Sessantunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Siamo stanchi di (solo) condanne, senza azioni energiche e risolutive. Artsakh e l’Armenia sono in pericolo

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.02.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi siamo entrati nel 61° giorno dell’assedio dell’Azerbajgian della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. «Amnesty International: il #ArtsakhBlockade è un duro colpo per l’accesso all’assistenza sanitaria in Nagorno-Karabakh. La scarsità di cibo e carburante aggrava i costi del blocco in termini di diritti umani. L’Azerbajgian non rispetta i suoi obblighi in materia di diritti umani non intraprendendo alcuna azione per revocare il blocco. “Attualmente stiamo eseguendo il 10% delle operazioni. Non abbiamo abbastanza stent. Avremo un numero enorme di attacchi di cuore. Ogni giorno perdiamo tanti pazienti” (Vardan Lalayan, Cardiologo dell’Ospedale di Stepanakert)» [QUI]. Mentre il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian entra nel suo secondo mese, la popolazione dell’Artsakh non ha accesso adeguato all’acqua calda e al riscaldamento nelle rigide giornate invernali con temperature fluttuanti che raggiungono i -5/-7°C. Questo è terrorismo umanitario.

Supplicare un dittatore
o aspettare pazientemente che cambi idea,
non fa altro che incoraggiarlo
e prolungare le sofferenze
di coloro che perseguita.

«L’Azerbajgian con le sue squadre di ricerca e soccorso è in cima alla lista tra i Paesi che sono in prima linea per salvare vite dopo il terremoto in Turchia #BirMillǝtİkiDövlǝt [Una nazione, due stati]» (Aykhan Hajizada, Portavoce del Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian).

«È un po’ ridicolo come i politici dell’Azerbajgian cerchino di essere i “migliori” sostenitori della Turchia durante questo periodo post-terremoto, come qualcuno stesse per rubare la loro “gloria”. Questa non è una “corsa per vincere” colleghi, questa è una catastrofe umanitaria» (Arsen Torosyan, Parlamentare armeno, ex-Ministro della Salute, ex-Capo dello Staff del Governo dell’Armenia).

Nonostante la negazione del genocidio armeno da parte della Turchia, il suo ruolo distruttivo decisivo nell’aggressione dell’Azerbaigian contro l’Artsakh e l’Armenia, e il #ArtsakhBlockade in corso per far morire lentamente di fame, di malattia e di freddo 120.000 abitanti innocenti, l’Armenia ha inviato un team di soccorritori in Turchia per l’assistenza umanitaria, come abbiamo riferito ieri [QUI]. L’eroismo è quando il tuo nemico vuole sterminarti e tu mandi ancora i tuoi figli a salvare i figli del tuo nemico.

«Si terrà in Artsakh/Nagorno-Karabakh una raccolta fondi per sostenere la Siria. L’Artsakh è sotto blocco totale da 2 mesi» (Aza Sargsyan, Presidente della piattaforma di giornalismo indipendente “Free Media”, Fondatore della piattaforma di media online “Radio Azalia”, Presentatrice presso la “Radio Pubblica” dell’Armenia).

Mentre insieme al resto del mondo l’Armenia e l’Artsakh inviano aiuti a Turchia e Siria per il terremoto, il resto del mondo dovrebbe inviare truppe delle Nazioni Unite ad Artsakh per togliere l’assedio dell’Azerbajgian, e garantire la sicurezza e la libera circolazione di persone, veicoli e merci. Il primo è doveroso per salvare innocenti da un disastro naturale, il secondo è doveroso per salvare innocenti da un blocco illegale.

«A causa dell’interruzione frequente dell’approvvigionamento di gas in Artsakh da parte dell’Azerbajgian, a partire da oggi [9 febbraio 2023] l’approvvigionamento di gas verrà interrotto sei volte al giorno per un’ora, al fine di alleggerire il carico sulle linee del gas. Nessuna sorpresa qui poiché la fornitura di gas veniva spesso interrotta dall’Azerbajgian. Non sono sicuro di quale sarà il risultato della disconnessione del gas sei volte al giorno in Artsakh, ma sono certo che non sarà un bene per la gente dell’Artsakh. Ma aspetta, ecco che arriva in soccorso Amnesty International. Il Twitter account ufficiale di Amnesty International ha twittato: “Il blocco del Corridoio di Lachin ha inferto un duro colpo all’accesso all’assistenza sanitaria in Nagorno-Karabakh con la carenza di cibo e carburante che ne ha esacerbato i costi per i diritti umani. L’Azerbajgian deve agire ora per revocare il blocco”. Hanno persino pubblicato un articolo intitolato “Azerbajgian: Il blocco del Corridoio di Lachin che mette in pericolo migliaia di vite deve essere immediatamente revocato” [QUI]. Questo sicuramente aiuterà la gente dell’Artsakh. Una semplice richiesta all’Azerbajgian di revocare il blocco. Sono sicuro che questo ha terrorizzato l’Azerbajgian e grazie a te, Amnesty International, rimuoveranno immediatamente il blocco. Sono grato che tu abbia menzionato qualcosa sul blocco, ma la tua risposta dovrebbe essere più aggressiva. Sono contento che tu abbia esposto i fatti, ma voglio che tu faccia “pressione sui governi e altri gruppi potenti come le aziende. Assicurarsi che mantengano le loro promesse e rispettino il diritto internazionale”, proprio come hai affermato sul tuo sito web in quello che fai. Spero che con questa dichiarazione e questo articolo, verrà data più copertura all’Artsakh e questo blocco verrà revocato, e le persone potranno viaggiare liberamente dentro e fuori l’Artsakh (Varak Ghazarian – Medium.com, 9 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

L’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh internazionalmente riconosciuta basata sul principio dell’autodeterminazione (stabilita al momento della secessione dall’Unione Sovietica, prima della Repubblica di Azerbajgian indipendente, di cui l’Artsakh quindi non ha mai fatto parte) è l’unica alternativa alla pulizia etnica e al potenziale genocidio dei 120.000 Armeni dell’Artsakh per mano del regine dittatoriale, guerrafondaio e genocida della dinastia Aliyev (che nel caso del #ArtsakhBlockade si nasconde dietro pseudo ambientalisti).

Sebbene oggi rivendicato e riconosciuto a livello internazionale come territorio della Repubblica di Azerbajgian, l’Oblast del Nagorno-Karabakh era sotto il sistema sovietico un’enclave autonoma ed etnicamente armena all’interno dell’Azerbajgian. Al momento della caduta dell’URSS, gli abitanti dell’Oblast del Nagorno-Karabakh dichiararono l’indipendenza dall’URSS prima che lo fece la Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian. Dopo la prima guerra del Nagorno-Karabakh, nel 1994 l’Armenia firmò un accordo di cessate il fuoco con l’Azerbajgian dopo aver ottenuto il controllo militare sia dell’ex Oblast del Nagorno-Karabakh che delle province a sud e a ovest. Queste regioni consolidate furono governate dal governo indipendente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Un’area chiamata Shahumian nel nord che aveva dichiarato l’indipendenza insieme all’Oblast del Nagorno-Karabakh, rimaneva sotto il controllo dell’Azerbajgian, anche se rivendicata dalla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Questa era in grandi linee la situazione prima della guerra dei 44 giorni del 2020.
Ricordiamo gli Armeni etnici abitano in Artsakh dal VII secolo a.C., una regione geografica senza sbocco sul mare, sita nel Caucaso meridionale e appartenente geograficamente all’Altopiano armeno. Si sviluppa all’estremità sud orientale della catena montuosa del Caucaso Minore e copre una superficie di 8223 km². È chiamata anche Nagorno-Karabakh (letteralmente “montagna del giardino nero”), Karabakh Montagnoso, Alto Karabakh o Karabakh Superiore. L’Azerbajgian insiste di parlare solo di Karabagh (termine turco per indicare insieme della parte superiore e inferiore della regione).

«Nagorno-Karabakh è un termine coniato durante la dominazione russa della regione, iniziata nel XIX secolo. Nagorno è un prefisso derivante dal termine russo “nagorni”, che significa “elevato” o “montagnoso”, mentre Karabakh è la traslitterazione russa della parola di origine turca Karabagh, letteralmente significante “giardino nero”.
Dare un nome a un territorio e imporlo significa poterlo effettivamente controllare: ed è per questo che durante l’epoca russa e sovietica il termine Nagorno-Karabakh è prevalso sul nome armeno della regione, Artsakh. Questo era il nome con cui le impervie montagne della regione erano denominate nel contesto di un’omonima provincia dell’antico regno armeno di cui il Nagorno-Karabakh ha rappresentato il cuore pulsante. Dietro ogni etimologia c’è una storia lunga fatta di precisi rapporti di forza.
Parlare di Artsakh è, per gli armeni, un importante fattore identitario, finalizzato a rivendicare la continuità storica dell’attuale repubblica con l’antico predecessore che si confrontò con le grandi potenze dell’area mediterranea e dell’Asia minore, l’Impero romano e quello persiano, tra il II secolo avanti Cristo e il IV secolo dopo Cristo.
Tigrane il Grande, re d’Armenia dal 95 al 55 a.C., che si confrontò con le armate romane di Pompeo prima di divenire alleato della Res Publica, fondò una città intitolata a se stesso, Tigranakert, a una cinquantina di chilometri dall’attuale capitale dell’auto-proclamata Repubblica dell’Artsakh, Stepanakert.
Quando nel 387, dopo la spartizione dell’Armenia tra Roma e la Persia, la dinastia sasanide assoggettò l’Artkash l’Armenia era diventato il primo Stato ufficialmente cristiano al mondo e in una popolazione già ai tempi divisa tra gli armeni e altre tribù caucasiche, la cultura nazionale si sedimentò. Proprio dall’Artkash, al monastero di Amaras, si ritiene che si sia irradiata con forza tale cultura sulla scia della predicazione religiosa e umanista di una delle figure più significative della storia nazionale, Mesrop Mashtots, venerato come santo dalla Chiesa armena. Mashtots, vissuto a cavallo tra IV e V secolo, predicò il Vangelo nelle impervie terre caucasiche ed è ritenuto l’inventore del moderno alfabeto armeno» (Andrea Muratore, Nagorno-Karabakh: storia di una terra contesa – Inside Over, 1° ottobre 2021).

«Il regime dittatoriale di Aliyev in Azerbaigian continua nel rigido inverno con il #ArtsakhBlockade di 120.000 persone da 60 giorni, l’interruzione della fornitura di energia elettrica da 32 giorni, l’interruzione della fornitura di gas per 8 volte nell’arco di 18 giorni. Questo delitto contro l’umanità deve essere punito» (Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, 9 febbraio 2023).

«Inverno freddo e rigido con interruzione della fornitura di gas da parte dell’Azerbajgian e grave carenza di elettricità. La gente resiste, la gente lotta, ma per quanto tempo? È già il terzo mese del #ArtsakhBlockade» (Siranush Sargsyan, 10 febbraio 2023).

Nel 61° giorno di blocco dell’Artsakh, mentre l’Azerbajgian chiude regolarmente il gasdotto che viene dall’Armenia, interrompendo le forniture di gas, le scuole usano stufe a legna per riscaldare le aule. Questo mi ha fatto tornare alla memoria la nostra aula della scuola materna nell’anno 1951, che veniva riscaldata con la stufa a carbone… anche se non era per un blocco ma perché non c’erano ancora i termosifoni, neanche nelle case del nostro villaggio.

«Daniele Bellocchio per Famiglia Cristiana: “Un mio reportage sulla situazione in Nagorno-Karabakh dove da 60 giorni 120.000 civili Armeni sono isolati a causa del blocco del Corridoio di Lachin. La guerra nel Caucaso ha ora i connotati della persecuzione etnica. #ArtsakhBlockade”» (Twitter, 9 febbraio 2023).

Con un reportage sulla guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian in Nagorno-Karabakh, pubblicato sul mensile Jesus a dicembre 2020, il giornalista Daniele Bellocchio ha vinto il premio giornalistico Ivan Bonfanti 2021.L’articolo, pubblicato con un reportage fotografico di Roberto Travan, raccontava in presa diretta i 44 giorni della guerra dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Bellocchio, 31 anni, laureato in Storia all’Università degli Studi di Milano, è giornalista free-lance e dal 2012 si occupa di Africa, Centro-America, Balcani e Caucaso per varie testate italiane e straniere. Nel 2013 ha pubblicato con Mondadori l’e-book Viaggio al centro della guerra, che racconta l’esperienza a Mogadiscio e in Nord Kivu. Ricevuta la notizia dell’assegnazione del premio, Bellocchio ha ringraziato «tutte le donne e gli uomini del Nagorno-Karabakh che mi hanno donato ciò che di più prezioso e intimo un uomo possiede: il proprio dolore. «Grazie», ha detto ancora il giornalista in un post su Facebook, «per avermi aiutato a raccontare e descrivere la tragedia di una terra tanto numinosa quanto dannata. Grazie per avermi dato il pane nei giorni in cui il cibo non arrivava in città e per avermi ospitato nei vostri rifugi ogni volta che i bombardamenti facevano tremare Stepanakert dalle fondamenta. Grazie per avermi protetto, nascosto e tenuto al riparo da rassegnazione e bombe a grappolo».

Daniele Bellocchio ha pubblicato su Inside Over del 27 dicembre 2020 l’articolo La catastrofe umanitaria minaccia il Nagorno-Karabakh, concludendo: «La tragedia è imminente e per comprendere la portata di quanto sta accadendo è bene citare un altro passaggio della relazione degli osservatori dei Diritti Umani che lanciano un appello finale, dai toni disperati, nei confronti della comunità internazionale: “Fermate il prima possibile lo spopolamento della nativa gente armena dall’Artsakh, e anche l’eventuale suo sterminio”» [QUI].

Il Consiglio di Coordinamento delle Organizzazioni Armene di Francia (CCAF) ha organizzato una manifestazione davanti all’Assemblea Nazionale francese a sostegno dell’Artsakh, alla quale hanno partecipato anche i Co-Presidenti del CCAF, l’Eurodeputato francese François-Xavier Bellamy, autore, insegnante di scuola superiore ed ex Vicesindaco di Versailles; la Deputata Isabelle Santiago, Vicepresidente della Commissione Difesa e Vicepresidente della Delegazione per i Diritti dei Bambini; e Jean-Vasken Alyanakian, Presidente dell’Associazione Francese degli Avvocati e Giuristi Armeni (AFAJA).

I membri dell’Iniziativa umanitaria Aurora e i leader della comunità umanitaria globale hanno rilasciato una dichiarazione [QUI], in merito all’attuale situazione nel Nagorno-Karabakh (Artsakh), che minaccia di sfociare in una crisi umanitaria su vasta scala nella regione. Questi difensori dei diritti umani e attivisti per la pace di fama internazionale sono estremamente preoccupati per l’indifferenza del mondo e chiedono un’azione immediata. Riportiamo di seguito la dichiarazione nella nostra traduzione italiana dall’inglese:

«Il 12 dicembre 2022, le forze azere hanno bloccato il corridoio di Lachin, l’unica strada di montagna che collega l’Armenia e l’enclave dell’Artsakh. Prima del blocco, il corridoio veniva utilizzato per la consegna di rifornimenti vitali, compresi cibo e medicinali. Il blocco sta creando una catastrofe umanitaria.

Il 13 dicembre, incoraggiato dall’indifferenza del mondo, l’Azerbajgian ha interrotto anche l’approvvigionamento di gas, mettendo la popolazione locale nell’immediato pericolo di morte per assiderazione.

Gli eventi che si stanno svolgendo ora in Artsakh ci ricordano la tragedia di Srebrenica nel 1995. Migliaia di persone morirono quando la mancanza di una reazione tempestiva a simili provocazioni e la generale inerzia delle forze di pace internazionali portarono allo sterminio di massa di civili in quello che in seguito divenne noto come il genocidio di Srebrenica. Questo non deve accadere nell’Artsakh, specialmente quando ci sono mezzi noti per impedirlo.

I movimenti delle forze azere tradiscono un tentativo di pulizia etnica, un genocidio nel continente europeo, e dovrebbero essere trattati come tali, senza possibilità di clemenza. La mancanza di una reazione rapida e unificata da parte della comunità internazionale non farà che convincere il governo azero che può continuare con assoluta impunità, senza subire conseguenze per le sue azioni.

La storia conosce diversi esempi di ciò che potrebbe portare tale pericolosa sfrenatezza, alcuni dei quali ancora freschi e dolorosi nella nostra memoria, come il tragico destino del gruppo etnico Tutsi durante il genocidio del 1994 in Ruanda.

Un ponte aereo umanitario internazionale dovrebbe essere organizzato immediatamente nell’Artsakh, consegnando cibo e altri beni di prima necessità alla popolazione locale ed evacuando coloro la cui vita è in pericolo. Tra questi vi sono diversi pazienti del Centro Medico Republicano di Stepanakert in gravi condizioni che necessitano di cure mediche urgenti che non possono essere adeguatamente fornite a causa del blocco.

Il blocco illegale dell’Artsakh deve essere rotto con tutti i mezzi necessari. Il collegamento dell’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo deve essere ripristinato. Gli Armeni hanno vissuto su queste terre per migliaia di anni e non dovrebbero essere sottoposti a pulizia etnica.

Nel frattempo, mentre la strada rimane bloccata, il ponte aereo umanitario dovrebbe aiutare la popolazione locale a sopravvivere e sostenersi. Esiste già un aeroporto operativo a Stepanakert, che può essere utilizzato per questo scopo. Ciò non richiederà ulteriori sforzi da parte della comunità internazionale se non quelli necessari per mantenere il ponte aereo e garantirne la sicurezza.

Ancora una volta, questo è stato fatto con successo prima. Nel 1948 scoppiò una crisi a Berlino, divisa e controllata dalle forze alleate e dalle truppe sovietiche. Mentre Stalin cercava di tagliare la città e privarla di cibo, acqua ed elettricità, l’unico collegamento rimasto erano i corridoi aerei utilizzati dalle forze statunitensi per traghettare i rifornimenti ai settori isolati.

Aiutare la popolazione dell’Artsakh organizzando il ponte aereo rientra esattamente nella dottrina legale della responsabilità di proteggere (R2P) che stabilisce che la comunità internazionale ha la responsabilità di intervenire e intraprendere azioni collettive appropriate se la popolazione di un singolo stato si trova ad affrontare la minaccia di genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità. Questo impegno politico e legale globale è stato progettato specificamente per prevenire e diffondere situazioni come questa e deve essere invocato in questo caso.

Tracciamo parallelismi tra la crisi di Berlino del 1948 e la situazione odierna perché dopo la Seconda Guerra Mondiale, i leader politici hanno iniziato a pronunciare la frase “Mai più”. Sebbene sia un bel sentimento, a merito di coloro che lo ripetono, rimarrà solo questo – un sentimento – a meno che non ci siano azioni tangibili per sostenerlo. L’Artsakh è l’occasione del mondo per prevenire un genocidio moderno, e le conseguenze del mancato raggiungimento sarebbero troppo atroci anche solo per prendere in considerazione questa opzione.

Gli eventi del dicembre 2022 in Artsakh hanno rivelato, con straordinaria chiarezza, le reali intenzioni del governo di Aliyev riguardo ai residenti armeni di Artsakh. Dopo aver tentato senza riuscirci di cacciarli dalla loro terra con la forza – o, nelle sue stesse parole, “per inseguire gli abitanti di Artsakh come cani”, il Presidente Aliyev è ora più che disposto a sottoporli alla tortura della morte lenta per congelamento e fame. Non gli può essere permesso di farlo, né gli si può affidare alcun diritto legale per governare su di loro poiché ha dimostrato una palese mancanza di preoccupazione.

Il caso di Hitler, insieme a diversi esempi più recenti, avrebbero dovuto insegnarci che placare i dittatori non funziona. Capiscono solo il linguaggio della responsabilità. Prima avviene l’intervento, meno forza è necessaria per far deragliare i loro piani e rimettere in carreggiata l’umanità.

Supplicare un dittatore o aspettare pazientemente che cambi idea non fa altro che incoraggiarlo e prolungare le sofferenze di coloro che perseguita.

Il Presidente Aliyev deve essere fermato, ed è responsabilità del mondo farlo accadere, con la massima urgenza».

Firmata da: Fartuun Adan, Vincitore del Premio Aurora 2020, Direttore esecutivo Elman Peace and Human Rights Center; Noubar Afyan, Co-fondatore Iniziativa umanitaria Aurora, Fondatore e CEO Flagship Pioneering, Co-fondatore e Presidente Moderna; Jamila Afghani, Vincitore del Premio Aurora 2022, Presidente Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà Afghanistan; Margherita Barankitse, Vincitore del Premio Aurora 2016, Fondatore Maison Shalom International; Tom Catena, Presidente Movimento Globale Aurora, Vincitore del Premio Aurora 2017, Direttore medico Ospedale Madre della Misericordia; Ara Darzi, Presidente Comitato di Selezione del Premio Aurora, Co-direttore dell’Institute of Global Health Innovation presso l’Imperial College di Londra; Mirza Dinnayi, Vincitore del Premio Aurora 2019, Co-fondatore Air Bridge Iraq; Shirin Ebadi, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Fondatore Centro per i difensori dei diritti umani, Premio Nobel per la pace 2003; Ilvad Elman, Vincitore del Premio Aurora 2020, Direttore del programma Elman Peace and Human Rights Center; Leymah Gbowee, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Fondatore e Presidente Gbowee Peace Foundation Africa, Premio Nobel per la pace 2011; Bernard Kouchner, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Co-fondatore Medici Senza Frontiere, ex Ministro degli Esteri francese ed ex Ministro della Sanità; Julienne Lusenge, Vincitore del Premio Aurora 2021, Co-fondatore Fondo per le donne congolesi; Dele Oljede, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Scrittore, Editore, Vincitore del Premio Pulitzer; Paolo Polman, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Leader aziendale, Attivista per il clima e le pari opportunità, ex Amministratore delegato di Unilever; Maria Robinson, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, ex Presidente dell’Irlanda; Ernesto Zedillo, Membro Comitato di Selezione del Premio Aurora, Direttore Centro per lo studio della globalizzazione presso l’Università di Yale, ex Presidente del Messico.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

L’Azerbaigian blocca il corridoio di Lachin: migliaia di vite a rischio nel Nagorno-Karabakh (Amnesty.it 10.02.2)

Dal 12 dicembre 2022, a seguito di proteste di manifestanti appoggiati dalle autorità dell’Azerbaigian, il corridoio di Lachin, che collega la regione del Nagorno-Karabakh all’Armenia, è inaccessibile al traffico civile e commerciale.

Amnesty International ha lanciato l’allarme per la situazione di circa 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh di etnia armena, le cui vite sono a rischio per l’impossibilità di reperire beni essenziali, medicinali e cure mediche fondamentali per i malati cronici.

L’organizzazione per i diritti umani ha sollecitato pertanto le autorità dell’Azerbaigian e i peacekeeper della Russia a liberare il corridoio e porre fine alla crisi umanitaria.

Il blocco sta avendo un impatto particolarmente grave su gruppi marginalizzati e discriminati come le donne, le persone anziane e le persone con disabilità. Le frequenti interruzioni nelle forniture di energia elettrica, gas e carburante stanno rendendo estremamente difficile la vita quotidiana.

Gli aiuti umanitari forniti dal Comitato internazionale della Croce rossa e dai peacekeeper russi non bastano: rispetto ai 1200 camion al giorno prima del blocco, ora ne passano da cinque a sei.

“La sovranità delle autorità dell’Azerbaigian su questi territori è riconosciuta a livello internazionale. Loro esercitano il controllo sul luogo dal quale è imposto il blocco. Pertanto, è loro responsabilità assicurare che la popolazione che lo sta subendo non sia privata di cibo, medicinali e altre forniture essenziali. A loro volta, i peacekeeper della Russia hanno il dovere di assicurare il funzionamento del corridoio di Lachin. Ma sia le prime che i secondi stanno platealmente venendo meno a tali obblighi”ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale.

“Prima del blocco, visitavo 30-40 pazienti al mese, ora sì e no cinque o sei: quelli che hanno bisogno di cure mediche più urgenti a seguito di attacchi cardiaci. Ne fanno le spese soprattutto quelli che hanno bisogno di controllare gli stent. Operiamo al dieci per cento delle nostre possibilità. Ci sono tante persone colpite da infarto nelle loro abitazioni. Ogni giorno ne perdiamo molte”, ha raccontato Vardan Lalayan, cardiologo dell’ospedale di Stepenakert (Khankendi).

“Il reparto maternità è pieno, ma scarseggiano medicine, prodotti per l’igiene, pannolini, latte in polvere e altro. In più fa freddo perché manca l’elettricità. Funziona solo un’incubatrice per volta e i neonati prematuri devono fare i turni. Se penso che partorirò in queste condizioni, mi vengono i brividi”ha detto Meline Petrosyan, all’ottavo mese di gravidanza, abitante della città di Martakert (Aghdere).

Il blocco ha causato anche una forte penuria di cibo, costringendo le autorità locali a introdurre un sistema di razionamenti che prevede un chilo di riso, uno di pasta, un litro d’olio e un po’ di zucchero una volta al mese. Frutta e verdura sono completamente scomparse dagli scaffali dei negozi mentre per accaparrarsi latte e uova, quando disponibili, si formano lunghe file fuori dai negozi.

Dalle interviste condotte da Amnesty International, è risultato che le donne sacrificano le loro razioni di cibo in favore degli altri familiari. Ciò spiegherebbe il forte aumento dei casi di immunodeficienza, anemia, tiroidismo e diabete tra le donne e le bambine così come quello degli aborti spontanei e delle nascite premature.

Dopo un lungo periodo di chiusura delle scuole e degli asili, che ha significato la sospensione dell’istruzione per 27.000 bambine e bambini, gli istituti scolastici hanno parzialmente riaperto il 30 gennaio 2023 ma solo per quattro ore al giorno.

Infine, 1100 persone – tra cui 270 bambine e bambini – che si trovavano fuori dal Nagorno-Karabakh al momento del blocco, non possono ancora rientrare nelle loro abitazioni e sono ospitate in Armenia, in alberghi o presso parenti e volontari.

 

ULTERIORI INFORMAZIONI 

Nel 1991 il Nagorno-Karabakh, una regione dell’Azerbaigian abitata soprattutto da persone di etnia armena, si proclamò indipendente denominandosi Repubblica di Artsakh. Ne derivò un primo conflitto, terminato nel 1994 con un cessate-il-fuoco.

Nel settembre 2020 Armenia e Azerbaigian hanno dato vita a una guerra su vasta scala, terminata due mesi dopo con un accordo tripartito favorito dalla Russia, in base al quale l’Azerbaigian ha ripreso il controllo di buona parte del Nagorno-Karabakh, recidendone i legami con l’Armenia. Secondo i negoziati che hanno condotto al cessate-il-fuoco, il corridoio di Lachin avrebbe dovuto rimanere l’unico collegamento tra Armenia e Nagorno-Karabakh e la sua sicurezza avrebbe dovuto essere garantita dai peacekeeper russi.

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Highlander Mkhitaryan, più di una semplice alternativa. “Alla riprova dei fatti…

Henrikh Mkhitaryan è stata una delle rivelazioni dell’Inter nella prima parte di stagione: l’armeno ha dato sempre il suo apporto

Matteo Pifferi

“Highlander Mkhitaryan. A 34 anni compiuti lo scorso 21 gennaio, l’armeno non ha perso un colpo nel 2023: è sempre stato titolare”. Apre così l’articolo del Corriere dello Sport in merito al centrocampista ex Roma che finora ha disputato 9 partite dal 1′ sulle 9 giocate dall’Inter, partite che diventano 12 considerando anche il rush finale del 2022. Mkhitaryan è il settimo giocatore più utilizzato da Simone Inzaghi, dietro solamente a Lautaro, Skriniar, Barella, Calhanoglu, Onana, Dimarco e Bastoni.

Highlander Mkhitaryan, più di una semplice alternativa. “Alla riprova dei fatti…”- immagine 2

E pensare che l’armeno è stato preso quasi per puntellare il centrocampo e per essere un’alternativa di lusso in mediana. “Un elemento duttile, che con il passare degli anni aveva arretrato il suo raggio d’azione, ma senza perdere i suoi colpi. E là in mezzo, evidentemente, c’era bisogno proprio di quelle caratteristiche per non consumare i titolari. Beh, alla riprova dei fatti, in questa prima parte della stagione, Mkhitaryan è stato un titolare: tutta colpa dell’infortunio di Brozovic, evidentemente. Ma è stato grazie al suo rendimento, e ovviamente all’eccellente adattamento di Çalhanoglu, che l’assenza del croato si è avvertita assai meno del previsto”, commenta il CorSport. Contro la Samp, Mkhitaryan potrebbe finalmente riposare, tenuto conto che finora ha saltato solamente tre partite.

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Inzaghi non rinuncia a Mkhitaryan: nuovo ruolo per l’armeno, può essere lui il sostituto di Correa

Prima Pagina – Armenia ed Azerbaijan in conflitto (RadioRoma 09.02.23)

C’è un’area di mondo ad alta tensione, ma raccontata veramente poco, stiamo parlando del Nagorno Karabakh o, per dirlo alla russa, il Karabakh montuoso. Armenia ed Azerbaijan sono coinvolti in un conflitto mai sopito, in cui si inseriscono mire ed interessi di potenze globali e regionali. Da una parte la Turchia e l’occidente a sostegno di Baku, con il fine anche di intensificare l’indotto di gas e petrolio di cui gli azeri sono grandi produttori. Dall’altra Russia e Iran che per questioni geopolitiche, storiche e territoriali sostengono Yerevan con non pochi malumori. Ma in tutto questo come è la situazione per la popolazione civile? A questo interrogativo e a molti altri ci risponde Silvia Boltuc, direttrice di Eurasia.

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Sessantesimo giorno del #ArtsakhBlockade. La vita nonostante tutto. L’Azerbajgian e la Russia ascoltino Amnesty International (Korazym 09.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.02.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi terminiamo il secondo mese del blocco della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, effettuato dall’Azerbajgian sul territorio dell’Artsakh occupato dalle forze armate azere. Sappiamo che stanno succedendo molte cose nel mondo in questo momento, ma per favore tenete nei vostri cuori, nelle vostre menti e nella vostra solidarietà i 120.000 Armeni attualmente sotto assedio azero-turco in Artsakh. La cittadinanza globale non inizia e finisce con quello che appare nei notiziari del giorno. Il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dagli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi, però, dice il Signore: «Farò su di loro terribili vendette, castighi furiosi, e sapranno che io sono il Signore, quando eseguirò su di loro la vendetta» (Ezechiele 25,17).

Erdoğan è così ossessionato dalla guerra e dall’aggressione che anche nel terribile momento del terremoto ricorda come la Turchia abbia sostenuto l’Azerbajgian durante la guerra dei 44 giorni in Artsakh del 2020. Gli Armeni ricordano come la Turchia forniva e gestiva l’esercito azero, ma ancora 2 anni dopo l’Armenia ha inviato aiuti alla Turchia e al popolo turco.

«Un’immagine dai mille significati. Cento anni fa, i loro antenati furono espulsi proprio da questo luogo. Gli Armeni tornano nella città di Adiyaman in Turchia, ma come paramedici e soccorritori all’interno della squadra di soccorso inviata dall’Armenia alle aree colpite in Turchia» (Padre Hamazasp Kechichian).

«Si noti che il #ArtsakhBlockade è sostenuto dalla stessa Turchia che bombarda la Siria, sta bloccando gli aiuti umanitari alla Siria via Idlib e continua a raccogliere aiuti umanitari per il terremoto» (Alice Gideon).

Nel pomeriggio, alle ore 15.30, sul Twitter account globale di Amnesty International è stato postato un video, che ripete i punti salienti dell’articolo di Amnesty International Francia [QUI]: «Mentre si sviluppa la crisi umanitaria in Azerbajgian, l’appello è chiaro: le autorità dell’Azerbajgian e le forze di pace russe devono revocare il blocco del Corridoio di Lachin e porre fine alla crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh».

«Il blocco del Corridoio di Lachin mette in pericolo migliaia di vite. Il blocco in corso del Corridoio di Lachin sta mettendo in pericolo la vita di migliaia di persone nella regione separatista del Nagorno-Karabakh».

Amnesty International
chiede agli Azeri e ai Russi
un’azione immediata ed efficace,
in conformità con gli standard internazionali
sui diritti umani.

«Guardare i fiocchi di neve cadere lentamente su Stepanakert di solito è uno spettacolo piacevole, ma ora, sotto il blocco, ci ricorda che non abbiamo riscaldamento in queste condizioni» (Siranush Sargsyan).

La vita nonostante tutto. Foto di Yana Avanesyan. Sebbene il #ArtsakhBlockade sia entrato nel suo terzo mese, senza gas, bloccato anche dall’Azerbajgian, senza la normale fornitura di elettricità che viene interrotta 6 volte al giorno, con il cibo che entra solo con le forze di mantenimento della pace russe e in quantità assolutamente insufficiente, le persone vivono ancora e si rallegrano della vita.

Hadrut, Artsakh. Occupata dall’Azerbajgian (Foto di Varak Ghararian).

«Tutti noi dobbiamo essere uniti come Armeni, indipendentemente dal luogo di nascita o di residenza. Abbiamo tutti bisogno di essere uniti sotto una bandiera nazionale per aiutare la nostra nazione e il suo Stato attuale. Per far avanzare questa bandiera nazionale unita, dobbiamo formare un’identità nazionale unica, un’identità nazionale che ci guiderà come popolo militarmente, culturalmente, socialmente ed economicamente. Perché senza la nostra identità nazionale, non saremo in grado di portare avanti un’agenda nazionale. Se uno ostacola questa unità, allora deve essere rimosso e subire le conseguenze dell’andare contro il nuovo status quo. Potremmo avere idee diverse su come aiutare, ma ciò non dovrebbe impedire che gli aiuti raggiungano la madrepatria. Dobbiamo volare tutti sotto un’unica agenda nazionale. Allora, e solo allora, saremo in grado di rialzarci e migliorare la nostra situazione attuale. Dipende solo da noi. Nessuno verrà a salvarci. Proprio come la storia ha dimostrato più e più volte, non valiamo nulla per il mondo. È giunto il momento di costruire il nostro valore tra di noi. La nostra attuale patria dovrebbe essere il nostro obiettivo principale. Il nostro Stato attuale è minacciato. Pertanto, tutte le sue persone devono assumersi la responsabilità di garantirne la sicurezza e il benessere. Perché senza uno Stato, ci viene assicurata l’assimilazione, la perdita della cultura e della lingua e quindi il completamento del genocidio iniziato molto tempo fa. Fai la tua parte oggi e ogni giorno andando avanti. Perché siamo in ritardo, come avrebbe dovuto essere fatto ieri, ma abbiamo oggi per rimediare» (Varak Ghazarian – Medium.com, 8 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Il ritorno. Foto di David Ghahramanyan. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa è l’unico modo in cui le persone dell’Artsakh possono tornare a casa o lasciare il Nagorno-Karabakh per cure mediche in condizioni critiche. Dall’inizio del blocco, 1.100 residenti del Nagorno-Karabakh, tra cui almeno 270 bambini, si sono trovati bloccati fuori dalla regione e impossibilitati a tornare a casa. Il CICR trasferisce solo i pazienti le cui condizioni sono “stabili” in strutture in Armenia, dove possono essere disponibili cure. Il fatto che pazienti in condizioni critiche hanno dovuto rimanere in assenza di cure adeguate, ha provocato diversi decessi che avrebbero potuto essere evitati. Inoltre, molti pazienti sono riluttanti a beneficiare di un trasferimento, poiché spesso significa che devono essere separati dalle loro famiglie per un periodo prolungato e incerto, senza alcuna garanzia di ritorno.

Visto che ha niente da fare nel proprio Paese dove non ci sono violazioni dei diritti umani, il Commissario per i diritti umani (Difensore civico) dell’Azerbajgian, Sabina Aliyeva, ha visitato i commando di stanza in un’ex base militare della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh nella città di Hadrut, dove sono state costruite diverse nuove installazioni militari dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, che la città è caduta sotto il controllo militare azero. Sabina Aliyeva è stata insignita della medaglia “Per i servizi nel campo della cooperazione militare” a nome del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian con relativo ordine del Ministro della Difesa della Repubblica di Azerbaigian del 29 dicembre 2020.

La città abitata dagli Armeni era caduta sotto il controllo azero nell’ottobre 2020 durante un’offensiva nella guerra dei 44 giorni, spingendo gli abitanti alla fuga. Ad oggi, rimane sotto il controllo militare azero, senza alcuna popolazione civile fino ad oggi.

Rappresentanti dell’Ufficio del Difensore civico hanno visitato l’unità militare N
Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, 7 febbraio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’azero)

Secondo il piano d’azione congiunto per il 2023 tra il Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbaigian e l’Ufficio del Commissario per i diritti umani, il Difensore civico Sabina Aliyeva e rappresentanti dell’ufficio hanno visitato l’unità militare N.

In primo luogo, è stato visitato il complesso commemorativo eretto in memoria dei martiri nel territorio dell’unità militare e davanti ad esso sono stati disposti dei fiori.

Gli ospiti sono stati informati sulla storia e le attività dell’unità militare.

Sabina Aliyeva, che ha tenuto una conferenza sulla tutela dei diritti del personale militare, ha presentato doni a un gruppo di militari che si sono distinti nel loro servizio.

Successivamente, la delegazione ha preso conoscenza delle condizioni create per il personale dell’unità militare, ha ispezionato il dormitorio, la mensa dei soldati e altre strutture.

Sabina Aliyeva ha scritto le sue parole sincere nel “Libro della Memoria” dell’unità militare.

Durante la visita, i rappresentanti dell’Ufficio del Difensore civico hanno visitato l’ospedale militare, hanno preso conoscenza delle condizioni qui create e si sono interessati alle preoccupazioni dei militari in cura presso l’istituto medico militare.

Tangentopoli europea: ora spuntano anche i lobbisti dall’Azerbaigian
di Michele Manfrin
L’Indipendente, 7 febbraio 2023

Per quanto concerne la tangentopoli europea si continua a parlare di Qatargate nonostante che nelle indagini – ancora in corso – sia certa la presenza di almeno un altro Stato coinvolto, il Marocco. Eppure, come molti commentatori ed europarlamentari hanno detto, la faccenda rappresenterebbe solamente la punta di un iceberg che però, ancora, non sembra essere arrivato allo sguardo di chi indaga. Giornalisticamente parlando c’è chi invece indaga anche altre piste e, nello specifico, dei rapporti di alcuni parlamentari europei con l’Azerbaigian. Quest’ultimo, noto per la sua “diplomazia al caviale”, è attivo da molti anni sul fronte lobbistico europeo col fine di attrarre investimenti nel Paese, far chiudere un occhio sulla violazione dei diritti umani e trovare soggetti che sostengano le mire e le ambizioni dell’Azerbaigian nella politica internazionale regionale.

Assenza di trasparenza di europarlamentari appartenenti a RUMRA

Alla fine di settembre scorso, come riportato dall’inchiesta condotta dalla testata giornalistica svedese Blackspot, una delegazione europea ha raggiunto l’Azerbaigian per una visita al Paese. La delegazione era composta da membri dell’associazione intergruppo chiamata RUMRA & Smart villages (The Group for Rural, Mountainous and Remote Areas and Smart Villages): l’europarlamentare sloveno Franc Bogovic (gruppo Democratico Cristiano), Presidente di RUMRA; l’eurodeputato tedesco Engin Eroglu (gruppo Renew); il tedesco Adam Mouchtar che è il coordinatore del gruppo RUMRA; il lituano Angele Kedaitiene; e altri accompagnatori personali.

Il tedesco Engin Eroglu, che è anche parte della delegazione alle commissioni di cooperazione parlamentare con gli Stati dell’Asia centrale, tra cui l’Azerbaigian, proprio due settimane prima del viaggio, ha criticato la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per non aver condannato l’invasione dell’Armenia da parte dell’Azerbaigian. I parlamentari europei, al contrario del regolamento che norma i rapporti tra funzionari europei e soggetti terzi, non hanno prodotto una relazione politica ed economica entro i termini stabiliti; solo successivamente ai termini prescritti, sono stati forniti i dettagli del viaggio condotto in Azerbaigian dalla delegazione europea. Infatti, rispetto al viaggio nel Paese asiatico, sia Eroglu che lo sloveno Franc Bogovic non hanno inizialmente prodotto la relazione necessaria per ogni viaggio che compie un eurodeputato, da rendere pubblica entro un mese come stabilito dal regolamento per la trasparenza, ma soltanto dopo la pressione esercitata delle domande dei giornalisti. La relazione sul viaggio in Azerbaigian arriva, per entrambi, e identica, il 6 dicembre 2022. I due dichiarano di avere viaggiato dal 21 al 24 settembre e di aver alloggiato al Marriot Hotel di Baku, con costi coperti in gran parte dal Paese ospitante. Nelle dichiarazione, in allegato troviamo anche il programma della visita dei politici europei. In seguito al venire alla luce del viaggio, Niklas Nienass, tedesco del Partito dei Verdi, ha scelto di dimettersi dal consiglio di RUMRA accusando i due europarlamentari di aver infranto le regole sulla trasparenza e sull’integrità e di non aver mai informato, né prima né dopo, del viaggio in Azerbaigian a nome e per conto di RUMRA. In merito all’esito del viaggio Nienass ha detto: «Non so se è solo il viaggio che li ha fatti parlare positivamente dell’accordo sul gas con l’Azerbaigian». Il 19 novembre, due mesi dopo il viaggio, e prima ancora che fosse redatta la relazione per la trasparenza alle istituzioni europee, Engin Eroglu ha postato sulla sua pagina Facebook un elogio all’accordo commerciale energetico con l’Azerbaigian, per la diversificazione dal gas russo, e si impegna ad essere parte del processo di pace tra Azerbaigian e Armenia, raccontando di aver incontrato, la settimana prima, l’ambasciatore azero in Germania.

Il viaggio in Azerbaigian

Lo scopo principale del viaggio della delegazione era quello di visitare i cosiddetti villaggi intelligenti. Il concetto di villaggi intelligenti, di cui si occupa l’associazione intergruppo europea RUMRA, basa lo sviluppo dei centri urbani su principi legati all’accessibilità, all’utilizzo tecnologico e all’adattamento alle esigenze del momento (la tanto decantata resilienza). Nonostante le dure critiche, specie di Engin Eroglu, durante una intervista, condotta in inglese su un media azero durante il periodo del viaggio, i due europarlamentari hanno parlato in termini positivi dell’Azerbaigian, spiegando che l’UE dovrebbe sviluppare la cooperazione con il Paese asiatico in vari settori dell’economia, soprattutto in quello energetico.

Il giorno precedente alla visita ai villaggi intelligenti, il 22 settembre, la delegazione di RUMRA ha incontrato il Capo del Comitato per l’Economia, Industria e Imprenditorialità, prima di fare visita al ministero dell’Agricoltura e all’Export and Investment Promotion Agency of the Republic of Azerbaijan (AZPROMO). Quest’ultima è una creazione del ministero dell’Economia, istituita nel 2003, per attrarre investimenti stranieri nel settore non petrolifero e incoraggiare le esportazioni di prodotti non petroliferi.

La visita del 23 settembre, ha riguardato la regione di Zangilan, riconquistata dall’Azerbaigian con la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, nel 2020. Nello specifico, gli europarlamentari si sono recati ad Agali Smart Village e a Shusha City. I villaggi sono descritti dai media azeri come innovativi, concentrati sul business locale e sullo sviluppo tecnologico e digitale. In merito alla questione tecnologico-digitale ricordiamo che l’Azerbaigian ha una legislazione sulla privacy praticamente inconsistente e utilizza in maniera consistente sistemi di sorveglianza quali Pegasus.

Eurasianet, finanziata dagli Stati Uniti, una delle principali piattaforme mediatiche in lingua inglese che copre la regione, ha dimostrato che le terre intorno a Zangilan sono state date quasi esclusivamente a persone con stretti rapporti con gli amici della famiglia presidenziale, Ilham Aliyev. Ciò include ricchi uomini d’affari e persone con legami con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. La costruzione dei villaggi intelligenti è finanziata dallo stato azero, ma i contratti di costruzione sono stati dati a persone molto vicine alla famiglia Aliyev. Tra le altre cose, la società NMS LLC coinvolta nello sviluppo è legata a AS Group, fondata da Shahin Movsumov, fratello di Shahmar Movsumov, il quale è assistente di Ilham Aliyev nonché capo dell’Autorità per gli affari economici e lo sviluppo innovativo.

La diplomazia del caviale

Come ampiamente spiegato dall’European Stability Initiative, la “diplomazia del caviale” ha preso piede a partire dal 2001, non molto tempo dopo che l’Azerbaigian è entrato a far parte del Consiglio d’Europa ed ha preso velocità dopo che Ilham Aliyev, che aveva servito nell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE), è diventato presidente dell’Azerbaigian nel 2003. Questo tipo di diplomazia ha potuto poi espandere la propria portata quando, nel 2005, l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan è stato completato. L’Azerbaigian, tramite una serie di enti e organizzazioni apparentemente indipendenti e che invece sono collegate al governo cerca di fare pressione sui singoli Stati europei come anche all’interno delle istituzioni comunitarie dell’Unione Europea, e spesso in maniera opaca e mai del tutto trasparente.

Negli ultimi anni ci sono stati vari casi che hanno riguardato il rapporto tra politici occidentali e Azerbaigian. In Germania c’è stato il caso che ha riguardato alcuni parlamentari di quella che allora era l’alleanza di centro-destra guidata da Angela Merkel, i quali spesso viaggiavano senza spese in Azerbaigian e con stretti rapporti con uomini d’affari azeri. Così come c’è stata la vicenda in Svezia che ha visto coinvolti l’Institute for Security and Development Policy e il ministero dell’Economia, con finanziamenti milionari dal secondo verso il primo nonostante gli stretti rapporti, per tramite del rettore dell’istituto, Svante Cornell, con l’Azerbaigian. L’Italia ha visto invece il caso di Luca Volontè, europarlamentare appartenente al partito politico italiano UdC (Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro), che nel gennaio 2021 è stato condannato in primo grado a 4 anni di carcere per corruzione internazionale dalla X Sezione Penale del Tribunale di Milano, per aver ricevuto, tra il 2012 e il 2013, dall’allora rappresentante dell’Azerbaijan all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, mezzo milione di euro per orientare il voto del proprio gruppo parlamentare in maniera contraria al rapporto del socialdemocratico tedesco Straesser che denunciava le condizioni di 85 prigionieri politici detenuti in Azerbaijan. Lo scorso anno è però intervenuta la prescrizione del reato, facendo cadere ogni accusa e così anche l’interdizione dai pubblici uffici che era stata inflitta a Volontè insieme ai 4 anni di carcere. Essendo arrivata la prescrizione dopo una prima pronuncia di condanna, e quindi di accertamento dell’avvenuto reato di corruzione internazionale, rimane la confisca del mezzo milione di euro sottratti a Volontè, ricevuto dalla società azera Baktelekom dietro conti bancari offshore presso la Danske Bank, in Estonia, e la Baltikums Bank, in Lettonia, e pervenuti sino al 19 marzo 2013 alla Fondazione Novae Terrae e alla società L.G.V della moglie di Volonté.

Insomma, l’Azerbaigian ha una ricca tradizione di lobbismo che appare sempre quantomeno opaca se non addirittura del tutto di tipo corruttivo. Le indagini sulla tangentopoli europea sembrano non riuscire, almeno per il momento, ad andare aldilà della cerchia di Panzeri e soci, sebbene molti siano coloro che hanno affermato essere solo una piccola parte della corruzione che circola nelle sedi europee e spesso, a quanto pare, tramite l’utilizzo di ONG, fondazioni e associazioni che fungano da luogo di passaggio dei soldi spesso giustificati come consulenze.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Azerbaigian: il blocco del corridoio di Lachin che mette a rischio migliaia di vite deve essere immediatamente revocato (Esgdata 09.02.23)

Il blocco è un duro colpo per l’accesso alle cure mediche nel Nagorno-Karabakh. La carenza di cibo e di carburante aggravano i costi per i diritti umani del blocco. L’Azerbaigian non adempie ai suoi obblighi in materia di diritti umani non agendo per rimuovere il blocco. Interviste condotte con operatori sanitari e residenti della regione hanno rivelato l’impatto particolarmente grave del blocco sui gruppi a rischio, tra cui donne, anziani e disabili. “Il blocco ha provocato gravi carenze di cibo e di medicinali”, ha detto Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale. “Le autorità azere hanno riconosciuto la sovranità su questi territori e esercitano il controllo sul territorio da cui viene effettuato il blocco. L’accesso alle cure sanitarie è diventato il problema più urgente nella regione bloccata. La mancanza di medicinali e l’accesso alle cure sanitarie sono diventati il problema più urgente nella regione bloccata. La situazione è particolarmente grave per gli anziani e le persone con disabilità. Vardan Lalayan, cardiologo di un ospedale di Stepanakert (Khankendi), ha visto da 30 a 40 pazienti quasi tutti anziani al mese prima del blocco. Ora vede solo cinque o sei pazienti al mese, di solito quelli che richiedono cure acute dopo un attacco di cuore. “Semplicemente non abbiamo abbastanza stent […] Non abbiamo abbastanza stent. Avremo un grande [numero di] attacchi di cuore a casa. I pazienti in condizioni critiche dovevano rimanere in un centro sanitario dove non era disponibile un’assistenza adeguata. Molti pazienti sono anche riluttanti a utilizzare il trasferimento in quanto spesso significa la separazione dalla famiglia per un periodo prolungato e incerto di tempo. La salute delle donne e della maternità è anche gravemente minacciata dalla carenza di forniture mediche. Molte farmacie del Nagorno-Karabakh hanno chiuso completamente. Quando riuscirono a trovare farmaci, costarono molto di più. Il blocco ha causato una carenza di cibo, che ha portato a un sistema di razionamento. Si formano lunghe code per il latte e le uova quando sono disponibili. Le donne di solito danno la priorità a dare cibo agli altri membri della famiglia piuttosto che a se stesse. Gli operatori sanitari hanno notato un significativo aumento dei casi di immunodeficienza, anemia, malattie della tiroide e peggioramento delle condizioni di diabete. Diversi operatori sanitari del Nagorno-Karabakh hanno detto ad Amnesty International che le donne incinte hanno mostrato un aumento delle complicazioni. Le persone con disabilità, comprese quelle con mobilità limitata, hanno detto di soffrire di più dell’isolamento. “Per me stare in queste quattro mura significa essere in prigione”, ha detto Yakov Altunyan, che usa una sedia a rotelle da quando le sue due gambe sono state amputate dopo aver calpestato una mina negli anni ’90. 1.100 residenti del Nagorno-Karabakh sono rimasti bloccati al di fuori della regione e non sono in grado di tornare a casa da quando è iniziato il blocco. Tra le altre conseguenze disastrose del blocco c’è la violazione del diritto all’istruzione. Tutte le scuole e gli asili, frequentati da circa 27.000 bambini, sono stati temporaneamente chiusi a causa della mancanza di riscaldamento e della carenza di elettricità. Con il blocco ormai nella nona settimana, tutti gli occhi sono puntati sulle autorità azere e sulle truppe russe di pace. Chiediamo a entrambe le parti di adottare immediatamente misure efficaci, in linea con gli standard internazionali sui diritti umani, per revocare il blocco del corridoio di Laçín. Nel settembre 2020, è scoppiata una guerra su larga scala tra l’Azerbaigian e l’Armenia per il territorio del Nagorno-Karabakh. Entrambe le parti hanno commesso violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi crimini di guerra. A seguito di un accordo tripartito del 10 novembre 2020 sostenuto dalla Russia, l’Azerbaigian ha riacquistato il controllo su gran parte della repubblica autoproclamata.

Amnesty International: l’Azerbajgian deve revocare senza indugi il #ArtsakhBlockade per porre fine alla crisi umanitaria (Korazym 09.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.02.2023 – Vik van Brantegem] –  Siamo stati avvisati questa mattina, con un Tweet dell’Ufficio stampa di Amnesty International Francia, che al termine di due mesi di #ArtsakhBlockade, Amnesty International sta lentamente iniziando a svegliarsi da un sonno profondo. È una cosa buona e giusta: «#Karabakh: @amnesty international demande aux autorités azerbaïdjanaises et aux Casques bleus russes de débloquer immédiatement le corridor de #Latchine et de mettre fin à la crise humanitaire en cours» [#Karabakh: @amnesty international chiede alle autorità azere e alle forze di pace russe di sbloccare immediatamente il Corridoio di #Lachin e di porre fine alla crisi umanitaria in corso] (amnestypresse @amnestypresse – Twitter, 9 febbraio 2023).

++++ AGGIORNAMENTO +++

Nel pomeriggio, alle ore 15.30, sul Twitter account globale di Amnesty International è stato postato un video, che ripete i punti salienti dell’articolo di Amnesty International Francia: «Mentre si sviluppa la crisi umanitaria in Azerbajgian, l’appello è chiaro: le autorità dell’Azerbajgian e le forze di pace russe devono revocare il blocco del Corridoio di Lachin e porre fine alla crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh».

«Il blocco del Corridoio di Lachin mette in pericolo migliaia di vite. Il blocco in corso del Corridoio di Lachin sta mettendo in pericolo la vita di migliaia di persone nella regione separatista del Nagorno-Karabakh».

Amnesty International
chiede agli Azeri e ai Russi
un’azione immediata ed efficace,
in conformità con gli standard internazionali
sui diritti umani.

Già quasi un mese fa – e un mese dopo l’inizio del #ArtsakhBlockade – con un post l’11 gennaio 2023 su Twitter, l’Ufficio stampa globale di Amnesty International aveva chiesto all’Azerbajgian di porre fine al blocco del Corridoio di Lachin: “L’Azerbajgian deve porre fine al blocco del Corridoio di Lachin, che ha lasciato i residenti del Nagorno-Karabakh senza accesso a beni e servizi essenziali. La libertà di movimento e la protezione dei diritti economici e sociali per le persone colpite devono essere garantite”.

Il Corridoio di Lachin, che è l’unica via di movimento e di rifornimento per i 120.000 Armeni dell’Artsakh, è bloccato dall’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, causando una crisi umanitaria. La carenza di prodotti essenziali come cibo e medicine ha spinto le autorità del Nagorno Karabakh a introdurre il razionamento. Gli ospedali sospendono gli interventi programmati. 1.100 residenti del Nagorno Karabakh, compresi 270 bambini che si trovavano in Armenia quando la strada è stata bloccata, non possono tornare alle loro case. L’Azerbajgian impedisce anche la riparazione dell’unica linea ad alta tensione dall’Armenia, causando carenza di elettricità. Inoltre, l’Azerbajgian interrompe ad intermittenza anche il gasdotto dall’Armenia. Tutto il traffico civile di persone e merci è interrotto e gli aiuti umanitari forniti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e dalle forze di mantenimento della pace russe non sono sufficienti per soddisfare i bisogni della popolazione dell’Artsakh.

Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato oggi sul sito di Amnesty International Francia, nella nostra traduzione italiana dal francese.

Soldati azerbaigiani fanno la guardia sotto Sushi al posto di blocco nel Corridoio di Lachin, l’unico collegamento terra tra il Nagorno-Karabakh e il mondo esterno (Foto di Tofik Babayev/AFP).

Nagorno-Karabakh: migliaia di vite a rischio per il blocco del Corridoio di Lachin
Amnesty International Francia, 9 febbraio 2023

(Nostra traduzione italiana dal francese)

Negli ultimi mesi si è registrata un’ulteriore escalation di violenza nel Nagorno-Karabakh, enclave montuosa al centro di un lungo conflitto tra Armenia e Azerbajgian. Da quasi due mesi gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono vittime di un blocco che tutto fa pensare sia stato orchestrato dall’Azerbajgian. Quasi 120.000 persone sono tagliate fuori dal mondo, prive di cibo, assistenza sanitaria ed elettricità. Un’asfissia che sta portando a una grave crisi umanitaria.

Pro memoria
Il blocco compromette gravemente l’accesso all’assistenza sanitaria in Nagorno-Karabakh
La carenza di cibo e carburante aggrava il costo del blocco
L’Azerbajgian viola gli obblighi in materia di diritti umani non riuscendo ad agire per revocare il blocco

Come abbiamo indagato?
Abbiamo condotto 16 interviste telefoniche con funzionari delle autorità de facto, operatori sanitari e residenti, inclusi anziani e disabili, del Nagorno-Karabakh, una regione separatista dell’Azerbajgian popolata principalmente da Armeni, che ha dichiarato la propria indipendenza come Repubblica di Artsakh nel 1991.

Contesto
Nel settembre del 2020 è scoppiata una guerra a tutto campo tra l’Azerbajgian e l’Armenia sul territorio del Nagorno-Karabakh ed entrambe le parti in conflitto hanno commesso violazioni del diritto internazionale umanitario, compresi crimini di guerra.
A seguito di un accordo tripartito raggiunto il 10 novembre 2020 con il sostegno della Russia, l’Azerbajgian ha ripreso il controllo di vaste aree dell’autoproclamata repubblica, tagliando con successo i suoi legami con l’Armenia.
Secondo i termini dell’accordo di cessate il fuoco, il cosiddetto Corridoio di Lachin è l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, la cui sicurezza doveva essere assicurata dal contingente di mantenimento della pace russo.

Il blocco del Corridoio di Lachin mette in pericolo la vita di migliaia di persone nella regione separatista del Nagorno-Karabakh. Chiediamo alle autorità azere e alle forze di pace russe di sbloccare immediatamente questa strada e porre fine alla crisi umanitaria in corso.

Questa strada, che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, è inaccessibile a tutto il traffico civile e commerciale dal 12 dicembre 2022, dopo essere stata bloccata da decine di manifestanti azeri, che con ogni probabilità sarebbero sostenuti dalle autorità del Paese. A causa di questa situazione, circa 120.000 Armeni etnici nel Nagorno-Karabakh non hanno più accesso a beni e servizi essenziali, compresi medicinali e cure salvavita.
Interviste con operatori sanitari e residenti della regione hanno rivelato l’impatto particolarmente duro di questo blocco sui gruppi a rischio, in particolare donne, anziani e persone con disabilità.

“Il blocco sta provocando gravi carenze di cibo e forniture mediche, poiché gli aiuti umanitari forniti dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e dalle forze di mantenimento della pace russe non sono sufficienti per soddisfare i bisogni. Interruzioni di energia elettrica, interruzioni nella fornitura di gas naturale e carburante per automobili si aggiungono al già estremo disagio, in particolare per i gruppi esposti a discriminazione ed emarginazione. Deve essere fermato”, ha dichiarato Marie Struthers, Direttore per l’Europa orientale e l’Asia centrale di Amnesty International.

“Le autorità azere esercitano la sovranità riconosciuta a livello internazionale su questi territori e il controllo sul territorio dal quale viene attuato il blocco. L’Azerbajgian è quindi obbligato ad adoperarsi per garantire che la popolazione del Nagorno-Karabakh possa avere accesso a cibo, a medicinali e ad altri beni essenziali. Da parte sua, la missione di mantenimento della pace russa ha il compito di garantire la sicurezza del Corridoio di Lachin. Tuttavia, entrambe le parti stanno chiaramente venendo meno ai loro obblighi”.

Secondo i funzionari de facto del Nagorno-Karabakh, dall’inizio del blocco, il numero di veicoli che arrivano nella regione è sceso da 1.200 al giorno a cinque o sei camion appartenenti alla missione di mantenimento della pace russa e al CICR.

Carenza di medicine e problemi di accesso all’assistenza sanitaria

L’accesso all’assistenza sanitaria è diventato il problema più urgente nella regione bloccata, a causa della carenza di medicinali e attrezzature mediche, nonché della mancanza di carburante per raggiungere i pazienti e consentire l’assistenza ambulatoriale. La situazione è particolarmente tesa per gli anziani o le persone con disabilità, molti dei quali soffrono di malattie croniche e per i quali l’accesso ai servizi sanitari è molto limitato o addirittura completamente interrotto.

Vardan Lalayan, cardiologo dell’ospedale di Stepanakert, visitava tra i 30 e i 40 pazienti al mese – quasi tutti anziani – prima del blocco. Ora ne vede solo cinque o sei al mese, di solito quelli che hanno bisogno di cure specialistiche dopo un infarto. Ha spiegato che la maggior parte delle persone che necessitano di controlli per un stent non possono ricevere le cure di cui hanno bisogno, a causa delle difficoltà nell’ottenere stent e altre forniture mediche.

“Attualmente stiamo eseguendo il 10% delle operazioni. Non abbiamo abbastanza stent. […] Avremo un [numero di] infarti molto elevato. Ogni giorno perdiamo molte persone, molti pazienti”, ha detto.
Biayna Sukhudyan, neurologa, ha dichiarato: “Una settimana fa abbiamo ricoverato un bambino [affetto da epilessia] che aveva urgente bisogno di medicine, e non le avevamo, e nessuno le aveva, le scorte erano finite. […] Dopo una settimana, in seguito a trattative con la Croce Rossa, il bambino ha potuto essere inviato a Yerevan per le cure”.

Secondo Vardan Lalayan, il CICR trasferisce solo i pazienti le cui condizioni sono “stabili” in strutture fuori regione, dove possono essere disponibili cure. Alcuni pazienti in condizioni critiche nel suo ospedale hanno dovuto rimanere in un centro dove non venivano fornite cure adeguate, provocando diversi decessi che avrebbero potuto essere evitati. Inoltre, molti sono riluttanti a beneficiare di un trasferimento, poiché spesso significa che devono essere separati dalle loro famiglie per un periodo prolungato e incerto, senza alcuna garanzia di ritorno.

Inoltre, la salute delle donne e la salute materna sono gravemente minacciate dalla carenza di forniture mediche.

Meline Petrosyan, incinta di otto mesi, della città di Martakert, ha dichiarato: “Il reparto maternità era affollato, ma c’era carenza di medicinali, prodotti per l’igiene e prodotti di prima necessità per il bambino, pannolini e latte artificiale. La stanza d’ospedale era spesso fredda a causa delle interruzioni di corrente. Potevano far funzionare solo un’incubatrice e tre bambini prematuri dovevano usarla a turno. Quando penso a tutte le incertezze legate al parto in queste condizioni, sono terrorizzata”.

Secondo gli operatori sanitari, per gli anziani e le persone con disabilità, è diventato molto difficile o addirittura impossibile reperire i farmaci prescritti per le malattie croniche, in particolare per l’ipertensione, i problemi cardiaci, l’epilessia e l’asma, così come gli antidolorifici e gli antibiotici, come molti le farmacie in Nagorno-Karabakh hanno chiuso completamente. Quando riescono a trovare i medicinali, questi sono molto più costosi a causa del blocco, che li costringe a ridurne l’uso.

Carenza di cibo e carburante

Il blocco ha causato una carenza di cibo, che ha portato le autorità di fatto a introdurre un sistema di razionamento all’inizio di gennaio. Secondo un residente: “Ogni persona può avere mezzo chilo di riso, pasta e un litro di olio e un po’ di zucchero”, il che limita i prodotti a un chilo o un litro al mese per persona, indipendentemente dall’età. Gli intervistati hanno affermato che mentre questi sforzi hanno evitato l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base, frutta e verdura fresca sono completamente scomparse dagli scaffali dei negozi, mentre si formano lunghe code per il latte e le uova se disponibili.

Dalle interviste ai residenti è emerso che le donne generalmente si privano del cibo per darlo ad altri familiari. Gli operatori sanitari intervistati hanno notato un aumento significativo dei casi di immunodeficienza, anemia, malattie della tiroide e peggioramento del diabete nelle donne e nei bambini come conseguenza diretta della carenza di cibo.

Nara Karapetyan, madre di due figli, ha dichiarato: “È più di un mese che non abbiamo né frutta né verdura. Appena riesco a procurarmi del cibo, qualunque esso sia, mi assicuro che lo mangino prima i miei figli, e mi accontento di quello che resta”.

Secondo diversi operatori sanitari del Nagorno-Karabakh, le donne incinte stanno vivendo sempre più complicazioni e il numero di aborti spontanei e parti prematuri è aumentato, perché le future mamme non possono permettersi farmaci salvavita e i prodotti nutrienti necessari durante la gravidanza.

Le persone con disabilità, in particolare con mobilità ridotta, soffrono maggiormente l’isolamento durante il blocco, in quanto non possono utilizzare né i mezzi pubblici né quelli privati a causa della carenza di carburante. Yakov Altunyan, che è su una sedia a rotelle da quando ha subito l’amputazione di entrambe le gambe dopo aver calpestato una mina negli anni ’90, è effettivamente bloccato nel suo appartamento. “Da quando sono stato ferito, cerco sempre di uscire e vedere la gente, perché per me stare tra queste quattro mura è come stare in prigione. […] Non poter guidare, comunicare o avere contatti con gli altri mi rende la vita molto difficile”, ha detto ad Amnesty International.

Una crisi umanitaria in peggioramento

Il blocco ha altre conseguenze disastrose, tra cui la violazione del diritto all’istruzione. Tutte le scuole e gli asili nido, frequentati da 27.000 bambini, sono temporaneamente chiusi per mancanza di riscaldamento e blackout. Se le scuole riapriranno parzialmente il 30 gennaio, le lezioni si terranno solo quattro ore al giorno.

Dall’inizio del blocco, 1.100 residenti del Nagorno-Karabakh, tra cui almeno 270 bambini, si sono trovati bloccati fuori dalla regione e impossibilitati a tornare a casa. Sono ospitati in hotel o presso parenti e volontari in Armenia. Oltre alla penuria di gas e benzina, vi sono frequenti interruzioni nella fornitura di gas dall’Azerbajgian [in realtà fornitura di gas dall’Armenia interrotta dall’Azerbajgian. V.v.B.] e interruzioni di corrente che durano in media sei ore al giorno [a causa dell’interruzione della linea di alta tensione proveniente dall’Armenia sul territorio sotto controllo dell’Azerbajgian e la non sufficiente produzione locale di elettricità. V.v.B.].

“Mentre il blocco entra nella sua nona settimana, tutti gli occhi sono puntati sulle autorità azere e sulle forze di mantenimento della pace russe. Chiediamo a entrambe le parti di intraprendere un’azione immediata ed efficace, in conformità con gli standard internazionali sui diritti umani, per revocare il blocco del Corridoio di Lachin senza ulteriori indugi e per porre fine alla crisi umanitaria”, ha affermato Marie Struthers.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

L’Armenia manda squadre di soccorsi specializzati in Turchia, umanità e solidarietà prevalgono sulle tensioni e conflitti (Il Messaggero 08.02.23)

L’umanità e la solidarietà nel momento della tragedia hanno avuto la meglio rispetto ai conflitti e ai blocchi in corso: l’Armenia ha inviato stamattina squadre di soccorso in Turchia per sostenere le operazioni di ricerca e salvataggio nelle regioni più colpite dal devastante terremoto. Il portavoce del ministero degli esteri armeni, Vahan Hunayan ha spiegato che si tratta di 57 persone esperte in situazioni di massima emergenza. Una squadra è stata inviata anche in Siria dove, nella zona di Aleppo, si sono verificati disastrosi crolli con migliaia e migliaia di dispersi ancora sotto le macerie. Il terremoto di magnitudo 7,8 è stato registrato nelle prime ore di lunedì mentre la gente dormiva, causando un ulteriore aumento delle vittime. Una seconda scossa di magnitudo 7,5 è arrivata alle 13:30.

Lettera aperta delle donne del Nagorno alla Von der Leyen: «ci aiuti siamo disperate». Il Papa all’Angelus: «condizioni disumane»

Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinian ha concordato l’assistenza nelle zone terremotate con i Presidenti Recep Tayyip Erdogan e Bashar al-Assad di Siria durante conversazioni telefoniche separate. Erdogan ha ringraziato l’Armenia per il sostegno e ha detto che contribuirà a “ulteriori dialoghi” tra i due Stati che, al momento, non hanno relazioni diplomatiche.

Armenia, 30 mila bambini senza luce, al freddo e con cibi razionati: la devastante crisi in Nagorno-Karabakh per il blocco azero

La speranza della comunità internazionale è che questo passaggio umanitario possa indirettamente contribuire a sbloccare la situazione tragica in Nagorno Karabakh dove un blocco azero nel corridoio di Lachin (unica via di accesso) sta impedendo da quasi 60 giorni il traffico di persone, medicinali, cibi. La minoranza armena nella enclave contesa è ormai allo stremo.

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Cinquantanovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Urge l’azione chiara da parte della comunità internazionale a prevenire la pulizia etnica contro gli Armeni dell’Artsakh (Korazym

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 08.02.2023 – Vik van Brantegem] – È il 59° giorno del blocco azero della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, che ha intrappolato 120.000 persone. Il regime dittatoriale di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian, che il 6 febbraio aveva interrotto per l’ennesima volta la fornitura di gas all’Artsakh e ieri ripristinato parzialmente la fornitura, oggi l’hanno nuovamente interrotto. Come abbiamo già osservato più volte, aprono e chiudono la valvola del gasdotto che passa nel territorio dell’Artsakh da loro occupato, in un gioco dei nervi.

Inoltre, l’Azerbajgian continua a impedire la riparazione dell’unica linea ad alta tensione che fornisce l’Artsakh di elettricità dall’Armenia, privando i residenti anche di una fornitura stabile di elettricità. La carenza di generi alimentari continua a causare code di massa in tutti i negozi dell’Artsakh. In pieno inverno le persone devono attendere per ore per ottenere una piccola quantità di cibo, visto che la quantità di tutti i tipi di prodotti è molto limitata (foto di copertina). Si tratta di una grave violazione del diritto a un tenore di vita adeguato da parte dell’Azerbajgian, che esercita un’ulteriore pressione psicologica sull’intera popolazione che già affronta condizioni di vita terribili. L’Azerbajgian usa criminalmente il terrore dell’energia e del cibo per aggravare la sofferenza fisica e psicologica della popolazione dell’Artsakh.

Oltre alla disoccupazione crescente a causa del #ArtsakhBlockade, il 95% dei lavori di costruzione è stato sospeso. La costruzione di case, in particolare per gli sfollati interni espulsi dalle loro case e dalle loro terre ancestrali dall’Azerbaigian durante la guerra dei 44 giorni del 2020, è stata sospesa fino a nuovo avviso a causa dell’assenza di materiali da costruzione, principalmente importati dall’Armenia. A parte di altri lavori, oggi sarebbero state pronte per essere abitate oltre 300 nuove case per 300 famiglie sfollate, se non ci fosse il #ArtsakhBlockade, operato da sedicenti “eco-attivisti”, che non si sono mai preoccupati per gli eco disastri reali a casa proprio.

Il mondo corre a salvare la Turchia e la Siria, mentre nessuno cerca di aiutare l’Artsakh. Nessuno si è preso la briga di fare qualcosa. Solo parole che non fermano il pericolo di genocidio. Anche il Papa ha speso un paio di parole, ma non ha spedito il suo Elemosiniere, Cardinale Konrad Krajewski a guidare un camion con medicine attraverso il Corridoio di Lachin (non pretendiamo che manda un gruppo di Guardie Svizzeri con le alabarde). La gente si è pure dimenticata dell’Ucraina. Ricambiare l’aiuto che l’Armenia sta inviando, facendo sì che l’Azerbajgian metta fine al blocco in Artsakh, sarebbe la cosa giusta da fare da parte da fare da parte della Turchia.

Baku.ws – Il popolo dell’Azerbajgian si è mobilitato per le vittime del terremoto in Turchia

Mentre l’Armenia invia aiuti alla Turchia e alla Siria, e gli Azeri raccolgono vestiti caldi per la Turchia (da notare: scrivono “in Turchia”, e non Siria), il regime dell’Azerbajgian continua a congelare e far morire di fame 30.000 bambini armeni nel #ArtsakhBlockade.

Il genocidio per fame è genocidio – Convenzione delle Nazioni Unite sulla Prevenzione e Repressione del Crimine di Genocidio: Articolo II(c)

I media azeri stanno diffondendo informazioni secondo cui “la Repubblica di Armenia e l’Iran si stanno preparando a lanciare un attacco verso Lachin e Kubatlu”. Questa “è una menzogna assoluta e non corrisponde alla realtà”, ha detto il Portavoce del Ministero della Difesa e Consigliere del Direttore del Servizio di Sicurezza Nazionale della Repubblica di Armenia.

Nonostante tutti gli sforzi dell’Armenia, la situazione nella regione rimane fragile e tesa e vi è una significativa probabilità di una nuova escalation, ha affermato il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, durante la conferenza stampa congiunta con il Ministro degli Esteri croato, Gordan Grlić-Radman. “Le sfide alla sicurezza derivanti dall’aggressione e dall’occupazione dell’Azerbajgian del territorio sovrano dell’Armenia nel maggio e nel novembre del 2021 e nel settembre del 2022, dopo la guerra del 2020 che ha scatenato contro il Nagorno Karabakh, non stanno solo interrompendo gli sforzi del governo armeno volti a stabilire la pace, la stabilità e la sicurezza nel Caucaso meridionale, ma minacciano anche la democrazia armena”, ha affermato Mirzoyan. Ha ricordato che in grave violazione dei termini della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e del diritto umanitario internazionale, l’Azerbajgian sta mantenendo il blocco del Corridoio di Lachin già da due mesi, assediando 120.000 persone del Nagorno Karabakh. “La crescente crisi umanitaria quotidiana può diventare un vero disastro umanitario. È necessario sottolineare che gli appelli di numerosi Paesi grandi e piccoli, organizzazioni internazionali, ONG di fama non hanno ancora avuto un impatto sul comportamento dell’Azerbajgian. In questo caso voglio sottolineare la necessità di azioni chiare e l’avvio dei rispettivi meccanismi da parte della comunità internazionale volti a porre fine al blocco illegale del Nagorno-Karabakh, e prevenire la pulizia etnica contro gli Armeni dell’Artsakh e l’aggressione dell’Azerbajgian in futuro”, ha detto Mirzoyan.

A tale proposito, Mirzoyan ha attribuito importanza allo spiegamento di una missione conoscitiva internazionale nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh. “Vorrei sottolineare l’importante ruolo che la missione di monitoraggio dell’Unione Europea ha per garantire la stabilità attorno ai confini della Repubblica di Armenia. L’uso periodico della forza o le minacce esplicite all’uso della forza, le violazioni di massa dei diritti umani non possono creare un terreno stabile per la pace e la sicurezza nella regione. L’Armenia ha annunciato numerose volte la sua disponibilità a un dialogo costruttivo in un ambiente privo di incitamento all’odio, precondizioni e retorica bellicosa per una pace e uno sviluppo sostenibili nel Caucaso meridionale. Non c’è alternativa a una soluzione pacifica dei problemi e delle controversie esistenti, questa è la nostra convinzione”, ha affermato Mirzoyan.

Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha affermato che l’Armenia ha il maggior interesse nella riapertura dei collegamenti nella regione e più che nessuno degli altri Paesi; né l’Azerbajgian né la Turchia hanno bisogno di quelle strade più dell’Armenia. Pashinyan ha fatto le osservazioni in Parlamento durante il tempo delle interrogazioni quando gli è stato chiesto dell’Unione Economica Eurasiatica e l’apertura dei collegamenti regionali. Pashinyan ha affermato che l’Armenia ha un unico collegamento terrestre con l’UEE, l’Upper Lars, con problemi oggettivamente insormontabili legati a valanghe, condizioni meteorologiche e inondazioni. “Certamente, ora i nostri colleghi georgiani hanno avviato la costruzione di un tunnel che risolverà in gran parte il problema. Ma d’altra parte, ovviamente comprendiamo che l’apertura dei collegamenti nella regione, in particolare la ferrovia Armenia-Azerbajgian e l’apertura delle strade, aumenteranno in modo significativo il nostro fatturato commerciale con l’UEE e non solo con l’UEE”, ha affermato Pashinyan.

Pashinyan ha detto che l’Armenia è interessata e pronta ad attuare i termini della dichiarazione del 9 novembre 2020 in questo senso. “Noi siamo quelli che vogliono che quelle strade si aprano di più, e sono gli altri che resistono. Siamo i più interessati, perché siamo noi che siamo stati bloccati per trent’anni, nessun altro ha bisogno di queste strade più di noi, né l’Azerbaigian né la Turchia. Hanno alternative a tutte le strade. E poiché tutti capiscono che abbiamo più bisogno di quelle strade, cercano di aumentare il prezzo dell’apertura delle strade per noi. Stiamo dicendo “no” ad un corrodoio, implementiamo accuratamente quanto scritto nella Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. E non attribuire alla Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 ciò che non è stato scritto in essa”, ha detto Pashinyan.

Pashinyan ha affermato che lo stesso Presidente azero ha recentemente osservato che la clausola 9 della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 non menziona alcun corridoio. “Questo dice tutto. Non si fa menzione di un corridoio, non si fa menzione di limitare la sovranità dell’Armenia, non si fa menzione di limitare l’applicazione della legislazione armena. Siamo pronti ad implementare la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, lanciare tutte le azioni letteralmente domani”, ha aggiunto Pashinyan.

Un “turista” straniero nelle zone dell’Artsakh occupate dall’Azerbajgian gioca alla guerra.

Mentre 120.000 Armeni sono intrappolati, tormentati e terrorizzati nel #ArtsakhBlockade dalla dittatura dell’Azerbaigian per 59 giorni e proseguendo, il tour di propaganda del governo azero per 30 “turisti” stranieri continua: sono in uniformi militari azere, sparano e cavalcano sui carri armati. Irreale. Qual è il futuro del “turismo” di guerra dell’Azerbajgian? Sessioni sulla decapitazione degli Armeni con l’eroe azero Ramil Safarov come relatore ospite?

Si sta svolgendo a Baku il corso di addestramento della NATO – Il gruppo di addestramento mobile del Comando Interforze Alleato di Brunssum ha tenuto il corso di formazione sulla “Valutazione delle operazioni a tutti i livelli di guerra” nell’ambito del programma di cooperazione del partenariato individuale 2023 del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian con la NATO, riferisce Trend citando il Ministero.

La NATO probabilmente insegnerà alle forze armate dell’Azerbajgian una o due cose sui come migliorare la tecnica dell’assedio come un “livello di guerra” contro la popolazione dell’Artsakh.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo, insieme all’organizzazione internazionale di beneficenza armena Ayer Miatsek, hanno consegnato 25 tonnellate di aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh e le hanno consegnate al caseificio di Stepanakert.

Un agricoltore a Togh in Artsakh (Foto di Varak Ghazarian).

«Dobbiamo convertire tutto il dolore, la sofferenza e l’ansia nell’energia che ci consentirà di fare qualcosa di significativo per l’Armenia e l’Artsakh. Non permetteremo più alle emozioni di dettare le nostre azioni, perché abbiamo sofferto troppo a lungo per mano delle nostre emozioni negative. Ci hanno paralizzato e reso immobili per troppo tempo. Dobbiamo trasformare quel dolore e quella rabbia in energia e sforzo. Dobbiamo diventare vigili e instancabili nelle nostre azioni per perseverare oltre ogni ostacolo al fine di garantire la protezione e il progresso dell’Armenia e dell’Artsakh. Dobbiamo lavorare ore extra e fino a tarda notte. Dobbiamo unire i nostri sforzi per amplificare i nostri risultati. Dobbiamo utilizzare ogni risorsa a nostra disposizione. Pertanto abbiamo bisogno di strutturarci in modo formale ed efficiente. Se l’organizzazione non è disposta a partire dall’alto, dobbiamo iniziare a costruirla da zero, passo dopo passo. Dobbiamo impegnarci in discussioni urgenti che abbracciano luoghi diversi, professioni diverse e classi diverse al fine di creare il quadro migliore per andare avanti nel miglior modo possibile» (Varak Ghazarian – Medium.com, 8 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Nagorno-Karabakh: dopo il conflitto, la crisi umanitaria (VIDEO Youtube)

Partecipano: Giorgio Comai (Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa), Aldo Ferrari (ISPI, Università Ca’ Foscari Venezia), Simona Scotti (Topchubashov Center), Luca Steinmann (Giornalista e reporter freelance). 🔎 Scopri di più su https://www.ispionline.it 📚 ISPI L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale è tra i più antichi e prestigiosi think tank italiani e tra i migliori in Europa. L’ISPI analizza le dinamiche politiche, strategiche ed economiche del sistema internazionale con programmi di ricerca, pubblicazioni, eventi, seminari e corsi. ✅ Seguici Instagram: https://www.instagram.com/ispigram Twitter: https://twitter.com/ispionline Facebook: https://www.facebook.com/ISPIonline/ Linkedin:https://www.linkedin.com/company/ispi TikTok: https://www.tiktok.com/@ispionline 📫Iscriviti alle nostre newsletter: https://bit.ly/3GS2GZJ 🚀Unisciti al nostro canale Telegram: https://t.me/ispionline 🍿 Guarda ancora Video più popolari: https://bit.ly/3tNAWlp Ultimi caricati: https://bit.ly/3Kw6Ad7 #NagornoKarabakh #Armenia #Azerbaijan