ARMENIA: Una rivoluzione colorata? (Eastjournail 01.06.18)

Nelle ultime settimane abbiamo raccontato delle manifestazioni di massa in Armenia contro l’elezione a primo ministro dell’ex presidente Serzh Sargsyan. Nel giro di pochi giorni, un sistema di potere che sembrava intoccabile ha ceduto alla forza della piazza. Il leader della rivolta, Nikol Pashinyanè stato poi nominato premier dal parlamento e ha formato un nuovo governo.

Un paese ex sovietico, un presidente rappresentante di un’oligarchia economica e vicino al Cremlino che si dimette dopo una serie di proteste pacifiche e, infine, un personaggio carismatico che emerge dalla piazza; gli ingredienti ci sono tutti: inevitabile pensare a una rivoluzione colorata.

Sin dall’inizio, Pashinyan ha, però, preso le distanze dal passato; il nuovo premier armeno, da un palco sulla Piazza della Repubblica di Erevan, ha indetto una “Rivoluzione di velluto” e ha spiegato che la dimensione esclusivamente interna degli eventi nel paese caucasico li differenzia dalle rivoluzioni colorate.

La dialettica del leader delle proteste si è rivelata efficace in quanto il riferimento alle rivoluzioni colorate è stato quasi completamente omesso dai media che hanno coperto la situazione in Armenia. La spiegazione di Pashinyan non giustifica appieno il motivo per cui il concetto, tanto popolare fino a poco tempo fa, sia diventato uno spauracchio da evitare per il nuovo primo ministro armeno.

Le rivoluzioni colorate tra realtà e rappresentazione

Nei primi anni duemila il continente eurasiatico è stato attraversato da una serie di movimenti di protesta che vennero presto ribattezzati rivoluzioni colorate.

Nell’area post sovietica le dinamiche di queste rivoluzioni, pur in paesi diversi tra loro, sono state piuttosto simili al caso armeno: dopo elezioni farsa iniziavano proteste di massa contro i brogli e la corruzione del vecchio sistema politico che, in poco tempo, portavano alle dimissioni dei leader al potere e alla scalata al governo degli ex oppositori grazie a nuove consultazioni elettorali.

Tre casi hanno seguito questo paradigma: la Rivoluzione delle Rose in Georgia (2003), quella Arancione in Ucraina (2004) e la Rivoluzione dei Tulipani in Kirghizistan (2005). Inoltre, le opposizioni in Azerbaijan e Bielorussia hanno tentato di emulare questi modelli nel corso del 2005. Se negli ultimi due esempi non è avvenuta una transizione di potere, essi rivelano comunque quanto l’idea di una rivoluzione colorata fosse attraente nella regione.

Questi sono i fatti, ma esiste una componente imprescindibile legata all’idea che abbiamo delle rivoluzioni colorate: le aspettative, rivelatesi presto fallaci, che esse generavano in occidente che ne hanno, inevitabilmente, influenzato la rappresentazione sulla stampa internazionale.

Secondo la giornalista Anne Applebaum, il mito delle rivoluzioni colorate che si è venuto a creare in occidente si basava sull’idea che esse fossero parte di un processo ineluttabile di transizione democratica nello spazio post sovietico. Riecheggia la famosa tesi di Francis Fukuyama sulla fine della storia; se la democrazia liberale era il modello uscito vincente dalla Guerra fredda, la sua affermazione globale era solo una questione di tempo. Il ruolo del cosidetto mondo libero era quello di favorire – ideologicamente e finanziariamente – le forze che si facevano promotrici del processo.

Le aspettative disattese

La realtà risulta ben diversa da quanto ci si attendeva all’epoca. La retorica filo occidentale degli ex oppositori non si rivelò efficace nel cambiare le società, nello sconfiggere la corruzione dilagante o nel creare istituzioni democratiche stabili.

Già nel 2010 si chiudeva la carriera politica di due dei leader politici usciti vittoriosi dalle rivoluzioni colorate. Nel corso dell’anno, Viktor Juščenko venne sconfitto alle elezioni in Ucraina, mentre Kurmanbek Bakiyev era costretto alle dimissioni da una nuova rivoluzione in Kyrgyzstan.

La Georgia, invece, è rimasta per qualche anno il fiore all’occhiello della narrativa occidentale sulle rivoluzioni colorate. La spettacolare – e per molti versi efficace – campagna di lotta alla corruzione, l’inglese fluente e la dialettica politica occidentale imparata alla Columbia University dal presidente Mikheil Saakashvili erano strumenti efficaci per ammaliare gli alleati americani. Tuttavia, “il faro della democrazia” descritto da Bush nel 2005, si rivelò un paese in cui gli oppositori politici venivano arrestati e condannati grazie a prove false e dove si ricorreva alla tortura nelle prigioni.

Con l’affermazione elettorale del miliardario Bidzina Ivanishvili nel 2012, anche l’esperienza dell’ultima rivoluzione colorata  poteva dirsi conclusa.

Il caso armeno

Quella armena non è definibile come una rivoluzione colorata proprio perché i leader politici che l’hanno organizzata non la ritengono o non la vogliono fare passare come tale.

Sebbene le motivazioni che hanno spinto gli armeni a protestare non sono poi così diverse da quelle dei georgiani o degli ucraini nel recente passato, il marchio ha perso di appetibilità in occidente ed è, anzi, diventato sinonimo di fallimento. La storia politica del ventunesimo secolo si è rivelata più complessa di una semplice corsa alla democrazia liberale e la narrativa positivista degli anni novanta ha lasciato spazio a una visione contemporanea del futuro più realista e, per certi versi, cinica.

Al contempo, nella retorica del Cremlino, rivoluzione colorata equivale a un complotto americano per sganciare i paesi dell’ex Unione sovietica dall’orbita russa. In un paese come l’Armenia che, come spieghiamo spesso nei nostro articoli, è legato militarmente ed economicamente a Mosca, andare allo scontro frontale con la Russia è un rischio che nessun leader politico può permettersi di correre.

In ultima analisi, Pashinyan è riuscito a ritagliarsi lo spazio di manovra per presentarsi come una novità in occidente e non scontentare il potente alleato a nord. La tattica si è rivelata vincente in quanto Mosca ha mostrato un’insolita quieta accondiscendenza rispetto a quanto stava avvenendo in Armenia, mentre la stampa internazionale celebrava la vittoria della piazza. Il futuro ci dirà se il pragmatismo di Pashinyan è il giusto approccio per lasciare un’impronta duratura sul destino del paese.

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“La madre dell’Armenia” è tornata a Cavriglia (Arezzonotizie.it 01.06.18)

La mia bambina La madre del Armenia è tornata a casa, a Cavriglia e sono tranquillo perché nessuno la turberà. Grazie!”
Con questa frase, sul proprio profilo Facebook, l’artista Vighen Avetis ha annunciato il ritorno a Cavriglia dell’opera da lui realizzata nel 2015 in occasione del centesimo anniversario del genocidio del popolo armeno per mano dei “Giovani Turchi”. “La madre dell’Armenia”, giunta nel nostro territorio per la prima volta nel febbraio del 2015, da allora è stata esposta in alcune delle città d’arte più importanti d’Europa. Un lungo viaggio che si è concluso dove tutto era iniziato, nella nostra Cavriglia che adesso lo stesso Vighen Avetis definisce casa. In quella “Madre” la nostra gente ha rivisto quelle donne, quelle vedove, che dopo gli eccidi del luglio 1944 seppero tenere in vita la comunità cavrigliese così barbaramente colpita dalle truppe Nazifasciste. Ed è stato il forte legame con i tragici fatti del passato che accomuna il popolo armeno e Cavriglia a spingere Vighen a scegliere di nuovo il nostro territorio per l’esposizione di un’opera così significativa.
Questo legame nato all’insegna dell’arte e delle memoria si è ulteriormente consolidato anche nei giorni scorsi quando il Sindaco di Cavriglia ha avuto l’onore di partecipare, insieme alle più alte cariche dello stato e di fronte a migliaia di persone, alle celebrazioni del centesimo anniversario della battaglia di Arapan, dove gli armeni, nel 1918, inferiori in numero e con armamenti rudimentali, riuscirono con gesta eroiche a difendere la loro terra dall’invasione delle milizie turche.
Una vittoria determinante che permise la nascita della Repubblica di Armenia.

L’opera:
Di proprietà della Fondazione “DAR” l’opera (bronzo, 2,80 mt X 1,80 mt) è stata realizzata qualche mese fa in memoria del centenario del Genocidio degli Armeni. Vighen Avedis ha realizzato la scultura dal grande impatto emotivo partendo dall’allegoria dell’Armenia come madre di tanti 4 figli sparsi ai 4 punti cardinali, ai 4 continenti.
Sul retro della statua un particolare ne svela la provenienza e l’intensità storica e non solo allegorica della descrizione. Il vestito della donna è chiuso da una spilla sul retro. Essa come cammeo ha la Chiesa di Santa Croce, il monumento assoluto al Genocidio Armeno. L’antica chiesa armena della Santa Croce sorge sull’isola Aktamar posta al centro del lago di Van, nella Turchia dell’est a confine con l’Armenia, ed è oggi solo un museo. Questa suggestiva chiesa è uno dei più pregevoli esemplari di arte armena del Decimo secolo ma è soprattutto tristemente nota alle cronache per essere stata uno dei luoghi dove gli armeni furono massacrati durante il genocidio del 1915. E ancor oggi per qualsiasi armeno, dovunque si trovi, Aktamar è un luogo particolarmente caro da vedere e visitare prima di morire.

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La Madre dell’Armenia”, scultura di Vighen Avetis, di nuovo collocata di fronte al municipio di Cavriglia (Valdamo24 01.06.18)

“La Madre dell’Armenia”, la scultura realizzata da Vighen Avetis in occasione del centesimo anniversario del genocidio degli armeni per mano dei “Giovani Turchi”, è stata nuovamente collocata di fronte al Palazzo Comunale. Un “ritorno” che consolida ulteriormente il legame nato tra Cavriglia e l’Armenia proprio grazie alla scultura in bronzo che i cavrigliesi hanno conosciuto nel 2015
“La mia bambina La madre del Armenia è tornata a casa, a Cavriglia e sono tranquillo perché nessuno la turberà. Grazie!”, ha scritto sul Facebook Avetis. L’opera era giunta a Cavriglia per la prima volta nel febbraio del 2015, da allora è stata esposta in alcune delle città d’arte più importanti d’Europa. Un lungo viaggio che si è concluso dove tutto era iniziato.
In quella “Madre” la gente di Cavriglia ha rivisto quelle donne, quelle vedove, che dopo gli eccidi del luglio 1944 seppero tenere in vita la comunità cavrigliese così barbaramente colpita dalle truppe Nazifasciste. Ed è stato il forte legame con i tragici fatti del passato che accomuna il popolo armeno e Cavriglia a spingere Vighen a scegliere di nuovo questo angolo di Valdarno per l’esposizione di un’opera così significativa.
Questo legame nato all’insegna dell’arte e delle memoria si è ulteriormente consolidato anche nei giorni scorsi quando il Sindaco di Cavriglia ha avuto l’onore di partecipare, insieme alle più alte cariche dello stato e di fronte a migliaia di persone, alle celebrazioni del centesimo anniversario della battaglia di Arapan, dove gli armeni, nel 1918, inferiori in numero e con armamenti rudimentali, riuscirono con gesta eroiche a difendere la loro terra dall’invasione delle milizie turche.

Andrea Ulivi: 40 scatti in bianco e nero per raccontare la storia d’amore con l’Armenia (Lanazionae 31.05.18)

Firenze, 31 maggio 2018 – Fotografo, editore e docente fiorentino. Con un’immensa passione per l’Armenia, nata 10 anni fa: «Ho iniziato a incontrare i luoghi della spiritualità armena e la città di Yerevan grazie alla prima coproduzione fra Versiliadanza e una compagnia del luogo – racconta Andrea Ulivi – . Da allora ci sono tornato almeno una volta all’anno e, dai miei viaggi, ha preso forma un corpus fotografico di 10mila immagini». Quaranta delle quali daranno vita a “Luci e ombre armene”, mostra che inaugura dpmani alle 18, in occasione Festival di Viaggio, negli spazi del Teatrino della Società Machiavelli – La Casa Abitata, (via del Trebbio 14r, fino al 9 giugno compreso, orario 16-20). «Una dichiarazione d’amore per questo Paese caucasico ed europeo purtroppo famoso per il genocidio che il governo dei “Giovani turchi” commise contro una popolazione di oltre un milione e mezzo di armeni, residenti soprattutto nella penisola anatolica», riprende Andrea Ulivi.

Nelle foto selezionate per l’occasione, l’obiettivo non vuole raccontare il genocidio, ma la vita di un popolo antichissimo, i luoghi sacri sui quali ha costruitoito la propria identità, una spiritualità profonda che affonda le radici nel 301, quando il re dell’allora Grande Armenia, Tiridate III si convertì al cristianesimo. «L’Armenia fu il primo Paese al mondo che si disse cristiano – conclude Ulivi – . Nelle fotografie esposte molto spazio è dedicato proprio alla spiritualità del popolo armeno, a partire dalle chiese e dai monasteri tipici della loro grande cultura. L’Armenia mi ha stupito, l’ho vista con fascinazione, me ne sono innamorato: è un rapporto amoroso, assolutamente amoroso. Io amo l’Armenia e fare fotografie a questa terra è un gesto d’amore totale. Non potrei fotografare qualsiasi cosa, non mi riuscirebbe: se non entro in un rapporto reale col soggetto, o l’oggetto, non riesco a fotografare, non riesco fisicamente».

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La Sfom incontra il percussionista Arto Tunçboyaciyan (Valledaostaglocal.it 30.05.18)

“Love, respect and truth” è l’ottavo appuntamento della rassegna “Cambio Musica” organizzata dalla SFOM e dalla Scuola Suzuki della Fondazione Maria Ida Viglino per la cultura musicale. E’ in calendario sabato 2 giugno, alle 21 nel teatro della Cittadella dei Giovani.

Il nostro sarebbe indubbiamente un mondo migliore se fondasse il suo andamento su queste tre parole, su questi tre valori (Amore, rispetto e verità). E si dà il caso che questi siano i valori fondamentali su cui ha basato la propria vita Arto Tunçboyaciyan, percussionista e cantante turco di origini armene, la cui carriera è stata decisamente guidata dal forte richiamo che giungeva a lui dalle lontane origini dei padri. L’Armenia, l’Anatolia, terra ricca di musica e di antiche tradizioni, ma anche luogo di terribili persecuzioni ripetutesi nei secoli e che hanno portato il suo popolo a scappare, per sfuggire alla morte, ma poi spesso a tornare.

Tragedie antiche qu este che ci riportano immediatamente alle tristi immagini delle persecuzioni, dei massacri e delle migrazioni dei nostri giorni. Quasi a ricalcare questo destino, Arto Tunçboyaciya n, migrante musicale, dopo un primo periodo passato nella natia Turchia si trasferisce negli St ati Uniti alla ricerca di nuovi stimoli e dimensioni sonore, per poi però tornare alle origini, all’Armenia dei suoi progenitori, ma attraverso la musica, mediante la ricerca di un possibile connubio fra tr adizioni antiche e mondo moderno.

Anche la SFOM ha da sempre l’esigenza (simile e comune) di far esplorare ai propri allievi la musica mondiale, la musica totale, le musiche di ie ri e di oggi. Da qui nasce l’idea del progetto ‘Love, Respect and Truth – La SFOM incontra Arto Tu nçboyaciyan’, in cui i ragazzi della JazzSfomOrchestra lavoreranno sotto la sua guida pe r produrre un concerto basato sulle composizioni da lui scritte per il suo gruppo, fors e il più famoso, la Armenian Navy Band. Ingresso Libero.

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Il sindaco di Cavriglia in Armenia per le celebrazioni del centesimo anniversario della battaglia di Arapan (Valdamo24-it 30.05.18)

Il Sindaco di Cavriglia Leonardo Degl’Innocenti o Sanni ha partecipato in Armenia alle celebrazioni del centesimo anniversario della battaglia di Arapan, dove gli armeni nel 1918 riuscirono a difendere la loro terra dall’invasione delle milizie turche. Si consolida così il legame nato nel 2015 con l’esposizione della statua “Madre dell’Armenia” dell’artista Vighen Avetis.
Era il febbraio del 2015 quando venne collocata di fronte al Palazzo Comunale di Cavriglia la “Madre dell’Armenia” dell’artista Vighen Avetis, statua in bronzo realizzata dal “maestro” armeno in occasione del centenario del genocidio che il popolo armeno subi’ nel 1915 da parte dei “Giovani Turchi”. In quella “Madre” la nostra gente ha rivisto quelle donne, quelle vedove, che dopo gli eccidi del luglio 1944 seppero tenere in vita la comunità cavrigliese così barbaramente colpita dalle truppe Nazifasciste.
Il forte legame con i tragici fatti del passato che accomuna il popolo armeno e Cavriglia spinse Vighen a scegliere il nostro territorio per l’esposizione di un’opera così significativa.
Questo legame nato all’insegna dell’arte e delle memoria negli anni successivi si è ulteriormente consolidato e nei giorni scorsi, grazie a Vighen, il Sindaco di Cavriglia ha avuto l’onore di partecipare, insieme alle più alte cariche dello stato e di fronte a migliaia di persone, alle celebrazioni del centesimo anniversario della battaglia di Arapan, dove gli armeni, nel 1918, inferiori in numero e con armamenti rudimentali, riuscirono con gesta eroiche a difendere la loro terra dall’invasione delle milizie turche.

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Georgia-Armenia: incontro fra premier Kvirikashvili e Pashinyan, approfondire cooperazione bilaterale (Agenzia nova 30.05.18)

Tbilisi, 30 mag 11:44 – (Agenzia Nova) – Pashinyan ha ringraziato il capo del governo della Georgia per la calorosa ospitalità e ha sottolineato l’importanza delle relazioni armeno-georgiane. “Le relazioni armeno-georgiane hanno una base storica e umana, i nostri popoli sono profondamente connessi e questo legame è inseparabile. È simbolico e non è casuale che io effettui la mia prima visita ufficiale in Georgia”, ha detto il premier armeno. “Sono sicuro che le relazioni armeno-georgiane si svilupperanno ulteriormente. Il nuovo governo non risparmierà gli sforzi in questo senso. Siamo qui per ribadire che dovremmo approfondire le nostre relazioni con la Georgia e creare un contesto amichevole. Vogliamo vedere una Georgia forte e sostenibile”, ha detto Pashinyan. (Res)

Il Premio del Presidente della Repubblica d’Armenia a Marcello Flores (Gariwo 29.05.18)

Ogni anno l’Hayastan All-Armenian Fund – un’istituzione unica la cui missione è quella di unire gli Armeni in Armenia e oltreoceano per superare le difficoltà del Paese – organizza dei concorsi per i Premi del Presidente della Repubblica d’Armenia, S.E Armen Sarkissian, in differenti campi (arte, letteratura, scienze, musica). Il 24 maggio 2018 a Yerevan lo storico, docente all’Università di Siena e direttore del Master Europeo in Human Rights and Genocide Studies, Marcello Flores, è stato onorato con il President Prize assegnato a coloro che hanno dato un contributo prezioso al riconoscimento del Genocidio armeno. Precisamente, per il suo apporto allo studio sui genocidi e su quello armeno in particolare.

Di seguito la trascrizione tradotta dell’intervento che Marcello Flores – accompagnato dal Console onorario d’Armenia in Italia Pietro Kuciukian – ha tenuto a Yerevan in occasione della cerimonia di consegna del premio, in cui ha raccontato l’evoluzione della sua esperienza di studio del Genocidio armeno e l’importanza della conoscenza dei drammi dal passato per un futuro di pace.

Vorrei ringraziare il Presidente dell’Armenia e il Consiglio di amministrazione di Hayastan All-Armenian Fund per il prestigioso riconoscimento che mi è stato dato. Quando circa trent’anni fa ho iniziato a occuparmi di genocidi, come storico e studioso, nessuno in Italia (ma valeva lo stesso per qualsiasi altro luogo) conosceva il Genocidio armeno e nemmeno la politica negazionista dello Stato turco, che sembrava, dalla sua posizione, reiterare quella violenza sugli Armeni di oggi. L’impegno come ricercatore, che mi ha permesso di raggiungere i risultati che mi sono riconosciuti oggi, è sempre stato accompagnato da una battaglia civile e politica per rendere la verità storica riguardo al Genocidio armeno un patrimonio collettivo, memoria condivisa e consapevole dell’opinione pubblica e della comunità internazionale.

Negli ultimi anni, in Italia e in tutta l’Europa, il Genocidio armeno è diventato sempre di più oggetto di attenzione, non solo tra gli studiosi, ma nelle scuole, sui giornali, in radio e in televisione, entrando nella coscienza dei giovani come la prima grande tragedia che – all’interno di quella terribile esperienza collettiva che fu la Prima Guerra Mondiale – segnò la gravità della violenza del 20esimo secolo. La mia esperienza come educatore, prima ancora che come storico e studioso, mi ha convinto del fatto che insistere sul terreno della conoscenza storica e della discussione politica e morale attorno ai drammi del passato sia il miglior modo di trasmettere a tutti, e specialmente alle nuove generazioni di giovani, il rispetto per la verità e l’impegno per prevenire il ripetersi di tragedie come quella che sconvolse la vita degli Armeni più di cento anni fa. Ho ancora in mente l’immagine -qualche anno fa, durante il Master europeo in Diritti Umani e studi sui Genocidi che stavo tenendo in Italia – delle lacrime di un giovane studente turco che non riusciva a capire come il suo Paese avesse così intenzionalmente nascosto la verità storica, addirittura trasformandola in un’arma di propaganda contro la stessa minoranza armena del tardo Impero Ottomano.

Nel campo della ricerca storica, i risultati sono stati prodigiosi, e nessuno studioso in buona fede può sostenere ciò che i ricercatori accademici di vent’anni fa si permettevano di scrivere riguardo quello che alcuni di loro assolutamente non volevano chiamare genocidio; ma un grande progresso è stato fatto nell’ambito dell’opinione pubblica internazionale, che è culminato nel centenario del Metz Yeghern: ora dobbiamo continuare per questa strada con costanza e impegno, perché è solo attorno al riconoscimento della storia del passato che è possibile costruire pace e solidarietà per il futuro.

Il messaggio del Console onorario d’Armenia in Italia Pietro Kuciukian sul premio conferito a Flores:

Come console onorario della Repubblica di Armenia in Italia e cofondatore di Gariwo, la foresta dei Giusti, ho accompagnato il Prof. Marcello Flores in Armenia. Esprimo grande soddisfazione per l’assegnazione, con il voto unanime della commissione, del Premio del Presidente dell’Armenia allo storico italiano Marcello Flores, che si è dedicato da anni al tema del Genocidio armeno. L’ultimo suo saggio “Il genocidio degli Armeni”, edito da Il Mulino, ha avuto tre edizioni. Si tratta di un lavoro che recepisce le più importanti fonti documentarie dando un contributo essenziale alla battaglia contro il negazionismo del governo turco. Il prof. Flores ha seguito sin dalle origini il Comitato Internazionale dei Giusti per gli Armeni che ho fondato nel 1995 e poi il Comitato Gariwo, fondato da Gabriele Nissim e da me nel 2001, e ha creduto nell’importanza di coniugare storia e memoria attraverso la divulgazione delle figure dei Giusti. Questa sua scelta è confermata nelle sue prefazioni ai miei lavori sui Giusti per gli armeni, nei quali Flores sottolinea l’importanza di far conoscere le azioni di chi, contro la violenza organizzata e pianificata, cercò di reagire, di opporsi, di ostacolare il progetto genocidario, o almeno, quando non poté esserne capace, di testimoniarlo, di raccontarlo, di farlo conoscere. Storie di forte contenuto morale, sottolinea Flores, anche se “quasi sempre improntate alla semplice umanità”. Storie che danno un contributo essenziale alla prevenzione dei genocidi e che aiutano, come afferma sempre con forza Gabriele Nissim, ad anticipare il bene. Marcello Flores ha ricevuto un premio prestigioso, ampiamente meritato.

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ARMENIA: Pashinyan presenta la nuova squadra di governo (Eastjournal 29.05.18)

Dopo essere stato nominato capo del governo dall’Assemblea Nazionale, Nikol Pashinyan, leader delle proteste di piazza che all’inizio di maggio hanno scosso l’Armenia costringendo l’ex presidente e primo ministro Serzh Sargsyan alle dimissioni, ha presentato ufficialmente la nuova squadra di governo.

Come previsto, tra i ministri del governo Pashinyan non vi sono membri del Partito Repubblicano, formazione dell’ex presidente Sargsyan al potere in Armenia dal 1995. È invece ben rappresentata quella che fino ad aprile era l’opposizione, con la coalizione Yelk, guidata dallo stesso Pashinyan, che si è aggiudicata più ministeri. Per il resto, il nuovo esecutivo appare abbastanza eterogeneo: tra i nuovi ministri vi sono infatti figure tecniche d’esperienza, politici di lungo corso ma soprattutto giovani attivisti; questi ultimi quasi tutti legati alla coalizione di Pashinyan. Degna di nota è anche l’età media del nuovo governo, che si attesta sui 40 anni: si tratta della più bassa di sempre nella storia dell’Armenia.

Vicepresidenza

Ad affiancare Pashinyan alla guida del governo sarà Ararat Mirzoyan, membro fondatore di Yelk nonché professore all’Università Statale di Yerevan, nominato primo vice-premier. Gli altri due vice di Pashinyan saranno Tigran Avinyan, altro fedelissimo del nuovo premier, che a soli 29 anni sarà il più giovane vice primo ministro mai nominato in Armenia, e il banchiere Mher Grigoryan, nominato dall’Alleanza Tsarukyan, seconda forza in parlamento. L’imprenditore Eduard Aghajanyan, anch’esso legato a Yelk e già membro del Consiglio Comunale di Yerevan, è stato invece nominato direttore del personale.

Ministeri

Per i tre ministeri più importanti (Difesa, Esteri e Finanze), Pashinyan ha scelto delle figure tecniche indipendenti, tutte con larga esperienza alle spalle. A capo del Ministero della Difesa è stato nominato Davit Tonoyan, già vice-ministro della Difesa e ministro delle Situazioni di Emergenza del governo Karapetyan; nonché rappresentante delle Forze armate armene presso la NATO.

Il nuovo ministro degli Esteri sarà invece il diplomatico Zohrab Mnatsakanyan, rappresentante permanente della Repubblica Armena presso le Nazioni Unite e in passato presso il Consiglio d’Europa; a lungo a capo dei negoziati relativi all’Accordo di associazione con l’UE. Il Ministero delle Finanze è andato invece all’economista Atom Janjughazyan, attivo all’interno dello stesso Ministero dal 1995 e vice-direttore del Tesoro dal 1999.

Tra gli indipendenti vi sono anche il nuovo ministro della Sanità, Arsen Torosyan, direttore del MIBS, celebre istituto medico di Yerevan, e il ministro della Protezione Ambientale, Erik Grigoryan, all’interno del Ministero dal 2002 e già consigliere dell’ex primo ministro Karen Karapetyan.

Alla coalizione Yelk sono andati cinque ministeri: la Diaspora, l’Educazione, la Giustizia, il Lavoro e lo Sviluppo. Di questi, tre sono stati assegnati a membri del partito Contratto Civile, in cui milita lo stesso Pashinyan. Il nuovo ministro della Diaspora sarà Mkhitar Hayrapetyan, orientalista ed esperto turcologo, nonché analista politico presso diverse testate nazionali. Con soli 27 anni sarà il più giovane ministro del governo Pashinyan.

Un altro orientalista, Arayik Harutyunyan, già membro del Consiglio Comunale di Yerevan, è stato nominato ministro dell’Educazione e della Scienza. Suren Papikyan, vice-presidente di Contratto Civile, sarà invece il nuovo ministro dello Sviluppo e dell’Amministrazione Territoriale.

Sono andati a membri della coalizione Yelk anche il Ministero della Giustizia, che sarà presieduto dall’attivista di lunga data Artak Zeynalyan, del partito Repubblica, già vice-ministro della Sanità dal 1998 al 2001, e il Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali, andato a Mane Tandilyan, vice-presidente di Armenia Luminosa.

L’Alleanza Tsarukyan, principale forza d’opposizione durante gli ultimi governi repubblicani, ha invece ottenuto quattro ministeri: Situazioni di Emergenza, Infrastrutture, Trasporti e Sport. Per il Ministero delle Situazioni di Emergenza ha scelto l’indipendente Hrachya Rostomyan, ex cestista nonché ministro dello Sport dal 2012 al 2016. Un altro indipendente, il tenente colonnello Ashot Hakobyan, figura con alle spalle un passato nel Dipartimento investigativo del Ministero degli Interni e della Sicurezza Nazionale, è stato invece nominato ministro dei Trasporti e delle Comunicazioni.

A due membri di Armenia Prospera, partito guidato da Gagik Tsarukyan, leader dell’omonima coalizione, sono andati invece il Ministero delle Infrastrutture Energetiche e delle Risorse Naturali, che ha visto la nomina di Artur Grigoryan, già ministro del Lavoro e con un passato nella Camera di Controllo del Ministero della Giustizia; e quello dello Sport e della Gioventù, per il quale è stato scelto Levon Vahradian, precedentemente consigliere presso lo stesso Ministero.

Due ministeri sono stati assegnati anche alla Federazione Rivoluzionaria Armena, la quale si è aggiudicata il Ministero dell’Agricoltura, dove ha nominato Artur Khachatryan, già governatore della regione di Shirak nonché vice-ministro dello Sviluppo; e lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, per il quale ha scelto Artsvik Minasyan, in passato già a capo dello stesso Ministero e con alle spalle esperienze come ministro dell’Ambiente e vice-ministro del Lavoro.

Infine, al Ministero della Cultura è stata nominata la filologa Lilit Makunts, professoressa associata presso l’Università russo-armena di Yerevan, affiliata al Partito Liberale.

Altre cariche

Oltre ai nuovi ministri, il neo-premier Pashinyan ha nominato anche i direttori degli otto enti aggiuntivi, organi ausiliari simili ai ministeri e subordinati al capo del governo i quali hanno il compito di far rispettare i provvedimenti governativi nelle rispettive sfere d’azione.

Quattro direttori sono stati confermati; rispettivamente Sergey Avetisyan, capo del Dipartimento generale dell’aviazione civile, Ashot Martirosyan, direttore del Comitato per la regolamentazione della sicurezza nucleare, Martin Sargsyan, direttore del Comitato statale del catasto, e Narek Sargsyan, direttore del Comitato per lo sviluppo urbano.

A capo del Servizio di sicurezza nazionale è stato invece nominato Artur Vanetsyan, mentre il nuovo comandante della Polizia sarà Valeri Osipyan, già a capo del Distretto di Polizia di Yerevan; coinvolto nella crisi degli ostaggi del luglio 2016. Infine, Davit Ananyan sarà il nuovo direttore del Comitato delle entrate. Resta al momento vacante invece la carica di direttore del Dipartimento della gestione della proprietà statale.

Prossimo passo

Formata la squadra dei ministri, ora Pashinyan dovrà presentare il proprio piano d’azione all’Assemblea Nazionale, la quale dovrà poi votare la fiducia al nuovo governo. Nel caso in cui il governo non dovesse riuscire a ottenere la fiducia del parlamento, si dovranno tenere nuove elezioni.

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Armenia: figlio del premier Pashinyan si arruola nell’esercito, servirà in Nagorno-Karabakh (Agenzianova 29.05.18)

Erevan, 29 mag 16:19 – (Agenzia Nova) – Il figlio del primo ministro armeno Nikol Pashinyan si è arruolato nell’esercito e sarà schierato nel Nagorno-Karabakh, la regione internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian ma occupata militarmente dall’Armenia. In una diretta sulla sua pagina Facebook, Pashinyan è apparso accanto al figlio Ashot, che ha compiuto 18 anni a marzo. Ashot Pashinyan ha dichiarato di aver deciso di prestare servizio in Karabakh per lavorare a favore di una “soluzione pacifica” al conflitto. Pashinyan ha detto che il gesto non ha lo scopo di suscitare “lodi” nei suoi confronti ma di incoraggiare altri armeni ad arruolarsi nell’esercito. Il primo ministro ha invitato i compatrioti all’estero e quelli di età inferiore ai 27 anni che hanno rinviato il servizio a recarsi all’ufficio di reclutamento più vicino e unirsi alle forze armate. (Res)

Armenia: premier Pashinyan a celebrazioni 100mo anniversario Repubblica, vinceremo battaglie credendo in noi stessi (Agenzianova 28.05.18)

Erevan, 28 mag 11:47 – (Agenzia Nova) – Il popolo armeno ha vinto le sue battaglie credendo fermamente in sé stesso. Lo ha detto il premier armeno nel corso delle celebrazioni per il 100mo anniversario della prima Repubblica democratica che si stanno celebrando a Sardarapat, luogo di una storica battaglia vinta dagli armeni. “Abbiamo vinto e vinceremo tutte le volte in cui decideremo di vincere facendo affidamento su noi stessi piuttosto che sugli altri”, ha detto Pashinyan, secondo cui “ogni cittadini è un legittimo proprietario del proprio paese, e non un semplice vassallo”. “Cento anni dopo la stessa vittoria di Sardarapat, il popolo armeno ha ottenuto un’altra vittoria gloriosa nell’aprile-maggio 2018 riottenendo il potere nel paese. Molti si stanno ancora chiedendo oggi com’è successo e perché. La risposta è la seguente: il popolo armeno conta su sé stesso e non sugli altri, il popolo armeno crede in sé stesso, crede nella sua forza e nel suo futuro”, ha aggiunto il premier. Il 28 maggio viene celebrato ogni anno come Festa della Repubblica nel calendario armeno. (Res)