Novità in libreria: LA RESTAURATRICE DI LIBRI di Katerina Poladjan (EM Società Editrice Milanese)

La restauratrice di libri: Helene, una giovane restauratrice di libri tedesca, atterra a Erevan per restaurare antichi manoscritti e imparare le tecniche della legatoria armena. Le viene affidato un evangeliario del Diciottesimo secolo, passato di mano in mano fino ad arrivare, nel 1915, a una famiglia sulla costa del Mar Nero. Gli ultimi proprietari sono stati Anahid e Hrant, e quel libro è l’unica cosa che rimane ai due fratelli in fuga dal genocidio armeno. Helene, un secolo dopo, lavora minuziosamente al complicato restauro con bisturi, ago e filo; il processo è completato da procedimenti quasi alchemici di estrazione del colore. Sul bordo di una pagina trova una scritta scarabocchiata: Hrant non vuole svegliarsi. Incuriosita, approfondisce gli enigmi del vecchio libro nell’Armenia di oggi, ritrovandosi immersa ed emotivamente coinvolta in una storia di esilio, perdita e dolore, che si ripercuote tuttora, generazioni più tardi. Così decide di partire per un viaggio verso la costa del Mar Nero, fino all’altra parte dell’Ararat, per arrivare in fondo alla realtà. Un romanzo con due finali, uno tragico e uno positivo, divisi equamente tra realtà e finzione. Katerina Poladjan riflette sull’enorme tragedia del genocidio armeno con un linguaggio poetico e spigoloso, ricordando come ogni libro sia una “patria portatile”, qualcosa da proteggere e difendere.

 

MISSIONE “CAVIALE”?

In questi giorni, una delegazione di parlamentari della Repubblica italiana, ha affrontato (peraltro in piena emergenza Covid) un singolare viaggio in Azerbaigian, uno fra i Paesi più corrotti al mondo e che figura nella classifica mondiale sulla libertà di informazione (Freedom press Index, 2020) al 168° posto su 180 nazioni (l’Italia si colloca al 41° posto, l’Armenia al 61°, la Turchia al 157°).

Un viaggio organizzato all’indomani del cessate il fuoco firmato dai Presidenti della Russia e dell’Azerbaigian e dal Primo Ministro dell’Armenia che metteva fine all’aggressione militare iniziata lo scorso 27 settembre dall’Azerbaigian, con l’ausilio della Turchia e di jihadisti e mercenari filo-turchi, contro la piccola repubblica de-facto del Nagorno Karabakh, abitata da 150 mila armeni.

Alcuni membri della delegazione italiana, che risulta essere una delle prime a livello internazionale ad aver visitato i territori del Paese aggressore, si sono vantati di questo primato, mentre il dittatore azero Aliyev ha dato loro il benvenuto definendoli “amici” che dimostrano la “vera amicizia nei momenti difficili”.

Ovviamente non ci è dato sapere quali siano questi momenti difficili vissuti dall’Azerbaigian che durante i 44 giorni di guerra:

  • non ha esitato a prendere di mira, abitazioni e infrastrutture civili, inclusi ospedali, scuole e luoghi di culto;
  • violando il diritto internazionale umanitario e forte dell’appoggio del padrino Erdogan, non si è scoraggiato a utilizzare armi non convenzionali, incluse bombe a grappolo e al fosforo bianco, anche contro la popolazione civile;
  • ha promesso una paga di 2000 dollari al mese ai Jihadisti mercenari, fatti arrivare dalla Siria con il supporto turco, più un benefit di 100 dollari per ogni armeno ammazzato;
  • ha promosso esecuzioni sommarie di civili armeni e decapitazioni da parte delle truppe regolari, fatti ripresi e distribuiti sulle reti sociali senza il minimo tentativo di celare l’identità dei carnefici;
  • ha torturato e continua a torturare sia prigionieri inermi civili che militari, postando i video di tali atti criminali anche su reti sociali, senza alcun rispetto delle più basilari norme dello jus belli e delle Convenzioni di Ginevra;
  • ha distrutto e continua a distruggere i beni ed il patrimonio culturale, storico, artistico e religioso armeno;
  • continua ad essere una vera minaccia per gli armeni in quel fazzoletto di terra dell’Artsakh per il quale urge un riconoscimento internazionale al fine di scongiurare l’annientamento della popolazione, così come aveva fatto capire lo stesso presidente Erdogan in un suo recente discorso, dichiarando di voler portare a termine con i fratelli azeri il lavoro iniziato dai loro padri, cioè il genocidio del popolo armeno.

Si tratta di fatti ampiamente denunciati sia da parte di alcuni paesi membri dell’UE e alleati NATO, dai media internazionali e nazionali, che da Amnesty International e Human Right Watch. Mentre il gruppo dei parlamentari italiani si prestava alla propaganda del dittatore azero, diventando esso stesso uno strumento di propaganda, autorevoli organizzazioni internazionali stanno concludendo le fasi preliminari delle indagini sui crimini di guerra azeri. I membri della delegazione italiana, in quanto rappresentanti politici eletti di una nazione che ripudia la guerra e punisce l’incitamento all’odio sia etnico che religioso, sapevano  quanto sopra descritto, ma hanno scelto l’omertà e la dantesca ignavia   per intraprendere questo viaggio.

Per noi, cittadini italiani di origine armena, l’unico scopo moralmente accettabile della missione dei nostri parlamentari sarebbe stato quello di documentare e denunciare i crimini di guerra, recarsi in Nagorno Karabakh, dopo aver goduto del lusso del dittatore azero. Invece, i parlamentari italiani hanno giustificato tale missione con ragioni economiche, non le loro ben inteso, ma quelle di aziende italiane che possono essere coinvolte nel processo di ricostruzione. Operazione, per il momento, di pessimo gusto e inopportuna, dato che l’emorragia delle vittime civili non si è ancora fermata, le decapitazioni degli armeni, neanche. Inoltre, il 9 novembre scorso è stato raggiunto un accordo di tregua, non è ancora stato firmato alcun trattato di pace. Comprendiamo che le commesse per le aziende italiane sono importanti, ma le testimonianze pubbliche  nei quali parlamentari italiani si schierano apertamente con la parte azera e avallano le bugie storiche della propaganda di Baku generano effetti boomerang, rendono insostenibile qualsiasi commessa commerciale, allontanano la pace.

Il gruppo dei nostri parlamentari, guidato dal Sen. Ettore Rosato (Italia Viva) ha confuso la politica estera di una nazione del G7 con il commercio internazionale.

Ciò che ci lascia perplessi, infatti, sono le dichiarazioni dei parlamentari, foto e video postati sui loro canali social, che hanno suscitato non poche reazioni di sdegno da parte di tanti nostri connazionali italiani nel vedere i loro rappresentanti prestare il fianco alla dittatura azera in nome di un “interesse”.

Ci piace ricordare che benché l’Azerbaigian rimanga un fornitore primario di gas per l’Italia, i soldi spesi per quella fornitura sono sempre dei contribuenti italiani; i quali, nell’apprendere  che quel denaro è stato utilizzato per “finanziare”  i mercenari jihadisti che seminano morte e terrore, anche in certi Paesi europei, potrebbero non condividere le scelte fatte da parte di questi rappresentanti del popolo.

Noi, in quanto cittadini italiani di origine armena, di certo non lo condividiamo.

#IoStoConlArmenia

Consiglio per la comunità armena di Roma

QUESTI I PARLAMENTARI ITALIANI IN MISSIONE A BAKU:

On Ettore Rosato  (Italia Viva), capo delegazione

Sen. Alessandro Alfieri  (PD)

On. Rossana Boldi  (Lega)

On. Pino Cabras (M5S)

Sen. Gianluca Ferrara  (M5S)

Sen. Maria Rizzotti  (Forza Italia)

Sen. Adolfo Urso   (Fratelli d’Italia)

 

 

La solidarietà del Comune di San Vincenzo al popolo Armeno nella battaglia per la verità storica

Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime la propria gratitudine a tutti i membri del Consiglio comunale di San Vincenzo per aver approvato una mozione che riconosce il Genocidio Armeno del 1915 e per aver voluto  manifestare la “proprio piena solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani”.

 “Il Consiglio Comunale esprime il proprio riconoscimento circa i fatti storici del genocidio del 1915 ed esprime la piena solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la  verità storia e per la difesa dei diritti umani” si legge nella delibera della mozione presentata dal consigliere Roberta Casali e votata all’unanimità dei presenti nella seduta del primo dicembre 2020

Tale atto è un ulteriore incoraggiamento per proseguire la battaglia della Memoria con la consapevolezza di avere al nostro fianco uomini e donne che hanno dimostrato coraggio e onestà intellettuale e che, come gli armeni, credono ancora nella verità e nella giustizia.

Un sincero GRAZIE

Consiglio per la comunità armena di Roma

La città di Paderno-Dugnano riconosce la verità storica del Genocidio Armeno

Anche la città di Paderno Dugnano ha voluto che il nome della città fosse inserito nell’elenco dei “Giusti” per la memoria del Metz Yeghern (il Grande Male) accanto a tutti gli altri comuni e istituzioni italiane, includo il Parlamento, che hanno riconosciuto con atto pubblico la verità storica del genocidio perpetrato a danno della minoranza armena da parte dell’Impero Ottomano nel 1915.

“Il Consiglio Comunale esprime il proprio riconoscimento circa i fatti storici del genocidio del 1915 ed esprime la piena solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la  verità storia e per la difesa dei diritti umani” si legge nella delibera della mozione presentata dal consigliere Francesco Boatt0 e votata all’unanimità dei presenti lo scorso 15 ottobre.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime la propria gratitudine a tutti i membri del Consiglio comunale di Paderno Dugnano per aver voluto manifestare la proprio vicinanza e solidarietà al popolo armeno.

Tale atto è un ulteriore incoraggiamento per proseguire la battaglia della Memoria con la consapevolezza di avere al nostro fianco uomini e donne che hanno dimostrato coraggio e onestà intellettuale e che, come gli armeni, credono ancora nella verità e nella giustizia.

Consiglio per la comunità armena di Roma

LA GUERRA E’ FINITA MA L’AGGRESSIONE AZERA CONTINUA SUL PIANO CULTURALE.

Lo scorso 09 novembre è stato firmato un accordo di armistizio per la fine della guerra e la fine dell’aggressione dell’Azerbaigian contro l’inerme popolazione civile dell’Artsakh iniziata il 27 settembre 2020.
Ora inizia una nuova aggressione, un vero e proprio genocidio culturale. L’Azerbaigian vuole appropriarsi non solo dei territori storici dell’Armenia ma anche della storia.
In un post pubblicato in questi giorni il Ministro della cultura dell’Azerbaigian Anar Krimov attribuisce l’appartenenza dello storico monastero di Dadivank eretto dagli armeni tra il IX e XIII secolo all’antica civiltà Albana del Caucaso, che secondo la narrazione azera sarebbero gli antichi avi degli azeri. Loro cristiani che costruiscono delle chiese meravigliose avi degli azeri che sono musulmani?
Il Ministro della cultura usa nel post l’hashtag #Khudavang ignaro forse che “vang – vank” in armeno significa “convento – monastero”.
Non ci dobbiamo meravigliare se tra qualche giorno qualcuno ci verrà a raccontare che lingua armena in realtà non esiste …
Girano in rete diversi appelli per la salvaguardia dei monumenti Armeni culturali e storici dell’Artsakh. FIRMIAMOLI.
Fermiamo questo nuovo scempio. Non siamo riusciti a salvare gli Armeni dall’aggressione turco azera. Salviamo almeno la storia. Salviamo il patrimonio dell’umanità.
Consiglio per la comunità armena di Roma

CHI AVRA’ IL CORAGGIO DI SOSTENERE LA DITTATURA AZERA? (comunicato stampa)

comunicato stampa
CHI AVRA’ IL CORAGGIO DI SOSTENERE LA DITTATURA AZERA?
Una associazione denominata “Unione Azerbaigian-Italia”, con sede evidentemente a Baku a giudicare dalla posizione dei nomi delle due nazioni, ha organizzato una manifestazione davanti a Montecitorio in risposta a quella che si è tenuta ieri su iniziativa delle associazioni e comunità italo armene e alla quale hanno partecipato attivamente rappresentanti di tutte le forze politiche.
Orbene, ci domandiamo quale nostro politico italiano avrà il coraggio di prendere le difese dell’Azerbaigian considerato che quel Paese:
– È retto da una dittatura della famiglia Aliyev da oltre trenta anni
– Nella classifica mondiale della libertà di informazione (Freedom press index, 2020) si colloca al 168° posto su 180 nazioni (la Turchia è al 154°, l’Armenia al 61°, l’Italia al 41°); le carceri sono piene di giornalisti, oppositori politici, membri ONG
– È tra i Paesi più corruttori al mondo (Corruptionperceptions index)
– È acclarato da tutti gli osservatori internazionali che la guerra di queste settimane è stata scatenata dall’Azerbaigian stesso (sia per le modalità dell’attacco, sia per il non interesse armeno a scontrarsi contro un nemico molto più equipaggiato)
– È ugualmente certo che tra le fila delle forze combattenti azere sono arruolati mercenari jihadisti turcomanni provenienti dalla Siria e ingaggiati dalla Turchia che già si sono prodotti in atti di barbarie contro i soldati armeni
– Ripetutamente il dittatore Aliyev ha promesso di conquistare Yerevan; dopo il Nagorno Karabakh sarà la volta della repubblica di Armenia
– Il governo azero è ormai un fantoccio al servizio della politica espansionista di Erdogan che punta a riguadagnare una supremazia neo-ottomana nel Mediterraneo e nel Medio Oriente e ha promesso di completare nei confronti degli armeni l’opera dei padri (ovvero il genocidio del 1915)
Atteso tutto quanto sopra, siamo curiosi di vedere quali deputati avranno il coraggio di appoggiare le istanze dell’Azerbaigian e le bugie costruite dalla propaganda del regime
CHI AVRA’ IL CORAGGIO?
L’Armenia e il Nagorno Karabakh (Artsakh) vogliono la pace; l’Azerbaigian e la Turchia vogliono l’Armenia e il Nagorno Karabakh
L’Italia non deve rimanere indifferente, non deve alimentare un nuovo genocidio del popolo armeno. L’Europa non deve permettere che Erdogan e Aliyev diventino i nuovi Hitler del ventunesimo secolo
CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA

COMUNICATO STAMPA MANIFESTAZIONE 13 OTTOBRE A ROMA

SIT-IN DAVANTI A MONTECITORIO

MARTEDI’ 13 OTTOBRE, ore 15-17

 

“PER LA PACE, PER LA LIBERTA’ DI INFORMAZIONE, PER I DIRITTI DEL POPOLO ARMENO”

Dal 27 settembre l’Azerbaigian ha sferrato – con il supporto logistico e militare della Turchia e di jihadisti mercenari arruolati da Ankara – un attacco armato senza precedenti alla repubblica del Nagorno Karabakh-Artsakh e all’Armenia, scatenando contemporaneamente una spregiudicata campagna di disinformazione in tutto il mondo.

Durissimi combattimenti sono in corso lungo la linea di contatto e si registrano pesanti bombardamenti indiscriminati sugli insediamenti civili da parte azera, incluso il capoluogo Stepanakert, anche con l’utilizzo di bombe a grappolo. E ciò in flagrante violazione del diritto internazionale. Un crimine di guerra con conseguenze di una catastrofe umanitaria.

Già il 12 luglio le forze armate azere avevano innescato una provocazione al confine nord-orientale dell’Armenia e quattro anni fa, nell’ aprile 2016, avevano perpetrato un altro attacco in quella che è stata battezzata la “guerra dei quattro giorni”.

Il popolo armeno, oltre alla minaccia militare, vede ancora una volta a repentaglio la propria esistenza.

I proclami dei due leader autoritari  Erdogan e Aliyev  fanno continuo riferimento all’annientamento del popolo armeno “per completare l’opera dei padri” (ovvero il genocidio armeno).

Comitati e associazioni, armeni e non, saranno davanti a Montecitorio martedì prossimo 13 ottobre 2020 per chiedere alle istituzioni italiane e, in primo luogo, al Parlamento di:

–          promuovere ogni azione possibile per il ristabilimento della pace nel Caucaso meridionale al fine di preservare il diritto alla vita, alla libertà e ai diritti delle popolazioni coinvolte nella guerra;

–          condannare l’intervento militare di terze parti nel conflitto;

–          non abbandonare il popolo armeno a un destino che evoca dolorose pagine di storia già vissute 105 anni fa;

– tutelare gli interessi nazionali italiani impedendo che la guerra arrivi a interessare anche le pipe line che portano petrolio in Italia dal mar Caspio;

–       prendere le distanze dalle politiche nazionali che esaltano lo sterminio di altri popoli;

–       tener conto del differente grado di democrazia e libertà di espressione che vige nei Paesi coinvolti nel conflitto;

–     lanciare un monito alle leadership locali affinché il dialogo con l’Italia e l’Unione Europea sia basato sul rispetto dei diritti umani, sulla libertà di parola e di stampa.

I Comitati e le Associazioni organizzatori si augurano che rappresentanti di tutte le forze politiche italiane si uniscano all’opinione pubblica e condannino senza se e senza ma l’ingiustificata aggressione contro l’aspirazione alla libertà e alla pace del popolo armeno.

L’invito al presidio (che si svolgerà nel rispetto delle norme anti-Covid19) è rivolto a tutte le Associazioni e cittadini italiani che condividono i principi di cui sopra.

Comunità e associazioni armene d’Italia

Roma 07.10.20

Lettera aperta degli armenisti italiani sul Nagorno-Karabakh

Al Presidente della Repubblica

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

A Ministro degli Affari Esteri

Al Presidente  della Commissione Esteri del Senato

Al Presidente della Commissione Esteri della Camera

Di fronte alla gravità della situazione che si è creata in questi giorni in Armenia  e nel Nagorno-Karabakh, gli armenisti italiani hanno scritto una dichiarazione che proponiamo alla Vostra attenzione nella convinzione che l’Italia possa contribuire attivamente alla cessazione delle ostilità  e alla costruzione di una pace duratura nella regione.

 

Lettera aperta di studiosi della cultura armena sulla situazione del Nagorno-Karabakh

Come studiosi della cultura armena ma anche come cittadini italiani ed europei, non possiamo non esprimere la nostra profonda preoccupazione di fronte alla situazione creatasi in questi giorni nel Nagorno-Karabakh, aggravata dalla circolazione di notizie non sempre obiettive. Condanniamo fermamente l’aggressione militare iniziata il 27 settembre dall’Azerbaigian con il sostegno della Turchia, erede diretta dello stato che un secolo fa ha compiuto, senza mai riconoscerlo, un genocidio ai danni della popolazione armena. Il coinvolgimento della Turchia a fianco dell’Azerbaigian mette in serio pericolo la sicurezza dell’intera regione e la stessa esistenza fisica degli armeni, tanto nel Nagorno-Karabakh quanto nella repubblica d’Armenia. Riteniamo che la popolazione armena del Nagorno-Karabakh debba poter decidere liberamente il proprio futuro e che la questione dello status di questa regione debba essere risolta per via diplomatica e non con l’uso delle armi.

Chiediamo pertanto alla comunità internazionale – a partire dal nostro paese – in primo luogo di intervenire immediatamente sull’Azerbaigian e la Turchia perché mettano fine alle attività militari, quindi di impegnarsi in favore della ripresa delle trattative diplomatiche in vista di una pace definitiva nella regione.

 

Maria Lucia Aliffi, Università degli Studi di Palermo

Federico Alpi, Università di Modena e Reggio Emilia/ FSCIRE, Bologna

Antonia Arslan, Università di Padova

Marco Bais, Pontificio Istituto Orientale

Emilio Bonfiglio, Dumbarton Oaks, Washington DC

Don Matteo Crimella, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Milano

Aldo Ferrari, Università Ca’ Foscari, Venezia

Emiliano B. Fiori, Università Ca’ Foscari, Venezia

Giorgio Gianighian, Università e-Campus

Sona Haroutyunian, Università Ca’ Foscari, Venezia

Vasco La Salvia, Università di Chieti

Paolo Lucca, Università Ca’ Foscari, Venezia

Paola Mildonian, Università Ca’ Foscari, Venezia

Moreno Morani, Veneranda Accademia Ambrosiana

Alessandro Orengo, Università di Pisa

Stephanie Pambakian, University of St Andrews

Don Riccardo Pane, Accademia Ambrosiana

Zara Pogossian, Università di Firenze

Elisa Pruno, Università di Firenze

Stefano Riccioni, Università Ca’ Foscari, Venezia

Marco Ruffilli, Université de Genève

Andrea Scala, Università degli Studi di Milano

Sara Scarpellini, Université de Genève

Giancarlo Schirru, Università di Napoli «L’Orientale»

Anna Sirinian, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

Baykar Sivazliyan, Università Statale di Milano

Beatrice Spampinato, Università Ca’ Foscari, Venezia

Gioacchino Strano, Università della Calabria

Irene Tinti, Université de Genève

Rachele Zanone, Università degli Studi Roma Tre

 

L’APPELLO DI PERSONALITÀ ITALIANE DI SPICCO PER LA PACE E LA LIBERTÀ DEL NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)

L’APPELLO DI PERSONALITÀ’ ITALIANE DI SPICCO PER LA PACE E LA LIBERTÀ’ DEL NAGORNO KARABAKH (ARTSAKH)
L’appello è aperto a nuove adesioni. Per aderire è sufficiente aggiungere il proprio nome nella sezione “commenti” sulla nostra pagina FB  https://www.facebook.com/comunitaarmena/posts/3318091831632088
La lista delle adesioni è composta in ordine cronologico.
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Roma, 7 ottobre 2020
APPELLO PER LA PACE E LA DEMOCRAZIA
Gli armeni vogliono la pace, l’Azerbaijan e la Turchia vogliono l’Armenia e l’Artsakh.
È ormai da più di una settimana che il popolo armeno in Armenia e in Artsakh (Nagorno-Karabakh) sta respingendo la massiccia offensiva militare dell’Azerbaijan supportata apertamente dalla Turchia.
La capitale Stepanakert e le altre città e villaggi dell’Artsakh, gli ospedali e le scuole, sono bombardate con bombe a grappolo, con missili, cacciabombardieri e droni kamikaze. Il numero delle vittime civili sta crescendo. Anche diversi giornalisti della stampa internazionali sono rimasti feriti.
Ignorando gli appelli della comunità internazionale e dei mediatori internazionali (USA, Francia e Federazione Russa) per un cessate il fuoco immediato, l’Azerbaijan sta conducendo un’offensiva militare su larga scala contro l’Artsakh, con il diretto sostegno politico e militare della Turchia che sta trasferendo nella zona del conflitto armi e istruttori militari, nonché terroristi jihadisti dalla Siria. L’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Russia e la Francia, hanno già rilasciato dichiarazioni allarmate al riguardo e le principali testate giornalistiche italiane e internazionali hanno confermato l’infiltrazione, da parte turca, di terroristi jihadisti.
Noi tutti stiamo assistendo impotenti all’esportazione nel Caucaso Meridionale della politica destabilizzante neo ottomana della Turchia. La stessa politica destabilizzante che Erdogan sta portando avanti in Siria, Libia e nel Mediterraneo orientale e che dovrebbe destare le più serie preoccupazioni dell’Europa e dell’Italia in primis.
In piena e grave violazione del diritto umanitario internazionale, l’Azerbaijan e la Turchia hanno ignorato gli appelli del Segretario Generale dell’ONU e di Papa Francesco per una tregua globale in tempo di Pandemia da Covid-19. Proprio nei giorni in cui il mondo intero sta celebrando il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, l’Azerbaijan intende sopprimere il diritto all’autodeterminazione che l’Artsakh esercita da prima della caduta dell’URSS.
Oggi, di fatto, il popolo armeno, sopravvissuto al genocidio commesso dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1923, sta di nuovo combattendo da solo contro il terrorismo internazionale e sta affrontando una minaccia per la sua stessa esistenza.
Ci appelliamo affinché l’Italia, che ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11 della Costituzione Italiana), dia il suo contributo significativo invitando la Turchia, con cui siede assieme al tavolo della Nato, a mettere immediatamente fine al coinvolgimento militare nel conflitto, e insista affinché tutte le parti ripristinino il cessate il fuoco e tornino ad accettare la strada di negoziati pacifici.
La guerra scatenata dall’Azerbaijan ha un unico obiettivo: quello di entrare in possesso del territorio dell’Artsakh ma senza i suoi abitanti.
Ci appelliamo perché, sempre fedele alla sua Costituzione, l’Italia supporti la lotta per la libertà e la democrazia del popolo dell’Artsakh.
Firmatari:
ANTONIA ARSLAN – Scrittrice
DACIA MARAINI – Scrittrice
RICCARDO MUTI – Direttore d’orchestra
CRISTINA MAZZAVILLANI MUTI – Presidente e direttore artistico del Ravenna Festival
HENRIKH MKHITARYAN – calciatore, «Roma»
PAOLO KESSISOGLU – Аttore e autore
LUIGI DE MOSSI – Аvvocato e sindaco di Siena
LAURA EFHRIKIAN – Attrice
MARIANNA MORANDI – Attrice
ADELINA VON FÜRSTENBERG – Curatrice e produttrice indipendente
GIORGIO PETROSYAN – Kickboxer, Campione mondiale K1
BEPPE GIULIETTI – Presidente FNSI
MAURA CAPRIOLI – Giudice di Cassazione
MIKAYEL OHANJANYAN – Artista
ARIANE ASCARIDE – Attrice e sceneggiatrice
ROBERT JULES GUÉDIGUIAN – Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico
OLIVIERO TOSCANI – Fotografo
ANNALIA GUGLIELMI – Scrittrice
DARIO VOLTOLINI – Scrittore
MASSIMO ZAMBONI – Musicista e scrittore
SIMONE VENTURINI – Assessore Cultura Comune Venezia
MATTIA CARLIN – Vicepresidente Unione dei Consoli in Italia
EUGENIO LO SARDO – Ex direttore generale dell’archivio di stato centrale
EDI RABINI – Presidente Fondazione Langer
BEATRICE VENEZI – Direttrice d’orchestra
MARCELLO FLORES – Docente Universitario, Studioso Genocidi
MARIO FERRANTE – Professore ordinario diritto ecclesiastico università di Palermo
UMBERTO GALIMBERTI – Filosofo, scrittore, giornalista del quotidiano La Repubblica
CORRADO OCONE – Filosofo
STEFANO ZECCHI – Filosofo
MASSIMO GHELARDI – Scrittore
FABIO VOLO – Attore, scrittore, conduttore radiofonico, conduttore televisivo, sceneggiatore
FEDERICO FALOPPA – Docente universitario
FRANCESCO GIUBILEI – Editore e giornalista, Presidente Fondazione Tatarella
ANNALIA GUGLIELMI – Intellettuale, Professoressa
ROBERTO PACI DALÒ – artista, docente universitario
GABRIELE NISSIM – Giornalista, Saggista e Storico
VIVIANA KASSAM – Presidente di Hebrew University, Braincircleitalia e Braincirclelugano
PAOLO CAMPINOTTI – Presidente di Confindustria Toscana
ANTONIO FERRARI – Giornalista Corriere Della Sera
ANNA MAZZONE – Giornalista TG2 RAI
STEFANIA BATTISTINI – Giornalista TG1 RAI
FRANCA GIANSOLDATI – Giornalista Il Messaggero
SIMONE ZOPPELLARO – Giornalista
PAOLO CAPPUZZO – Presidente della Associazione Italo Araba – Assadakah
TALAL KHRAIS – Scrittore e giornalista, Correspondente a Roma Agenzia Nazionale Informazione ANI . Libano
MARCO TOSATTI – Giornalista e autore
MIMMO LOMBEZZI – Giornalista, Vignettista
MARTA FEDERICA OTTAVIANI – Giornalista
DANIELE DELL’ORCO – Giornalista
ALESSANDRO ARAMU – Giornalista
ROBERTO OLLA – Giornalista
MILENA GABANELLI – Giornalista
ADRIANO SOFRI – Giornalista e attivista
SERGIO STERBINI – Vice Presidente Nazionale Sindacato Nazionale Agenti Assicurazione
PIETRO BARBETTA – Direttore Del Centro Milanese Di Terapia Della Famiglia
ANGELO GUERINI – Edizioni Angelo Guerini e Associati Spa
CHIARA ZAPPA – Giornalista
ALESSANDRO BELLI – Avvocato
GUIDO FERRADINI – Avvocato
ODILIA DANIELE – Avvocato e docente diritto canonico ed ecclesiastico
GRAZIA PETRULLI – Avvocato
VINCENZO BAFUNNO – Notaio
ANDREA RISTORI – Consulente aziendale
MASSIMO MARIO SIMONELLI – Architetto
GRAZIA MICHELACCI – Regista
STEFANO SACCO – Insegnante
FABIO GENOVESI- Scrittore
ALBERTO ELLI – Scrittore

 

SALVATE IL SOLDATO LETIZIA (Replica a articolo Domenico Letizia su Opinione del 7 ott 2020)

SALVATE IL SOLDATO LETIZIA (Replica a articolo Domenico Letizia su Opinione del 7 ott 2020)

È rimasto l’unico, per lo meno in Italia. E fa quasi un po’ di tenerezza. Domenico Letizia su l’Opinione del 7 ottobre accusa l’Armenia di aver scatenato la guerra in corso nel Caucaso meridionale e difende a spada tratta l’Azerbaigian.

Come Hiiro Onoda, il soldato giapponese rimasto sull’isola deserta fino al 1974 ad attendere l’invasione di un nemico che non sarebbe più arrivato perché la seconda guerra mondiale era già finita da trenta anni, il soldato Letizia svolge il suo compitino a favore della propaganda azera senza accorgersi che tutto il resto del mondo la pensa diversamente da lui.

Tutto il globo è presso che unanime nell’accusare l’Azerbaigian di aver scatenato la guerra, Amnesty International denuncia Baku per la violazione delle convenzioni internazionali sull’uso delle bombe a grappolo sugli insediamenti civili, ma lui va avanti diritto per la propria strada.

Non vi è osservatore internazionale che non consideri un’azione premeditata quella di Aliyev contro il popolo armeno (al dittatore non interessa il Nagorno Karabakh ma un Nagorno Karabakh senza armeni), che non valuti negativamente l’intervento della Turchia con l’appoggio logistico e militare nei bombardamenti, che non denunci l’impiego di mercenari jihadisti tagliagole fatti arrivare dalla Siria via Ankara per combattere a fianco dei soldati azeri. E lui che fa?

Se la prende con gli armeni, con l’Armenia, con il governo di Pashinyan. In un’analisi a senso unico che farebbe felice ogni funzionario governativo dell’Azerbaigian.

Già l’Azerbaigian, l’amore smodato di Letizia che sul suo sito personale cita persino una frase di Alexis de Toqueville sulla libertà di stampa ma poi appoggia la politica di un Paese che nella classifica della libertà di informazione nel mondo (Freedom Press Index) figura al 168° posto su 180 nazioni e che ha le carceri piene di oppositori politici e attivisti della società civile.

È rimasto l’unico a parlare in tali termini; altri “fulminati” sulla via di Baku hanno moderato i toni o scelto la strada di un decoroso silenzio mentre i cittadini armeni di Stepanakert e delle altre città del Nagorno Karabakh-Artsakh si nascondono nelle cantine per sfuggire alle bombe di Aliyev.

Il povero soldato Letizia invece combatte una guerra che ha già moralmente perso. Quella vera purtroppo infuria senza tregua grazie al suo amico Aliyev.

 

CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA