L’Emergency medical team del Piemonte rientra, dopo settimane a supporto dell’Armenia nella lotta al Coronavirus (Torinooggi 22.07.20)

Sono tornati in patria a bordo di un aereo della Guardia di Finanza i sanitari dell’EMT 2, l’Emergency medical team della Regione Piemonte, impegnati in una missione internazionale in Armenia per tre settimane.

Il team sanitario italiano si è messo a disposizione della Repubblica armena per supportare le strutture ospedaliere locali nel contrasto alla pandemia da Covid-19. Il Governo locale aveva infatti chiesto supporto Meccanismo europeo di Protezione civile. La missione è stata coordinata dal Dipartimento di Protezione civile.

Il team di esperti era composto da undici specialisti, scelti tra il personale sanitario che afferisce dell’Emergency medical team della Regione Piemonte, l’EMT di secondo livello certificato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Insieme ai piemontesi, professionisti delle Regioni Lombardia e Toscana.

Il gruppo ha fornito una pronta risposta, tutta italiana, alla richiesta di assistenza internazionale inoltrata dal Governo armeno alla Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea, legata alle condizioni precarie del sistema sanitario del Paese.

La squadra era partita il 26 giugno, sempre a bordo di un aereo della Finanza, dall’aeroporto di Levaldigi. “Il team – spiegano dal Dipartimento di Protezione civile – specializzato nel trattamento di pazienti affetti da Covid–19, è stato al fianco dei colleghi locali nella realizzazione di programmi di formazione per utilizzo dell’ecografia polmonare in caso di urgenza, nello sviluppo di corsi di terapia antibiotica, particolarmente riferita alla patologia polmonare e agli approcci terapeutici, e nelle attività di valutazione e di consulenza della autorità sanitarie locali”.

Attività che si sono interamente svolte sotto il coordinamento dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Ambasciata d’Italia in Armenia

Gli esperti italiani hanno operato in tre strutture ospedaliere della capitale armena, convertite in veri e propri Covid–hospital: il Surb Grigor Lusavanovih Medical Centre, lo Scientific Center of Traumatology and Orthopaedy, il Surb Astvatsamayr Medical Center.

Il team italiano ha messo a disposizione del sistema sanitario armeno il know-how e l’esperienza maturate nel corso dell’emergenza epidemiologica Covid–19, secondo lo spirito di solidarietà e di scambio delle informazioni che caratterizza l’approccio integrato del Meccanismo europeo di Protezione civile.

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Armenia-Azerbaigian: il ministero Difesa di Erevan denuncia un attacco delle forze speciali (Agenzianova 22.07.20)

Erevan , 22 lug 09:01 – (Agenzia Nova) – Il ministero della Difesa armeno ha denunciato un attacco da parte delle forze speciali azerbaigiane contro alcune postazioni militari ad Anvakh, nella regione di Tavush, già oggetto di scontri fra i due paesi negli ultimi giorni. Le autorità di Erevan hanno comunicato di avere respinto l’attacco e causato delle vittime fra le forze speciali azerbaigiane. “Le unità delle forze armate armene hanno respinto l’attacco del nemico, infliggendogli perdite significative”, ha scritto la portavoce del ministero della Difesa armeno Shushan Stepanyan, secondo la quale l’attacco sarebbe avvenuto alle 22:30 (20:30 ora italiana) di ieri sera. I militari armeni, peraltro, sarebbero riusciti a fare dei prigionieri. Il ministero della Difesa di Baku ha smentito i nuovi attacchi e, di conseguenza, anche le perdite subite negli scontri, definendo tali notizie diffuse da Erevan come “atti di disinformazione”.

Ieri il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha discusso della stabilizzazione della situazione lungo il confine armeno-azerbaigiano con gli ambasciatori dei due paesi, Polad Bulbul Ogly e Vardan Toganyan. “Si è discusso di sicurezza nel Caucaso meridionale, degli obiettivi di stabilizzazione della situazione al confine armeno-azerbaigiano, delle prospettive di intensificare gli sforzi per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh sotto gli auspici dei copresidenti del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce)”, ha reso noto in un comunicato il ministero degli Esteri russo. Le infrastrutture civili in Armenia, comprese quelle strategiche, non rientrano negli obiettivi delle forze armate azerbaigiane, secondo quanto ha affermato il consigliere presidenziale per la politica estera, Hikmet Hajiyev, che di fatto smentisce quanto riferito alcuni giorni fa dal ministero della Difesa azero, secondo cui “in caso di un attacco contro la diga di Mingechevir, le forze armate azerbaigiane avrebbero potuto colpire la centrale nucleare di Metsamor”, nei pressi della capitale.

Vimercati: “Dall’Italia all’Armenia, tramite il Portogallo. Qui guardano tutti la Roma” (Tuttomercato web 22.07.20)

Valerio Vimercati, portiere italiano che milita nel Noah Yerevan e reduce dalla vittoria ottenuta dal suo club in Coppa d’Armenia, è intervenuto in diretta a TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto, ai microfoni di Francesco Benvenuti: “Me lo sono chiesto anche io come sono finito qui. Quando mi è arrivata la proposta, un anno fa, ho cercato su Google dove fosse l’Armenia… Sono arrivato qua attraverso il Portogallo, dove ho giocato nelle tre stagioni precedenti. Finché il presidente non mi ha fatto sapere dell’offerta, e ho deciso di buttarmi, accettando questa possibilità”.

La sua storia ha a che fare anche con il Milan.
“Esatto. Sono arrivato lì a 8 anni e ci ho fatto tutte le giovanili, prima di passare da Pro Vercelli, Spezia e Torino. Lì ho deciso di andare in Serie B, perché ho realizzato che avevo messo davanti il calcio rispetto alla scuola, una scelta per me stupida. Ero demoralizzato per quanto avvenuto a Torino, quindi ho aspettato due anni perché sapevo avrei avuto questa chance in C portoghese. Lì ho fatto tre buone stagioni che mi hanno permesso di continuare a girare e fare quello che mi piace”.

Quali ricordi dell’ambiente Milan?
“Che dire… Quando ero bambino era il mio obiettivo. Giocavo in porta, poi mi ero stancato e avevo cominciato a giocare pure un po’ fuori. Da milanista volevo andare a tutti i costi al Milan, sapevo che c’era un osservatore loro un giorno e mi sono voluto mettere in porta. Poi mi ci sono seduto accanto per 2-3 ore e gli ho fatto una testa tanta per un provino. Al Milan ho avuto intorno a me gente che ha masticato calcio per tutta una vita, vincendo qualsiasi titolo e riconoscimento. Quell’esperienza mi ha formato, calcisticamente sono ancora quel ragazzo là, le idee non cambiano”.

Al di là dei singoli, a che livello è il calcio armeno?
“Qua Mkhitaryan è punto di riferimento, anche perché non ci sono tanti altri come lui… C’è Adamyan che sta facendo bene nell’Hoffenheim, ma il riferimento è lui. Il livello del campionato è molto particolare, ho sempre fatto fatica a fare un paragone: ci siamo trovati a giocarci il campionato con una squadra che non si è qualificata ai gironi di Europa League perché ha perso ai rigori l’ultimo turno preliminare. Affronti squadre attrezzate per fare l’Europa, e poi c’è invece la decima che a un certo punto ha desistito e non ha fatto più nemmeno un punto. Tranne i primi, per il resto ci sono quattro-cinque squadre più o meno sullo stesso livello, è molto equilibrato. Non saprei però fare una comparazione con l’Italia”.

C’è passione verso il calcio in Armenia?
“Sì, è molto seguito, anche se soprattutto dal divano. Le partite sono in diretta sui canali nazionali e anche in streaming su YouTube: tutti possono stare comodamente a casa. Vero anche che il clima adatto per vedersi una partita lo si trova forse solamente da settembre a marzo. Si inizia ad agosto, poi ci sono tre mesi di pausa invernale perché si arriva anche a -20 gradi, prima di finire a maggio-giugno dove si arriva anche a 35 gradi. Per dire, ora ce ne sono 40 di gradi… La mia società è poco seguita perché è di un anno fa, è stata rilevata un’altra squadra. Però la passione c’è, soprattutto per le grandi partite europee. E poi Mkhitaryan: in qualsiasi bar, posto, e anche sulla tv nazionale, quando gioca la Roma sono tutti lì a vederla”.

Mai pensato a un ritorno?
“Dal momento in cui sono uscito dall’Italia ho cambiato anche stile di vita, godendosi il momento. Sono molto affascinato dal mondo orientale, e se dovessi dire quale calcio mi interessa conoscere, dico quello. Ovviamente seguo ancora il calcio italiano, sono sempre un tifoso del Milan, ma sul ritorno direi che ovviamente è difficile… Dall’Armenia non si può arrivare diretti in Serie A, e pure in B credo sia difficile. Per tornare vorrei una proposta da protagonista, un’offerta in cui vado a giocare. Però adesso ho deciso di rinnovare ancora per un anno con gli armeni, sono curioso di capire dove possiamo arrivare con i preliminari europei, seppure essendo società nuova abbiamo pochi punti nel coefficiente UEFA: sicuramente pescheremo uno squadrone al primo turno, ma insomma ho deciso di restare per questi motivi”.

Da tifoso, le piace questo Milan?
“Secondo me il Milan del passato, più che per i risultati, è molto lontano a livello di mentalità. Non mi piace espormi, ma oltre a dare valore al lavoro di Pioli si inizia anche a vedere quanto fatto da Maldini e Boban. Stamattina parlavo con un amico, e ricordavo le interviste di Boban, quando si lamentava del progetto definito senza interpellare i diretti interessati. Il passo indietro della società dà ragione a questo, e la conferma di Pioli, con lui poi penso anche Maldini e Ibra, vuol dire che ci possiamo ancora avvicinare a quella che era la mentalità. Se c’è qualcuno che oggi può spiegarla, quello è Maldini”.

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Speciale difesa: Armenia-Azerbaigian, ministro Esteri russo Lavrov incontra ambasciatori a Mosca (Agenzianova 22.07.20)

Mosca, 22 lug 13:15 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha discusso della stabilizzazione della situazione lungo il confine armeno-azerbaigiano con gli ambasciatori dei due paesi, Polad Bulbul Ogly e Vardan Toganyan. Lo ha riferito il dicastero degli Esteri russo. “Si è discusso di sicurezza nel Caucaso meridionale, degli obiettivi di stabilizzazione della situazione al confine armeno-azerbaigiano, delle prospettive di intensificare gli sforzi per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh sotto gli auspici dei copresidenti del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce)”, ha reso noto in un comunicato il ministero degli Esteri russo. Le infrastrutture civili in Armenia, comprese quelle strategiche, non rientrano negli obiettivi delle forze armate azerbaigiane, secondo quanto ha affermato il consigliere presidenziale per la politica estera, Hikmet Hajiyev, che di fatto smentisce quanto riferito alcuni giorni fa dal ministero della Difesa azero, secondo cui “in caso di un attacco contro la diga di Mingechevir, le forze armate azerbaigiane avrebbero potuto colpire la centrale nucleare di Metsamor”, nei pressi della capitale. (Rum)

Artsakh – L’Armenia chiede monitoraggio internazionale (Assadakah 21.07.20)

Enzo Parziale – L’Armenia chiede la creazione di un sistema di monitoraggio internazionale per mantenere il cessate il fuoco con l’Azerbaigian, secondo la dichiarazione del primo ministro Nikol Pashinyan durante un incontro con i vertici del ministero della Difesa a Yerevan.

“E’ assolutamente necessario uscire dalla spirale di dichiarazioni senza significato sulle violazioni del cessate il fuoco e relative reazioni; dobbiamo creare un sistema internazionale di monitoraggio che garantisca affidabilità nell’osservanza delle condizioni di tregua. Il processo di negoziazione all’interno del Gruppo Minsk-OSCE deve continuare e l’Azerbaigian deve assumere una posizione che porti a soluzioni costruttive” – ha dichiarato Pashinyan, aggiungendo che l’Azerbaigian rappresenta una minaccia non solo per l’Armenia, ma anche per la sicurezza internazionale.

“In questi giorni, appare evidente che l’Azerbaigian sia una minaccia non solo per l’Armenia, ma anche per la sicurezza mondiale. Un rappresentante ufficiale dell’Azerbaigian ha annunciato che il loro Paese potrebbe lanciare un attacco missilistico contro la centrale nucleare di Metsamor. Questa affermazione dovrebbe essere considerata un crimine contro l’umanità, un atto terroristico, che deve essere adeguatamente valutato e investigato dalle autorità internazionali”.

Allo stesso tempo, il premier armeno ha dichiarato che, comunque, che le forze armate di Yerevan sono in grado di garantire la sicurezza dell’intero Paese e della stessa centrale nucleare.

In precedenza, il rappresentante ufficiale del ministero della Difesa armeno, Artsrun Hovhannisyan. ha osservato che gli attacchi a obiettivi civili in Armenia durante il periodo di escalation, iniziato il 12 luglio, dovrebbero essere valutati come crimini di guerra. A sua volta, il rappresentante ufficiale del ministero della Difesa azero, Vagif Dargahli, ha dichiarato che le forze armate armene nascondono intenzionalmente i loro punti di fuoco vicino o dietro oggetti civili. Allo stesso tempo, Dargahli ha sottolineato che “l’esercito azero ha colpito solo obiettivi militari”, e che “i punti di fuoco delle forze armate dell’Armenia, che hanno deliberatamente attaccato i villaggi azeri, i civili e le infrastrutture civili, sono stati repressi da reazioni adeguate, mirate e chirurgiche”.

Gli scontri al confine tra i due Paesi sono iniziati il 12 luglio scorso nella regione di Tavush, nel nord delle due repubbliche. L’Azerbaigian ha denunciato un tentativo da parte delle forze armate armene di attaccare le posizioni dell’esercito della repubblica usando l’artiglieria, mentre a Erevan hanno attribuito l’escalation a un tentativo di sfondamento da parte dell’Azerbaigian nella postazione di confine di Avnakh. Baku riporta la morte di 12 soldati dell’esercito azero. Yerevan ha annunciato la morte di quattro militari e il ferimento di altri dieci. Da sabato mattina, situazione al confine è relativamente calma, sebbene l’Armenia abbia denunciato spari con lanciagranate di tipo AGS-17 nella notte tra il 19 e il 20 luglio.

Il conflitto tra l’Azerbaigian e l’Armenia per il Nagorno-Karabakh risale al febbraio 1988, quando la Regione autonoma del Nagorno-Karabakh, a maggioranza armena, annunciò la sua secessione dalla Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian. Nel corso del conflitto armato del 1992-1994, l’Azerbaigian ha perso il controllo del Nagorno-Karabakh e di sette dipartimenti adiacenti. Dal 1992 sono in corso negoziati per una soluzione pacifica del conflitto nell’ambito del gruppo OSCE di Minsk, presieduto da Russia, Stati Uniti e Francia. La regione di Tavush dove si sono svolti gli scontri nell’ultima settimana si trova a circa 160 Km a nord della regione contesa.

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Armenia-Azerbaijan, venti di guerra (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.07.20)

Un anno e mezzo dopo il cessate il fuoco Azerbaijan e Armenia hanno ripreso il conflitto armato. Secondo gli esperti si tratta della peggiore escalation di sempre. Gli appelli internazionali rimangono inascoltati mentre le parti in conflitto si accusano reciprocamente

21/07/2020 –  Arzu Geybullayeva

Diciotto mesi dopo l’accordo sul processo di pace, Azerbaijan e Armenia hanno fatto un passo indietro con rinnovati scontri in prima linea a partire da domenica 12 luglio. Mentre i due paesi si accusano reciprocamente di aver iniziato le ostilità e di bombardare le aree civili, le perdite da entrambe le parti continuano a crescere e le richieste da parte della comunità internazionale rimangono inascoltate. Sono gli scontri peggiori di sempre, dicono gli esperti.

Gli eventi

Gli scontri sono iniziati il 12 luglio a Tovuz [in azero, Tavush in armeno], al confine tra Armenia e Azerbaijan, territorio internazionalmente riconosciuto come azero. La posizione è insolita, poiché gli scontri si accendono di solito sul territorio contestato del Nagorno Karabakh.

Al momento della stesura dell’articolo, le vittime erano 17: 12 militari e un civile secondo le più recenti dichiarazioni del ministero della Difesa azero, mentre l’Armenia ha dichiarato che quattro dei suoi soldati sono stati uccisi in combattimento. Ciascuna parte accusa l’altra di aver provocato i combattimenti.

Tom de Waal, ricercatore senior di Carnegie Europe e autore del libro “Il giardino nero” sulla storia del conflitto del Karabakh, ha scritto  su Twitter che questi scontri non sono stati accidentali, poiché “le violazioni del cessate il fuoco sono una decisione politica”. Da lungo tempo osservatore dei conflitti, De Waal non ha escluso le frustrazioni accumulate dalla parte azera, aggiungendo che “[l’Azerbaijan] è frustrato dalla mancanza di progressi politici dal 2018” e quindi ha  “maggiore interesse” [a iniziare lo scontro].

Frustrazione per il processo di pace è stata espressa  dal presidente Ilham Aliyev all’inizio di questo mese, durante un’intervista  con i media locali all’apertura di una clinica. “Oggi i negoziati non sono realmente in corso. Le videochiamate tra i ministeri degli Esteri non contano”, ha dichiarato Aliyev durante l’intervista. Il presidente ha anche aggiunto che non ha intenzione di rimanere in trattative di pace per inerzia.

Il 16 luglio, il ministro degli Esteri azero Elmar Mammadyarov è stato rimosso  e sostituito dall’attuale ministro della Pubblica Istruzione. La decisione è arrivata dopo l’incontro di Aliyev con il suo consiglio dei ministri, dove ha mortificato  l’ex ministro degli Esteri per la sua assenza dall’ufficio il 12 luglio, quando sono iniziati i combattimenti. Vale però la pena notare che Mammadyarov, come tutti gli altri membri del gabinetto nominato da Aliyev, si limita a mettere in atto politiche e decisioni approvate dal presidente.

La risposta internazionale

Durante l’intervista, Aliyev si è anche scagliato contro i copresidenti del gruppo di Minsk [un organo diplomatico guidato da Stati Uniti, Francia e Russia] e la loro inefficacia nel processo di negoziazione negli ultimi decenni. “Dal gruppo di Minsk ci aspettiamo dichiarazioni diverse. Quando il primo ministro armeno dice che il Karabakh appartiene all’Armenia, perché il gruppo di Minsk tace? Perché non dice che questa affermazione va contro l’essenza di questi colloqui?”, ha detto Aliyev.

Nel frattempo, i copresidenti  “hanno esortato le parti ad astenersi dall’esacerbare la retorica”, sottolineando “la necessità di creare un’atmosfera favorevole al ripristino del processo di pace”. L’UE ha inoltre esortato  entrambe le parti a “fermare lo scontro armato” e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto  la “fine immediata dei combattimenti” e “provvedimenti immediati per disinnescare la situazione”.

Queste dichiarazioni potrebbero rimanere inascoltate, specialmente perché circa 30.000 persone si sono radunate  in piazza della Libertà a Baku nella notte del 14 luglio, gridando slogan a sostegno della guerra, dell’esercito e del presidente e chiedendo ulteriori azioni in prima linea. La manifestazione improvvisata è stata in parte causata dalla notizia della morte del generale Polad Hashimov, molto stimato e anche primo ufficiale di alto livello ad essere ucciso dal cessate il fuoco. Diverse migliaia di persone hanno aspettato che il corpo di Hashimov arrivasse nella vicina città di Sumgayit.

Alla fine, dopo che un gruppo di manifestanti ha ripetutamente attaccato l’edificio del parlamento, la polizia è intervenuta con gas lacrimogeni e manganelli.

Nel frattempo, dopo una breve pausa, i combattimenti sono ripresi il 16 luglio.

I vicini

L’Iran ha espresso interesse ad assumere un ruolo nel processo negoziale. Secondo quanto riferito  , il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha sentito telefonicamente le sue controparti per incoraggiare i due paesi a esercitare moderazione e avviare negoziati. La Turchia ha espresso pieno sostegno per l’Azerbaijan. Il 16 luglio, il presidente turco Erdoğan ha dichiarato  che si è trattato di un “attacco deliberato contro l’Azerbaijan” e non solo di “una violazione delle frontiere”, mentre il ministro della Difesa ha dichiarato che l’Armenia avrebbe pagato care le sue azioni. Secondo gli esperti, la probabilità che la Turchia intervenga militarmente è bassa  . L’Azerbaijan è alla ricerca di riconoscimento e sostegno, cose che la Turchia offre abbondantemente.

Anche il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha fatto appello alle sue controparti per incoraggiare entrambi i governi a chiedere un cessate il fuoco. Tuttavia, Lavrov potrebbe dover programmare un’altra chiamata per aggiornare la sua controparte azera appena nominata sui dettagli degli ultimi 14 anni di trattative.

Alcuni analisti affermano  che potrebbero esserci in gioco  interessi politici più ampi. La regione di Tovuz si trova vicino al gasdotto del Caucaso meridionale, che convoglia il gas naturale dall’Azerbaijan al gasdotto TANAP della Turchia. Da anni ormai la Turchia cerca di ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia e diversificare le proprie risorse, nonché di abbassare i costi. L’anno prossimo scadrà l’accordo di 25 anni che obbligava la Turchia a comprare il gas russo, e le possibilità che la Turchia lo rinnovi sono scarse. Sul piatto ci sono anche la centrale nucleare che la Russia sta costruendo in Turchia, il conflitto in Siria e, naturalmente, il grande afflusso di turisti russi che arrivano in Turchia. Solo l’anno scorso, il numero dei turisti russi in Turchia ha raggiunto  i sette milioni.

Un breve cessate il fuoco, prospettive di pace ancora più sottili

Nel 2018, quando l’attuale primo ministro armeno Nikol Pashinyan è salito al potere, era apparso un barlume di speranza per il futuro del Nagorno Karabakh e dei territori occupati. Nel suo articolo  di ottobre 2019, Tom de Waal scriveva che, all’epoca, il livello dei combattimenti violenti era crollato, era stata istituita una linea per lo scambio di informazioni ed era stato raggiunto un accordo per fermare il fuoco lungo il confine riconosciuto a livello internazionale, al fine di consentire ai residenti dei villaggi lungo la linea di contatto di riprendere una vita pacifica su entrambi i lati.

Eppure, questo non è bastato. “Se non ci sarà presto più sostanza da discutere nei negoziati […] l’Azerbaijan potrebbe presto dichiarare che la sua pazienza si sta esaurendo”, che è ciò che stiamo vedendo ora, poiché la situazione è degenerata e la mancanza di fiducia nel gruppo di Minsk è tornata a farsi sentire. Ora è il momento per i copresidenti di assumere un ruolo proattivo, ma potrebbe essere troppo poco e troppo tardi.

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L’Emergency medical team del Piemonte torna in patria, dopo tre settimane a supporto dell’Armenia nella lotta al Covid-19 (Foto) (Lavocedialba 21.07.20)

Sono tornati in patria a bordo di un aereo della Guardia di Finanza i sanitari dell’EMT 2, l’Emergency medical team della Regione Piemonte, impegnati in una missione internazionale in Armenia per tre settimane.

Il team sanitario italiano si è messo a disposizione della Repubblica armena per supportare le strutture ospedaliere locali nel contrasto alla pandemia da Covid-19. Il Governo locale aveva infatti chiesto supporto Meccanismo europeo di Protezione civile. La missione è stata coordinata dal Dipartimento di Protezione civile.

La squadra di esperti era composta da undici specialisti, scelti tra il personale sanitario che afferisce dell’Emergency medical team della Regione Piemonte, l’EMT di secondo livello certificato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Insieme ai piemontesi, professionisti delle Regioni Lombardia e Toscana.

Il gruppo ha fornito una pronta risposta, tutta italiana, alla richiesta di assistenza internazionale inoltrata dal Governo armeno alla Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea, legata alle condizioni precarie del sistema sanitario del Paese.

I sanitari erano partiti il 26 giugno, sempre a bordo di un aereo della Finanza, dall’aeroporto di Levaldigi.

Il team – spiegano dal Dipartimento di Protezione civile – specializzato nel trattamento di pazienti affetti da Covid–19, è stato al fianco dei colleghi locali nella realizzazione di programmi di formazione per utilizzo dell’ecografia polmonare in caso di urgenza, nello sviluppo di corsi di terapia antibiotica, particolarmente riferita alla patologia polmonare e agli approcci terapeutici, e nelle attività di valutazione e di consulenza della autorità sanitarie locali”.

Attività che si sono interamente svolte sotto il coordinamento dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Ambasciata d’Italia in Armenia

Gli esperti italiani hanno operato in tre strutture ospedaliere della capitale armena, convertite in veri e propri Covid–hospital: il Surb Grigor Lusavanovih Medical Centre, lo Scientific Center of Traumatology and Orthopaedy, il Surb Astvatsamayr Medical Center.

Il team italiano ha messo a disposizione del sistema sanitario armeno il know-how e l’esperienza maturate nel corso dell’emergenza epidemiologica Covid–19, secondo lo spirito di solidarietà e di scambio delle informazioni che caratterizza l’approccio integrato del Meccanismo europeo di Protezione civile.

Armenia-Azerbaigian: ministro Esteri Mnatsakanyan, Baku mette alla prova nostra determinazione (Agenzianova 21.07.20)

arigi, 21 lug 17:27 – (Agenzia Nova) – L’Azerbaigian tenta di mettere alla prova la determinazione e le capacità dell’Armenia. Lo ha detto in un’intervista rilasciata all’emittente televisiva “France 24” il ministro degli Affari esteri armeno Zohrab Mnatsakanyan, parlando delle recenti tensioni tra i due paesi. Il capo della diplomazia di Erevan ha spiegato che “il 12 luglio c’è stato un tentativo di aggressione e di infiltrazione” contro le posizioni armene da parte delle forze di Baku che è stato “sventato”. “Abbiamo preso delle misure decisive per difenderci e abbiamo lavorato molto duramente con i nostri partner”, ha detto il ministro facendo riferimento al gruppo di Minsk. “Certamente si tratta di un’evoluzione molto pericolosa”, ha affermato Mnatsakanyan, spiegando che l’Armenia è riuscita a “calmare la situazione” e “stabilire un cessate il fuoco” anche grazie al coordinamento con Russia, Stai Uniti e Francia. “Vogliamo rifiutare ogni rimessa in discussione supplementare della calma alla frontiera e lungo al linea di contatto nell’alto Karabakh”, ha poi detto spiegando che questa è la “grande priorità” di Erevan adesso. Mnatsakanyan ha poi sottolineato che la Turchia svolge un ruolo “molto destabilizzatore” in diverse zone come l’Africa del nord, il Medio Oriente e la parte orientale del Mediterraneo. “Quello che vediamo è un tentativo di esportare questo fattore di instabilità nella nostra regione”, ha detto il ministro armeno. “Tutto questo è legato a una certa concezione della missione storica della Turchia” che “risveglia ricordi molto dolorosi”, ha spiegato il ministro, ricordando il genocidio di inizio secolo. (Frp)

Armenia e Azerbaigian scambi di artiglieria sul confine meridionale (Ilmanifesto 21.07.20)

Resta tesa la situazione al confine tra Azerbaigian e Armenia dopo la ripresa degli scambi di artiglieria tra i 2 paesi a partire dalla notte del 12 luglio. Le scorse notti sono state relativamente tranquille. Secondo il ministero della difesa armeno il 20 luglio «il nemico ha violato il cessate il fuoco 9 volte, dopo aver sparato circa 137 colpi sulle posizioni armene».

I CANNONEGGIAMENTI tra i 2 fronti sarebbero avvenuti vicino al villaggio armeno di Chambarak. L’Azerbaigian sostiene di aver perso nello scontro tre militari mentre Erevan piange la morte di due ufficiali. Una situazione di stallo che preoccupa non poco. Il 18 luglio il capo del servizio stampa del ministero della difesa azero, il colonnello Vagif Dargahli, aveva avvertito che «in caso di attacco armeno sul bacino di Mingechevir, le forze armate azere potrebbero colpire la centrale nucleare armena di Metsamor», una minaccia che aveva fatto chiedere alla Russia un intervento dell’Onu.

Il 20 luglio, durante un briefing, il portavoce del segretario generale delle Nazioni unite Stephane Dujarric ha sottolineato che «il segretario generale sta seguendo con profonda preoccupazione la situazione di alta tensione tra Azerbaigian e Armenia e chiede la massima moderazione: un conflitto su vasta scala tra questi 2 paesi sarebbe un disastro» e anche il Papa domenica si è appellato ai contendenti.
Chi sicuramente teme l’allargamento del conflitto è il Cremlino. Sabato Putin ha messo sull’allerta la flotta su Caspio e sul mar Nero, ma ieri a Mosca si è tornati a parlare la lingua della trattativa: il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha convocato i plenipotenziari dei 2 paesi l’armeno Vardan Toganyan e l’azero Polad Bulbuloglu chiedendo «la stabilizzazione della situazione al confine armeno-azero, di intensificare gli sforzi per l’insediamento del Nagorno-Karabakh sotto gli auspici del presidente del Gruppo Minsk dell’Osce».

IN QUESTO MOMENTO la Russia è preoccupata per l’evolvere della situazione interna in Bielorussia e non intende peggiorare i rapporti con Ankara, alleato strategico dell’Azerbaigian, mentre può aver ragione di credere che i nuovi screzi siano stati provocati proprio dal suo alleato e in particolare da uno Stato maggiore che opera con sempre maggiore autonomia dal presidente Nikol Pashinyan.

Gli azeri hanno ragione di credere – non a torto probabilmente – che l’Armenia intenda ostacolare con le sue scaramucce belliche il normale funzionamento della ferrovia Baku-Tbilisi-Kars e il gasdotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, nonché il gasdotto dell’Azerbaigian nel Caucaso meridionale che convoglia il gas naturale l’Europa (Italia compresa) ovvero un polo di risorse energetiche alternative a quelle russe nella regione. Il fatto che la guerra riprenda non nel Nagorno-Karabakh ma sul confine meridionale tra i 2 paesi confermerebbe tale interpretazione. Se così fosse ci troveremmo di fronte a un ulteriore episodio dello scontro sulle rotte energetiche che rappresenta il substrato di buna parte della politica estera internazionale. Ma anche la situazione a Baku è complessa.

Le massicce proteste della notte del 14 luglio che hanno lambito persino la sede del parlamento esprimono un nazionalismo espressione del piccolo e micro business azero uscito distrutto dalla crisi del coronavirus. Sono stati questi gli strati alla testa di una mobilitazione che urlava «se alle armi, no alla quarantena» mentre la classe operaia dei bacini petroliferi resta per ora la migliore alleata del regime di Alyev.

UNA MOBILITAZIONE ultranazionalista che per Baruz Samadov – attivista del movimento civile Nida e docente universitario a Praga – è caratterizzato dalla spontaneità e dalla disperazione. «Negli ultimi anni, e in particolare dopo le ultime elezioni, la società azera è stata descritta come apolitica, atomizzata e apatica. Ma ora dopo solo 5 mesi, abbiamo assistito al rovescio della medaglia: l’unico valore che ha un potere mobilitante e il conflitto del Nagorno-Karabakh e, di conseguenza, l’esercito»afferma Baruz. Così come per Erevan, capire gli equilibri tra esercito e potere politico a Baku sarà decisivo per intuire quale corso avrà la crisi nel Caucaso.

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