La Masseria delle allodole è il dolente libro di Antonia Arslan sullo sterminio degli armeni. La scrittrice vive a Padova. Altro libro imperdibile sullo sterminio degli armeni è I peccati dei padri. Negazionismo turco e genocidio armeno (2018), di Siobhan Nash-Marshall. Siobhan Nash-Marshall è docente di filosofia teoretica e titolare della Mary T. Clark Chair of Christian Philosophy presso Manhattanville College di New York. Siobhan Nash-Marshall mi ha spiegato in una lunga intervista telefonica le radici del conflitto. Quando Stalin detestava qualche cosa, ne conseguivano cose nefande. Stalin detestava gli armeni. Una leggenda nera narra che questo suo viscerale odio fosse dovuto ad una sua breve permanenza con i Padri Mechitaristi dell’isola di san Lazzaro a Venezia. Può anche darsi. Ma il fatto concreto è che egli fece di tutto per indebolire l’Armenia. Nella sua veste di plenipotenziario di Lenin per il Caucaso, diede parti del territorio armeno alla Turchia (il monte Ararat, Kars e Ardahan) e parti all’Azerbaijan (Nakhiçevan e Nagorno-Karabakh, che gli armeni chiamano Artsakh). Le frontiere seguivano il principio del divideet impera: il Nakhiçevan non è contiguo all’Azerbaijan, e il Nagorno Karabakh è un’isola nei territori assegnati all’Azerbaijan. Stalin diede però anche ad entrambe le regioni lo statuto di oblast: provincia autonoma. Ciò non impedì agli azeri di cacciare tutti gli armeni dal Nakhiçevan, eliminando poi ogni traccia della loro presenza.
Negli ultimi due anni la sua ombra ha pesato molto sugli armeni del Nagorno-Karabakh. Nel settembre 2020, l’Azerbaijan, affiancato dai “cugini turchi”, ha sferrato un micidiale attacco bellico per “riprendersi” quella provincia autonoma. Da allora fa razzie costanti sulle frontiere armene e del Karabakh. Il suo scopo, come anche Erdogan affermò nel maggio 2020, è di ripulire l’intero territorio dei kılıç artığı, i resti della spada. In questo momento c’è una scuola assediata. Sono più di 600 gli allievi della scuola italo-armena Antonia Arslan a Stepanakert nel Nagorno Karabakh (o Artsakh, come gli armeni chiamano il lembo orientale della loro patria antica). 600 sono le giovani anime che si trovano sotto assedio, ingabbiate nella morsa azera che li sta lentamente strangolando. Sono passati 10 giorni da quando l’Azerbaijan ha chiuso il corridoio di Lachin, l’unica strada di accesso rimasta agli armeni per l’Artsakh: il polmone del paese, la strada del soccorso, dei viveri, della vita. Non sono stati questa volta usati dei soldati per bloccare la strada: ma come una sinistra beffa, degli agenti cammuffati da ambientalisti. Come può non farsi paladino dell’ambiente un paese che negli ultimi due anni ha sferrato attacchi dopo attacchi sull’Armenia e sul Nagorno Karabakh, un paese che impavidamente viola le convenzioni di Ginevra, un paese che impunemente trasmette video di donne torturate e mutilate, un paese che ha costruito un parco-museo di guerra per umiliare gli armeni dopo la terribile guerra del 2020, solamente perché detentore della sommamente vitale industria petrol-chimica? Gli assedi non sono cosa nuova per gli armeni. Conosciamo tutti, grazie a Franz Werfel, la storia del Musa Dagh, l’unico capitolo a lieto fine nell’immensa tragedia del genocidio armeno. Non è cosa nuova per gli armeni vedere da vicino lo spettro della fame, della lenta morte, dell’espulsione dalle loro terre ancestrali. Come ricorda Antonia Arslan nella sua splendida ballata Canto per una nazione che muore, sono rimasti sulle cime dei monti dell’acrocoro armeno solamente “i fantasmi degli arceri di Van.” Dei milioni di armeni che vivevano, danzavano, cantavano, pregavano da millenni sulle pendici e sulle valli occidentali dell’Ararat, non sono rimaste neppure le chiese, i monasteri, le tombe. Non è cosa nuova per gli armeni sentire la puzza di quell’odio nei confronti dei discendenti di Noè che i capi delle nazioni turaniche attentamente nutrono nelle teste e nei cuori dei loro sudditi. Non è cosa nuova l’implicita complicità dei governi occidentali nell’assassinio della prima nazione cristiana. Ciò che è nuovo è il silenzio assordante della stampa occidentale nei confronti di questo nuovo capitolo del genocidio armeno. Dove sono oggi le migliaia e migliaia di articoli che riempivano quotidianamente le pagine dei giornali del progredito occidente di notizie dei massacri hamidiani (1894-96), e ancora del massacro di Adana (1909), e ancora del genocidio armeno (1915-18)? Ciò che è nuovo, è l’indifferenza occidentale di fronte a questa ultima calamità per gli armeni. Sono più di 600 gli allievi della scuola italo-armena Antonia Arslan a Stepanakert nel Nagorno Karabakh (o Artsakh, come gli armeni chiamano il lembo orientale della loro patria antica). 600 sono le giovani anime che si trovano sotto assedio, ingabbiate nella morsa azera che li sta lentamente strangolando. Parecchi di questi hanno fratelli al di là della strada sbarrata. Erano, infatti, andati in gita in Armenia pochi giorni prima dell’arrivo dei cosiddetti “ambientalisti”. Questi fratelli guardano con orrore quello che sta succedendo ai loro fratelli, ai loro genitori, ai loro zii, ai loro insegnanti. Ma sanno che diversamente da loro, i loro fratelli riescono ancora andare a scuola. L’armeno dell’Artsakh è ostinato. Per quanto senta la puzza l’odio turanico nei suoi confronti, per quanto sappia che la grande croce illuminata che si erge sulla collina fuori Stepanakert sia bersaglio dei soldati azeri stanziati nell’antica città armena di Shushi, l’armeno dell’Artsakh va avanti. Non a caso il suo animale araldico è l’asino… Noi mondo occidentale per l’ennesima volta stiamo tacendo, per l’ennesima volta non sappiamo nulla di quello che succede. La Croce p nel cuore degli armeni e l’Europa odia la croce. Il principe di Davos ha appena dichiarato che Cristo è una fake news. L’attacco mortale a Cristianesimo è cominciato con io sterminio degli Armeni e l’indifferenza del mondo cristiano, un’indifferenza accuratamente costruita, istillata. Il mondo è sempre pieno del grido di dolore di altri, una forma di distrazione continua. Quando non ci sono altri c’è la terra e ci sono le foche da salvare. È dal popolo armeno che adesso deve cominciare la riconquista della verità. È più di un secolo che il sangue degli armeni scorre come liquidi senza valore, lasciati soli davanti ai nemici da quelli che dovrebbero essere i loro amici e non lo sono. Affidiamo gli armeni a San Giorgio, e anche noi da San Giorgio impariamo di nuovo il coraggio. La fede è coraggio. L’ateismo è vigliaccheria. Siobhan Nash-Marshall ha pubblicato il suo primo romanzo breve George (Crossroad Pub. Co., New York, 2022 e Ares, Milano 2022), perché prima o poi San Giorgio arriva, e allora sono tempi duri per i draghi.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-31 15:31:052023-01-05 15:32:02LA PERSECUZIONE DEGLI ARMENI CONTINUA ANCORA. (Silvanademaricomunity 31.12.22)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel ventesimo giorno del #ArtsakhBlockade il regime autoritario dell’Azerbajgian continua con l’impiego di sedicenti ecoattivisti azeri ad interrompere l’autostrada Stepanakert-Goris, la #StradaDellaVita della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Oggi, 120.000 cittadini (tra cui 30.000 bambini e 20.000 anziani) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh vanno incontro al nuovo anno in isolamento, senza accesso a risorse vitali come cibo, carburante e medicine dall’esterno. Non diamo nulla per scontato e manteniamo gli Armeni Cristiani dell’Artsakh nei nostri cuori. Pensiamo a loro durante la nostra cena di Capodanno e li includiamo nella nostra preghiera.
Questa sera a Stepanakert si svolge una fiaccolata. È così che si festeggerà Capodanno in Artsakh. Non c’è una sola rosa o garofano in città da deporre sulle tombe, come si fa tradizionalmente.
I residenti del Nagorno-Karabakh che sono bloccati a Yerevan (e altri) fanno una fiaccolato verso il cimitero militare di Yerablur, dove daranno il benvenuto al nuovo anno.
I media statali azeri trasmettono un video di un “giornalisti” che spia le case armene a Stepanakert e dintorni con il binocolo. Dice: “Da Sushi vediamo Khankendi [cioè, Stepanakert]”.
Buon anno a tutti, tranne a coloro per i quali le persone nate in Paesi non riconosciuti non hanno abbastanza diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona.
Il #ArtsakhBlockade non aveva motivi ecologici fin dall’inizio. Il circo con tutti questi “ambientalisti” azeri, alias eco-terroristi, lo ha spiegato in modo concise e chiaro Tigran Grigoryan, analista politico residente in Armenia: «Baku ora sta cercando di far girare il discorso a suo favore, facendo trapelare informazioni sui “negoziati” durante i quali avrebbero permesso di far entrare camion di merci umanitarie nel Nagorno-Karabakh se fossero stati ispezionati da loro. Prima di reagire a questa “offerta” vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che pubblicando e diffondendo la suddetta informazione la parte azera si contraddice e riconosce che il Corridoio è effettivamente chiuso e sono loro che lo hanno bloccato. Per quanto riguarda la cosiddetta offerta: l’intera logica alla base di questa falsa causa ambientalista si basa sull’intenzione di Baku di avere un maggiore controllo nel Nagorno-Karabakh e un maggiore controllo sul Corridoio. Stanno letteralmente minacciando un’intera popolazione con la morte per fame per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, qualsiasi tipo di controllo azero sul Nagorno-Karabakh o sul Corridoio porterebbe a una vera e propria pulizia etnica dell’Artsakh. Se eri scettico al riguardo, le ultime 3 settimane dovrebbero averti convinto che è il loro obiettivo finale e la loro politica sul campo. L’Azerbajgian deve rispettare la dichiarazione del 9 novembre 2020. Il Corridoio va sbloccato senza precondizioni».
L’Ambasciatore di Azerbajgian in Germania, Nasimi Aghayev, ha scritto ieri in un post su Twitter: «Armenia must respect its commitment to open the Zangezur Corridor connecting mainland Azerbaijan with its Nakhchivan region. There is no way around it. The whole region will benefit from it» [L’Armenia deve rispettare il suo impegno ad aprire il Corridoio di Zangezur che collega l’Azerbajgian propria con la sua regione del Nakhchivan. Non c’è altra soluzione. Ne beneficerà l’intera regione].
Immaginiamo che gli Stati Uniti vogliano connettersi all’Alaska. Invece di utilizzare le strade canadesi, richiede dal Canada un corridoio extraterritoriale sovrano. Al rifiuto inizia a bombardare le città canadesi, affama tutti i canadesi, inclusi tutti i bambini sotto assedio. E dichiara: “Non c’è altra soluzione”.
Questo “impegno” dell’Armenia, se l’è inventato di sana pianta Aghayev. L’unica volta che la parola “corridoio” appare in documenti firmati dall’Armenia è in riferimento al “Corridoio di Lachin”. Invece, l’intera regione beneficerà dall’apertura del Corridoio di Berdzor/Lachin, dalla liberazione delle parti della Repubblica di Artsakh e della Repubblica di Armenia occupati dalle forze armate dell’Azerbajgian e dal riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Poi, in un altro post su Twitter, Aghayev riesce a comporre un altro cumulo di menzogne, evitando tra altro la parola “Corridoio di Lachin” e chiamando il territorio della Repubblica di Artsakh territorio sovrano dell’Azerbajgian (basandosi del regalo fatto da Stalin), rivelando però la verità: il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte di “eco-attivisti” (per creare un disastro umanitario per i cittadini Armeni della Repubblica di Artsakh, per spingerli di andarsene per disperazioni, non appena il Corridoio verrà riaperto) non ha niente a che fare con la causa ambientalista: «Make no mistake: The Lachin Road was built by Azerbaijan on its own sovereign territory to be used by its Armenian citizens for civilian/humanitarian purposes. NOT for Armenia or the criminal regime in Khankendi to deliver arms, landmines, or stealing natural resources» [Non fare un errore: la strade di Lachin è stata costruita dall’Azerbajgian sul proprio territorio sovrano per essere utilizzata dai suoi cittadini armeni per scopi civili/umanitari. NON per l’Armenia o il regime criminale di Khankendi [Stepanakert] per consegnare armi, mine antiuomo o rubare risorse naturali].
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha presieduto ieri, 30 dicembre 2022 un’ampia consultazione con la leadership degli organi statali. Tirando le somme dell’anno trascorso, il Ministro di Stato lo ha definito “difficile e complesso”. “Abbiamo affrontato una nuova realtà: un blocco. D’altra parte, quest’anno ha dimostrato che la società è davvero pronta a riunirsi e le due manifestazioni hanno mostrato la volontà delle persone di stare fianco a fianco. Voglio ringraziare la gente dell’Artsakh, che in questa situazione non si perde d’animo, non cambia le proprie idee sull’indipendenza e il futuro dell’Artsakh e continua a stare con dignità sulla propria terra”, ha sottolineato Vardanyan. Il Ministro di Stato ha ringraziato i partecipanti alla sessione per il lavoro svolto in condizioni difficili. Rivolgendosi ai neo-Ministri della Salute, dell’Agricoltura, dell’Amministrazione del territorio e delle Infrastrutture, ha affermato che non è il caso di congratularsi in questa situazione, invece, forse è più corretto ringraziarli per l’assunzione di responsabilità. Il Ministro di Stato ha sottolineato che, nonostante il blocco, le riforme in corso continueranno. “Certo, avevamo programmato di implementare tutto questo in modo diverso, ma le nuove realtà richiedono un nuovo approccio. Dobbiamo prendere decisioni e andare avanti passo dopo passo”. Riferendosi alla situazione finanziaria ed economica, ha osservato che l’anno 2022 si conclude con un ampio disavanzo di bilancio. Inoltre, l’economia è sempre più messa a dura prova dal blocco. Il Ministro di Stato ha osservato che in tali realtà saranno necessari grandi sforzi e il massimo lavoro organizzativo per garantire la vita normale della popolazione. “Nonostante queste difficoltà, andremo avanti, non abbiamo altra via”, ha sottolineato Vardanyan.
La Federazione Russa ha ripetuta la preoccupazione, in riferimento alla dichiarazione tripartita dei leader di Russia, Azerbajgian e Armenia del 9 novembre 2020, per la mancanza di progressi nel ripristino della piena operatività del Corridoio di Lachin per la circolazione di cittadini, veicoli e merci in entrambi le direzioni. In merito, la Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha rilasciato una dichiarazione, che è stata pubblicata ieri, 30 dicembre 2022 sul sito ufficiale del Ministero.
«La parte russa, in particolare la leadership della forza di mantenimento della pace russa, continua a compiere passi coerenti verso la risoluzione di questa situazione. Sottolineiamo che sono le forze di pace russe a dare un contributo chiave per garantire la sicurezza nella loro zona di schieramento, come hanno notato i leader di Russia, Azerbajgian e Armenia al vertice tenutosi a Sochi il 31 ottobre 2022. Consideriamo qualsiasi attacco pubblico e provocazione contro le nostre forze di pace come azioni inaccettabili e deliberate che causano danni significativi al processo di risoluzione armeno-azerbaigiano», ha affermato Zakharova. La Russia invita Baku e Yerevan a osservare rigorosamente tutte le disposizioni della dichiarazione dei leader di Russia, Azerbajgian e Armenia del 9 novembre 2020: «Osserviamo che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere utilizzato solo per gli scopi specificati in questo documento. Auspichiamo che le parti raggiungano un accordo sullo sfruttamento delle miniere nella regione [*]. Siamo favorevoli all’attuazione globale dell’intero complesso di accordi tripartiti ad alto livello volti a sbloccare le questioni di trasporto ed economici nella regione, la demarcazione del confine armeno-azerbajgiano, la preparazione di un trattato di pace tra Baku e Yerevan e l’instaurazione di contatti tra personaggi pubblici, esperti e parlamentari dei due Paesi”, ha concluso Zakharova.
[*] Da tempo è già chiaro che gli “eco-attivisti” azeri sono stati inviati da Baku a bloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin) per diversi motivi, ma non per preoccupazioni ambientali. Uno dei motivi è fermare il trasporto nei minerali ricavate dalle miniere in Artsakh, perché costituiscono un valore importante per l’economia della Repubblica e quindi di sostentamento per i cittadini. Nell’intervista trasmessa da France 24, ieri, 28 dicembre 2022, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, parlando delle ragioni del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, ha detto: «Oggi abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta con il governo e la direzione della compagnia mineraria che siamo pronti a ricevere esperti ambientali internazionali per venire a ispezionare le nostre operazioni minerarie. Pensiamo che funzioni secondo i migliori standard e vogliamo anche vedere non solo la nostra industria mineraria, ma l’intera regione, ispezionata da professionisti, non da alcuni cosiddetti “eco-attivisti” che, abbiamo scoperto tutti, non sono ambientalisti. La maggior parte di loro sono persone che lavorano per dei servizi speciali in Azerbajgian. A proposito, se le persone in Francia sono interessate e controllano quante azioni ambientali hanno avuto luogo in Azerbajgian negli ultimi 10 anni, saranno sorpresi, perché il numero è zero. Quindi questo è uno spettacolo organizzato dal governo dell’Azerbajgian».
Se fossero veramente preoccupati dell’ambiente, gli “eco-attivisti” azeri potrebbero andare a salvare l’ambiente in Azerbajgian, dove però è proibito organizzare delle proteste e certamente non è permesso ostacolare la produzione e il trasporto dei prodotti petroliferi.
Gli “eco-attivisti” azeri che bloccano il Corridoio di Lachin con “preoccupazioni ambientali e in difesa della natura” strangolano una “colomba della pace”, fanno il segno del gruppo estremista di destra turco “Lupi Grigi”, indossano pellicce, portano borse di pelle e gettato rifiuti in giro, bruciano rifiuti tossici nei bidoni della spazzatura e organizzano un flusso costante di furgoni e autobus navetta, che vanno e vengono da Baku. Poi, hanno deciso di salvare l’ambiente con i palloni, che sono per niente rispettosi dell’ambiente. La loro biodegradazione può richiedere da 6 mesi a 4 anni e nel tempo, devastano gli ecosistemi. Possono essere scambiati per fogliame e cibo dalla fauna selvatica e possono danneggiare e persino uccidere gli animali, che possono anche rimanere aggrovigliati e uccisi dalla corda a cui sono spesso legati i palloni.
Infine, davanti alle loro tende hanno costruito con bottiglie di plastica pitturate di verde un “albero di Natale”, che i media azeri definiscono “un simbolo di speranza per il nuovo anno”.
Ma sì: “SAVE NATURE!”
Visto che gli “eco-attivisti” azeri hanno così tanta premura di salvare la natura e di condurre monitoraggi in casa altrui, possiamo indicare loro esattamente dove vale la pena di andare a farlo. Oggi in Azerbajgian ci sono circa 200 laghi di rifiuti petroliferi, più precisamente nella penisola di Absheron, su cui si trova la città di Baku, la capitale e la città più popolosa del Paese, e l’area metropolitana di Baku che comprende le città di Sumqayıt e Khyrdalan. La penisola si estende per 60 km nel Mar Caspio e raggiunge una larghezza massima di 30 km.
Nell’elenco delle città più sporche del mondo di Forbes.com e di Ibanplastic.com, al primo posto sta «la capitale dell’Azerbajgian, Baku, anche conosciuta come la “Città Nera”. Secondo Mercer Health and Sanitation Index, Baku ha ottenuto una stella per avere il punteggio peggiore. Baku ha i giacimenti petroliferi più ricchi del mondo. E ora ci chiediamo, è una benedizione o una maledizione? Naturalmente, tutte le risorse naturali sono state create per essere una benedizione. Ma poi è arrivata l’avidità umana e ha trasformato le cose in una maledizione. La città di Baku pullula ora di trivelle e raffinerie, insieme a 2 milioni di abitanti. La sua aria è contaminata da fumo e polvere e le sue acque divennero discariche di sottoprodotti petrolchimici».
Tutti i laghi di rifiuti petroliferi qui sono un vero pericolo per la salute delle persone che vivono nella immediata vicinanza. I gas idro-solforici si vaporizzano e causano molte malattie. Circa 30.000 ettari di suolo nella penisola di Apsheron in Azerbajgian sono inquinati da prodotti petroliferi e varie forme di rifiuti industriali. Impianti petrolchimici, raffinerie di petrolio e fabbriche, soprattutto a Sumqayit e a Baku; raffinerie di petrolio, sfiato di gas naturale da pozzi petroliferi; combustione di rifiuti non trattati; e gli scarichi dei motori: l’inquinamento atmosferico che ne risulta può influire sulla salute e causare mutazioni genetiche.
L’inquinamento delle acque sotterranee a seguito di fuoriuscite di petrolio e perdite da oleodotti e serbatoi di stoccaggio con conseguenti idrocarburi di petrolio, metalli pesanti e possibile contaminazione da radiazioni può causare malattie batteriche come colera e epatite, e provocare il cancro. Lo stesso vale per l’incendio di rifiuti in grandi discariche al di fuori delle città, luoghi di riproduzione di insetti che diffondono malattie, di ratti, ecc. Liquami non trattati vengono rilasciati nei fiumi e nel Mar Caspio. Ulteriore contaminazione delle acque sotterranee è causata dalle infiltrazioni da discariche e stagni di rifiuti. La fuoriuscita di petrolio greggio offshore nell’acqua può abbassare i livelli di ossigeno, danneggiando la vita marina e sconvolgendo l’ecosistema. I venti e le onde possono spingere il petrolio a riva dove può danneggiare le paludi distruggendo gli habitat degli animali, le spiagge, ecc. Una grave esposizione a tossine nell’aria, nel suolo e nell’acqua e l’effetto sconosciuto di combinazioni di questi veleni possono compromettere seriamente la salute delle persone che vivono o lavorano in queste aree colpite. A causa di ciò, i bambini possono nascere prematuramente o evidenziare gravi mutazioni genetiche.
Le democrazie del mondo dovrebbero far sentire la loro voce, a nome di una di loro [l’Artsakh], ora in gravi difficoltà L’Occidente non può chiudere un occhio mentre l’Azerbaigian prepara gli Armeni al massacro
di Karnig Kerkonian [*] Chicago Tribune, 28 dicembre 2022
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Mentre siamo concentrati sull’Ucraina, una brutale dittatura nel Caucaso meridionale sta mettendo alla prova la determinazione del mondo: dal 12 dicembre, gli agenti azeri hanno bloccato l’unica strada, nota come Corridoio di Lachin, che collega l’enclave autonoma del Nagorno-Karabakh all’esterno mondo. È una prova. In caso contrario inviterà un massacro che farà vergognare l’umanità.
Al momento, 120.000 Armeni assediati nell’enclave, conosciuta anche come Artsakh, sono stati tagliati fuori da cibo e medicine. Scuole, asili e ospedali sono rimasti senza gas per il riscaldamento per giorni in pieno inverno. Un paziente è già morto a causa delle complicazioni dovute al blocco e un bambino armeno in condizioni critiche non può raggiungere la capitale armena di Yerevan per cure salvavita. Il blocco – che ha suscitato un’insolita dichiarazione di preoccupazione da parte di Papa Francesco ed è stato condannato da Nazioni Unite, Unione Europea, Stati Uniti, Francia e Canada – mira a costringere la fuga di massa da un antico centro della civiltà cristiana.
In effetti, da quando ha conquistato parti del Nagorno-Karabakh in una guerra del 2020, l’Azerbajgian ha ripetutamente messo alla prova la volontà del mondo di guardare dall’altra parte mentre picchia gli Armeni nell’Artsakh e colpisce l’Armenia vera e propria, una giovane democrazia proprio sulla strada.
Ripetutamente, le forze azere hanno commesso atti di stupefacente brutalità e, sorprendentemente, hanno fatto pochi sforzi per nasconderlo. Al contrario, l’odio per gli Armeni è così radicato in Azerbajgian che in molti casi sui social media si vanta di atti brutali.
Un video mostra una donna armena orribilmente brutalizzata e sfigurata nella prigionia azera. In un altro, viene mostrata la decapitazione di un anziano di Artsakh. Altri mostrano l’esecuzione di prigionieri di guerra armeni.
L’attuale fase della campagna dell’Azerbajgian risale alla fine degli anni ’80, quando massacrò gli Armeni a Sumgait, Kirovabad e in altre città in risposta alle pacifiche manifestazioni democratiche nell’Artsakh che chiedevano l’unificazione con l’Armenia. Da allora, le autorità azere hanno fomentato un odio nei confronti degli Armeni così grave, che la Corte Internazionale di Giustizia ha indicato misure urgenti che ordinano a Baku, capitale dell’Azerbajgian, di “prendere tutte le misure necessarie per prevenire l’incitamento e la promozione dell’odio razziale e della discriminazione, anche dai suoi funzionari e istituzioni pubbliche, mirati a persone di origine nazionale o etnica armena”.
L’impunità dell’Azerbajgian è tanto assurda quanto grottesca. Ha emesso un francobollo che mostra un disinfestatore in tuta ignifuga che “stermina” l’Artsakh; ha costruito un parco di trofei militari nella sua capitale che mette in mostra gli elmetti dei soldati armeni caduti e raccapriccianti manichini che i bambini possono degradare; e il suo presidente si riferisce persino agli Armeni come “cani”. E ora, il blocco e l’isolamento di 120.000 esseri umani.
Tra gli “ambientalisti” palesemente falsi che impongono il blocco, ci sono militari azeri, come Telman Gasimov, che ostenta con orgoglio una foto che ha scattato con Ramil Safarov, un ufficiale militare azero che ha fatto a pezzi uno militare armeno a Budapest. Condannato per omicidio, Safarov è stato estradato a Baku, dove, invece di scontare la pena, è stato accolto come un eroe dal Presidente azero, Ilham Aliyev.
Ecco perché Genocide Watch ha innalzato il livello di minaccia di genocidio per gli Armeni dell’Artsakh a un livello massimo di 10, mentre l’Associazione Internazionale degli Studiosi di Genocidio rileva significativi “fattori di rischio di genocidio nel Nagorno-Karabakh riguardanti la popolazione armena”. In effetti, più di una dozzina di organizzazioni e attivisti per i diritti umani hanno emesso un avvertimento congiunto sul genocidio dopo una settimana dall’assedio di Artsakh da parte di Baku.
È anche il motivo per cui, per gli Armeni, l’idea di porre l’enclave autonoma sotto il controllo dell’Azerbajgian è un evidente fallimento. È per questo che gli Armeni non credono alle promesse di “coesistenza” pubblicamente professe dall’Azerbajgian – e francamente, nemmeno l’Occidente dovrebbe farlo. Il controllo dell’Azerbajgian sul Nagorno-Karabakh significherà solo una cosa: la violenza contro la popolazione armena.
Parte del silenzio mondiale sugli atti dell’Azerbajgian contro gli Armeni si riferisce alle speranze di alcuni Europei di eludere le sanzioni russe acquistando gas naturale russo che ora viene opportunamente dirottato attraverso l’Azerbajgian. È uno sporco affare che dovrebbe disonorare chiunque sia coinvolto.
Il blocco, che sta entrando nel suo 17° giorno, può sembrare un lontano battibecco su qualche lontana strada di montagna. Ma è una questione molto più critica: è un punto di svolta fondamentale e un banco di prova per l’Occidente.
Il disastro incombe in Artsakh e in Armenia. Se ad Aliyev viene permesso di farla franca con il blocco, ne seguiranno gravi sofferenze umane e si spalancheranno le porte all’abietto autoritarismo. Le democrazie del mondo dovrebbero far sentire la loro voce, a nome di una di loro [l’Artsakh], ora in gravi difficoltà.
[*] Karnig Kerkonian è un avvocato e professore con oltre vent’anni di professione e conferenze su questioni di diritto internazionale, diritti umani e diritto d’appello. Ha prestato servizio come consulente dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia e attualmente dirige i gruppi di diritto internazionale e pratica federale presso Kerkonian Dajani LLP a Chicago.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-31 15:30:042023-01-05 15:30:56Ventesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il popolo dell’Artsakh va avanti. Non ha altra via (Korazym 31.12.22)
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, credo sia opportuno dare voce a questo appello degli armeni italiani affinché l’Azerbaijan revochi il blocco che ormai da quasi tre settimane impedisce il passaggio sul cosiddetto corridoio di Lachin, tagliando fuori dal resto del mondo cento ventimila armeni, e gettando le basi per una catastrofe umanitaria.
Come scriveva Tempi qualche giorno fa, “C’è una sola strada che collega i 120 mila residenti della Repubblica dell’Artsakh al resto del mondo. Una sola via che unisce la popolazione armena del Nagorno-Karabakh a Erevan, da dove arrivano medicine, cibo, benzina e tutti gli altri beni di prima necessità. Si tratta dell’arteria di cinque chilometri conosciuta come Corridoio di Lachin, che dal 12 dicembre centinaia di manifestanti inviati dall’Azerbaigian stanno bloccando per ragioni ‘ambientali’, «causando una catastrofe umanitaria per la nostra gente».
Non usa mezzi termini Davit Babayan, ministro degli Esteri dell’Artsakh, per denunciare a Tempi la violazione da parte del regime azero del diritto internazionale e della tregua (Dichiarazione trilaterale) che ha posto fine alla guerra del 2020. Due anni fa, durante i 44 giorni di guerra tra Armenia e Azerbaigian, l’esercito di Baku con l’aiuto della Turchia ha conquistato i tre quarti del Nagorno-Karabakh, costringendo 40 mila armeni a scappare dalle loro case.
Ed ecco l’appello:
UN APPELLO PER SCONGIURARE UNA CRISI UMANITARIA IN NAGORNO KARABAKH
Dal 12 dicembre 120.000 armeni del Nagorno Karabakh (Artsakh) sono isolati dal resto del mondo a causa di un blocco operato da azeri lungo l’unica strada di collegamento con l’Armenia.
Scarseggiano cibo, medicine, carburante. La popolazione (compresi 30.000 bambini e 20.000 anziani) è sull’orlo di una crisi umanitaria. Non il miglior modo di passare le festività.
Ci uniamo agli inviti rivolti dalla comunità internazionale affinché questo blocco cessi immediatamente e sia riconsegnato il diritto alla vita alla popolazione e scongiurata una nuova pulizia etnica.
Ci appelliamo al parlamento italiano affinché, così come già fatto da quello spagnolo, adotti una risoluzione che spinga le autorità dell’Azerbaigian a ripristinare immediatamente e senza condizioni il transito lungo la strada nel corridoio di Lachin.
Attendiamo da parte delle forze politiche e delle istituzioni italiane un invito in tal senso e un appello alla vera pace nella regione.
COORDINAMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI E ASSOCIAZIONI ARMENE IN ITALIA
Dal 12 dicembre 120.000 armeni del Nagorno Karabakh (Artsakh) sono isolati dal resto del mondo a causa di un blocco operato da azeri lungo l’unica strada di collegamento con l’Armenia.
Scarseggiano cibo, medicine, carburante. La popolazione (compresi 30.000 bambini e 20.000 anziani) è sull’orlo di una crisi umanitaria. Non il miglior modo di passare le festività.
Ci uniamo agli inviti rivolti dalla comunità internazionale affinché questo blocco cessi immediatamente e sia riconsegnato il diritto alla vita alla popolazione e scongiurata una nuova pulizia etnica.
Ci appelliamo al parlamento italiano affinché, così come già fatto da quello spagnolo, adotti una risoluzione che spinga le autorità dell’Azerbaigian a ripristinare immediatamente e senza condizioni il transito lungo la strada nel corridoio di Lachin.
Attendiamo da parte delle forze politiche e delle istituzioni italiane un invito in tal senso e un appello alla vera pace nella regione.
COORDINAMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI E ASSOCIAZIONI ARMENE IN ITALIA
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/12/1230open.jpeg384576adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-30 18:01:482022-12-30 18:01:58UN APPELLO PER SCONGIURARE UNA CRISI UMANITARIA IN NAGORNO KARABAKH
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel diciannovesimo giorno del #ArtsakhBlockade il regime autoritario dell’Azerbajgian continua con l’impiego di sedicenti ecoattivisti azeri ad interrompere l’autostrada Stepanakert-Goris, la #StradaDellaVita della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Coloro che sperano di influenzare l’Azerbajgian, soltanto attraverso appelli della comunità mondiale, devono capire una cosa: è inutile. Visto che la comunità internazionale ha ignorato le aspirazioni turco-azeri per tutti questi 30 e più anni passati, allora l’Azerbajgian si sente autorizzata ad ignorare e ignorerà impunitamente questa stessa comunità internazionale.
Il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) visto dall’Azerbajgian.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che si è riunito per discutere la questione il #ArtsakhBlockade il 20 dicembre scorso, ha chiesto la fine del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Le forze di mantenimento della pace russe, che hanno il compito di sorvegliare l’autostrada Stepanakert-Goris dalla fine della guerra dei 44 giorni del 2020 dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, non solo sono rimasti a guardare ma hanno anche barricato la strada da ambedue le direzioni, per impedire un’ulteriore escalation della situazione se le persone radunate dovessero avanzare verso le miniere nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Tutta questa situazione provoca un sentimento di impotenza che è insopportabile.
Peraltro, questa è una di quelle notizie che non è finita in prima pagina o nei telegiornali, nonostante il fatto che documenta il fallimento della missione di pace russa in Nagorno-Karabakh, a parte del fatto che si tratta di un genocidio in corso… da più di 100 anni. L’Armenia accusa le forze di mantenimento della pace russe di non aver impedito quello che ha definito un “blocco illegale” dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, popolata da armeni, vittime di una guerra scatenata dall’Azerbajgian che dura da più di 30 anni. Yerevan accusa Baku di aver creato una crisi umanitaria nelle montagne dell’Alto Karabakh, bloccando l’unico collegamento terrestre dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha detto in chiare lettere, direttamente in faccia al Presidente russo, Vladimir Putin, che il contingente di mantenimento della pace russo in Nagorno-Karabakh “non sta adempiendo al suo obbligo di controllare il Corridoio di Lachin” e di impedire che “eco-attivisti” azeri bloccano la strada chiave per protestare contro quello che sostengono sia uno sfruttamento minerario illegale. Baku – sempre pronto a mentire e diffondere fake news – sostiene contro la realtà dei fatti, che la protesta “ecologica” è stata spontanea e che i trasporti civili possono circolare liberamente in entrambe le direzioni tra l’Armenia e l’Artsakh. Azerbajgian nega che è responsabile per la chiusura della strada Goris-Stepanakert e nel contempo nega che è chiusa. E siamo sempre a punto e daccapo.
Nel frattempo costatiamo una totale inattività da parte dell’Unione Europea. Il 24 dicembre scorso, Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha scritto in un post su Twitter: «Constructive phone call with Azeri Foreign Minister @Bayramov_Jeyhun. Discussed the need for freedom of movement and humanitarian access through Lachin corridor, importance of maintaining stability and EU presence in the region following closure of @EUMCAP» [Telefonata costruttiva con il Ministro degli Esteri azero @Bayramov_Jeyhun. Discusso la necessità di libertà di movimento e accesso umanitario attraverso il Corridoio di Lachin, l’importanza di mantenere la stabilità e la presenza dell’Unione Europea nella regione dopo la chiusura di @EUMCAP].
Sono passate 6 giorni e nel frattempo Borrell ha twittate su diversi conflitti nel mondo, ma non ha dato più segno di vita riguardante il Caucaso meridionale. Intanto, i fatti – che contano al contrario delle parole vuote – dimostrano che dopo la sua telefonata “construttiva” con Jehun Bayramov il Corridoio di Berdzor (Lachin) è sempre chiuso e la situazione per i 120.000 Armeni dell’Artsakh tenuti in ostaggio dall’Azerbajgian peggiora con ogni ora che passa.
Appello del Coordinamento delle organizzazioni e associazioni armene in Italia per scongiurare una crisi umanitaria in Nagorno-Karabakh, 30 dicembre 2022
Dal 12 dicembre 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh (Artsakh) sono isolati dal resto del mondo a causa di un blocco operato da Azeri lungo l’unica strada di collegamento con l’Armenia.
Scarseggiano cibo, medicine, carburante. La popolazione (compresi 30.000 bambini e 20.000 anziani) è sull’orlo di una crisi umanitaria. Non il miglior modo di passare le festività.
Ci uniamo agli inviti rivolti dalla comunità internazionale affinché questo blocco cessi immediatamente e sia riconsegnato il diritto alla vita alla popolazione e scongiurata una nuova pulizia etnica.
Ci appelliamo al parlamento italiano affinché, così come già fatto da quello spagnolo, adotti una risoluzione che spinga le autorità dell’Azerbajgian a ripristinare immediatamente e senza condizioni il transito lungo la strada nel Corridoio di Lachin.
Attendiamo da parte delle forze politiche e delle istituzioni italiane un invito in tal senso e un appello alla vera pace nella regione.
“Importanti attori e organizzazioni internazionali hanno espresso valutazioni dirette e mirate. Il blocco in corso dà motivo di affermare che le valutazioni non sono più sufficienti perché la situazione non cambia, è necessario passare alle azioni. In particolare, ho esortato il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a inviare una missione conoscitiva nel Corridoio di Lachin per comprendere la situazione sul campo e avere le basi per le sue conclusioni”, ha detto ai giornalisti Kristinne Grigoryan, il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia. Ha aggiunto che è necessario inviare la missione perché l’Azerbaigian sta falsificando la realtà.
L’Armenia ha intentato una causa contro l’Azerbajgian presso la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite nell’ambito dei procedimenti del Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale, informa un comunicato stampa della Corte.
Il 14 dicembre, l’Armenia ha informato in una lettera in conformità con i regolamenti della Corte Internazionale di Giustizia del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian e della conseguente violazione dei diritti del popolo dell’Artsakh. Allo stesso tempo, nello stesso giorno, l’Armenia ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, chiedendo l’applicazione di misure cautelari nei confronti dell’Azerbajgian e obbligando quest’ultimo a sbloccare il Corridoio di Lachin.
Il 21 dicembre, la Corte Europea ha deciso, sulla base dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di obbligare l’Azerbajgian ad adottare tutte le misure necessarie e sufficienti per garantire il movimento di persone gravemente malate bisognose di cure mediche in Armenia attraverso il Corridoio di Lachin, così come le persone rimaste senza casa per strada o bisognose di mezzi di sussistenza.
L’Ufficio dell’informazione dell’Artsakh ha informato, che a causa del blocco da parte dell’Azerbajgian dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia, tre pazienti del Centro Medico Repubblicano del Ministero della Salute dell’Artsakh (con Cardiopatia valvolare, marcata insufficienza delle valvole mitrale e aortica, Ritmo cardiaco patologica, fibrillazione atriale – forma parossistica e Carcinoma invasivo aspecifico della mammella sinistra, endometriosi, cancro del collo dell’utero), con la mediazione e l’accompagnamento del Comitato Internazionale della Croce Rossa, sono stati trasferiti oggi in diversi centri medici specializzati dell’Armenia.
Ovviamente, la situazione drammatica nel Caucaso meridionale non ci meraviglia. Basta prendere conoscenza delle valutazioni di Freedom House, l’istituzione che produce ricerche e rapporti su una serie di questioni tematiche fondamentali relative alla democrazia, ai diritti politici e alle libertà civili nei Paesi di tutto il mondo. L’Azerbajgian è il “partner affidabile” dell’Unione Europea, che “ripulisce” il gas russo di Vladimir Putin (con cui finanzia la guerra in Ucraina) e lo “ricicla” come gas azero in accordo con Ursula von der Leyen, l’amichetta di Ilham Aliyev (con cui finanzia la guerra nel Caucaso meridionale), secondo Freedom House è un Paese “non libero”, con un punteggio di 9 su 100 (1 punto in meno rispetto all’anno precedente), un punteggio per i diritti politici 2 su 40 e per le libertà civili 7 su 60. Classificato come regime autoritario consolidato, l’Azerbaigian riceve nel rapporto “Nazioni in transito 2022” di Freedom House una percentuale di democrazia di 1 su 100. Freedom House osserva che il potere nel regime autoritario dell’Azerbajgian rimane fortemente concentrato nelle mani di Ilham Aliyev, che è Presidente dal 2003, e della sua famiglia allargata. La corruzione è dilagante e l’opposizione politica formale è stata indebolita da anni di persecuzione. Negli ultimi anni le autorità hanno attuato un’ampia repressione delle libertà civili, lasciando poco spazio all’espressione o all’attivismo indipendente.
Nel frattempo, arrivano notizie cariche di un significato nefasto da Hadrut e Sushi (città dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh occupate dall’Azerbajgian) e dall’exclave azerbajgiana di Nakhichevan. Il Primo Viceministro della Difesa-Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello Generale Karim Valiyev, ha visitato i commando presso un’ex base militare dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh a Hadrut, presso un’ex scuola dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh a Shushi e posizioni militari lungo la linea di contatto tra Artsakh/Nagorno-Karabakh e Azerbaigian.
Nell’ex città armena di Hadrut, città di Artsakh/Nagorno-Karabakh conquistata nell’ottobre 2020, un’ex base militare che ospitava le truppe del Karabakh ora ospita dei commando azeri addestrati dai Turchi. Durante la visita, il Generale Valiyev ha esortato le truppe di mantenere un elevato stato di prontezza al combattimento. Hadrut aveva una popolazione a maggioranza etnica armena prima della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020. Numerosi civili armeni furono uccisi a Hadrut e dintorni dalle forze azere durante o dopo la battaglia. Successivamente, i soldati azeri hanno vandalizzato proprietà armene, tra cui la chiesa locale e il cimitero, cancellandone le croci di pietra.
Un’ex scuola a Shushi ora ospitata le forze armate dell’Azerbajgian.
Il Primo Viceministro della Difesa-Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello Generale Karim Valiyev e altri dirigenti del Ministero hanno visitato le unità militari dispiegate nelle aree liberate.
Il Capo di Stato Maggiore ha trasmesso al personale interessato i compiti del Ministro della Difesa, il Colonnello Generale Zakir Hasanov. Ha dato ordine di prestare particolare attenzione alla professionalità del personale e all’addestramento al combattimento delle truppe, per aumentare l’intensità dell’addestramento, comprese le esercitazioni sul campo.
Quindi, incontrando il personale in servizio nelle posizioni di combattimento, il Colonnello Generale K. Valiyev ha apprezzato molto la loro preparazione al combattimento e morale-psicologico.
Successivamente, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dell’Azerbajgian ha visitato diverse unità militari, inclusa l’unità militare Commando, e ha anche incontrato il personale militare in servizio a Shusha.
Il Colonnello Generale K. Valiyev ha preso conoscenza delle condizioni create per il personale nelle unità militari e ha dato istruzioni per aumentare ulteriormente la capacità di combattimento e mantenere lo stato di prontezza al combattimento ad alto livello.
Parlando dei risultati ottenuti nel quadro delle riforme attuate nell’esercito sotto la guida del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian, il Comandante in Capo delle Forze Armate, il Signor Ilham Aliyev, il Capo di Stato Maggiore ha osservato che le capacità operative e di combattimento dell’esercito dell’Azerbajgian sono aumentate in modo significativo a seguito delle misure attuate.
Il Primo Viceministro della Difesa ha assegnato compiti rilevanti davanti al comando per aumentare ulteriormente la qualità dell’addestramento e delle esercitazioni al fine di mantenere ad alto livello l’addestramento tattico-speciale e il livello professionale del personale, nonché applicare ampiamente l’acquisito esperienza di combattimento negli esercizi del prossimo anno.
Dopo aver pranzato con il personale militare, il Capo di Stato Maggiore si è interessato alle preoccupazioni del personale militare e, a nome della leadership del Ministero della Difesa, si è congratulato con loro per l’imminente Giornata di Solidarietà degli Azeri e per le vacanze di Capodanno.
Il Nagorno Karabakh Observer riferisce che Vasif Talibov, il Governatore dell’exclave azerbajgiana di Nakhichevan dal 1995, si è dimesso. Secondo alcuni rapporti, è stato costretto a dimettersi direttamente da Baku. Secondo quanto riferito, si è dimesso a causa di abuso di potere e corruzione durante i suoi 27 anni al potere nell’exclave ermeticamente sigillata di Nakhichevan (collegata con l’Azerbajgian via aereo [l’Armenia non impedisce l’atterraggio di aerei, come invece l’Azerbajgian fa per l’Artsakh; mentre l’Armenia è disposto a permettere il passaggio di veicoli, persone e merce sul suo territorio tra Azerbajgian e Nakhichevan attraverso la regione di Sunyuk, Baku pretendo un “Corridoio di Zangegur” extraterritoriale azero, inaccettabile per l’Armenia). Nell’exclave esiste poca o nessuna stampa indipendente [come nell’Azerbajgian proprio], le ragioni effettive delle sue dimissioni potrebbero differire dalle versioni ufficiali. Nei giorni scorsi è stato nominato un nuovo governatore del Nakhichevan, Fuad Najafli, indicato come “rappresentante speciale del Presidente dell’Azerbaigian” nell’exclave. Ha visitato il principale centro di addestramento dell’esercito azero con capi militari locali di alto rango.
Era presente anche Kerim Mustafayev, Viceministro della Difesa e dal 2014 Capo del Presidio militare del Nakhichevan.
L’assalto minaccioso dell’Azerbajgian e della Turchia contro gli Armeni
di Uzay Bulut [1] Provvidence [2], 29 dicembre 2022
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
L’Azerbajgian continua i suoi assalti politici, economici e soprattutto militari contro il popolo autoctono armeno che vive nell’Artsakh, noto anche come Nagorno-Karabakh, nel Caucaso meridionale.
Il 12 dicembre, l’Azerbajgian ha bloccato il cruciale Corridoio di Lachin, che è l’unica ancora di salvezza della Repubblica di Artsakh. È il collegamento dell’Artsakh con il mondo esterno. Questo blocco significa che l’Artsakh è attualmente privato di cibo, forniture mediche e altri rifornimenti vitali trasportati nella regione attraverso il Corridoio di Lachin. L’Azerbajgian ha anche interrotto la fornitura di gas all’Artsakh, creando lì un’altra crisi umanitaria. Questa è stata la terza volta quest’anno che la fornitura di gas è stata interrotta. Il 16 dicembre è stata ripristinata la fornitura di gas ad Artsakh, ma il blocco azero continua a tagliare fuori dal resto del mondo 120.000 armeni che vivono nella regione.
Questa aggressione è culminata durante la guerra azero-turca di 44 giorni contro l’Artsakh nel 2020, durante la quale sono stati commessi molti crimini di guerra e crimini contro l’umanità verso gli Armeni. Esecuzioni sommarie, torture, trattamenti disumani, vaste distruzioni di proprietà, deportazioni illegali e presa di ostaggi erano all’ordine del giorno. Durante la guerra, le forze armate azere hanno preso di mira intenzionalmente la popolazione civile, bombardando città e villaggi nell’Artsakh.
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, che sostiene la guerra dell’Azerbajgian contro gli Armeni, hanno ripetutamente chiarito che il loro obiettivo è la pulizia etnica della popolazione armena dalla regione.
Il 29 gennaio 2015, ad esempio, Aliyev ha twittato: “L’Armenia non è nemmeno una colonia, non è nemmeno degna di essere una serva”.
Dopo la firma dell’accordo di cessate il fuoco il 9 novembre 2020 tra l’Azerbajgian e l’Armenia per sospendere la guerra azera contro l’Artsakh, Aliyev si è rivolto alla nazione azera il 10 novembre. Ha detto: “Lo abbiamo messo [il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan] al suo posto. Gli abbiamo dato una lezione. Li abbiamo cacciati [gli Armeni] dalle nostre terre come cani. Ho detto che li avremmo inseguiti, che li avremmo inseguiti come cani, e li abbiamo inseguiti, li abbiamo inseguiti come cani. Lui [Pashinyan] sta ora firmando questo documento per paura, sapendo che verremo ad Aghdam, Kalbajar e Lachin. Nessuno può fermarci. Tutti vedono la nostra forza; tutti sanno cosa rappresenta il nostro pugno di ferro. Per questo li abbiamo cacciati e abbiamo perfettamente ragione”. E ancora: “Abbiamo detto che avremmo cacciato il nemico dalle nostre terre! Non siamo interessati a nessuna trattativa”.
Nell’aprile del 2021, Aliyev ha aperto un “Parco dei trofei militari” a Baku, la capitale dell’Azerbajgian, con esibizioni di elmetti e manichini caricaturali di soldati armeni per disumanizzarli, umiliando pubblicamente vittime armene e prigionieri di guerra. Aliyev ha attraversato nel parco con orgoglio una galleria di elmetti appartenenti a soldati armeni caduti. L’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Armenia ha pubblicato un rapporto ad hoc intitolato “Un parco divertimenti di soldati armeni uccisi e prigionieri di guerra incatenati aperto a Baku: un museo delle sofferenze umane e una promozione del razzismo”. Secondo il rapporto: “Il ‘parco’ è una chiara manifestazione di razzismo e violenza correlata che rappresenta un grave pericolo immediato per i prigionieri di guerra armeni. Le autorità azere ovviamente sanno che questa delicata esibizione causerà dolore e sofferenza psicologica alle famiglie delle persone scomparse e dei prigionieri, così come alla società armena in generale. Ci sono lunghe code per visitare il ‘parco’. Inoltre, è aperto anche un ‘parco-museo’ delle sofferenze umane per i bambini, anche sotto i 6 anni. L’apertura di un tale ‘parco’ sottolinea chiaramente l’odio ufficiale verso gli Armeni in Azerbajgian e rivela apertamente l’esistenza di una politica statale di odio e di propaganda continua. Questa politica, confermata da evidenze concrete, è, infatti, costantemente attuata da anni”.
Il rapporto fornisce altri esempi del grottesco discorso di odio di Aliyev contro gli Armeni. All’apertura del parco, Aliyev ha dichiarato: “Un Armeno è un barbaro che scava tombe e rimuove i denti d’oro dai morti”. E nel suo discorso nazionale, Aliyev ha detto: “I soldati azeri li espellono (gli Armeni) come cani”. Ha aggiunto: “Continueremo a espellere questi bugiardi (gli Armeni). Ora vedono chi è chi. Vedono che abbiamo insegnato loro una lezione che non dimenticheranno mai. (…) Non hanno né coscienza né moralità. Non hanno nemmeno il cervello”. E ancora: “Yerevan [la capitale dell’Armenia] è la nostra terra storica. Noi Azeri torneremo in queste terre storiche. È il nostro obiettivo politico e strategico e gradualmente lo raggiungeremo”. E ancora: “L’Armenia come Paese non ha valore. In realtà è una colonia, un avamposto gestito dall’estero, un territorio creato artificialmente sull’antica terra azerbajgiana”.
Anche il Presidente turco Erdoğan ha annunciato le ambizioni della guerra contro l’Artsakh dopo la firma dell’accordo di cessate il fuoco. Durante una “parata della vittoria”, organizzata a Baku per celebrare la “vittoria militare” congiunta di Turchia e Azerbajgian sull’Artsakh, Erdoğan ha pronunciato un discorso in cui ha elogiato Enver Pasha, uno degli artefici del genocidio armeno della Turchia ottomana del 1915, che costò la vita a circa 1,5 milioni di Armeni. Durante l’evento si è svolta anche la marcia militare ottomana. Erdoğan ha fatto riferimento all’esercito islamico del Caucaso del 1918 creato da Enver Pasha e guidato dal comandante ottomano, Nuri Pasha. L’esercito islamico del Caucaso è stato responsabile dei massacri per eliminare la popolazione non musulmana di Baku, che era principalmente armena. Erdogan ha dichiarato: “Oggi è il giorno in cui vengono benedette le anime di Nuri Pasha, Enver Pasha e dei coraggiosi soldati dell’Esercito islamico del Caucaso”.
Attraverso le loro azioni e dichiarazioni, sia Aliyev che Erdoğan dichiarano di voler portare a termine l’ennesimo assalto contro il popolo armeno nella regione. Un altro potenziale genocidio armeno si sta svolgendo proprio davanti ai nostri occhi. Cosa stiamo facendo per impedirlo?
[1] Uzay Bulut è una giornalista turca che attualmente è residente in Israele. [2] Fondata nel 2015 dall’Institute on Religion and Democracy, il sito Providence esamina la politica globale con il realismo cristiano. Si ispira a Christianity & Crisis, la rivista del teologo protestante Reinhold Niebuhr fondata nel 1941 per sostenere l’imperativo morale e geopolitico della leadership americana contro l’aggressione totalitaria.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-30 15:20:162023-01-05 15:22:04Diciannovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Un altro potenziale genocidio armeno si sta svolgendo proprio davanti ai nostri occhi. Cosa stiamo facendo per impedirlo? (Korazym 30.12.22)
A seguito dell’appello di Antonia Arslan e Vittorio Robiati Bendaud, si è svolta ieri sulle frequenze di “Radio Libertà” una conversazione condotta dal direttore Giulio Cainarca con i due estensori, Siobhan Nash-Marshall e Emanuele Boffi. Argomento: “La questione armena oggi”.
La cronaca ha imposto di parlare di cosa stia accadendo in questi giorni in Artsakh (Nagorno Karabakh), l’enclave armena in Azerbaigian, isolata a causa delle proteste di presunti ambientalisti che hanno bloccato da due settimane il Corridoio di Laçhin, l’unica strada che collega la regione autonoma con l’Armenia.
Bambini bloccati
La popolazione è alla fame e al gelo. «Fa freddo, alcuni generi alimentari scarseggiano, c’è poca benzina, ma tra le conseguenze più drammatiche c’è quella delle famiglie separate: molti bambini sono bloccati in Armenia e non possono ricongiungersi ai loro genitori, perché l’Azerbaigian non li lascia passare. Inoltre, anche se disponiamo di ottimi ospedali, abbiamo pazienti che necessitano di cure specialistiche urgenti a Erevan ma non riusciamo a trasferirli», ci ha detto in un’intervista il ministro di Stato dell’Artsakh Ruben Vardanyan.
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UN APPELLO PER SCONGIURARE UNA CRISI UMANITARIA IN NAGORNO KARABAKH
Dal 12 dicembre 120.000 armeni del Nagorno Karabakh (Artsakh) sono isolati dal resto del mondo a causa di un blocco operato da azeri lungo l’unica strada di collegamento con l’Armenia.
Scarseggiano cibo, medicine, carburante. La popolazione (compresi 30.000 bambini e 20.000 anziani) è sull’orlo di una crisi umanitaria. Non il miglior modo di passare le festività.
Ci uniamo agli inviti rivolti dalla comunità internazionale affinché questo blocco cessi immediatamente e sia riconsegnato il diritto alla vita alla popolazione e scongiurata una nuova pulizia etnica.
Ci appelliamo al parlamento italiano affinché, così come già fatto da quello spagnolo, adotti una risoluzione che spinga le autorità dell’Azerbaigian a ripristinare immediatamente e senza condizioni il transito lungo la strada nel corridoio di Lachin.
Attendiamo da parte delle forze politiche e delle istituzioni italiane un invito in tal senso e un appello alla vera pace nella regione.
COORDINAMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI E ASSOCIAZIONI ARMENE IN ITALIA
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-30 15:18:152023-01-05 15:20:03UN APPELLO PER SCONGIURARE UNA CRISI UMANITARIA IN NAGORNO KARABAKH (Politicamentecorretto 30.12.22)
Alto Karabakh: ci sono ragioni che l’opinione pubblica ignora e che addirittura, se ne viene a conoscenza preferisce non sapere. Quali sarebbero infatti le colpe degli armeni, vecchi, donne e bambini perseguitati e costretti a fuggire continuamente?
Proprio quelle di essere Armeni e, per di più cristiani, due ragioni che li porta ad essere giustiziati sul ciglio delle strade come cani, senza che nessuno osi protestare dal momento che l’interesse dei media oggi è rivolto verso altri drammi, forse per trasmettere un po’ di quell’emozione politicamente corretta che serve a rassicurare le coscienze e donare un po’ di umanità ipocrita, con la sensazione dell’aver fatto il possibile, tra una fetta di panettone ed un sorso di champagne per festeggiare il nuovo anno.
Forse gli Armeni il prossimo 6 gennaio celebreranno il loro Natale ancora arroccati sulle alture dell’Alto-Karabakh, sperando che l’Occidente si accorga delle loro urla di disperazione nell’indifferenza… intanto continuano a morire.
Qualche media occidentale in effetti tiene alta la pressione ed informa il mondo della situazione tragica. Ad esempio il Figaro ha riferito che dall’inizio di dicembre gli Azeri hanno bloccato l’ultimo corridoio stradale che collega l’Artsak – quel che rimane del paese armeno moribondo – al resto del mondo. Ogni tipo di soccorso è stato bloccato e di conseguenza non restano più viveri nei magazzini ormai inesistenti ne’ medicinali nell’ospedale di Stepanakert, dove non ci sono più possibilità di cure, soprattutto per i bambini malati.
Il blocco islamico azero uccide e molti ammalati e feriti armeni sono destinati a morire se non verranno trasferiti al più presto verso centri ospedalieri attrezzati, ma la comunità internazionale finge di non sapere nè capire.
Nella chiesa di Martouni, affollata di fedeli in attesa del Natale e dei doni dei Magi, il parroco denunzia l’indifferenza del mondo e dell’Europa cristiana di fronte allo sterminio programmato e ringrazia soltanto la Francia che sembra essere l’unico paese ad aver inviato aiuti e a tenere acceso l’interesse mediatico in quest’angolo di rocce innevate di distruzione.
Povero padre Hovan, che si ostina a ringraziare i francesi che, è vero, hanno chiesto al dittatore azero Aliev di aprire un corridoio umanitario per ricongiungere il Karabagh all’Armenia, ma è stata una richiesta solo formale, che è rimasta nella sfera delle intenzioni e non ha sortito alcun effetto immediato.
Una vera e propria sconfitta della diplomazia di un Paese membro dell’Unione che sembra sempre deferente al più potente e che non riesce a servire da traino alle altre diplomazie europee per aiutare effettivamente gli armeni ed impedire il loro genocidio innanzitutto, e la risoluzione di un conflitto che non coinvolge solo gli eserciti ma uccide vittime innocenti, donne, vecchi e bambini.
E dire che le diplomazie europee si sono date persino un rappresentante comune dal nome altisonante di “alto rappresentante della diplomazia e dei diritti dell’uomo dell’UE“ – anche questo sconosciuto ai più e solo nominato tra la corte degli “amici” – per portare a risoluzione i conflitti moderni imponendo l’Unione europea come arbitro riconosciuto nella ricerca della pace ma i cui atti, a voler ben vedere, si sono spesso risolti in un fallimento cocente.
“Vano error ci lusinga“ quindi se questa diplomazia continua a dimostrarsi solo l’erede di quei compromessi sovente inutili che hanno creato solo caos, com’è successo in Libano, in Iraq, in Libia, in Afghanistan, nel paese Curdo, in Armenia ed oggi in Alto Karabakh….
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-30 15:15:282023-01-05 16:03:58Lo sterminio degli Armeni (L'Eco del Sud 30.12.22)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.12.2022 – Vik van Brantegem] – Nel diciottesimo giorno del #ArtsakhBlockade il regime autoritario dell’Azerbajgian continua con l’impiego di sedicenti ecoattivisti azeri ad interrompere l’autostrada Stepanakert-Goris, la #StradaDellaVita della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian continua a violare i diritti umani fondamentali di 120.000 Armeni Cristiani tenendoli sotto assedio, il che è inammissibile.
La comunità internazionale non dovrebbe osservarlo come qualcosa di normale. Finora abbiamo assistito solo a vuote dichiarazioni di membri della comunità internazionale, a volte anche troppo vaghe e mettendo alle pari criminale e vittima. Per ottenere dei risultati sono necessario delle azioni. L’Azerbaigian deve essere tenuto responsabile per gravi violazioni del diritto internazionale e degli accordi firmati. Poi, visto che la forza di mantenimento della pace russa non ha intenzione di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), serve una forza di interposizione internazionale delle Nazione Unite e nel frattempo e ponte aereo per sostenere i 120.000 Armeni (tra cui 30.000 bambini) dell’Artzakh, difficile ma non impossibile (ricordiamo Berlino). No al #ArtsakhBlocade azero in sostegno al popolo armeno-cristiano dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, che non si arrende mai e mai accetterà di perdere i diritti più sacri: alla vita, alla libertà e all’autodeterminazione.
Davit Babayan, il Ministro degli Esteri di Artsakh ha scritto in un post – in inglese, russo e armeno – su Twitter questa mattina: «Un nuovo ciclo di formattazione geopolitica è iniziato in una serie di spazi geopolitici chiave. Questo processo è oggettivo, inevitabile, complesso, pieno di sfide e shock. Richiede compostezza, flessibilità, coraggio, patriottismo e professionalità. Dio ci aiuti!».
Il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane chiuso a tutto il traffico e il transito di persone e di merci dal 12 dicembre, oltre a sporadici convogli del Comitato Internazionale della Croce Rossa diretti in Armenia e del contingente delle forze di pace russe in entrata e in uscita dall’Artsakh. La polizia dell’Azerbajgian è ora vista presidiare il posto di blocco. Un’ulteriore colonna di 13 veicoli del contingenti di mantenimento della pace della Russia (6 trasporti di carburante, 5 camion, 1 veicolo di servizio e 1 Patriot 4×4) si è visto entrare in Artsakh, scortato dalla polizia stradale dell’Azerbajgian, che ora presidia un posto di blocco lungo la strada Goris-Stepanakert, l’unico collegamento dell’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo, ora bloccato.
“Fornire un sostegno aggiuntivo di 4 miliardi di dram [circa 1 milione di euro] al Nagorno Karabakh è tra i punti all’ordine del giorno della riunione di governo di oggi. Fornire la necessaria assistenza umanitaria e socio-psicologica alla popolazione del Nagorno Karabakh è una necessità assoluta”, ha detto il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan. Inoltre, ha annunciato che nel governo armeno è stato formato un gruppo di lavoro speciale per fornire assistenza urgente alla popolazione dell’Artsakh.
Durante la sessione ordinaria del governo, il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, ha detto inoltre:
«Ho avuto occasione di dire, ma devo sottolineare ora che la chiusura del Corridoio di Lachin è una grave violazione del punto 6 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. In base a questa clausola, due delle parti della dichiarazione trilaterale, il Repubblica di Azerbajgian e la Federazione Russa, hanno degli obblighi. L’Azerbaigian garantisce la sicurezza del movimento di cittadini, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin, e la forza di pace della Federazione Russa tiene sotto controllo il Corridoio di Lachin.
Le dichiarazioni diffuse dall’Azerbajgian sulle piattaforme internazionali secondo cui il Corridoio di Lachin è aperto al traffico sono false e non hanno nulla a che fare con la realtà. Il Corridoio di Lachin è stato chiuso dall’Azerbajgian, e questa è una flagrante violazione dei suoi obblighi internazionali. Anche se ci affidiamo alla versione propagandistica dell’Azerbajgian secondo cui il Corridoio di Lachin è stato bloccato da eco-attivisti, secondo il punto 6 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, garantire la circolazione sicura di cittadini, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin è obbligo diretto dell’Azerbajgian.
In queste circostanze, le forze di mantenimento della pace della Federazione Russa nel Nagorno-Karabakh e la Federazione Russa, che ha assunto specifici obblighi di sicurezza nei confronti del popolo del Nagorno-Karabakh, dovrebbero chiarire la situazione. Qual è la valutazione della situazione da parte della Federazione Russa? Qual è il suo piano e la road map per ripristinare il Corridoio di Lachin? Queste sono domande a cui il popolo della Repubblica di Armenia e del Nagorno-Karabakh attende risposte dalla Federazione Russa, che, vi ricordo, è anche membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Se la Federazione Russa non è in grado di garantire stabilità e sicurezza nel Nagorno-Karabakh per motivi oggettivi o soggettivi, penso che dovrebbe avviare una discussione in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di concedere alla forza di mantenimento della pace della Federazione Russa nel Nagorno-Karabakh un’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di imporre o sollevare la questione dell’invio di un’ulteriore forza multinazionale di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh.
Tale questione sorge anche perché la chiusura del Corridoio di Lachin non è il primo caso di invasione dell’Azerbaijan nella zona di responsabilità delle truppe di pace della Federazione Russa nel Nagorno-Karabakh. Ciò è stato preceduto dagli eventi di Parukh nel marzo 2022 e dagli eventi di Khtsaberd nel dicembre 2020, a seguito dei quali circa tre dozzine di cittadini della Repubblica di Armenia continuano a rimanere prigionieri. Ci sono tutti i segnali per affermare che l’Azerbajgian stia preparando un’altra provocazione militare, anche in Nagorno-Karabakh, e gli sviluppi della situazione sollevano interrogativi che richiedono una risposta urgente riguardo alle attività delle forze di pace della Federazione Russa in Nagorno-Karabakh.
Devo onestamente dire che la Repubblica di Armenia è un convinto sostenitore della presenza delle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa nel Nagorno-Karabakh. Ma il comportamento sempre più visibile delle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa di diventare testimoni silenziosi dello spopolamento del Nagorno-Karabakh è per noi inaccettabile. In ogni caso, dobbiamo lavorare a stretto contatto con la Federazione Russa e gli altri nostri partner internazionali per chiarire tali questioni al fine di prevenire un’ulteriore escalation della situazione e raggiungere una soluzione globale. Devo anche riaffermare la volontà e la determinazione dell’Armenia a firmare un trattato di pace con l’Azerbaigian, a completare la delimitazione dei confini e ad aprire le comunicazioni regionali».
Garo Paylan, un membro armeno del Parlamento di Turchia, sulla sua pagina Facebook [QUI] ha fatto appello al Presidente turco affinché intervenga per porre fine al blocco dell’Artsakh: «Il Corridoio di Lachin, che è l’unica via di comunicazione che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia, è stato chiuso da più di due settimane da un gruppo di Azeri che si definiscono “ambientalisti” e da funzionari della sicurezza dell’Azerbajgian. A causa della chiusura del Corridoio di Lachin, sta gradualmente aumentando l’ansia di provvedere ai bisogni primari come cibo e medicine nel Nagorno-Karabakh. I 120mila abitanti Armeni del Nagorno Karabakh sono sotto assedio. Questo blocco, che si sta trasformando in una crisi umanitaria, sarebbe dovuto finire da tempo. La Turchia non dovrebbe rimanere indifferente a questa sempre crescente sofferenza umana nel Nagorno-Karabakh. Le forze politiche dovrebbero agire immediatamente. Faccio appello al Presidente Erdoğan affinché si assuma la responsabilità di porre fine al blocco del Nagorno-Karabakh. L’instaurazione della pace nel Caucaso è a vantaggio della Turchia. Se ci assumiamo tutti la responsabilità di porre fine alle sofferenze umane nel Nagorno-Karabakh, possiamo tornare a un’agenda positiva sia nel processo di pace tra Armenia e Azerbajgian, che nel processo di normalizzazione tra Armenia e Turchia».
La Russia è preoccupata per la tensione intorno al Corridoio di Lachin e continuerà a contribuire all’accordo tra Armenia e Azerbajgian, ha assicurato il Portavoce del Presidente russo, Dmitry Peskov, riferisce l’agenzia TASS. “La Federazione Russa continua e intende continuare i suoi sforzi di mediazione in futuro, adempiendo prima di tutto agli accordi raggiunti su base tripartita”, ha detto Preskov ai giornalisti. Ha informato che il Presidente russo, Vladimir Putin, e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, hanno discusso il tema del Corridoio di Lachin il 27 dicembre nell’ambito del vertice informale della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). “L’argomento del Corridoio di Lachin è stato davvero discusso in dettaglio non ieri, ma il primo giorno a San Pietroburgo tra Putin e Pashinyan, i colloqui su questo argomento continueranno. Siamo davvero preoccupati per la tensione che si è ora creata attorno al Corridoio di Lachin”, ha sottolineato. Peskov ha assicurato che “la parte russa continuerà il suo lavoro e gli sforzi nei contatti sia con Yerevan che con Baku”. Parlando dell’idea di Pashinyan di inviare forze di pace internazionali nel Nagorno-Karabakh, Peskov ha osservato che “le forze di pace internazionali possono essere coinvolte se entrambe le parti in conflitto sono d’accordo”. “E questa non è solo l’Armenia, ma anche l’Azerbajgian. L’Armenia è uno dei nostri più stretti alleati, l’Azerbajgian è il nostro prezioso partner”, ha detto il Portavoce del Cremlino.
Nel caso di interesse di Yerevan, i Paesi della Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC) sarebbero pronti a inviare una missione di monitoraggio in Armenia, ha detto la Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando la dichiarazione del Segretario del Consiglio di Sicurezza dell’Armenia, Armen Grigoryan, secondo cui ora c’è un’opportunità per la Federazione russa di stare al fianco dell’Armenia e proteggere la sua sovranità, e Yerevan sta aspettando una risposta corrispondente. “Sai, non voglio analizzare cosa intendesse esattamente il politico che hai citato. Se si trattava del sostegno russo nella regolamentazione delle relazioni armeno-azerbaigiane, allora la Russia fa affidamento qui sull’intero complesso di accordi tripartiti al più alto livello, compresi quelli del 9 novembre 2020, 11 gennaio 2021, 26 novembre 2021 e 31 ottobre 2022. Sono una base affidabile per far avanzare il processo di normalizzazione delle relazioni tra Baku e Yerevan”, ha affermato Zakharova. Ha sottolineato: “Naturalmente, teniamo conto del fatto che siamo vincolati da obblighi di alleanza sia con l’Armenia che con l’Azerbajgian, quindi, in qualità di mediatori, agiamo sempre da una posizione che ci consente di adempiere efficacemente a questa funzione. E spero davvero che lo sappiano in Armenia. E se stiamo parlando degli obblighi assunti nel quadro della OTSC, allora se Yerevan fosse interessata, tutti gli altri Paesi membri dell’organizzazione sarebbero pronti a inviare una missione di monitoraggio in Armenia”, ha detto Zakharova.
“Per quanto riguarda le critiche alla Russia, alle truppe di mantenimento della pace russe, penso che sia inaccettabile in questa situazione. Abbiamo ripetutamente affermato che le forze di pace russe stanno facendo tutto il possibile per risolvere la situazione sul campo. Nessun attacco pubblico aiuta, ci sono state situazioni peggiori. Stiamo lavorando per migliorare questa situazione”, ha detto Zakharova durante il briefing.
Un incontro del Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, con il “prezioso partner strategico e alleato”, il Presidente di Azerbajgian, Ilham Aliyev.
La domanda sulla firma di un trattato di pace tra l’Armenia e l’Azerbajgian nel prossimo futuro dovrebbe essere posta alle parti negoziali, ha detto il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, in risposta alla domanda del giornalista in un’intervista a RIA Novosti, se l’Armenia e l’Azerbaigian firmeranno un trattato di pace nei prossimi mesi e se lo status del Nagorno-Karabakh sarà fissato con esso. “È più logico rivolgere questa domanda alle parti negoziali, cioè Baku e Yerevan. Sono loro che definiscono la dinamica dei contatti e determinano il contenuto del futuro trattato di pace. La Russia, che ha rapporti di partenariato strategico e di alleanza sia con l’Azerbajgian che con l’Armenia, fornisce tutto il supporto possibile questo processo nella forma e nella portata a cui i nostri amici azeri e armeni sono interessati”, ha affermato il Ministro degli Esteri della Federazione Russa.
All’ombra della guerra in Ucraina, il dittatore Aliyev vuole espandere la sua influenza. “Conflitto per il Nagorno Karabakh. In che modo il dittatore Aliyev sfrutta la debolezza della Russia? Il quotidiano austriaco Die Presse ha pubblicato un articolo con questo titolo, presentando innanzitutto la situazione nel Corridoio di Berdzor (Lachin) nelle ultime settimane, a seguito della quale 120.000 armeni si sono trovati sotto assedio. “Come se con il pretesto di preoccupazioni ambientali, cioè per impedire l’estrazione illegale in Karabakh, loro [gli Azeri] hanno sequestrato la strada”, afferma l’articolo. Die Presse osserva inoltre che le forze di pace russe, che dovrebbero monitorare il cessate il fuoco e sorvegliare il corridoio, non stanno facendo nulla. Il giornale prevede che questa situazione “potrebbe aggravarsi ulteriormente, mettendo a repentaglio i tentativi di raggiungere un accordo di pace diplomatico e potrebbe portare a un’emergenza umanitaria nell’area isolata”. Viene presentata anche la situazione attuale a Stepanakert: negozi chiusi, mancanza di frutta e verdura, mancanza di medicine e carburante, persone gravemente malate e ferite che non possono essere trasportate nella Repubblica di Armenia. Die Presse cita le parole del Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, che ha parlato del disastro umanitario e della pressione psicologica sulla popolazione. Si fa poi riferimento al raduno popolare di Stepanakert nel giorno di Natale: “Decine di migliaia di persone hanno recentemente organizzato una manifestazione a Stepanakert per l’apertura della strada. Le persone continuano a essere tagliate fuori dal mondo esterno. La protesta mostra la vulnerabilità degli Armeni del Karabakh. Dopo l’ultima guerra di sei settimane tra le forze armene e azere nell’autunno del 2020, la loro situazione di sicurezza è notevolmente peggiorata”, scrive Die Presse. Sottolinea poi, che dopo il cessate il fuoco i combattimenti sono continuati anche nel territorio dell’Armenia: “Questo blocco non è il primo incidente dopo il cessate il fuoco mediato da Mosca. Quest’anno ci sono state battaglie nella regione, così come nel territorio dell’Armenia”. Dopo aver brevemente presentato la situazione del Nagorno-Karabakh dagli anni sovietici alla guerra dei 44 giorni, il periodico affronta gli obiettivi di Baku: “Con il blocco, Baku vuole aumentare la pressione sulle forze di mantenimento della pace russe e sulla parte armena. Il dittatore azero, Ilham Aliyev, sta probabilmente cercando di usare queste e simili provocazioni per migliorare la sua posizione nei vacillanti negoziati di pace. Aliyev sfrutta da tempo la debolezza della Russia come mediatore di pace. Preoccupata per la guerra in Ucraina, Mosca ha meno attenzione e risorse per altri punti caldi”. Die Presse aggiunge che la Russia non sta prendendo provvedimenti contro la politica aggressiva di Baku e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha avvertito Vladimir Putin che la “questione urgente” deve essere finalmente risolta. Allo stesso tempo, gli attivisti inviati da Baku chiedono di controllare tutte le auto che transitano nel Corridoio di Lachin. “In questo modo, l’Azerbajgian può creare i propri posti di blocco e quindi espandere ulteriormente il proprio accesso al territorio”, osserva Die Presse, aggiungendo che l’altro giorno il Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, ha anche affermato che Baku chiede l’accesso alle miniere del Karabakh e solo poi si fermerà il blocco.
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, ha presentato la situazione creata dal blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e ha parlato delle ragioni del blocco in diretta sulla prestigiosa stazione televisiva France 24, ieri, 28 dicembre 2022.
France 24 – Signor Vardanyan, grazie per essere stato con noi a France 24. Prima di tutto, vorrei porle la seguente domanda: presenterà quale situazione si è creata per il popolo della Repubblica dell’Artsakh sotto questo blocco? Ruben Vardanyan – Prima di tutto, voglio salutare tutti e ringraziare tutti i Francesi che ci sostengono, così come il governo francese. Apprezziamo molto il vostro supporto. La realtà è che 120.000 persone non hanno carburante, medicine o cibo in inverno, la strada è chiusa, abbiamo famiglie separate, abbiamo diverse centinaia di bambini rimasti senza loro genitori in Armenia, abbiamo bambini rimasti senza loro genitori in Artsakh. Abbiamo molti cittadini non dell’Artsakh che hanno visitato l’Artsakh e ora anche loro sono bloccati qui. La situazione è abbastanza difficile, ma le persone che vivono qui credono che sia una grande lotta per l’indipendenza, ed è per questo che rimangono forti, e nonostante tutte le sfide e tutte le difficoltà. Siamo uniti e ci sentiamo molto forti. Nonostante tutta la pressione.
France 24 – Le persone che stanno portando avanti queste proteste, sono attivisti che protestano contro l’industria mineraria illegale nella regione? Cosa pensa di questo?
Ruben Vardanyan – Oggi abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta con il governo e la direzione della compagnia mineraria che siamo pronti a ricevere esperti ambientali internazionali per venire a ispezionare le nostre operazioni minerarie. Pensiamo che funzioni secondo i migliori standard e vogliamo anche vedere non solo la nostra industria mineraria, ma l’intera regione, ispezionata da professionisti, non da alcuni cosiddetti “eco-attivisti” che, abbiamo scoperto tutti, non sono ambientalisti. La maggior parte di loro sono persone che lavorano per dei servizi speciali in Azerbajgian. A proposito, se le persone in Francia sono interessate e controllano quante azioni ambientali hanno avuto luogo in Azerbajgian negli ultimi 10 anni, saranno sorpresi, perché il numero è zero. Quindi questo è uno spettacolo organizzato dal governo dell’Azerbajgian.
France 24 – Vorrei ora parlare della sua storia personale. Prima di diventare Ministro di Stato dell’Artsakh nel novembre 2022, aveva la cittadinanza russa ed era un uomo d’affari in Russia con cittadinanza russa. Voglio chiederle cosa le ha spinto a impegnarsi in politica in Artsakh e tornare a Stepanakert. Ruben Vardanyan – Gli Armeni vivono in tutto il mondo. Abbiamo una grande diaspora in Russia, Francia, America, molti altri Paesi e siamo tutti legati all’Artsakh. Artsakh è una casa per l’intero popolo armeno, perché Mesrop Mashtots, il creatore dell’alfabeto armeno, ha iniziato a insegnare lettere armene in Artsakh, che è un simbolo dell’eredità armena, della cultura armena e del DNA armeno. Ecco perché abbiamo realizzato molti progetti negli ultimi 20 anni. E dopo la guerra dei 44 giorni, ho sentito che questo è uno dei momenti più difficili per le persone che vivono in Artsakh, e ho capito che voglio stare con quelle persone che sono davvero sotto forte pressione dall’Azerbajgian. Dovrebbero sentire di non essere soli. Abbiamo anche radici nell’Artsakh, ma viviamo in altri posti, e ho capito che questo è il momento di essere responsabile per la propria nazione, la propria patria e cercare di aiutare le persone.
France 24 – Recentemente, ad esempio, alcuni partiti di opposizione in Armenia hanno accusato la Russia di non svolgere sufficientemente il suo ruolo di mantenimento della pace nella regione di Lachin e di non essere in grado di adempiere alle proprie responsabilità nei confronti di questa regione. È d’accordo con questa opinione? Ruben Vardanyan – Ho seguito il lavoro delle forze di pace in molti Paesi, ad esempio i Francesi, che sono stati inviati in Africa molte volte, e sappiamo tutti che questo di solito implica un numero limitato di soldati, un mandato limitato e diritti limitati all’uso delle armi. Pertanto, da un lato, è comprensibile il disappunto della popolazione, ma allo stesso tempo dobbiamo renderci conto che senza un mandato più ampio, senza un numero maggiore di soldati, senza diritti più chiari a proteggere gli Armeni che vivono nelle loro case e combattono per la loro indipendenza da 35 anni, non ci sarà futuro. Pertanto, penso che il blocco abbia dimostrato che si dovrebbe ottenere un mandato più ampio e più forte dalle Nazioni Unite. France 24 – Abbiamo parlato con il Ministro di Stato della Repubblica dell’Artsakh. Grazie per essere stato con noi a France 24.
La Repubblica di Artsakh o Repubblica di Nagorno Karabakh è uno Stato de facto a riconoscimento limitato, autoproclamatosi indipendente dall’Azerbajgian il 2 settembre 1991 con il nome di Nagorno Karabakh allorché il soviet locale, utilizzando la legislazione sovietica dell’epoca, dichiarò la nascita della nuova repubblica dopo che l’Azerbajgian aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica. Seguirono un referendum ed elezioni. Come previsto dal referendum costituzionale del 20 febbraio 2017 il Paese mantiene ufficiali entrambi i toponimi.
Situato nel Caucaso meridionale, nella regione di Nagorno-Karabakh (Alto Karabakh o Karabakh Montuoso), aveva i precedenti confini territoriali (a ovest con l’Armenia, a sud con l’Iran, a nord e ad est con l’Azerbajgian) determinati al termine della prima guerra del Nagorno-Karabakh scoppiato nel gennaio del 1992, dopo l’avvenuta proclamazione di indipendenza. Tali confini corrispondevano, grosso modo, a quelli dell’antica regione armena di Artsakh. Alcune porzioni del territorio (parte della regione di Shahoumyan e i bordi orientali delle regioni di Martouni e Martakert) erano rimasti comunque sotto controllo azero pur essendo rivendicate dagli Armeni come parte integrante del loro Stato.
La reazione militare azera si concluse con un accordo di cessate il fuoco nel 1993. Da allora sono in corso negoziati di pace sotto l’egida del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Lungo la linea di confine con l’Azerbajgian si registrano numerose violazioni dell’accordo. Nell’aprile 2016 si è registrato un violento scontro armato conclusosi con una tregua.
Stalin e l’Europa tradirono gli Armeni nel 1921 dopo il genocidio armeno (1915-1920): i Turchi uccidevano gli Armeni e occupavano illegalmente l’Armenia occidentale. Le Nazioni Unite continuano ad essere complici di questo genocidio fino ad oggi. L’occupazione da parte dell’Azerbajgian della Repubblica di Artsakh deve essere condannata. L’Azerbajgian non ha mai avuto l’autorità legale e sovrano sull’Artsakh. Le azioni di Stalin, dell’URSS e delle Nazioni Unite non hanno mai avuto il sostegno del libero arbitrio degli Armeni dell’Artsakh.
1991
2 settembre 1991 – Si è tenuta una sessione congiunta dei Consigli dei Deputati del Popolo dell’Oblast Autonomo del Nagorno-Karabakh e della Regione di Shahumyan. Guidato dalle decisioni delle sessioni del Consiglio regionale dell’Oblast Autonomo del Nagorno-Karabakh sul ritiro della regione autonoma dalla Repubblica Socialista Sovietica azera, adottate il 20 febbraio, 21 giugno e 12 luglio 1988; oltre a considerare la Dichiarazione del Consiglio Supremo della RSS azera del 30 agosto 1991 “Sul ripristino dell’indipendenza statale della Repubblica Democratica dell’Azerbajgian del 1918-1920”, e prendendo come base la relativa disposizione della Costituzione del URSS, la sessione proclama la Repubblica di Nagorno-Karabakh. Prima della formazione degli organi di governo, l’amministrazione della Repubblica era affidata al Comitato Esecutivo del Consiglio Regionale, presieduto dal suo Presidente, Leonard Petrosyan.
10 dicembre 1991 – Si è tenuto un referendum sull’indipendenza della Repubblica di Nagorno-Karabakh in conformità con le “Regole provvisorie per lo svolgimento di un referendum nella Repubblica di Nagorno-Karabakh”. Al referendum, su 132.328 cittadini aventi diritto al voto e inseriti nelle liste elettorali, hanno preso parte 108.736 (82,2%) cittadini. La maggior parte dei cittadini che non hanno preso parte al voto erano residenti negli insediamenti azeri.
28 dicembre 1991 – In conformità con la volontà del popolo espressa nel referendum sull’indipendenza del 10 dicembre 1991, si sono svolte le elezioni dei deputati del popolo all’organo supremo del potere statale – il Consiglio Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh di prima convocazione. I poteri del Consiglio supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh di prima convocazione sono stati fissati per un periodo di 5 anni. Con la formazione dell’organo legislativo, nella Repubblica di Nagorno-Karabakh è stata istituita una forma di governo parlamentare.
1992
6-8 gennaio 1992 – Il Consiglio Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh di prima convocazione ha tenuto la sua prima sessione. Durante gli anni della guerra provocata dall’Azerbajgian contro il Nagorno-Karabakh, morirono 11 deputati, tra cui Arthur Mkrtchyan, Presidente del Consiglio Supremo.
2 giugno 1992 – Viene adottata la bandiera nazionale. Proporzioni 5/8 o 1/2. Evidente l’ispirazione alla bandiera dell’Armenia. Il motivo bianco, descritto come elemento decorativo tratto dai tappeti locali, allude più realisticamente alla divisione politica del paese da quella che è considerata la madrepatria.
15 agosto 1992 – Il Presidium del Consiglio Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh ha adottato un decreto sull’istituzione del Comitato di Difesa dello Stato, che ha delegato completamente i poteri del ramo esecutivo e, in parte, i poteri del legislatore.
1994
21 dicembre 1994 – Con delibera del Consiglio Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh è stato introdotto il sistema di governo presidenziale.
22 dicembre 1994 – Il Consiglio Supremo della Repubblica di Nagorno-Karabakh ha adottato la Legge “Sul Parlamento”, che doveva entrare in vigore dal momento dell’elezione del parlamento permanente funzionante. Considerando la necessità di avere un parlamento permanente nelle condizioni di un nuovo sistema di governo, il Consiglio supremo della Repubblica del Nagorno-Karabakh ha adottato una risoluzione sullo svolgimento di elezioni anticipate dei deputati del popolo.
1995
30 aprile 1995 – Si sono svolte le elezioni per il Parlamento della Repubblica di Nagorno-Karabakh di seconda convocazione.
1996
19 marzo 1996 – Il Parlamento della Repubblica di Nagorno-Karabakh è stato ribattezzato Assemblea Nazionale.
24 novembre 1996 – Si sono svolte le elezioni presidenziali con il voto popolare. Robert Kocharyan è stato eletto il primo Presidente Repubblica di Nagorno-Karabakh.
1997
1° settembre 1997 – A seguito dei risultati delle elezioni presidenziali straordinarie, Arkady Ghukasyan viene eletto Presidente.
2000
18 giugno 2000 – Si sono svolte le elezioni per l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Nagorno-Karabakh di terza convocazione.
2002
11 agosto 2002 – Si sono svolte le elezioni presidenziali. Arkady Ghukasyan è stato rieletto Presidente.
2005
19 giugno 2005 – Se sono svolte le lezioni per l’Assemblea nazionale di quarta convocazione.
2006
10 dicembre 2006 – La Costituzione della Repubblica di Nagorno-Karabakh è stata adottata con un referendum nazionale.
2007
10 luglio 2007 – Si sono svolte le elezioni presidenziali. Bako Sahakyan è stato eletto Presidente.
2010
20 febbraio 2010 – In commemorazione del 22° anniversario del Movimento del Karabakh e della Giornata della Rinascita dell’Artsakh, si è tenuto un solenne incontro presso l’Assemblea Nazionale, alla presenza dei Deputati del Consiglio Regionale Oblast Autonoma di Nagorno-Karabakh della 20° convocazione, che avevano partecipato alla seduta del 20 febbraio 1988; deputati dei parlamenti di tutte le convocazioni della Repubblica di Nagorno-Karabakh; il Vescovo della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena; rappresentanti delle autorità esecutive e giudiziarie; il comando dell’esercito di difesa della Repubblica di Nagorno-Karabakh.
23 maggio 2010 – Si sono svolte le elezioni dell’Assemblea nazionale di quinta convocazione.
2012
19 luglio 2012 – Si sono svolte le elezioni presidenziali. Bako Sahakyan è stato rieletto Presidente.
2015
3 maggio 2015 – Si sono svolte le elezioni per l’Assemblea Nazionale di sesta convocazione. Sono stati istituiti e riorganizzati i seguenti gruppi di amicizia: Circolo di amicizia “Artsakh – Lituania”, Gruppo di amicizia “Artsakh – Parlamento europeo”, Gruppo di amicizia “Artsakh – Parlamento fiammingo del Belgio”, Circolo di amicizia “Artsakh – Francia”, Circolo di amicizia “Artsakh – Legislatori francofoni, rappresentanti della sfera scientifica e pubblica del Belgio”, Gruppo di amicizia “Artsakh-Canada”, Circolo di amicizia “Artsakh-Australia” e Comitato interparlamentare per la cooperazione tra l’Assemblea nazionale della Repubblica dell’Artsakh e Assemblea Nazionale della Repubblica di Armenia.
2020
31 marzo 2020 – Si sono svolte le elezioni per l’Assemblea Nazionale di settimana convocazione della Repubblica di Artsakh. Gruppi e circoli di amicizia sono stati formati e riorganizzati in parlamento: gruppo di amicizia «Repubblica dell’Artsakh – Parlamento europeo», gruppo di amicizia «Repubblica dell’Artsakh – Parlamento fiammingo del Regno del Belgio», gruppo di amicizia «Repubblica dell’Artsakh – Canada», gruppo di amicizia «Repubblica dell’Artsakh – Gruppo di amicizia Repubblica di Lituania, Circolo di amicizia «Artsakh-Francia», Circolo di amicizia «Repubblica di Artsakh – legislatori francofoni, rappresentanti della sfera scientifica e pubblica del Belgio», Circolo di amicizia «Artsakh-Australia», Circolo di amicizia «Artsakh-Cipro» , Commissione interparlamentare per la cooperazione tra l’Assemblea nazionale della Repubblica dell’Artsakh e l’Assemblea nazionale della Repubblica di Armenia.
21 maggio 2020 – Si sono svolte le elezioni presidenziali. Arayik Harutyunyan è eletto Presidente, in carica. È stato Primo Ministro della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh dal settembre 2007 fino all’abolizione della carica nel settembre 2017. Poi è stato Ministro di Stato fino al 2018.
27 settembre-9 novembre 2020 – La Repubblica di Artsakh viene attaccata dalle forze armate dell’Azerbajgian, con il sostegno decisivo della Turchia e il coinvolgimento di mercenari jihadisti della Sira. A seguito della nuova guerra del Nagorno-Karabakh dei 44 giorni, buona parte del territorio della Repubblica di Artsakh è finito sotto controllo dell’Azerbajgian, sia per le conquiste militari nel corso del conflitto sia per quanto stabilito dall’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. Di fatto, la Repubblica di Artsakh è interamente circondata dall’Azerbajgian eccezion fatta per lo stretto collegamento garantito dal Corridoio di Berdzor (Lachin) che la unisce all’Armenia e che si trova sotto controllo e vigilanza della forza russa per il mantenimento della pace (attualmente bloccato dal 12 dicembre 2022).
Il Presidente dell’Autonomia Nazionale Armena di Ungheria, Yaran Ishtvan, ritiene che la dichiarazione dei Ministri degli Esteri dei due Paesi sul ripristino delle relazioni diplomatiche tra Armenia e Ungheria sia un passo essenziale per aprire un nuovo ciclo nelle relazioni tra i due stati. In un’intervista ad Armenpress, Ishtvan ha anche fatto riferimento al brutale assassinio dell’ufficiale armeno Gurgen Margaryan da parte dell’azero Ramil Safarov a Budapest, osservando che questo atto disumano, così come il rilascio di Safarov da parte delle autorità azere e le fasi successive, sono inaccettabili. Ishtvan ha anche fatto riferimento alle relazioni storiche dei popoli armeno e ungherese, alle prospettive di cooperazione tra i due Paesi in vari campi.
Il 2 dicembre i ministri degli Esteri della Repubblica di Armenia e Ungheria hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sul ripristino delle relazioni diplomatiche bilaterali. Come valuteresti questa mossa? Sì, il 2 dicembre si è svolta la riunione dei Ministri degli Esteri dei due Paesi, durante la quale è stato raggiunto un accordo per ripristinare pieni rapporti diplomatici basati sulla fiducia reciproca e sul rispetto del diritto internazionale, che considero un passo molto positivo. Ritengo inoltre positivo che sia stato raggiunto un accordo sulla nomina di ambasciatori non residenti per studiare le possibilità di sviluppare relazioni in vari campi. Naturalmente, è nostro desiderio che venga aperta al più presto un’ambasciata armena in Ungheria e un’ambasciata ungherese in Armenia. Tuttavia, capiamo anche che ci vuole tempo. In generale, penso che questo sia un passo importante per aprire un nuovo ciclo nelle relazioni tra i due Stati, e siamo obbligati a prendere le misure necessarie per sfruttare l’opportunità creata e sviluppare la cooperazione tra i due Stati. E nell’ambito delle nostre capacità, abbiamo precedentemente compiuto sforzi per ripristinare le relazioni diplomatiche tra i due Stati e oggi continueremo a lavorare per l’espansione delle relazioni.
L’omicidio dell’ufficiale armeno Gurgen Margaryan rimane una questione delicata per la società armena. Vorremmo sentire la tua opinione in merito. Vorrei sottolineare che il caso dell’omicidio di Gurgen Margaryan è delicato non solo per la società armena, ma anche per quella ungherese, e non è un caso che la parte ungherese abbia ripetutamente espresso il suo profondo rammarico e dolore a diversi livelli e formati per quanto riguarda il brutale assassinio dell’ufficiale armeno Gurgen Margaryan. Quel passo disumano è davvero inaccettabile per tutti noi, inaccettabile è stato anche il rilascio dell’assassino da parte delle autorità azere e le fasi successive, di cui non voglio nemmeno parlare. In qualità di avvocato, voglio anche sottolineare che la questione aveva un aspetto sia legale che, ovviamente, morale e umanitario. Tuttavia, mi dispiace dire che capisco che ci vuole tempo perché le ferite guariscano e non riesco a trovare parole sufficienti per esprimere il mio rammarico. Penso che dovremmo guardare avanti e continuare a diventare un ponte per il riavvicinamento delle società armena e ungherese, senza dimenticare il ruolo svolto dagli Armeni nella storia dell’Ungheria. E dobbiamo mantenere viva la memoria di Gurgen Margaryan e fare sforzi per evitare che simili crimini si ripetano. Penso che noi, in quanto rappresentanti dell’Autonomia Nazionale Armena di Ungheria, dovremmo fare di tutto per approfondire e sviluppare le relazioni Armenia-Ungheria, e l’agenda a più livelli di queste relazioni consentirà di rendere i nostri due popoli più amichevoli.
Come valuteresti le relazioni storiche tra i popoli armeno e ungherese? I legami storici e culturali tra i popoli armeno e ungherese hanno radici profonde. Come sapete, due famosi armeni, Kishsh Erne e Lazar Vilmosh, sono tra gli eroi nazionali dell’Ungheria. E questi nomi non sono gli unici. Gli armeni ungheresi hanno dato un grande contributo alla storia dell’Ungheria e non è un caso che, in quanto minoranza pienamente integrata nella società ungherese, godano di uno status speciale sancito dalla costituzione ungherese, che a sua volta ci dà l’opportunità di preservare la nostra cultura patrimonio e presentarlo. E a questo proposito, devo sottolineare ancora una volta il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Armenia e Ungheria.
Quali sono le aree in cui vede opportunità per lo sviluppo della cooperazione dopo l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra Armenia e Ungheria? I settori sono tanti, difficile individuarne alcuni. Tuttavia, ritengo molto importante attivare contatti diretti tra le due società, per le quali l’apertura di voli diretti tra Armenia e Ungheria può servire da strumento, che contribuirà anche allo sviluppo del turismo tra i due Paesi. Naturalmente, anche la sfera economica è importante e, a questo proposito, mi dispiace notare che in Ungheria non ci sono quasi prodotti armeni, a partire dal tradizionale brandy armeno, vini e tappeti fino alla frutta secca e ai dolci armeni. Riassumendo il mio pensiero, sottolineo in particolare la cooperazione nel campo dell’istruzione e della cultura, perché da anni non ci sono mostre armene, iniziative culturali o altri eventi in Ungheria. E a questo proposito vorrei citare con piacere la presenza del Centro Studi Armeni presso l’Università Peter Pazman ei tanti armeni che vi sono studenti, che mantengono stretti legami con le università armene. Dovremmo fare di tutto per rendere quei legami più stretti e più profondi. Quando si parla di legami educativi, è anche importante prestare la dovuta attenzione alla scuola Gurgen Margaryan di Yerevan.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-29 18:17:172022-12-30 18:18:17Diciottesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il Ministro degli Esteri di Artsakh questa mattina su Twitter: «Dio ci aiuti!» (Korazym 29.12.22)
Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione, nella nostra traduzione, questo articolo di Asbarez che testimonia della drammaticità della situazione in Artsakh/Nagaorno Karabagh al diciassettesimo giorno del blocco operato dagli azeri sul cosiddetto “corridoio di Lachin”, che sta strangolando oltre centomila persone. In una lettera congiunta il Concilio Mondiale della Chiese e la Conferenza delle Chiese Europee chiedono l’intervento dell’Unione Europea. Buona lettura.
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Il Fondo Internazionale di Emergenza per l’Infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF) ha avvertito del grave impatto del blocco del corridoio di Lachin sui bambini dell’Artsakh.
“I bambini sono colpiti dalla chiusura virtuale dell’accesso al Nagorno Karabakh attraverso il corridoio di Lachin. Più la situazione persiste, più i bambini sperimenteranno la mancanza di generi alimentari di base, mentre l’accesso a molti dei servizi essenziali di cui hanno bisogno per la loro sopravvivenza, la crescita sana e il benessere diventerà più difficile. Molti bambini sono stati inoltre privati delle cure parentali in quanto separati dai loro genitori o tutori legali”, ha dichiarato l’UNICEF in un comunicato.
“L’UNICEF fa eco all’appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite per garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il corridoio di Lachin, in linea con gli accordi precedenti. Questo è fondamentale per garantire che i bambini del Nagorno Karabakh siano protetti e che gli operatori umanitari possano raggiungere rapidamente e in sicurezza chi ne ha bisogno”. L’UNICEF continua a cercare il dialogo e a lavorare in coordinamento con tutti gli attori per ottenere l’accesso ai bambini in queste aree”, ha aggiunto la dichiarazione.
Grazie alla mediazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, altri tre pazienti ricoverati presso l’ospedale di Stepanakert sono stati trasportati in vari ospedali dell’Armenia, ha dichiarato mercoledì il ministero della Sanità dell’Artsakh.
Questo è il terzo trasferimento di pazienti mediato dal CICR da quando l’Azerbaigian ha iniziato il blocco dell’Artsakh il 12 dicembre.
Il diritto alla vita, alla salute, alla libertà di movimento, all’istruzione e altri diritti fondamentali di 120.000 persone sono a rischio in Artsakh, ha dichiarato il difensore dei diritti umani del Paese, Gegham Stepanyan, mentre il blocco azero dell’Artsakh è entrato nel 17° giorno.
Le autorità dell’Artsakh hanno approvato un progetto di legge per imporre restrizioni ai ristoranti in seguito alla carenza di cibo e al risparmio energetico dovuto al blocco azero.
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha dichiarato di aver incontrato gli imprenditori del settore per discutere delle restrizioni. Vardanyan ha accolto con favore la comprensione e il sostegno reciproco degli imprenditori, alcuni dei quali hanno già cancellato gli eventi di massa nelle loro sedi.
Vardanyan ha anche detto di essere stato informato che le scorte di contanti in Artsakh sono sufficienti. Tuttavia, a causa della situazione attuale, le organizzazioni e i singoli cittadini hanno iniziato a prelevare più contanti dagli sportelli automatici e a risparmiarli, con un conseguente impatto sui volumi di contanti in circolazione.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2022-12-29 18:14:352022-12-30 18:16:45UNICEF Lancia l’Allarme: Drammatica la Situazione dei Bambini in Artsakh/Nagorno. (Stilum Curiae
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