Un nuovo genocidio del popolo armeno (lortica 14.09.23)

Un pavido occidente rimane silenzioso e inerte sul nuovo genocidio del popolo armeno. Europa e Stati Uniti, che si riempiono sempre la bocca con tanti discorsi sui diritti umani, voltano lo sguardo altrove e fanno poco o nulla sulla vergognosa e unilaterale decisione del governo azero di chiudere il corridoio di Lachin, unica striscia di terra che collega il Nagorno Karabakh (Artsakh per gli armeni) con la madrepatria Armenia.

Dal 12 dicembre del 2022, il governo dell’ Azerbaigian ha imposto un blocco al transito di merci, cose e persone, tagliando fuori ben oltre 120.000 armeni; povere anime che ad oggi si trovano private di qualsiasi possibilità di ricevere aiuti alimentari e beni di prima necessità.
Un popolo costretto ad assistere alla propria fine per mancanza totale di tutto ciò che possa servire per la sopravvivenza umana.

Purtroppo gli appelli della Croce Rossa, di Amnesty International e di importanti personaggi di varie religioni al governo azero a rimuovere l’ingiusto blocco stradale sono caduti nel vuoto.
La strategia azera mira, senza tanti infingimenti, alla totale pulizia etnica degli armeni dal territorio dell’ Artsakh.

Una pulizia etnica condotta non con metodi militari, ma semplicemente privando gli armeni di cibo, medicinali, impedendo il ricongiungimento delle famiglie, il trasferimento dei malati.

Purtroppo non mi sorprende l’atteggiamento quasi inerte e remissivo da parte dell’occidente.

Tutti molto bravi a parlare di diritti umani e di variegate libertà quando si va a trattare con gli interessi di vari gruppi di potere mondialisti e globalisti, ma quando serve veramente alzare la voce contro il classico dittatorello che ti fa comodo, in questo caso quello azero, per i vari contratti di petrolio e gas, tutti molto silenziosi , se non qualche sporadica condanna, come si fa con i bambini birichini.

E poi via, si va avanti, vengono prima gli interessi di bottega, poi, eventualmente, la libertà, la democrazia, i diritti civili e via blaterando.

Purtroppo l’ Armenia ha ben poco da dare in termini economici.
Poco da difendere, nulla per cui valga la pena di mandare a morire i suoi giovani soldati, se non lottare per la loro vita, per non essere cancellati dalla storia, lottare per il grandissimo patrimonio culturale cristiano dal quale anche noi europei abbiamo attinto a piene mani per dare i fondamentali della nostra civiltà.

Oltre ad un occidente pavido ed omertoso, l’ Azerbaigian può contare anche sull’appoggio dell’osceno presidente turco Erdogan, che pochi mesi fa rilasciò una dichiarazione vergognosa contro gli armeni dichiarando “che bisognava (nei confronti del popolo armeno) continuare l’opera dei nostri padri”.
Semplicemente aberrante!

In questi primi giorni di settembre Unione Europea, Russia, Iran e Turchia hanno avviato l’ennesima consultazione diplomatica internazionale per l’apertura di un nuovo corridoio umanitario (rotta Agdam/Askeran) chiedendo, per l’ennesima volta al governo azero di riaprire anche il corridoio di Lachin come da accordi precedenti, puntualmente sempre disattesi.

Speriamo bene, ma il dittatorello azero è un personaggio infimo, bugiardo ed infingardo.
E farà di tutto per portare a termine il suo folle progetto di pulizia etnica.

Vai al sito

Armenia: la genesi del nuovo fronte della NATO contro la Russia (L’Antidipolomatico 14.09.23)

Sembra uscita dal cappello del prestigiatore l’inaudita propaganda contro la Russia e contro le autorità della Federazione Russa in corso in Armenia negli ultimi tempi. Oltretutto questa propaganda viene espressa dalle più alte sfere del potere e ciò crea un’atmosfera ancora più malsana nella società armena.

In realtà dietro questi avvenimenti, la mano del “prestigiatore” è ben visibile.

L’improvviso attacco di russofobia avviene mentre il paese sembra essere alla vigilia di eventi molto lugubri: lungo tutto il perimetro delle frontiere dell’Armenia si ammassano le truppe dei soldati dell’Azerbajan e, dicono in Armenia, anche della Turchia.

Così, parallelamente all’isteria antirussa viene fomentata anche l’isteria della guerra fra Armenia e Azerbajan, che molti specialisti indicano come imminente. Il fatto è che il sorosiano Nicol Pašinjan, primo ministro armeno, sta prendendo misure nei confronti della Russia, dove non si può non scorgere l’impronta della zampa della NATO.

La Nato pare volere un’altra guerra sulla soglia di casa della Russia, dopo aver perfettamente capito che non riesce a vincere in Ucraina.

La NATO, che è la causa principale della guerra in Ucraina, dopo l’Ucraina adesso vuole anche l’Armenia. E’ lapalissiano.

“Esorto l’Armenia ad entrare nell’Alleanza Atlantica, Nicol Pašinjan. Difenda l’Armenia, Presidente degli Stati Uniti!” – ha dichiarato il capo del Comitato europeo per l’ampliamento della NATO, Günter Fellinger, nei suoi social X, rivolgendo l’appello ad aderire al Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pašinjan. Ma il viceministro degli Esteri della Repubblica Armena Vahan Kostanyan dopo ha dichiarato che “Nessuno nella NATO ha invitato l’Armenia ad aderire all’Alleanza, ma Erevan è pronta a continuare a collaborare con questa organizzazione. Per quanto riguarda il partenariato tra l’Armenia e la NATO, non è il primo anno che viene realizzato. Collaboriamo con la NATO in vari formati e siamo pronti a continuare questo processo”

Oltre a questa spiacevole provocazione da parte di un rappresentante della Nato, l’Armenia si appresta a ratificare lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.

Come ha scritto recentemente la TASS, il primo settembre, il governo armeno ha inviato al Parlamento lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI) per esaminare la questione della ratifica, ha riferito il servizio stampa del Gabinetto dei ministri. L’Armenia aveva firmato il trattato nel 1998 ma non lo ha ratificato. Guarda caso, a marzo, la Corte Suprema di Giustizia dell’Armenia ha deciso che gli obblighi enunciati nello Statuto di Roma sono conformi alla legge fondamentale del paese. Il Ministero degli Esteri russo ha ritenuto “assolutamente inaccettabili” i piani dell’Armenia di aderire allo Statuto di Roma, sulla base della posizione di questa organizzazione, la CPI, nei confronti della Russia. Come si ricorderà, la Corte Penale Internazionale a marzo ha spiccato l’ordine di arresto per Vladimir Putin e Pašinjan si appresta a ratificare lo Statuto di Roma della CPI?!Ma i fatti negativi per la Russia non finiscono qui: dall’11 settembre si svolgono le esercitazioni militari congiunte armeno-americane sul territorio dell’Armenia. Lo scopo dichiarato è: “per migliorare e approfondire le relazioni con gli USA”. Gli Usa hanno persino dichiarato che le esercitazioni militari diventeranno “abituali”.

Altra ciliegina sulla torta, e direi molto amara, è che nei giorni scorsi Pašinjan ha spedito la moglie a Kiev, Anna Akopjan, al “Summit delle “prime mogli” o cosiddette “first lady”. Il tema del forum, a cui hanno partecipato le dolci metà dei capi di Gran Bretagna, Giappone, Turchia, Israele, Danimarca, Rep. Ceca, Spagna e altri paesi dell’UE, aveva un titolo curioso, se non emblematico: “La salute mentale. Fragilità e resistenza del futuro”- La signora Akopjan ha portato aiuti umanitari al regime di Kiev. Nel suo discorso ha dichiarato pieno sostegno ai bambini ucraini e ha portato loro in dono 1000 smartphone. Ciò ha sollevato protesta e insoddisfazione nell’opposizione armena, il deputato Anna Mkrtchyan, ha ricordato che durante la guerra dei 44 giorni nel Nagorno-Karabakh, l’Ucraina ha fornito le munizioni al fosforo all’Azerbajan e si aspettava che vincesse. Infatti Kiev era piena di manifesti con la scritta “il Nagorno-Karabakh è Azerbajan”.

La questione irrisolta del Nagorno-Karabach costituisce il perno del conflitto, l’Azerbajan vuole il Nagorko-Karabach, ma il fatto è che sostanzialmente l’Armenia ha riconosciuto il Nagorno-Karabach parte dell’Azerbajan. Ha fatto tutto da sola, non è certo stata la Russia a proporre un simile errore stratosferico, nonostante il primo ministro armeno addossi la colpa dei suoi insuccessi alla Russia. Pašinjan ne è l’artefice, colui che se ne infischia della teoria propugnata da Erdogan: “due Stati-un popolo”, cioè Turchia e Azerbajan sono un unico popolo. Quindi, si fa presto a comprendere che fine farà il Nagorno-Karabach e e l’Armenia, che potrebbe così venire inghiottita dalla Turchia e Azerbajan.

Oggi, il presidente russo Vladimir Putin durante il Forum Economico Orientale ha dichiarato che “la leadership armena ha praticamente riconosciuto la sovranità dell’Azerbaigian sul Nagorno Karabakh. Nella Dichiarazione di Praga, l’Armenia ha registrato su carta lo status del territorio. Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha anche dichiarato che la questione dello status del Karabakh è già stata risolta, ha ricordato Putin, che ha cancellato così la colpa che le autorità armene addossano alla Russia.Ma in questa lunga e spinosa questione territoriale, ancora non chiusa, la Russia sta registrando sempre più forti interferenze nel processo di regolazione del conflitto tra Armenia e Azerbajan sul Nagorno-Karabakh. Come ha detto il vice segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa Alexej Ševcov in un’intervista alla Rossijskaja Gazeta: “Stiamo registrando tentativi persistenti da parte degli Stati Uniti, dell’UE, di singoli paesi occidentali e dei loro agenti di influenza di interferire nel processo di risoluzione del Nagorno-Karabakh, screditare la presenza russa nella regione e rafforzare le loro posizioni”. Certo, la base militare russa in Armenia, presente dal 1995, dà molto fastidio a “qualcuno”, che sta lavorando di sottecchi perché sparisca, per scalzare via in tal modo la Russia dalla regione. Non a caso in Armenia si trova la seconda al mondo per grandezza Ambasciata americana e che lavora alacremente, specie con i giovani armeni.Altra benzina sul fuoco, gettata dallo stesso Pašinjan, è nella sua recente intervista al quotidiano italiano La Repubblica, dove ha affermato che la Russia si sta ritirando da Nagorno-Karabakh. Il Cremlino non è d’accordo con le dichiarazioni del primo ministro armeno Nikol Pašinjan sul fallimento della missione di pace nel Nagorno Karabakh e sul ritiro della Russia dalla regione, ha dichiarato il portavoce del presidente Dmitrij Peskov. “La Russia è parte integrante di questa regione, quindi non può andarsene da nessuna parte. L’Armenia non può essere abbandonata dalla Russia”. Il portavoce di Putin ha pure aggiunto che “in Russia vivono più armeni che nella stessa Armenia, sono molto patriottici e apportano un sostanziale contributo allo sviluppo del paese”.

Ma ciò non sembra affatto interessare le autorità armene. Si possono menzionare ancora diversi passi di inimicizia compiuti da Erevan, come le dichiarazioni offensive rilasciate il 6 settembre dal presidente dell’Assemblea nazionale armena Alen Simonjan nei confronti dei collaboratori del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, tra cui il rappresentante ufficiale del dipartimento, direttore del Dipartimento di Informazione e Stampa, Maria Zakharova.

Le dichiarazioni inaccettabili di Alen Simonjan sono state fatte in risposta a Maria Zakharova, che aveva osservato che i rappresentanti dell’Armenia ultimamente hanno consentito una retorica “al limite della maleducazione” nelle dichiarazioni pubbliche. Dopo di che, Simonjan ha dichiarato alla stampa armena che “non ha intenzione di rispondere a una qualche segretaria”. La stessa Zakharova ha poi risposto con umorismo all’attacco dello speaker armeno: sui suoi social network ha espresso sostegno a “tutte le segretarie del pianeta”.

Altro fatto inaccettabile per la Russia è che il 7 settembre i Servizi di Sicurezza dell’Armenia hanno arrestato nella città di Goris il blogger e attivista filorusso Mika Badaljan e l’editorialista di “Radio Sputnik Armenia” Ašot Gevorkjan per traffico illegale di armi da fuoco. Entrambi avevano duramente criticato il governo armeno per la sua politica anti russa. Persone dunque così note e che sapevano benissimo di essere giorno e notte sotto i fari dei Servizi segreti all’improvviso decidono di darsi al traffico di armi? Tutto ciò è apparso subito come una provocazione bella e buona.

In relazione alle offese verso il Ministero russo degli Esteri e all’arresto dei due giornalisti, il capo della missione diplomatica dell’Armenia a Mosca, Vagaršak Arutjunjan, è stato subito convocato al Ministero degli Esteri russo, dove gli è stata consegnata una dura nota di protesta. Il giorno dopo i due arrestati in Armenia sono stati messi in libertà, non senza aver fatto capire loro che “hanno cominciato a parlare troppo”.

Pašinjan, nell’intervista a La Repubblica, ha fatto anche una grave dichiarazione: “la nostra dipendenza dalla Russia per la sicurezza è stata un errore strategico”.  Affermazioni che hanno irritato Mosca alquanto, al punto che una fonte diplomatica della Tass ha dichiarato che Mosca ritiene inaccettabili il contenuto e il tono delle dichiarazioni rilasciate da Pašinjan sulla Russia, esortando l’Armenia a non diventare strumento dell’Occidente.

La politica di Pašinjan la si può definire contro il popolo armeno, alla luce anche di una sua precedente frase: “nel conflitto in Ucraina, l’Armenia non è alleato della Russia, nonostante in Occidente si creda il contrario. Ma quello che dichiara in realtà non è difficile leggerlo tra le righe ed è che sta vendendo la sicurezza dell’Armenia alla NATO. In tal modo offre la spalla all’Occidente che cerca ad ogni costo di mettere zizzania tra la Russia e l’Armenia, due paesi alleati e che prima facevano parte dello stesso paese.

A Pašinjan non interessa affatto il popolo armeno, egli pensa egoisticamente solo ad assicurarsi un futuro di benessere e ricchezza per quando se ne andrà in America.

In tal modo sta giocando con la NATO. Ma, come si sa, giocare con il serpente è pericoloso e foriero di disgrazie, perché si potrebbe fare una brutta fine, così come è accaduto ad altri capi di Stato.

Vai al sito

#ArtsakhBlockade Pro memoria (Korazym 14.09.23)

In questi tempi, sulla basa del decennale indottrinamento della popolazione, il regime guerrafondaio autocratico genocida dell’Azerbajgian sta gettando le basi per una nuova guerra. Oltre alla retorica che prepara il popolo azero per una guerra su vasta scala, l’Azerbajgian abbraccia il simbolismo della guerra, imitando la Russia adottando la A rovesciata sui canali di propaganda Twitter, Telegram, ecc. e i loghi di determinate istituzioni vengono aggiornati con la Ɐ. Dell’uso recente questo simbolo abbiamo riferito il 5 [QUI] e il 9 settembre 2023 [QUI].

Ogni Stalin ha il suo Beria e ogni Hitler ha il suo Goebbels, così Aliyev ha il suo Hajiyev. Hikmet Hajiyev, ufficialmente è l’Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale. Nella vita reale è il Capo della macchina di menzogna, della propaganda e disinformazione dell’autocratico regime guerrafondaio armenefobo genocida della Repubblica di Baku, che sta avvelenando la società civili armeno (peggio l’ambiente militare) da tre decenni. Questo non può non avere conseguenze.

Leggendo sui social media i commenti dei troll azeri alla dichiarazione dell’Ambasciatore Yuri Kim, Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici del Dipartimento di Stato) a seguito dell’entrata il 12 settembre di un camion della Croce Rossa russa nell’Artsakh dall’Azerbajgian effettuando la prima consegna umanitaria da giugno (“primo passo importante” scrive) [QUI], abbiamo trovato questa perla, nel classico fine stilo azero: «Vaffanculo. Ora è il momento che l’Azerbajgian vada a Khankendi e appenderà lì la bandiera dell’Azerbajgian!» (in russo).

Il 20 aprile 2022 abbiamo pubblicato nella nostra traduzione italiana dall’inglese il documento La Strategia della Vittoria, pubblicato dall’agenzia di stampa statale dell’Azerbajgian, Azertac; un documento di propaganda azera, stracolmo di menzogne, fake news, disinformazione, armenofobia e tesi anti-storiche [QUI].

A titolo integrativo, riportiamo di seguito una collezione di espressioni ricorrenti della propaganda azera.

  • “Abbiamo inferto al nemico un colpo così devastante che ancora non riesce a riprendersi” (Ilham Aliyev, 2022).
  • “Questa è la fine. Abbiamo mostrato loro chi siamo. Li stiamo inseguendo come cani” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Allora non ci sarà più nessun Armeno… Dobbiamo annientare tutti gli Armeni” (Hafiz Hajiyev, 2016).
  • “Dovrebbero essere uccisi in Karabakh piuttosto che in altri Paesi” (Anar Mamedkhanov).
  • “Il creatore del virus chiamato Armenia deve creare anche il suo antivirus. Per poter raggiungere la pace in tutto il mondo, dobbiamo sbarazzarci del virus chiamato Armenia” (Asif Kurbanov, 2016).
  • “Spero che questo serva finalmente da lezione per loro. Nessuna chiamata, nessuna dichiarazione, nessuna iniziativa ci fermerà” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Gli Armeni che vivono in Karabakh non avranno né status speciale, né indipendenza, né alcun privilegio speciale” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Diciamo al governo armeno: ‘Decidetevi, vi ricordo ancora una volta che la nazione turca ha il potere di cancellare l’Armenia dalla storia e dalla geografia e che siamo al limite della nostra pazienza. Non dovremmo mai commettere l’errore di pensare che le provocazioni dell’Armenia siano dovute solo alla loro irritabilità e viziatezza” (Mustafa Destici, 2022).
  • “La Turchia continuerà a stare al fianco dei suoi fratelli in Azerbajgian come ha sempre fatto. Continueremo a compiere la missione che i nostri nonni hanno svolto” (Recep Tayyip Erdoğan, 2020).
  • “Ricordo con misericordia Talaat, Enver e Cemal Pascià che presero le necessarie precauzioni contro coloro che spararono alle spalle dell’esercito turco collaborando con il nemico. Lo rifaremmo oggi” (Umit Ozdag, membro dell’Assemblea Nazionale turca, 2021).
  • “Un missile deve cadere nel punto esatto di Yerevan. L’Azerbajgian non è solo. Attaccando l’Azerbajgian, l’Armenia in realtà attacca la Turchia. Allora risponderemo anche noi. Finché la Turchia respirerà, l’Azerbajgian non sarà solo” (Ibrahim Karagul, giornalista turco, 2020).
  • “Non permettiamo kılıç artığı [*] nel nostro Paese. Il loro numero è molto diminuito ma esistono ancora” (Recep Tayyip Erdoğan, 2020).
  • [*] Kılıç artığı = residuo della spada = riferimento ai discendenti dei sopravvissuti al genocidio armeno.
  • “Il trasferimento delle bande armene e dei loro sostenitori che hanno massacrato il popolo musulmano, comprese donne e bambini, nell’Anatolia orientale, è stata l’azione più ragionevole che potrebbe essere scattata in un periodo simile” (Recep Tayyip Erdoğan, 2019).
  • “Che l’anima di Enver Pascià sia benedetta” (Recep Tayyip Erdoğan, 2020, alla parata “della vittoria” a Baku per celebrare la guerra dei 44 giorni contro l’Artsakh. Enver Pascià era il responsabile del genocidio armeno del 1915 che uccise 1,5 milioni di Armeni).
  • “Come risultato dei nostri sforzi, l’Armenia si è trasformata in una situazione di stallo politico, economico, energetico e dei trasporti, e l’ulteriore sviluppo di questo Paese è, ovviamente, molto desolante. Noi, per la nostro parte, continueremo la nostra politica” (Ilham Aliyev nel 2018).
  • “L’Azerbajgian deve attaccare Yerevan. Gli attacchi devono essere così gravi che l’Armenia non lo dimenticherà. Dobbiamo anche attaccare Gyumri, Gapan [Aeroporto di Kapan] e le grandi città dell’Armenia. L’Azerbajgian ha acquistato attrezzature militari che altri Paesi possono solo sognare” (Ramin Guluzade).
  • “Nessuno vorrebbe che un vicino covasse piani malvagi. Ma non abbiamo altra scelta” (Ilham Aliyev, 2010).
  • “Il nostro compito principale era espellere gli Armeni dalle nostre terre” (Ilham Aliyev, 2022).
  • “Continueremo i nostri sforzi per isolare l’Armenia” (Ilham Aliyev, 2012).
  • “Questa volta li distruggeremo completamente” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Nessuno può fermarci. Tutti vedono la nostra forza, tutti capiscono com’è il nostro pugno di ferro. Non siamo interessati a nessuna trattativa” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Chi potrà mai fermarci? Nessuno potrà fermarci. Chi potrà fermare un esercito di 100.000 soldati?” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Non ci interessa dove vanno” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Se non vogliono che le loro teste vengano nuovamente schiacciate, dovrebbero sedersi e non guardare nella nostra direzione” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Ecco perché la giovane generazione è stata allevata nello spirito di patriottismo, odio per il nemico e lealtà verso la patria” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Abbiamo ripulito la regione, il Caucaso meridionale, da queste forze selvagge” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Non si possono chiamare [gli Armeni] esseri umani” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Abbiamo schiacciato la testa del nemico e grazie a questo abbiamo vinto” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Il pugno d’acciaio, simbolo della guerra e della vittoria, è ancora al suo posto e nessuno se ne dimentichi!” (Ilham Aliyev, 2021).

Questa foto abbiamo pubblicato il 1° settembre 2022 [QUI], con il seguente commento: «La notizia di questi giorni, che il 26 agosto scorso gli Azeri hanno occupato militarmente la Città di Berdzor (già Lachin) e i villaggi di Aghavno (già Zabukh) e Sus, nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, non l’avete trovato su telegiornali, talk show, giornali di regime, o social… Notizia scomoda, anche perché gli Azeri appena computa l’occupazione, hanno messo immediatamente in mostra la loro arte e cultura. Ecco la prima scultura eretta a Berdzor, “Pugno d’acciaio” che vuole simboleggiare la potenza dell’Azerbajgian e incutere timore agli Armeni. La storia non sarà gentile con coloro che rinunciano al sostegno di un popolo innocente, che lotta per vivere – e sopravvivere – nelle proprie terre ancestrali nel Nagorno-Karabakh, la Montagna del Giardino Nero, che gli Armeni chiamano Artsakh».

  • “Stavo dicendo che loro [gli Armeni] hanno bisogno di essere curati. Sono malati, un virus più orribile del coronavirus si è insediato nei loro corpi” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Affronteranno di nuovo il nostro pugno di ferro. Questo pugno d’acciaio ha rotto loro la schiena e schiacciato le loro teste” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Il mondo intero può guardare che tipo di forze del male siamo riusciti a cancellare dalla mappa del conflitto del Caucaso” (Ilham Aliyev, 2021).
  • “Ho cercato di aumentare il numero degli Azeri e di ridurre il numero degli Armeni” (Heydar Aliyev, 2002).
  • “Il conflitto del Karabakh si è trasformato da rivendicazioni territoriali tra due nazioni in una guerra tra cristiani e musulmani. Oggi i nostri nemici non sono solo gli Armeni, ma anche il mondo cristiano che li difende” (Bayram Safarov, 2012)
  • “È difficile eliminare il parassita ‘armeno’. Più a lungo rimane senza cura, più dure sono le sue conseguenze” (Ziyafat Asgarov, 2013).
  • “Armeni, curdi, lezgini, circassi e rom sono i nostri nemici interni. Vedete quanti nemici abbiamo? Preparatevi bene prima di sferrare il colpo. Che Allah ci aiuti!” (Abulfaz Elchibey, 2004)
  • “In tempi di difficoltà, il popolo dell’Azerbaigian ha visto l’aiuto della Turchia e del popolo turco e ne è grato. In particolare, nel 1918-1919, durante la lotta per l’indipendenza sotto la guida del grande Atatürk, che ripulì la sua terra da Gli armeni e gli altri nemici, il popolo turco e la Turchia hanno offerto il loro aiuto all’Azerbaigian, a Nakhchivan” (Heydar Aliyev, 1999).
  • “Ci siamo resi conto che il nostro popolo stava annientando gli armeni e abbiamo guardato positivamente il fatto” (Igbal Aghazadeh, 2009).
  • “Lasciateli andare a studiare l’esperienza di Hitler degli anni ’30 per vedere quale splendido esercito ha creato. La Hitlerjugend da lui fondata era molto più efficiente del pioniere organizzazione dei Soviet. Questo è il motivo per cui la Germania subì meno vittime in quella guerra. In breve tempo l’esercito tedesco poteva conquistare l’intera Europa e anche le Regioni europee della Russia. Per dirla semplicemente, voglio che noi, proprio come i sostenitori di Hitler, facciamo i preparativi per la guerra in tutta serietà” (Vafa Guluzadeh, 2011).
  • “Il nostro obiettivo è la completa distruzione degli Armeni. Voi nazisti avete già sterminato gli ebrei negli anni ’30 e ’40, vero? Dovete capirci” (Hajibala Abutalibov, 2005 in Baviera).
  • “Oggi è il giorno in cui le anime di Nuri Pascià, Enver Pascià e dei coraggiosi soldati dell’Esercito islamico del Caucaso vengono benedette” (Recep Tayyip Erdoğan, 2020).
  • “Continueremo a espellere questi [Armeni]. Ora vedono chi è chi. Vedono che abbiamo insegnato loro una lezione che non dimenticheranno mai. Non hanno né coscienza né moralità. Non hanno nemmeno cervelli” (Ilham Aliyev, 2012).
  • “Yerevan [la capitale dell’Armenia] è la nostra terra storica. Noi, azeri, ritorneremo in queste terre storiche. È il nostro obiettivo politico e strategico, e gradualmente lo raggiungeremo” (Ilham Aliyev, 2018).
  • “L’Armenia come Paese non ha alcun valore. In realtà è una colonia, un avamposto gestito dall’estero, un territorio creato artificialmente sulle antiche terre azerbajgiane” (Ilham Aliyev, 2012).
  • “Vediamo ciò che mio fratello Ilham Aliyev, che ha combattuto per il Karabakh e continua questa lotta ai massimi livelli con la costruzione di infrastrutture, ha ottenuto a questo riguardo in due anni. Ho partecipato a diversi eventi in quelle zone e ho visto i lavori di ricostruzione che si stavano svolgendo lì. Quando ho visto queste opere realizzate mi sono sentito orgoglioso come turco. Raggiungere questo obiettivo tanti progressi in così poco tempo sono per noi motivo di orgoglio” (Recep Tayyip Erdoğan, 2022).
  • “Naturalmente, non consideriamo questo processo separatamente dal processo in corso tra Armenia e Azerbajgian e dalla risoluzione e dalla cooperazione che è il nostro obiettivo finale nell’intera regione” (Mevlüt Çavuşoğlu, 2022).
  • “O vi muoverete secondo le nostre condizioni che dettiamo, oppure non ci sarà pace” (Mevlüt Çavuşoğlu, 2022).
  • “La Turchia non esiterà mai a impegnarsi in un conflitto acceso quando si tratta della sicurezza del suo Paese, dei suoi confini, della sua nazione e dei suoi fratelli” (Mustafa Destici, 2022).
  • “È importante che l’Armenia accetti la mano tesa dal Presidente Ilham Aliyev e dal Presidente Recep Tayyip Erdoğan” (Hulusi Aker, 2023).
  • “Se non vuoi morire, allora vattene dalle terre dell’Azerbajgian” (Ilham Aliyev, 2015).
  • “La mia vocazione è uccidere tutti gli Armeni” (Ramil Safarov, 2006).
  • “Dobbiamo uccidere tutti gli Armeni: bambini, donne e anziani. Dobbiamo uccidere tutti quelli che possiamo e chiunque capita. Non dovremmo dispiacerci, non dovremmo provare pietà, rimorso, compassione. Se non li uccidiamo, i nostri figli verranno uccisi” (Nurlan Ibrahimov, 2020).
  • “L’Azerbajgian passerà dal soft power all’hard power” (Fazail Agamali, 2023).
  • “Adesso basta, non tollereremo più questa occupazione. Abbiamo detto che avremmo scacciato il nemico dalle nostre terre! Non siamo interessati a nessun negoziato. Ho detto che li avremmo cacciati, che li avremmo cacciati come cani, e li abbiamo inseguiti, li abbiamo inseguiti come cani” (Ilham Aliyev, 2020).
  • “Dovete gettare le vostre false leggi nella spazzatura e abbandonare i vostri sogni. Dovete seguirci e continuare la vostra vita come cittadino nel quadro della nostra legislazione. Ci stiamo solo trattenendo di andare avanti per ora! In qualsiasi momento possiamo lanciare un’operazione militare. Tutti lo sanno” (Ilham Aliyev, 2023).
  • “Il nostro esercito ha schiacciato il nemico in 44 giorni, lo ha messo in ginocchio. Tutti sanno perfettamente che oggi abbiamo tutte la capacità di lanciare qualsiasi tipo di operazione in questa regione” (Ilham Aliyev, 2023).
NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

DESTINAZIONI | ARMENIA: L’ENTE DEL TURISMO INCONTRA IL TRADE A ROMA E MILANO, IL PAESE DELLE ALBICOCCHE SI RILANCIA

Due gli incontri in calendario in Italia per il Tourism Committee of Armenia con tour operator e agenti di viaggio, il 27 settembre a Roma e il 28 settembre a Milano. Si intensificano infatti le attività di promozione nel mercato italiano dell’ente governativo impegnato a promuovere l’Armenia come destinazione turistica.

(TurismoItaliaNews) I due eventi dedicati al trade avranno luogo a Roma, all’hotel Nh Collection Roma Palazzo dei Cinquecento, mercoledì 27 settembre e a Milano, all’hotel Nh Collection Milano President, giovedì 28 settembre. Gli appuntamenti sono l’occasione per scoprire la destinazione grazie all’intervento di Sisian Boghossian, direttrice del Tourism Committee of Armenia, e di immergersi nei sapori armeni con aperitivo e cena a base di vini e altre specialità armene. Il Paese, che si estende ai piedi del biblico Monte Ararat, oltre il confine orientale della Turchia, è nota per essere la culla del Cristianesimo, con i monasteri abbarbicati in posizione panoramica su maestose montagne. Da inizio anno è raggiungibile dall’Italia con voli diretti WizzAir da Milano, Roma e Venezia e di Flyone Armenia da Milano, che si aggiungono ai collegamenti con scalo delle maggiori compagnie aeree.

Armenia: l’Ente del turismo incontra il trade a Roma e Milano, il paese delle albicocche si rilancia

Armenia: l’Ente del turismo incontra il trade a Roma e Milano, il paese delle albicocche si rilancia

Il roadshow con le due date italiane rientra nelle attività mirate al trade e alla stampa del Tourism Committee of Armenia, impegnato a rilanciare il turismo internazionale verso la destinazione, che segnala un notevole aumento degli arrivi dall’Italia. Nel periodo gennaio – luglio 2023 i visitatori italiani sono stati 6.096, con un incremento di circa il 229% rispetto al corrispondente periodo del 2022. Numeri che confermano la tendenza positiva iniziata con la ripresa dei viaggi nel 2021 e le enormi potenzialità di sviluppo del mercato italiano, che nel 2019 arrivò a sfiorare i 12.000 arrivi.

Con l’obiettivo di rilanciare il turismo dall’Italia, lo scorso marzo l’ente del turismo armeno ha partecipato all’evento che si è svolto a Venezia, organizzato dall’aeroporto “Marco Polo” di Venezia in collaborazione con WizzAir, durante il quale, Sisian Boghossian ha evidenziato i plus della destinazione e dei voli diretti per Yerevan. Proseguendo su questo slancio, dal 10 al 14 luglio il Comitato del Turismo dell’Armenia, in collaborazione con Wizz Air, ha ospitato alcuni giornalisti italiani nell’ambito del programma “Fam Trips to Armenia”. “Il Tourism Committtee of Armenia rimane fermo nel suo impegno volto a espandere la presenza dell’Armenia nel panorama turistico globale, e i recenti risultati nel mercato italiano indicano che la scelta strategica di coinvolgere trade e stampa va nella giusta direzione” sottolinea Sisian Boghossian.

Armenia: l’Ente del turismo incontra il trade a Roma e Milano, il paese delle albicocche si rilancia

Iscrizioni online per il roadshow
www.armenia.travel

 

Dalle albicocche ai khachkars i simboli della tradizione dell’Armenia: da Noè all’Ararat l’orgoglio di un popolo

Alla ricerca dell’Arca perduta: a Echmiadzin, in Armenia, in un’antica chiesa c’è un pezzo della barca di Noè

E’ il lavash il patrimonio dell’Armenia: nel sottile pane tradizionale c’è la storia bimillenaria del Paese asiatico

L’Arca di Noè e il monte Ararat sulla banconota da 500 dram dell’Armenia votata come “la migliore dell’anno”

ArArAt, il brandy simbolo dell’Armenia nel mondo: invecchia a Yerevan, nella cantina-fortezza che è pure Museo del gusto

Vai al sito

KARABAKH: Comunque un genocidio. Intervista con il professor Luis Moreno Ocampo (Glistatigenerali 13.09.23)

Il Nagorno-Karabakh è una regione del Caucaso meridionale senza sbocco sul mare, internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian, ma governata dalla Repubblica del Nagorno-Karabakh (NKR), non riconosciuta, dalla prima guerra del Karabakh (1994). Durante la Seconda guerra del Karabakh, nel 2020, l’Azerbaigian ha riconquistato la maggior parte del territorio.

L’unico collegamento tra la NKR e l’Armenia è il cosiddetto Corridoio di Lachin, che facilita il rifornimento di cibo e medicinali alla popolazione locale. L’Azerbaigian ha iniziato a chiudere questa via di trasporto nel dicembre 2022, interrompendo l’accesso dell’enclave armena all’Armenia nel luglio 2023. Mentre la popolazione locale affronta lo spettro della fame, parliamo con un ex procuratore della Corte penale internazionale, il professor Moreno Ocampo, che descrive gli eventi in corso come “un genocidio”.

Dal dicembre 2022, per i residenti armeni del Nagorno Karabakh è sempre più difficile accedere a cibo e medicinali, poiché l’unica via di transito dal territorio alla Repubblica di Armenia è stata limitata. La situazione umanitaria si sta deteriorando e, dal giugno 2023, sono state segnalate carenze alimentari. La reazione internazionale è stata significativa, ma non ha ancora avuto un impatto sugli sviluppi in loco.

Nel febbraio 2023 la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha ordinato in modo vincolante alla Repubblica dell’Azerbaigian di aprire il Corridoio di Lachin, facendo riferimento alla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale[1] . Su richiesta della diaspora armena, il 7 agosto l’ex procuratore Luis Moreno Ocampo ha pubblicato una perizia che definisce gli eventi in corso nel Nagorno-Karabakh “un genocidio”, facendo riferimento a una Convenzione delle Nazioni Unite che definisce i crimini. con un significato più pesante e storicamente più carico, usato con parsimonia nel diritto internazionale[2]. Successivamente, il 16 agosto, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto all’Azerbaigian di ripristinare l’unico collegamento di trasporto tra il Nagorno Karabakh e l’Armenia – il cosiddetto Corridoio di Lachin – per motivi umanitari.

Per capire il significato del termine “genocidio”, ci siamo rivolti al professor Moreno Ocampo. Egli osserva che non è necessario perdere una sola vita per classificare un caso come “genocidio”. La conseguenza legale di questo inquadramento giuridico non è semplicemente la punizione di uno Stato o di un individuo legato a un caso di genocidio ma, cosa fondamentale, la prevenzione di un genocidio per evitare un processo simile. Secondo le disposizioni dell’accordo di cessate il fuoco che ha posto fine alla seconda guerra del Karabakh (novembre 2020), la sicurezza di questa via di transito è stata affidata alle forze di pace russe. Sempre più spesso le truppe russe non sono disposte a far rispettare il loro mandato, poiché l’Azerbaigian ha installato dei posti di blocco.

Luis Moreno Ocampo con Angelina Jolie

Alla riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di agosto, Francia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti hanno chiesto l’apertura immediata del corridoio[3] . La Russia ha proposto l’apertura di un corridoio umanitario attraverso l’Azerbaigian, richiedendo all’autoproclamata Repubblica indipendente del Nagorno Karabakh di rinunciare a qualsiasi pretesa di autonomia politica.

Il termine “genocidio”, come definito dal teorico giuridico ebreo Raphael Lemkin, è un termine carico di significato politico e storico, che deve molto al suo massacro degli armeni nel 1915. Studente di diritto internazionale negli anni Venti, Lemkin sottolineò l’assenza di norme internazionali per prevenire e perseguire i casi di pulizia etnica sistematica. Dopo la Seconda guerra mondiale, Lemkin si batté con successo per l’adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, un termine che non viene preso alla leggera dalla comunità internazionale[4] . Per capire cosa significa “genocidio” nel contesto del Nagorno Karabakh, abbiamo cercato di parlare con la prima persona che ha evocato il termine, il professor Moreno Ocampo.

Domanda. Con il suo aiuto, vorrei capire il significato della sua perizia. Se capisco la definizione tradizionale di Lemkin del termine “genocidio”, esso si applica quando sono soddisfatti tre criteri fondamentali:

i. lo sterminio sistematico di persone appartenenti a un gruppo etnico

ii. c’è una pianificazione statale nel prendere di mira i membri di un gruppo etnico.

iii. come in ogni caso di accusa, i mezzi impiegati non lasciano alcun ragionevole dubbio sull’intenzione e sulle           conseguenze previste di questa pianificazione.

Ocampo. No, la sua lettura non è corretta. Qualunque sia la proposta di Lemkin, la definizione è stabilita dalla Convenzione internazionale sul genocidio. Il trattato firmato da 153 Stati definisce il “genocidio” come l’intenzione di distruggere un gruppo e fa riferimento a cinque forme diverse per commettere il crimine. L’uccisione è una di queste, ma l’articolo II (c) descrive come genocidio “l’infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portarlo alla distruzione fisica”. Il blocco del corridoio di Lachin sta creando tali condizioni.

Nel mio rapporto, offro ragionevoli basi legali per inquadrare questo blocco come un caso di genocidio. Non è il caso di costruire un caso “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Questa è l’asticella per una condanna, non per aprire un’indagine sulla questione.

Aprile 2023: L’Azerbaigian chiude il corridoio di Lachin per installare un posto di blocco

Domanda. Pertanto, si tratta di stabilire se siamo di fronte a una condizione di genocidio – “sì o no” – non di creare un caso legale per una condanna.

Ocampo. Giusto. La Corte internazionale di giustizia (CIG) ha già stabilito che gli armeni che vivono nel Nagorno Karabakh rischiano di subire “gravi danni fisici o mentali”, soddisfacendo così la soglia fissata dalla Convenzione sul genocidio. Voi avete bisogno di una base giuridica ragionevole per questa determinazione e io ve la offro.

Tuttavia, non si tratta di un procedimento giudiziario finalizzato a una condanna e, pertanto, lo standard non è quello dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”. La mia valutazione è ripresa anche dal professor Juan Mendez {che ha informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite}[6] , il quale osserva che esiste “un’indicazione precoce” di genocidio ai sensi dell’articolo II b). L’Azerbaigian non ha rispettato la richiesta della Corte internazionale di giustizia di aprire il corridoio di Lachin.

Domanda. Quindi, la violenza fisica non è necessaria per determinare un genocidio. Tuttavia, tutti i casi che lei cita come precedenti – il genocidio armeno del 1915, lo sterminio sistematico di polacchi ed ebrei da parte dei nazisti nel 1939, la Cambogia nel 1976 e Srebrenica nel 1994 – hanno un contesto specifico di violenza diretta.

Ocampo. Nel 1915, ad esempio, gli armeni di Armeni furono fatti marciare per poi morire di stanchezza e fame. Le condizioni si crearono quando furono costretti a marciare. Il blocco del corridoio di Lachin è come la situazione dei primi due giorni di marcia. Quindi, marciando gli armeni attraverso il deserto, hanno creato le condizioni per un genocidio. Tecnicamente, la creazione delle condizioni è il denominatore comune con il caso in questione. Ecco perché si fa riferimento al precedente. È importante notare che non sto presentando fatti nuovi in questo caso. Sto deducendo da fatti noti un parere legale, definendo gli eventi in corso come “genocidio”. Non si tratta di un parere politico, ma legale. Il re era nudo, l’ho appena detto.

Domanda. Concentrandomi su ciò che sta accadendo, o sui fatti, mi chiedo se la vostra conclusione giuridica sia influenzata dagli eventi sul campo. Negli ultimi giorni, l’Azerbaigian si è offerto di aprire vie di rifornimento umanitario dall’Azerbaigian, offrendo di fatto aiuti umanitari a condizione di revocare l’autonomia politica. Questo cambia la valutazione giuridica degli eventi in corso? Insomma, ogni caso simile di assedio è un atto di genocidio?

1915: scene dell’allora genocidio armeno

Ocampo. Resta il fatto che il blocco del Corridoio di Lachin crea le condizioni. Il genocidio è già stato commesso. L’Azerbaigian non ha rispettato un ordine della Corte. Il rifiuto di questo ordine ha una conseguenza legale ed è indicativo di un’intenzione genocida. Certo, questo potrebbe essere legato all’affermazione dell’autonomia politica del Nagorno-Karabakh, ma l’ordine legale è valido. C’è poi una seconda questione. La complicità. Se si svolge un ruolo di mediazione del conflitto accettando il blocco, o peggio ancora, se si accetta questa situazione come base per i negoziati, si può pensare a una collaborazione attiva nell’atto. Sia l’UE che gli USA devono comprendere il significato di complicità nel genocidio.

Domanda. Lei ha citato i mediatori come possibili complici. Il ruolo russo in Karabakh non è sancito dal sistema delle Nazioni Unite, ma è internazionalizzato da un comunicato dell’OSCE.

Ocampo. Il loro mandato si basa su un accordo co-firmato da Azerbaigian, Armenia e Russia ed è sufficientemente vincolante per il diritto internazionale. È sufficiente che le forze di pace siano lì se il loro mandato è riconosciuto dall’Azerbaigian. La Russia, gli Stati membri dell’UE e gli Stati Uniti sono membri della Convenzione sul genocidio. Tutti hanno la responsabilità legale di prevenire il genocidio. È significativo che se gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Russia intervenissero e facessero una richiesta, la situazione di stallo potrebbe essere risolta. È evidente che questa situazione in corso emerge perché l’Azerbaigian è in grado di sfruttare la differenza tra queste potenze mentre si svolge la guerra in Ucraina. In circostanze normali, affrontare la situazione di stallo sarebbe relativamente semplice.

Domanda. La discussione in questo caso può scivolare in un dibattito di “equivalenza morale”, poiché gli azeri confrontano gli eventi successivi alla prima guerra del Karabakh con quelli successivi alla seconda guerra del Karabakh. Gli eventi di questi due periodi sono giuridicamente equivalenti?

Ocampo. L’Azerbaigian ha ragione nel dire che la guerra del 2020 è stata in termini legali una guerra difensiva. Stavano recuperando un territorio sovrano. Dal punto di vista giuridico è un errore che l’Armenia abbia occupato questi territori. Ma la questione del genocidio è una questione legale diversa.

Domanda. Qual è la sede per decidere se un caso costituisce o meno un genocidio? Chi lo definisce un genocidio? Lei ha fatto riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia.

Ocampo. Ignorare un genocidio fino a quando un tribunale penale o la Corte internazionale di giustizia non decideranno che è stato commesso, vanificherebbe lo scopo della Convenzione di prevenire il crimine e facilitare il danno a 120.000 armeni. Nella sentenza Bosnia-Serbia del 2007, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito il principio secondo cui “l’obbligo di prevenzione e il corrispondente dovere di agire sorgono nel momento in cui lo Stato viene a conoscenza, o avrebbe dovuto normalmente venire a conoscenza, dell’esistenza di un grave rischio di genocidio”[6] .

Forze di pace russe, accasate di essere alleate con l’Azerbaijan

Forze di pace russe, accasate di essere alleate con l’Azerbaijan

La Corte ha aggiunto: “Ciò non significa ovviamente che l’obbligo di prevenire il genocidio sorga solo quando inizia la perpetrazione del genocidio; sarebbe assurdo, poiché l’intero scopo dell’obbligo è quello di prevenire o tentare di prevenire il verificarsi dell’atto”[7] .

Nella situazione del Nagorno-Karabakh, la prevenzione dovrebbe essere la priorità per proteggere 120.000 armeni a rischio di distruzione fisica. Il primo passo verso questa prevenzione è il riconoscimento della situazione di genocidio.

Il sistema giuridico internazionale ha un problema intrinseco: non è stato progettato per proteggere le persone, ma per proteggere gli Stati. Per questo motivo il caso di genocidio – che riguarda gli individui – è difficile da determinare. Non esiste un sistema consolidato per determinare il genocidio. Non siamo riusciti a consolidare Norimberga in un sistema che potesse essere applicato a questo caso. Gli Stati hanno l’obbligo di prevenire il genocidio. L’etichetta “Genocidio” ha conseguenze legali per gli Stati.

[1] Sentenza sul genocidio bosniaco (n. 46), paragrafo 431.

[2] Juan Ernesto Mendez, “Parere preliminare: sulla situazione in Nagorno-Karabakh e sulla necessità che la comunità internazionale adotti misure per prevenire i crimini di atrocità”, 23 agosto 2023, https://un.mfa.am/file_manager/un_mission/Preliminary%20Opinion%20-%2023.08.2023.pdf

[3] “Raphael Lemkin e la Convenzione sul genocidio”, 12 maggio 2020, https://www.facinghistory.org/resource-library/raphael-lemkin-genocide-convention
[4] Juan Ernesto Mendez, “Parere preliminare: sulla situazione in Nagorno-Karabakh e sulla necessità che la comunità internazionale adotti misure per prevenire i crimini di atrocità”, 23 agosto 2023, https://un.mfa.am/file_manager/un_mission/Preliminary%20Opinion%20-%2023.08.2023.pdf

[5] Corte penale internazionale, “Applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Armenia contro Azerbaigian)”, ordinanza: February 22, 2023, https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/180/180-20230222-ORD-01-00-EN.pdf

[6] Luis Moreno Ocampo, https://en.wikipedia.org/wiki/Luis_Moreno_Ocampo
[7] “Yazidi, l’ex procuratore della CPI Ocampo spinge per aprire un caso di genocidio”, 4 settembre 2015, https://en.gariwo.net/flash-news/yazidi-former-icc-prosecutor-ocampo-pushes-13883.htm

Vai al sito

Azerbaigian-Armenia: Ue, “garantire la fornitura di prodotti essenziali agli armeni del Karabakh” (AgenSir 13.09.23)

“La situazione sul campo si sta deteriorando rapidamente. È fondamentale garantire la fornitura di prodotti essenziali agli armeni del Karabakh. L’apertura della rotta Agdam-Askeran oggi è un passo importante che dovrebbe facilitare la riapertura anche del corridoio di Lachin”. Lo comunica in una nota il portavoce del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, commentando la situazione tra l’Azerbaigian e l’Armenia. “Prendiamo atto del passaggio odierno di una consegna umanitaria russa attraverso la rotta Ağdam-Askeran. Ci aspettiamo che crei uno slancio per la ripresa di regolari consegne umanitarie alla popolazione locale”, ha aggiunto. “Chiediamo a tutte le parti interessate di dare prova di responsabilità e flessibilità nel garantire l’utilizzo sia della rotta di Lachin che di quella di Agdam-Askeran”. L’Ue si aspetta che gli sviluppi odierni siano seguiti da “passi più concreti nei prossimi giorni e settimane, anche per quanto riguarda il dialogo tra Baku e gli armeni del Karabakh sui loro diritti e sulla sicurezza, gli sforzi di riconciliazione e il processo di pace complessivo tra Armenia e Azerbaigian”. Negli ultimi giorni il presidente Michel “ha avuto intensi contatti” con conversazioni telefoniche, il 9 settembre 2023, sia con il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, e il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, sia con il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, a margine del vertice del G20 di Nuova Delhi del 10 settembre 2023.

Vai al sito

Putin: Il governo armeno ha accettato la sovranità dell’Azerbaigian su Karabakh (TRT 13.09.23)

Il governo armeno ha accettato la sovranità dell’Azerbaigian su Karabakh. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin rispondendo alle affermazioni secondo cui l’Armenia avrebbe tagliato i legami con la Russia, il suo alleato molto stretto, in risposta alle operazioni militari congiunte tra Armenia-USA.

“Il governo armeno ha proclamato, nel documento firmato a Praga, capitale della Repubblica Ceca, nell’ottobre 2022, di accettare i confini del 1991, riconoscendo così che Karabakh fa parte dell’Azerbaigian. Se l’Armenia ha riconosciuto la sovranità dell’Azerbaigian su Karabakh, non ha senso discutere lo status di Karabakh. La situazione di Karabakh è stata determinata da Erevan” ha affermato Putin.

A proposito dei rapporti con Pashinyan, Putin ha risposto che non ha nessun problema con lui. “Rimaniamo sempre in contatto con Pashinyan” ha aggiunto.

Erevan accusa Mosca di non aver adempiuto ai suoi obblighi nei confronti sia dell’Armenia che della popolazione etnica armena nella regione del Nagorno-Karabakh.

Vai al sito

276° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il blocco in corso da 9 mesi continua. La realtà è superiore all’inganno (Korazym 13.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.09.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il primo giorno del decimo mese di blocco dell’Artsakh. Fino a ieri erano trascorsi nove mesi da quando il regimo autocratico dell’Azerbajgian ha bloccato l’accesso alla Repubblica di Artsakh dall’Armenia e dal mondo esterno. Cibo, acqua e medicine scarseggiano, le forniture provenienti dall’esterno della regione non possono entrare nell’enclave e ora l’Azerbajgian ha aumentato la sua presenza militare attorno all’enclave, minacciando una ripresa di una guerra su vasta scala. Questo è un momento di estremo pericolo per gli Armeni che vivono nel Caucaso meridionale.

Da mesi ormai l’Istituto Lemkin per la prevenzione del genocidio mette in guardia la comunità internazionale dalla minaccia di genocidio da parte dell’Azerbajgian. La minaccia deriva non solo dal blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e dal rifiuto delle forze armate azere di consentire il movimento in ambedue le direzioni di persone, veicoli e merci, ma anche dalla retorica genocida proveniente dai funzionari statali azeri.

Anche se la comunità internazionale abbia compiuto alcuni piccoli passi per contrastare le azioni del regime autocratico azerbajgiano, questi non sono minimamente sufficienti. Occorre esercitare molta più pressione su Ilham Aliyev affinché revochi il blocco, apri il Corridoio di Lachin senza ostacoli e cessi le sue minacce di guerra e genocidio contro gli Armeni nel Caucaso meridionale. L’Istituto Lemkin ha rinnovato per l’ottava volta il suo appello alla comunità internazionale affinché protegga la vita degli Armeni e difende il loro diritto all’autodeterminazione in Artsakh.

Se è possibile aiutare l’Ucraina contro l’aggressione russa, perché non è possibile aiutare anche l’Armenia e l’Artsakh contro l’aggressione azera?

Gli Ambasciatori dell’Azerbajgian in tutto il mondo si sforzano di giustificare le azioni disumane del loro padrone, distorcendo i fatti: non c’è blocco del Karabakh perché la strada di Aghdam è aperta. Leggendo la narrazione della propaganda menzognera del regime autocratica degli Aliyev e le attività dei troll e “diplomatici” azeri sui social media, viene in mente l’espressione di Ennio Flaiano: «Deve esserci qualcuno che continua a spostare la soglia del ridicolo».

Purtroppo, ed è una costatazione che non fa ridere, sempre più Italiani non sanno più riconoscere le fake news e distinguere la menzogna dalla verità, l’ingiustizia dai diritti di un popolo oppresso e vittima di genocidio.

Ieri, 12 settembre 2023, con il giubilo sui social media azeri, un camion con circa 15 tonnellate di aiuti umanitari della Croce Rossa russa è giunto a Stepanakert via Akna (Aghdam)-Askeran. Il primo camion che entra in Artsakh dal 15 giugno 2023. I due camion con “farina umanitaria-filantropica” azeri non sono entrati in Artsakh. Vedremo se, come da “accordi”, che però gli Azeri si erano già rimangiati, verrà “aperto” il Corridoio di Lachin.

Gli aiuti russi ricevuti ieri consistevano in beni identificati come necessità cruciali dal governo dell’Artsakh:
Articoli non alimentari (coperte, lenzuola come richiesto da ospedali e cliniche) – 270 set.
Kit per l’igiene – 200 set (dentifricio, sapone, shampoo).
Kit per neonati (cereali per neonati, vitamine, sapone per neonati, crema per neonati, pannolini per neonati, salviette umidificate per neonati).
Componenti alimentari – 11,4 tonnellate di alimenti, costituiti da 1000 set, con un peso totale di 11,4 kg per set, ciascuno contenente:
Farina di frumento 0,9 kg – 1 unità
Zucchero 1 kg – 1 unità
Riso 2 kg – 1 unità
Lenticchie 500 g – 3 unità
Piselli 1 kg – 1 unità
Granoturco 1 kg – 1 unità
Semola 1 kg – 1 unità
Pasta 0,5 kg – 1 unità
Grano saraceno 0,5 kg – 5 unità

Ieri, 12 settembre 2023, Avvenire ha pubblica un articolo a firma di Nello Scavo [QUI]: «(…) la riapertura del corridoio umanitario di Lachin resta fonte di tensione e ambiguità. Le autorità azere non confermano la completa riattivazione del collegamento verso la regione del Nogorno-Karaback, dove la minoranza armena è di fatto isolata da settimane, ma parla genericamente di disponibilità a concedere il passaggio degli aiuti umanitari.
A partire dal dicembre 2022 alcuni civili azeri che si identificavano come “attivisti ambientali” hanno iniziato a bloccare il corridoio Lachin e nell’aprile 2023 l’Azerbaigian ha stabilito un nuovo checkpoint di sicurezza lungo la strada, interrompendo il flusso di persone e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ad eccezione delle evacuazioni mediche urgenti, creando quella che gli Stati Uniti e altri hanno definito una «situazione umanitaria in rapido deterioramento» se non , come ha fatto l’ex procuratore internazionale Momreno-Ocampo, di «tentativo di genocidio», contro i 120mila armeni che vivono in territorio azero. Baku afferma di aver agito per impedire che la strada venisse utilizzata per il contrabbando di armi. Le autorità etniche armene in Karabakh hanno dichiarato sabato di aver accettato di consentire spedizioni di aiuti dal territorio controllato da Baku per la prima volta dopo decenni, in cambio della riapertura del corridoio Lachin. Ma l’attuazione dell’accordo suscita molte incertezze.
I segnali che arrivano sono ambigui. Hikmet Hajiev, consigliere di politica estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha negato che Baku abbia raggiunto un accordo con la provincia separatista del Nagorno-Karabakh per riaprire contemporaneamente le strade verso l’Azerbaigian e l’Armenia. Hajiev ha affermato che l’Azerbaigian manterrà il controllo «di frontiera e doganale» sul corridoio di Lachin, che collega il Karabakh all’Armenia.(…)».

Titolo e cappello dell’articolo:
– di Avvenire online:
«La crisi. Armenia, c’è l’accordo sulla riapertura del corridoio umanitario
Dubbi sulla tenuta dell’intesa, che prevede che gli aiuti russi possano transitare verso il Nagorno-Karabakh dove la minoranza armena è isolata da settimane»
– di Avvenire cartaceo:
«Armenia-Usa, alzata di scudi degli azeri
Mosca: La Nato si infiltra nel Caucaso
Dubbi sulla effettiva tenuta dell’accordo sulla riapertura del corridoio di Lachin. L’intesa raggiunta prevede che gli aiuti russi possano transitare verso il Nagorno-Karabakh»

Trovate le differenze e riflettete. Poi gli Armeni in Artsakh non sono minoranza, ma la quasi totalità. Inoltre, gli Armeni di Artsakh sono isolati non da settimane, ma da OTTO MESI. Vedere per credere. Se ci fosse un accordo, si vedrà se il Corridoio di Lachin verrebbe “aperto”. L’inganno è già in questa parola, perché non c’è nessun accordo sulla apertura, perché, se venisse “aperto” sarebbe solo per i Russi e la Croce Rossa e poi chi vivrà vedrà (per quanto durerà quella fantomatica “apertura” ad uso e consumo di una disinformazione di massa). Il grande inganno per far credere al mondo, senza vedere (Che non vuole conoscere la verità ma star attaccato alla canna del gas azero/russo), che non c’è blocco di Artsakh (che secondo Ilham Aliyev comunque non c’è mai stato).

Oggi è il giorno 50 dei 22 camion umanitari armeni bloccati all’ingresso del Lachin di Corridor, a cui si sono aggiunti 2 settimane fa i 10 camion umanitari francesi, in attesa del permesso del regime genocida dell’Azerbajgian di fornire aiuti a 120.000 Armeni condannati alla fame dal genocida #ArtsakhBlockade dell’Azerbajgian.

Mosca si aspetta l’apertura del Corridoio di Lachin tenendo conto degli accordi precedentemente raggiunti, ha dichiarato Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo: «Ci aspettiamo che, tenendo conto dell’intesa raggiunta in precedenza, nel prossimo futuro il Corridoio di Lachin verrà bloccato insieme alla rotta Aghdam».

Il Presidente francese, Emanuel Macron chiede una soluzione al conflitto nel Caucaso meridionale attraverso “l’unica via diplomatica”. La via diplomatica non esiste con l’Azerbajgian che è uno Stato genocida e barbaro, che rinega ogni accordo che firma, incolpando la controparte a violare gli accordi.

Robert Nicholson, il Presidente Fondatore e Direttore esecutivo del progetto Philos, co-Fondatore e membro del Consiglio di Passages Israel, membro del Comitato consultivo de In Defense of Christians e professore a contratto presso il King’s College di New York: «È estremamente allarmante. È piuttosto scioccante vedere che ogni giorno sul posto si registrano violazioni dell’integrità territoriale dell’Armenia da parte dei soldati azeri». Questo nonostante l’accordo tripartito di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 (che l’Azerbajgian ovviamente rifiuta di chiamare “cessate il fuoco”). Identiche violazioni quotidiani in Artsakh.

L’Azerbajgian ha definito la bandiera dell’Artsakh sventolata durante la partita di calcio a Yerevan una “provocazione contro l’Azerbajgian”. Immagina come sarebbe la vita per gli Armeni dell’Artsakh “integrati” in Azerbajgian. Possedere la bandiera dell’Artsakh sarebbe un crimine. Esprimere opinioni a sostegno dell’Artsakh sarebbe un crimine.

Il genocidio armeno è un crimine continuo. Dai massacri del 1894-1896 fino al #ArtsakhBlockade 2023, la partitura rimane la stessa: invasori contro i popoli autoctoni armeni. Dal punto di vista dell’invasore, l’esistenza stessa del popolo autoctono rappresenta la minaccia più grande, quindi, deve essere eliminato.

Il Senatore democratico del New Jersey, Presidente del Comitato per le relazioni esteri del Senato degli USA, Robert (Bob) Menendez ha tenuto un discorso nell’aula del Senato, sottolineando la gravità della crisi umanitaria che l’Artsakh si trova ad affrontare, offrendo un toccante appello all’azione: «Il governo di Aliyev in Azerbajgian sta portando avanti una campagna di atrocità atroci che portano i tratti distintivi del genocidio contro gli Armeni nell’Artsakh. Hanno intenzionalmente e brutalmente intrappolato tra i 100.000 e i 120.000 Armeni Cristiani nelle montagne del Karabakh. C’è solo una strada per uscire e collegare il Nagorno-Karabakh all’Armenia per persone, cibo, medicine e beni di prima necessità». Menendez non usa mezzi termini quando mette in guardia l’Azerbajgian per il blocco genocida dell’Artsakh: «Agli uomini che organizzano e attuano questo brutale [blocco]: vi riterremo responsabili dei vostri crimini, anche se ci vorrà una vita». Dire la verità come dovrebbe essere detta sulla pulizia etnica e il genocidio in Artsakh, al contrario del Segretario di Stato, Anthony Blinken, è un atto rivoluzionario.

Il 12 settembre 2023 a Buenos Aires, il Ministro della Difesa dell’Uruguay, Javier García, ha fatto riferimento al #ArtsakhBlockade durante la Conferenza Latinoamericana e Caraibica sulle operazioni di pace delle Nazioni Unite: «Gli Armeni soffrono nell’Artsakh, è una violazione dei diritti umani».

L’Azerbajgian si prepara ad una nuova aggressione militare contro l’Armenia e l’Artsakh

Vahe Gevorgyan, il Vice Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, ha tenuto un discorso il 12 settembre 2023 a Vienna alla sessione speciale del Consiglio Permanente dell’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE), convocata su iniziativa dell’Armenia.
Gevorgyan ha richiamato l’attenzione dei rappresentanti degli Stati partecipanti dell’OSCE sull’aggravarsi della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh a seguito del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian da 9 mesi, nonché sulle azioni volte a rafforzare la situazione di sicurezza dalle forze armate azerbajgiane lungo il confine armeno-azerbajgiano e la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh.
Gevorgyan ha sottolineato che il blocco disumano imposto dall’Azerbajgian ai 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh e la completa cessazione delle forniture umanitarie, accompagnato dal blocco deliberato delle infrastrutture chiave come l’elettricità e il gas, hanno portato ad una crisi umanitaria estrema, con cui l’Azerbajgian sta prendendo di mira nel Nagorno-Karabakh, che subirà una completa pulizia etnica.
«Il blocco del Nagorno-Karabakh è parte di un quadro più ampio e dell’essenza di decenni di incitamento all’odio contro gli Armeni, di politica di uso e minaccia della forza, di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani, che sono segni premonitori di un genocidio premeditato», ha detto Vahe Gevorgyan.
Il Vice Ministro degli Esteri armeno ha sottolineato che l’Azerbajgian dovrebbe ascoltare gli appelli della comunità internazionale e attuare incondizionatamente la decisione della Corte Internazionale di Giustizia, adottata il 23 febbraio 2023 e riaffermata il 6 luglio 2023 per fermare il blocco illegale del Corridoio Lachin e garantire la circolazione senza ostacoli di persone, veicoli e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh in entrambe le direzioni.
Gevorgyan ha sottolineato l’urgenza di garantire un accesso umanitario senza ostacoli al Nagorno-Karabakh e il coinvolgimento delle strutture internazionali competenti sul terreno.
Riferendosi alla situazione della sicurezza nella regione, il Vice Ministro degli Esteri armeno ha condannato il movimento e l’accumulo di personale, armi offensive e attrezzature militari effettuato dall’Azerbajgian lungo il confine con l’Armenia e la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh. Ha sottolineato che queste azioni non sono altro che una minaccia della forza, il che dimostra che l’Azerbajgian si sta preparando per una nuova aggressione militare contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
«Mentre l’Armenia rimane impegnata a risolvere tutte le questioni in sospeso con l’Azerbajgian esclusivamente attraverso mezzi politici e diplomatici, ci aspettiamo che la comunità internazionale e i nostri partner facciano ogni sforzo e utilizzino i mezzi a loro disposizione per prevenire un’altra aggressione nella nostra regione», ha sottolineato Vahe Gevorgyan.
Il Vice Ministro degli Esteri armeno ha riaffermato l’impegno dell’Armenia per stabilire la stabilità e la pace duratura nella regione, sottolineando che ciò può essere attuato solo in condizioni di esclusione dell’uso della forza e di violazioni di massa dei diritti umani fondamentali. Ha inoltre sottolineato la necessità di particolari sforzi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh e di un forte meccanismo internazionale per il dialogo tra Stepanakert e Baku, che consentirà risultati tangibili nel processo.

Finalmente qualcuno lo dice. Stava diventando nauseante leggere i commenti occidentali secondo cui tutto questo sta accadendo “perché la Russia è distratta e indebolita”: «Gli analisti occidentali sbagliano quando classificano le azioni dell’Azerbajgian come “mentre la Russia è distratta e indebolita”. No, l’Azerbajgian sta facendo tutto questo proprio a causa della Russia» (Isa Yusibov, Consigliere senior per gli affari esteri e la politica di difesa presso il Parlamento dei Paesi Bassi).

Il discorso del Presidente russo alla sessione plenaria del Forum Economico Orientale a Vladivostok, 12 settembre 2023

«Vladimir Putin ha ufficialmente rinunciato ai doveri di sicurezza della Russia nei confronti del Nagorno-Karabakh, attribuendo la colpa all’Armenia. In tal modo, il Presidente russo ha anche annullato la dichiarazione [tripartita] rilasciata il 9 novembre 2020, in cui delineava gli impegni della Russia nella regione. Come e perché è successo questo? Putin non ha incolpato l’Azerbajgian, che ha bloccato il Nagorno-Karabakh da nove mesi, per la grave crisi umanitaria che ne è derivata.
Ha invece accusato il governo armeno di essere responsabile della crisi. Putin ha affermato che il riconoscimento da parte di Nikol Pashinyan dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso il Nagorno-Karabakh, ha chiuso la questione dello status del Karabakh e limitato le opzioni di Mosca.
Putin non ha spiegato perché l’Azerbajgian ha ripetutamente violato la dichiarazione del 9 novembre 2020, ad esempio omettendo di restituire i prigionieri di guerra Armeni. Inoltre, non ha spiegato perché la Russia sostiene la richiesta dell’Azerbajgian per un “Corridoio di Zangezur” attraverso il territorio armeno. Inoltre, Putin non ha spiegato perché la Russia non è intervenuta per impedire all’Azerbajgian di bloccare l’Artsakh.
L’Armenia ha sempre riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Ciò è stato stabilito nella Dichiarazione di Alma-Ata sulla creazione della Comunità degli Stati Indipendenti nel 1991. Inoltre, la stessa Russia ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, compreso il Nagorno-Karabakh, nella Dichiarazione di Alma-Ata. Dopo il 9 novembre 2020, Putin ha dichiarato pubblicamente per due volte che il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian secondo il diritto internazionale.
Il 22 febbraio 2022 [due giorni prima invasione Forze armate della Federazione Russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022], la Russia ha firmato una dichiarazione di alleanza con l’Azerbajgian, in cui ha ribadito il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Nel primo punto della dichiarazione dell’alleanza Putin-Aliyev, Russia e Azerbajgian riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale e si impegnano a non interferire reciprocamente negli affari interni.
Ciò significa che la Russia ha riconosciuto il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian prima a quando lo ha fatto l’Armenia (ottobre 2022). Come può ora la Russia incolpare l’Armenia per aver riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian? Putin si è impegnato a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian nella dichiarazione di alleanza, ma ora incolpa l’Armenia di fare lo stesso?
Lo stesso Putin considera il Nagorno-Karabakh una questione interna dell’Azerbajgian. Perché ora accusa l’Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian? Secondo la clausola 11 della Dichiarazione dell’Alleanza Russia-Azerbajgian, la Russia e l’Azerbajgian si impegnano a sopprimere le attività di organizzazioni e individui nei loro territori che cercano di minare la sovranità statale, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’altra parte.
Tuttavia, Putin ora incolpa l’Armenia per aver riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. In altre parole, Putin accusa Pashinyan di non aver presentato rivendicazioni territoriali all’Azerbajgian. Nel frattempo, Putin si è impegnato a prevenire attività che minano l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Come possiamo comprendere le azioni contraddittorie del Presidente russo?
L’Armenia è stata costretta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian dopo l’attacco militare del 13 settembre 2022, quando furono occupati 150 chilometri quadrati di territorio armeno.
A proposito, un anno fa, il 7 settembre 2022, Nikol Pashinyan ha partecipato al Forum economico orientale insieme a Vladimir Putin a Vladivostok. Ho informazioni da dietro le quinte secondo cui durante quell’incontro Pashinyan avvertì Putin che l’Azerbajgian stava preparando un attacco all’Armenia e chiese assistenza per prevenirlo. Putin ha detto che avrebbe parlato con Aliyev. Tuttavia, 5 giorni dopo l’incontro Putin-Pashinyan, il 13 settembre, l’Azerbajgian ha attaccato l’Armenia e ha occupato 150 chilometri quadrati del territorio armeno.
Aliyev ha dichiarato che poiché l’Armenia non riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, neanche Baku riconosce l’integrità territoriale dell’Armenia. E le truppe russe di stanza in Armenia si sono rifiutate di adempiere ai loro doveri di sicurezza nei confronti dell’Armenia.
L’Azerbajgian ha poi lanciato attacchi, costringendo l’Armenia a riconoscere la sua integrità territoriale. Se Putin avesse voluto che l’Armenia resistesse agli attacchi dell’Azerbajgian e non riconoscesse il suo territorio, non avrebbe dovuto rinunciare alla responsabilità di garantire la sicurezza dell’Armenia. Sia l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) che la Russia hanno respinto le richieste di assistenza militare dell’Armenia.
Sembra che la Russia non voglia che il conflitto del Nagorno-Karabakh venga risolto. Putin non è riuscito a convincere Aliyev nell’autunno del 2022 a rinviare la decisione sullo status del Karabakh, e ora sta incolpando l’Armenia per la sua incapacità.
La Russia, infatti, non è in grado di adempiere ai propri compiti di sicurezza nel Nagorno-Karabakh e incolpa Yerevan. Inoltre, la Russia prevede che l’Azerbajgian intraprenderà presto un’azione militare contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, e da oggi evita di assumersi la responsabilità. In un certo senso, Putin sta spingendo l’Azerbajgian ad attaccare militarmente.
Perché se l’Azerbajgian non avesse attaccato il Nagorno-Karabakh fino ad ora, pensando che forse la Russia avrebbe interferito, Putin gli ha assicurato apertamente che le forze di mantenimento della pace russe non impediranno un attacco su larga scala all’Artsakh.
La dichiarazione più sensazionale di Putin è che spera che l’Azerbajgian non ricorra alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh: «Naturalmente, qui sorgono altre questioni legate alla componente umanitaria e al mandato delle nostre forze di mantenimento della pace. Il mandato è ancora valido. Ma le questioni di natura umanitaria, ovvero il fatto che lì non è consentito alcun tipo di pulizia etnica, ovviamente, non sono scomparse, e sono pienamente d’accordo con questo. Spero che la leadership dell’Azerbajgian, come ha sempre detto, non sia interessata alla pulizia etnica, al contrario, sia interessata a che questo processo proceda in modo piano».
Riuscite ad immaginare: Vladimir Putin, che ha promesso sicurezza a 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh dopo la guerra del 2020, invitandoli a tornare nel Nagorno-Karabakh e assicurando loro che le forze di mantenimento della pace russe avrebbero garantito la sicurezza, oggi spera solo che l’Artsakh non subisca pulizia etnica.
Putin ha l’abitudine di dire cose che non dovrebbe dire pubblicamente. Mi chiedo quale processo dovrebbe andare piano. Il processo di pulizia etnica degli armeni del Nagorno Karabakh andrà piano? In ogni caso, Putin non parla d’altro che di pulizia etnica.
Non mi sorprende affatto che, dopo aver iniziato una guerra criminale contro l’Ucraina, la Russia rifiuti i suoi obblighi di sicurezza nei confronti del Nagorno-Karabakh. Quei funzionari che si sono fidati e hanno creduto alle garanzie di sicurezza di Putin sono colpevoli.
È interessante notare che Putin è stato interrogato anche sulle esercitazioni militari armeno-americane, sulla visita della moglie di Nikol Pashinyan a Kiev e sul trasferimento di aiuti umanitari, nonché sulle dure valutazioni critiche espresse dal Presidente del Parlamento armeno nei confronti del Portavoce del Ministero degli Esteri russo. Tuttavia, Putin non ha affrontato in alcun modo questi problemi.
Inoltre non ha risposto perché la CSTO non adempie ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti dell’Armenia. Putin ha solo detto che è in contatto con Nikol Pashinyan e che non vi è alcuna situazione caotica nelle relazioni armeno-russe» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«Le dure conseguenze del neocolonialismo russo in Armenia. L’esplosione delle relazioni armeno-russe si è verificata quando il Primo Ministro armeno ha annunciato che la dipendenza unilaterale dalla Russia nel campo della sicurezza era un errore strategico e che l’Armenia sta cercando di bilanciare il sistema di sicurezza. Questa era una constatazione della realtà, una valutazione che avrebbe dovuto essere fatta decenni fa, quando la Russia vendeva armi per miliardi di dollari all’Azerbajgian, che si preparava alla guerra contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia.
Il governo armeno ha fatto appello al Parlamento affinché ratificasse lo Statuto di Roma, la moglie di Pashinyan ha visitato Kiev e ha fornito aiuti umanitari all’Ucraina, e sono state lanciate esercitazioni di mantenimento della pace armeno-americane. Queste azioni hanno suscitato dure reazioni da parte di Lavrov, dei Viceministri degli Esteri russi, di Peskov e Zakharova. In precedenza l’Ambasciatore armeno è stato chiamato al Ministero degli Esteri russo e gli è stata consegnata una nota di protesta.
Il 12 settembre, Vladimir Putin ha finalmente parlato, rispondendo sostanzialmente alle accuse di Nikol Pashinyan. Il Presidente russo ha accusato l’Armenia dell’inazione della Russia, accusandola di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. In altre parole, Putin sta spingendo l’Armenia a presentare una rivendicazione territoriale all’Azerbajgian in modo che la Russia possa continuare a “scaldarsi le mani” sul conflitto armeno-azerbajgiano e garantire l’eterna influenza della Russia nel Caucaso meridionale a costo del sangue di entrambi. nazioni.
Sebbene Putin non ne abbia parlato, la Russia non si rassegna all’idea che l’Armenia possa formare un partenariato di sicurezza con l’Occidente. L’Armenia acquista armi anche dall’India e da altri Paesi. L’Armenia ha pagato milioni di dollari alla Russia affinché i Russi fornissero armi, ma non forniscono armi e stanno anche cercando di impedire all’Armenia di diversificare il proprio sistema di sicurezza.
Se formuliamo brevemente ciò che ha detto la Russia, è il seguente: anche se c’è il grande pericolo che l’Armenia venga occupata dall’Azerbajgian, anche in quel caso Yerevan non dovrebbe acquistare armi da altri Paesi e non dovrebbe cooperare con l’Occidente nel campo della sicurezza.
I Russi ci dicono: siate massacrati, siate uccisi, non vi sosterremo, ma non oserete cooperare con nessuno Stato diverso dalla Russia. Questo è il classico pensiero assurdo neocoloniale russo.
In altre parole, la Russia ha rifiutato di rinunciare ai suoi doveri di sicurezza nei confronti dell’Armenia, ma si arrabbia quando Yerevan cerca di sopravvivere. La Russia ha espresso valutazioni estremamente dure nei confronti di Yerevan quando l’Armenia ha acconsentito alla presenza di Osservatori dell’Unione Europea sul suo territorio. Perché?
La Russia ha sempre ritenuto che l’Armenia fosse il suo avamposto nel Caucaso meridionale, che il conflitto armeno-azerbajgiano dovesse sempre continuare, il che consente a Mosca di avere una presenza militare nel Caucaso meridionale.
Ora, infatti, l’Armenia vuole condividere quel ruolo e sta facendo alcuni piccoli passi, ad esempio portando Osservatori dell’Unione Europea nella regione. Immaginiamo che l’Iran, che ha una posizione estremamente negativa nei confronti dell’Occidente, non abbia impedito l’ingresso degli osservatori dell’Unione Europea in Armenia e non abbia condannato le esercitazioni di mantenimento della pace armeno-americane.
Penso che l’Iran capisca che anche il rafforzamento della sovranità e della sicurezza dell’Armenia, anche con l’aiuto dell’Occidente, è nell’interesse dell’Iran. Più forte e sicura sarà l’Armenia, più protetti saranno il confine settentrionale dell’Iran e Syunik. In altre parole, gli interessi dell’Iran e dell’Occidente coincidono con la sovranità e la sicurezza dell’Armenia.
La Russia mantiene ancora lo stereotipo secondo cui l’Armenia è una sua colonia e non può condurre una politica estera indipendente. Questa è una conseguenza della politica completamente sbagliata delle autorità armene dagli anni ’90 fino agli ultimi anni.
I leader armeni hanno perso la loro immunità di sicurezza nazionale e non hanno considerato pericolosa l’integrazione dell’Armenia con la Russia nei progetti di sicurezza, economici ed energetici.
L’Armenia ha aderito all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), all’Unione Economica Eurasiatica (EEU), e ha dispiegato una base militare russa nel suo territorio, ma ciò non ha portato ad un aumento del livello di sicurezza dell’Armenia. E ora l’Armenia registra questo fatto, affermando che è stato un errore strategico dipendere dalla Russia nel campo della sicurezza.
Ieri Putin non ha smentito la valutazione di Pashinyan, ma ha giustificato il motivo per cui la Russia sta abbandonando le sue responsabilità di garante della sicurezza nel Nagorno-Karabakh.
La Russia non è abituata a vedere l’Armenia prendere decisioni sovrane, come l’invio di aiuti umanitari all’Ucraina o il boicottaggio dei formati CSTO.
Il fatto che la dipendenza dalla Russia per la sicurezza fosse un errore strategico è stato dimostrato durante la guerra dei 44 giorni del 2020. Nel 2020, oltre il 95% dell’arsenale dell’esercito armeno era costituito solo da armi russe. Erano tecnologicamente obsoleti. La Russia ha spesso fornito all’Armenia armi di bassa qualità bisognose di riparazioni, il che ha creato un rapporto disuguale rispetto all’Azerbajgian.
La Russia ha utilizzato il fattore di dipendenza unilaterale in termini di sicurezza dell’Armenia per sostenere la vittoria dell’Azerbajgian e in cambio per dispiegare un contingente militare in Karabakh. Russia e Bielorussia hanno fornito il 67% dell’arsenale dell’Azerbajgian nel periodo 2011-2020.
Le forze filo-russe dell’Armenia hanno spiegato la vendita di armi russe all’Azerbajgian con il fatto che il Cremlino ha così assicurato l’equilibrio. Nel frattempo, il Cremlino ha aiutato l’Azerbajgian a modificare l’equilibrio militare a suo favore, e la parte armena ha perso la guerra.
Nel 2017, il Consiglio di Sicurezza dell’Armenia ha condotto uno studio, secondo il quale l’Armenia ha perso 10 volte contro l’Azerbajgian in termini di infrastrutture critiche, e se contiamo anche le infrastrutture militari, energetiche e di trasporto, l’Armenia ha perso 21 volte contro l’Azerbajgian.
Inoltre, l’Armenia ha trascorso l’intera guerra di 44 giorni in condizioni di blocco totale, e la Russia quasi non ha fornito armi. Naturalmente, la Russia non avrebbe nemmeno sostenuto la vittoria dell’Armenia nella guerra, perché aveva un piano con l’Azerbajgian e la Turchia per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh attraverso la guerra e dispiegare un contingente militare in Karabakh.
Il popolo armeno ha pagato a caro prezzo i propri errori di calcolo. L’occupazione russa dell’Armenia è avvenuta inizialmente a livello ideologico. Il Cremlino e le forze al suo servizio in Armenia, che governano da decenni, hanno inventato la tesi secondo cui se la Russia non sarebbe la potenza dominante nel Caucaso meridionale, allora lo sarebbe la Turchia, quindi hanno affermato che siamo costretti a scegliere il Russi.
Le autorità armene hanno permesso che il “cavallo di Troia” russo fosse in Armenia e non hanno fatto nulla per costruire un sistema di sicurezza sovrano. Oggi, tuttavia, la maggioranza dei cittadini armeni si è sbarazzata del falso mito secondo cui la Russia è il nostro salvatore. Direi che si è trattato di un sabotaggio psicologico e ideologico contro la società armena, ispirato dall’idea che la Russia è nemica dell’Azerbaigian e della Turchia, quindi è nostra alleata e ci salverà.
La Russia gioca apertamente. E se fino a poco tempo fa c’erano dubbi, la dichiarazione sull’alleanza strategica firmata da Putin e Aliyev il 22 febbraio 2022 dimostra che Russia e Azerbajgian sono alleati e che le forze di pace russe non sono lì per garantire la sicurezza del Nagorno-Karabakh. ma avere la Russia come mezzo di pagamento per commerciare con l’Azerbaigian.
In questo caso, l’espressione “meglio tardi che mai” è per l’Armenia. Se l’Armenia, dopo la sconfitta nella guerra del 2020, non avesse notato che la sua dipendenza dalla Russia in termini di sicurezza avrebbe prima o poi portato alla perdita della sua indipendenza, lo scenario di diventare una provincia russa sarebbe diventato del tutto possibile.
Inoltre, questo realizza una parte significativa dei cittadini armeni. In altre parole, la riduzione della dipendenza dalla Russia è una richiesta pubblica in Armenia. Dopo la guerra, le forze politiche al servizio del Cremlino in Armenia chiesero l’adesione allo Stato federato di Russia e Bielorussia. Tra questi, il Secondo Presidente ne ha parlato più apertamente. Ha perso le elezioni parlamentari.
L’Armenia dovrebbe gradualmente liberarsi dalla dipendenza della Russia in termini di sicurezza, energia, economia e informazione, le forze politiche al servizio della Russia dovrebbero essere neutralizzate e i canali televisivi russi dovrebbero essere chiusi. Se non adottiamo misure concrete, l’Armenia continuerà a essere in pericolo. La strategia di profonda cooperazione con gli Stati Uniti e l’Unione Europea non ha alternative» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Tensioni tra Armenia e Azerbaigian, Michel incontra Pashinyan e Aliyev. (Sardegnagol 13.09.23)

In linea con gli elementi e le proposte delineati pubblicamente nella nostra dichiarazione del 1° settembre 2023, il presidente Michel è stato protagonista di tutta una serie di incontri diplomatici mirati alla riduzione delle tensioni tra Armenia e Azerbaigian.

In particolare, negli ultimi giorni il presidente Michel ha incontrato il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ai margini del vertice del G20 di Nuova Delhi del 10 settembre 2023.

Questi sforzi, sostenuti dall’interazione quotidiana del suo ufficio e dell’RSUE Toivo Klaar con Baku, Yerevan e i rappresentanti degli armeni del Karabakh, sono stati mirati ad allentare le tensioni e a elaborare una soluzione per sbloccare l’accesso umanitario agli armeni del Karabakh.

“In questo contesto – ha dichiarato Charles Michel – notiamo il passaggio di una consegna umanitaria russa attraverso la rotta Ağdam-Askeran. Comprendiamo tutte le sensibilità associate a questo sviluppo; ci aspettiamo che crei uno slancio per la ripresa delle regolari consegne umanitarie alla popolazione locale. La situazione sul campo si sta deteriorando rapidamente. È fondamentale garantire la fornitura di prodotti essenziali agli armeni del Karabakh. L’apertura oggi della rotta Agdam-Askeran è un passo importante che dovrebbe facilitare la riapertura anche del corridoio Lachin. Chiediamo a tutte le parti interessate di mostrare responsabilità e flessibilità nel garantire che vengano utilizzate sia la rotta Lachin che quella Agdam-Askeran”.

“Ribadiamo la nostra forte convinzione che il corridoio Lachin debba essere sbloccato, in linea con gli accordi passati e con l’Ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia, e sottolineiamo la nostra convinzione nell’utilità anche di altre vie di rifornimento, a beneficio della popolazione locale”, ha concluso Charles Michel.

Vai al sito

La crisi. Armenia, c’è l’accordo sulla riapertura del corridoio umanitario (Avvenire 12.09.23)

Dubbi sulla tenuta dell’intesa, che prevede che gli aiuti russi possano transitare verso il Nagorno-Karabakh dove la minoranza armena è isolata da settimane

Ha avuto il via libera ieri, secondo i piani, l’esercitazione militare congiunta Armenia-Usa, in un momento di forte tensione nelle relazioni con il vicino Azerbaigian. Ma la riapertura del corridoio umanitario di Lachin resta fonte di tensione e ambiguità. Le autorità azere non confermano la completa riattivazione del collegamento verso la regione del Nogorno-Karaback, dove la minoranza armena è di fatto isolata da settimane, ma parla genericamente di disponibilità a concedere il passaggio degli aiuti umanitari.

Per dieci giorni 85 soldati statunitensi e 175 armeni lavoreranno per addestrarsi a partecipare a missioni internazionali per il mantenimento della pace. L’effetto di questa decisione è quello di far volare accuse e minacce da parte di Mosca, ma la presenza di soldati statunitensi può rimandare le decisioni di un’eventuale azione militare dell’Azerbaigian facendo guadagnare tempo alla diplomazia.

I marines se ne andranno il 21 settembre e per il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov la scelta di operazioni comuni «è deplorevole». La Russia, che in Armenia ha basi militari per garantire la stabilità dell’area, non vede «molto di buono nei tentativi della Nato di infiltrarsi nel Caucaso meridionale».

L’Armenia e il vicino Azerbaigian hanno combattuto due guerre nei tre decenni successivi al crollo dell’Unione Sovietica, e nell’ultima settimana ciascuna parte ha accusato l’altra di voler ammassare soldati sui confini. A partire dal dicembre 2022 alcuni civili azeri che si identificavano come “attivisti ambientali” hanno iniziato a bloccare il corridoio Lachin e nell’aprile 2023 l’Azerbaigian ha stabilito un nuovo checkpoint di sicurezza lungo la strada, interrompendo il flusso di persone e merci tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ad eccezione delle evacuazioni mediche urgenti, creando quella che gli Stati Uniti e altri hanno definito una «situazione umanitaria in rapido deterioramento» se non , come ha fatto l’ex procuratore internazionale Momreno-Ocampo, di «tentativo di genocidio», contro i 120mila armeni che vivono in territorio azero. Baku afferma di aver agito per impedire che la strada venisse utilizzata per il contrabbando di armi. Le autorità etniche armene in Karabakh hanno dichiarato sabato di aver accettato di consentire spedizioni di aiuti dal territorio controllato da Baku per la prima volta dopo decenni, in cambio della riapertura del corridoio Lachin. Ma l’attuazione dell’accordo suscita molte incertezze.

I segnali che arrivano sono ambigui. Hikmet Hajiev, consigliere di politica estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha negato che Baku abbia raggiunto un accordo con la provincia separatista del Nagorno-Karabakh per riaprire contemporaneamente le strade verso l’Azerbaigian e l’Armenia. Hajiev ha affermato che l’Azerbaigian manterrà il controllo «di frontiera e doganale» sul corridoio di Lachin, che collega il Karabakh all’Armenia.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che negli anni non ha mai fatto mancare l’appoggio all’Azerbaigian, ha avuto ieri un colloquio telefonico con il premier armeno Nikol Pashinyan. Durante la conversazione, riferiscono fonti ufficiali turche, i due leader hanno parlato del Nagorno-Karabakh dove, nonostante una tregua siglata a Mosca quasi tre anni fa, non si sono sopite le tensioni. Erdogan e Pashinyan hanno parlato che del complicato processo di normalizzazione delle relazioni tra Turchia e Armenia, due Paesi divisi dallo scontro sul genocidio del 1915, ma che proprio dopo la tregua in Nagorno-Karabakh hanno ripreso a dialogare.

Il negoziato ha già permesso la nomina di rappresentanti speciali per la normalizzazione, la riapertura dei voli che collegano i due Paesi e la ripresa degli scambi commerciali.

Di nuovo la regione si trova al centro del “grande gioco”. La Repubblica islamica dell’Iran «segue seriamente gli sviluppi nel Caucaso». Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani, come riporta l’agenzia di Teheran Irna.

La parte meridionale del Nagorno-Karabakh si trova non lontana dal confine azero con l’Iran. «Garantiamo che la situazione ai nostri confini è sicura», ha detto il funzionario iraniano che ha espresso «preoccupazione» alle autorità armene e azere riguardo alla possibilità di un nuovo conflitto. Il governo di Baku ha rassicurato Teheran, che a sua volta è più vicina alle posizioni armene, sostenendo di non avere intenzione di muovere attacchi militari.

Cautela e diffidenza vengono adoperate in eguale misura, specie dopo che l’Azerbaigian ha giustificato i recenti spostamenti di truppe parlando di consuete operazioni militari alla vigilia dell’inverno.

Vai al sito