofobia.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma
www.comunitaarmena.it

COMUNICATO STAMPA: L’ITALIA FERMI ALIYEV E IMPEDISCA UNA NUOVA GUERRA NEL CAUCASO!

Negli ultimi mesi, e in particolare in questi ultimissimi giorni, è aumentata esponenzialmente la tensione nel Caucaso meridionale, lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian e tra quest’ultimo e la repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh.
Il numero e la gravità delle violazioni azere dell’accordo del 1994 di cessate-il-fuoco sono cresciute enormemente e gli attacchi dei soldati di Baku hanno portato alla morte di alcuni civili residenti in villaggi di confine dell’Armenia nord orientale a di numerosi soldati dell’Esercito di Difesa del NK colpiti da tiri di mortaio e di missili di produzione turca di calibro mai utilizzato dalla fine della guerra, innescando inevitabili conseguenti ritorsioni.
Dopo l’abbattimento dell’elicottero armeno nel novembre 2014 e ripetuti attacchi destabilizzanti nei mesi scorsi, ora l’Azerbaigian sembra decisamente orientato a sfruttare l’attuale crisi medio orientale per cavalcare la tigre di una nuova guerra che avrebbe effetti devastanti non solo a livello regionale ma per tutta l’Europa.
Sfruttando la cortina fumogena dei tagliagole dell’Isis e l’incertezza di tutta l’area (Iraq e Siria in primo luogo), cercando di nascondere con una azione bellica le gravissime accuse che giungono per l’inosservanza dei diritti umani nel suo Paese, il dittatore Aliyev scarica sul pacifico popolo armeno la sua follia militare, frutto di un riarmo che il mondo non aveva mai conosciuto dai tempi della Germania hitleriana.Come cittadini italiani di origine armena, chiediamo al governo italiano, ai media e all’opinione pubblica di condannare con fermezza questa azione dell’Azerbaigian.
Ricordiamo che in caso di conflitto le pipe-line che portano energia all’Europa e all’Italia subirebbero le prime, inevitabili, conseguenze della guerra che lascerebbe al freddo il nostro Paese. In un mondo devastato da violenze, odio e guerre fratricide condanniamo ogni azione lesiva alla dignità umana al di là dell’appartenenza etnica e religiosa. Diciamo NO alla guerra, alla violenza che alimenta nuovi focolai di tensione. Diciamo STOP alle aggressioni! E Auspichiamo che i paesi occidentali ed in primis l’Italia, superino ogni logica di interesse economico e politico e condannino ”senza se e senza ma” la politica aggressiva azera scongiurando lo scoppio di nuove guerre, di nuovi massacri e di nuove perdite umane.
Consiglio per la comunità armena di Roma
www.comuntaarmena.it

NUOVO ATTACCO AZERO IN ARTSAKH, 4 MORTI (Karabakh.it, 25.09.15)

La campagna di aggressione bellica attuata dall’Azerbaigian abbandona il confine dell’Armenia e si sposta nuovamente nel Nagorno Karabakh. Questo pomeriggio razzi e colpi di mortaio hanno colpito la linea difensiva dell’Artsakh provocando la morte di quattro giovani soldati. Si tratta di Norayr Mikayel Khacatryan (venti anni), Robert Suren Mkrtchyan (venti anni), Harut Maxim Hakobyan (diciotto anni) e Karen Gevorg Shahinyan (diciotto anni).

Altri militari colpiti dalle esplosioni sono rimasti feriti. Non è stata precisata la località dell’incidente; il ministero della Difesa ha informato che il nemico ha utilizzato lancia razzi di fabbricazione turca (TR-107) recentemente forniti allo stato azero da Ankara.

(link alla pagina)

 

Nella giornata di ieri le forze azere hanno gravemente violato il fuoco lungo il confine con l’Armenia all’altezza della regione nord orientale di Tavush. Colpi di mortaio hanno bersagliato alcuni villaggi prossimi alla linea di confine causando la morte di tre civili e il ferimento di altri.

La comunità internazionale deve intervenire con fermezza per fermare questa aggressione che vanifica tutti gli sforzi dei negoziatori dell’Osce. La pazienza del popolo armeno non può essere infinita…